Login Registrati Connettiti via Facebook



Non sei registrato o connesso al forum.
Effettua la registrazione gratuita o il login per poter sfruttare tutte le funzionalità del forum e rimuovere ogni forma di pubblicità invasiva.

Condividi:
Il più grande classicomane di tutti i tempi
#61
Luca una domanda. Non ritieni che considerando anche il livello degli avversari che ha affrontano ci siano degli argomenti permettere Moser sullo stesso piano di Kelly?
 
Rispondi
#62
(02-04-2019, 08:13 PM)Hiko Ha scritto: Moser secondo me arriva appena sotto i cinque del primo post + Kelly. E' probabilmente tra i primi cinque specialisti del pavé, alle Ardenne non si è mai dedicato più di tanto (penso per via del Giro) ma ha vinto la Freccia e ha fatto podio alla Liegi all'unica partecipazione e in Italia ha vinto una marea di corse, compreso Lombardia e Sanremo.
Lo preferisco ad esempio ai suo contemporanei o quasi tipo Saronni o Argentin o Bugno.

Sono abbastanza d'accordo con quanto detto da Hiko qua.

Certamente una discussione tra Moser e Kelly ha senso di esistere.

E' uno sicuramente che gravita tra le posizioni attorno alla decima. Forse anche un pelo sotto.
 
Rispondi
#63
Moser era un grande, ma gli manca, per ragioni varie il Fiandre. Come a Kelly comunque. Ha il mondiale, che anche se Luciano Pagliarini non è d'accordo, da lustro al corridore. Va bene che negli ultimi anni ha avuto percorsi orrendi, ma non sempre. É sempre stata una competizione sui generis, vinta da gente non sempre di primissimo piano.. Ai tempi di De vlaeminck e Kelly aveva un senso, e se possiamo dire che l'irlandese non aveva squadra per esempio il belga non è quasi mai stato competitivo.
Moser lo ha vinto, aveva caratteristiche simili a Kelly, meno veloce, più potente e meno forte in salita. Ma per me è fra i grandi.
 
Rispondi
#64
Per me il Mondiale dà sicuramente lustro al palmares di un atleta.

Tuttavia, è molto meno indicativo rispetto alla grandi classiche di quel che è il valore dell'atleta in questione.

Vincere la Roubaix o il Fiandre e vincere sul circuito di Richmond sono proprio due cose differenti.

Chiaro che ci sono Mondiali che fanno eccezione. Ma sono, appunto, eccezioni. Mentre la Roubaix è sempre quella corsa là e vincerla vuol dire ogni volta fare un numero pazzesco, anche se ti chiami Hayman o Vansummeren.
 
Rispondi
#65
Riguardo al mondiale a favore di Moser si può dire che non ha semplicemente vinto un mondiale, ma è stato per diversi anni un protagonista della corsa iridata
 
Rispondi
#66
(14-04-2019, 06:00 PM)jwill Ha scritto: Infatti l unico che avrebbe qualche argomento per strappargli il titolo di primatista del millennio sarebbe Cancellara, non tanto per il palmares ma per la sensazione di superiorità nei confronti degli altri che rispetto a Gilbert ha mantenuto per un periodo ben più lungo

Su questo io ho da ridire.

Cancellara ha vinto le sue ultime due grandi classiche, Roubaix 2013 e Fiandre 2014, in volata.

Considerando che nel 2012 ha saltato Fiandre e Roubaix, tutta questa superiorità si è vista nel 2010, 2011 e parzialmente nel 2013 (alla Roubaix Vanmarcke e Stybar andavano come lui).

Dopodiché, il confronto con Gilbert non parte nemmeno. Per uno che era davanti a Mendrisio, non considerare nemmeno Liegi, Amstel e Lombardia è una lacuna troppo grave.
 
Rispondi
#67


 
Rispondi
#68
Ripescando questo vecchio topic... uno dei pochi nomi che non erano stati fatti è quello di Freddy Maertens. Penso sia il più difficile da collocare proprio per la particolarità dell'atleta. Un campione che è stato poco sotto ai livelli di Merckx ma che è durato pochissimo (almeno a quei livelli).

