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Eddy Merckx
#1
 
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#2
Eddy Merckx non avrebbe potuto correre
Più che "Cannibale", Cuore Matto. Avesse gareggiato oggi, con le attuali norme mediche, Eddy Merckx non sarebbe mai potuto salire in sella. Colpa di una malformazione congenita per la quale ha corso per anni con una spada di Damocle sulla testa. Lo sostiene una biografia del grande campione belga, anticipata dal quotidiano De Morgen. In 'Eddy Merckx, il Cannibalè, Daniel Friebe riporta lo studio di un cardiologo italiano, Giancarlo Lavezzaro, che ha scoperto una cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva nelle cartelle cliniche del campione...

"Con questa diagnosi, molti atleti al giorno d'oggi non ottengono l'idoneità - spiega Lavezzaro - Esisteva un reale rischio di morte improvvisa". Merckx, interpellato dal giornale, si è detto sorpreso: "Ho sempre saputo di avere un cuore particolare, e in famiglia ci sono stati diversi problemi cardiaci: per questo facevo un controllo ogni anno, ma non ho mai avuto problemi".

scritto da - Carlo Gugliotta
cyclingtime.it
 
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#3
Questo lo rende ancora piu unico.
 
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#4
Ma Gugliotta mi s'è messo a scrivere 'sti articoli alla Studio Aperto..!?!? :o Asd Asd Asd Comunque di Cuore matto ce n'è uno solo, non scherziamo... Sisi
 
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#5
Il povero Bitossi dopo essersi visto privato di un Mondiale per questione di pochi metri ora rischia di venir privato pure del soprannome Asd
 
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#6
Cuore matto: Eddy Merckx furioso vuole querelare
Cuore matto? No, grazie. Eddy Merckx ci ripensa, e, dopo aver accolto con sorpresa ma senza smentirla la notizia della biografia nella quale un medico parla di una malformazione pericolosa del suo cuore, minaccia di adire le vie legali.
«Sono delle str... che non so da dove vengano - dice l'ex campione di ciclismo in un'intervista al programma 'A tu per tu', di Radio Uno Rai, in onda domani alle 11.35 -. Intanto quel dottore non lo conosco, non mi ha mai fatto un elettrocardiogramma, e poi io ho fatto tutti gli anni l'elettrocardiogramma alla Sportschule a Colonia e avevo un cuore eccezionale, e ancora adesso. Ed è proprio grave quello che scrivono'».
Merckx si dice convinto si tratti di una trovata «per fare soldi sul mio conto'» e annuncia di aver già preso contatti con l'avvocato: «Ci rivolgeremo alla giustizia, posso provare fisicamente che non è vero. E poi, se anche era vero, il dottore non ha il diritto di dirlo perch‚ è segreto professionale. Però dimostrerò che quel che dice questo dottore è stupido e non è vero».
All'anticipazione della biografia sul suo conto, Merckx aveva già dato una sua interpretazione al giornale De Morgen: '«Malformazioni? Sapevo di avere un cuore particolare, in famiglia diverse persone hanno avuto problemi cardiaci e sono morte giovani, ma io ho sempre fatto tutti i controlli ed è risultato sempre tutto a posto. Mai avuto problemi».

tuttobiciweb.it
 
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#7
Merckx: il cannibale nei guai, è accusato di corruzione
Eddy Merckx nella bufera. Il grande ex campione sarebbe accusato di corruzione secondo un dossier pubblicato oggi da La Dernière Heure.
I fatti, almeno per noi italiani, fanno un po’ sorridere: il Cannibale avrebbe offerto una bicicletta a prezzo scontatissimo al commissario di polizia Philippe Boucar in cambio di informazioni sui prezzi praticati dai concorrenti della Eddy Merckx Cycles in occasione di un bando per 48 biciclette che dovevano essere acquistate proprio dalla polizia. E secondo il quotidiano, le indagini sarebbero state rallentate ad arte per permettere a Eddy Merckx di ricevere la Legion d’onore nello scorso dicembre a Parigi.
Sarebbero sette i coinvolti nell’inchiesta, anche se il tribunale non ha voluto confermare né smentire.

tuttobiciweb.it
 
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#8
Un pacemaker per Eddy Merckx
«Misura precauzionale, sto già bene»

