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Luca Paolini
#1
in arrivo
 
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#2
Parte dal Qatar l'undicesima stagione da prof di Paolini
Undicesima stagione da professionista e una nuova divisa, quella del colosso russo Kathusa. A 34 anni compiuti Luca Paolini si rimette in gioco e con la voglia di stupire ancora. A partire da domenica prossima e fino a venerdì 11 febbraio, il corridore lombardo sarà alla partenza del Giro del Qatar, negli Emirati Arabi, che segnerà il suo esordio alle competizioni. Un prologo a cronometro individuale e cinque tappe in linea come antipasto della sua nuova stagione agonistica. "Per è molto importante, soprattutto in ottica delle classiche di primavera - dice Paolini, che risiede a Lambrugo a due passi da Como-. Sto vivendo una nuova esperienza con la Kathusa e l'idea di correre per una formazione russa mi piace moltissimo. Sono appena rientrato da Mosca per la presentazione del team, ma sono già pronto a ripartire. Nelle ultime settimane ho lavorato molto con i compagni, ci siamo allenati al caldo e spero di trovare in Qatar gli spazi giusti per togliermi subito qualche buona soddisfazione". Sereno e motivato, Luca Paolini ha dalla sua un'esperienza decennale fra i professionisti. Che sicuramente avrà modo di tirar fuori nel corso di questa annata che potrebbe vederlo anche al via del Giro d'Italia. "Può essere ma con i miei direttori sportivi ancora non abbiamo deciso nulla. E per il Giro c'è molto tempo per pensarci. Ora però voglio dimostrare di essere competitivo e mi aspetto molto da questa nuova avventura". In Qatar, Paolini sarà affiancato dai compagni Pozzato, Ignatyev, Hoste, Galimzyanov, Trusov, Vandenbergh e Kuchynsky.

tuttobiciweb.it
 
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#3
Paolini: «Sarà un piacere collaborare con Freire»
Ci siamo, si riparte dall'Australia... Per Luca Paolini, il comasco della Katusha, quella che sta per incominciare con il Tour Down Under, è la dodicesima stagione da professionista. Ne è passata di acqua sotto i ponti dal lontano 2000 anno in cui un giovane Paolini si affacciò per la prima volta dal balcone della massima categoria, allora con la divisa della Mapei Quick Step. "Sembra ieri ma sulle spalle ho già una dozzina di stagioni, tanta esperienza e molte referenze - ha detto Paolini prima della sua partenza per la città di Adelaide, in Australia-. Vi parrà strano, ma per me è come la prima volta. Ogni stagione è un capitolo a sè e quella che sta per scattare ha il sapore di entusiasmo tutto nuovo. Ho il vigore di un giovanotto e sono pronto a rimettermi in gioco". Paolini sarà già in corsa domenica 15 gennaio, nel Classic Down Under (km.51) una sorta di kermesse cittadina quale antipasto della gara a tappe ufficiale in programma dal 17 al 22, con partenza da Prospect e conclusione dopo sei frazioni nel cuore di Adelaide. Paolini è volato agli antipodi con i compagni della sua squadra, la formazione russa della Katusha, che oltre al comasco di Lambrugo schiera Oscar Freire, Maxim Belkov, Giampaolo Caruso, Xavier Florencio Cabre, Eduard Vorganov e Gatis Smukulis. "Ho il sentore che questa sarà una buona trasferta e che ogni giorno io e miei compagni saremo in lotta per la vittoria - spiega Paolini che proprio il 17 gennaio compirà 35 anni-. Anzitutto si riparte con una buona armonia e con un Freire come compagno di squadra. Il che mi lusinga molto e allo stesso tempo mi sprona a dare il meglio per un grande uomo e un campione come è lo spagnolo". E Paolini che stagione affronterà? "Spero migliore di quella del 2011. Lo scorso anno, spesso mi sono piazzato senza però mai andare a bersaglio. E questo un pò mi è spiaciuto, perchè in un paio di occasioni il successo l'avrei anche meritato". Londra 2012, ti vedremo ai Giochi Olimpici? "Dipenderà dal cittì Paolo Bettini. Ho partecipato alla preolimpica dell'anno scorso ma questo non fa del sottoscritto un possibile partecipante. Prima di me ci sono tanti bravi e promettenti giovani, che Bettini ha già avuto modo di indicare. Se ha bisogno...sono qui!". Tornerai in Italia per le prime gare del calendario? "Certamente, dovrei essere alla partenza di Donoratico e del Trofeo Laigueglia e come primo grande appuntamento la Milano-Sanremo che noi della Katusha punteremo a vincere con Freire, che per tre volte ha già conquistato la classica di primavera". In bocca al lupo Luca e grazie.

