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Moreno Moser
#1

Moreno Moser




Nome completoMoreno Moser
Soprannome-
Data di nascita25 dicembre 1990
Luogo di nascitaTrento (Italia)
Altezza e Peso177 cm x 64 kg
CaratteristichePassista Scalatore
Professionista dal2012

SquadraCannondale Pro
Stipendio- €
Scadenza contratto-


Biografia
Moreno Moser (Trento, 25 dicembre 1990) è un ciclista su strada italiano che corre per il team Cannondale Pro Cycling. Ha caratteristiche di passista-scalatore. È nipote di Francesco Moser, figlio di Diego e Vittorina e fratello di Leonardo, Matteo, (anch'essi ciclisti in passato) e Chiara.

Moreno Moser discende da una grande famiglia di ciclisti: suo zio Aldo corse da professionista per quasi 20 anni (1954 -1973), anche suo padre Diego fu un ciclista professionista, come pure l'altro zio Enzo ed il più celebre zio Francesco. Ciclisti pure i suoi due fratelli, Matteo e Leonardo, che militò nel 2005 e nel 2006 per l'Acqua & Sapone e dal 2007 al 2009 per la Serramenti PVC Diquigiovanni-Androni Giocattoli.
Gareggia nel 2007 e nel 2008, da Juniores, con la U.S. Montecorona, ottenendo 18 successi, 6 nel 2007 e 12 nel 2008. Dal 2009 al 2011 corre invece per la Lucchini-Maniva Ski, nella categoria Dilettanti. In questa categoria ottiene 10 successi, tra cui due tappe al Girobio 2011, vittorie che gli permettono l'ingresso nel professionismo a partire dal 2012. Si interessano infatti al giovane talento due formazioni ProTour, il Team Sky e la Liquigas-Cannondale: Moser decide di firmare un biennale con la Liquigas, valido fino al 2013.

Il 18 febbraio 2012, a soli 21 anni e 55 giorni, vince la sua prima corsa da professionista, il Trofeo Laigueglia, cui segue in maggio il successo per distacco al Gran Premio di Francoforte. Il 2 giugno è secondo al Trofeo Melinda dietro al colombiano Carlos Alberto Betancur. Partecipa poi al Tour de Suisse e sale sul gradino più basso del podio nella prima tappa, dimostrando qualità anche a cronometro. Sempre in giugno conclude terzo la prova in linea dei campionati italiani vinta da Franco Pellizotti.
In luglio vince due frazioni e la classifica generale del Giro di Polonia, cogliendo il suo primo successo in una corsa a tappe. Il 10 settembre giunge quindi secondo al Gran Premio di Montreal, superato di stretta misura dal norvegese Lars Petter Nordhaug. Alla luce dei positivi risultati ottenuti durante l'anno, riceve la prima convocazione in Nazionale Elite per i campionati mondiali in programma a Valkenburg, partecipando come atleta più giovane del gruppo al via.

Indossando la maglia della nuova Cannondale (compagine italo-americana nata dalle ceneri della Liquigas), nel 2013 Moser aiuta dapprima il compagno Peter Sagan a vincere il Gran Premio Città di Camaiore; due settimane dopo, grazie ad un'azione in solitaria nel finale, conquista quindi la Strade Bianche, diventando il primo ciclista italiano a trionfare nella corsa senese. Il 1º maggio si classifica secondo nel Gran Premio di Francoforte, di cui era detentore, preceduto dallo sloveno Simon Špilak.
Nella diciottesima tappa del Tour de France, con l'arrivo in cima all'Alpe d'Huez, ottiene un terzo posto dietro al francese Christophe Riblon e allo statunitense Tejay van Garderen.

(tratto da it.wikipedia.org)




Squadre


Palmares




Hanno partecipato alla realizzazione di questa scheda: lordkelvin
 
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#2
La Stampa.it: a Laigueglia è sbocciato un altro Moser
Sulla riviera dei fiori è sbocciato un altro Moser. Ventiquattro anni dopo l’ultimo successo di Francesco, avvenuto a fine maggio 1988 nel circuito di Hamilton, in Canada, pochi giorni dopo la conquista del record dell’ora indoor a Stoccarda, il penultimo rampollo della famiglia più prolifica del ciclismo italiano, Moreno, 21 anni, si è imposto ieri pomeriggio, con il piglio del campioncino di razza, nel 49° Trofeo Laigueglia, semi-classica che quest’anno ha ritrovato lo spessore organizzativo dei suoi anni d’oro. Il capostipite della famiglia Moser, ceppo trentino di Palù di Giovo, si chiama Aldo, oggi ha 78 anni e nella sua lunghissima carriera ha vinto un G.P. delle Nazioni a cronometro a Parigi, un Trofeo Baracchi con Baldini, indossando anche la maglia rosa al Giro. Poi hanno gareggiato tra i professionisti anche Enzo, classe 1940, e Diego (’47) prima che salisse alla ribalta Francesco (’51), protagonista assoluto dal 1973 fino alla tarda primavera del 1988. Ha corso in bici anche Alferio, ma si è fermato alla categoria dilettanti. Esauriti i fratelli, sono entrati in scena i figli. Diego ha avuto tre maschi, tutti corridori: Matteo, buon dilettante, Leonardo, che ha disputato quattro stagioni tra i "prof" e Moreno, nato il giorno di Natale del 1990, che ha debuttato quest’anno nella categoria superiore con i colori della Liquigas-Cannondale, al fianco di Nibali e Basso. Il più giovane della nidiata è Ignazio, classe 1992, figlio di Francesco, che ha debuttato l’anno scorso fra gli Under 23 vincendo la prima corsa della stagione. Un’autentica saga familiare, dunque, che ieri pomeriggio a Laigueglia ha vissuto un momento-clou quando Moreno, alla quarta corsa tra i professionisti, ha staccato tutti a tre chilometri dall’arrivo, quasi al culmine di Capo Mele, e poi ha saputo mantenere con bravura quei cinquanta metri di vantaggio che gli hanno permesso di conquistare a mani alte la prima vittoria della Moser-story di seconda generazione.

