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Marco Pantani
Ho letto solo ora, in occasione del quindicesimo anniversario di quel tristissimo 14 febbraio.
Mi scuso con Morris perché ciò che ha scritto dovrebbe rimanere scolpito nel tempo e non relegato alla precarietà dei mezzi informatici.
Morris é riuscito a farmi piangere come un bambino a distanza di 15 anni, tempo lunghissimo se pensiamo ai 15 anni che intercorrono ad esempio dalla morte di Fausto all'inizio della fine del Merckxsismo.
Quando una persona è capace di scrivere in maniera così esaustiva ed emozionante qualsiasi altra parola sarebbe totalmente pleonastica.
Grazie due volte, per le stupende immagini che hai regalato e soprattutto per mantenere il ricordo di Marco Pantani così vivo e indelebile nella memoria di chi approccia da poco tempo la storia del ciclismo e di chi come me, ricorda ogni singola pedalata di quel grande artista che era Marco.
 
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E direi che dopo Campiglio, ora, viene fuori anche la verità sulla morte.

Tanti, troppi imbecilli dovrebbero vergognarsi per quanto hanno scritto sul web in questi anni.
 
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[+] A 1 utente piace il post di Luciano Pagliarini
Quindi sarebbe omicidio? Non ho seguito bene questi fatti
 
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Guardo il servizio delle Iene, si trova in giro.
 
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Sì sto iniziando a vedere, ma lo spacciatore Miradossa, non mi sembra al top dell'attendibilità
 
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Guardalo tutto, va.
 
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Finalmente qualcosa di ben fatto da parte delle Iene dopo anni.

Pazzesco se non riaprono il caso dopo 'sto servizio comunque.
 
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Sicuramente tante cose non tornano.
Allucinante come la stanza fosse diventata un porto di mare, quando c'era un uomo morto in evidenti circostanze violente.
Terribile anche la receptionist che se ne fotte delle richieste di aiuto. Pessimo anche il proprietario delle Rose, che di certo non fu di aiuto.
Inquietante la bottiglia e il fatto che la coca disciolta in acqua sia insapore e che si possano appunto sciogliere enormi quantità in poca acqua.
E poi la pallina di coca inesistente, la scena della morte che alle 21 era in un modo e che alle 23 era in un altro.

Sicuramente un caso di mala-giustizia.
Però per sciogliere l'enigma e far tornare al 100% il susseguirsi dei fatti, mi sembra ancora tutto troppo nebuloso.

Comunque vi mando il link delle iene. E' in più parti, ed è su un sito con pubblicità.

https://www.iene.mediaset.it/video/speci...5815.shtml
 
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In una giornata triste, ripasso i fotogrammi dell’ultimo nostro incontro e risento le sue parole, come un richiamo all’inevitabilità di quei troppi corsi, che gli idioti han fatto legge. 
In una giornata migliore, rivedo il monito dei suoi occhi, sempre pronto a mostrare in privato, quanto si poteva carpire in pubblico: ogni gioia attende un muro, ed un insieme che ti può togliere i bagliori. Per questo, quando poteva lanciare se stesso sui viali della sua immanenza, era un propulsore di emozioni uniche, una cura inconsapevole, come solo gli artisti naturalmente veri sanno essere. Un segmento che s’allungava verso le cime, fasciato di aloni caleidoscopici: i colori della vita. Ed era uomo che non conosceva cosa significhi costruirsi attorno uno scudo di ipocrisia, per apparire quel “perfetto” che solo gli imbecilli, magari con lauree, ovvero i peggiori e più miseri, credono sia possibile e per il quale spendono merletti, quando in realtà il confine fra profumo e mefitico, è un filo di lana.
Marco era un essere umano, splendido come solo un uomo sa essere quando pulsa sincero sui viali di quella imperfezione che è la nostra essenza e che solo il buon senso dei sempre meno, sa giudicare e ben collocare all’interno dell’involucro sociale. Non ha mai fatto male a nessuno, aspetto che i bacchettoni, da sempre anticamere della stupidità, dimenticano. E poi, quando ti capita di vedere uno sfortunato, bambino o vecchio che sia, mentre ti mostra un flebile sorriso, perché a monte, proprio Marco, lo ha aiutato senza farlo sapere, il dolore per quel tragico volo si fa ancor più forte. Il Pirata diceva sempre: “La beneficenza si fa col cuore, è una scelta intima. Reclamizzarla, puzza di business”.  Aveva ragione anche lì.

Quel che segue, l’ho scritto il giorno del suo compleanno di qualche  anno fa, ma va bene anche oggi, al traguardo del mezzo secolo. E poi.... gli immortali compiono gli anni ogni giorno…… 


Abbecedario Marco

Una genesi di luce presente 
su un percorso di raggi ed aloni 
anche quando le ombre 
si volgon agl’angoli.

