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Elezioni UCI 2017 - Cookson vs Lappartient
#41
Intervista a Lappartient sulla Stampa di oggi

Signor presidente, da sindaco di Sarzeau, nella sua Bretagna, a presidente Uci: perché? 
«Per cercare di rilanciare il ciclismo nel suo complesso, con idee e coraggio. Amo questo sport, da ragazzo correvo e vengo da una famiglia di ciclisti. Ho guidato la Federazione francese e poi l’Unione europea del ciclismo, non temo l’importanza e la gravità dei problemi da affrontare». 

Come il caso Froome. Che cosa pensa della sua positività? 
«Froome ha il diritto di correre e l’Uci glielo riconosce. Ma la cosa crea una situazione difficile per tutto il ciclismo. Spetta a Froome e al suo team assumere il comportamento più appropriato. Altre squadre in casi simili hanno sospeso i propri corridori. Spero solo in un verdetto rapido». 

Si deve fare qualcosa di più o di diverso contro il doping? 
«Il ciclismo va citato ad esempio per come lotta contro chi bara. Siamo fra gli sport più controllati, con le norme più severe, e i risultati si vedono. Ma vorrei convincere la Wada a vietare altri farmaci, come i corticosteroidi, che possono portare ad abusi e creare sospetti sulle cosiddette esenzioni per uso terapeutico. Inoltre sono per bloccare i corridori con parametri fisiologici anomali, per esempio un livello lo basso di cortisolo. Nomineremo un direttore medico responsabile di questi controlli». 

L’Europa ha sempre meno corse, aumentano invece quelle nei Paesi esotici. È il ciclismo del futuro? «Con 37 gare World Tour in 4 continenti siamo andati troppo oltre, va bene la globalizzazione ma senza esagerare. Il ciclismo deve appoggiarsi sulle sue radici, che sono in Europa». 

Che cosa va cambiato rispetto alla gestione Cookson? 
«Mister Cookson è un brava persona, innamorata del ciclismo, e certi risultati, come l’impulso al ciclismo femminile, sono merito suo. Ma non aveva leadership e delegava troppo. Voglio portare personalmente i miei progetti alle Federazioni». 

Il problema della bici a motore è davvero così grave? 
«Sì e ho delle riserve sulla tecnologia della risonanza magnetica adottata da Cookson. Non basta e stiamo studiando altre metodologie che annunceremo a marzo con un piano per combattere le frodi tecnologiche. Sarà una priorità del mio mandato, perché c’è di mezzo la credibilità del ciclismo». 

Radioline, mini-computer, misuratori di potenza: che ne pensa? «Sono contrario agli auricolari dei corridori e non mi piacciono i misuratori di potenza. Dovremo trovare un compromesso». 

Non sarebbe utile un salary cap per i team professionistici? 
«Se ci fosse un tetto di spesa meno big si concentrerebbero in poche squadre e le corse sarebbero più equilibrate». 

È vero che vuole accorciare i grandi giri da 3 a 2 settimane? 
«Credo che il Tour debba rimanere di 3 settimane, è la vetrina mondiale, l’evento globale del ciclismo. Giro e Vuelta invece potrebbero avere l’interesse a non superare i 17 giorni, con 3 weekend. Discutiamone, senza forzare nessuno. Rispetteremo il volere degli organizzatori». 

Lo stato di salute del ciclismo? 
«Il pubblico è sempre più coinvolto, il ciclismo femminile sta ottenendo montepremi vicini a quello maschile, anche il ciclocross riscuote grande interesse, come tutte le nostre altre discipline. I segnali sono positivi. Ma dobbiamo rafforzare la struttura finanziaria del nostro sport, in particolare del ciclismo su strada, per convincere altri sponsor a investire in modo sostenibile e consentire agli atleti di vivere del loro sport». 

Che pensa del ciclismo italiano? «Ha corridori di classe, ma anche grandi tecnici, meccanici, massaggiatori, manager medici, sponsor, tifosi, media e costruttori di biciclette. Con noi francesi siete i depositari dei grandi valori del ciclismo».
 
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#42
Soprattutto medici...
 
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#43
Su un diveto dell'uso di auricolari non sarei dispiaciuto, sui misuratori di potenza mi sembra eccessivo.
Lasciamo stare la riduzione delle tappe per Giro e Vuelta
 
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#44
REVERBERI: «ALLARME PROFESSIONAL, PER L'ITALIA E PER TUTTI»

L’Uci sta pensando da lungo tempo alla riforma del ciclismo. Questa è una notizia, ma suona chiaramente anche come minaccia. Non tanto perché siamo contro il rinnovamento, il futuro, il movimento che contrasta l’immobilismo, ma perché la percezione che si ha è che ad Aigle vogliano cambiare tanto per cambiare, senza un progetto chiaro e definito. Sono mesi che stanno discutendo e la bozza che sta circolando tra i team di World Tour e quelli Professional è semplicemente imbarazzante.

Si prosegue a tentoni, con la chiara sensazione che all’Uci non abbiano compreso una cosa semplice semplice: mancano i soldi. Sono pochi i team che sono veramente in salute. Forse c’è solo il Team Sky che può dirsi sereno, ma già la Quick-Step di Patrick Lefevere, che è chiaramente il team più forte al mondo secondo solo ai britannici, per stessa ammissione del suo team-manager, è in difficoltà.