"Nel finale stavo bene - ha detto Moreno dopo l’arrivo - e ho approfittato di un attimo di rallentamento del gruppo per comportarmi esattamente come avrei fatto tra i dilettanti: sono scattato e non mi sono più voltato fino all’arrivo. E’andata bene e ancora non mi pare vero di aver vinto la prima gara nella quale ho avuto la possibilità di fare la mia corsa. Nelle prime tre uscite stagionali avevo dovuto aiutare il mio compagno di squadra Viviani, che ha vinto in tutte e tre le occasioni". Quanto ha condizionato la carriera di Moreno il fatto di portare un cognome così pesante? "Per quanto riguarda i risultati - risponde il corridore - direi poco o niente. Ma forse, se non mi fossi chiamato Moser, avrei smesso dopo le prime gare dei Giovanissimi, quando i risultati erano proprio deludenti. Invece mio fratello Leonardo e mio padre Diego, oltre allo zio Francesco, hanno voluto che insistessi, e adesso li ringrazio, perchè se non fosse stato per loro due oggi non avrei provato una gioia così grande. E sono davvero contento che oggi ci fosse mio padre a vedere la corsa". Pur emozionato e sorpreso, ma non troppo, della sua vittoria, Moreno è comunque parso molto sicuro di sè. "Rispetto tutti i corridori più anziani di me - ha concluso - ma non temo nessuno". Pura razza-Moser, senza alcun dubbio...

da La Stampa.it a firma Franco Bocca
 
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#3
Credo sia una gran brava persona...per niente montato e in questa situazione sarebbe stato normale il contrario
 
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#4
Moser vuol diventare Saronni...
È un Moser, ma sogna di diventare co­me Saronni. Lo dice, lo pensa, lo mo­tiva con assoluta tranquillità e chiarezza. Nulla contro lo zio Fran­cesco, anzi.
A volte basta il cognome, ma per vincere le corse occorre avere gambe buone. Moreno Moser, 21 anni da Palù di Giovo, viene proprio da quella fa­miglia lì. Sì, quella dei corridori, dei campioni, di Francesco Moser, il plurivittorioso corridore italiano con oltre 270 vittorie all’attivo, e un papà, Die­go, che è sta­to corridore anche lui, più di co­gnome che di gambe.
Vince un Moser, e già di per sé è una notizia. Dopo la prima ge­nerazione, quella dei fratelli Aldo, Enzo, Diego e Francesco, è il tempo della se­conda: dopo Leonardo (fi­glio di Die­go e fratello maggiore di Moreno), ec­co un Moser che con­quista con pieno merito la corsa che ha aperto ufficialmente la stagione italiana.

A Laigueglia, Moreno è stato di gran lunga il migliore. Non ha vinto per caso e per una fortuita circostanza, ma ha messo tutti in fila con intelligenza tattica e forza. Se il Lai­gueglia fosse stato un match di pugilato, Moreno Moser avrebbe vinto per KO. È scattato una prima volta a una quarantina di chilometri dall’arrivo, all’ultimo passaggio sul Testico, con Modolo, Rocchetti, il russo Brutt e il croato Rogina. Ripresi, è scattato una seconda volta sul pugnale di Pinamare, a meno di 10 dall’arrivo, quando ha raggiunto chi stava imponendo l’andatura. Ricom­pat­tati, è scattato una terza volta sul Capo Me­le, stavolta da solo, a due chilometri e mez­zo dall’arrivo, ed è stato lo scatto de­cisivo, vincente.
Moreno Moser ha vinto dove non è mai riuscito a vincere nemmeno lo zio Francesco, lui ci è riuscito quasi al primo colpo: quarta gara, per la precisione. «Ora però il mio obiettivo è cercare di ripetermi, prima che dicano che ho vinto per un colpo di fortuna - ci spiega il nuovo campioncino della di­na­stia Moser -. Che tipo di corridore sono? Ora che ho vinto il Laigueglia dicono che sono un cacciatore di classiche, e probabilmente qualcosa di buono nelle corse di un giorno posso anche farlo, ma io penso di poter dire la mia anche nelle corse a tappe. Vado bene a cronometro, ho un buon recupero, in salita mi difendo: penso di essere più un Saronni di un Moser».

Ma anche zio Francesco ha vinto un Giro…
«Ma lo zio ha vinto tantissimo, su tutti i terreni. Per lo zio non c’erano corse che non si po­tevano vincere. Ad esempio, io una Rou­baix penso di non poterla mai conquistare. Come Saronni, che però è stato un grande corridore, e con il suo motore, le sue doti, ha raccolto in ogni caso tantissimo».

Come hai festeggiato la prima vittoria?
«Sabato sera sono tornato subito a casa e con una dozzina di amici, quelli storici, ci sia­mo rinchiusi “en caneva”, in cantina a bere e a brindare con un buon Chardonay di nostra produzione. Io ho solo offerto, perché il vino non mi piace».

Non avete visto Sanremo?
«No. Avevo visto qualcosina i giorni precedenti e mi è bastato».

Ti piace Celentano?
«Come cantante abbastanza, come predicatore è di una noia mortale. E poi dice che i preti non sanno parlare alla gente… ».

Sei credente?
«Sono avvolto dai dubbi».

Ti piace leggere?
«Qualcosina, ma ultimamente molto poco. Mi piace Pirandello, anche se ultimamente mi sono accontentato di leggere Fabio Volo. Li ho letti tutti, l’ultimo però l’ho piantato lì: una palla colossale».

