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Davide Formolo
#1
Scheda del corridore Davide Formolo: carriera, biografia, squadre, vittorie, piazzamenti, palmares, twitter, facebook.

Davide Formolo




Nome completoDavide Formolo
SoprannomeRoccia
Data di nascita25 ottobre 1992
Luogo di nascitaNegrar (Italia)
Altezza e Peso181 cm x 62 kg
CaratteristicheScalatore
Professionista dal2014

SquadraCannondale - Garmin
Stipendio- €
Scadenza contratto2016


Biografia
Davide Formolo (Negrar, 25 ottobre 1992) è un ciclista su strada italiano che corre per la Cannondale Pro Cycling Team. E' professionista dal 2014.

a cura di SarriTheBest



Squadre


Palmares




Hanno partecipato alla realizzazione di questa scheda: SarriTheBest
 
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#2
Formolo: «Stanco ma soddisfatto della mia prima corsa WT»
Il pupo della Cannondale parla al termine del Giro di Svizzera

Lo chiamano Roccia perchè non molla mai. Il soprannome di Davide Formolo risale a ben prima di quando ha iniziato a pedalare, ma ben si presta allo sport che da quest'anno è diventato il suo lavoro. Il veronese della Cannondale che sta facendo impazzire di gioia Marano di Valpolicella di ritorno dal Giro di Svizzera ci racconta le sue impressioni sulla sua prima corsa World Tour della sua neonata carriera al termine della sgambata odierna.

«Sono molto soddisfatto per quanto ottenuto, nella tappa di Verbier bastavano un po' di gambe in più per provare a centrare il risultato pieno ma mi rendo conto che il palcoscenico era di quelli importanti, con avversari di alto livello. Ero curioso di misurarmi in una corsa World Tour, ero fiducioso ma non mi aspettavo di andare così bene. Anche ieri siamo andati a tutta, in salita ero a blocco perchè ci siamo scannati per bene fin dai primi chilometri ma ho difeso il mio piazzamento nella generale (7° a 3' da Rui Costa, ndr). È stata una nuova esperienza, positiva».

Dopo il Campionato Italiano di sabato prossimo, «la gamba gira bene, noi della Cannondale saremo in 15, seguirò le direttive della squadra» nel mese di luglio sarà in ritiro a San Pellegrino prima di ritornare in corsa in America e presentarsi alle classiche di fine stagione italiane, compreso il Giro di Lombardia.

Nel suo programma per quest'anno non è prevista nessuna grande corsa a tappe. «Mi sono affidato completamente alla squadra, mi hanno detto che sono ancora troppo giovane per affrontare una corsa di tre settimane. Mi fido dei miei tecnici, hanno più esperienza di me ed è anche loro interesse che io maturi nel modo migliore. Dicono che le qualità per andar bene in un giro in futuro le ho, io per ora penso solo a lavorare come si deve. Non so se un domani sarò il capitano di un team in grado di giocarsi le corse che ho sempre sognato o se sarò un gregario, solo il tempo ce lo dirà. A me il ciclismo finora ha insegnato che bisogna sfruttare ogni giorno al massimo e che il lavoro, prima o dopo, paga».

Giulia De Maio per tuttobiciweb.it
http://www.tuttobiciweb.it/index.php?pag...69708&tp=n
 
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#3
Formolo, la rivelazione
Dopo Svizzera e tricolore, protagonista anche in Polonia

Non l’hanno soprannominato Roccia per la forza che sprigiona in bici. Il soprannome di Davide Formolo risale a molto prima del suo debutto nel mondo del professionismo, decisamente prima del recente Campionato Italiano in cui a 21 anni, battutto dal solo Vincenzo Nibali, ha mostrato a tutti le sue doti e la sua prerogativa: non mollare mai.
«Mi chiamano così da quando avevo 5 anni e andavo in campeggio con la parrocchia sullo Stelvio. Volevo vincere sempre, non importava a quale gioco stessimo giocando, piuttosto che perdere sarei morto. Che si trattasse dei 100 metri di corsa o di una partita a palla prigioniera, piuttosto partecipavo a die­ci gare consecutive pur di non perdere. Sono fatto così, da sempre. Cerco sempre di essere il migliore, non so se sia un pregio o un difetto, e sono fermamente convinto che il risultato migliore è quello che deve ancora arrivare» racconta sorridente il giovane scalatore veronese.
Nato a Negrar il 25 ottobre 1992, vive a San Rocco di Marano di Valpolicella, un paesino sulle montagne veronesi letteralmente impazzito per il suo campioncino. «Si tratta di una cittadina piccolissima, la maggior parte della popolazione è composta da pensionati che si trovano al centro ricreativo per seguire tutti assieme le mie corse. Sono più en­tusiasti di me per come sto andando, li ringrazio per il loro affetto».
Davide, 1.82 mt per 63 kg, si era già messo in mostra tra gli under 23. È ap­prodato al professionismo dopo tre stagioni alla Petroli Firenze Wega Con­tech, con la quale ha vinto quattro gare fra le quali spicca la generale del Giro delle Pesche Nettarine, conquistato per due anni consecutivi, e l’anno scorso il grande pubblico ha iniziato a scoprirlo al Mondiale di Firenze dove si è messo brillantemente al servizio di Davide Vil­lella, attualmente suo compagno nella formazione di Amadio.
In questo inizio di stagione tra i grandi del ciclismo ha saputo ben figurare, mettendosi in mostra nel Gran Premio Costa Degli Etruschi e nel GP di Lu­gano, al Giro di Turchia al rientro dopo lo stop per aver contratto la varicella e al Giuro di Svizzera, la sua prima corsa World Tour di sempre, chiusa in settima piazza a 3 minuti dal vincitore Rui Costa, ma soprattutto nella sfida tricolore andata in scena in Trentino, nella quale si è dovuto inchinare solamente allo Squalo dello Stretto. Per esprimere giudizi e svelare ambizioni, soprattutto per un ragazzo modesto e con i piedi per terra come Formolo, è presto ma come si suol dire se son rose fioriranno... anche dalla roccia.

