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Storia e gloria del grande ciclismo prima della seconda guerra mondiale
#1
Apro questo topic perché mi piacerebbe discutere, magari con l'aiuto di Morris, di questo periodo storico assai affascinante, che parte dalla fine del primo decennio del '900 e arriva fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.

E' l'epoca in cui i pionieri, pian piano, si trasformano in sportivi veri e propri, si parte dai Gerbi, Faber, Lapize (per me uno dei più forti di sempre) e si arriva a Sylvère Maes, a Giovanni Valetti, al primo Bartali, passando per Girardengo, Thys, i Pelissier, Brunero, Binda, Bottecchia, Frantz, Suter, Leducq, Magne e via dicendo.

E' qua che nasce il ciclismo come lo conosciamo oggi: i grandi giri, le tappe di montagna, le cronometro ecc...




Che spettacolo.
 
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#2
[Immagine: cyclists-among-which-antonin-magne-and-a...d134363709]

La generazione d'oro prodotta dal ciclismo francese negli anni '30 merita un focus: Magne, Leducq, Speichler, Lapébie, Vietto, Le Grevès, Charles Pelissier.

Non a caso, infatti, gli anni '30 furono l'unico decennio, da cent'anni a questa parte, in cui i francesi riuscirono a vincere il Tour de France con 4 corridori diversi (Leducq, Magne, Lapébie e Speichler).

Antonin Magne, detto "Tonin le sage", e André Leducq, conosciuto anche come "Dédé gueule d'amour et muscles d'acier", profondamente diversi, ma, nonostante ciò, grandi amici, sono stati le stelle più luminose della loro epoca.

Magne, boxer, come Merckx, prima di diventare ciclista, era un coraggioso, un corridore che, probabilmente, tutti quanti avremmo amato. Fu 6° nella generale e vincitore di una tappa al primo Tour della carriera, nel '27, mentre l'anno seguente confermò il sesto posto, ma conquistò una frazione in più. Fu anche uno dei primi grandi cronoman della storia, capace di conquistare tre GP delle Nazioni consecutivi tra il '34 e il '36.

Leducq, invece, era un corridore estremamente elegante e veloce, capace di vincere in ogni modo e su ogni terreno. E' l'ultimo corridore nella storia ad essere riuscito a vincere Tour de France, Parigi - Roubaix e Parigi - Tours, prima di lui ci riuscirono solamente Octave Lapize, Francois Faber e Henri Pelissier (Sean Kelly, invece, è l'ultimo ad aver conquistato Roubaix, Tours e uno qualsiasi dei grandi giri, lui e Moser sono, peraltro, gli unici ad esserci riusciti nel dopoguerra). Oltretutto le sue 25 vittorie di tappa alla Grande Boucle lo collocano al quarto posto dei plurivincitori di frazioni della corsa francese, alle spalle di Merckx, Hinault e Cavendish. Durante gli anni '30 fu, probabilmente, lo sportivo più amato di Francia.

Quando Desgrange, nel 1930, inaugurò il Tour per nazionali, per la Francia, ormai a secco da ben sette stagioni e vincente solo una volta negli ultimi 18 anni, arrivò la svolta. I cugini transalpini, difatti, potevano schierare un'autentica corazzata, con corridori del calibro di Charles Pelissier (vincitore di 8 tappe quell'anno), Marcel Bidot, i fratelli Pierre e Antonin Magne e, soprattutto, André Leducq.

Leducq strappa la maglia gialla a Learco Guerra nel corso della 9a tappa, la Pau - Luchon, che aveva visto vincente un altro italiano, il trombettiere di Cittiglio, Alfredo Binda. Binda, probabilmente l'unico che può realmente contendere a Merckx la palma di corridore più forte della storia, si ritirò il giorno seguente (pare avesse un accordo con Desgrange per correre le prime dieci tappe, inoltre, si dice, fosse furioso con la federazione italiana perché ancora non gli avevano dato i soldi che gli avevano promesso quando gli chiesero di saltare il Giro).