E la musica?
«Mi piace tutta. Ne fruisco in quantità industriale, anche quando mi alleno da solo: dai Pink Floyd, ai Nirvana, dai Placebo ai Cold­play. Ma se c’è talento, io ascolto tutto: an­che Lady Gaga».

Il tuo corridore ideale?
«Oggi sicuramente Philippe Gilbert: fortissimo. Ieri zio Francesco. Su youtube mi sono visto e rivisto una valangata di sue vittorie. È stato pazzesco. Ero stanco solo a vedere quello che a saputo fare».

Sei fidanzato?
«Lo ero, ora sono libero e intendo restarci per un po’. Meglio gli amici: quando li vuoi arrivano. Le fidanzate sono troppo impegnative. Soprattutto per un corridore».

Insomma, adori zio Francesco, ma speri di diventare un nuovo Saronni...
«Beh, se vincessi un terzo di quello che ha vinto Saronni sarei già contento. Secondo me zio Francesco è stato molto più forte, anche se Beppe l’ha fatto davvero ammattire. Insomma, io spero di diventare un grande corridore: Moser lo sono, Saronni lo apprezzo, ma è Moreno che si deve realizzare. Ed è di Moreno che sentirete parlare».

di Valerio Zeccato
da tuttoBICI di Marzo 2012 - www.tuttobiciweb.it
 
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#5
Dalle poche interviste che ho sentite sembra avere anche moltissima sicurezza di se, oltre ad essere già molto bravo in bici!
 
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#6
Ne approfitto qui per farvi una domanda dato che sicuramente li avete visti più di me: analogie e differenze tra Moser e Battaglin?
 
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#7
Moser è più talentuoso e nettamente più forte a crono, mentre Battaglin se la cava meglio sulle salite lunghe. Comunque sono due corridori simili, adatti soprattutto alle classiche collinari, però Moser ha più margini di miglioramento...
 
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#8
Sono due ragazzi molto intelligenti, il talento in bici ce l'hanno, però anch'io vedo meglio Moser, anche perchè sta nella Liquigas ed è tutta un'altra cosa
 
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#9
(03-06-2012, 10:35 PM)Luciano Pagliarini Ha scritto: Moser è più talentuoso e nettamente più forte a crono, mentre Battaglin se la cava meglio sulle salite lunghe. Comunque sono due corridori simili, adatti soprattutto alle classiche collinari, però Moser ha più margini di miglioramento...

Sei sicuro che Battaglin vada meglio di Moser sulle salite lunghe ?
Poi secondo me e' presto per fare un paragone, devono ancorsa scoprirsi loro stessi.
Da under 23 Moser era piu forte a crono e Battaglin un pelo piu' veloce. Entrambi mi sembra abbiano soprattutto testa. Ci divertiremo.
Non so poi se sia un vantaggio correre i primi anni in una World Tour o in una Professional (seria come la Colnago), d'altronde non penso che a Enrico siano mancate le proposte di qualche squadrone.
 
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#10
Battaglin è andato bene nell'arrivo in salita del Giro di Turchia ed anche nelle prime due tappe di montagna del Giro, Moser non è andato bene nella salita di 4/5 km dei Paesi Baschi, perciò per quanto si è visto ora Battaglin sembrerebbe superiore, poi però come dici te sono entrambi giovanissimi ed è presto per fare paragoni, ma ad oggi Enrico mi sembra più portato per le salite lunghe rispetto a Moreno...
 
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#11
Botta&Risposta con Moreno Moser
Ti presentano sempre come uno dei discendenti della famiglia Mo­ser: tu come vorresti essere chiamato?
«È vero, sono il figlio di Diego (e Vittorina), il nipote di Francesco (e di Aldo, e lo era anche di Enzo), il fratello di Matteo e Leonardo, il cugino di Ignazio e, alla lontana, dei Simoni ma voglio essere giudicato per il corridore che sto dimostrando di essere. Il cognome non mi pesa: come ho già detto, non si è mai visto un cognome che pedala da solo».

Prima di essere un Moser, chi è Moreno?
«Un ragazzo di 21 anni, abbastanza tranquillo e non troppo espansivo. Diplomato al liceo scien­tifico tecnologico, appassionato di musica e videogiochi, single».

Ti sei affacciato alla massima categoria vincendo il Laigueglia.
«Non potevo sperare in un inizio migliore tra i professionisti. La “spa­rata” è una dote che ho da sempre e cerco di sfruttare ogni volta che posso. Facevo lo stesso da dilettante. L’azione da finisseur è la migliore per godersi il taglio del traguardo a braccia alzate…».

A Francoforte ti sei ripetuto attaccando a 800 metri dall’arrivo.
«La seconda vittoria è stata importante per dimostrare che la prima non era stata un colpo di fortuna o un caso isolato, anche se ammetto che stavo cominciando a pensare che lo fosse. Un solo successo po­te­va valere fino a un certo punto: inizio stagione, effetto sorpresa, non tutti al massimo... Due giorni prima di Francoforte ero arrivato quinto al Giro di Toscana, mi ero piazzato quarto alla crono della Coppi & Bartali, nono a quella dei Paesi Baschi, ma non mi ero mai sentito il più̀ forte come era accaduto a Laigueglia. A Francoforte è̀ capitato di nuovo ed è stato speciale chiudere con una vittoria la mia prima parte di stagione».

Un colpo secco e via. Cosa pensi quando sei davanti tutto solo?
«Mi concentro solo nel non ascoltare la fatica e far girare le gambe il più veloce possibile. In tanti mi hanno fatto notare che vinco alla Saronni, a me non interessa il mo­do... Importa vincere».