L’hai fatta sudare la maglia tricolore a Nibali: fino alla fine non hai mollato.
«Beh, Vincenzo è più forte di me e nel finale ne aveva di più. Tutti mi hanno fatto dei gran complimenti per il secondo posto ma io, a dire la verità, già che ero lì speravo di vincere. Non è che mi sono montato la testa, ma non sono uno che si accontenta. Anche contro un cam­pione già affermato come lui, mi scoccia essere battuto. Per un attimo, all’ultimo chilometro, ho anche pensato di potercela fare, perché mi sembrava che Vincenzo fosse un po’ impiantato, ma poi ha ritrovato il colpo di pedale e in volata non c’è stata storia. Detto questo, ho perso da Nibali, mica da un brocco quindi ragionandoci con più calma non posso lamentarmi. Devo dire grazie alla squadra che mi ha dato fiducia, alla Cannondale prometto che tornerò a giocarmi il titolo già dall’anno prossimo. Cosa ci siamo detti alla fine io e Vincenzo? Solo che ce la saremmo giocata lealmente. Merito a lui, questa volta è stato più bravo di me».

Prima del Melinda hai partecipato al raduno azzurro: come è andato?
«Benissimo. Ero il più giovane tra i convocati ed ero un po’ spaesato all’inizio, lo stesso CT mi prendeva in giro perché diceva che sembravo uno junior arrivato per sbaglio nell’hotel della Na­zionale, ma scherzi a parte credo di aver dimostrato di meritarmi l’occasione. Io sono ancora giovanissimo e sono il pri­mo ad essere sorpreso di come sto an­dando, ma ho voglia di fare ancora me­glio e di imparare. Il ritiro con gli az­zur­ri è stata una bella esperienza, per sentirmi parte del gruppo, apprendere la fisolofia di Cassani e studiare il percorso iridato».

E pensare che dalla Svizzera avevi det­to di essere tornato soddisfatto ma an­che parecchio stanco.
«Sì, ma forso ho un buon recupero (ride, ndr). Devo ancora scoprirmi ma, ripeto, sono molto felice per quanto ho ottenuto. Nella tappa di Verbier vinta da Chaves, bastavano un po’ di gambe in più per centrare il risultato pieno ma mi rendo conto che il palcoscenico era di quelli importanti, con avversari di alto livello. Ero curioso di misurarmi in una corsa World Tour, ero fiducioso ma non mi sono messo pressione. L’im­pe­ra­ti­vo per me è lavorare sodo, imparare e dare il massimo».

Il bilancio della prima parte di stagione è positivo?
«Direi di sì. A causa della varicella, contratta a ridosso della Coppi e Bartali e del Giro dei Paesi Baschi, sono stato co­stretto a saltare qualche giorno di corsa, quando la gamba iniziava a girare come si deve ma per il resto sono il pri­mo ad essere stupito del mio rendimento. Ricordo che in Trentino, al Cam­pio­nato Italiano di due anni fa ero arrivato secondo, all’epoca ero Under 23 e fui battuto da Manuel Bongiorno che ora corre con la Bardiani CSF. A due anni di distanza sono sempre argento ma nel­la massima categoria, dietro a un certo Nibali. Non c’è male (sorride, ndr). Il salto tra i professionisti è stato emozionante, rispetto alle categorie minori cambia tutto».

Spiegaci.
«A mio avviso qui è molto meglio che tra i dilettanti perché è un mondo più professionale e, raggiunto l’obiettivo di un contratto, non hai l’assillo di dover dimostrare quanto vali in ogni occasione. Questo non vuol dire che sei appagato, ma che cambia la prospettiva. Per­sonalmente, essendo seguito meglio rispetto al passato, sono più tranquillo e sereno perché devo solo pensare a svolgere il mio lavoro, con le giuste tabelle e persone che ti seguono è più facile farlo. Per quanto riguarda la lontananza da casa non è un peso, viaggio più spesso di prima all’estero, ma avendo corso da under per una squadra toscana per assurdo l’anno scorso ero più spesso lontano da casa rispetto a ora».