La Bmc chiude, la CCC esce dal circuito Professional per approdare nel World Tour affiancando Jim Ochowicz che prosegue con una formazione certamente importante, ma meno attrezzata e, sotto l’aspetto economico, sicuramente più leggera. Dal Benelux arriva la notizia che i dirigenti dell'olandese Roompot e della belga Veranda's Willems stanno trattando per unire le forze. Mentre Nick Nuyens, ex corridore ed oggi manager del team belga, ha prima cercato l'intesa con Aqua Bue Sport - trattativa che c'è stata, aldilà delle smentite, e che è tramontata solo negli ultimi giorni - e ora lavora con i dirigenti della formazione olandese.

A proposito, Aqua Blue Sport, prima formazione irlandese a entrare nell'ambito del grande ciclismo, chiuderà i battenti a fine stagione.

«Da anni diciamo che il momento è delicato, ma ora lo è per davvero e sempre di più – spiega a tuttobiciweb Bruno Reverberi, uno dei team manager più esperti a livello mondiale -. Preoccupa il fatto che all’Uci stiano pensando di ridurre le squadre di World Tour (da 18 a 15), e di creare un nuovo circuito di Protour per le formazioni Professional, che avranno sempre più obblighi e doveri, ma nessuna garanzia. Anzi, si prospetta il fatto che il numero delle “wild-card” per i Grandi Giri sia riduca da quattro a due. Insomma, se così fosse, almeno per noi italiani sarebbe la fine. Non avrebbe quasi più senso investire in questo sport».

Il problema, però, non è solo italiano: questo mi sembra evidente…
«Evidente per noi, ma non per chi sta pensando ad un nuovo calendario. Le corse stanno diminuendo in ogni angolo del mondo, soprattutto in America. Il prodotto ciclismo è sicuramente interessante e appetibile, ma al momento è troppo caro. Ma lo ripeto, la cosa più grave è che noi formazioni Professional non abbiamo una sola cosa da poter vendere. Ai nostri sponsor non possiamo promettere assolutamente nulla, e la così non può più stare in piedi. In questi anni la Rcs Sport, prima con Angelo Zomegnan e poi con Mauro Vegni, una mano al movimento italiano l’ha data. La Lega di Enzo Ghigo si è adoperata per cercare di dare un senso alle pochissime corse italiane che sono restate in calendario creando il circuito della Ciclismo Cup, ma con quello che hanno in mente a Aigle tutto questo sarà vanificato. Allora ce lo dicano: facciamo delle Continental e il nostro ciclismo non sarà più nemmeno di serie B, ma di serie C. Poi però non ci si lamenti perché gli italiani vincono sempre di meno e nel grande ciclismo non accedono più».

Credo che il prossimo anno di under 23 che passeranno saranno davvero pochi…
«Nella massima serie assolutamente. Noi come Bardiani CSF ne prendiamo due, ma se le quattro squadre Professional rimaste andranno in crisi, saranno dolori per tutti».

E dire che in questi team di seconda fascia continuano a crescere e a maturare tantissimi ragazzi molto interessanti che poi passano nel WorldTour…
«Ma è sempre più difficile tenerli. Appena un ragazzo di un certo livello fa vedere qualcosa di buono, immediatamente te lo portano via. Ma se queste squadre “incubatrice” vengono meno, è un problema serio per tutto il sistema. Questo è un problema che deve essere preso in considerazione anche dall’Uci, non è solo un guaio nostro, ma di tutto il movimento. Come nel calcio milionario la SPAL ha un senso, così come ce l'hanno il Sassuolo o l’Atalanta, non vedo il perché nel ciclismo chi ha team più piccini non debba avere una dignità e delle garanzie. Chiedeteci anche più soldi, fateci fare un ciclismo sempre più di alto livello e sempre più vicino a quello di World Tour, ma dateci delle garanzie».

Si è parlato non tanto tempo fa anche di “paga per correre”: ormai per andare a correre si deve pagare quasi tutto. Gli organizzatori sono in crisi e i rimborsi non ci sono quasi più.
«Chiedetelo ad Aqua Blu, che ha deciso di lasciare il ciclismo, in questi anni quanto ha speso. Ha dovuto sborsare più soldi per andare alle corse che in stipendi per i corridori e il personale. Questo è semplicemente folle. Non ho visione? Sono superato? Può darsi, il problema è che io parlo con i anche team manager del World Tour e non mi danno assolutamente del matto. Il problema c’è ed è serio per tutti. Spero che le persone deputate a legiferare se ne rendano conto».
 
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#45
Dichiarazioni deliranti di Lappartient in vista di una riforma del calendario 2026,
Prima elogia il modello del periodo delle classiche che consente ai corridori di non spostarsi per 3 settimane (riducendo anche l'impatto ambientale) e poi ventila uno spostamento di Fiandre e Roubaix a ottobre solo perchè nel 2020 e 2021 ci sono stati buoni ascolti ($$$)
 
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