Ad ogni modo, con Binda ritirato, per Leducq la strada sembrava tutta in discesa, ma, ironia della sorte, fu proprio una discesa, anzi due, presenti nella stessa frazione, quella del Galibier e quella del Telegraphe, a riaprire i giochi. André cadde in entrambe e Guerra ne approfittò, attaccò e, ad un certo punto, arrivò addirittura ad avere 15 minuti di vantaggio sulla maglia gialla. Tuttavia la selezione francese si strinse attorno al proprio capitano, Bidot gli passò la bici, e, dando una dimostrazione di forza e coesione straripanti, ripresero tutti quanti, inclusa la "locomotiva umana". Il vincitore, quel giorno, fu proprio Leducq, il quale, allo sprint, superò il compagno Pelissier.

Quel guizzo fu la parola fine su un Tour dominato dalla nazionale francese, Leducq primo, due anni dopo il primo podio alla Grande Boucle (2° a 50' dal lussemburghese Frantz), Tonino il saggio 3°, Bidot 5°, Pierre Magne 6° e Pelissier 9°. 1° posto nella classifica a squadre con un'ora e 48 minuti sul Belgio e 12 tappe vinte (8 Pelissier, 2 Leducq e una a testa Antonin Magne e Jules Marviel).

L'anno seguente fu, invece, la volta di Magne. Il 1931 di Tonin le Sage, prima della Grande Boucle, fu tutt'altro che esaltante. Per via dei problemi economici della Alleluia - Wolber fu costretto a passare alla France Sport sul finire del 1930. La France Sport era tutt'altro che uno squadrone e spesso Magne era costretto a partecipare alla grandi corse da indipendente. Inoltre, una brutta caduta ne penalizzò l'inizio di stagione. A maggio, poi, venne al Giro, correndo per un'altra squadra modesta quale la Ganna, ma un problema meccanico, nella tappa con arrivo a Napoli, gli fece perdere moltissimo tempo e, per questo, non riuscì a far classifica.

Conclusa la corsa italiana Magne tornò in Francia e andò ad allenarsi sui Pirenei fino all'inizio della Grande Boucle. Qua, dopo un inizio tranquillo, fece fuoco e fiamme nella tappa che da Pau andava fino a Luchon. Partì tutto solo sull'Aubisque e nella discesa che precedeva il Tourmalet riprese un drappello di attaccanti, comprendente il pericolosissimo belga Jef Demuysere, già 3° nel '29, e l'italiano Antonio Pesenti, il quale aveva appena vinto il Giro battendo proprio il sopraccitato Demuysere, che si erano mossi in precedenza.

In seguito, sul Peyresourde, attaccò e si tolse di ruota tutti quanti. Pesenti fu 2° di tappa a oltre 4', mentre Demuysere, il quale, nel frattempo, era caduto, arrivò dopo 8'.

Da lì in poi corse sulla difensiva, forte di una nazionale solidissima in grado di proteggerlo in ogni frangente. Nella Nizza - Gap fu vittima di diversi problemi meccanici, ma Charles Pelissier, calatosi perfettamente nei panni di eccellente scudiero, rimase sempre al suo fianco e lo aiutò a contenere il distacco da Demuysere. Al traguardo Magne perse appena 2'22" dal belga.

Demuysere, in compagnia del connazionale tre volte vincitore della Roubaix Gaston Rebry, mise in atto un'imboscata disperata nei vari settori di pavé presenti nella penultima tappa, la Charleville - Malo-les-Bains. Magne, tuttavia, si inventò una prestazione fenomenale, arrivando al punto di mordere le ruote dei belgi pur di non mollarle. Rebry vinse la tappa con 11" su Demuysere e sullo stesso Magne che, quel giorno, mise il sigillo sul suo primo Tour de France.

Continua................
 
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#3
Questo topic per me è utilissimo,per il semplice fatto che per quanto riguarda quel periodo(a parte il primo Bartali e la tragedia di Bottecchia) lo conosco molto poco ma che mi ha sempre affascinato,addirittura più che l'epoca d'oro(coppi e Bartali)
 
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#4
Mi perdonerete se andrò pianino, ma il tempo è quello che è, sono appena rincasato ora e tra poco devo uscire.