Il triste presagio
che s’impossessa del calore 
per distinguere il colore
col cuore e il ricordo d’un adagio.

L’istinto venuto dal sole
che irradia ogni volto del volgere
nel creare fulgide cornici 
su estemporanei affreschi.

Il volo verso un punto lontano
su una cima divenuta meta
per guardare la terra e il mare 
nell’insieme d’un sentito messaggio.

Due occhi profondi 
che avvolgono la nuda pietra 
per trasformarla in cristallo
rendendo tetragoni quei fari.

L’evidente ribrezzo verso l’ipocrisia
l’onestà che vuole il senso dei tutti
sul tornaconto e il masochismo dei singoli
come unico segno di vero avvenire.

Le frasi non immediate 
per generare riflessione 
come un monito d’un tempo
troppo diviso sul fumo d’inconsapevole.

Un uomo di nome Marco  
sì, una luce che solo il sapere 
sa distinguerne gradazioni 
nel suo viale infinito.

Un eterno compleanno 
che dalla semplicità d’una data 
s’elegge nell’intimo come abbecedario 
di grandiosità e consapevolezze. 

Morris
 
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Marco Pantani, mito perenne


Si dice che il tempo cancelli, ed in parte è vero, perlomeno scioglie il fatuo ed il superfluo, ma di fronte a fatti e persone che hanno incontrato e vissuto il profondo, accarezzando i pori delle luminosità più coinvolgenti le nostre facoltà, l'effetto delle lancette e dei giorni che scorrono, ottiene ben altri indirizzi.
Marco Pantani, è morto tragicamente per le percezioni che ci sono possibili sul tratto d'esistenza, ma il suo percorso terreno è stato troppo trascinante per non aprire le porte di una vita nuova, sconosciuta al razionale e alle debolezze umane, proprio perché superiore ed incancellabile. E' la vita delle coscienze in chi ha osservato fino a scolpirsi, è la presenza di costanti confronti ambientali, è l'ebbrezza che viene dagli strumenti di ricordo, è lo stimolo al racconto verso chi, troppo piccino o ancora nel futuribile dei genitori, non ha potuto vedere quell'alba scatenante. Marco, viaggia con noi che avvolgiamo il suo alone in un amore sempre crescente, stuzzica l'anima e quel rivolo di cuore di chi lo ha sfregiato e colpito, apre la riflessione agli scettici o a quelli che si sono resi schiavi alla dirittura senza oasi e curve, imprime sul suo immortale tempio, il peso di stringenti rimembranze. 
Marco Pantani vive! 
Le ricorrenze, gli anniversari del percepibile convenzionale, sono solo momenti di riflessione massificata, ma la sostanza di quella presenza, rifiuta naturalmente ogni data. 
Il nostro cammino però, ci costringe alle traduzioni del razionale e del conosciuto, che slegano l'intenso immanente dell'io, dal quotidiano vissuto in strette di mano, in urli e parole, ed ecco giungere ad ognuno il punto di vista, l'elaborazione o, più propriamente, il tentativo di ricostruire, col tetro linguaggio del diritto, i tasselli d'un perché. Le traduzioni continueranno a lungo, forse per sempre. Avremo spazi per dire, per ricercare, per porre le lenti su intrecci e cammini, per mostrare i nostri occhi all'acuto dei nervi di chi vorrebbe seppellire i propri responsabili tormenti. Ma l'incontro con l'immenso campione, nella convenzionalità d'una data, non può che render a chi scrive, l'intensità di quel che Marco era e perennemente sarà: il suo distinguo di corridore antico, di uomo che viveva il mestiere trasformandolo in arte, con indissolubili tinte d'istinto. 
Marco Pantani raccoglieva le sensazioni, le accarezzava e le inviava all'intorno con un idioma puro, lontano dai robot, dai concetti matematici, dai legami tarati sull'ego del profitto anteposto e sostituto dell'io. Lui era il talento che si divertiva a narrare aldilà dei parametri, che possedeva le voci e gli acuti dell'essere nato per aggraziare l'impervio, il difficile, l'incontro con ciò che per noi è lontano.
Marco era poesia, un insieme di versi che giungevano all'osservatorio razionale con le vestigia di quella follia che è l'unica lettura possibile per chi non possiede le armi per concepirla richiamo d'universi. 
Quando col suo cammino si donava e veniva tradotto con le esaltazioni di chi sale sul carro dei vincitori, era triste: gli si toglieva l'intima voce del dare perché si è, lo si normalizzava come un dovere senza confini, disprezzandone il gesto, il messaggio. Marco stava al gioco con sorrisi amari, ben sapendo che sulla moneta degli uomini insistono rovesci terribili. Non ha mai pensato arrivassero a tanto: alla criminale quanto imbecille pretesa di rendere minimo il suo maestoso talento, in lui sempre vissuto come un luminoso insieme ancestrale. Per un artista supremo quella era una condanna a morte.
Immessosi sulle vie dello scoramento, pagando gli umani errori mostruosamente più del dovuto per le diversità di un'arte che gli veniva dal cuore, isolato da colleghi inzuppati d'invidia, che mai han avuto il coraggio di parlare e difenderlo com'era dovere, ha continuato a far poesia: nei rari momenti in cui saliva convinto sul suo pennello e nelle pur confuse frasi scritte, quando s'avviava a spegnere il corpo. Rileggerlo è d'obbligo, ed è un testamento per chi, come noi, non si fermerà a guardare col viso intriso di lacrime gli incontri col 14 febbraio o l'infausto e pesante 5 giugno. 
Marco ci ha indicato la strada per capire tanti rovesci, atteggiamenti ed ipocrisie; ci ha acceso la luce sulle virgole confondenti di miseri figuri, cui nemmeno i lustrini potranno mai dare dignitoso mestiere. Lo ha fatto negli anni, non solo negli ultimi mesi. Va letto, per sentirci più pieni e più forti delle verità più vere, quelle che non hanno cittadinanza sui freddi e sempre meno credibili tribunali e che risuonano come una lenta asfissia per chi ha vissuto e continua a vivere un interno con la vocazione del carnefice.
Marco è da rivedere e interpretare, passo su passo, nell'assioma più completo della sua ellisse di campione inimitabile e di uomo. Per questo, continua a far paura in chi s'è sporcato, ed anche da qui, capiamo quanto sia vivo. 
Continuerà ad esserlo, confuso nei paesaggi, ed in ogni luogo in cui si sentirà l'immanente bisogno di guardare oltre i confini del naso. Con o senza biciclette osservabili.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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[+] A 3 utenti piace il post di Morris
Stasera dedicata a Pantani la puntata di Atlantide su La 7
 
