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Operacion Puerto - Analisi delle sacche, identificati 30 sportivi
#1
«Operacion Puerto, si è perso troppo tempo»
Lo dice il procuratore capo di Madrid Esteban

In Spagna c'è qualcosa che non va, quando ci vogliono sette anni per giudicare un caso come l'Operacion Puerto. Lo dice il procuratore capo di Madrid, Eduardo Esteban, impegnato nel processo di doping più importante della storia dello sport.
«Sono profondamente dispiaciuto che la questione deve prendere così tanto tempo per essere risolta. Questo è imperdonabile», si è lamentato in un'intervista alla dpa il funzionario pubblico.
«Le procedure che abbiamo in Spagna non sono adeguate. C'è qualcosa che non va. Non può essere che ci vogliano sette anni per giudicare questo caso».
«Questo è il processo più grande mai visto su questioni di doping: un maxi processo, in cui per la prima volta dalla creazione, nel 1999, dell'Agenzia mondiale antidoping (Wada), si siederanno sui banchi degli imputati, medici, sportivi e tecnici. Sette gli imputati, con il famoso medico Eufemiano Fuentes in testa.
A partire da lunedì, decine di media nazionali e internazionali daranno notizia, nel mese e mezzo di sessioni, alle giustificazioni e alle accuse delle persone implicate e degli oltre 30 testimoni che passeranno per il tribunale di Madrid. Non sono pochi coloro che desiderano che questo giudizio aiuti a chiarire molte delle domande che sono sorte durante gli ultimi anni, sulla portata reale dall'operazione realizzata nel 2006 dalla Guardia Civil spagnola, che ha sequestrato oltre 200 sacche di sangue e migliaia di documenti con importanti annotazioni. Il procuratore capo di Madrid, tuttavia, delude le aspettative di coloro che credono che l'Operacion Puerto includeva molto più che solo i ciclisti. »Io non ho visto nessun calciatore, né nessuno schermitore, né nessun altro sportivo, oltre a quelli che sono stati già menzionati", ha spiegato Esteban.
«Mi dispiace perché sono personalmente appassionato di ciclismo - ha aggiunto -. Se avessimo visto il coinvolgimento di altri sportivi, sarebbe stati eventualmente citati come testimoni. Non abbiamo visto nulla e quindi non li abbiamo citati».
Solo ciclisti quindi, 14 tra gli oltre 30 testimoni previsti, compariranno davanti al giudice Julia Patrizio Santamarìa, incaricata di arrivare ad una sentenza per un caso che è stato chiuso e riaperto in un paio di occasioni negli ultimi sette anni. «Il caso non è mai stato chiuso, ma i tempi della giustizia sono troppo lenti in questo paese. Purtroppo. Ed in questo caso sono stati particolarmente lenti», ha aggiunto Esteban.
Durante questo periodo, le autorità sportive, in particolare l'Unione Ciclistica Internazionale e la Wada hanno chiesto, senza successo, l'accesso ai verbali per comminare delle sanzioni. Questo ha solo peggiorato l'immagine negativa all'estero della Spagna, denominata «paradiso del doping».
«Non credo che abbiamo niente da rimproverarci in questo senso - ha aggiunto tuttavia Esteban -. Soprattutto dal 2005 ad oggi, c'è un chiaro atteggiamento da parte delle autorità sportive spagnole di partecipare a questo sentimento generale internazionale».
«Quella che fino ad ora è stata fatta è la fase di investigazione. E questa è sempre segreta - ha spiegato il procuratore capo -. Tuttavia, il processo è pubblico. Pertanto, tutto quello che sarà detto nel processo e verrà inserito nella sentenza, potrà essere utilizzato dalla giustizia sportiva».
Per quanto riguarda l'ambito penale, la procura deve concentrarsi sui crimini contro la salute pubblica, poiché la legge che permetterebbe di giudicare gli accusati di traffico di sostanze dopanti è stata approvata dopo l'operazione. Due anni di prigione e l'interdizione alla professione sarebbe la punizione massima.
«Ma anche se verranno condannati a quella pena, è probabile che non entrino in prigione, perché sono al primo reato e in quel caso e non sono pene molto gravi», ha concluso Esteban.

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#2
Fuentes: le sacche non appartenevano solo a ciclisti
«C'erano calciatori, atleti e altri ancora»