Nel '32, ad ogni modo, due dei membri più illustri del dream team francese, vale a dire Charles Pelissier e il vincitore uscente Antonin Magne, non si presentarono al via della Grande Boucle, il primo per via di una frattura alla clavicola e il secondo per concentrarsi sul suo grande obiettivo stagionale: il campionato nazionale francese (questo ci fa capire quanto il prestigio di certe corse sia variato nel corso dei decenni).

La nazionale transalpina, dunque, puntò tutto su Leducq, al cui fianco misero una selezione giovane, ma ricca di talento, tra le cui fila spiccavano Georges Speichler, Roger Lapébie e Maurice Archambaud (segnatevi questi nomi, ne riparleremo a tempo debito).

I rivali principali, questa volta, non furono né gli italiani né i Belgi, ma una nazione emergente che si stava pian piano affermando nel panorama ciclistico internazionale: la Germania.

Come i francesi anche i tedeschi, negli anni '30, si ritrovarono tra le mani una generazione d'oro. La quale, peraltro, si impose già prima dell'instaurazione del regime nazista, per cui, in questo caso, non vi è alcun merito di una dittatura dietro a un exploit sportivo.

La formazione teutonica del '32 può essere definita con una sola parola: stellare. Schieravano Ludwig Geyer, futuro vincitore di un Tour de Suisse, Herbert Sieronski, classicomane capace di arrivare sul podio sia a Roubaix che a Tours, il solidissimo Oskar Thierbach, il fenomenale austriaco Max Bulla (la nazionale, ufficialmente, era sia tedesca che austriaca, ma, in verità, erano 7 tedeschi più Bulla). E poi vi era il capitano, fresco di quinto posto al Giro d'Italia, Kurt Stopel, primo tedesco nella storia a vestire la maglia gialla, primo tedesco nella storia a vincere una tappa al Tour de France e primo tedesco nella storia ad arrivare sul podio della Grande Boucle.

Stopel, in salita e sul passo, non era inferiore a Leducq. Tuttavia era decisamente meno veloce. Il che, ad oggi, può sembrare un handicap relativo in una corsa a tappe, ma, ironia della sorte, Desgrange, per quell'edizione della Grande Boucle, aveva deciso di assegnare abbuoni enormi (4 minuti al primo) per favorire Charles Pelissier. Pelissier, come scritto sopra, fu costretto a rinunciare al Tour e così ad approfittarne fu l'illustre connazionale.

Leducq vinse 6 tappe e guadagnò 31 minuti complessivi grazie agli abbuoni. Stopel ne conquistò solo una e si fermò a 6 minuti di abbuoni. Il francese vinse il Tour con 24'03" di vantaggio sul tedesco, ma il distacco esente abbuoni tra i due era di soli 3". Peraltro, non fosse stato per una serie di forature che gli fecero perdere tempo nella Nantes - Bordeaux, terza tappa di quella Grande Boucle, Stopel avrebbe effettivamente concluso il Tour in meno tempo rispetto ad André.



 
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#5
E' incredibile il fatto che Leducq abbia vinto la tappa del Galibier in cui cadde in discesa. Dalle varie foto che si vedono sembra quasi non riuscisse a pedalare.
 
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#6
Cercando foto per quello che avevo scritto in precedenza, mi sono imbattuto in questa. Con la descrizione che dice Leducq e Magne proprio al Tour '32 che hai appena raccontato.

[Immagine: 7982c016cee58e5c26f7f124e4098d81.jpg]

Onestamente non so riconoscerlo al 100% per dire sia sicuramente Magne quello a bordo strada (mi sembra di sì). Però comunque sta a indicare che tra i due uomini faro del movimento francese non ci fosse rivalità, anzi c'era un rapporto di amicizia, come penso emergerà anche da episodi dei tuoi prossimi racconti.
A differenza di quanto sempre successo in Italia dove l'opinione pubblica ha sempre cercato una rivalità e una contrapposizione tra gli atleti di riferimento, già a quei tempi: appena prima con Guerra e Binda e appena dopo con Coppi e Bartali.
Invece nel resto d'Europa accadeva più spesso il contrario, penso ad esempio anche al bel rapporto che c'era tra Kubler e Koblet una quindicina di anni dopo.
 