Che poi Freddy è forse il più "svantaggiato" della classificazione "monumento" a cui abbiamo assistito nel nuovo millennio (e quindi dimostra da che presupposti distorti nasca quella classificazione) e anche per questo oggi è ancora più difficile fare una analisi e classificarlo.
E' vero che non ha mai vinto una di quelle cinque, ma stiamo parlando di un signore che ha vinto:
Mondiale (x2), Gand (x2), Amstel, Parigi-Tours, Parigi-Bruxelles, Scheldeprijs, Brabante, Zurigo, Het Volk (x2), Harelbeke, Laigueglia, Francoforte e campionato belga.

Io comunque non me la sento di classificarlo :P Però penso che per trasversalità e potenzialità vada almeno nominato.
 
Rispondi


[+] A 6 utenti piace il post di Hiko
#69
Mi permetto una similitudine con l'attualità.
Abbiamo assistito al delirio della nascita e immediato fallimento della Superlega, facciamo uno sforzo e proviamo ad immaginare un tentativo simile 30 anni fa: alcune squadre sarebbero state presenti, altre come Chelsea, City, Atletico Madrid sicuramente no. Dunque il fattore tempo è determinante quando decidiamo di formare un insieme chiuso e limitato.
Per le 5 famose classiche vale lo stesso principio: sceglierle e fare valutazioni ex-ante non ha nessun senso, in più blocca anche l'eventuale variazione temporale del prestigio delle corse, che a volte sanno rinnovarsi (Amstel, Gand), riemergere (Lombardia) o imporsi (Strade Bianche).
Forse le uniche che beneficiano davvero della definizione di monumento sono le due che hanno palesato più problemi negli ultimi anni e che si aggrappano all'epica del passato senza riuscire a trasformarla in rinnovamento, vittime di coloro che strenuamente giustificano l'immobilismo con la storia e che confondono la tradizione con la nostalgia: la Sanremo e in misura minore la Liegi.

Forse fra 30 anni si parlerà di Gilbert come ancora più grande di quanto immaginiamo, perchè la mancanza della Sanremo sarà vista in modo diverso rispetto ad oggi mentre che so, la Amstel sarà diventata una classica al livello delle Fiandre. Questo porrà Pippo al livello di Merckx? Ovviamente no, così come non farà il buon Gasparotto un vincitore di due "monumento"
 
Rispondi


[+] A 8 utenti piace il post di Locomotiva
#70
Il bel intervento di Hiko, mi spinge a parlare un poco di quell'autentico fuoriclasse che era Freddy Maertens.

Piuttosto piccolino, anzi per le misure che oggi si vorrebbero per i velocisti o i cronoman, decisamente piccolo (1,72 x 66-67 kg). Proporzionato nel fisico e con una compattezza muscolare che nei tempi attuali distruggerebbero con lavori sul fondo in grado di mortificare le fibre bianche che possedeva a iosa, Freddy, col suo corpo da scalatore, era un winnner velocistico di dimensioni stellari. Scelta di tempo, fiuto, esplosività, punte di velocità degne di un pistard, lo facevano sprinter di razza come pochi. Provò a costruire con la Flandria, fra lo scherzo e il faceto, o come semplice esperimento, quella preparazione della volata di squadra che poi è stata definita "treno", ma fu un carotaggio isolato, perchè il Maertens, le volate le faceva da solo, mortificando spesso coloro che potevano avere opportunità di vittoria sull'unica variabile dello sprint. Un Saronni, per molti aspetti, con maggiori doti sul passo, al punto di vincere il GP delle Nazioni, quando questa gara valeva tranquillamente l'odierno mondiale a cronometro.