Da ieri Eddy Merckx ha un pacemaker cardiaco: lo ha annunciato lo stesso Cannibale spiegando che l’intervento si è reso necessario per correggere un problema di aritmia cardiaca.
Merckx ha spiegato al quotidiano Het Nieuwsblad che l'operazione è stata eseguita in una clinica di Genk e che la decisione è stata presa come misura precauzionale.
«Sono stato operato dal dottor Johan Van Lierde, un mio amico. La mia frequenza cardiaca è inferiore a 40 battiti al minuto dal giorno della mia nascita o giù di lì. Sto bene e tra due settimane spero di poter tornare in bicicletta».

tuttobiciweb.it
 
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#9
Vincere 525 corse con quel cuore lì vuol dire essere davvero il numero zero ogni epoca (lo 0 viene prime dell'uno)... Sisi
 
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#10
(22-03-2013, 06:56 PM)ManuelDevolder Ha scritto: Vincere 525 corse con quel cuore lì vuol dire essere davvero il numero zero ogni epoca (lo 0 viene prime dell'uno)... Sisi

Questa si che è una rivelazione!

Allora per certi versi dovremmo indicarlo come il -infinito.
 
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#11
Stasera su Raisport 1 alle 20.30 lo speciale di "Dedicato a..." su Eddy Merckx. E' solo la prima parte, si può parlare di tutte le sue vittorie in una puntata sola.
 
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#12
L'ho visto, davvero bello, il ciclismo senza la propria storia è nulla...
 
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#13
Ieri sera c'era Dedicato a... , la seconda puntata dedicata al Cannibale.

Davvero una bellissima trasmissione con anche Gimondi ed Adorni in studio, la riproposizione delle vittorie, tante!, e anche di alcuni momenti difficili per lui.

Aneddoti, come i belgi che non riuscivano a fare classifica perché la sera si ingozzavano di biscotti Asd o il Mondiale sfumato di Bitossi in cui Basso marcó a uomo lui per un TV del Tour che il Cannibale fece, tanto per cambiare, suo!

Ha dichiarato di aver fatto mettere in giro la faccenda del cuore come scusante per il ritiro.

Nel finale De Rosa a fine intervista commosso immagino per il ricordo di quelli che devono esser stati anni fantastici.
 
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#14
Eddy Merckx in ospedale per problemi cardiaci
Soffre di improvvisi cali di pressione arteriosa

Eddy Merckx è ricoverato a causa di problemi cardiaci. Secondo testimonianze raccolte da HLN.be, i problemi sarebbero dovuti al calo improvviso della pressione arteriosa. Il campione è stato visitato dal professor Pedro Brugada e secondo le parole del suo amico del cuore Paul Van Himst «non è grave e tutto sembra sotto controllo».

Merckx era stato visto l'altro ieri in una sala d'attesa dell’ospedale, pronto per sottoporsi ad una TAC. Era in tuta ed è sembrato pallido e preoccupato ai presenti.
Qualche tempo fa, Merckx aveva già sofferto di questo problema di calo di pressione, una volta è anche caduto improvvisamente in casa procurandosi diverse contusioni. Ora la nuova crisi ha imposto il ricovero e nuovi e approfonditi accertamenti.

tuttobiciweb.it
 
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#15
Eddy Merckx operato: tutto sotto controllo
Il Cannibale soffre da tempo di problemi cardiocircolatori

Tutto bene, tutto sotto controllo. Questo è quello che fa sapere Eddy Merckx e il suo etourage. Il più forte corridore di sempre è stato operato ed è già tornato a casa. Come gli appassionati di ciclismo sanno, da tempo il fuoriclasse belga soffre per problemi cardiocircolatori. Il prossimo mese Merckx tornerà in ospedale, stavolta per farsi operare a una spalla, per i postumi di una vecchia frattura. In ogni caso, questi contrattempi, non impediranno al 69 enne campione belga di svolgere la sua attività di ambasciatore del ciclismo nel mondo, con la sua consueta passione e il suo altrettanto riconosciuto trasporto. Generoso era in bicicletta, uguale oggi anche giù di sella.

tuttobiciweb.it
 
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#16
Tutti in famiglia vincono medaglie olimpiche tranne lui... Asd
 
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#17
Quaranta anni fa, oggi, Eddy Merckx annunciava il suo ritiro.
Riporto qui quanto scrissi 10 anni fa in occasione del trentennale.