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#7
[Immagine: Le_Miroir_des_Sports_July_1933_main_image.jpg]

Al Tour del '33 la Francia si presenta al via con una formazione strabiliante, probabilmente superiore alle versioni viste in precedenza. Al campione uscente Leducq, infatti, si aggiungono i rientranti Antonin Magne e Charles Pelissier e, insieme a loro, ci sono anche Maurice Archambaud, carrarmato tascabile (era alto appena un metro e cinquantaquattro) che nel '32 vince il primo GP delle Nazioni e nel '37  fa il record dell'ora, Roger Lapébie, futuro vincitore della Grande Boucle, Léon Le Calvez, 3° alla Roubaix in quella stagione, un giovanissimo René Le Grevès e Geogers Speicher.

Speicher, ex nuotatore parigino, comincia ad andare in bicicletta molto tardi, a 17 anni (come un altro grande campione parigino, guardacaso), e prende parte al suo primo Tour del France solo nel 1932. Al netto di un inizio  di stagione esaltante, in cui fa 2° al Criterium International, 5° con vittoria di tappa alla Parigi - Nizza e 3° al campionato nazionale, nel '33 Georges parte come luogotenente delle varie stelle della selezione francese, in una Grande Boucle ricca di montagne e con abbuoni dimezzati rispetto all'edizione precedente.

L'inizio di Tour ha un sapore agrodolce per i transalpini: Archambaud conquista, in solitaria, la frazione inaugurale, con 2'32" sui primi inseguitori, e con essa la maglia gialla. Tuttavia, Charles Pelissier, nel corso della terza frazione, si scontra con un auto ed è costretto a ritirarsi, mentre l'italiano Learco Guerra, il nemico pubblico numero uno per i padroni di casa, ottiene tre successi parziali nei primi sette giorni e si porta in seconda posizione in classifica generale a 4'24" da Archambaud.

Nel corso dell'ottava frazione, la Grenoble - Gap di 102 km, un gruppetto di 6, comprendente Archambaud e Speichler, ma non Leducq, Magne e Guerra, si avvantaggia notevolmente sul resto del plotone. L'ex nuotatore riceve, dalla maglia gialla, il permesso di correre per la vittoria parziale, che conquista in una volata a tre con l'italiano Martano e il belga Lemaire.

Il giorno seguente, al via della Gap - Digne-les-Bains, Archambaud si presenta alla partenza con un vantaggio su Guerra di 8'53" e la consapevolezza di poter guadagnare ancora. Tuttavia, l'ormai leader de facto della nazionale francese cade nella discesa dell'Allos e arriva al traguardo ben 15 minuti dopo il vincitore di giornata, vale a dire proprio Speichler, che bissa il successo del giorno precedente regolando, in uno sprint ristretto, Martano, i connazionali cicloturisti (nome degli indipendenti ndr.) Fayolle e LeGoff e lo spagnolo Trueba. La maglia gialla passa, così, sulle spalle di Lemaire, con Guerra primo inseguitore a soli 23" e Speichler 3° a 2'56".

Archambaud torna a ruggire appena due giorni dopo la beffa: nella Nizza - Cannes, infatti, si toglie di ruota tutti i rivali, rifila 2'31" a Speicher e Lemaire e 7'44" a Guerra. In classifica generale, invece, sale in seconda posizione, a 1'06" dal leader. E' un fuoco di paglia, tuttavia, all'indomani dell'impresa, infatti, il futuro recordman dell'ora crolla, mentre Speichler va all'attacco con Léon Level e René Bernard, altro cicloturista transalpino, e conquista, battendo allo sprint i due rivali, il suo terzo successo di tappa, che gli vale anche la prima maglia gialla della carriera.