di Danilo Viganò per tuttobiciweb.it
 
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#4
Paolini: «Sfinito ma non finito»
È il più anziano ed esperto degli azzurri che Paolo Bettini ha schierato al mondiale di Valken­burg, si sente «finito fisicamente e mentalmente» ma, per fortuna, finché i risultati arrivano non ha alcuna intenzione di appendere la bici al chiodo.
Luca Paolini, comasco classe 1977, vanta 17 vittorie in 13 stagioni (tre in maglia Mapei, tre in Quick Step, due in Liquigas, tre in Acqua&Sapone, e da due è alla Katusha, ndr), il 3° posto al mondiale di Verona 2004 vinto da Oscar Freire, analoghi piazzamenti alla Milano-Sanremo 2006 e al Giro delle Fiandre 2007, oltre ad una vittoria di tappa alla Vuelta 2006.
Gregario fidato dell’attuale CT, è stato uomo fondamentale per la vittoria olimpica del Grillo ad Atene 2004 e gli ori iridati a Salisburgo nel 2006 e a Stoc­car­da nel 2007, ma anche per quello di Alessandro Ballan a Varese nel 2008. Bettini gli ha affidato ancora una volta il ruolo di regista della nostra nazio­nale, mettendo a tacere ogni critica, sot­tolineando che: «Luca è sì un mio amico, ma è soprattutto un atleta che si guadagna la convocazione piazzandosi sempre tra i primi. Il suo è un ruolo importante proprio perché io e lui ab­biamo una grande sintonia, mi può aiutare a gestire la corsa».
E come dargli torto se nelle ultime prove è stato l’azzurro più presente e spesso il meglio piazzato, quello che porta a casa il risultato che salva la spedizione? A Val­ken­burg ha dimostrato una grande gamba, ma ha dovuto chiudere buchi, entrare nelle fughe e prendere il vento in faccia per la nostra punta Nibali.
«Come previsto abbiamo portato Vin­cenzo a giocarsi la corsa coi migliori nel finale, ci può stare che dopo quasi 270 km non si abbia più birra. Gilbert aveva una marcia in più» dice al termine della sfida iridata dominata dal bel­ga, senza riuscire a nascondere un’evi­de­nte delusione per la magra figura raccolta dai nostri colori sull’ultima scalata del Cauberg. Lui non si azzarda ad aggiungerlo, con l’età si impara ad essere anche diplomatici, ma a noi re­sta il rammarico di averlo spremuto prima di un finale che si è rivelato ben più adatto a un corridore da classiche come lui (e come Mar­cato) che a uno da corse a tappe come Ni­bali, che con rivali come Gilbert e Valverde non poteva reggere il confronto.
Professionista dal 2000, Paolini è uno dei vecchietti del ciclismo di casa no­stra, ma scherza come un ragazzino sul­la sua carriera, ricordando il passato e valutando il presente, pensando al futuro e sognando. Sì, sognando, perché se dopo dodici partecipazioni in na­zionale una bandiera del ciclismo az­zurro come lui non è ancora mai riuscita a disputare un Giro d’Italia non può smettere.

Bicicletta fa rima con...?
«Passione. Ho cominciato a pedalare per questo e man mano mi sono convinto che il ciclismo senza passione non si può praticare. È un lavoro piacevole che impone tanti sacrifici, ma se ci si gestisce bene in genere vengono ri­pagati».

Quanto tempo è passato dalla tua prima gara?
«Una vita. La passione per le due ruote è nata per caso, il giorno che papà mi ha portato in una pista di bmx. Avevo sette anni. Da esordiente 1° anno ho provato la bici da strada ed è scoccata la scintilla. Alla prima gara, essendo abituato alle gare corte di bmx in cui nove volte su dieci chi parte in testa vince, feci una volata di un chilometro pensando di arrivare primo, invece finii ultimo. Non avevo calcolato la lunghezza».

Cosa ti ha insegnato il ciclismo?
«È uno stile di vita, soprattutto per un gregario, che insegna a sacrificarsi per gli altri e ad aprire la propria visuale ai bisogni altrui. Io di natura sono già predisposto in questo senso, ma sono convinto che la bici mi abbia fatto diventare ancora più generoso e allo stesso tempo mi abbia insegnato a capire chi ho di fronte, ossia a distinguere chi riconosce il lavoro che faccio da chi lo dà per scontato o lo sottovaluta».

