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...Continua a risplendere cara maglia....
#1
Questo racconto è stato scritto nel 1997, quando il significato di una semplice maglia da corsa, appariva al sottoscritto come l’invocazione alla Musa per Omero. I motivi per un simile intendimento c’erano tutti……nella profondità dei sentimenti e nella semplicità o banalità che sempre persiste, nascondendosi nel meschino, di chi è nato con gli occhi, ma non li sa usare. Un breve testo venuto alla luce perché, in fondo, il sottoscritto era diventato un protagonista di quell’ambiente, verso il quale, fin da piccino, il proprio cuore pulsava evidente. Ed in quella fase, in me, si confondevano le motivazioni spinte dal lavoro, con quella passione che è sempre essenziale richiamare per far capire agli interlocutori, quanta convinzione vi sia in ciò che si fa. Un tassello spaccato di un’epoca che s’era trasformata in moderna, ma che ancora testimoniava la gioia nei valori di una disciplina sportiva poi decisamente attaccata e violentata fino al punto di elevarsi come la meno credibile dell’attualità. Lì, in quel 1997, nel mio romanzo quotidiano, permeavano dunque i segni ed i cromosomi di trentadue anni prima, quando il bambino sottoscritto visse il festoso scenario dello start del Giro d’Italia, in quel di San Marino. Lì mi saldai ad una maglia che poi mi vide peculiare operatore e lì cementai ulteriormente, un distinguo già vistoso sulle mie fonti di loquela. Nel racconto che segue il richiamo sportivo si presenta più sociologico che agonistico, ed è un inno a ciò che vorrei siamese patrimonio di tutti coloro che governano, ovunque, quella disciplina amata. Ma oggi, al via di questo Giro, troppo distante da ciò che si vorrebbe come minimo istmo d’accettazione, manca addirittura un semplice sorriso.
 
 
Continua a risplendere cara maglia  
 
......…Morris era un bambino vivace di quel tanto da fare ammattire gli anziani genitori. A casa sua si parlava di Coppi, delle sue scalate d'airone e del suo mito patrimonio d'ogni italiano. In famiglia si pianse quando la radio annunciò la morte di quel campione, esempio d'una Italia leggendaria e vincente, non quella storpiata dalla guerra. Anche Morris pianse, come se Coppi fosse il caro zio col quale si costruivano i giochi pronti ad accender fantasia. Quel corridore ossuto e pieno di rughe lui l'aveva proprio visto, a Forlì, in mezzo ad una selva di gambe. Per vederlo
meglio, aveva dovuto arrampicarsi sulle spalle di babbo, ed in quell'attimo gli era parso solo un uomo sulle cui magre spalle avevano posto una maglia rosa. Com'era possibile che tutti lo volessero toccare? Era così diverso dagli altri? E perché tutti quegli applausi, in fondo gli avevano detto che aveva vinto Baldini. Poi, tornando a casa sulla "Lambretta", in mezzo alle gambe di babbo, pensò che la bicicletta poteva
essere un curioso aggeggio se tutti s'appassionavano. Capì che in quello spingere i pedali e poggiare le mani su quello strano manubrio ricurvo, c'era qualcosa di unico. Non poteva che appassionarsi pure lui......
Un giorno, a pranzo, Berto, il corridore di famiglia che aveva corso fra i dilettanti per l'EMI e che tanto si vantava di aver usato le maglie scartate da Gaul, disse a babbo di guardare Zilioli, come l'unico in grado di meritarsi l'appellativo di "nuovo Coppi". Morris faceva la terza, ma già sapeva bene chi era Zilioli e cominciò subito a chiedere quando lo poteva andare a vedere.
L'occasione capitò presto.
San Marino ospitava la partenza del Giro d'Italia 1965. Ancora una volta Morris doveva scansare quella selva di gambe, ma il fratello Berto era più abile di babbo a fargli da "traccia" e fu abbastanza facile avvicinare quello spilungone di Zilioli. Quel corridore era tremendamente triste. Dal suo volto scavato, parevano leggersi i romanzi delle anime in pena, o l'attesa per un evento tutt'altro che positivo. Tutti dicevano che era il favorito del Giro e tutti volevano un autografo. Morris lo guardò a lungo mentre firmava il foglio di partenza trascinandosi la bicicletta color amarena, mentre parlava con due compagni di squadra e quando, con un flebilissimo sorriso, salutò un signore con la faccia raggiante e gli occhi furbi. Alla tristezza d'espressione, Zilioli contrapponeva un'evidente eleganza. Indossava una maglia con spalline e strisce verticali-laterali color amarena, in mezzo una scritta che non poteva non piacere ad un bambino goloso come Morris: "Gelati Sanson". Ben presto quel nostro giovincello s'appassionò a quella maglia, la più bella di quella moltitudine di colori, berrettini, borracce e biciclette. La cercò a lungo per la sua giovane collezione, ed anche se Zilioli un po' lo deluse, costringendolo a tifare per Adorni prima e Merckx poi, quella maglia rimase sempre nel suo cuore. A lungo si chiese se quel signore che il flebile sorriso di Zilioli salutò, fosse proprio il signor Sanson, quello dei gelati. Divenuto più grande e sempre più affamato di conoscenza sul ciclismo, le sue immanenze e la sua etica così permeante, Morris vide il suo crescere accostato spesso alle metamorfosi ed al protagonismo di quella maglia. E più volte s'é chiesto cosa sarebbe stato per lui, se anche il sublime ed insuperabile Eddy Merckx avesse vestito quei colori.
Con gli anni i ricordi si confondono con le palpitazioni del cuore, perché il passato è nostalgia inconscia di gioventù perduta. Con gli anni si tingono di chiara luce i sogni che son divenuti realtà e si dipanano nel grigio scuro della disperazione i contorni meno nitidi, quelli che vorresti scordare ogni volta che gli ignari incauti, te li metton su un piatto, tanto sporco quanto veritiero. E con gli anni comprendi meglio i messaggi, i motivi, ed i perché di certe scelte. Anche per Morris, quel vortice di sensazioni è passato e passa quotidianamente nelle vie del suo pensiero, certo adulto, quanto sognatore e ricercatore come quando era bambino. E lui vorrebbe esser ancora là, fra quella selva di gambe per guardare il campione che veste una "maglia da corsa", la maglia che ha scelto siamese alla sua passione per quel significativo ed ermeneutico spingere i pedali (allora rigorosamente a motore umano n.d.o.). Egli sa di aver contribuito a modificarne i colori ed i disegni, come sa che la leggenda di quelli che l'hanno vestita è più viva che mai. Quella maglia deve essere bella, perché grande é il solco che ha tracciato nella storia del pedale. Quella maglia deve far sognare gli odierni piccoli Morris che si pongon sulle strade, per vedere i colori ed i messaggi di quegli atleti in bicicletta, pronti a soffrire e faticare come impongono l'immortale legge del ciclismo e la sua insita cultura. Qualcuno ha detto a Morris che è tardi per sognare e che siamo nell'era che ha smarrito i sogni per intraprender i viali d'una immane decadenza interiore, fatta di falsi materialismi e di valori accecati dalla luce del danaro. Ed il nostro sognatore sa che quel Qualcuno ha ragione ed è veritiero, ma ad ogni colpo dei predoni o degli ignavi, vi è l'arma della fede che, non sempre, è quella per un dio. E' il simbolo spesso vincente che sta dentro l'immanenza d'ognuno. Quello che disarciona chi vuole impietrire nel qualunquismo, il fulgido volto d'un messaggio, di un gesto, di un segno. Ed allora si corazzano i sogni, con la determinazione che vuole mantenerne i significati e quei momenti placanti che sono le nostre ricerche di vita. Un bambino è il più onesto ed innocente ricercatore, ed é bene che trionfi anche se del bambino non ha più l'età. Un gelato si consuma con una velocità di poco superiore a quella d'un pensiero, la maglia dei "Gelati Sanson" no, è viva ed immortale nel romanzo del ciclismo, perché il ciclismo, nonostante le "cassandre" che di mitologico non han nulla, è vivo nei cuori della gente che sa
amare.
Continua la tua corsa, cara maglia!
Continua a risplendere il tuo pazzo diamante di vita come dissero i Floyds.
 