Le classi ’89 e ’90 si stanno dimostrando ricche di talenti. Tra qualche anno potremmo aspettarci una sfida Moser contro ...
«Di ragazzi promettenti ce ne sono molti. Il primo che mi viene in mente è il mio compagno di squadra Viviani che ha già fatto vedere di essere un corridore vero, ma ha caratteristiche diverse dalle mie quindi non dovremmo scon­trarci. Penso quindi a Ulissi e Battaglin, che l’anno scorso tra i dilettanti mi ha dato tanto filo da torcere. Tra gli stranieri penso a Thibaut Pinot, ma è difficile fare previsioni a lungo termine perché il talento può emergere solo se ac­compagnato dalla testa e dalla costanza. Il tempo ci dirà chi diventerà un campione e chi no».

I tuoi compagni di allenamento?
«Mio cugino Ignazio, che corre nella Trevigiani, e Michele Simoni, dilettante della Mantovani che abita anche lui a Palù di Giovo».

A proposito di Ignazio ti piacerebbe ritrovarlo tra i prof?
«Sarebbe un sogno! Siamo molto legati, abbiamo trascorso l’infanzia assieme, le prime gare sempre uni­ti, sperando di arrivare entrambi nella massima categoria. Ritrovarci adesso sarebbe il massimo».

Niente Giro d’Italia, ti vedremo alla Vuelta?
«Non lo so, né io né la squadra sia­mo sicuri che io sia pronto ad affrontare una grande corsa a tap­pe. Dicono che quest’anno sia davvero impegnativa, a me non dispiacerebbe essere al via. Ora il pensiero comunque è tutto al campionato italiano, nel mio Trentino, poi si vedrà. Mi farò trovare pronto e motivato per cercare il risultato in ogni corsa, grande o piccola che sia».

Ti ricordi la tua prima gara?
«Certo! Da G3, finii 17° e non penso in corsa fossimo molti di più (sorride, ndr). Da piccolo ero ab­bastanza scarso, a ri­pen­sarci non so neanche io dove ho trovato la forza di andare avanti! I pri­mi risultati sono arrivati solo quando le gare hanno iniziato a presentare qualche salitella. La pri­ma vinta fu da G5 in mtb, una sorpresa per tutti. Sembrava im­pos­sibile che quel bambino ma­gro­lino con gli occhiali da miope fosse capace di vincere».

E la prima bici?
«Una Moser-Monteco­ro­na blu, di serie, uguale a quella di tutti gli altri giovanissimi della squadra. Ci credete che è ancora in giro? In questi giorni ho visto pedalare i ragazzini del paese e credo di averla adocchiata».

Il tuo terreno preferito?
«Mi piacciono i percorsi ondulati, le salite corte ma non cortissime. Diciamo che sopra i 3-4 km inizio a fare troppa fatica».

Personaggi di riferimento?
«Non mi ispiro a nessuno, ma cer­co di cogliere qua e là il meglio da uomini e don­ne che stimo, non so­lo sportivi. Ammiro l’astrofisica Mar­ghe­rita Hack e conosco a me­moria i film di Quentin Ta­ran­tino. Non ho cam­pioni da imitare però quando vincevano Gi­bo Simoni in bici e Valentino Rossi in moto ero contento. Pren­do spunto da tanti, tutto qui».

La tua gara dei sogni?
«Tra quelle di un giorno rispondo senza dubbio Liegi. Mi è piaciuto prendervi parte quest’anno e cre­do sia abbastanza adatta alle mie caratteristiche. Per i grandi Giri non posso ancora sapere quali sia­no i miei limiti perché non ne ho mai corso uno, ma non mi precluderei la possibilità di fare classifica, visto che a cronometro vado be­ne e il recupero è il mio forte. Pri­ma di risponderti devo provarne uno per dirti a cosa ambisco. In genere però sono uno che sogna in grande!».

da tuttoBICI di giugno
a firma di Di Giulia De Maio
http://www.tuttobiciweb.it
 
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#12
La Storia - Di nuovo Moser
«Credo che Moreno sia un buon erede. Ha il mondo davanti a sé» afferma Fran­­cesco, il Moser (per ora) più vincente della storia. Si riferisce a suo nipote che, nato il 25 dicembre, può diventare un dio del ciclismo.
Moreno Moser ha un cognome importante e tutte le carte in regola per di­ventare il più forte di una delle famiglie più celebri del pedale. Ha già superato papà Diego e i fratelli, gli manca da battere “solo” gli zii Francesco e Aldo (15 vittorie, due maglie rosa, quattro presenze mondiali, ndr). Mancano “solo” un mondiale, un Giro d’Italia con una cinquantina di giorni in rosa e una manciata di Classiche e altre duecento cinquanta vittorie (Francesco Mo­ser è il secondo plurivittorioso della storia del ciclismo, con 276 vittorie, contro le 525 di Eddy Merckx, ndr), ma il tempo e le doti ci sono. «Ripetere quello che ha fatto mio zio è quasi impossibile, ab­biamo anche caratteristiche diverse, pe­rò ho pa­recchi anni per capire dove po­trò arrivare».
Fresco vincitore del Giro di Polonia, si è scoperto non solo corridore da classiche, ma anche speranza per le corse a tappe. In tanti l’avrebbero voluto tra gli azzurri di Bettini a Londra, lo stesso CT a dieci giorni dalle Olimpiadi ha dichiarato: «Mi dispiace molto. Oggi sarebbe certamente un azzurro». Tutti lo pretendono al Campionato del Mon­do di Valkenburg dove, se è ormai sicuro vestirà l’azzurro, è sempre più probabile venga addirittura designato co­me una delle nostre punte per la sfida iridata.
Lui è pronto ad assumere questa re­sponsabilità? E che ne pensa di questa popolarità scoppiata tutta d’un tratto? Scopriamo cosa passa per la testa (e non solo) di questo fenomeno classe ’90 che al debutto tra i professionisti vanta già cinque vittorie: Laigueglia, GP Francoforte, due tappe e la classifica generale al Giro di Polonia.

