17-09-2014, 02:32 AM
Antidoping dopato
Cosa succede quando è l'antidoping a dover dimostrare la propria efficenza e, pur di riuscirci, utilizza qualunque mezzo, sia lecito sia non lecito? Quali sono i risultati quando, insomma, è lo stesso antidoping ad essere dopato? Esattamente ciò a cui stiamo assistendo in queste settimane.
RINCHIUSI NEL PURGATORIO - Atleti deferiti, sospesi, rinchiusi nel limbo dell'incertezza del giudizio e della pena. Un purgatorio nel quale passa qualche "peccatore" che, a causa della propria follia, viaggia diritto verso l'inferno e dove cadono, troppo spesso, atleti di cui poi viene dimostrata l'assoluta innocenza.
Gli esempi si sprecano, sembra quasi superfluo ricordarli. Michael Rogers, Alberto Contador e tanti altri sono passati da questo calvario. I casi più clamorosi, ultimamente, sono stati senza dubbio quelli di Diego Ulissi e Roman Kreuziger. Entrambi fermi in attesa di un giudizio senza fondamento o quasi. E intanto la credibilità scivola tra le mani, il tempo passa e le occasioni se ne vanno. Non hanno corso la Vuelta, non correranno il mondiale e forse non li vedremo più in gruppo, almeno fino a Natale. Chi restituirà loro tutto questo?
POSITIVO O NON NEGATIVO? - Ma anche dove le positività vengono annunciate come sicure, forse, sarebbe meglio parlare di "non negatività". Non si tratta di un semplice esercizio linguistico ma di un distinguo doveroso. In questo senso, il caso Rabottini potrebbe fare scuola. Positivo all'Epo, dichiara l'UCI. Ma come si può "doparsi" con l'Epo senza che questo incida sull'andamento dei valori di riferimento inseriti nel passaporto biologico? I casi sono due: o quella che viene volgarmente detta la "carica" non è servita a nulla o le minime tracce di Epo rinvenute nell'organismo sono da ritenersi naturali. E' bene ricordare, infatti, che l'Eritropoietina è una proteina prodotta naturalmente dall'organismo... Ma fermiamoci qui. Saranno i periti, nei prossimi mesi, a chiarire i dettagli medici delle varie questioni.
ANTIDOPING DOPATO - Ciò che conta è che, in attesa di sapere come andrà a finire, l'opinione pubblica ha già emesso il proprio verdetto: dopati, colpevoli, macchiati a vita. Come il resto del ciclismo. Ancora una volta infangato. "Nessuna legge dovrebbe rendersi colpevole di punire un innocente" scriveva Cesare Beccaria esattamente 250 anni fa. Un principio di giustizia semplice ma, ancora oggi, inapplicato.
Nel ciclismo si è colpevoli subito e fino a prova contraria. Dovranno essere Ulissi, Kreuziger, Rabottini e tutti gli altri a dover provare la propria innocenza e per farlo non basterà un ragionevole dubbio.
Il sistema antidoping, in questi anni, ha fatto della caccia alle streghe il proprio cavallo di battaglia, del discredito dell'avversario la propria arma migliore: un potere dopato, al limite del mafioso, che ha riscritto ordini d'arrivo e cancellato nomi dagli albi d'oro delle gare più prestigiose. E, ogni volta, l'unico effetto è stato quello far perdere credibilità all'intero movimento.
Per cambiare rotta servono tempi, regole e sanzioni certi e uniformi per tutti. Bryan Cookson lo aveva promesso in campagna elettorale ma, ad un anno di distanza dal Congresso di Firenze, ad essere cambiata è solo l'interfaccia grafica del sito dell'UCI. Troppo poco.
Scritto da Andrea Fin - ciclismoweb.net
Cosa succede quando è l'antidoping a dover dimostrare la propria efficenza e, pur di riuscirci, utilizza qualunque mezzo, sia lecito sia non lecito? Quali sono i risultati quando, insomma, è lo stesso antidoping ad essere dopato? Esattamente ciò a cui stiamo assistendo in queste settimane.
RINCHIUSI NEL PURGATORIO - Atleti deferiti, sospesi, rinchiusi nel limbo dell'incertezza del giudizio e della pena. Un purgatorio nel quale passa qualche "peccatore" che, a causa della propria follia, viaggia diritto verso l'inferno e dove cadono, troppo spesso, atleti di cui poi viene dimostrata l'assoluta innocenza.
Gli esempi si sprecano, sembra quasi superfluo ricordarli. Michael Rogers, Alberto Contador e tanti altri sono passati da questo calvario. I casi più clamorosi, ultimamente, sono stati senza dubbio quelli di Diego Ulissi e Roman Kreuziger. Entrambi fermi in attesa di un giudizio senza fondamento o quasi. E intanto la credibilità scivola tra le mani, il tempo passa e le occasioni se ne vanno. Non hanno corso la Vuelta, non correranno il mondiale e forse non li vedremo più in gruppo, almeno fino a Natale. Chi restituirà loro tutto questo?
POSITIVO O NON NEGATIVO? - Ma anche dove le positività vengono annunciate come sicure, forse, sarebbe meglio parlare di "non negatività". Non si tratta di un semplice esercizio linguistico ma di un distinguo doveroso. In questo senso, il caso Rabottini potrebbe fare scuola. Positivo all'Epo, dichiara l'UCI. Ma come si può "doparsi" con l'Epo senza che questo incida sull'andamento dei valori di riferimento inseriti nel passaporto biologico? I casi sono due: o quella che viene volgarmente detta la "carica" non è servita a nulla o le minime tracce di Epo rinvenute nell'organismo sono da ritenersi naturali. E' bene ricordare, infatti, che l'Eritropoietina è una proteina prodotta naturalmente dall'organismo... Ma fermiamoci qui. Saranno i periti, nei prossimi mesi, a chiarire i dettagli medici delle varie questioni.
ANTIDOPING DOPATO - Ciò che conta è che, in attesa di sapere come andrà a finire, l'opinione pubblica ha già emesso il proprio verdetto: dopati, colpevoli, macchiati a vita. Come il resto del ciclismo. Ancora una volta infangato. "Nessuna legge dovrebbe rendersi colpevole di punire un innocente" scriveva Cesare Beccaria esattamente 250 anni fa. Un principio di giustizia semplice ma, ancora oggi, inapplicato.
Nel ciclismo si è colpevoli subito e fino a prova contraria. Dovranno essere Ulissi, Kreuziger, Rabottini e tutti gli altri a dover provare la propria innocenza e per farlo non basterà un ragionevole dubbio.
Il sistema antidoping, in questi anni, ha fatto della caccia alle streghe il proprio cavallo di battaglia, del discredito dell'avversario la propria arma migliore: un potere dopato, al limite del mafioso, che ha riscritto ordini d'arrivo e cancellato nomi dagli albi d'oro delle gare più prestigiose. E, ogni volta, l'unico effetto è stato quello far perdere credibilità all'intero movimento.
Per cambiare rotta servono tempi, regole e sanzioni certi e uniformi per tutti. Bryan Cookson lo aveva promesso in campagna elettorale ma, ad un anno di distanza dal Congresso di Firenze, ad essere cambiata è solo l'interfaccia grafica del sito dell'UCI. Troppo poco.
Scritto da Andrea Fin - ciclismoweb.net