26-02-2018, 08:18 PM
Intervista a Lappartient sulla Stampa di oggi
Signor presidente, da sindaco di Sarzeau, nella sua Bretagna, a presidente Uci: perché?
«Per cercare di rilanciare il ciclismo nel suo complesso, con idee e coraggio. Amo questo sport, da ragazzo correvo e vengo da una famiglia di ciclisti. Ho guidato la Federazione francese e poi l’Unione europea del ciclismo, non temo l’importanza e la gravità dei problemi da affrontare».
Come il caso Froome. Che cosa pensa della sua positività?
«Froome ha il diritto di correre e l’Uci glielo riconosce. Ma la cosa crea una situazione difficile per tutto il ciclismo. Spetta a Froome e al suo team assumere il comportamento più appropriato. Altre squadre in casi simili hanno sospeso i propri corridori. Spero solo in un verdetto rapido».
Si deve fare qualcosa di più o di diverso contro il doping?
«Il ciclismo va citato ad esempio per come lotta contro chi bara. Siamo fra gli sport più controllati, con le norme più severe, e i risultati si vedono. Ma vorrei convincere la Wada a vietare altri farmaci, come i corticosteroidi, che possono portare ad abusi e creare sospetti sulle cosiddette esenzioni per uso terapeutico. Inoltre sono per bloccare i corridori con parametri fisiologici anomali, per esempio un livello lo basso di cortisolo. Nomineremo un direttore medico responsabile di questi controlli».
L’Europa ha sempre meno corse, aumentano invece quelle nei Paesi esotici. È il ciclismo del futuro? «Con 37 gare World Tour in 4 continenti siamo andati troppo oltre, va bene la globalizzazione ma senza esagerare. Il ciclismo deve appoggiarsi sulle sue radici, che sono in Europa».
Che cosa va cambiato rispetto alla gestione Cookson?
«Mister Cookson è un brava persona, innamorata del ciclismo, e certi risultati, come l’impulso al ciclismo femminile, sono merito suo. Ma non aveva leadership e delegava troppo. Voglio portare personalmente i miei progetti alle Federazioni».
Il problema della bici a motore è davvero così grave?
«Sì e ho delle riserve sulla tecnologia della risonanza magnetica adottata da Cookson. Non basta e stiamo studiando altre metodologie che annunceremo a marzo con un piano per combattere le frodi tecnologiche. Sarà una priorità del mio mandato, perché c’è di mezzo la credibilità del ciclismo».
Radioline, mini-computer, misuratori di potenza: che ne pensa? «Sono contrario agli auricolari dei corridori e non mi piacciono i misuratori di potenza. Dovremo trovare un compromesso».
Non sarebbe utile un salary cap per i team professionistici?
«Se ci fosse un tetto di spesa meno big si concentrerebbero in poche squadre e le corse sarebbero più equilibrate».
È vero che vuole accorciare i grandi giri da 3 a 2 settimane?
«Credo che il Tour debba rimanere di 3 settimane, è la vetrina mondiale, l’evento globale del ciclismo. Giro e Vuelta invece potrebbero avere l’interesse a non superare i 17 giorni, con 3 weekend. Discutiamone, senza forzare nessuno. Rispetteremo il volere degli organizzatori».
Lo stato di salute del ciclismo?
«Il pubblico è sempre più coinvolto, il ciclismo femminile sta ottenendo montepremi vicini a quello maschile, anche il ciclocross riscuote grande interesse, come tutte le nostre altre discipline. I segnali sono positivi. Ma dobbiamo rafforzare la struttura finanziaria del nostro sport, in particolare del ciclismo su strada, per convincere altri sponsor a investire in modo sostenibile e consentire agli atleti di vivere del loro sport».
Che pensa del ciclismo italiano? «Ha corridori di classe, ma anche grandi tecnici, meccanici, massaggiatori, manager medici, sponsor, tifosi, media e costruttori di biciclette. Con noi francesi siete i depositari dei grandi valori del ciclismo».