Si è svolto oggi l'interrogatorio di Eufemiano Fuentes al Tribunale di Madrid, nel corso del processo Operacion Puerto. A margine segnaliamo che il giudice ha ammesso la testimonianza di Tyler Hamilton, che sarà posta in calendario nei prossimi giorni e ha accettato il rinvio della testimonianza di Alberto Contador. Il giudice ha deciso che per il momento non verranno utilizzati i dati del computer sequestrato al medico delle Canarie per rispetto della privacy dei nomi riportati. Rinviata per il momento la decisione sulle sacche di sangue.
Tra le prime dichiarazioni di Fuentes, la più importante è questa: «Le sacche di sangue non appartenevano solo a ciclisti, ma anche ad altri sportivi, calciatori, atleti e altro ancora. Non seguivo squadre in particolare, ma singoli atleti. Bastava chiamarmi e io ero disponibile ad aiutarli».
Fuentes poi ha cominciato a spiegare nel dettaglio la pratica delle sacche si sangue prelevate, conservate e poi reiniettate agli atleti.
Inevitabile anche il ricorso alla più abusata delle scuse: «Il synechtene e l'Actovegin erano per me: il primo lo compravo in Germania perché fornito in dosi più piccole che in Spagna, il secono era venduto solo in Germania». E aggiunge, in ripsosta alle domande della giudice: «La confezione di Epo era per mia figlia, malata di cancro, il nordytropil per mio padre, mancato tre mesi dopo».
E ancora: «Non c'è alcun pericolo per la salute pubblica (reato di cui è accusato, ndr) se si rispettano le regole ed io l'ho sempre fatto».
Da segnalare, purtroppo, come il dottore abbia più volte accennato al suo rapporto con la Federazione d'Atletica ma come la giudice continui a fare domande solo sul ciclismo.
Tre soli i nomi di atletifatti da Fuentes: Santiago Botero, Roberto Heras e Unai Osa. «Erano clienti per i quali elaboravo tabelle di allenamento e assicuravo controllo medico. Quanto alle sacche di sangue, venivano prelevate e poi reinfuse solo per evitare problemi di salute».

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#3
(30-01-2013, 05:05 AM)SarriTheBest Ha scritto: Da segnalare, purtroppo, come il dottore abbia più volte accennato al suo rapporto con la Federazione d'Atletica ma come la giudice continui a fare domande solo sul ciclismo.

Strano Dodgy
 
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#4
Saiz: sapevo di Fuentes, non sapevo cosa accadeva da lui
Così si è difeso l'ex tecnico della Liberty Seguros

«Sapevo, ma non sapevo di sapere». In calce al sommo pensiero filosofico, la firma di Manolo Saiz. Nel corso del processo “Operacion Puerto”, l’ex direttore sportivo della Liberty Seguros, ha offerto la sua versione. «Alcuni corridori mi hanno chiesto di andare dal dottor Fuentes e li ho accontentati, ma oltre questo io non so cosa succedeva nel suo ambulatorio e non so nemmeno se davvero questi corridori siano andati da lui. E comunque non posso accettare l’accusa di essere un intermediario: dare il consenso ad una proposta non è fare l’intermediario».

Belda: tutti sapevano che Fuentes seguiva tanti sportivi
«Tra questi però non c'erano i miei corridori»

L'ex team manager Kelme Vicente Belda ha testimoniato oggi al processo Operacion Puerto: «Tutti sapevano che da Fuentes andavano campioni di tutti gli sport, ma ovviamente non sapevo nulla di quel che facesse nel suo ambulatorio. Siao diventati amici dopo che ha lasciato la Kelme, ma nessuno dei miei corridori è stato seguito fa Eufemiano. Le nostre telefonate? Nessun codice, in quel periodo Eufemiano aveva una figlia giovane che sapeva di avere il cancro ed era depressa, per questo gli ho proposto di venire qualche giorno con noi alla Volta a Catalunya, per distrarsi. “Manos pequeñas”? Non era il mio soprannome, signora giudice gaurdi le mie mani.... Nella Kelme e nella Comunidad Valenciana non abbiamo mai avuto problemi, nessun corridore ha mai avuro ematocrito alto e nessuno aveva il permesso di andare da un medico esterno alla squadra. Quando è scoppiata l’Operacion Puerto, siamo stati gli unici a sottoporci all’esane del Dna per dimostrare che non avevamo nulla a che fare con le sacche sequestrate».
Come già avevano fatto gli altri imputati, anche Belda ha scelto di non rispondere alle domande degli avvocati delle parti civili.