L'ex nuotatore è chiaramente in formissima, mentre Magne non ingrana e Leducq riesce ad essere competitivo solo in volata (conquista due tappe consecutive a Montpellier e Perpignan, nel corso della seconda settimana). Per questo motivo, la selezione francese, che in quegli anni non brilla solo per talento, ma anche per l'incredibile coesione, probabilmente un unicum nella storia del ciclismo, si unisce tutta intorno a Speichler, nel tentativo di permettergli di portare la gialla fino a Parigi. Impresa che, al netto della condizione scintillante del parigino, sembra tutt'altro che semplice, dato che Lemaire, al termine della 15esima tappa, è ad appena 15" dal leader.

Speicher, tuttavia, oltre che su scudieri regali come Magne e Archambaud, può contare anche su delle favolose qualità di discesista, che gli permettono di gestirsi tranquillamente su ogni salita, senza il bisogno di chiudere immediatamente sugli attacchi dei rivali.

E così, mentre Lemaire va affondo sui Pirenei, Speicher si difende senza troppi patemi dagli attacchi degli italiani e arriva nella sua città natale in maglia gialla con 4'01" di vantaggio su Learco Guerra 2° e 5'08" su Giuseppe Martano che chiude il podio.

[Immagine: georges-speicher-16899839-ddc4-48fa-ada8...e-750.jpeg]

Nonostante la vittoria nella Grande Boucle, tuttavia, non viene inizialmente convocato per il Mondiale casalingo di Montlhéry e solo la defezione di Paul Chocque, a 48 ore dal via, gli permette di prendere parte alla rassegna iridata. Voglioso di dimostrare il suo valore, Georges, parte a 125 km dall'arrivo e si leva tutti di ruota. Al traguardo arriva solitario e a braccia alzate, è campione del mondo, mentre, dopo oltre 5 minuti, Magne completa una doppietta memorabile regolando in volata l'olandese Marinus Valentijn.

Speicher è il primo, nella storia, a conquistare maglia gialla e maglia iridata nello stesso anno. Nel prosieguo della carriera i risultati, nelle corse a tappe, sono inferiori alle aspettative. Al Tour vincerà altre 6 frazioni, ma non tornerà più sul podio. Nelle corse di un giorno, invece, il parigino si toglie ancora delle grandissime soddisfazioni, conquista, infatti, ben 3 campionati nazionali (e considerando che Magne, nel '32, arrivò al punto di saltare il Tour per concentrarsi sul campionato francese, capite bene quanto questo fosse prestigioso all'epoca) e la Parigi - Roubaix del 1936 in cui, nel velodromo, andò in onda, con 50 anni d'anticipo, una parata identica a quella della Mapei del '96, solo che, al posto di Museeuw, Tafi e Bortolami, vi era il trio della Alcyon Dunlop composto da Georges e i due fenomeni belgi Romain Maes e Gaston Rebry.
 
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#8
[Immagine: Rene-Vietto.jpg]

24 frazioni, 22 tappe e 2 semitappe. Questo l'itinerario del Tour de France 1934, il primo, nella storia, a presentare nel suo percorso una prova contro il tempo, vale a dire la La Roche sur Yon - Nantes, in programma il 27 luglio.

Al via non vi è André Leducq. Il vincitore di due degli ultimi quattro Tour, sul finire del 1933, lascia l'Alcyon Dunlop, che gli negò un aumento dello stipendio di 200 franchi, per passare alla Mercier-Hutchinson diretta dalla leggenda Henri Pelissier. Henri Desgrange, che è grande amico del proprietario della Alcyon, Edmond Gentil, per ripicca decide di lasciare a casa il campione transalpino. Leducq, tuttavia, da grande uomo squadra qual è sempre stato, per poter incitare ogni giorno i suoi compagni, segue tutto il Tour in macchina insieme ai giornalisti del Paris-Soir Albert Baker d'Isy e Géo Villetan.

Al netto di una così grave defezione, la Francia, comunque, si presenta al via della Grande Boucle con l'ennesima parata di stelle. Il campione in carica Georges Speicher e il sempre taciturno Antonin Magne guidano la spedizione francese. Poi ci sono Archambaud, il detentore del titolo nazionale francese Raymond Louviot, Charles Pelissier, Roger Lapébie, fresco trionfatore della terza edizione dell'allora Criterium National, René Le Gravès e René Vietto, giovanissimo scalatore dotato di un talento debordante.