Solo i campioni con la maiuscola, nella stagione del debutto, a soli 21 anni, vincono quindici corse, fra le quali la Quattro Giorni di Dunkerque, i Gran Premi della Schelda, Jef Scherens,  la Fleche de Leeuw St Pierre, si piazzano secondi nel Giro delle Fiandre, quinti nella Parigi-Roubaix e....perdono la maglia iridata per venti centimetri. Già, quel mondiale di Barcellona '73, meriterebbe un racconto di pagine e pagine. Resta però la constatazione, senza essere quei nazionalisti che gli italiani sanno essere solo nello sport, che Maertens fece perdere l'iride a Merckx, andandolo a prendere in salita con Gimondi e Ocana staccati, mentre Eddy si prese un'immediata rivincita, giocandolo nello sprint decisivo a vantaggio di chi gli stava meglio in maglia arcobaleno: Felice Gimondi. L'evidenza lapalissiana di quel giorno però, ci dice che il più forte nella corsa mondiale, era il baby Freddy Maertens. Ed è anche vero che il campionato del mondo di Barcellona, recitò sul debole carattere di Freddy un ruolo importante, facendolo sentire più insicuro e alla completa mercé di quelle tante mezze figure che, alla lunga, contribuiranno non poco alla contrazione della sua carriera. Ciononostante, per qualche anno, Maertens fu devastante. Nel '74 vinse 34 corse, 33 nel '75, 52 nel '76, 53 nel '77: in sostanza solo Merckx, in quel lustro, gli era stato superiore. In quella mitraglia di successi, anche il titolo mondiale, conquistato ad Ostuni nel 1976, davanti a Francesco Moser.

In salita più che la sua inadattabilità, assolutamente inesistente, fu una forma di disinteresse a fermarlo nei primi anni di carriera, ma dopo la Vuelta vinta, capì che poteva stare tranquillamente al passo dei migliori dell'epoca, anche lì. Purtroppo, la caduta al Mugello, ruppe completamente i suoi piani: era il 1977 e, dopo aver vinto alla grande la Vuelta di Spagna, prese il via al Giro d'Italia e sbalordì tutti con sette vittorie di tappa, ma arrivò la frazione del Mugello, proprio il giorno dopo la sua vittoria a Forlì. Sul celebre circuito motoristico, disputò una volata a colpi proibiti con Van Linden, la vinse, ma cadde fratturandosi il polso. Fu il colpo di grazia, la lesione non guarì più totalmente e molti attribuirono la causa di ciò, all'uso di sostanze proibite derivate dal cortisone. Il suo fragile equilibrio si incrinò. Tuttavia, nel 1978 riuscì ancora a vincere 18 corse, fra le quali l'Het Volk, la semiclassica di Harelbeke e la Coppa Agostoni, ma la sua squadra, la Flandria, venne sciolta e Freddy cominciò a correre dove e per chi gli capitava. In quel momento iniziò il suo declino agonistico, reso più grave e tangibile dalle crescenti difficoltà finanziarie e dalle pressanti richieste di arretrati da parte del fisco belga. In sostanza, si era fidato di gente con pochi scrupoli e ne pagava le spese. Nel 1979 e '80, si distinse....per i suoi ritiri, ma nel 1981, dopo esser stato ingaggiato dalla Boule d'Or, ritrovò il grande tecnico Guillaume Driessens che lo recuperò e lo portò al Tour.
Il bilancio di Freddy in quella Grande Boucle fu ottimo: cinque vittorie di tappa, la maglia verde della classifica a punti e la garanzia di poter correre i Mondiali di Praga. Qui recitò il suo canto del cigno, riconquistando la Maglia Iridata. Si trascinò ancora qualche anno per fare soldi conquistando, proprio nel suo ultimo anno, un successo in un criterium. 
[Immagine: etape-by-richard-moore-chapter15_ofs_200...306_gs.jpg]
Freddy Maertens non è stato solo un grandissimo velocista, come qualcuno ancora sostiene, ma era fortissimo a cronometro, ed in salita, se voleva, poteva stare vicino ai migliori: quanto basta per farne un corridore in grado di vincere anche una grande corsa a tappe. Non a caso vinse una Vuelta. D'altronde, se Moser e Saronni, erano considerati completi, Maertens, aveva qualche ragione in più, almeno a livello potenziale, per esibire le stesse credenziali.