Moreno, sembra ti venga tutto facile.
«Non è proprio così, però ammetto di essere il primo ad essere sorpreso di quanto sto riuscendo a fare. Al primo anno tra i professionisti ho già raccolto più di quanto mi aspettassi. La vittoria al Trofeo Laigueglia è stato il miglior inizio, era la mia terza gara tra i prof (la quarta se si tiene conto del Melinda corso da stagista nel 2011, ndr), è arrivata a sorpresa ed è stata frutto dell’incoscienza e della fiducia che da subito la squadra mi ha concesso. Al GP Francoforte mi sono ripetuto e ho dimostrato che il primo successo non era stato un colpo di fortuna. Poi sono arrivati altri risultati importatnti, tra cui il terzo posto al Campionato Italiano, finchè è stata la volta del Giro di Po­lonia».

Com’è stata questa prima vittoria in una corsa a tappe?
«Per me ha rappresentato una bella dimostrazione di forza. Il percorso era adatto alle mie caratteristiche, sono stati sette giorni di classiche con salite corte e ar­rivi da gruppetto, ma era la prima volta che mi mettevo alla prova in una corsa di più giorni di alto livello. Alla fine ho preceduto di 5” il polacco Kwiat­kow­ski, di 16” il colombiano Henao, di 28” il tedesco Gerdemann e ho portato a ca­sa due tappe, la prima e la sesta, e la consapevolezza di poter ambire un giorno al Giro d’Italia e alle grandi corse di tre settimane. Ho solo 21 anni e non ho fretta, ma sulle salite corte tengo duro e a cronometro vado bene, se migliorerò sulle salite lunghe potrò sognare di correre sulle strade del Tour e, perché no, sorprendermi ancora una volta di me stesso».

Come hai festeggiato?
«Tornato a casa, ho trovato nella cantina di famiglia una grande festa organizzata dai miei fratelli e dagli amici di sempre, c’era un po’ di gente (60-70 per­sone, ndr) con striscioni, cartelli e tutto ciò che può far piacere trovare do­po un viaggio».

Dispiaciuto per l’Olimpiade?
«Sinceramente ho vissuto questo episodio con molta serenità perché non ero stato escluso a priori, semplicemente il Commissario Tecnico ha dovuto scegliere gli uomini per Londra prima del mio exploit al Polonia quindi non mi ero fatto illusioni. Nonostante mi avesse fatto sottoporre alle visite preolimpiche, non ci speravo dall’inizio. Quando sono tornato dalla Polonia, sono stato al te­lefono a lungo con Bettini che mi ha confermato che ci teneva parecchio ad avermi con sè a Londra, ma il regolamento impone che le convocazioni vengano consegnate presto quindi c’era ben poco da fare. Sarà per la prossima!».

Sembra ti potrai rifare al Mondiale di Valkenburg.
«Sì, lì non è detto che debba per forza fare il gregario (sorride, ndr). Mi impegnerò per arrivarci al top: per questo dopo il Polonia ho staccato un po’ e cambiato leggermente i miei programmi. Ho rinunciato all’Eneco Tour, preferendo il Giro del Colorado dove, grazie anche all’altura, potrò trovare una buona condizione da rifinire in un altro paio di corse prima dell’appuntamento iridato. Il percorso? Purtroppo non avendo partecipato all’Amstel, a cui ho dovuto rinunciare per essermi ammalato dopo il Giro dei Paesi Ba­schi, non l’ho provato ma a quanto sembra dovrebbe essere adatto alle mie caratteristiche quindi ora lavoro con in testa questo obiettivo».

Cosa ti aspetti per il finale di stagione?
«Dopo il mondiale mi concentrerò sul calendario italiano e vedremo quello che verrà. Quest’anno non sarò al via della Vuelta a España, nel mio programma non c’è mai stato nessun grande giro perché sia io che la squadra non vogliamo improvvisare nulla. Nel finale di stagione mi farò trovare pronto e motivato per cercare il risultato in ogni corsa, grande o piccola che sia».

Il tuo tratto distintivo sta diventando la “sparata” alla Saronni.
«Così dicono, anzi così dice lo stesso Beppe (sorride, ndr). Ricevere i complimenti da un campione come Saronni è un onore, ricordo la sua vittoria a Good­wood e prima o poi non mi di­spiacerebbe vincere un mondiale come ha fatto lui. La “sparata” è una dote che ho da sempre e cerco di sfruttarla ogni volta che posso. Facevo lo stesso da dilettante. Per renderla vincente bi­sogna però capire se il terreno è quello giusto e valutare i tempi. L’azione da finisseur è la migliore per godersi il taglio del traguardo a braccia alzate, quando si arriva da soli si è sicuri di aver vinto, ma anche vincere in volata mi sto accorgendo regala una bella botta di adrenalina».

Papà Diego ha detto: «Moreno non ha mai fatto il corridore. Solo da quest’anno si è̀ messo a fare sul serio. E c’è̀ stato subito il salto di qualità». Confermi?
«Fino a due anni fa è assolutamente vero, già dal 2011 però ho iniziato a lavorare bene seguito da Paolo Slongo. Se rispetto alla stagione scorsa sono migliorato molto, ci sono due ragioni: in primis correvo meno, una grande crescita la danno solo le corse a tappe e io al massimo avevo preso parte al Gi­ro­Bio, e poi ho iniziato a usare l’SRM per seguire le tostissime tabelle di Slongo. Prima mi allenavo a sensazione, al massimo usavo il cardiofrequenzimetro, ora sono convinto che svolgere lavori specifici con l’SRM stia facendo la differenza».