Signor presidente, da sindaco di Sarzeau, nella sua Bretagna, a presidente Uci: perché?
«Per cercare di rilanciare il ciclismo nel suo complesso, con idee e coraggio. Amo questo sport, da ragazzo correvo e vengo da una famiglia di ciclisti. Ho guidato la Federazione francese e poi l’Unione europea del ciclismo, non temo l’importanza e la gravità dei problemi da affrontare».
Come il caso Froome. Che cosa pensa della sua positività?
«Froome ha il diritto di correre e l’Uci glielo riconosce. Ma la cosa crea una situazione difficile per tutto il ciclismo. Spetta a Froome e al suo team assumere il comportamento più appropriato. Altre squadre in casi simili hanno sospeso i propri corridori. Spero solo in un verdetto rapido».
Si deve fare qualcosa di più o di diverso contro il doping?
«Il ciclismo va citato ad esempio per come lotta contro chi bara. Siamo fra gli sport più controllati, con le norme più severe, e i risultati si vedono. Ma vorrei convincere la Wada a vietare altri farmaci, come i corticosteroidi, che possono portare ad abusi e creare sospetti sulle cosiddette esenzioni per uso terapeutico. Inoltre sono per bloccare i corridori con parametri fisiologici anomali, per esempio un livello lo basso di cortisolo. Nomineremo un direttore medico responsabile di questi controlli».
L’Europa ha sempre meno corse, aumentano invece quelle nei Paesi esotici. È il ciclismo del futuro? «Con 37 gare World Tour in 4 continenti siamo andati troppo oltre, va bene la globalizzazione ma senza esagerare. Il ciclismo deve appoggiarsi sulle sue radici, che sono in Europa».
Che cosa va cambiato rispetto alla gestione Cookson?
«Mister Cookson è un brava persona, innamorata del ciclismo, e certi risultati, come l’impulso al ciclismo femminile, sono merito suo. Ma non aveva leadership e delegava troppo. Voglio portare personalmente i miei progetti alle Federazioni».
Il problema della bici a motore è davvero così grave?
«Sì e ho delle riserve sulla tecnologia della risonanza magnetica adottata da Cookson. Non basta e stiamo studiando altre metodologie che annunceremo a marzo con un piano per combattere le frodi tecnologiche. Sarà una priorità del mio mandato, perché c’è di mezzo la credibilità del ciclismo».
Radioline, mini-computer, misuratori di potenza: che ne pensa? «Sono contrario agli auricolari dei corridori e non mi piacciono i misuratori di potenza. Dovremo trovare un compromesso».
Non sarebbe utile un salary cap per i team professionistici?
«Se ci fosse un tetto di spesa meno big si concentrerebbero in poche squadre e le corse sarebbero più equilibrate».
È vero che vuole accorciare i grandi giri da 3 a 2 settimane?
«Credo che il Tour debba rimanere di 3 settimane, è la vetrina mondiale, l’evento globale del ciclismo. Giro e Vuelta invece potrebbero avere l’interesse a non superare i 17 giorni, con 3 weekend. Discutiamone, senza forzare nessuno. Rispetteremo il volere degli organizzatori».
Lo stato di salute del ciclismo?
«Il pubblico è sempre più coinvolto, il ciclismo femminile sta ottenendo montepremi vicini a quello maschile, anche il ciclocross riscuote grande interesse, come tutte le nostre altre discipline. I segnali sono positivi. Ma dobbiamo rafforzare la struttura finanziaria del nostro sport, in particolare del ciclismo su strada, per convincere altri sponsor a investire in modo sostenibile e consentire agli atleti di vivere del loro sport».
Che pensa del ciclismo italiano? «Ha corridori di classe, ma anche grandi tecnici, meccanici, massaggiatori, manager medici, sponsor, tifosi, media e costruttori di biciclette. Con noi francesi siete i depositari dei grandi valori del ciclismo».