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#5
"Ormai siamo per tutti lo sport dei drogati, la feccia di questa società. Sei un ciclista? Sei un dopato. Correre in bicicletta, è sempre stata la mia passione, da quando sono un ragazzino ho dedicato la mia vita alla realizzazione di un sogno, correre il Giro d'Italia. Avevo 15 anni quando il sabato sera me ne tornavo a casa fregandomene degli sberleffi dei miei coetanei che, rincasando alle 9 di sera mi consideravano un mezzo rincoglionito. Avevo 16 anni quando nel branco ero l'unico che si rifiutava di prendere una sigaretta in bocca perchè non era quella che mi faceva diventare grande, avevo 18 anni quando allo sballo del vino facile e abbondante preferivo un bicchiere di spuma al cedro. Avevo 21 anni quando il mio sogno si è avverato e 35 quando mi sono reso conto che era meglio cambiar mestiere. Non è passato giorno che non abbia pensato alla mia professione che poi era anche la mia passione. Andare a letto alle 10 non è mai stato un sacrificio e non mi sentivo ferito neanche quando qualche idiota a bordo strada mi prendeva per il culo solo perchè ero l'ultimo, a mezzora dal primo. Ho gioito come un bambino tutte le volte che ho dedicato gambe e cuore ad un compagno di squadra più forte di me, ho toccato il cielo con un dito quelle poche volte che sono riuscito a vincere una corsa e ho pianto dal dolore non so quante volte quando, insanguinato e ferito, riprendevo la mia bicicletta per andare insieme all' arrivo. Ho trascurato la mia famiglia, assecondato il mio istinto, seguito il mio cuore. Ho macinato 800.000 km, scalato salite impossibili. Ho lottato contro la neve della marmolada, combattuto l'afa sull' Aubisque. Ho cercato sempre di portare la bicicletta all'arrivo e mi sono sempre sentito un eroe anche se per la maggior parte della gente ero un mezzo corridore. Da corridore non mi è mai importato niente del giudizio altrui perchè ero in armonia con me stesso. Come sono in armonia ora nonostante il mio sport sia trattato come il peggiore di tutti. I corridori? Delle merde di uomini che son capaci solo di doparsi. Che poi siano capaci di correre sotto la neve o con 40 gradi nessuno lo dice. Che il 50% di loro guadagni 40.000 lordi cioè 1 euro a km (un prof può arrivare a percorrere 40000 km in un anno) non frega niente a nessuno e che l'unico loro pensiero sia quello di aiutare un proprio compagno di squadra dimostrando una generosità che non è più di questo mondo, una dote che mai viene sottolineata.
No, siamo un branco di drogati. Punto e basta. Poi viene fuori l'operacion Puerto. 500 sportivi coinvolti, 250 sacche di sangue in frigorifero. Dal 2006 solo il nome di qualche ciclista è saltato fuori. Italiani, tedeschi, colombiani ma soprattutto solo ciclisti. Fuentes dice che è disposto a collegare i codici ai nomi ma nessuno gli chiede nulla. Il file del pc non viene toccato per il diritto alla privacy. Fuente dice che se parla salta lo sport in Spagna e per essere tranquilli qualcuno pensa bene di lasciare le sacche di sangue fuori dal figorifero cosi, essendo danneggiate, non servono più a nulla. Il presidente di una squadra di calcio accusa il suo predecessore dicendo che ha pagato a Fuentes centinaia di migliaia di euro. Notizia che va a finire nelle brevi. Esce il nome di una squadra di calcio italiana ma subito a dire che è il nome di un corridore (ovvio) dell' est. Su un numero imprecisato di sacche c'era scritto "campionato d'Europa" e da quel che so io nel ciclismo non c'è tale manifestazione, nel calcio si. Fuentes dice di aver curato anche tennisti, calciatori, atleti dell'atletica leggera ecc ecc ma i nomi che vengono fuori di chi sono? Solo ciclisti. La wada si è presentata ai mondiali di calcio del 2006 ma sono stati rimandati a casa e nessuno ha mai detto nulla. Facile essere forti con i deboli e deboli con i forti. Cipollini era dopato? Non lo so, lo scopriremo ma vorrei sapere chi erano gli altri sportivi che tenevano sacche di sangue in quel frigorifero e soprattutto perchè io che sono un ciclista sono un dopato e tutti gli altri sono dei santi. Ma davvero pensate che il doping sia un problema solo del ciclismo? Ma se sono tra i pochi che accettano passaporto biologico, esami del sangue, reperibilità obbligatoria, perchè gli altri rifiutano tutto questo?"

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#6
Operacion Puerto, da oggi gli interrogatori dei ciclisti
Domani e mercoledì sulla carta le giornate-chiave

Comincia oggi la sfilata di ciclisti chiamati a testimoniare al processo sull'Operacion Puerto. Sfilata di ciclisti pecche sono i soli nomi noti emersi già nel 2006 ai tempi dell'operazione.
Così oggi ci saranno le deposizioni di Ivan Basso, Marcos Serrano, Dario Gadeo, Pedro Diaz Lobato e Jorg Jaksche, domani quelle di Vicioso, Osa, Nozal, Beloki ed Extebarria, mercoledì quella attesa di Jesus Manzano, uno dei principali accusatori di Fuentes.
Si passerà poi a martedì 19 con la videoconferenza di Hamilton ed infine la settimana seguente con quella di Alberto Contador, che a differenza degli altri è un teste citato dalla difesa di Manolo Saiz: anche il madrileno parlerà in videoconferenza sebbene la sua casa di Pinto sia ad una manciata di chilometri dal tribunale dove si svolgono le udienze.

tuttobiciweb.it
 
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#7
Jaksche ha detto di essersi dopato per tutta la carriera (Polti, Telekom, CSC e Liberty Seguros), poi ha parlato di quello che gli dava Fuentes e di come lo pagava (prima lo pagava direttamente la squadra, poi dopo che Nozal fu cacciato dal Delfinato lui da solo)

Comunque sul fatto che sentano solo ciclisti, il problema è che lo scopo del processo è condannare Fuentes e sui casi legati al ciclismo hanno tantissime prove, che evidentemente gli altri clienti hanno nascosto meglio, bastano quelle, per l'accusa sarebbe inutile andare a cercare altrove
 
