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Alfred "Fred" De Bruyne
#1
Alfred De Bruyne 
Nato a Berlare il 21 ottobre 1930, deceduto a Seillans (Francia) il 4 febbraio 1994. Professionista dal 1953 al 1961 con 44 vittorie. 
Un’espressione di Flandrien particolare, coi tratti del corridore tipico di queste terre per determinazione, coraggio e furbizia, ma al contempo più raffinato di tanti, francesizzante nell’impostazione agonistica e sempre pronto ad esprimere un piacere tutto suo dell’impresa. Quasi un figlio della Belle Èpoque, piovuto sul mondo ciclistico mezzo secolo dopo. Amava l'Italia, paese che ha conosciuto bene grazie alla militanza in taluni suoi sodalizi e sapeva meglio di tanti politici nostrani d’oggi, la lingua italiana. Un personaggio a cui ho voluto bene, popolare in casa mia come tanti corridori degli anni cinquanta, che ho costruito mio patrimonio simpatetico, quando dalla bici si spostò sul microfono. 
Quando qualche anno fa sentii il Bulbarelli parlare della vittoria di De Bruyne alla Parigi Tours '57, come di un mezzo furto a Bobet, sorrisi. Proprio a Bobet poi.... Fred era nettamente più veloce di Luison e che abbia giocato le sue carte era più che ovvio. La frase esternata da Bobet dopo l'arrivo, pur nella rabbia comprensibile per l'ennesimo secondo posto di quella sua stagione, non gli fece onore, perché nella sua storia, gli atti di furbizia sono stati copiosi, semmai in quella  occasione ebbe di ritorno un po' di quello che aveva sovente seminato. Chiusa la parentesi e tornando al grande De Bruyne, val subito la pena ricordare quanto questo corridore abbia dimostrato valori da limpido campione, attraverso un dato: nel triennio '56-'57-'58 vinse la Desgrange Colombo, che era un prestigioso campionato mondiale a punti (qualcosa di meglio delle classifiche che, nell'odierno, siamo abituati a vivere). Ed un altro aspetto non da poco, ci viene dalla considerazione che uno come Fred emerse un un'epoca, dove le leggi del gruppo nelle corse di un giorno e nelle classiche, vivevano sull'impronta gigantesca di due connazionali come Van Steenbergen e Van Looy.
[Immagine: b4d86d5343053b5e970ea105d27c7511_391c6cd...87ad8a.jpg]
Dopo esser stato un grande dilettante trasferì ben presto anche nella massima categoria le sue facoltà di corridore tatticamente perfetto, veloce e attento a giocare sempre al meglio le sue carte, determinandosi ben presto un grandissimo finisseur, sicuramente uno dei più grandi della storia ciclistica. La successione delle sue vittorie di maggior prestigio è impressionante. Nel '53 vinse il Giro delle Fiandre per Indipendenti e, l'anno successivo, il primo da completo prof, vinse tre tappe al Tour, ed il Circuito delle Fiandre orientali. Dopo un '55, dove comunque colse diversi bersagli nella sua terra, esplose compiutamente nel '56, stagione nella quale vinse la Milano Sanremo, la Liegi Bastone Liegi, la Parigi Nizza, tre tappe al Tour de France e colse piazzamenti in tutte le classiche (notevole il secondo posto alla Roubaix, proprio dietro a Bobet). Nel '57, si confermò un numero uno, trionfando nel Giro delle Fiandre, nella Parigi Roubaix, e nella Parigi Tours, corredandole di altre vittorie minori e diversi piazzamenti di prestigio.
Ancora ottimo il suo '58, coi successi nella Parigi Nizza e nella Liegi Bastone Liegi. Nel '59, vinse per la terza volta la decana Liegi Bastogne Liegi, ma nel '60, a causa di un incidente accorsogli mentre era in auto con l'amico Willy Vannitsen che guidava, la sua carriera fu compromessa. Tentò di riprendersi e nella primavera del '61, con la vittoria nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne, recitò il suo canto del cigno.
Abbandonò il ciclismo agonistico nell’autunno del 1961. Estroverso, allegro, assai spigliato, possedeva una grande esperienza, ed un notevole prestigio. Scelse il microfono e divenne telecronista della televisione fiamminga, una professione che esercitò con entusiasmo e competenza fino al 1977, quando entrò in vigore una legge che imponeva ai giornalisti belgi senza titoli di studio, di sottoporsi ad un particolare esame. Ne fece una questione di principio e lasciò tutto per salire sulla ammiraglia, dove vinse copiosamente, indi come addetto alle pubbliche relazioni, di un grande team come la Panasonic. La sua rabbia, verso quella legge che non ammetteva il logico buon senso, era più che giustificata: chiunque abbia oggi sui 50 anni, sa che i suoi commenti, la sua capacità di parlare diverse lingue e la sua incredibile conoscenza, rappresentavano un patrimonio per gli appassionati, non solo belgi, che si ponevano davanti ad un televisore. Per chi scrive, Fred, è stato un riferimento, una luce del proprio amore verso il ciclismo, quindi non solo un grandissimo corridore, ma pure un grande giornalista, alla faccia di chi, in ogni latitudine, fa delle leggi che non possiedono l’intelligenza della lettura delle eccezioni, un credo da seguire. Morì in Francia, dove viveva, a Seillans, il 4 febbraio 1994. La causa: un male incurabile.

Maurizio Ricci (Morris)
 
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