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Monique Van Der Vorst
#1
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#2
MONIQUE VAN DER VORST IN SELLA CON LE TOP GIRLS
La storia dell’olandese ha del miracoloso, il sogno dell’atleta continua

Parabiago (Milano). Che bel sorriso che ha Monique Van Der Vorst. Questa ragazza olandese è stata accolta nella mattinata di martedi 22 marzo da tutte le ragazze della Top Girls Fassa Bortolo. Monique e le atlete del team trevigiano, accompagnate dal ds Walter Zini, son state ospitate a Parabiago, da Rancilio, la nota azienda milanese, che è una tra le migliori produttrici di macchine da caffè del nostro Paese.

[Immagine: Monique_1.jpg]
© Photo Serena Danesi

“Ora inizia la mia seconda vita, anche se so che sarà ancora più difficile di prima”. Sono queste le prime parole della ragazza che vive a pochi chilometri da Amsterdam. La sua storia è davvero toccante. Per tredici anni ha vissuto su una sedia a rotelle, dopo essere stata vittima di un intervento chirurgico non andato a buon fine. E poi, quel maledetto incidente. Un ciclista, mentre lei si allenava l’ha travolta, nella sfortuna la fortuna. Infatti fu nel 2010, dopo quel incidente stradale, si è avverato il miracolo, ha iniziato a sentire quella sensazione ormai sconosciuta. “Ogni giorno, dopo quello fatidico dell’incidente, sentivo sempre più dei piccoli formicolii agli arti inferiori, e poi dopo una lunga riabilitazione, la cosa più bella che poteva succedere è successa, ho iniziato nuovamente a camminare”. Si legge nei suoi occhi, la grinta e la voglia di vivere.

Scambiando qualche parola con noi, ci ha raccontato della sua vita da disabile, e con una forza, che davvero pochi hanno. “Ho iniziato a usare la handbike prendendo parte alla mia prima gare nel 2000, e l’ho pure vinta. L’anno successivo la voglia di competizioni era sempre maggiore, quindi ho iniziato ad allenarmi seriamente e son arrivati i primi successi.” Ma non solo, Monique è una vera campionessa, nello sport come nella vita, un esempio. Nel 2008 ha preso parte ai Giochi paraolimpici di Pechino, e con la sua forza ed il suo carattere, ha vinto due importanti medaglie d’argento. Ora non è più una para-atleta.

La forza d’animo, oltre che nelle gambe, ora, non le manca di certo: “Ho sempre cercato di rimanere positiva, non ho mai perso la fiducia di potercela fare, tutti possono vincere la propria battaglia, non dobbiamo mollare mai.” L’Italia per lei rappresenta un posto speciale, e soprattutto la capitale. A Roma nel 2007 ha vinto la maratona in handbike, e poi ci è ritornata: “Voglio ringraziare Roma per la sua ospitalità, è li che ho fatto la mia prima maratona da normodotata, lunga quattro chilometri. Ora il mio nuovo sogno è quello di partecipare ad una maratona agonistica.”

Presenti anche i fratelli Rancilio, i quali si sono dichiarati entusiasti di aver incontrato Monique. “ Questa ragazza ha davvero un cuore grande e un’immensa voglia di vivere, speriamo di vederla presto con questo sorriso sul campo delle competizioni”. Roberto, dopo esser stato eletto lo scorso anno il Presidente della Federazione Ciclista paraolimpica, dopo averla conosciuta qualche anno fa, ha mantenuto i contatti ed è stato il primo a volerla accogliere nella sua “casa”.

“Cammino, pedalo e nuoto, ora posso camminare da sola, e non ho più bisogno di avere la carrozzella con me; il mio prossimo obiettivo sarà correre tanto e bene, e sono pronta. Per ora nuotare mi riesce difficile, ma ce le metto sempre tutta, e poi amo l’Italia anche per i percorsi che ha per uscire in bicicletta, mi piacciono i saliscendi. Ora devo correre in modo graduale, ma miglioro sempre più”. Ha stupito tutti, non solo noi, ma anche le ragazze blu arancio della Top Girls, che hanno pedalato in sua compagnia per tutta la seduta d’allenamento. Monique non solo è atleta, ma anche studentessa, si sta specializzando in Scienze del movimento, al’università di Amsterdam.

Ha sempre sognato e ci ha sempre creduto, ora quel sogno può veramente diventare realtà. L’olimpiade è il suo sogno dei sogni, chissà che in futuro ..