Ciò che non andava in Freddy, non stava nel fisico eccellente, raro e superiore a tanti campioni che poi impreziosirono il loro palmares con raffiche di vittorie anche nelle corse a tappe, ma il suo carattere fragile, l'intontimento che lo accompagnava con la fama crescente, ed un'incapacità pressoché totale di riconoscere le persone verso le quali era giusto fidarsi. Un ragazzo, che non fu mai capace di crescere e di capire l'ambiente che lo circondava, ignaro delle distinzioni da farsi, inconsapevole dell'esigenza di dosare le parole al contatto con media che, nel Belgio del suo tempo, erano simili al calcio nostrano dell'odierno e del recente passato. Era incapace di vivere le tante rivalità insistenti nel ciclismo del suo paese, spesso incentivate dal campanilismo e dalle culture delle varie zone, con quel distacco necessario per non trovarsi schiacciato o deviato anche nei fatti di corsa. Inoltre pagava la sua esultanza tipicamente giovanile, con quel pizzico di sbruffoneria che non guasterebbe mai in linea teorica, ma pericolosa in certi contesti, quando a lato ci sono, nel suo caso, glorie storiche come Merckx e campioni in grado di aprire le porte alla leggenda come Roger De Vlaminck, o ad imprimere gli albi d'oro, potenzialmente o direttamente, come Godefroot, Van Springel, Leman, Verbeeck, Dierickx, Pintens, Walter Planckaert ecc. Aveva pochi, troppo pochi amici in gruppo, cominciando dai suoi connazionali. 
La stessa brutta e significativa giornata dell'esordio mondiale, a Barcellona, sul circuito del Monjuich, nel 1973, evidenziò fino a scolpirne i prosiegui, le difficoltà d'adattabilità di Maertens. Quando Merckx attaccò in salita, scaricando Gimondi e Ocana, Freddy, per dimostrare di esserci, di avere forza, di essere un campione, andò a prendere Eddy. Non lo fece con spirito cattivo, si lasciò semplicemente andare alla sua voglia di far vedere chi era, non rendendosi conto che in quel modo rimetteva in gioco l'italiano e lo spagnolo. Poteva starsene a ruota degli altri, era il più veloce e se costoro fossero riusciti a riprendere Merckx, sarebbero comunque stati in tre a scannarsi di lavoro e fatica, favorendo il suo già letale sprint.. Non si rese immediatamente conto che la sua azione, oltre a renderlo inviso al numero uno del ciclismo mondiale, lo metteva nella non facile veste di corridore inaffidabile, anche fra gli altri grandi belgi (che non aspettavano altro...). La prova di tutto questo si ebbe dopo, quando, a dimostrazione della sua considerazione verso Eddy, si rese disponibile a tirargli la volata (in fondo "il cannibale" dopo di lui era il più veloce), ma costui gliela fece pagare con gli interessi, giocandogli lo scherzetto che tutti videro. Da quel giorno, oltre a Merckx, Freddy si trovò tutti i belgi contro e se poi seppe vincere tantissimo, con ritmi da "Cannibale", fu solo perché la natura gli aveva dato qualità seconde solo a quelle di Eddy. Anche quando tornò dopo la caduta del Mugello, col polso trasformato e dolorante che gli impediva di essere quello di prima, la voglia di batterlo, magari di umiliarlo, continuò a persistere fra i fiamminghi. Anche nell’ultimo scorcio di carriera, quando era una comparsa, nonché nel primo dopo carriera, pagò una certa ostilità dell’ambiente. E solo quando toccò il fondo economicamente, qualcuno cominciò ad aiutarlo. Per lui si aprirono le porte di un impiego primario al Museo della Bicicletta nella natia Rosealere (cittadina di grande peso nella storia ciclistica belga, luogo di nascita oltre che di Freddy, giusto per citarne un paio, anche di Odile Defraye, primo vincitore fiammingo del Tour de France e di Valère Ollivier, un razziatore di traguardi anche di un certo pregio nel primo dopoguerra). Ben presto, la presenza divulgativa di Freddy, azzeccata nelle capacità sul ruolo, quanto il peso del suo curriculum, han fatto divenire per tutti la struttura museale di Rosealere, come il Museo Freddy Maertens. Gli stessi rapporti dell’ex campione, coi suoi ex avversari connazionali si sono normalizzati fino ad abbracciare, in taluni casi, vedi con Eddy Merckx, l’amicizia. 

Maurizio Ricci detto Morris
 
Rispondi


[+] A 10 utenti piace il post di Morris
#71
Hanno ancora tanto tempo per vincere e dimostrare, ma a che livello mettereste, ad ora, Mathieu van der Poel e Pogacar rispetto ai tantissimi nomi citati in questo topic?
 
Rispondi


[+] A 1 utente piace il post di samuxsafe
#72
Al livello di chi, purtroppo, corre in un ciclismo limitato e limitante.

Dovrebbero affrontarsi tra loro (con l'aggiunta di Remco) in tutte le (poche) gare in linea che fanno, in modo da dare più prestigio alle stesse.
 