Dopo il primo ritiro con la Cannondale hai postato sui social network una tua foto con Ivan Basso e scritto: “ho capito come ci si allena”.
«Sì, ho la fortuna di avere al mio fianco grandi compagni da cui posso imparare molto. Ivan è molto professionale e ha una grinta incredibile, considerata la sua esperienza può dare a me e agli altri giovani molti consigli utili. Oltre a darci qualche dritta su come allenarci, come riposare e come correre, può aiutarci a evitare gli errori che ha commesso lui e pagato sulla propria pelle. Ivan è uno che ti spiega perché fare certe cose e perché non farne altre, con l’esempio. Mi ha definito il suo erede? Guarda, ci metterei la firma per diventarlo (sorride, ndr)».

Quanto ti segue la tua famiglia?
«Parecchio, in casa sono più contenti di me di quanto sto raccogliendo. Devo molto ovviamente sia a mamma Mari­na, casalinga, che a papà Livio, di professione camionista, è lui che all’età di 7 an­ni mi ha messo in bici. Ho un fratello maggiore, Jonathan, che ha 28 an­ni e fa il magazziniere. A supportarmi c’è anche la mia fidanzata Mirna, l’ho conosciuta tre anni fa a una festa, non va pazza per lo sport quanto me ma per amore ormai le tocca seguire il ciclismo. Ah, in casa da qualche mese è arrivata una new entry. Si tratta di Bric, il nostro cane da tartufi. Il nome l’ha scelto mamma».

Se hai scoperto il ciclismo quindi è merito di papà?
«Esatto. Fin da piccolo amo stare a contatto con la natura, mi piaceva aiutare il nonno nei campi, la bici ha rappresentato prima un gioco poi un mezzo per andare in giro, divertirmi e sfogare il mio agonismo (scherza, ndr). Ogni domenica papà usciva a divertirsi con gli amici, alla mattina in bici e al pomeriggio sul windsurf sul Lago di Gar­da. Ricordo benissimo la mia pri­ma bici, sarà durata una settimana (ride, ndr). Era di acciaio, viola, di ottava mano, vecchia e tutta arrugginita però bellissima. La prima gara a 7 anni, ero agitatissimo perché finalmente fa­cevo sul serio, dopo aver passato anni ad assistere alle corse di mio fratello che al pomeriggio riproponevo nella strada sotto casa con la fantasia, non avendo ancora l’età per gareggiare. Quel giorno ho attaccato il numero e mi sono detto “ora davvero sono uno del gruppo”. Una bella emozione, come la prima corsa da professionista».

Se non avessi fatto il ciclista...
«Dove abito c’è un forte richiamo verso l’agricoltura, come si dice braccia (o gambe nel mio caso) rubate... Oppure visto che ho studiato meccanica magari avrei potuto lavorare in un’officina. A scuola mi sono proprio divertito e mi sono appassionato a questo settore. Fino a qualche anno fa ero particolarmente attento alla mia bici e al suo funzionamento, ora ho smesso di stressare i meccanici perché abbiamo a disposizione il top del materiale e uno staff veramente qualificato».

Come trascorri il tempo libero?
«Con la mia ragazza, insieme ci divertiamo molto, o facendo un giro al Lago di Garda. Seguo volentieri tutti gli sport di endurance, dal triathlon allo sci di fondo, dopo l’allenamento mi piace guardare le gare in tv. D’inverno purtroppo non riesco a dilettarmi con gli sci perché ci si allena sempre più presto con la bici. Ho molti modelli nel mondo dello sport, il mio idolo indiscusso è sempre stato Michael Schu­ma­cher. Da bambino mi alzavo alle 5 del mattino con papà per vedere le sue ga­re, mi dispiace davvero per quanto gli è accaduto, per me resta un fenomeno».

Sembri portato per i grandi giri, quest’anno però non ne correrai neanche uno. Come mai?
«Mi sono affidato alla squadra, ai miei tecnici che dall’alto della loro esperienza mi hanno detto che sono ancora troppo giovane per affrontare una cor­sa di 21 giorni. Mi fido di loro, ne sanno più di me ed è anche loro interesse che io maturi nel modo migliore (anche l’anno prossimo difenderà i colori della Cannondale, ndr). Ora ho in programma di riposarmi un po’ prima di andare in ritiro con la squadra a San Pellegrino. Tornerò a correre ad agosto in America, poi in Italia per le classiche di fine stagione, compreso il Giro di Lombardia. È una corsa che sono andato a vedere spesso, già solo parteciparvi per me è un onore, cercherò di onorarla dando il meglio».

La tua gara dei sogni?
«Tutte le corse hanno un certo fascino, il mio sogno sarebbe un grande giro ma è presto per pensare così in grande. A che età riuscirò a vincerne uno? Non ne ho idea. Non so dove potrò arrivare, non so ancora se un domani avrò i gradi di capitano o sarò un gregario. È vero che Quintana ha vinto il Giro a 24 anni e Aru si è messo in mostra a un’età precoce, ma sapevamo di che pasta erano fatti. Fabio l’anno scorso al Giro si era ammalato se no poteva fare ancora meglio, ma sarebbe azzardato fare certi paragoni. Io devo ancora rompere il ghiaccio e scoprirmi».

Cosa ti ha dato il ciclismo finora?
«La voglia di vivere e godermi ogni momento, sfruttando ogni giorno al massimo. Mi ha insegnato che il lavoro, prima o dopo, paga».