Se non avessi fatto il corridore...?
«Ho un diploma di odontotecnico, papà fa l’odontotecnico quindi la logica porta a dire che avrei seguito le sue orme, ma in realtà non saprei. Oltre alla bici ho una sola altra passione: il motociclismo. Lo pratico poco per man­canza di tempo. Soprattutto ora che non sono più un giovincello, quando ho un giorno di riposo ne approfitto per stare a casa, lo sfrutto per ricaricare le pile. Non ho più la freschezza di una volta...».

Tre parole per descriverti?
«Alto, bello e simpatico. A parte gli scherzi, direi: altruista, ultimamente disciplinato e divertente».

Soddisfatto della tua carriera?
«Abbastanza. Devo riconoscere che il mio altruismo negli an­ni mi ha fatto perdere tante ghiotte occasioni, ma ho sempre fatto tutto col cuore quindi non rinnego niente. Il ricordo migliore? Il terzo posto alla Sanremo 2006 vinta da Paolo (Bettini, ndr). Il peggiore? Di brutti non me ne vengono in mente, sono stato fortunato».

Quali sono le persone di cui non avresti mai potuto fare a meno in questi anni?
«Beh, della mia famiglia. Da mamma Maria, papà Giovanni che in fatto di bici mi ha sempre viziato, e mio fratello Matteo, a mia moglie Elena e i no­stri bimbi: Gaia di 12 anni e Filippo na­to l’8 giugno di quest’anno».

Gaia ti chiede di andare in bici?
«In realtà sta diventando una pallavolista e ha il mio totale appoggio. Filippo è ancora piccolissimo, vedremo a cosa si appassionerà. Magari più che per il ciclismo, cercherò di trasmettergli il mio interesse per le moto».

Quanto ti pesa stare lontano da casa?
«Più si va avanti più è dura. Il ciclismo sta diventando sempre più internazionale e il calendario World Tour è ormai distribuito lungo tutto l’anno. Iniziamo a gareggiare a gennaio e finiamo a no­vembre, in più ci sono tanti ritiri quindi a casa ci passo davvero poco tempo (Luca abita con la famiglia a Faloppio, ndr). Non è semplice, a 35 anni e con due figli, ma mi faccio forza ripetendomi che sono gli ultimi anni e se voglio farli al top devo sopportare dei sacrifici, compresa la lontananza da casa».

Il più bel posto che hai visto grazie a una gara?
«Viaggiamo tantissimo, ma non abbiamo tempo di fare i turisti quindi più che una località al massimo posso consigliarti un hotel: come si mangia, co­me sono le stanze... In più sono dell’idea che come si vive in Italia non ci sono paragoni. Sono profondamente innamorato del mio paese».

Quello in cui vorresti trascorrere una va­canza?
«Sono stato alle Maldive anni fa con mia moglie e ci ho lasciato il cuore. Mi hanno stregato, credo siano uno dei pochissimi posti dove si può davvero spegnere tutto e abbandonarsi al relax totale».

L’anno prossimo ti vedremo ancora in maglia Katusha?
«Sì, ho un contratto con la squadra russa per un altro anno. Sarà la mia quattordicesima stagione tra i professionisti, vuoi sapere come mi sento? “Finito” completamente, ma tengo du­ro. Nonostante la stanchezza fisica e psicologica che credo sia normale alla mia età, continuano ad arrivare risultati quindi non mollo. Fino a quando sarò competitivo andrò avanti. Che limite mi do? 38 anni. Credo di poter affrontare ancora due/tre anni ad alti livelli».

Guardandoti indietro cosa vedi?
«Non ho grandi rimpianti, ma mi sto rendendo conto che, anno dopo anno, sto diventando sempre più professionale. Se avessi avuto più testa negli anni d’oro, quelli della piena maturità fisica intendo, avrei potuto raccogliere di più ma queste cose si capiscono solo col passare degli anni. Mi vengono in mente tanti ricordi, molti davvero di­vertenti. Ho avuto la fortuna di lavorare praticamente sempre con persone con cui mi sono trovato bene e divertito tanto. Mi resterà per sempre l’allegria che ho trovato nelle squadre in cui sono stato».