Vietto, originario di Rocheville au Cannet, ha solo 20 anni, ma ha già imparato sulla sua pelle quanto può essere dura la vita. Durante la prima guerra Mondiale, infatti, il padre, Jean, viene fatto prigioniero in Germania e solo dopo l'armistizio riesce a tornare dal figlio. René inizia a lavorare a 12 anni e, nel frattempo, culla dentro di sé un'indomita passione per il ciclismo, inebriato dalle imprese del grandissimo Alfredo Binda. E' piccolo e scattante, il più giovane degli alfieri della gloriosa selezione francese, in salita ha pochi eguali.

La Grande Boucle non può che iniziare sotto il segno della Francia: nella prima frazione vanno via in sette, Speicher e Magne, l'italiano Vasco Bergamaschi, i belgi Roman Maes, Sylvere Maes e Felicien Vervaeke (gli ultimi due cicloturisti) e il tedesco Willi Kutschbach. E' il campione in carica a vincere la volata e a indossare la prima maglia gialla.

Il giorno seguente, tuttavia, Speicher cade e perde 15' dai primi. La frazione la conquista René Le Gravès, mentre Magne, 2° di giornata, torna a vestirsi di giallo tre anni dopo l'ultima volta. Nelle tappe successive il Tour diventa un monologo blu-bianco-rosso: Lapébie vince la terza e la quarta tappa, Le Gravès e Speichler si aggiudicano ex aequo la quinta, poi il trionfatore del Tour del '33 fa sua anche la sesta davanti al sopraccitato Lapébie, mentre nella settima, la durissima Aix-les-Bains - Grenoble, tocca al novellino Vietto mettere il timbro. Il giovane René, sul Galibier, è l'ultimo a cedere al forcing del duo spagnolo composto da Federico Ezquerra e Vicente Trueba. Sulla seguente discesa, tuttavia, riprende e stacca i due rivali, involandosi tutto solo verso il suo primo sigillo sulle strade del grande giro francese. Ezquerra e Trueba, alla fine, arrivano a 3'23" dal nativo di Rocheville au Cannet, insieme anche agli italiani Giuseppe Martano ed Eduardo Molinar (cicloturista) e alla maglia gialla Magne.

A Gap, al termine della frazione numero otto, Martano spezza il dominio transalpino, conquistando la tappa con 7" di vantaggio su Magne e 28" su Vietto. Poco male perché Vietto, dopo aver staccato tutti sul Vars e aver scalato tutto solo l'Allos, torna vincente il giorno seguente, a Digne-les-Bains, dove arriva nuovamente solo al traguardo, precedendo di 2'23" Trueba e Molinar e di 6'28" un gruppetto comprendente Magne e Martano. All'indomani del secondo acuto di René, arriva una tripletta francese con Le Gravès che, in quel di Nizza, anticipa Lapébie e Louviot. A Cannes, invece, è ancora Vietto, trionfatore in una volata a due con Martano, a regalare l'ennesima gioia al paese organizzatore della Grande Boucle.

Intanto Magne continua a gestire, Lapébie vince le tappe numero 12 e 13, mentre Speicher si impone nella 14esima. Al 15esimo giorno di corsa, durante la Perpignan et Ax-les-Thermes, accade l'imponderabile: Magne cade sulla discesa Col de Puymorens e rompe ruote e telaio. Una situazione che, in altri casi, sarebbe costata il Tour. Ma nella nazionale francese la squadra viene prima del singolo, e per Tonin le Sage, un signore che non si è mai risparmiato ogni volta che si è trovato lui a dover lavorare per i compagni, anche assi del calibro di Vietto e Speicher sono disposti a sacrificarsi. Il primo gli cede la ruota, il secondo la bici e così il taciturno Antonin salva la maglia gialla arrivando a soli 45" dal gruppo di testa, regolato, per l'ennesima volta, da Roger Lapébie.

