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Passaporto biologico, il rapporto dell'Uci
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Passaporto biologico, il rapporto dell'Uci
L’UCI ha fatto il punto ieri a Parigi sul Passaporto Biologico, a cinque mesi dal lancio della nuova collaborazione con la APMU (Athlete Passport Management Unit) in base alle nuove disposizioni della Wada.
Il presidente Pat McQuaid ha sottolineato come, a quattro anni dalla sua adozione, il passaporto biologico rappresenti tuttora lo strumento più performante di cui dispone l’Uci nella sua lotta al doping. «Non solo il passaporto biologico ha migliorato la nostra capacità di scoprire gli atleti che potrebbero imbrogliare, ma - quel che più conta - ha trasformato il comportamento del gruppo. Le squadre stanno adottano un approccio sempre più scientifico e psicologico, rivoluzionario rispetto a quanto accadeva ai tempi dell’Epo».
Il consigliere scientifico dell’Uci Mario Zorzoli, ha rivelato come «Dagli esordi il passaporto biologio è continuamente migliorato.Il suo effetto dissuasivo ha cambiato i parametri psicologici in seno al plotone».
La Direttrice della Cycling Anti-doping Foundation (CADF), Francesca Rossi ha aggiunto: «Il passaporto biologico ha permesso di migliorare la qualità dei controlli. Nel 2012 abbiamo già prelevato 4006 campioni al 31 maggio e siamo in linea con gli sforzi compiuti negli anni scorsi».

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