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José Maria Jimenez
#1
[Immagine: in_costruzione.png]
 
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#2
Il selvaggio che incendiava le montagne
Esattamente 7 anni fa ci lasciava Josè Maria Jimenez, il 6 Dicembre 2003 cessò di battere il cuore di questo ragazzo tanto amato quanto fragile. Un destino quello di Jimenez troppo simile a quello di Marco Pantani. Jimenez non riuscì a superare il momento più difficile della sua vita, quando si è trovato a combattere contro la depressione, male che aveva cercato di sconfiggere con varie cure. Il destino beffardo lo portò via cosi come Pantani troppo giovane e troppo presto, anche Jose ci ha lasciati di sabato, che di solito nel ciclismo è giorno di tappe di montagna nelle corse a tappe. Il cuore di Jimenez ha smesso di battere mentre il campione spagnolo che era ricoverato in una clinica di Madrid specializzata nel recupero da tossicodipendenze e da problemi psichici, stava autografando le foto dei suoi ultimi successi agli altri malati della clinica che lo avevano riconosciuto. I problemi per lo spagnolo iniziarono nel 2002, quando iniziò a soffrire di problemi di depressione e con la cocaina, come spesso accade in questi casi per un campione passare dalla gloria alla polvere è ancora più difficile e nonostante la vicinanza dei suoi familiari o della sua squadra la Banesto che continuò a pagargli regolarmente lo stipendio nonostante fosse ormai un ex, la depressione si rivelò come un avversario imbattibile. Per un ragazzo come Jose abituato a staccare tutti in salita, l´ultima salita quella contro il mal di vivere si è rivelata troppo dura, ben più dura di quell´Angliru (la montagna più dura di Spagna) che riuscì a domare nel 1999, contro un avversario che ti fa sembrare tutto nero, ti fa sentire inutile e che ti toglie le forze non ha potuto nulla, nemmeno il suo carattere sempre allegro che ne ha anche limitato il rendimento nel ciclismo. Pensare che un ragazzo con quegli occhi sempre vivi e furbi e con quel sorriso contagioso sia morto lontano dai propri affetti e in una clinica per malati di mente ti mette addosso una tristezza infinita che oggi a 7 anni di distanza é ancora presente nel cuore di chi lo ha visto felice. La lontananza dalle corse non ha fatto altro che aumentare i suoi disagi, la voglia di tornare in gruppo non gli è mai mancata nemmeno nei momenti più bui, come l'estate 2003 quando confidò ad un amico l'intenzione di voler tornare a correre dicendogli "Credi che se potessi non tornerei in bicicletta già domani?" una frase tanto semplice quanto piena di sofferenza, per un ragazzo che vedeva sfuggursi di mano la propria vita, a partire da quel ciclismo a cui ha dedicato gran parte del suo tempo.
Jimenez era uno scalatore che correva sempre all'attacco, uno che non aveva paura di saltare per "aria", un modo di correre molto simile al suo carattere esuberante e spesso sopra le righe a volte anche troppo, se da un lato questo suo modo di essere infiammava letteralmente i tifosi che lo adoravano e impazzivano per le sue imprese, tanto da guadagnarsi il soprannome di el chava (il selvaggio) dall'altro lo portava anche ad esagerare e cercare limiti estremi che lo hanno portato ad assaggiare i paradisi artificiali della droga e dell'alcol. Un talento quello di Jimenez più forte di tutto, della bella vita, di contrattempi e infortuni almeno fino al 2001, l'anno dei suoi ultimi successi. El chava aveva una capacità di andar forte in salita che lo porterà a vincere 28 volte in carriera, aldilà dei 28 successi era amatissimo in Spagna, quella Spagna che lo vedeva come l´erede di Miguel Indurain, nonostante i 2 avessero caratteristiche diverse e corressero in modo molto diverso, con Indurain che calcolava tutto e Jimenez che seguiva l´istinto anche a costo di saltare. Un modo di correre simile a quello di Pantani da qui il soprannome il "Pantani di Spagna", quando alla Vuelta c'erano le tappe di montagna era lui il corridore più atteso, era lui la speranza del ciclismo spagnolo in attesa di Contador per riconquistare un Giro d'Italia o un Tour. L'amore che i tifosi avevano per lui andava oltre i risultati, quando c'era lui in corsa soprattutto alla Vuelta Espana, l'attesa era tutta per il suo scatto. Purtroppo Jimenez per vari motivi non riuscì ad esprimere tutte le sue potenzialità riuscendo a salire solo una volta su un podio in un grande giro, nel 1998 quando si piazzò terzo alla Vuelta. Alla Vuelta sono legati i successi più prestigiosi della sua carriera, tra il 1997 e il 2001 vinse 10 tappe e 4 volte la maglia verde di miglior scalatore 1 volta la maglia a punti.

cyclingworld.it
 
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#3
Si può metterlo tra le leggende? Rolleyes
Vederlo nella stessa sezione di Iban Mayoz non è bello :-/
 
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#4
Io lo metterei tra le giovani promesse Occhiolino
 
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#5
Peccato che è morto 9 anni fa Asd
 
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#6
Dieci anni fa moriva José Maria "el Chava" Jiménez

La sera del 6 dicembre 2003 moriva a Madrid José Maria Jiménez, per tutti semplicemente "el Chava". Scalatore formidabile, il castigliano (che corse sempre in maglia Banesto) vinse in quattro occasioni la classifica della montagna alla Vuelta a España e ben nove tappe nella corsa spagnola fra cui, nel 1999, la prima scalata del terribile Alto de Angliru staccando Ullrich, Heras e riprendendo il fuggitivo Tonkov all'ultimo km. La debolezza nelle prove contro il tempo gli impedì di conquistare la Vuelta 1998, edizione che terminò al terzo posto alle spalle dei connazionali Olano e Escartín.

Nell'inverno 2002 Jiménez manifestò i primi sintomi depressivi che lo costrinsero a chiudere anzitempo la carriera per cercare di superare questi problemi. Proprio durante un periodo in clinica "el Chava", mentre stava firmando degli autografi a quei molti che ancora lo supportavano, subì un infarto che lo condusse alla morte dopo due giorni di agonia, a soli trentadue anni. Il suo ricordo è stato tenuto in vita dal cognato e amico di sempre Carlos Sastre che gli dedicò la vittoria del Tour de France 2008.

cicloweb.it
 
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