E guardando avanti?
«Con il ciclismo di oggi non è facile darsi degli obiettivi, ogni annata è stracolma di traguardi, ma uno ce l’ho. L’anno prossimo mi piacerebbe correre per la prima volta il Giro d’Italia. Sem­bra incredibile, ma per una ragione o per l’altra non ho mai potuto prendervi parte e ora ne sento il bisogno. Non vedo l’ora di gustarmi la corsa rosa da dentro».

Ormai sei un veterano in maglia azzurra. Quello olandese è stato il tuo 10° mondiale, il 9° tra i professionisti: dopo Ve­rona 1999 (dove conquistò l’argento nella crono degli Under 23, ndr) sei stato convocato per Hamilton 2003, Verona 2004, Madrid 2005, Salisburgo 2006, Varese 2008, Mendrisio 2009, Melbourne 2010, Copenhagen 2011.
«Esatto e anche se ho preso parte pure a due Olimpiadi (Atene 2004 e Londra 2012, ndr) mi emoziono sempre come fosse la prima volta. Se l’emozione è la stessa, nel tempo è cambiato il mio approccio a questi appuntamenti im­portanti. Un tempo dovevo fare “solo” il mio perché correvo con tanti campioni che avevano sulle spalle il grosso della responsabilità della squadra, ora invece ho a che fare con corridori giovani a cui devo cercare di trasmettere sicurezza e, in base al percorso e allo sviluppo della corsa, posso ricoprire diversi ruoli».

E tra questi giovani emergenti come ti senti?
«Non mi dispiace il ruolo di chioccia, le nuove generazioni sono diverse da quella a cui appartengo io ma forse anche per questo non sento troppo il gap tra noi e loro. Questi ragazzi sono molto più spavaldi e scaltri di quanto ero io alla loro età, hanno già i loro obiettivi chiari in testa, sanno il fatto loro, a volte si fanno prendere dall’euforia del momento ma non è difficile metterli in riga (sorride, ndr). Qual­che nome su cui scommetterei per il fu­turo? Indipendentemente dal mondiale, in gara ho visto muoversi bene Mat­teo Trentin, davvero un bel giovane, ed Elia Viviani».

A un ragazzino oggi consiglieresti di praticare ciclismo?
«Sì, ma più che consigli ai ragazzi ne darei uno ai genitori: non stressateli. Non si possono caricare di pressioni i bambini, devono avvicinarsi al ciclismo solo per divertirsi. Ho avuto modo di as­sistere anche recentemente a delle gare di Giovanissimi e ho visto genitori che fanno davvero venire il prurito alle mani. Un ragazzino che vive già con l’ansia una garetta di paese, come potrà mai amare questo sport e pensare di arrivare al professionismo?».

Una volta appesa la bici al chiodo, che farai?
«Sto cominciando a guardarmi intorno, a dire la verità ho già in mente qualche progetto ma nulla ancora di preciso perché non so per certo quando smetterò di correre. Mi piacerebbe rimanere in questo ambiente, in un altro ruo­lo. Vedremo...».

Che ricordo vorresti lasciare di te al mondo delle due ruote?
«Come verrò ricordato dipenderà dalla gente. Io ormai sono etichettato come un “gregario di lusso” e mi va bene così perché non sono un vincente ma ho dimostrato di poter essere un alleato prezioso per la vittoria. Mi piacerebbe essere ricordato come un corridore corretto e leale, che ha svolto una buona carriera al servizio dei propri capitani».

da tuttoBICI di ottobre a firma di Giulia De Maio
www.tuttobiciweb.it
 
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#5
La Gazzetta dello Sport di oggi ha anticipato quest'oggi il rinnovo di Luca Paolini con la Katusha per altre due stagioni: il 36enne comasco, vincitore quest'anno della Omloop Het Nieuwsblad e della tappa di Marina di Ascea (con conseguente Maglia Rosa), dovrebbe dunque correre ancora con i russi sia nel 2014 che nel 2015.
 