Serena Danesi - www.photodecola.it
 
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#3
L'intervista: Storia di Monique che un dì si rialzò
Van der Vorst: «Le mie gambe diventano sempre più forti»

"For sale", in vendita. Sul sito Web di Monique Van der Vorst (http://www.moniquevandervorst.com) c'è una sezione in cui si vendono quattro sedie a rotelle. Sono sedie da competizione, beninteso, si chiamano handbikes. Bici in cui si pedala usando la forza delle braccia, perché le gambe, quella forza, non ce l'hanno più. Questa l'amara verità. Monique ha gareggiato e si è allenata fino a meno di un anno fa sulle handbikes ora in vendita online. Adesso per lei non ha più senso pedalare con le braccia. Le gambe, infatti, hanno ripreso a rispondere agli stimoli, dopo una pausa di tredici anni.
«I can walk again!!!», riesco a camminare di nuovo. Con questo tweet, datato 20 Novembre 2010, il giorno del suo ventiseiesimo compleanno, Monique Van der Vorst ha comunicato al Mondo ciò che le è successo. «In realtà - ammette la bionda olandese - ho iniziato a muovere i primi passi prima di Novembre». Quattro parole e tre punti esclamativi, il resto non ha bisogno di essere interpretato.
Nata a Gouda, mezz'ora di auto da Rotterdam, il 20 Novembre 1984, costretta su una sedia a rotelle da quando aveva 13 anni, vincitrice di due argenti alle Paralimpiadi di Beijing 2008 e di molti altri titoli nelle gare di handbike, dalla fine del 2010 è di nuovo in grado di camminare. Quanto accaduto a Monique ha fatto gridare al miracolo. Quella frase, «I can walk again!!!», rappresenta una speranza per ogni persona colpita da handicap, non una semplice notizia. Emessa a Novembre inoltrato ha fatto sì che la vicenda dell'atleta olandese fosse trasformata in una sorta di bella storia natalizia. La ragazza che non poteva più camminare d'improvviso si alza in piedi, miracolata, lasciando la carrozzina nella neve dicembrina. E vissero tutti felici e contenti.
A distanza di alcuni mesi ed a 23 giorni dal debutto, stavolta con le sue gambe, nella Maratona di Roma (è avvenuto il 20 Marzo 2011), abbiamo sentito la diretta interessata. Perché la vicenda di Monique non deve rimanere né un miracolo né una storia natalizia. È un frammento di vita che presenta i suoi aspetti fuori dall'ordinario, con molti momenti felici ed altrettanti angoli bui, periodi difficili, immensi scogli da superare.

Riprendiamo da quell'incidente, un bivio nella tua vita.
«In realtà nel corso degli anni sono stata vittima di parecchi incidenti. Soltanto nel 2010 ne ho avuti due... Immagino ti riferisca a quest'ultimi».

È autoironica, Monique. Con il tempo ha imparato a sorridere anche dei suoi numerosi incidenti. E pensare che quel 20 Aprile 2008, a Tampa, Florida, viene investita da un'auto mentre si allena. Perde i sensi, si pensa al peggio. È ricoverata: commozione cerebrale, colpo di frusta, risentimento alla schiena e frattura incompleta alla vertebra T4. Molto dolore e giorni che trascorrono lenti in un letto d'ospedale. Le Paralimpiadi di Beijing 2008 sono alle porte ma paiono un miraggio. Invece a fine Agosto Monique è pronta: ringrazia di essere viva, si fa mettere un collare protettivo e parte per la Cina. Ritornerà in Olanda con due medaglie d'argento attorno a quel collo maltrattato.

Il riferimento era agli ultimi incidenti. Cosa t'è accaduto in questi dodici mesi?
«Dapprima, era Febbraio 2010, ho avuto un incidente d'auto. In séguito, il 30 Marzo, mi trovavo a Maiorca per allenarmi in vista delle Paralimpiadi di Londra 2012. Una compagna mi ha investita da dietro con la sua bici. Da quel momento ho iniziato ad avvertire degli strani spasmi alle gambe, come delle piccole scosse elettriche. All'ospedale di Maiorca mi hanno visitata e, non riscontrando alcun danno alla colonna vertebrale, mi hanno rimandata a casa. Le gambe erano sempre paralizzate ma sentivo qualcosa. Sono restata altre due settimane a Maiorca ma le mie sensazioni non erano affatto buone, così ho deciso di tornare in Olanda. Il formicolio continua ed io ritorno in ospedale. Altri controlli: per la prima volta dopo tredici anni sento qualcosa alla gamba sinistra. 'Se sento questo formicolio ho qualche possibilità di poter muovere nuovamente le gambe', ho pensato».