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#8
(11-02-2013, 01:25 PM)ManuelDevolder Ha scritto: "Ormai siamo per tutti lo sport dei drogati, la feccia di questa società. Sei un ciclista? Sei un dopato. Correre in bicicletta, è sempre stata la mia passione, da quando sono un ragazzino ho dedicato la mia vita alla realizzazione di un sogno, correre il Giro d'Italia. Avevo 15 anni quando il sabato sera me ne tornavo a casa fregandomene degli sberleffi dei miei coetanei che, rincasando alle 9 di sera mi consideravano un mezzo rincoglionito. Avevo 16 anni quando nel branco ero l'unico che si rifiutava di prendere una sigaretta in bocca perchè non era quella che mi faceva diventare grande, avevo 18 anni quando allo sballo del vino facile e abbondante preferivo un bicchiere di spuma al cedro. Avevo 21 anni quando il mio sogno si è avverato e 35 quando mi sono reso conto che era meglio cambiar mestiere. Non è passato giorno che non abbia pensato alla mia professione che poi era anche la mia passione. Andare a letto alle 10 non è mai stato un sacrificio e non mi sentivo ferito neanche quando qualche idiota a bordo strada mi prendeva per il culo solo perchè ero l'ultimo, a mezzora dal primo. Ho gioito come un bambino tutte le volte che ho dedicato gambe e cuore ad un compagno di squadra più forte di me, ho toccato il cielo con un dito quelle poche volte che sono riuscito a vincere una corsa e ho pianto dal dolore non so quante volte quando, insanguinato e ferito, riprendevo la mia bicicletta per andare insieme all' arrivo. Ho trascurato la mia famiglia, assecondato il mio istinto, seguito il mio cuore. Ho macinato 800.000 km, scalato salite impossibili. Ho lottato contro la neve della marmolada, combattuto l'afa sull' Aubisque. Ho cercato sempre di portare la bicicletta all'arrivo e mi sono sempre sentito un eroe anche se per la maggior parte della gente ero un mezzo corridore. Da corridore non mi è mai importato niente del giudizio altrui perchè ero in armonia con me stesso. Come sono in armonia ora nonostante il mio sport sia trattato come il peggiore di tutti. I corridori? Delle merde di uomini che son capaci solo di doparsi. Che poi siano capaci di correre sotto la neve o con 40 gradi nessuno lo dice. Che il 50% di loro guadagni 40.000 lordi cioè 1 euro a km (un prof può arrivare a percorrere 40000 km in un anno) non frega niente a nessuno e che l'unico loro pensiero sia quello di aiutare un proprio compagno di squadra dimostrando una generosità che non è più di questo mondo, una dote che mai viene sottolineata.
No, siamo un branco di drogati. Punto e basta. Poi viene fuori l'operacion Puerto. 500 sportivi coinvolti, 250 sacche di sangue in frigorifero. Dal 2006 solo il nome di qualche ciclista è saltato fuori. Italiani, tedeschi, colombiani ma soprattutto solo ciclisti. Fuentes dice che è disposto a collegare i codici ai nomi ma nessuno gli chiede nulla. Il file del pc non viene toccato per il diritto alla privacy. Fuente dice che se parla salta lo sport in Spagna e per essere tranquilli qualcuno pensa bene di lasciare le sacche di sangue fuori dal figorifero cosi, essendo danneggiate, non servono più a nulla. Il presidente di una squadra di calcio accusa il suo predecessore dicendo che ha pagato a Fuentes centinaia di migliaia di euro. Notizia che va a finire nelle brevi. Esce il nome di una squadra di calcio italiana ma subito a dire che è il nome di un corridore (ovvio) dell' est. Su un numero imprecisato di sacche c'era scritto "campionato d'Europa" e da quel che so io nel ciclismo non c'è tale manifestazione, nel calcio si. Fuentes dice di aver curato anche tennisti, calciatori, atleti dell'atletica leggera ecc ecc ma i nomi che vengono fuori di chi sono? Solo ciclisti. La wada si è presentata ai mondiali di calcio del 2006 ma sono stati rimandati a casa e nessuno ha mai detto nulla. Facile essere forti con i deboli e deboli con i forti. Cipollini era dopato? Non lo so, lo scopriremo ma vorrei sapere chi erano gli altri sportivi che tenevano sacche di sangue in quel frigorifero e soprattutto perchè io che sono un ciclista sono un dopato e tutti gli altri sono dei santi. Ma davvero pensate che il doping sia un problema solo del ciclismo? Ma se sono tra i pochi che accettano passaporto biologico, esami del sangue, reperibilità obbligatoria, perchè gli altri rifiutano tutto questo?"

davidecassani.it

Ma tanto,a chi lo dici?
Tutti noi appassionati di ciclismo siamo d'accordo,e guardiamo con ammirazione a queste parole,ma chi la pensa diversamente riterrà sempre noi ciclisti dei coXXXni che passiamo giornate in sella,facendo molte rinuncie,o meglio stronzate,passatemi il termine,quali fumare o ubriacarsi il sabato sera...
 