E tu cosa potrai dare a questo sport?
«Mi piacerebbe fare appassionare la gente al ciclismo, far avvicinare alla bici soprattutto i ragazzi, per offrire un ricambio generazionale alla nostra disciplina e renderla più praticata in Italia. Pensaci, se molte più persone usassero la bici sarebbe bellissimo».

Non male come prospettiva. Quindi, cosa diresti a un bambino per invogliarlo a pedalare?
«Semplicemente: “tu prova, vedrai che non smetti più”».

di Giulia De Maio, da tuttoBICI di luglio
http://www.tuttobiciweb.it/index.php?pag...71044&tp=n
 
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#4
E' ancora presto per dirlo ma se il buon giorno si vede dal mattino Formolo potrà essere il futuro azzurro per le grandi corse a tappe con Aru,è molto giovane ma si è messo in mostra in diverse occasioni quest'anno.
Mi piace molto,spero che si confermi e che cresca gradualmente anno dopo anno.
 
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#5
Sì, è anche abbastanza spettacolare.
C'è da lavorare parecchio sul lato tattico comunque, anche se è una cosa normale vista la sua giovane età. Sese
 
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#6
Formolo: La festa, il ricordo di Daniele e il "pericolo Roccia"
C'è un corridore che ha gambe forti, un futuro davanti e un cuore grande così. Si chiama Davide Formolo e ieri in Valpolicella ha festeggiato il suo compleanno e con il suo Fan Club anche la conclusione di uno straordinario primo anno da professionista.
In una giornata di grande festa, Davide ha voluto che il primo pensiero ed il primo atto concreto fossero un omaggio all'uomo che ha sempre creduto in lui e lo ha portato al professionismo: Daniele Tortoli.
Una Santa Messa celebrata nella chiesa di San Rocco di Marano di Valpolicella ha ricordato Daniele.
E poi è stata festa, con il pranzo sociale che ha richiamato a Marano di Valpolicella 250 amici, tra i quali anche Sandro Pelatti, grande anima della Petroli Firenze nella quale Davide Formolo è cresciuo, e la moglie di Daniele Tortoli, signora Silvia.
Nell'occasione è stata presentata la nuova maglia dei soci del Davide Formolo Fans Club caratterizzata dallo slogan «Pericolo Roccia», ispirata dal soprannome di Formolo stesso.

tuttobiciweb.it
 
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#7
Secondo quanto raccolto da Biciciclismo, il 22enne corridore della Cannondale-Garmin Davide Formolo sarebbe ancora indeciso su quale sarà il suo primo Grande Giro: Giro d'Italia o Vuelta a España. La sua stagione, già cominciata brillantemente al Challenge Mallorca, proseguirà con Vuelta al Algarve, Tirreno-Adriático e Vuelta al País Vasco. A maggio con il dubbio tra Giro e Tour of California, per poi disputare il Tour de Suisse. In base alla sua condizione fisica deciderà i programmi per la seconda parte del 2015: sicuramente però, se non dovesse essere al via del Giro d'Italia, sarà scontata la sua presenza alla Vuelta.
 
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#8
La prima (si spera) di tante :D Campione

[Immagine: 2_0207516_1_thumb2.jpg]

[Immagine: 2_0207701_1_thumb2.jpg]
 
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#9
Formolo: «Penso al Tricolore: che bella quella maglia...»
Il giovane talento della Cannondale Garmin punta a Superga

Dopo il Giro d’Italia una settimana di scarico, anche se il giovane Davide Formolo la bicicletta non l’ha mai riposta in garage. «Un paio di ore le facevo sempre, a me piace pedalare e per recuperare è sufficiente togliere pressione e intensità», dice il giovane talento azzurro dalla sua residenza di San Rocco, frazione di Marano di Valpolicella.
«Sto bene, ho voglia di tornare a correre – dice a tuttobiciweb.it il talento della Garmin Cannondale -. Avrei potuto correre anche la Route du Sud, ma alla fine i miei tecnici hanno preferito farmi riposare bene e quindi il tricolore di Superga di sabato prossimo sarà il mio rientro agonistico ufficiale. Dopo l’italiano partirò per il Giro d’Austria, al mio rientro andrò poi in altura sullo Stelvio per preparare al meglio il Giro di Polonia, dove spero di poter fare bene. Mi piacerebbe davvero vincere una tappa ma tenere d’occhio anche la classifica generale».

Prima però c’è una maglia tricolore da inseguire: un anno fa ci sei arrivato vicinissimo…
«È stata in ogni caso una bellissima esperienza, anche se a me arrivare secondo non piace mai. Al momento non l’ho presa benissimo, perché in un campionato italiano quello che conta è portare a casa quella bellissima maglia tricolore, ma è anche vero che Vincenzo (Nibali, ndr) quel giorno era il più forte e l’ha dimostrato subito, la settimana seguente al Tour, quando è andato a vincere e a vestire la maglia gialla, battendo tutti, da Contador a Froome. Ecco, quando l’ho visto pedalare così alla Grande Boucle mi sono rincuorato. Mi sono detto: “Davide, hai perso dal corridore più forte del mondo che c’è in giro in questo momento, non puoi farne un dramma”».

