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Mondiale 2012: Italia, è maschi contro femmine
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Mondiale 2012: Italia, è maschi contro femmine
A Valkenburg due bronzi grazie alle ragazze

L'Italia è un Paese che di femminile ha il nome e poco altro; non è una novità che i posti che contano siano occupati per una grandissima, esagerata parte, da chi porta i pantaloni. Ultimamente però, soprattutto in occasione dei Mondiali, la tendenza si è invertita, con le donne ad occupare le posizioni che contano ed i maschietti, piccoli e grandi, a leccarsi le ferite, a lamentare questa o quella sfortuna, a maledire questo o quel percorso, a giustificare l'ingiustificabile (o quasi).

Valkenburg non fa differenza ed anche dall'Olanda l'Italia torna più ridimensionata che mai: grandi speranze in quasi tutte le categorie per le prove in linea, delusioni parziali o totali ad esclusione delle donne. I due bronzi con cui la spedizione azzurra torna dal Limburgo sono infatti opera dell'altoatesina Anna Stricker tra le Juniores e dell'ornavassese Elisa Longo Borghini, seconda solo a Marianne Vos e ad una Neylan davvero sorprendente. Se facessimo una rapida inchiesta per sapere chi durante l'anno ha sentito, anche soltanto di sfuggita, i loro nomi e quello delle loro colleghe, il risultato sarebbe miserrimo, ma questa non è certo una novità.

Dove e cosa si è sbagliato, dunque, nel complesso? In primo luogo, si è sovrastimata la difficoltà del percorso. Il Cauberg come il Muro di Sormano, e giù a portare fior di scalatori, quasi andando a rinverdire i fasti di Duitama '95. Percorso quello olandese che, sia chiaro, duro lo sarebbe stato se affrontato nelle ultime tre o quattro tornate ad andatura ben sostenuta.

Ciò è successo davvero soltanto in una gara, quella delle donne Élite, con Marianne Vos a fare il diavolo a quattro per gli ultimi tre giri e la Longo Borghini, non certo una velocista ma un'atleta completa, a tenere il suo ritmo. Non per nulla la gara femminile è stata l'unica in cui la vincitrice ha dato 10" alla seconda classificata (Gilbert ha preceduto Boasson Hagen di 4", lo Junior Matej Mohoric ha vinto di un paio di biciclette, gli altri e le altre hanno chiuso in volata). In fondo però anche altre nazioni hanno stimato il percorso più duro, quindi questo è un mezzo problema.

Contravvenendo al 'prima le signore' analizzeremo subito le prove dei ragazzi partendo da un dato: il migliore nelle prove in linea è stato lo Junior Federico Zurlo, 4° per qualche incomprensione di troppo nella volata o in chi avrebbe dovuto aiutarlo. È questo un topos delle prove maschili, specialmente giovanili, dove non vince (o si piazza bene) la squadra, bensì il singolo. Così se Mohoric ed Ewan erano irraggiungibili tra gli Juniores, non meglio hanno fatto gli Under 23.

Fabio Felline, da tre anni nel mondo dei professionisti e prestato per l'occasione a Marino Amadori (è pur sempre un '90), ha chiuso con un 39° posto. Deludente se pensiamo che lo si vedeva già con la medaglia d'oro al collo, più che onesto se consideriamo le dichiarazioni del dopo corsa, dal ct Amadori a Felline stesso. Tutti quasi contenti, posti di fronte ad una situazione che pare ineluttabile, quella con la gara non così dura come ci si sarebbe aspettato (ma allora le ricognizioni a cosa sono servite?). Tutti a provarci in prima persona e solo in seconda battuta, vedendo che non si giungeva da nessuna parte, a mettersi a disposizione dei compagni. Se questo è un gruppo che vorrebbe essere vincente...

Venendo alla gara principale (ma non per il risultato), quella degli Élite, le aspettative non erano delle migliori. Davanti a mostri sacri come Gilbert, Boonen, Valverde, Freire o Boasson Hagen (e dopo aver capito che anche i velocisti più scaltri sarebbero stati della partita) i nostri, con il 22enne Moser e Nibali come riferimenti principali (Gatto e Paolini per un arrivo allo sprint), non ce li aspettavamo troppo seriamente sul podio. Certo, se si fosse creduto di più nella fuga dei 29, facendo muovere Nibali fin da lontano per far lavorare altre Nazionali magari staremmo parlando di tutt'altro.

Si è scelto (tra corridori, sia chiaro, perché Bettini negli ultimi due giri s'è smarcato con un «fate voi, ragazzi») di utilizzare il comprensibilmente stanco Moser insieme a Paolini per lanciare Nibali sull'ultimo Cauberg, quando le caratteristiche del messinese sono note a tutti e non ha certo la sparata del finisseur. Gilbert ringrazia sentitamente e Gatto, sfortunato a cadere a tre tornate dal temine, ottiene un 13° posto buono per com'è venuto (infortunato, è arrivato a sprintare, ormai poco importa se fuori dai dieci).

Non c'è tanto da scandalizzarsi per un 13° posto arrivato così: con la Nazionale che il presidente federale Renato Di Rocco ha ridisegnato e consegnato a Paolo Bettini, priva di buonissimi corridori, il ct non ha potuto far altro che fingere di optare per la linea verde. Nulla in contrario, a patto che ai giovani siano affiancati ragazzi d'esperienza, con diversi Mondiali disputati e possibilmente le caratteristiche idonee per uscire facendo bella figura. Niente di tutto ciò, anzi, nelle scelte che non ha demandato Bettini ha forse anche commesso qualche errore: ad esempio Giacomo Nizzolo, giovane sì, ma uomo veloce e che sa tenere su strappi come il Cauberg forse poteva risultare utile. Invece il milanese è finito in panchina (ma vuoi mettere l'ebbrrrezza di fare la riserva attiva, ruolo del tutto nuovo, diciamo inventato, sicuramente sconosciuto ai più). Inevitabile che arrivino risultati mediocri o, per non essere troppo cattivi, giusti.