Come ha reagito la tua famiglia a questo tuo superdebutto tra i professionisti?
«Le persone che mi vogliono bene so­no felici per me e ognuna mi supporta a suo modo. Mamma Vittorina è colei che cerca di farmi restare il più possibile un ragazzo normale: mi sta vicino ma dietro le quinte, odia farsi fotografare ed apparire, le corse non le guarda quasi mai perché ha paura che mi faccia male. A Papà Diego invece sto re­galando ciò che ha sempre sognato: quando al secondo anno da dilettante avevo deciso di appendere la bici al chiodo era disperato, ora basta guardarlo per vedere quanto sia felice. È in pensione e si sta godendo appieno questo periodo, venendo a fare il tifo per me alle corse con gli amici. Tra i miei primi tifosi ci sono anche nonna Maria e i miei fratelli: Matteo, che ora ha 32 anni e ha corso fino alla categoria un­der 23, Leonardo, che il mese prossimo ne compie 28 e ha corso tra i professionisti dal 2005 al 2009 (due anni alla Acqua&Sapone e tre con la Di­qui­gio­vanni Androni, ndr) e Chiara che è la più piccola (è del ’94, ndr) ma anche la più spiritosa. Sapete come ha commentato, via skype dal Canada, la mia vittoria al Polonia? Così: “Ci sei riuscito solo perché i corridori forti erano al Tour!”».

Facciamo qualche passo indietro. Ti ricordi la tua prima gara?
«Certo! Da G3, finii 17° e non penso in corsa fossimo molti di più (sorride, ndr). Da piccolo ero abbastanza scarso, a ripensarci non so neanche io dove ho trovato la forza di andare avanti! I primi risultati sono arrivati solo quando le gare hanno iniziato a presentare qualche salitella. La prima vinta fu da G5 in mtb, una sorpresa per tutti. Sembrava impossibile che quel bambino magrolino con gli occhiali da miope fosse capace di vincere».

E la prima bici?
«Una Moser-Montecorona blu, di se­rie, uguale a quella di tutti gli altri giovanissimi della squadra. Ci credete che è ancora in giro? Di recente ho visto pe­­dalare i ragazzini del paese e credo di averla adocchiata».

Con chi ti alleni di solito?
«Con mio cugino Ignazio, che corre nella Trevigiani, e Michele Simoni, di­lettante della Mantovani che abita an­che lui a Palù di Giovo».

A proposito di Ignazio, ti piacerebbe rit­rovarlo tra i professionisti?
«Sarebbe un sogno. Siamo molto legati, abbiamo trascorso l’infanzia assieme, le prime gare sempre uniti, sperando di arrivare entrambi nella massima categoria. Ritrovarci fianco a fianco sarebbe il massimo».

Hai un campione di riferimento?
«Non mi ispiro a nessuno, ma cerco di cogliere qua e là il meglio da uomini e donne che stimo, non solo sportivi. Am­miro l’astrofisica Margherita Hack e conosco a memoria i film di Quentin Tarantino. Non ho campioni da imitare però quando vincevano Gibo Simoni in bici e Valentino Rossi in moto ero contento. Prendo spunto da tanti, ma non di più».

Cosa ti ha insegnato il ciclismo?
«Soprattutto l’impegno. Probabilmente è solo una questione di età e maturazione, ma fino a qualche anno fa ero de­cisamente più fancazzista di adesso. Ho imparato ad essere metodico nel la­voro e credo che se avessi avuto la te­sta di adesso in passato sarei stato an­che uno studente migliore a scuola. Meglio tardi che mai... ».

Il periodo migliore vissuto in sella?
«Quest’anno perché sto vivendo tutto ciò che arriva con la massima serenità. Come detto mi sto impegnando per es­sere all’altezza della situazione ma non sto affrontando sacrifici mostruosi, riesco a godermela anche un po’. Per esempio quando torno a casa dall’allenamento mangio due piatti di pasta, non le gallette di riso con le proteine come molti miei colleghi. Solo così riesco ad essere tranquillo, a non saltare di testa e ad andare forte tutta la stagione».

Il più difficile?
«Il secondo anno da dilettante. Avevo un vero e proprio rigetto per la bici, av­vertivo malessere solo a intravedere un sito di ciclismo, non mi piaceva più l’ambiente. All’epoca pensavo le due ruote non potessero costituire il mio futuro, invece poi ho ritrovato la mia strada e ora ne sono davvero felice. Se non avessi fatto il corridore non ho idea di cosa sarei diventato. In quel periodo, l’unico in cui “da grande” non mi im­maginavo in bici, a dirla tutta non ave­vo voglia di fare un tubo quindi non mi vedevo in nessuna particolare veste. Avevo pensato di iscrivermi all’università, a Ingegneria o Architettura, perché sono sempre stato appassionato di disegno, ma dopo la maturità mi sono ri­promesso di darmi una chance con la bici ed è andata bene. Da allora non ho mai avuto alcun ripensamento».

La tua gara dei sogni?
«Tra quelle di un giorno senza dubbio la Liegi. Mi è piaciuto prendervi parte quest’anno e credo sia abbastanza adatta alle mie caratteristiche. Per i grandi Giri non posso ancora sapere quali sia­no i miei limiti perché non ne ho mai corso uno, ma non mi precluderei la possibilità di fare classifica perché il recupero è il mio forte. Prima di risponderti devo provarne uno per dirti a cosa ambisco. In genere però sono uno che sogna in grande e, dopo il Polonia, i piedi sono sempre ben saldi a terra ma le mie ambizioni si sono alzate».

Le classi ’89-90 si stanno dimostrando ricche di talenti. Tra qualche anno po­tremmo aspettarci una sfida Moser contro...?
«Di ragazzi promettenti ce ne sono molti. Il primo che mi viene in mente è il mio compagno di squadra Elia Vi­viani che ha già fatto vedere di essere un corridore, ma ha caratteristiche di­verse dalle mie quindi non dovremmo scontrarci. Penso quindi a Ulissi, anche lui ormai conosciuto, e Battaglin, che l’anno scorso tra i dilettanti mi ha dato filo da torcere. Tra gli stranieri penso a Thibaut Pinot, vincitore al Tour della tappa di Porrentruy, ma è difficile fare previsioni a lungo termine perché il ta­lento può emergere solo se accompagnato dalla testa e dalla costanza. Il tem­po ci dirà chi diventerà un campione e chi no».