Sabato te lo ritroverai ancora lì, in mezzo alle ruote…
«E io ce la metterò tutta per contrastare la sua onda d’urto. Certo, Vincenzo, Domenico (Pozzovivo), Diego (Ulissi), saranno sicuramente i punti di riferimento di una corsa che non sarà facile vincere, ma io so che posso fare bene e, soprattutto, so che sarò supportato da un gruppo di amici e compagni eccezionali, come Alan Marangoni, Alberto Bettiol, Moreno Moser e Davide Villella».

Parli già da capitano…
«Parlo come chi ha grandi ambizioni, ma noi siamo una squadra e anche i miei compagni di squadra si giocheranno le loro chances. L’importante è essere lì, al momento giusto, per cogliere il momento».

Soddisfatto del tuo Giro d’Italia?
«Sì, anche se ho chiuso in calando. Lo spartiacque è stata la crono di Valdobbiadene, da lì in poi non sono stato più io. Per carattere io non prendo nulla a cuor leggero, però a ben pensarci sono davvero ancora molto giovane e certe corse, difficili e logoranti come il Giro d’Italia, vanno preparate in un certo modo. Ci vuole pazienza e io mi sto attrezzando».

A proposito di preparazione, chi è il tuo allenatore?
«Sebastian Weber, quello che avevamo alla Cannondale un anno fa. Io mi sono trovato benissimo con lui e sono rimasto al suo fianco. In più, per quanto concerne l’alimentazione, mi avvalgo della competenza di Iader Fabbri, anche lui bravissimo».

Se sabato prossimo arrivasse la tanto agognata maglia tricolore, ti vedi con una maglia classica o rivisitata come siamo stati abituati negli ultimi anni…
«Prima vediamo di portarla a casa e poi penso a come mi piacerebbe portarla in giro per il mondo per un anno. Io ho sempre amato la sostanza alla forma e la sostanza è una sola: vincere».

tuttobiciweb.it
 
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#10
Insomma, quella di Nibali non è che sia proprio così bella...  :-/
 
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#11
(20-06-2015, 03:55 PM)Hiko Ha scritto: Insomma, quella di Nibali non è che sia proprio così bella...  :-/

Breve Ragionamento .

Nibali corre in una squadra Kazaka.
La maglia dell'Astana è in pratica una bandiera del Kazakistan.
In Kazakistan c'è una forma di governo diversamente democratica: il campione Italiano non deve dare nell'occhio, devono risaltare i colori nazionali Kazaki.

Formolo corre per una squadra Statunitense. Gli USA sono lo stato più democratico del mondo, quindi ... ehm... ...

.
.
.

Stavo parlando degli Stati Uniti?
 
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#12
Più che altro sono lo stato più "spettacolarizzante" del mondo: il basso profilo non sanno proprio cosa sia. Asd Magari tirerebbero fuori un po' una tamarrata, ma di sicuro niente a che vedere con l'obrobrio proposto dagli ex-sovietici Sese

(il tricolore di Santaromita alla BMC comunque era tradizionale e bellino, anche se quello del Pelli con tanto di salopette nera per me resta imbattibile Sese )
 
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#13
Per me resta in zona sivietica la maglia...
 
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#14
Fans Club, che successo per la seconda MagnaFormolo!
A Marano di Valpolicella festa grande per i tifosi di Davide

[Immagine: showimg.php?cod=84071&resize=10&tp=n]

Festa grande a Marano di Valpolicella (VR) per Davide Formolo, festeggiato da un paese intero e da tutti i suoi tifosi. Il giovane talento della Cannondale Garmin ha celebrato in casa la fine della stagione 2015, che gli ha regalato il primo successo nella massima categoria vale a dire niente meno che una tappa al Giro d'Italia, e visto tanti nuovi amici tessararsi al suo fans club per seguirlo ancora più da vicino l'anno prossimo.
Dopo aver partecipato alla messa nella chiesa di San Rocco, con la quale Davide ci tiene sempre a ricordare il suo "maestro" Daniele Tortoli, si è svolto il pranzo dei soci, accompagnato da divertenti giochi che hanno eletto il miglior tifoso di "Roccia" del 2015.

Mamma Marina a prendere le ordinazioni, il fratello Jonathan a servire i piatti, papà Livio a portare i caffè e a supervisionare il tutto la fidanzata Mirna, presidentessa del Fans Club Davide Formolo e organizzatrice della MagnaFormolo, una festa orgogliosamente familiare e di paese perché come ricorda un tifoso storico «Davide ora gira il mondo, corre per una squadra americana e parla inglese ma non dimentica mai da dov'è partito».

Il ricavato della festa verrà devoluto in beneficenza all'asilo del paese del campioncino veronese, che non si è risparmiato in autografi e foto. «Più che tifosi, per me, queste persone sono amici. Cosa prometto loro per il 2016? Di impegnarmi come sempre al massimo per ottenere i risultati più grandi alla mia portata. Ringrazio tutti per la bella giornata, sono felice abbiano partecipato anche tanti bambini. Sono giovane, ma vorrei essere un buon modello per i più piccoli e farli avvicinare al ciclismo, che è un gioco stupendo. Io a pedalare mi diverto ancora tanto».