Quando i primi passi?
«Non è stato a novembre, come si crede. Allora ho comunicato la notizia ai media. In realtà già da luglio riuscivo ad alzarmi in piedi e avanzare a due, tre piccoli passi. Non era proprio camminare ma a quello sarei arrivata pochi mesi dopo».

Adesso come stai?
«Mi alleno ogni giorno, tanto nuoto e palestra. Strecthing, fitness e dei test per verificare le condizioni delle mie gambe. Non corro ancora ma mi alleno molto in bicicletta. Sta andando tutto piuttosto bene».

Già, le tue gambe.
«Ah, loro stanno diventando sempre più forti! I muscoli si rinforzano davvero rapidamente. Dall'inizio, quando ho ripreso l'uso delle gambe, è stato difficile effettuare gli allenamenti, specialmente con la bici. Questo per via del fatto che dovevo riacquisire coordinazione. Adesso però riesco a completare uscite di 60 km, se non di più, con grandissima facilità».

La tua storia inizia nel 1998.
«Avevo solo 13 anni e praticavo hockey su prato. Ho iniziato ad avere problemi ad un'anca. Decisi di farmi operare ed andò tutto piuttosto bene. Dopo un po' si iniziò a formare una sorta di infezione nella mia gamba sinistra. Tornai in ospedale e conclusero che si trattava di distrofia, una malattia dei muscoli. Dopo meno di un paio di mesi anche la gamba destra si gonfiò e smise di rispondere ad ogni stimolo».

Uno shock enorme per un'adolescente.
«Assolutamente sì, così mi sono rifugiata nello sport. Sono sempre stata una grande amante dello sport. A 13 anni avevo davanti a me una vita in cui non potevo più camminare, mentre tutti i miei amici correvano, conducevano insomma vite normali. È stato un trauma che ho superato cercando di dare il meglio di me stessa, a scuola e nello sport. Ho provato a godermi la vita ed a realizzare ciò che era alla mia portata».

L'handcycling come una terapia.
«Sì, all'inizio mi è stato consigliato come terapia, con lo scopo di tenermi in forma e muovermi. Inoltre qui in Olanda tutti si spostano in bicicletta, non avrei potuto farne a meno, neanche in quel periodo così buio. In séguito mi sono innamorata di questo sport, perché avevo trovato una nuova sfida da affrontare. A grandi linee è così che sono entrata nel mondo dell'handcycling».

Nel 2000 prendi parte alle tue prime gare.
«E vinco. In realtà avevo già partecipato a qualche piccola competizione nel 1999, ottenendo le prime vittorie. In vista del 2000 mi ero allenata moltissimo ed alla prima gara della stagione conclusi per prima, forse sorprendendo i più. Queste vittorie furono per me uno stimolo per allenarmi ancora, sempre più duramente, cercando di migliorarmi in ogni minimo particolare».

Un'adolescente subisce un cambio di vita radicale superando ostacoli per molti insormontabili. Come ci sei riuscita?
«Semplicemente non ho mai voluto arrendermi ed ho continuato a guardare avanti. Questo non càpita a tutti, lo so. Inoltre lo sport è diventato la mia valvola di sfogo. Lì ho convogliato tutta la mia frustrazione e la mia rabbia. Ogni giorno, dopo la scuola, mi allenavo per almeno due ore. Penso che chiunque possa arrivare dove sono giunta, la vera forza sta nel crederci».

Hai vinto molto nella tua carriera.
«Due medaglie d'argento alle Paralimpiadi di Beijing 2008, sono stata tre volte Campionessa del Mondo e sei volte Campionessa Europea. Ho vinto otto Campionati Nazionali Olandesi in linea e due a cronometro. Ho anche preso parte all'Ironman alle Hawaai, nel 2009, che ho vinto nella mia categoria. Penso di aver avuto una carriera molto importante. Ho vinto quasi tutto ciò che avrei potuto vincere».

Tra queste vittorie a quale sei più affezionata?
«Senza ombra di dubbio all'Ironman, per via dell'atmosfera e per essere stata la prima paratleta a terminarlo in quell'edizione. Si tratta di 4 km da percorrere a nuoto, 180 km su handbike e 42,195 km, ovvero una maratona, con la carrozzella».