Più strano che i due ct, Bettini ed Amadori, ostentino un cauto ottimismo dopo un 13° ed un 39° posto. L'erede di Ballerini è dispiaciuto, sì, per la mancata medaglia, ma precisa: «Tatticamente la squadra si è mossa bene entrando nelle fughe giuste». Marino Amadori pare invece aver visto la corsa di Valkenburg ma del '98, (quella in cui Ivan Basso prevalse su Nocentini e Di Luca): «È mancato il risultato ma la squadra ha corso bene e i ragazzi hanno dimostrato di esserci». Ora, se il risultato è mancato non si comprende dove l'Italia abbia «dimostrato di esserci».

Imparassero da Anna Stricker, appena 18 anni e già bronzo tra le Juniores: «Al traguardo ero un po' delusa perché l'obiettivo di oggi era vincere. Deve essere così, altrimenti è meglio che smetta di correre». Battuta da Lucy Garner, la migliore delle velociste (e non solo velocista) tra le Juniores, la Stricker si è crucciata per un bronzo, salvo poi comprenderne il reale valore. Segno che Anna di carattere ne ha da vendere e di talento ancor di più, nei prossimi anni ne risentiremo parlare tanto e bene. Intanto ha regalato all'Italia la prima medaglia del Mondiale, a testimonianza del fatto che «le ragazze, all'inizio in basso, sono arrivate in alto mentre chi era in alto fatica a rimanerci», citando Giorgia Bronzini dopo la vittoria di Copenhagen 2011. Niente di più vero.

Così se i maschietti si fano i dispettucci, corrono per sé per poi consolarsi per una gara che non è andata poi così male, le Juniores s'arrabbiano per un bronzo e le Élite corrono unite per una ragazza, Elisa Longo Borghini, 21 anni da compiere. Tutte sanno che lei è la sola a poter tenere le ruote della Vos e si mettono a sua disposizione, affidandosi completamente a lei. Quando l'olandese scatta non le va dietro la Pooley né la Stevens ma la Longo Borghini. Elisa si trova davanti con la compagna Rossella Ratto, una 18enne con il talento di una navigata ciclista. Anche la Ratto potrebbe pensare a sé ma i piani sono chiari e così dà una mano per far andare in porto la fuga, per assicurare alla Longo Borghini una medaglia, qualsiasi essa sia. L'occasione per Rossella giungerà indubbiamente nei prossimi anni. Alla fine anche Elisa conquista un bronzo e da lì riparte per migliorare già dall'anno prossimo.

Discorso a parte meritano le gare contro il tempo, con il miglior risultato che giunge da Adriano Malori, iridato contro il tempo tra gli Under 23 a Varese 2008. Tra gli Juniores Giacomo Peroni ha chiuso 28° e Mattia Frapporti 29° mentre le pari età Stella Riverditi e Simona Bortolotti hanno ottenuto una 13a ed una 26a piazza. Longo Borghini impegnata anche nella crono e con discreti risultati, 15a, mentre Rossella Ratto è incappata in una giornata no ed ha chiuso 28a. Tra gli Under 23 Davide Martinelli ha chiuso al 38° posto mentre Mattia Cattaneo al 49°.

L'unico che poteva farci entrare in una top five (se non un podio), Marco Pinotti, è caduto malamente quando l'intertempo era tutto dalla sua e si è visto scappare l'occasione della vita. Purtroppo le crono sono per gli azzurri spesso un tasto dolente. Tra chi era a Valkenburg per testarsi contro i migliori e chi è incappato in una giornata sfortunata, da lì proprio medaglie non ne sono uscite. La realtà è che le cronometro in Italia non interessano: a livello giovanile se ne corrono poche, spesso vissute come un obbligo o un fastidio, perché quindi stupirsi se i nostri si trovano indietro al cospettto di veri e propri specialisti? Servirebbe un'inversione di tendenza ma certo non è possibile tramutare risultati mediocri, che non possono essere certo imputati agli atleti, in podi nell'arco di pochi anni di lavoro. Serviranno tempo e pazienza, armiamocene.

In definitiva, l'Italia torna da Valkenburg sempre più ridimensionata. La squadra con la mentalità vincente di qualche anno fa è un ricordo, adesso si bada a dosare le energie, a non fare uno scattino di troppo, ché potrebbe favorire un compagno di squadra (ma non di club). Pare dunque non esserci coesione prima ancora che materiale umano (ragazzi e ragazzi su cui lavorare ne avremmo eccome). Si torna con due bronzi ottenuti da due splendide atlete, per il resto si pensa che comunque tutto sia andato bene, o che il percorso ci abbia sfavorito, la gara sia venuta meno dura di quanto ci si aspettasse e via discorrendo.

Ancora quest'anno, come a Copenhagen (e come da qualche anno a questa parte), ci salvano le ragazze. Allora tornammo con il solo oro di Giorgia Bronzini che pesava come un macigno, oggi con due bronzi grazie ad Anna Stricker ed Elisa Longo Borghini. Vediamo di ricordarci di loro (e delle loro colleghe, italiane e non) ben prima che inizi la settimana iridata di Firenze 2013, per favore.

Francesco Sulas cicloweb.it
 
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