Rispondi
#73
Due o tre lustri fa, un trio così talentuoso come quello composto da Mathieu, Pogi e Remco, non era percepibile nemmeno nelle lenti del telescopio di Monte Palomar. C’erano specialisti come Boonen e Cancellara (decisamente meglio il primo), ma l’unico che aveva gli attributi per diventare classicomane orizzontale (come è giusto vedere un corridore votato alle corse di un giorno) è stato (e lo è diventato) Philippe Gilbert. Poi c’è stato Sagan, che aveva i mezzi per fare di più del già tanto che ha fatto. Per il resto c’era poco. Abbastanza però per dire che era più facile emergere e, quindi, acquisire un curriculum di nota. Oggi questi tre sono dei giganti, con accanto una corte di poche unità che hanno valori di di buon pregio non distanti da quelle dei citati sopra, ma nelle corse dove ci sono Mathieu, Pogi e Remco, sono solo degli outsider. I tre, grazie alla cricca dell’UCI, ovvero la diffusa metastasi del ciclismo, vanno in direzione di pochissimi incroci, perché il ciclismo odierno, è stato geneticamente modificato e si sta impoverendo a gran velocità per spettacolarità-competitività, ed è sempre più brutale nell’impatto con ciò che fa la fortuna di uno sport nell’odierno, ovvero il possesso di un buon livello di audience televisiva. I corridori devono correre, non allenarsi nei paradisi di quel che si sa. E chi tira le fila deve sapere che, prima o poi, se si vogliono dei team di livello, si deve dar loro una consistente parte degli introiti dei diritti televisivi, così i porta-scopini che stanno su quelle vetture con l’auricolare, saranno obbligati a far la loro parte per rendere le corse più spettacolari. E così, forse, si attenuerà la sudditanza con annessi e connessi verso le sponsorizzazioni nate dai paradisi fiscali, o dal mondo dove la vita umana, ha il valore di una sorba secca.

Detto questo, dove collocherei ad oggi i tre nella graduatoria dei classicomani?
Bèh è sempre difficile quando la realtà è ancora in lauto movimento, sia per chi va collocato e sia nella disamina dell’intero orizzonte ciclistico, quindi diciamo che van semmai menzionate le evidenze. E queste dicono che tutti e tre sono corridori, che hanno tutto per distanziare alla grande un Cancellara. Roger De Vlaeminck, un giorno mi disse che un corridore da classiche, che non vince un Lombardia è un corridore dimezzato. Un giudizio che …….dice tanto. Anche nel ciclismo delle vergognose specializzazioni.
 
Rispondi


[+] A 6 utenti piace il post di Morris
#74
D'accordissimo. Volendo un pochino forzare un paragone i tre possono ricordare per la loro superiorità Federer Djokovic e Nadal che hanno fatto la fortuna del tennis degli ultimi lustri proprio perché erano protagonisti in tutti i tornei del calendario
 
Rispondi
#75
Senza scomodare i grandissimissimi di un tempo

Andando ad alcune annate per esempio di Museeuw o Bartali nella prima parte di stagione pre-Giro loro correvano circa quelle 14 gare di un giorno + un paio di corse a tappe se non di più

È un discorso trito e ritrito di questi tempi.. Togliamo pure dall'equazione i ciclocrossisti o Pogacar che è un unicum i vari Pedersen, non ho trovato Kung, Laporte Benoot ecc non arrivano a correre 9 corse di un giorno per assurdo i Jumbo sono quelli che corrono di più o ho visto Cosnefroy mi sa che ha fatto 9 corse di un giorno ma tutti gli altri ne avranno 6-7 al massimo e Demare e Matthews che pure avrebbero nelle loro corde queste corse mi sa che hanno fatto 3 corse di 1 giorno quest'anno

Senza interventi dall'alto andrà sempre peggio

E ripeto capisco pure chesso un Remco che non può mettersi di certo a correre 1 corsa a tappe ogni 2 settimane ma corridori da classiche dovrebbero correrle tutte e se ok chi fa ciclocross già aggiunge altre corse alla sua stagione ma quella serie di corridori nominati su che scuse hanno?
 
Rispondi
  


Vai al forum:


Utente(i) che stanno guardando questa discussione: 1 Ospite(i)