Giulia De Maio per tutttobiciweb.it
 
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#15
Pensavo giusto ieri a Formolo in chiave 2016. 
Dopo la vittoria di tappa, Giro concluso in affanno. Non sono attentissimo e non ho una idea chiara del suo prosieguo di stagione. 
Campionato italiano anonimo (c'era, no?). 
Cosa aspettarsi la prossima stagione? Correrà le classiche, per fare esperienza? C'è chi lo vede più come corridore da un giorno. 
Mi sembra probabile che faccia il Giro, magari curando la generale, anche se la top ten non mi sembra vicina. 
Spero in una crescita ma non ho ancora idea del suo futuro.
 
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#16
La Garmin è veleno per tutti i corridori, ormai è dimostrato. Uno così forte lì è un delitto, non ci sono ancora notizie su rinnovo o addio, spero vada, ma al 90% ormai resta lì. Per me per adesso è un corridore da classiche, perché corre benissimo, tatticamente è molto più avanti rispetto a tanti altri. La tattica ovviamente conta anche nei grandi giri e nelle corse a tappe, ma meno in proporzione. Certo, non è velocissimo, anzi, però il cambio di ritmo secondo me ce l'ha. Io fossi in lui punterei forte sulla settimana delle Ardenne, poi Giro se proprio deve, altrimenti Vuelta-Lombardia, saltando il Tour
 
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#17
Formolino vuole diventare grande
A tu per tu con il giovane talento veronese

[Immagine: showimg.php?cod=85187&resize=10&tp=n]

In abito scuro quasi non lo riconosci, poi lo vedi sorridere con gli occhi che si illuminano a sentir parlare di bici e rispondere con il suo forte accento veneto e capisci che è proprio lui. Davide Formolo si è vestito a festa per il ritrovo annuale dei suoi fans a San Rocco di Marano di Valpolicella, tra amarone e giochi, e ci ha invitato a trascorrere una piacevole giornata in sua compagnia per conoscere il suo mondo.
Il mese scorso il giovane talento della Cannondale Garmin ha celebrato in casa la fine della stagione 2015, che gli ha regalato il primo successo nella massima categoria niente meno che al Giro d’Italia (don Andrea ha ricordato quan­to a lungo hanno suonato le campane della chiesa di San Rocco) e visto tanti nuovi amici tesserarsi al suo fans club per seguirlo ancora più da vicino l’anno prossimo.

Mamma Marina a prendere le ordinazioni, il fratello maggiore Jonathan a servire i piatti, papà Livio a portare i caffè. A supervisionare il tutto c’era la fidanzata Mirna, presidentessa del Fans Club Davide Formolo e organizzatrice della MagnaFormolo, una festa orgogliosamente familiare e di paese perché, come ci ricorda un tifoso storico, «Davide ora gira il mondo, corre per una squadra americana e parla inglese ma non dimentica mai da dov’è partito».

Ci tieni molto al legame coi tuoi supporter...  
«Sì, più che tifosi sono amici, la maggior parte sono persone della zona che mi hanno visto crescere e ora che sto ini­ziando a raggiungere traguardi im­portanti sono entusiasti più di me. Non finirò mai di ringraziarli per il loro supporto. Quest’anno non sono stato mol­to fortunato, ma nel complesso è andata abbastanza bene. Ho fatto un po’ di errori che non ricommetterò e mi sono ammalato in un periodo sbagliato, cosa che mi ha costretto a ripianificare tutta la stagione da un giorno all’altro e a questi livelli significa inseguire, il che non è mai bello».

Chi devi ringraziare per questa festa?
«In primis la mia fidanzata Mirna che si dà sempre un gran da fare, sua sorella Licia e il moroso Nicola che sono il cuore del mio fans club. Un grazie va al Comitato Sagra di Marano che si è occupato del cibo e a tutti coloro che hanno risposto presente. Il ricavato di questa giornata è stato donato all’asilo di Marano, una piccola scuola in un piccolo paese che, come tutte, ha bisogno di una mano, visto che ci sono sempre tante spese da affrontare. I bimbi ci hanno fatto avere dei bei disegni per ringraziarci, dal canto nostro siamo fieri di poter fare del bene, è bello far festa ma ha ancora più senso quando c’è uno scopo benefico da raggiungere».

Hai tanti piccoli fans.
«Mi piace stare a contatto con i bam­bini, spero di trasmettere loro almeno un po’ della mia passione per il ciclismo. Il mio sogno sarebbe ritrovarmi qualcuno di loro in squadra tra qualche anno. È bello spingerli verso il ciclismo perché permette di fare esperienze uniche. Pensare di creare una scuola di ciclismo, come hanno già fatto alcuni colleghi più affermati, è difficile perché c’è bisogno di una struttura ben organizzata e di tanto tempo, sarebbe senz’al­tro una bella iniziativa ma parecchio impegnativa. Nel mio piccolo, ap­pena posso vado a far visita alle squadre della zona per portare la mia esperienza. Sono giovane, ma vorrei essere un buon modello per i più piccoli: il ciclismo è un gioco stupendo. Io a pe­dalare mi diverto an­cora tanto».