Niente male. Come si svolge l'allenamento per un Ironman?
«Non mi ci far pensare, è massacrante! Ho seguito una tabella d'allenamento folle. In piscina tre volte a settimana, di mattina. Durante il pomeriggio, invece, percorrevo chilometri con l'handbike. Nelle altre tre mattinate della settimana andavo in palestra. Non ho mai avuto problemi a dovermi allenare molto. A ripensarci bene, però, non mi sono preparata tanto duramente quanto avrebbe richiesto l'Ironman, eppure ho deciso di prendervi parte. 'Andiamo e vediamo cosa succede', mi sono detta. Il risultato mi ha sorpresa, sono stata la prima handbiker a terminare la prova. Enormemente oltre le mie aspettative».

Un anno prima, nel 2008, due argenti alle Paralimpiadi.
«Un bel ricordo anche quello. L'atmosfera, il villaggio Olimpico, la grandezza dell'evento, mi hanno resa felice. Una gran bella esperienza, ma aver colto due argenti mi ha lasciato l'amaro in bocca, come fosse una mezza sconfitta. Anche per questo stavo preparando così minuziosamente Londra 2012, per tramutare l'argento in oro».

Com'era la tua giornata tipo?
«Mi svegliavo di buon'ora e correvo ad allenarmi. Piscina oppure palestra, almeno per un paio d'ore. Quindi andavo all'Università o studiavo per gli esami, a seconda del periodo. Nel pomeriggio mi allenavo ancora per almeno due ore. A metà giornata cercavo di mangiare qualcosa e di rilassarmi per quel poco necessario a farmi riprendere gli allenamenti con il piglio giusto».

Stai studiando Scienze del movimento umano.
«Sì, alla Vrije Universiteit. Questo tipo di studi mi è stato molto utile, ho imparato un sacco di cose, soprattutto su me stessa e su come posso migliorare i miei allenamenti. Spesso ho chiesto pareri ed opinioni ai miei professori, che si sono dimostrati molto disponibili. Ora però il mio obiettivo primario è la completa riabilitazione, perciò sto affrontando gli studi in modo un po' più rilassato».

Un altro obiettivo era la Maratona di Roma, che hai corso il 20 Marzo.
«Sì, ero a Roma per la RomaFun-La Stracittadina, ma non ho realmente corso, mi sono limitata a camminare. Amo l'Italia, ci sono già stata in passato ad allenarmi ed a gareggiare. Ho vinto due maratone di Roma con l'handbike, nel 2007 e nel 2008, e devo dire che è stato un piacere enorme prendervi nuovamente parte, questa volta con le mie gambe. Aspettavo da molto tempo quel giorno. Anche se non si trattava di una competizione ma soprattutto una sfida con me stessa».

Il futuro?
«Il mio sogno è poter correre una Maratona. E siccome mi piacciono molto anche il ciclismo ed il nuoto penso di potermi togliere delle soddisfazioni nel triathlon. Sarebbe fantastico. Forse potrei togliermene qualcuna anche nel ciclismo, ma al momento non ho idea dello stato di forma che potrò raggiungere di qui in avanti. Sicuramente quest'estate lavorerò sodo per rinforzare il mio corpo. Non so quando ricomincerò a gareggiare ma so che con l'allenamento adatto arriverò pronta a quel momento».

Hanno scritto che, non potendo più prendere parte alla Paralimpiadi di Londra 2012, avresti partecipato alle Olimpiadi.
«Sì, ma non lo farò, è impensabile. Sarebbe molto bello ma non è un obiettivo raggiungibile in così poco tempo. Prima di tutto devo imparare nuovamente a conoscere i limiti del mio corpo».

Monique, la vita di tutti i giorni?
«Sono una ragazza normalissima. Non sono fidanzata, quindi per adesso sto alla finestra. Per il resto non ho molti hobbies: mi piacciono gli sport, credo sia chiaro. Mi dedico allo studio. Ultimamente mi vengono richieste continuamente delle interviste. Infine sto scrivendo un libro che parla della mia esperienza ed anche la Televisione Olandese sta girando un documentario su di me. Perciò sono molto occupata in questo periodo con i registi e lo staff della TV».