Lo ricordo oggi perché ieri e l’altro ieri mi è mancato il tempo. Lo vorrei fare come merita, ma le lancette mi sono ancora tiranne. Lo farò così in maniera anomala, nella consapevolezza che ogni giorno che verrà sarà sempre prodigo, se insisterà a monte il potere della riflessione, per capire quanto l’ammirazione e il tifo per le gesta di quest’uomo, si possano sublimare in una incancellabile base di grandiosità.
Chi lo conosceva bene, lo dava per scontato, chi, come me, cresciuto sui percorsi dei suoi successi e di quelle essenze che rasentavano la perfezione agonistica, non si dava pace: era un primo segno del tempo che passava inesorabile, anche per un giovane che si avviava ai ventitré anni. Il 18 maggio 1978, Eddy Merckx, non potendo più essere il simbolo concreto e tridimensionale della corsa in testa, del dominio, dell’impronta sulle proiezioni, metteva fine alla sua carriera, per entrare imperioso ed imperiale nell’olimpo ristrettissimo dei leggendari dello sport.
Quel giorno era un giovedì, conobbi la notizia attraverso la radio, mentre in automobile tornavo a casa dopo otto ore di fabbrica, già frastornato al pensiero di dovermi sobbarcare la lettura di quella “palla” di Talcott Parsons, per un esame di Sociologia che avrei dovuto sostenere il lunedì seguente. La vita dello studente universitario e dell’operaio era sostenibile, bastava solo concepire gli studi con la convinzione dell’arricchimento che viene della lettura, senza la pretesa, sempre cefala, del trenta e/o della lode a tutti i costi, e senza snaturare o uccidere se stessi scansando le passioni, nonché quella voglia di vivere la gioventù, che non è solo la comunque basilare componente dettata dalla mente e dal corpo di una bella donna. Vivevo così, ero nel mio massimo fisico e intellettuale, un leader senza saperlo, ed anche se dopo, giunsi a quei successi per lunghi tratti proporzionali ai chili in crescita costante, mai mi sono sentito sazio e vivo come allora.
Vissi, come detto, l’abbandono di Eddy come una rasoiata in faccia, nonostante avessi per settimane e mesi preparato me stesso a quella possibilità. La mia reazione si dipanò per giorni sul filo conduttore della ricerca di emozioni con lo scopo di attenuare il dolore di quella ferita, senza dimenticare gli appuntamenti ed il convivio. Sostenni l’esame senza riaprire quel libraccio, mi lanciai su albe, dì e sere d’amore fisico, con le ragazze con le quali insisteva il reciproco richiamo a darsi senza abbracciare l’ipocrisia di chiamare amore quegli amplessi. Certo, anche con colei che veniva definita fidanzata, per accontentare senza vivere l’imbarazzo ed il fastidio dei sempre presenti (puntualmente evasi) bacchettoni sermoni dell’anima cattolica di mia madre.
Ripassai i fotogrammi della carriera di Merckx: quegli scatti, quelle progressioni, quella determinazione, che erano parte fondamentale della mia crescita sportiva. Sì, proprio quella pazzia che mi aveva aiutato a capire anche le volèe ed il rovescio di Ken Rosewall, gli acuti di Tommie Smith, lo scivolamento sull’acqua del crawl di Don Schollander, il dorso di Roland Matthes, il coraggio e l’abilità al volante di Jim Clark, il supremo equilibrio e la sensibilità sul mezzo di Mike Hailwood. Tutti grandi, tutti artisti per me che avevo visto e concepito fin da piccino lo sport, come una forma espressiva evidente, passionale, persino più profonda ed onesta delle altre. Insomma, una cosa seria per la mia vita, perlomeno sufficiente a parare i colpi, sempre presenti, di un resto su cui l’errare ed il dispregio delle azioni umane, si confondevano con le polveri dell’ipocrisia, nell’illusione di non illudere, o di cambiare l’ordine convenzionale dei colori. Lo sport era il mio pane, il deterrente quotidiano ad un crepuscolarismo crescente che viveva nella politica un lumicino di speranza ulteriore.
Eddy, nel mio piccolo universo, s’era dunque eletto a faro, anche nella contemporanea crescita di un’altra figura icona del mio vagare interessato su queste espressività, come Gilles Villeneuve. Per quest’ultimo, quattro anni dopo, nella tragedia di un mito che imprimeva sugli orizzonti come nessuno la poetica del rischio, piansi copiosamente. Non fu così per Merckx: in fondo per quanto a lui legato, il suo abbandono era nelle cose e, di mezzo, non c’era una vita perduta. Restava l’amarezza, la rabbia del tempo che scorreva, il punto di un supremo che si doveva sciogliere per abbracciare il ricordo e fu proprio col ritiro di Eddy che capii, quanto fosse importante, anche per me, dare spago al visto attraverso la bicicletta del racconto.
Oggi, a 30 anni di distanza, mi sento di dire che son stato coerente con quella genesi e mi posso lasciare andare al ringraziamento per aver visto e vissuto il massimo e l’impareggiabile dell’universo del ciclismo: la perfezione agonistica e tecnica di Eddy Merckx e la poesia di Marco Pantani.
Niente è stato come loro.
Due poli insuperabili ed ineguagliabili che non oscurano o azzerano le qualità e grandiosità degli altri, di cui ho pure scritto e mi sono esaltato. Ma quei due erano diversi, unici, anche considerando il pingue mazzo di corridori inespressi potenzialmente da leggenda, che molti, soprattutto giornalisti, ignorano, oppure omettono.
Due supremi, punto.
Ma due giorni fa, era l’anniversario dell’abbandono del belga, ed è a lui che mi voglio riferire.
Fra le tante discipline sportive che ho seguito e che ancora mi emozionano, un atleta come Eddy Merckx non l’ho mai visto. Più volte mi sono chiesto da dove partire in un confronto interdisciplinare e ad ogni scelta, il finale dava sempre lo stesso risultato: Merckx non è stato solo il ciclista più forte di tutti i tempi, ma il più forte d’ogni sport. Anche qui si levano i metri soggettivi, ma i numeri di questo atleta e le morfologie stesse del ciclismo, non possono tradire: non c’è niente di simile o di paragonabile. Quanto basta per dire che se non fosse stato corridore, anche in altre discipline, magari in maniera meno evidente sarebbe stato protagonista. E le premesse, scomodando la leggenda, nell’adolescenza di Eddy c’erano tutte. Era imbattibile nel podismo, abile nel tennistavolo, fortissimo nel calcio, perlomeno quando la poca volontà di ragionare di squadra riusciva a determinarne la calzatura di scarpe bullonate. Provò per scherzo la boxe, quanto basta per salire sul ring e vincere, in Belgio, l’equivalente italiano di un titolo novizi, o cadetti come oggi si chiamano. Insomma le stimmate c’erano e pure la sua faccia da cinesino, per i neri e fittissimi capelli sempre tenuti cortissimi ad ornamento di una bocca che esprimeva la smorfia della grinta, aiutavano a caratterizzarne un distinguo agonistico superiore, da predestinato. Poi, l’incontro con la bicicletta, per vincere chiaramente, ma anche seguire più da vicino colei che il ciclismo dovrebbe ringraziare per essere stata decisiva nella permanenza sulla disciplina di un simile fuoriclasse: Claudine Acou. Certo, perché la ragazzina era la figlia di Lucien, un buon corridore dei primi anni del dopoguerra, più bravo su pista che su strada, giunto all’epoca del Merckx ragazzino, al ruolo di Commissario Tecnico della Nazionale belga dei dilettanti. Farsi vedere o interessare Acou, significava per Eddy incontrare più da vicino colei che poi diverrà la sua moglie e la madre dei suoi figli, eletta a quel tempo, come traguardo perlomeno pari a quelli che via via il futuro enorme campione macinava ad ogni spinta di pedali. Diciamolo pure: grazie Claudine!
 