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#9
Jaksche punta il dito contro i dirigenti della Once
«Ci spingevano da Fuentes e ci facevano firmare lettere false»

Lunghissima testimonianza oggi di Jorg Jaksche al processo Operacion Puerto, al punto che la giudice Santamaria ha deciso di procrastinare le altre testimonianze ed in particolare quella di Marcos Serrano
Mentre Fuentes cambiava avvocato per divergenze sulla strategia difensiva, l'ex corridore tedesco della Once ha chiamato in causa i dirigenti del team, non tanto i direttori sportivi (rispondendo su questo argomento ad una precisa domanda dell'avvocato del Coni) ma i gestori, i capi veri del team.
«Il ciclismo non è uno sport di mafiosi, ma alla fine finiscono per pagare solo gli atleti ed è questo che non va bene: ricordo che ci fecero firmare un documento in cui dicevamo che non ci eravamo mai dopati, che non conoscevamo Fuentes e che non avevamo nulla a che fare con l'Operacion Puerto. Una cosa ridicola, perché erano gli stessi che ci spingevano a doparci e ad andare da Fuentes».
E ancora: «Quando sono arrivato da Fuentes su indicazione di Saiz, mi ha subito proposto anabolizzanti che venivano preparati in Russia apposta per lui e si mostrava orgoglioso di questo. E Fuentes aveva un collaboratore anche in Germania, il dottor Markus Choina».
Il tedesco ha poi raccontato nei dettagli come funzionava il sistema di prelievi e reinfusioni di sangue, di sigle per riconoscere le sacche e tutto quanto faceva parte delle "cure" propostegli ed effettuate da Fuentes.

Basso: «Volevo essere il ciclista più forte del mondo»
Il varesino ha testimoniato in videoconferenza

Ivan Basso è stato il secondo e ultimo corridore a testimoniare oggi nel corso del processo Operacion Puerto. Il varesino - collegato in videoconferenza da Tenerife, dove è in ritiro - ha ammesso di aver conosciuto il dottor Fuentes nel 2001 e di essere andato da lui nell'autunno del 2005.
«È stata una mia iniziativa, non sapeva nulla la squadra, non sapeva nulla la mia famiglia. Perché l'ho fatto? Perché da piccolo sognavo di diventare il ciclista più forte del mondo».
Il varesino ha confermato di essersi sottoposto a tre prelievi di sangue ma di non averne mai fatto uso. «L'idea era quella di procedere con le reinfusioni prima del Tour de France, visto che la tecnica del congelamento permetteva di conservarle per lungo tempo, perché il mio sogno è sempre stato quello di vincere quella corsa».
Basso si era accordato con Fuentes per un compenso di 70.000 euro e di averne pagate 15.000. «Credo di essere l'unico ciclista ad aver pagato totalmente per quello che ha fatto e ho accettato di rispondere perché ritenevo moralmente giusto farlo e perché ora finalmente potrò concentrarmi sul mio grande obiettivo, il Giro d'Italia».

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#10
L'avvocato di Manolo Saiz mette in imbarazzo Basso
Gli mostra dei fax, il varesino non ricorda: scontro sulle date

Lo scrive oggi su La Gazzetta dello Sport Filippo Maria Ricci, corrispondente da Madrid della rosea: «Le domande dell’accusa scorrono via senza sussulti, così come quelle della difesa. Fino a quando tocca all’avvocato di Manolo Saiz (d.s. della Liberty, anche lui arrestato con Fuentes nel 2006), che chiede alla giudice di mostrare a Basso un foglio manoscritto sequestrato a Fuentes e datato 27 aprile 2005 (mesi prima della data nella quale, secondo Basso, iniziò la sua collaborazione con Fuentes usando lo pseudonimo Birillo) nel quale non solo appare il nome del cane ma si legge: «Bisogna portargli 2 sacche di plasma, 3 unità di ormoni, 10 cerotti di testosterone e il numero del conto della banca svizzera». Basso trasalisce, inizia a sudare, perde sorriso e colore. «Ha ricevuto questo fax?». «No» la risposta secca. L’avvocato dell’accusa (Wada) chiede alla giudice di fare luce per suo conto su quel foglio compromettente. Il magistrato passa la palla a Basso che, in difficoltà, si difende come può: «Non riconosco questo documento. Sono passati tanti anni, non posso ricordare ora». La seduta si chiude, dopo 76’.