Il concetto di uno per tutti e tutti per uno, vigente nel dream team transalpino, viene sublimato al massimo nel corso della 16esima frazione, la Ax-les-Thermes - Bagnères-de-Luchon. Vietto fa fuoco e fiamme in montagna, come al solito, e si ritrova presto in testa alla corsa. Dietro, però, Magne cade in discesa e rompe la bici. Vietto, venuto a conoscenza di quanto accaduto, si gira dall'altra parte e, percorrendo la corsa in senso contrario, va da Magne per cedergli il suo mezzo. Tonin le Sage, grazie all'estremo sacrificio del giovanissimo compagno, è salvo. Più avanti riprende Lapébie, insieme a al quale si riporta anche su Martano. Solo il bolognese Adriano Vignoli riesce a resistere al ritorno dei due transalpini, conquistando, così, il successo parziale.

Magne, stanco dei vili scherzi della dea bendata, passa all'attacco nella brevissima Luchon - Tarbes (91 km). Fa fuoco e fiamme tra Peyresourde e Aspin, stacca tutti e trionfa con 6'31" su Trueba, 7'04" su Sylvere Maes, 7'46" su Mariano Cañardo e René Vietto. Martano arriva a ben 13 minuti dal re del Tour de France 1932.

La Grande Boucle, così, è in cassaforte per la selezione francese, la quale, comunque, non sazia, ottiene altri cinque successi parziali. Uno a testa per Vietto, Speicher, Le Grèves, Louviot e Antonin Magne, il quale, oltre a conquistare il suo secondo Tour, diventa anche il primo vincitore di una cronometro nella storia della corsa francese.

A gara finita, la ruggenta truppa d'astri transalpini può vantare la maglia gialla di Magné, il quale veste il simbolo del primato dal secondo all'ultimo giorno, la maglia a pois di Vietto e ben 20 vittorie parziali (5 Lapébie e Speicher, 4 Le Grèves e Vietto, 2 Magne e 1 Louviot). In classifica generale sono ben tre i francesi a piazzarsi tra i primi cinque. Oltre a Magne primo, infatti, ci sono Lapébie terzo e Vietto quinto. E' un Tour da incorniciare, frutto della coesione favolosa tra i vari componenti della nazionale francese.
 
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#9
Trovo questo topic molto bello, una domanda è incentrato solo sul tour e i corridori francesi, oppure sul periodo in generale?
 
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#10
Sul periodo in generale.

Al momento sto facendo un focus sulla generazione d'oro del ciclismo francese, finito questo si passerà ad altro.
 
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#11
[Immagine: cyclists-of-the-tour-de-france-edgard-de...d134366354]

Il 1935 è l'anno in cui l'egemonia francese viene spezzata per mano del belga Romain Maes (rimando al racconto di Morris: https://www.ilnuovociclismo.com/forum/Thread-Romain-Maes).

Maes prende la maglia gialla nella prima tappa, dove, dopo aver attaccato, riesce a resistere al ritorno dei primi inseguitori grazie alla sbarra abbassata di un passaggio a livello. Tra lo stupore generale, inoltre, nella seconda semitappa della quinta frazione, la prima cronometro in programma in un'edizione della Grande Boucle che ne propone ben sei (tra cui le prime due cronosquadre), contiene il distacco dal suo primo inseguitore nella generale, vale a dire il capitano della nazionale transalpina, il campione uscente Magne, in soli 38".

La svolta, però, arriva due giorni dopo, nella Aix-les-Bains - Grenoble. Magne, il quale deve recuperare circa quattro minuti a Maes e può contare sul fatto di essere superiore nelle prove contro il tempo, si scontra con un'auto e si vede costretto al ritiro. La Francia, al netto della grave perdita, può contare ancora su numerose frecce presenti nelle sua faretra, come Speicher, Vietto, Archambaud e il rientrante Leducq.