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#6
Se lo merita :)
 
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#7
Italia, Paolini annuncia il ritiro dalla Nazionale

A tre giorni dal via della prova in linea dei Campionati del Mondo di ciclismo di Toscana 2013 Luca Paolini ha annunciato il ritiro dalla Nazionale. E' stato lo stesso Paolini, visibilmente commosso, ad annunciare che quello di Firenze sarà l'ultimo Mondiale a cui parteciperà, lasciando spazio ad altri ciclisti più giovani per il futuro. Per il ciclista della Katusha quello di domenica sarà il decimo Mondiale corso, avendo preso il via alla prova iridata in tutte le edizioni dal 2003 esclusa quella del 2007

spaziociclismo.it
 
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#8
Ha senso sta cosa? Si corre una volta l'anno, se sei in forma ti convoca, altrimenti no. Magari ha intenzione di ritirarsi a fine stagione o dopo la prossima primavera
 
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#9
Non ha senso, però penso proprio che si ritiri, al più tardi, alla fine del 2014
 
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#10
Beh, se ha rinnovato fino al 2015 nemmen 5 mesi fa, non vedo perchè debba ritirarsi a fine 2014 o addirittura a stagione in corso... Sese Asd Asd
 
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#11
ma infatti è una scelta che ci sta

mai condiviso i ritiri dalla nazionale però un po' per dire "non scassatemi più il cacchio con sta storia del regista, fate correre i più giovani"
 
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#12
(27-09-2013, 03:12 AM)SarriTheBest Ha scritto: Beh, se ha rinnovato fino al 2015 nemmen 5 mesi fa, non vedo perchè debba ritirarsi a fine 2014 o addirittura a stagione in corso... Sese Asd Asd

Ah non lo sapevo, allora magari vuole fare due stagioni soft prima di ritirarsi, ovvero forte fino ad aprile e poi tirare a campare fino a fine stagione
 
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#13
Un casco speciale per l'ultima di Paolini
Un'opera d'arte anche per Purito Rodriguez

[Immagine: showimg.php?cod=62347&resize=10&tp=n]

Luca Paolini ci ha abituato ad indossare caschi originali in occasione di appuntamenti importanti e non tradirà le attese per il suo ultimo mondiale.
«Come tutti gli anni, in occasione dei campionati mondiali o comunque in occasione di grandi giri, i corridori si rivolgono a me per avere qualcosa di personalizzato da indossare (casco) o da guidare(bici) - spiega Stefano Barzaghi titolare di Barza Design decorazioni aerografiche -. lo fanno per un fattore scaramantico, altri per una questione estetica. E naturalmente arrivanop tutti a chiedere due o tre giorni prima dell’evento! Ricordo che la bici di Pellizotti a pois per il Tour la personalizzai in una notte e la notte scorssa ho personalizzato il casco per Joaquin».
Da quando lavora in campo ciclistico?
«Dal 2006. Ho iniziato col casco di Luca Paolini quando era in forza alla Liquigas.
Poi con Bettini in occasione della sua prima vittoria iridata (bici e caschi) quindi con Pozzato, Nibali, Rodríguez,Visconti, Bennati, Pellizotti, Modolo, Santaromita, Boonen, Cipollini, Basso, Di Luca, con il morociclista Ben Spies, con le bici di Brumotti. Ma Paolini è da record: per lui ho preparato una infinita di selle e di caschi e... spero che vi piaccia quello che gli ho preparato per la gara di domenica».

tuttobiciweb.it
 
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#14
Inguardabile
 
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#15
È un pugno in un occhio
 
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#16
Salvate il soldato Gerva... Luca Paolini ed un nuovo, specialissimo casco per l'Inferno del nord
«Io all'inferno del nord ci vado... ma ben attrezzato e con la voglia di combattere fino alla fine!». Con un semplice tweet Luca Paolini mette sull'attenti compagni ed avversari in vista del Giro delle Fiandre di domenica. Il Gerva, com'è simpaticamente conosciuto dal gruppo, correrà infatti con un casco molto speciale. È disegnato dall'artista comasco Stefano Barzaghi, che già regalò a Paolini il casco "The last call" in occasione dell'ultimo Mondiale in azzurro del corridore della Katusha, e sebbene sia mimetico renderà ancor più visibile Paolini, sui muri delle Fiandre. Se sarà davanti domenica, non sarà naturalmente necessario tener d'occhio il casco per vedere Luca Paolini...

[Immagine: 14cascopaolini.jpg]

cicloweb.it
 
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#17
Full Metal Paolini
 
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#18
Bello, peccato che non ci sono le gambe
 
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#19
Manca un razzo Katusha :D
 
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#20
Luca paolini ‏@Ilgerva77 31 min
Oggi,ho finalmente capito perché,il ciclismo,è e rimarrà uno sport retrogrado ,gestito da persone!ragazzi #cascofullmetalgerva bocciato!

Triste Triste Triste
 
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