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Pensa a fare meno il santarellino e a dire di più la verità... Eheh
 
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#11
Beloki e Nozal negano: non ci siamo mai dopati
Testimonianza dei due al processo Operacion Puerto

L'ex ciclista Joseba Beloki ha negato oggi ''in maniera categorica'' di aver conosciuto e ''scambiato parola'' con Eufemiano Fuentes, nel processo della 'Operazione Puerto' in corso presso la sezione numero 21 del Tribunale penale di Madrid.
Comparendo in videoconferenza in veste di testimone, Beloki ha negato di conoscere i documenti sequestrati a Fuentes in cui figurano le sigle 'J.B.' e 'BLK' assieme a un piano sportivo del 2005 e ai pagamenti di sostanze dopanti, e che fosse sua una sacca di sangue fra le oltre 200 sequestrate dalla Guardia Civile nel maggio 2006, nell'ambito dell'Operazione Puerto.
All'epoca l'ex ciclista faceva parte del team Liberty, diretto da Manolo Saiz, imputato con Fuentes ed altre tre persone di un reato contro la salute pubblica.
Anche l'altro corridore spagnolo Isidro Nozal, che risulto' positivo per Epo-Cera durante il Giro del Portogallo nel 2009, ascoltato in videoconferenza, ha negato di essersi dopato. Ha ammesso di essere stato contattato nel marzo del 2005 da Fuentes, che si offri' di seguire la sua preparazione. Cosa che poi fece fino a maggio quando, in un controllo antidoping al team del giro del Delfinato, fu rilevato in Nozal un livello di ematocrito superiore a quello consentito, e il ciclista venne fermato.
''Stetti male psicologicamente - ha ricordato il corridore -. Mi rinchiusi in me stesso, in casa e per un mese non volli sapere nulla del ciclismo. Non chiesi niente a nessuno''.
Nozal ha anche sostenuto che non ci fosse un nesso fra il suo test positivo per Epo e il trattamento cui lo aveva sottoposto Fuentes. Quest'ultimo invece gli avrebbe raccomandato ''di prendere vitamine e aminoacidi''.
Le testimonianze di Alberto Contador, assieme a quelle dei ciclisti Marcos Serrano e Angel Vicioso sono state rinviate per motivi differenti al prossimo 22 febbraio, secondo quanto hanno informato fonti del Tribunale Superiore di Giustizia di Madrid. (ANSA).
 
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#12
Mitico Basso...ha avuto 6 anni e non ha ancora imparato la storia da raccontare per bene...
 
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#13
Manzano ribadisce: Fuentes mi ha seguito con Epo e ormoni
Il medico nega, l'ex coridore passa al contrattacco

Importante tesimonianza, quella di Jesús Manzano, protagonista stamane dell’udienza del processo della Operación Puerto. Innanzi tutto l’ex corridore ha confermato di essere stato seguito dal dottor Eufemiano Fuentes, che invece aveva negato la circostanza.
«Mi hanno somministrato EPO nel 2000, 2001 e 2003 da Eufemiano. Ci dava l’EPO e ci raccomandava di metterla in un termos. Le estrazioni di sangue si facevano invece nella clinica di Merino e in media ci toglievano un litro di sangue. A quei tempi avevo un ematocrito al 56%, lo misuravamo con una centrifuga che ci aveva dato la squadra. Le sigle? Pelas erano le unità di EPO. Un punto era EPO. Un punto e un asterisco era EPO russa. La pianificazione medica la faceva Eufemiano, degli allenamenti si occupava Labarta, entrambi coordinati con Vicente Belda. Per evitare la positività ricorrevamo ad una polvere bianca da mettere sul pene prima di orinare, mentre per affrontare i controlli dell’Uci ricorrevanmo a siero o albumina umana che abbassavano l’ematocrito. Ci iniettavano mezzo litro di roba, poi Belda o uno dei suoi ci davano una pastiglia che ci faceva sudare molto e orinare per eliminare questo liquido in eccesso»
E ancora: «Mi hanno somministrato anche HMG. Eufemiano aveva il suo quartier generale all’hotel Aída de Torrejón. Mi diede una ricetta firmata a nome di sua sorella per acquistare HMG in una certa ricevitoria. L’HMG serve per riequlibrare testosterone ed epitetosterone, evitando positività. Le ricette le firmava Eufemiano ed erano intestate a Yolanda, poiché si tratta di un medicinale destinato alle sole donne. E alla farmacia dei Cuatro Caminos io non pagavo e come me facevano tutti i corridori della Kelme. Per affrontare un Tour, mi prelevarono due sacche a Valencia e poi a portarle in Francia ci pensò la colomba messaggera, Alberto León, nascoste in contenitori di vino in tetrapack».