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[Immagine: IMG-20211124-WA0005.jpg]
 
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[+] A 2 utenti piace il post di Luciano Pagliarini
Pantani nella mitologia, racconto di Morris presente nel topic Graffiti, ora lo potete leggere anche sul sito di Cycling Chronicles: https://cyclingchronicles.it/strada/marc...llo-e-pan/
 
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[+] A 4 utenti piace il post di Luciano Pagliarini
Mi ha segnalato un conoscente, che sul sito Pantani.it, non c’è più da tempo uno specchietto sui gravi incidenti subiti da Marco prima del tragico 5 giugno ’99. Un resoconto che avevo inserito nel libro fotografico sulla vita del leggendario “Pirata” risalente al 2008.

Li inserisco qui…… perché sono strasicuro che diversi di quegli incidenti non sono conosciuti, ed hanno un grande valore, al fine di smontare una parte della tanta monnezza piovuta su di lui……

I suoi gravi incidenti

1986
Viene investito da un’auto proveniente in senso opposto, mentre percorre la discesa di Borghi. Salva la vita, ma subisce lo spappolamento della milza.

1987
Cade mentre prova assieme ai compagni uno sprint, andando a sbattere contro un camion in sosta. Si procura diverse ferite al volto, compresa quella che poi, gli lascerà una visibile cicatrice al lato destro del labbro superiore.

1988
Nel corso di una gara a Tagliata di Cervia, viene coinvolto in una caduta di gruppo, nella quale si frattura la clavicola sinistra.

1988
Fresco di patente di guida, mentre si appresta a sostenere l’esame per la licenza di caccia, in località Bagnarola di Cesenatico, si trova un signore anziano che invade improvvisamente la carreggiata. Per evitare l’investimento, esce di strada andando a sbattere contro un muro. Nell’incidente si frattura il metatarso destro.

1990
Nel corso della prima tappa del Giro d’Italia Baby, una cronometro corsa sotto la pioggia, a causa di una chiazza d’olio non visibile per le condizioni atmosferiche, scivola pesantemente in una curva, procurandosi oltre a varie ferite, la lussazione della spalla sinistra. Riparte stoicamente e quando si sta giocando la maglia di leader, nel corso dell’ottava tappa a causa di un sasso staccatosi da una roccia cade rovinosamente in discesa. Pieno di abrasioni, riesce a concludere il Giro al 3° posto a 1’11” dal vincitore.  

1993
Nel corso del Giro d’Italia durante la frazione di Agrigento, cade assieme a Lemond, procurandosi uno spostamento del bacino che fu poi la causa della tendinite che lo costrinse al ritiro.

1995
Viene investito, a Santarcangelo di Romagna, da un’auto che non rispetta lo stop. Per i postumi dell’incidente, è costretto a saltare il Giro d'Italia.

