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Attacchi&Contrattacchi: Ma quale ciclismo d'altri tempi
#21
Michelià, non è discutere in santa pace ripetere sempre le stesse cose, c'è gente a cui da fastidio, invece che mandare centinaia di messaggi uguali scrivetevi per mp...
 
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[+] A 1 utente piace il post di Luciano Pagliarini
#22
A me pare un tema interessante, se ci scriviamo per mp nessuno può aggiungersi alla discussione..
 
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#23
A me no...

E comunque per scrivervi "il paragone non sussiste" e "spiegami perchè non sussiste?" potete farlo benissimo in privato...

Detto questo mi eclisso perchè sennò non la si finisce più qua...
 
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#24
(20-05-2013, 02:50 PM)Pagliarini Ha scritto: Gersh lo sai che sotto sotto ti voglio bene, ma se uno vuole chiamarli eroi saranno cazzi suoi, certo Gatti come al solito ha detto un mucchio di cazzate, ma qua però la discussione sta degenerando, te non sta chiamarli eroi se non vuoi, e lascia che chi vuole li chiami così...

Se uno vuole chiamarli eroi sono cazzi suoi, mi irrita ma sono cazzi suoi. Se uno però si mette a dire che dovremmo trattare meglio i ciclisti visto che lo facciamo già con donne, immigrati e omosessuali, la cosa mi irrita molto più del normale
 
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#25
Ger ma non ti viene in mente che fosse un po' ironico Gatti nell'articolo?
secondo me il senso non è quello che hai capito ma SE si pretende di essere più buoni con xxx xxx xxx perché non esserlo anche con i ciclisti
e non che lo facciamo già con donne, immigrati e omosessuali che è evidentemente una cazzata

boh sto Gatti non l'ho inquadrato bene scrive tutto e il contrario di tutto però secondo me qui il senso era quello
 
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#26
Non so cosa intendesse Cats, può essere anche che fosse ironico (più che altro sarcastico direi), comunque al di là di questo articolo la linea di pensiero più diffusa è quella che ho criticato nei messaggi precedenti. Si stravolge completamente la realtà delle cose, lo sport è la morte di quella meritocrazia che tutti invocano (e che nessuno vuole veramente, altrimenti chissà dove finirebbe), un po’ perché la distribuzione degli stipendi è legata in modo poco coerente ai risultati, un po’ perché questi stessi stipendi arrivano a essere anche cento volte superiori a quelli di gente che lavora onestamente e con molti più sacrifici. Molti corridori si lamentano di non essere trattati come meritano nei contratti (e rispetto al calcio magari è pure vero, rispetto al resto del mondo assolutamente no), quindi mi sorprende che non passino ad altre occupazioni, magari nel campo siderurgico, dove c’è sempre bisogno di nuovo personale perché lì chi protesta o sciopera viene licenziato (ma non va in bici con la neve, almeno non davanti alle telecamere, quindi non è un eroe ma solo un poveraccio).
Poi c’è un’altra cosa, che è questo concetto di “sadismo”. A parte le manfrine pseudo-giornalistiche sui sentimenti e i ricordi, che purtroppo grazie anche alla superficialità dei social network stanno prendendo il sopravvento (tanto che il Processo alla Tappa è diventato tipo C’è Posta per Te), a parte questo il ciclismo è essenzialmente fatica. Sia nello svolgerlo attivamente, sia nel guardarlo in tv, a parte il gusto della fatica (che da molti cicloamatori viene un po’ frainteso) c’è poco altro, la tecnica, la tattica sono cose di contorno, che possiamo apprezzare noi che siamo particolarmente appassionati, tanto di stare svegli all’una e mezzo del sabato e invece di guardare i porno, tenere acceso lo streaming del Giro di California, ma al tifoso medio, diciamo così, piace la fatica dei corridori. Quindi non siamo ipocriti, se dal ciclismo si esclude la fatica non rimane nulla. Poi è ovvio che ci sono dei limiti, il primo è quello della sicurezza, il secondo riguarda i percorsi e la possibilità concreta di portarli a termine, anche considerando le condizioni atmosferiche. “Questo percorso è fattibile o no?” Credo di non aver mai visto da quando seguo il ciclismo, un percorso che si possa dire oggettivamente troppo duro, lo dimostra il fatto che quasi tutti, ogni volta, arrivano alla fine. Se uno ci pensa, il ciclismo su strada si diversifica solo grazie alle salite, altrimenti sarebbe una brutta copia del ciclismo su pista, che ha volate e crono in una forma molto più pura. In fondo i tifosi si innamorano del ciclismo su strada perché i corridori fanno una gran fatica, negarlo sarebbe da ipocriti.
 
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#27
(19-05-2013, 02:18 PM)Gershwin Ha scritto: Rischiare la vita nel ciclismo...io mi ricordo solo Weylandt morto in corsa da quando seguo il ciclismo, ce ne saranno stati altri ma di certo non più di qualche decina. Invece i morti sul lavoro (vero) sono centinaia ogni mese. Ci sono gli incidenti, certo, ma non è che c'è qualcuno che li costringe, come nessuno costringe gli appassionati che escono in bici la domenica mattina (eroi anche loro immagino). Poi visto che nell'articolo si dice che siamo buoni con donne, omosessuali e immigrati e cattivi con i ciclisti, perdonatemi se mi viene da ridere

Rischiare la vita nel ciclismo, vuol dire rischiarla pure non in corsa, comunque. Ridurre la categoria dell' eroico ad una pura contabilità di morti ammazzati/storpiati/ecc. è un errore. L'eroico è una categoria estetica prima di tutto: chi compie un' attività per quanto utile come l'addetto/impiegato nel settore siderurgico non suscita nessun stupore e nessuna ammirazione e se rischia la vita o muore, tolto il dolore dei familiari e una breve e superficiale commozione collettiva, il suo caso non riveste nessun particolare significato simbolico. Lo sport ma il ciclismo in particolare (dove ci si confronta tra atleti, con se stessi cercando di sondare i propri limiti, ma anche con le potenti forze ancestrali della natura, i suoi grandiosi spazi, squarci e panorami) questa particolare dimensione simbolica la tocca e la abbraccia ancora secondo il sentimento di milioni e milioni di persone. Vuoi per la dimensione epica delle gare di 3 settimane a tappe (non esiste nessuno sport di mia conoscenza con questo tipo di decorso, a parte i rally che sono altra cosa o certe stravaganti manifestazioni di nicchia di scarso interesse) vuoi per lo scontro-confronto dell' individuo non solo con la fatica, il pericolo a volte estremo, il rischio, le condizioni estreme ma sopratutto con quelle forze che magari il mondo moderno ha esorcizzato nell' immaginario,ma che quando si è poggiati su un fragile ed esile mezzo quale può essere una meschina bicicletta (anche se il prezzo non è mai tale), tornano ad incutere un sacro terrore. Il ciclista è l' ultima possibile incarnazione del cavaliere errante, alla ricerca di un qualche inesistente Sacro Graal, sopra una montagna; per trovarlo deve affrontare rischi immani e gravi pericoli, molti nemici....

SCARPONI (dopo il carpiato dell' altro giorno) > PARSIFAL

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