E poi c’è il tuo compagno Peter Sagan.
«Peter è un fenomeno, al Tour finalmente si è preso la gloria che è sua di diritto, dimostrando a tutti quanto vale. Anche al di fuori delle gare impenna senza mani e fa di quelle acrobazie... E una potenza e guida la bici in maniera incredibile. Alla Liquigas Cannondale c’è proprio un bell’ambiente, ognuno di noi ha i suoi spazi e andiamo tutti d’accordo. Mi trovo nella squadra giusta per crescere nel modo migliore, non ho intenzione di andar via, anche perché uno come Peter nel finale è meglio averlo come compagno che come avversario (sorride, ndr)».

Quanto curi la bici?
«Non sono un maniaco della tecnica, non ho fisime particolari, rispetto il la­voro dei meccanici e penso solo a pedalare stando attento a evitare problemi. Se posso non tocco nulla, se per caso spostassi la sella anche di un millimetro rispetto al giorno prima non penserei ad altro per tutto l’allenamento e non mi sentirei a posto. Altro esempio? È dall’inizio dell’anno che uso le stesse scarpe, finchè posso non voglio cambiarle. Non si sa mai... ».

Che ruote preferisci usare?
«A profilo alto, sono più belle».

Meglio un telaio in alluminio o in carbonio?
«Carbonio».

Lasciamo un attimo la bici e andiamo a tavola. Che rapporto hai con il cibo?
«Mangio di tutto e davvero tanto, non tendo troppo a ingrassare. Piatto preferito? Sushi».

Birra o vino?
«Vi sorprenderò: birra!».

Spostiamoci in salotto, che musica ascolti?
«Davvero parecchia, è una parte fondamentale della mia vita, la colonna sonora è indispesabile. Dipende dall’umore, ma mi piacciono molto gruppi come i Placebo, i Radiohead e gli Sma­shing Pumpinks. In allenamento ascolto sempre il repertorio che ho caricato sul mio iPho­ne, a volte preferisco uscire apposta da solo per go­dermi della buo­na musica».

Ultimo libro letto?
«Il secolo perduto di Dan Brown, ma è passato un po’ di tempo».

Ultimo film visto?
«Project X-Una festa che spacca, una commedia molto leggera».

Radio, tv o computer?
«Passo più tempo al computer, ma mi sto appassionando sempre di più alla radio. Di solito ascolto Radio Deejay, non mi perdo quasi mai Deejay chiama Italia, il programma di Linus e Nicola Savino».

Sei fidanzato?
«No, sono single».

Credente?
«No, assolutamente no. Non sarà contento di questa risposta Don Daniele Laghi che mi benedice prima di ogni gara, ma non credo né nelle istituzioni religiose né al concetto di Dio. Diciamo che non ho il dono della fede».

Ti interessi di politica?
«Molto poco, il minimo sindacale».

Come te la cavavi a scuola?
«Non aprivo un libro, facevo il minimo indispensabile. Mi sono diplomato al Liceo scientifico tecnologico, ma senza impegnarmi molto».

Ti piace la popolarità o sei già stufo delle interviste e di tutti gli impegni lavorativi giù dalla bici?
«La vivo con molta serenità. Finora non sono così ricercato, l’attenzione dei me­dia e degli sponsor vanno a periodi e si possono sopportare con piacere. Poi non sono ancora così famoso... Se vado in giro vestito in borghese, la gente non mi ferma per strada!».

Una domanda che non sopporti?
«Moreno quanto ti pesa il tuo cognome? (ride, ndr). Forse all’inizio ho avuto più attenzione da parte dei media rispetto ai miei coetanei perché mi chiamo Moser, ma ora penso di essermela meritata per quanto sto facendo vedere in gara. Sono orgoglioso della mia famiglia e sono felice di sentirne parlare sempre in positivo, ma ripeterò all’infinito che voglio essere giudicato solo per il corridore che sto dimostrando di es­sere».

Quella che vorresti ti ponessero?
«È difficile trovarne una che non mi abbiate già rivolto, soprattutto dopo quest’intervista. Non so più cosa raccontarvi».

da tuttoBICI di agosto a firma di Giulia De Maio
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#13
Certo che fanno delle interviste in cui gli chiedono sempre le stesse cose :/
 
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#14
Eh dai, qualche copia/incolla concediglielo... Asd
 
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#15
Non ho letto le interviste ma di sicuro gli avranno chiesto: "che peso ha chiamarsi Moser ed essere ciclista?" e "un Moser che scatta alla Saronni?" :P

Io fossi in Moreno li manderei a quel paese automatico dopo queste domande a cui ha risposto 3479 volte Asd
 
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#16
Editoria, Moreno Moser conquista Famiglia Cristiana
Da tuttoBICI a Famiglia Cristiana. Moreno Moser, la 21enne speranza azzurra che domenica sarà chiamato a difendere la maglia azzurra sulle strade del Linburgo, questa settimana è finito sulla copertina di Famiglia Cristiana che ha dedicato all'ultimo rampollo di una famiglia di ciclisti la cover story scritta da Gian Paolo Ormezzano, firma storica del settimane delle Edizioni Paoline e da sempre nostra firma di punta.