Ricordo quando gli dissi dei meriti grandiosi che andavano alla moglie: lui mi guardò con gli occhi che brillavano, ed il suo faccione s’allargò in un sorriso che non dimenticherò mai. Poi, aggiunse quel “sì”, che per me, proveniente da anni di studi, osservazioni e ammirazione sul suo pianeta, significava una laurea. Quando aggiunsi che stimavo suo figlio Axel, come uno degli sportivi più significativi del presente, per quella dignità con la quale svolgeva la professione del corridore, sottoponendosi ogni giorno ad abissali ed impietosi confronti con l’inimitabile padre, il brillio degli occhi di Eddy, lasciò posto a quella patina lucida che anticipa sempre le lacrime.
Sì, il “cannibale sportivo”, che la superficialità dei giudizi tinti pure dei per me stupefacenti idiotismi del nazionalismo, aveva eletto tale, è un uomo buono, cordiale, generoso; un uomo che non dimentica i valori su cui ha fondato il suo segmento di vita, nonché quei compagni che lo hanno aiutato, i gregari nel gergo ciclistico, con gli atti di un distinguo solidale che sarebbe impossibile per egoismo e valenza umana, a taluni suoi avversari, superficialmente coperti di giudizi positivi da una sempre grossa fetta di quell’osservatorio capace di diventare, specie se italiano, insipiente popolino.
Sì, Eddy Merckx, fuoriclasse lo è stato e lo è anche fuori dalla bicicletta: molti lo sanno, ma l’odio sportivo fa ancora novanta, al punto che in troppi non lo vogliono ammettere. L’Italia, strano e per nulla “Bel Paese”, anche qui, si distingue in negativo.
 