1995
Durante la Milano-Torino, viene ancora una volta investito da una vettura, che proviene in senso contrario: frattura scomposta ed esposta di tibia e perone della gamba sinistra. In tanti, secondo quanto razionalità vuole, viste le fratture, danno il suo percorso agonistico per finito…

1997
Nel corso dell'ottava tappa da Mondragone a Cava dei Tirreni, un gatto gli attraversa la strada e lo fa cadere. È costretto al ritiro per la lacerazione del bicipite femorale sinistro, con versamento all'interno del muscolo.
 
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[+] A 9 utenti piace il post di Morris
Irripetibile, indimenticabile.
 
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[+] A 3 utenti piace il post di Manuel The Volder
Impossibile dimenticare Marco.
 
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[+] A 2 utenti piace il post di Primo della Cignala
Caro Marco, mercoledì sera avrei dovuto incontrare in Cesenatico chi, da oltralpe, ha eretto la stele a te dedicata sul leggendario Galibier, dove il 27 luglio 1998, hai recitato unicità. Poi sarà per la decennale arrabbiatura che il pessimo mondo dell’edilizia mi propina, coi suoi balzelli vergognosi e mafiosetti, sono giunto ad imprecare troppo di scatto e mi son beccato “il colpo della strega” e il risveglio di una bella ernie discale. Niente Cesenatico, tanto dolore e antinfiammatori. Il giorno dopo, Sergio Piumetto, come sai una sorta di tuo custode in Savoia, Isère e Rhone Alpes, mi ha raggiunto a casa, ed abbiamo come sempre parlato di te e della sua incredibile volontà di aggiungere, vista la considerazione che nutre fra le autorità di quelle regioni, nuovi progetti “Pantani Forever”, in direzione di quei territori dove il ciclismo è teismo.
Ci siamo poi trovati a rimarcare i buchi lasciati per strada dalla stampa italiana, anche in occasione del tuo ventennale. Soprattutto ci ha lasciati amari l’ennesima superficialità nel non comprendere quanto tu sia stato davvero un fenomeno mondiale, un patrimonio di tutti, non un campione, ma il campione che spingeva il tifo, i telecomandi, indipendentemente dalle latitudini: eri l’uomo che creava le lacrime dell’emozione e della gioia, ben prima delle altrettante per le tue tristissime vicende e questo, all’estero, specie in Francia, perlomeno quanto in Italia.
Caro Marco, come sai, per me il ciclismo dopo il 5 giugno 1999, è qualcosa di poco edificante che s’è progressivamente eletto al negativo, al mafioso, al sincronico con la lingua dell’ipocrisia, dell’imbroglio e del ti fotto il cervello con l’arma della libertà della libera volpe nel libero pollaio.  Mi verrebbe di aggiungere, quel che è ormai siamese in me e che si volge ad un misto fra scurrile puro, virtuale e quel linguaggio che qualcuno volgerebbe con imbecillità prorompente alla politica, quando in realtà, è solo pura lettura di fatti e storia.
Ed allora mi rifugio in quella zona della Francia che t’ha eretto ben due monumenti (tu e Coppi gli unici italiani per imprese e significati) e continuerò a collaborare con Sergio anche nel futuro, perché per me, il vivere “Pantani Forever”, è il modo migliore di dare un senso a quell’amore verso il ciclismo vero, che ha conquistato profonde immanenze della mia vita. Che poi sono tratti evidenti di quel che dissi nel discorso all’inaugurazione del Monumento a te dedicato il 23 agosto 2008 a Les deux Alpes e di cui porto qui sotto gli estremi.
[Immagine: ABLVV85t_yNR5lV5eSbg8x2lnrjbf2lwAwCjJwhZ...authuser=0]

[Immagine: xMonumento_a_Marco_Pantani_Les_Deux_Alpe...Y_qy7.webp]

Senza mai dimenticare che la Stele sul Galibier è qualcosa di unico ……..





……e che magari si arricchirà in futuro di altri momenti interpretativi di Marco Pantani e della sua ermeneutica.

Intanto, in altro topic di queste pagine, porterò un altro lavoro che ho svolto lungo i viali di “Pantani Forever”: “Il Galibier e i suoi angeli”.

P.S. Vent’anni dopo, indipendentemente da tribunali, stampa ed intellettuali che definire snob è generoso, anche le galline han capito cosa fecero a Marco sia a Campiglio che a Rimini. Così come le stesse galline, sanno bene quanto la pretesa di certa stampa e dei soliti pseudo-intellettuali di unire in un’unica voce le vicende di Marco, con texani e teutonici, sia come l’acqua con l’olio. A meno che non si vogliano invertire letture e consistenze di una Scala, come quella di David Wechsler.
 
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[+] A 4 utenti piace il post di Morris
  


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