Puoi anticiparci qualcosa a riguardo?
«Posso dire che la TV olandese mi seguirà per un anno e mezzo. La mia storia è piaciuta perché è straordinaria, complicata e perché ha un lieto fine. Per adesso mi stanno filmando mentre cammino, pattino, corro o vado in bicicletta. Oltre all'aspetto fisico della storia gli autori sono interessati al lato psicologico. Abbiamo appena intrapreso questo progetto, né io né loro abbiamo un'idea chiara su dove andremo a finire. Ad ogni modo pensiamo che ne verrà fuori un bel lavoro».

A proposito di aspetto psicologico, quanto è stato importante nella tua vita?
«Per me è stato fondamentale. Nel 1998 ero moralmente a terra, grazie allo sport ho potuto godermi la vita. Allo stesso modo adesso è dura. Posso camminare e fare ciò che voglio, naturalmente. Non sono più una disabile e questo non può che essere fantastico. Però ho perso il mio lavoro, il mio sport, un sacco di compagni di allenamento che ora vedo molto meno di prima. Sono un'atleta normodotata, il mio sogno per Londra 2012 resterà tale. Era una grandissima opportunità. È dura affrontare tutto questo, anche se dopo mi fermo, rifletto, capisco che posso camminare di nuovo e mi rendo conto di quanto sia stata fortunata».

Il tuo obiettivo, Londra 2012, è svanito. La prima reazione?
«Ero un po' arrabbiata perché negli ultimi dieci anni ho dedicato tutta me stessa allo sport. A Londra avrei puntato alla medaglia d'oro, è abbastanza difficile dovervi rinunciare di punto in bianco. Però camminare con le proprie gambe è più importante di qualsiasi medaglia vinta».

Premiata come miglior Atleta disabile del 2009, hai anche una piazza intitolata a tuo nome a Nieuwerkerk aan den IJssel, il tuo paese natale.
«Sì, dopo i due argenti di Beijing 2008 il sindaco della mia città, Nieuwerkerk aan den IJssel, mi ha intitolato questa piazza. Si trova davanti alle scuole superiori che ho frequentato».

In Italia non è molto lo spazio dedicato agli sportivi disabili mentre nel tuo Paese sei molto conosciuta.
«Lo sono anche perché ho assistito molti bambini colpiti da disabilità nel corso di questi anni, ho fatto molto per loro. La mia città mi ha sempre seguita nella mia carriera, altro aspetto per cui posso dirmi molto fortunata».

Quali sono i tuoi consigli per chi si trova nelle condizioni in cui eri fino a qualche mese fa?
«Non arrendersi mai. Guardare alle opportunità ed agli obiettivi che si ritengono raggiungibili, non alle limitazioni. Ricordarsi che sarà durissima, specie all'inizio, ma non bisognerà farsi sopraffare dagli eventi. Le possibilità di vivere una vita dignitosa saranno ancora moltissime, non ha senso lasciar perdere tutto. Bisogna tenere duro».

Obiezione: è facile a dirsi.
«È facile a dirsi ma è altrettanto facile mettere in pratica ciò, se lo si vuole. Per chi è su una sedia a rotelle è una grande soddisfazione trovare qualcosa da fare nel futuro, anche se sarà molto dura. Ne sono perfettamente consapevole e so con esattezza come ci si può sentire. So anche che difficilmente capiterà a qualcuna di quelle persone di alzarsi in piedi un giorno, all'improvviso, e riprendere a camminare. Ed altrettanto difficilmente ascolteranno storie simili alla mia. In definitiva rendo la questione molto semplice, è vero, ma ci sono passata e so che non bisogna mai perdere la speranza».

"Don't dream, just do it" è uno dei tuoi motti.
«Durante gli anni, e soprattutto dopo i miei numerosi incidenti, questi motti mi sono serviti per andare avanti senza buttarmi giù di morale. A volte è stato veramente difficile ma se ci si lamenta con se stessi diventa impossibile continuare e magari vincere. Perciò bisogna andare avanti, darsi una mossa e vivere la propria vita meglio che si può».

Com'è cambiata la tua vita dopo che hai ripreso a camminare?
«In realtà ho vissuto meno cambiamenti nella mia vita di quello che si possa pensare. C'è solo una piccola serie di progressi dal punto di vista della mia salute. Per il resto non è cambiato nulla in particolare. Di mattina vado in palestra o in piscina. Nel pomeriggio mi attende la fisioterapia e devo svolgere alcuni esercizi. Tra poco sarà giunta l'ora di raccogliere quanto seminato, staremo a vedere. Tra un allenamento e l'altro ho sempre qualche appuntamento, lavoro con la troupe per il documentario o scrivo una parte del mio libro. Insomma, ci sono parecchie faccende da svolgere. Ho una vita abbastanza noiosa, a dirla tutta».