La sintesi estrema dei suoi numeri (non citando corse che renderebbero fulgida una carriera).
 
Su strada ha corso in totale 1793 corse, vincendone 525 (426 da professionista).
 
Ruolino anno per anno:
1961 (Allievo) – 7 corse 1 vittoria
1962 (Allievo) – 55 corse 23 vittorie compreso il Campionato Belga per Allievi.
1963 (Dilettante) – 72 corse 28 vittorie
1964 (Dilettante) – 72 corse 24 vittorie compreso il Campionato Mondiale a Sallanches (Fra)
1965 (Dilettante) – 5 corse 4 vittorie
 
1965 (Professionista) – 69 corse 9 vittorie
1966 – 95 corse 20 vittorie
1967 – 113 corse 26 vittorie
1968 – 129 corse 32 vittorie
1969 – 129 corse 43 vittorie
1970 – 138 corse 52 vittorie
1971 – 120 corse 54 vittorie
1972 – 127 corse 50 vittorie
1973 – 136 corse 51 vittorie
1974 – 140 corse 38 vittorie
1975 – 151 corse 38 vittorie
1976 – 111 corse 15 vittorie
1977 – 119 corse 17 vittorie
1978 – 5 corse 0 vittorie
 
Nel suo palmares ci sono relativamente alle corse in linea: quattro Titoli Mondiali (tre da professionista nel '67, '71, '74; ed uno fra i dilettanti nel ’64), un Titolo Nazionale (’70); sette Milano-Sanremo su dieci disputate (’66, ’67, ’69, ’71, ’72, ’75, ’76), cinque Liegi-Bastogne-Liegi (’69, ’71, ’72, ’73, ’75), tre Parigi-Roubaix '68, '70, '73; due Giri delle Fiandre (’69, ’75); due Giri di Lombardia ’71, ’72); tre Freccia Vallone (‘67, ’70, ’72); tre Gand-Wevelgem (‘67, ’70, ’72); due Amstel Gold Race (’73, ’75), una Parigi Bruxelles (’73), un G.P. di Francoforte (’71); due Het Volk (’71, ’73).
 
Nelle corse a tappe: cinque Giri d'Italia (’68, ’70, ’72, ’73, ’74); cinque Tour de France (’69, ’70, ’71, ‘72, ’74); una Vuelta (’73); un Giro di Svizzera (’74); tre Parigi Nizza (’69, ’70, ’71); quattro Giri di Sardegna (‘68, ’71, ’73, ’75).
 
Zoomando, limitatamente al professionismo: 32 classiche, 14 giri nazionali, 18 corse a tappe, 82 tappe in linea, 51 a cronometro, 10 prove a cronometro, 33 prove in salita, 164 fra criterium, circuiti, kermesse.
 
 
Su pista da dilettante e professionista ha corso 143 manifestazioni vincendone 98.
 