[Immagine: showimg.php?cod=52947&tp=n]

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#17
Moser: «Vorrei diventare un corridore da grandi giri»
“Spero di poter diventare un giorno un corridore da corse a tappe: vincere un Giro d’Italia sarebbe qualcosa di molto importante e di significativo”. Queste sono le parole di Moreno Moser ai microfoni della trasmissione di Radio Manà Manà Sport “Ultimo Chilometro”. Il giovane talento classe 1990, reduce dal suo primo anno da professionista, ha commentato così il suo 2012: “Quest’anno ho cercato di fare bene anche a cronometro, per esempio al Giro di Svizzera, dove nella prima prova contro il tempo sono arrivato terzo dietro Sagan e Cancellara. Ho sempre disputato poche cronometro, quindi non mi sono preparato nello specifico, però mi sono sempre trovato bene. Credo che lavorandoci un po’ questa disciplina potrebbe diventare la chiave per poter vincere un giorno una grande corsa a tappe, visto che in salita ho qualche pecca”.
Al primo anno da professionista, Moreno Moser è stato capace di aggiudicarsi un’importante corsa di un giorno come il trofeo Laigueglia e una breve corsa a tappe, il Giro di Polonia: “Ho ottenuto dei risultati oltre le aspettative”, ha affermato a questo proposito. “Ho vinto fin da subito, appena passato professionista, e questo ha sorpreso molti. Sono mancato un po’ nel finale di stagione, non tanto di gambe quanto soprattutto di testa: nell’ultimo periodo ero proprio finito”.
Questi risultati gli hanno permesso di ottenere la convocazione in nazionale: “Quella con la maglia azzurra è stata un’esperienza che mi servirà soprattutto per i prossimi anni. Correre il mondiale per me era importante soprattutto per capire come funzionava, perchè la corsa è più o meno simile a tante altre però si corre con una maglia diversa. Mi rimane senza dubbio il rammarico di non aver corso alle Olimpiadi: probabilmente là potevo esserci”.
Il 2013 di Moreno Moser è ancora un’incognita: “Sicuramente farò uno dei tre grandi giri, ma non so ancora quale. Deciderò in base a vari fattori e con la squadra. Il Giro d’Italia secondo me non darà spazio solo agli specialisti delle prove contro il tempo perchè ci sono anche una cronoscalata e diversi arrivi in salita, quindi non bisogna andare forte solo a cronometro. 55 km contro il tempo sono sì tanti, ma bisogna andare forte anche in salita”.
Per quanto riguarda le classiche, il sogno di Moreno Moser è la Liegi-Bastogne-Liegi: “E’ la corsa di un giorno che sogno fin da bambino. Quest’anno l’ho corsa per la prima volta ed è ancora di più un sogno”.

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#18
Dalle pagine della Gazzetta dello Sport Amadio ha anticipato che Moser comincerà la stagione in Oman e sarà la punta della Cannondale per le classiche delle Ardenne. Già l'anno scorso provo' Freccia Vallone e Liegi, quest'anno i tecnici della squadra si aspettano un altro passo importante da parte sua...
 
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#19
Moser, Sabato sera nascerà il Moreno Fans Club
Grande festa sabato sera a Palù di Giovo (TN) per Moreno Moser e tutti i suoi tifosi. Presso il Palazzetto dello Sport è in programma, infatti, l’inaugurazione del primo Fans Club dedicato al campione trentino.
La serata avrà inizio a partire dalle ore 20.00 con Moreno e tutto lo staff, composto da circa una trentina di persone, a fare gli onori di casa e ad accogliere i tifosi. Aperitivo, primo piatto, bevande ai tavoli e torta, questo il menu per chi desidera partecipare alla cena, al costo di 20 € comprensivi anche di gadget e pre-tesseramento. Per chi invece vuole unirsi alla festa più tardi, per il solo tesseramento, l’ingresso è previsto dopo le ore 22.30 ed il costo della tessera è di 10 €. Partecipazione alla cena gratuita per i ragazzi di età inferiore ai 12 anni e riduzione per la tessera (5 €).
Oltre alla presentazione del Fans Club, tante le sorprese in programma durante la serata, che vuole essere anche l’occasione per festeggiare ulteriormente i successi ottenuti da Moser al suo primo anno da professionista. Proprio a seguito del trionfo al Giro di Polonia, si è concretizzata l’idea di fondare un Fans Club ufficiale, che sarà presieduto da Tommaso Pellegrini. Già da un paio di anni infatti i suoi tifosi avevano iniziato a porre le basi, con la creazione di una pagina ufficiale su Facebook. Dopo essere sbarcati in rete, sono ora pronti a scendere lungo le strade delle corse più importanti a cui il loro beniamino prenderà parte, per sostenerlo ancora più calorosamente e portare ovunque nel mondo il nome di Moreno Moser.
Per partecipare all’inaugurazione, non è necessario prenotare: Moreno e lo staff del Fans Club vi aspettano sabato 29 dicembre a partire dalle ore 20.00 presso il Palazzetto dello Sport di Palù di Giovo (TN) – Via delle Scuole 1
Per ulteriori informazioni, è possibile consultare la pagina Facebook dedicata all’evento http://www.facebook.com/events/493085384047071/ oppure inviare una mail all’indirizzo: fanclubmosermoreno@gmail.com

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#20
Moser: «Porterò a Palù la maglia rosa numero 100»
Una grande inaugurazione merita una promessa ancora più grande. L'inaugurazione del Fans Club Moreno Moser ha regalato stasera emozioni davvero forti: più di 500, infatti, gli iscritti che sin dalla prima sera hanno voluto aderire al Fans Club. E nel corso della festa, alla quale hanno partecipato tra gli altri anche Alessandro Bertolini e Gilberto Simoni, il rampollo della famiglia Moser ha regalao ai suoi tifosi una promessa davvero importante: «Palù di Giovo ha festeggiato 82 maglie rose nella sua storia e io voglio regalarvi la numero 100».
A portare finora il rosa Palù sono stati Francesco (57 volte), Aldo, Enzo Moser e Gilberto Simoni che, in totale, hanno vinto tre volte il Giro. Prepariamoci a rifare i conti, arriva Moreno!

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