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#14
Doping, secondo il giornale NRC Handelsblad anche Pantani, Bartoli, Vainsteins e Fränk Schleck tra i clienti di Fuentes
Continuano a venir fuori, dalle carte di Eufemiano Fuentes, dottore-dopatore sotto processo a Madrid, nomi di ciclisti che sarebbero stati suoi clienti. Secondo il giornale olandese NRC Handelsblad, gli ultimi della lista sarebbero Marco Pantani, Michele Bartoli, Romans Vainsteins e Fränk Schleck. Il Pirata avrebbe usufruito dello pseudonimo Panticosa, il nome in codice di Bartoli sarebbe stato Sansone, mentre Vainsteins era Vains e Schleck era il "famoso" Amigo de Birillo. Per i due italiani si parla di vari trattamenti (tra cui EPO, autoemotrasfusioni, insulina, steroidi, testosterone e Aranesp) nei primi anni 2000; Vainsteins sarebbe coinvolto per via di pagamenti nei confronti di Fuentes (un conto di 40mila euro annui), mentre Schleck avrebbe lasciato dal medico due sacche del suo sangue a fine 2005, ma poi non se lo sarebbe ritransfuso alla vigilia del Tour 2006 a causa dell'esplosione del caso Operación Puerto. Preso atto di quanto sopra, restiamo in fiduciosa attesa che vengano fuori dalle carte (o dalle testimonianze) di Fuentes anche i nomi di altri sportivi, in particolare calciatori. In modo da contestualizzare al meglio tutta la vicenda che vede protagonista l'ormai famigerato dottore spagnolo.

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#15
Hamilton: andavamo in gruppo da Fuentes
«È stato Riis a mettermi in contatto con Eufemiano»

Tyler Hamilton è stato protagonista oggi in videoconferenza al processo Operacion Puerto. L’ex corridore ha raccontato nel dettaglio la sua collaborazione con il dottor Fuentes. «L’ho sentito la prima volta nel gennaio del 2002 prima di incontrarlo in un’area di servizio tra Barcellona e Valencia. A marzo ho fatto il primo prelievo di sangue. In totale ho fatto una quindicina di autotrasfusioni sia in presenza di Fuentes che del dottor Merino Batres. Anche Alberto Leon mi ha praticato una trasfusione al Tour de France 2002. Nel giugno 2004 sono andato a Madrid dalla Francia con altri corridori: andavamo tutti da Fuentes. Gli pagavo da 25.000 a 35.000 euro nei primi due anni, 50.000 euro dal 2004 che comprendevano trasfuzioni, EPO, ormoni della crescita, testosterone e insulina. Sono andato da Fuentes fino al settembre del 2004 quando mi hanno trovato positivo: forse ho ricevuto sangue di un altro, forse il controllo è stato fatto in modo non regolare. Con me raggiunsero Madrid Santi Perez, Alvaro Pino, Oscar Sevilla e Enrique Gutierrez. È stato Bjarne Riis, ai tempi della CSC, a mettermi in contatto con Fuentes».

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#16
Spagna: chiuso il processo, inizieranno le indagini
Lo promette la presidente dell'Agenzia Antidoping

Il presidente della agenzia anti-doping spagnola ha promesso che farà tutto il possibile per poter utilizzare le prove raccolte nell'ambito della Operacion Puerto una volta terminato il processo.
Se in Spagna la giustizia penale non può punire accusati e coinvolti perché non c’era la legge antidoping ai tempi dei fatti, la giustizia sportiva può invece fare il proprio corso: la WADA ha chiesto proprio questo e l’agenzia spagnola si è detta d’accordo.
«Al termine del processo, inizieremo a lavorare noi - ha promesso Ana Munoz parlando con The Associated Press -. Sono consapevole dei dubbi che esistono all'estero sulla lotta al doping in Spagna. Passo l’80 per cento del mio tempo a cercare di cambiare questa immagine con fatti concreti».

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#17
Chiesti due anni di carcere per Eufemiano Fuentes
Secondo l'accusa avrebbe messo in pericolo la salute pubblica

Due anni di carcere: è questa la richiesta del pubblico ministero per Eufemiano Fuentes nel'ambito del processo sull'Operacion Puerto a Madrid. Il medico spagnolo è accusato di guidare una rete ''fraudolenta''.
Secondo l'accusa con la complicità di altre quattro persone avrebbe messo in pericolo la salute pubblica con la pratica di emotrasfusioni su diversi ciclisti. Nella sua requisitoria, il pm Rosa Calero ha descritto Fuentes come ''l'anima e ideologo'' di una rete ''fraudolenta e penalmente riprovevole'', facendosi pagare per migliorare le prestazioni sportive.

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#18
Fuentes disposto a fornire l'elenco dei suoi "clienti"