Com’è il bilancio del tuo 2015?
«Come dicevo, ho vissuto sia alti che bassi. Il ricordo più emozionante risale al 12 maggio, la vittoria della quarta tappa del Giro d’Italia con arrivo a La Spezia. Sono stato convocato all’ultimo dalla squadra, non ero pronto né fisicamente né mentalmente per reggere tre settimane ad alto livello, nonostante ciò credo sia stata un’esperienza molto positiva per me. Ho capito com’è un grande giro, ho fatto tanta fatica, am­mirato un pubblico pazzesco e imparato tanto. Nella tappa di Campitello Matese ho segnato il mio personale record di watt (il ds Charly Wegelius ha raccontato di come saltasse di gioia in pullman annunciando la lieta novella, ndr) e dal primo all’ultimo giorno ho fatto parecchi “fuorigiri” che mi torneranno utili in futuro. Tornando alla “mia” tappa, negli ultimi 300 metri avevo i brividi. Mi giravo e non vedevo nessuno, se non una moto. Non mi sembrava vero di aver fatto il vuoto ri­spetto ai miei compagni di fuga, avevo paura qualcuno mi saltasse. Finora il giorno più bello della mia vita. Le occasioni vanno colte al volo, non vanno sprecate».

Cosa hai imparato?
«Ho capito come reagisce il mio fisico alle tre settimane, i miei limiti e i miei punti di forza. Da under pesavo meno di 60 kg, troppo poco per un pro. Così leggero in pianura ti staccano. Ora so­no sui 64-65 kg per 1.81 di altezza. Tecnicamente vado abbastanza bene in salita, ma non ho cambio di ritmo. Devo migliorare in questo senso e sul passo. La cronometro di Valdobbia­dene è stata una bella musata. Una cro­no così lunga richiede tanto allenamento e una posizione impeccabile, stando così racchiuso si usa molto di più del solito la muscolatura del gluteo e la parte posteriore della coscia, se avessi usato di più la bici da cronometro avrei sentito la differenza, devo la­vorarci maggiormente».

Come prosegue l’avventura americana?
«Alla Cannondale Garmin all’inizio mi sentivo un po’ spaesato, in difficoltà con la lingua, poi ho pensato che anche in America le bici hanno due ruote e due pedali. Si tratta pur sempre di pe­dalare. Da allora è migliorata la mia conoscenza dell’inglese, non sono an­cora bravissimo ma miglioro giorno do­po giorno. Sono sempre in giro per il mondo, ma non dimentico le mie origini e appena posso trascorro del tempo con i miei cari».

Torniamo agli inizi: papà ti ha messo in bici a 7 anni.
«Esatto. Fin da piccolo amo stare a con­tatto con la natura, mi piaceva aiutare il nonno nei campi, la bici ha rappresentato prima un gioco poi un mez­zo per andare in giro, divertirmi e sfogare il mio agonismo. Ogni domenica papà usciva a divertirsi con gli amici, alla mattina in bici e al pomeriggio con il windsurf sul Lago di Garda. Ricordo benissimo la mia prima bici, sarà durata una settimana (ride, ndr). Era di ac­ciaio, viola, di ottava mano, vecchia e tutta arrugginita però bellissima. La pri­ma gara a Vigasio di Verona, ero agitatissimo perché finalmente facevo sul serio, dopo aver passato anni ad assistere alle corse di mio fratello che al pomeriggio riproponevo nella strada sotto casa con la fantasia, non avendo ancora l’età per gareggiare. Quel giorno ho attaccato il numero e mi sono detto “ora davvero sono uno del gruppo”. Una bella emozione».

Come andò?
«Ero G2 e dovevo affrontare un circuito di un chilometro da ripetere fino allo sfinimento, tutta la gara con la co­rona piccola davanti perché non sapevo che ce n’era anche una più grande. La prima vittoria a 11 anni a Cadidavid, una frazione di Verona: l’arrivo tira un po’ in su, rimango da solo, dopo tanti piazzamenti mi sembra impossibile, alzo le mani al cielo. Magari, penso, non mi succederà più. Succede, ma raramente. Da allievo due volte. I primi allenamenti intorno al salumificio Pa­voncelli, dove i giovanissimi pedalavano su un circuito di un chilometro scarso, libero dalle auto non appena la fabbrica chiudeva. Gli allenamenti all’epoca erano scuse per andare a rubare le pesche nei campi dei contadini, da ju­nior si inizia a fare più sul serio. Meno pesche e più chilometri. Inco­min­cia­no ad arrivare maggiori risultati finché da Under 23 mamma e papà mi concedono due anni per capire se po­trò diventare un corridore o me­no: se vai, vai. E se non vai, vai a lavorare (in tasca intanto si era messo il diploma di perito meccanico ottenuto con il massimo dei voti, ndr). Venne quindi il trasferimento in Toscana e l’ingaggio alla Petroli Firenze, gli insegnamenti di Da­niele Tortoli e del presidente Giovanni Pelatti (ogni anno li ricorda con una messa che precede il pranzo del fans club, ndr) e i primi ri­sultati importanti fino all’ingaggio della Cannondale».

