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Bergen 2017, Trentin: «Sagan favorito, ma battibile»
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Mondiale, Trentin: «Sagan favorito, ma battibile»
Noi italiani siamo forti, basta far funzionare la squadra

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Dopo una Vuelta da protagonista, con 4 successi di tappa e la vittoria sfiorata nella classifica a punti, Matteo Trentin è tornato alla vita normale. Ci risponde al telefono mentre sta andando a prendere all'uscita dall'asilo Giovanni, felice come non mai per il ritorno a casa del papà.

Tra poco però ti vedrà rifare le valigie... «Eh sì, il Campionato del Mondo ormai è alle porte. La Vuelta è stata davvero dispendiosa per le altimetrie e il ritmo a cui abbiamo viaggiato ogni giorno. Cosa desideravo dopo tre settimane "a tutta"? Dormire! Mi sono concesso due giorni di relax completo».

Ti sei mai sentito così forte?
«Mi aspettavo di andare bene, ma non di vincere tutte le tappe che mi ero messo in testa. Ero in condizione già al Tour ma per me è finito prima che iniziasse a causa di una caduta, sia a Londra che a Burgos ho dimostrato di avere una buona gamba, in Spagna dopo la prima vittoria ho capito che sarei andato forte anche in salita».

Hai cambiato qualcosa nella preparazione?
«No, mi sono allenato come sempre e anche i valori che ho sprigionato non si discostano dai miei soliti. La differenza sostanziale è che ho avuto la possibilità di "fare la corsa" e questo ha cambiato il mio approccio al risultato. Avere sulle spalle la responsabilità e la fiducia della squadra invece di darmi pressione mi fa essere più sereno e tranquillo. Non ho fatto errori, sono contento per me e il team».

Con il passaggio alla Orica Scott, nel 2018 avrai più occasioni per cercare il risultato in prima persona.
«Sì, sarà un po' come a questa Vuelta. Alla Quick Step Floors devo molto, ho imparato tantissimo e non mi riferisco solo all'ambito sportivo. È la miglior squadra per imparare a disputare al meglio le classiche, ha una mentalità vincente che funziona, tanto che tutti quelli che sono passati di qui hanno fatto un salto di qualità, ed è attenta anche al lato umano. Oltre alle tante esperienze vissute insieme, mi resta l'amicizia di tutti, da Lefevere ai membri dello staff. Persone meravigliose».

Com'è entrare a far parte del club dei vincitori di tappe in tutti e tre i grandi giri?
«Boh, non ho avuto tempo di pensarci. Il giorno che ho vinto la prima, ne avevamo tante altre davanti... (sorride, ndr). Non sono appagato, è una bella soddisfazione ma sono convinto che si possa sempre migliorare. Di gare ancora da conquistare ce ne sono finché ne voglio. L'obiettivo è continuare a vincere il più possibile».

Prima di Bergen, dove correrai?
«Sabato sarò alla Primus Classic in Belgio come già da programma della squadra, poi partirò con gli altri azzurri per la Norvegia. Una gara da qui al mondiale è più che sufficiente, dopo una Vuelta così dura il segreto per mantenere la condizione è solo recuperare le forze e gestirsi bene».

Ti piace il percorso?
«È il tipico percorso da mondiale, che non presenta nulla di speciale in termini di tecnicità e altimetria, ma che sarà duro per la lunghezza e il clima da nord con cui dovremo vedercela. Guardando alle statistiche pioverà quasi sicuramente. Io non faccio la danza della pioggia, ma il brutto tempo in bici non mi ha mai dato fastidio».

Gli italiani stanno andando forte...
«Basta considerare i risultati dell'ultimo mese, se qualcuno ancora si permette di dire che non abbiamo qualità vive davvero fuori dal mondo. Nelle ultime quattro settimane Viviani ha vinto 7 corse, io 5, Ulissi ha vinto a Montreal, Moscon alla Vuelta si è fatto vedere come non mai. L'ossatura della squadra che schiererà il CT Cassani è forte, basta farla funzionare».

Domandone: come si batte Sagan?
«Peter per me resta il favorito numero 1, ma ha fatto vedere che non è imbattibile. A Quebec ha vinto molto bene, ma a Montreal è stato evidente che non può correre dietro a tutti. La tripletta per lui è tutt'altro che impossibile, sarà affar nostro impedirgli di realizzarla. Dovremo correre uniti, come d'altronde dovranno fare anche i nostri avversari. A partire dal Belgio che con Van Averamet schiera delle seconde linee che quando si muoveranno saranno molto pericolose. Come noi».

Giulia De Maio per tuttobiciweb.it
 
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