Davvero la trovi noiosa?
«È diversa da prima perché non ho più un grande obiettivo da raggiungere. I miei allenamenti sono finalizzati alla mia buona salute ed alla mia completa ripresa, non ad una competizione sportiva. Non devo più affrontare un sacco di viaggi per il mio lavoro perché non ce l'ho più. E un lavoro vero, in realtà, devo cercarlo».

Verso cosa sei orientata?
«La ricerca procede a piccoli passi. Tutti i giorni do un'occhiata sui principali siti Web. Vorrei trovare un'attività che mi permetta di migliorarmi ed allo stesso tempo aiutare gli altri. Al momento sono molto occupata tra mille impegni ed onestamente non saprei dire che lavoro sarei in grado di svolgere. Magari nei prossimi mesi, a partire dall'estate, quando potrei essere un po' più libera, saprò rispondere meglio».

Quanto ti ha dato l'handcycling?
«I guadagni non sono molto elevati, anzi. Ho ricevuto qualcosa dallo Stato dopo le due medaglie Olimpiche, ma niente di particolare. Inoltre per partecipare all'Ironman devi pagare una quota mentre i Campionati Mondiali e gli Europei non prevedono alcuna ricompensa in denaro per il vincitore. Quindi non c'è di che vivere».

Ciò che ti è accaduto non ha ancora spiegazioni mediche.
«No, i medici non riescono a spiegarselo. All'ospedale hanno svolto un sacco di test su di me. Test neurologici per la maggior parte. Hanno tenuto monitorate le mie gambe. Alla fine di tutti questi esami non hanno saputo darmi una risposta su come sia possibile che ciò sia avvenuto».

"I can walk again". Perché solo quattro parole per un grande avvenimento?
«Perché è immediato. Uso molto Facebook e Twitter, scrivo sempre dei miei allenamenti e talvolta posso diventare un po' noiosa per chi mi legge. Ho usato quattro semplici parole, il resto non ha bisogno di spiegazioni».

Che effetto ha avuto su di te la molta attenzione mediatica cui sei stata sottoposta?
«Nessuno in particolare. Ho ricevuto un'enorme attenzione da parte dei media, qualcosa di nuovo a cui non ero abituata. Sono stati in molti a mandarmi delle e-mail che mi hanno fatto davvero piacere. Tante persone mi hanno contattata su Facebook per farmi i complimenti. Ciò non può che rendere felici e dare quella spinta in più per andare avanti e pormi sempre nuovi obiettivi da raggiungere».

Quali sono i tuoi modelli nello sport e nella vita?
«Essendo un'appassionata di sport mi ispiro un po' a tutti gli atleti che vedo. Il mio preferito è senza dubbio Lance Armstrong. È uno che non si è mai arreso, un atleta molto intelligente che pianifica in ogni minimo dettaglio tutti i suoi appuntamenti. Mi piace per tutto questo, insomma».

Alcuni lo paragonano più ad un automa che ad un atleta.
«Penso che lui sia semplicemente un maniaco dell'allenamento. Pianifica tutto nel dettaglio, molte persone non lo fanno e perciò, vedendo Armstrong, l'hanno criticato per questa caratteristica. Per me non può essere che un esempio, come persona e come atleta. Uno da cui si può indubbiamente imparare moltissimo. Spero di poterlo incontrare un giorno, è il mio sogno».

In Olanda avete la più grande ciclista del momento, Marianne Vos.
«È grandiosa, fenomenale! Tanto smilza eppure così veloce. Vince un sacco di corse ma ha senza dubbio caratteristiche fisiche ed un modo di correre diverso da quello di Armstrong».

E Marina Romoli la conosci?
«Purtroppo no. Conosco la sua storia ma non ho mai avuto modo di incontrarla di persona. Ho letto quello che le è successo, è terribile e ne sono realmente dispiaciuta. So che lo sta già facendo, ma spero che riesca al più presto a voltare pagina nella sua vita, a ricominciare. Ciò richiederà tempo e non sarà per nulla semplice ma so che è possibile. In ogni caso, se Marina avesse bisogno di me, io sono qui, pronta ad aiutarla».

Francesco Sulas - cicloweb.it
 
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