Il record dell'ora con km 49,431 stabilito a Città del Messico il 25 ottobre 1972 unitamente a quelli dei 10 e 20 chilometri, sono da considerarsi i più prestigiosi titoli sui velodromi, ma non si devono dimenticare altre performance di grande valore. Esattamente:
17 Sei Giorni (16 con Patrick Sercu ed una con Ferdinand Bracke)
1 Campionato Europeo dell’Omnium nel 1975
1 Campionato Europeo dell’Americana (con Patrick Sercu) nel 1978
3 Campionati Nazionali nell’Americana (con Patrick Sercu) fra i dilettanti (’63-’64, ’65).
5 Campionati Nazionali nell’Americana (con Patrick Sercu) fra i prof. (’66-’67, ’73, ’75, ‘76).
 
Ha praticato anche il ciclocross partecipando a 3 manifestazioni e vincendone 2.



Maurizio Ricci detto Morris
 
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#18
Secondo te la sua carriera, senza Blois, sarebbe durata di più?

E, soprattutto, avrebbe vinto ancora di più?
 
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#19
Credo che un atleta così dominante non ci sia mai stato in nessuno sport, forse nemmeno in quelli di nicchia, figuriamoci in uno sport così competitivo come il ciclismo anni '70 (che non era ancora globalizzato ma non per questo era di basso livello).

E pensare che quando si fanno graduatorie sui migliori atleti di ogni tempo (classifiche che lasciano il tempo che trovano) più di qualche volta non viene citato.
 
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#20
(18-05-2018, 08:33 PM)Luciano Pagliarini Ha scritto: Secondo te la sua carriera, senza Blois, sarebbe durata di più?

E, soprattutto, avrebbe vinto ancora di più?

Senza Blois avrebbe sicuramente vinto di più. Mi ha sempre detto che il ’69 è stato l’anno dove è andato più forte in salita, ma dopo quella gravissima caduta, in montagna non è stato più quello di prima. Aveva però una tempra unica, impareggiabile che gli permetteva di pagare un dazio poco influente e di essere quello che abbiamo visto. Il dottor Cavalli, suo medico in Molteni, diceva ai suoi grandi avversari italiani: “Eddy non è superiore a voi fisicamente, ma vi schiaccia in determinazione”.  
 
Nelle indimenticabili giornate passate con Eddy, a Bilbao in particolare, parlammo anche di ciò che avrebbe potuto vincere senza quel persistente mal di schiena, ed una corsa su tutte emerse: il Tour 1975. Tra l’altro, in quella occasione, subì pure l’ostracismo più esasperato di frange consistenti del pubblico francese, tanto è vero che l’11 luglio, a poco più di 150 metri dall’arrivo sul Puy de Dome, un signore, tal Nello Breton, gli sferrò un pugno al fegato e solo la sua incredibile capacità di soffrire il dolore, gli consentì di arrivare al traguardo senza fermarsi. Finì in ospedale, non prima di aver segnalato quell’imbecille alla gendarmeria, ma le conseguenze di quel pugno, unite ai continui dolori alla schiena, lo portarono a perdere quel  Tour a vantaggio di Thevenet.
Non c’entra nulla con Blois, ma Eddy aveva già lasciato una pietra miliare del ciclismo all’eredità del suo inseguitore per eccellenza: il Giro di Lombardia 1973. La positività di Merckx in quella occasione, fu uno dei primi insulti alla credibilità dell’antidoping: la sostanza fu il Mucantil, uno sciroppo per la tosse, poco dopo tolto dalle liste doping del CIO perché totalmente pulito! Nessuno ha ridato quel Giro a Merckx e se penso a quei tanti dell’osservatorio (che non hanno mai avuto corridori asmatici o supposti tali, perché altrimenti starebbero zitti), oggi paladini di giustificazioni sulla positività di Froome per salbutamolo, mi viene da ridere…..per non piangere. E comprendo sempre più, quanto questo sport faccia acqua anche in chi l’osserva.
 
Senza Blois, Eddy sarebbe durato di più?
Qui ho seri dubbi, perché i fuoriclasse più veri ed intensi, non quelli costruiti dai “santoni”, per il 95% emergono presto (in tutti gli sport è tendenzialmente così), non ad oltre 25 anni come è sistema odierno nel ciclismo. Ed uno che a 20-24 anni è già super, difficilmente può arrivare a 37-38, per un semplicissimo motivo di logorio. Tanto più a quei tempi, dove l’eventuale doping, non aumentava la cilindrata dei motori. Eddy Merckx, per me, avrebbe comunque  chiuso, appena giunto alla sicurezza di non essere più in grado di vincere le grandi corse.

Ciao!
 
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