Trema lo sport mondiale. Il famigerato ginecologo Eufemiano Fuentes, al centro di una vasta rete di doping ematico e farmacologico rivelato dall`inchiesta della Guardia Civil spagnola `Operacion Puerto` il cui processo si sta celebrando a Madrid, ha detto di essere pronto a dare alla Wada, l`agenzia mondiale antidoping e all`agenzia spagnola la lista completa dei suoi clienti se sarà richiesta. `Sarei disponibile a dare tutto, ma non so cosa potrà loro servire`, ha detto il medico nell`udienza di oggi. `Se nel quadro di questa collaborazione questa lista sarà necessaria, loro l`avranno`, ha precisato. Fuentes aveva già dato la disponibilità a fornire l`elenco completo dei suoi `assistiti` nelle prime udienze del processo, ma il giudice non aveva colto l`occasione giudicando che il processo riguardasse solo la violazione della legge allora in vigore quella che ha portato all`accusa di attentato alla salute pubblica, non essendo all`epoca il doping reato penale in Spagna. Ma quello che non è significativo per la legge iberica potrebbe esserlo per i regolamenti sportivi e gli atleti coinvolti potrebbero essere giudicati e sanzionati dai rispettivi ordinamenti antidoping nazionali. Intanto l`Uci, la federazione ciclistica internazionale, che è parte dell`accusa ha chiesto ai giudici `una sentenza esemplare`. `Questo procedimento si e` allungato deplorevolmente per quasi sette anni, ma e` arrivato il momento che il mondo sappia la risposta che da` la Spagna a questo tipo di condotte`, ha detto l`avvocato dell`Uci, Pablo Jime`nez de Parga, nella presentazione della sua relazione finale. `Non pensare cosi` e` chiudere gli occhi davanti alla realta“, ha aggiunto l`avvocato, che ha sottolineato la `rilevanza pubblica` del processo di Madrid, seguito da `decine di mezzi di comunicazione nazionali ed internazionali`. `Stiamo davanti al processo sul doping piu` grande mai celebrato, non solo in Spagna, ma probabilmente nel mondo`, ha spiegato. `Per questo motivo chiedo che la sentenza sia esemplare`. Fuentes, intanto ha reclamato ancora una volta la sua innocenza rispetto ai capi d`accusa (il doping sportivo è scontato, ma non può essere punito dalla legge spagnola perché all`epoca non era considerato reato). `Tutto quello che ho fatto l`ho fatto nel rispetto della legge. In 35 anni di esperienza lavorativa non ho mai torto un capello ad un paziente. Pentirmi di aver fatto il mio mestiere al meglio delle mie possibilità non avrebbe senso`.

repubblica.it
 
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#19
Operacion Puerto, martedì 30 aprile la sentenza
La giudice Santamaria ha convocato gli avvocati degli imputati

A quasi sette anni di distanza dall’apertura dell’Operacion Puerto, la giustizia spagnola sta per mettere la parola fine alla vicenda. Secondo informazionia pparse sulla stampa iberica, infatti, il giudice Julia Patricia Santamaria emetterà la sua sentenza nei prossimi giorni: gli avvocati dei cinque imputati sono stati convocati al Tribunale di Madrid per il prossimo 30 aprile.
Ricordiamo che gli imputati sono Eufemiano Fuentes, sua sorella Yolanda lei pure medico, gli ex direttori sportivi "Manolo" Saiz (Liberty Seguros) e Vicente Belda (Comunitat Valenciana) ed il vice di quest’ultimo José Ignacio Labarta.

tuttobiciweb.it
 
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#20
Un anno di carcere per Eufemiano Fuente
Il medico dell'Operacion Puerto condannato dal Tribunale di Madrid per "delitto contro la salute pubblica". Le sacche di sangue saranno distrutte

Un anno di carcere e 4 anni di inibizione professionale a Eufemiano Fuentes, quattro mesi di carcere e 4 anni di inibizione professionale a Ignazio Labarta, assolti la sorella di Fuentes, Yolanda, e gli allora ds di Kelme e Liberty Seguros Vicente Belda e Manolo Saiz. Il Tribunale di Madrid ha anche respinto la richiesta di identificare le 200 sacche di sangue anonime, che verranno distrutte. Questa la sentenza di primo grado dell'Operacion Puerto, letta oggi a Madrid.

Il medico dell'Operacion Puerto è stato condannato per "delitto contro la salute pubblica": comminata anche una multa giornaliera di 15 euro per 10 mesi. Per il momento Fuentes approfitterà della sospensione della pena (essendo la condanna inferiore a due anni) e farà sicuramente ricorso.

Ne è passato di tempo da quel lontano maggio 2006 quando la polizia spagnola trovò di tutto nel laboratorio di Eufemiano Fuentes, tra steroidi anabolizzanti e sacche di sangue. Un'indagine partita pochi mesi prima sulla scia delle rivelazioni di un corridore, Jesus Manzano, e che portò all'arresto del medico spagnolo e di Manolo Saiz, all'epoca team manager della Liberty Seguros.

Fu l'inizio dello scandalo, con alcuni dei clienti di Fuentes, tra cui Jan Ullrich e Ivan Basso, estromessi dal Tour de France di quell'anno. Altri corridori hanno pagato il legame con Fuentes, tra i più noti Alejandro Valverde e Michele Scarponi, per quanto molti clienti non siano stati a tutt'oggi identificati.

Le indagini sono andate avanti a rilento e solo nello scorso gennaio è iniziato il processo che si è concluso il 2 aprile scorso. La sentenza di oggi chiude anche la storia delle oltre 200 sacche di sangue sequestrate durante l'operazione, appartenenti a 36 diversi atleti, che andranno distrutte su decisione del Tribunale di Madrid. Fuentes, durante il processo, aveva aperto alla possibilità di collaborare per l'identificazione dei suoi clienti che, a detta dello stesso medico, non provengono solo dal ciclismo ma spaziano dal calcio al tennis, passando per atletica e pugilato.

eurosport.com
 
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