Nel tempo libero?
«Seguo volentieri tutti gli sport di en­durance, dal triathlon allo sci di fondo, dopo l’allenamento mi piace guardare le gare in tv. D’inverno purtroppo non riesco a dilettarmi con gli sci perché ci si allena sempre più presto con la bici. Ho molti modelli nel mondo dello sport, il mio idolo indiscusso è sempre stato Michael Schumacher. Da bambino mi alzavo alle 5 del mattino con pa­pà per vedere le sue gare, mi dispiace davvero per quanto gli è accaduto, per me resta un fenomeno».

Quando è nato il soprannome Roccia?
«Mi chiamano così da quando avevo 5 anni e andavo in campeggio con la parrocchia sullo Stelvio. Volevo vincere sem­pre, non importava a quale gioco stessimo giocando, piuttosto che perdere sarei morto. Che si trattasse dei 100 metri di corsa o di una partita a palla prigioniera, piuttosto partecipavo a dieci gare consecutive pur di non perdere. Sono fatto così, da sempre. Cerco sempre di essere il migliore, non so se sia un pregio o un difetto, e sono fermamente convinto che il risultato mi­gliore è quello che deve ancora arrivare».

Piatto preferito?
«Pizza».

Vacanza ideale?
«In Alaska, perché deve essere un po­sto figo in cui non c’è nulla. Pensa che pace...».

Una cosa che non sopporti?
«Il lavello pieno di piatti sporchi. Fi­nito di mangiare vanno puliti subito».

Programma tv preferito?
«I Simpson».

Se non avessi fatto il ciclista cosa saresti diventato?
«Dove abito c’è un forte richiamo ver­so l’agricoltura, come si dice braccia (o gambe, nel mio caso) rubate... Oppure, visto che ho studiato meccanica, magari avrei potuto lavorare in un’officina. A scuola mi sono divertito e mi sono appassionato a questo settore. Fino a qualche anno fa ero attentissimo alla mia bici, ora ho smesso di stressare i meccanici perché abbiamo a disposizione il top del materiale e uno staff veramente qualificato».

Come trascorrerai l’inverno?
«Dopo il ritiro con la squadra ad Aspen sono andato in vacanza 10 giorni con Maranga. Tor­nati a casa ho ripreso gli allenamenti ma non ho ancora un programma, devo parlarne con i tecnici, di certo mi piacerebbe molto correre il Giro d’Italia».

Cosa prometti ai tuoi tifosi per il 2016?
«Di dare il massimo, unica ricetta per arrivare in alto, e raccogliere il più possibile. Il mio focus è migliorare a cronometro, disciplina fondamentale per poter ambire alle corse a tappe. Se ci riuscirò, vedremo dove potrò arrivare».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di novembre
http://www.tuttobiciweb.it/index.php?pag...&cod=85187
 
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#18
Davide Formolo rinnova con la Cannondale-Drapac
La Cannondale-Drapac ha annunciato di aver prolungato il contratto con Davide Formolo. Il corridore veronese, che sarà al via della prossima Vuelta a España, ha dichiarato: «Sto molto bene nel team, mi piacciono l’atmosfera e i compagni. Alla Vuelta andremo con un grande team e potrò giocarmi le mie opportunità».
Il direttore sportivo Charles Wegelius ha aggiunto: «A parte il suo indiscusso talento è un ragazzo motivato e che ama lavorare. Il rinnovo ci permette di continuare a crescere con lui».

cicloweb.it
 
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#19
Formolo: «Giro? Prima ho appuntamenti importanti»
«Nizza, Catalogna, Trentino e Liegi prima della corsa rosa»

Davide Formolo è tornato sul Monte Teide a lavorare. C'era già stato per due settimane prima di affrontare la Vuelta Valenciana: «Nella corsa spagnola - ha raccontato il veronese della Cannondale Drapac a Renzo Puliero de L'Arena di Verona - ho avuto davvero buone sensazioni nella cronosquadre, mi sembra che il lavoro svolto quest'inverno possa dare i suoi frutti. Poi il giorno dopo sono entrato nella fuga decisiva ma sono scivolato e ho preso una bela "grattata" sulla coscia sinistra, quindi nella tappa regina sono stato all'altezza di tutti gli altri big: ho preso 10" da Martin, 7" da Kruijswijk e 4" da Fuglsang, ne ho dati 8 a Zakarin e ancor di più a Scarponi. Peccato che davanti a tutti ci fosse Quintana che in questo periodo ha una marcia in più degli altri».

E ancora: «Ora una mi attende una settimana di lavoro sul Teide, poi una  a Verona, sperando di poter andare sul Monte Tomba, quindi affronterò per la prima voltala Parigi-Nizza, che abbiamo scelto con la squadra perché più impegnativa della Tirreno. La corsa francese e il Giro di Catalogna saranno importanti per verificare la condizione. Poi ad aprile, Giro del Trentino e Liegi prima del grande appuntamento con il Giro d'Italia».

tuttobiciweb.it
 
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#20
Giro che, a mio avviso, ci dice una volta di più che Formolo deve pensare prima di tutto alle classiche e poi ai GT.

E' forte, ma i mezzi per vincere un grande giro al momento non li ha....e verosimilmente non li ha avrai mai.

Una Freccia Vallone o una Liegi, invece, potrebbero essere alla portata in futuro.

Mi pare, inoltre, che abbia migliorato lo spunto veloce. A Montevergine ha vinto una volata di 20 corridori.
 
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