Maurizio Ricci detto Morris
 
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#2
Ciao Morris, bello rivederti.

Sempre bellissimi i tuoi racconti Applausi

Mi ha sempre intrigato la figura di Zilioli, anche perché mio nonno mi racconta spesso di quando andava a vederlo al Giro del Veneto e di come fosse, puntualmente, il più forte in salita. Ho la famosa copertina della Domenica del Corriere che lo ritrae incorniciata in camera.

Mi dispiace che non abbia mai vinto il Giro, anche se ha sempre perso contro degli autentici colossi.

Il suo palmares, come quello di tanti altri della sua epoca, è meno considerato di quanto dovrebbe perché tante delle corse che vinse col tempo hanno perso prestigio (il Giro del Veneto su tutte, ahimè) complice la gestione scellerata di chi dovrebbe occuparsi del nostro sport....e questa è una cosa che mi fa innervosire sempre parecchio.
 
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#3
(04-05-2018, 05:20 PM)Luciano Pagliarini Ha scritto: Il suo palmares, come quello di tanti altri della sua epoca, è meno considerato di quanto dovrebbe perché tante delle corse che vinse col tempo hanno perso prestigio (il Giro del Veneto su tutte, ahimè) complice la gestione scellerata di chi dovrebbe occuparsi del nostro sport....e questa è una cosa che mi fa innervosire sempre parecchio.

Caro Pagliarini, hai perfettamente ragione. Nella mia carriera di dirigente sportivo, ho vissuto e mi sono rapportato con diverse federazioni (più di dieci), ma nessuna s'è così distinta per poco spessore culturale e "quello che ti puoi immaginare", come quella ciclistica. Il "Ciao mama son contento d'essere arrivato uno", sta in alto, più di quanto si possa pensare....

Comunque, a proposito di Zilioli, posterò negli appositi spazi un ritratto....

Ciao!
 
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#4
[Immagine: Zilioli.jpg]
 
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