In particolare è proprio il vincitore del Tour del '33 colui che sembra stare meglio, tanto che inizia pian piano a scalare la classifica, fino a portarsi in seconda posizione. Ma la defezione di Magne più passa il tempo e più sembra avere effetti negativi sul gruppo. Infatti, in assenza del suo leader, la nazionale francese si disunisce sempre più giorno dopo giorno e nella  Perpignan - Bagnères-de-Luchon la situazione degenera definitivamente.

Speicher non sta bene e per questo, prima della tappa, i francesi stabiliscono di approcciarla in modo piuttosto blando. Tuttavia, Vietto va contro gli ordini di scuderia e attacca appena la strada sale, lanciando un assist a Romain Maes il quale, scortato dal fedele scudiero Felicien Vervaecke, lo segue immediatamente. Dietro Archambaud, dominatore, il giorno precedente, della cronometro da Narbonne a Perpignan, in cui ha rifilato 2'51" a Maes e 4'01" a Speicher, decide di abbandonare il capitano designato per non perdere le ruote degli altri favoriti. L'ex nuotatore, tradito dai compagni, affonda e perde 25 minuti.

L'idillio francese finisce così, il 20 luglio 1935. Maes vince il Tour davanti al cicloturista italiano Ambrogio Morelli e al compagno Vervaecke. Speicher, Archambaud e Vietto concludono, rispettivamente, 6°, 7° e 8°.

Magne, successivamente, tira pubblicamente le orecchie a Vietto e Archambaud, rei, a suo dire, di non aver aiutato a sufficienza Speicher. Leducq, invece, ammette che nella squadra non vi era grande fiducia nei confronti di Speicher, motivo per cui alcuni decisero di non aiutarlo. Inoltre, André chiederà anche di assumere un direttore sportivo per il Tour del '36, visto che, tra le grandi nazionali, solo la Francia ne è sprovvista.
 
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#12
(15-10-2018, 10:28 PM)Luciano Pagliarini Ha scritto: Sul periodo in generale.

Al momento sto facendo un focus sulla generazione d'oro del ciclismo francese, finito questo si passerà ad altro.

Caro Luca, onorato di poterti dare una mano. Il tuo valore rappresenta una rarità internazionale, perché unisce una conoscenza della storia del ciclismo eccezionale all'età che, per gli storici, può essere considerata il "tempo delle mele".
A presto!
 
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#13
Mi piacerebbe molto anche la storia del ciclismo dalle origini sino agli anni venti, se volete io ho qualcosa per il Giro di quegl’anni, sulla Milano Sanremo e sui mondiali, per il resto non ho altro purtroppo
 
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#14
[Immagine: Cyclisme-Cycliste-Tour-De-France-Cp-hardi-Les.jpg]

Il 1936 è la stagione del canto del cigno della generazione d'oro del ciclismo francese, al netto della vittoria a dir poco rocambolesca di Lapébie al Tour del '37 (prima Bartali in maglia gialla cade in un torrente e si ritira, poi, Sylvere Maes, il quale aveva ereditato il simbolo del primato dal toscano, abbandona la gara insieme a tutta la sua squadra dopo che alcuni tifosi li avevano aggrediti).

La nazionale francese al via della Grande Boucle del '36 è nettamente inferiore alle versioni ammirate nelle edizioni precedenti. Leducq e Charles Pelissier non ci sono, mentre Vietto corre come cicloturista. Antonin Magne è il leader con Speicher, Archambaud e Le Grevès luogotenenti.

La corsa presenta cinque cronometro, tutte a squadre, le quali, tecnicamente, dovrebbero favorire la Francia. Ma Speicher si ritira presto, alla settima tappa, e nella 14esima frazione lo segue anche Archambaud. Persi due corridori di questo calibro, i francesi sono notevolmente indeboliti e nelle prove contro il tempo vengono sopraffatti (4 vittorie a 1) da un Belgio che, pur avendo perso per strada il campione uscente Romain Maes, si dimostra nettamente più forte grazie alla presenza, tra le sue fila, di campioni del livello di Sylvère Maes, Felicien Vervaecke e Marcel Kint.

Sylvère Maes, omonimo, ma non parente di Romain, prende la maglia nell'ottava frazione, la Grenoble - Briançon, e non la molla più. Antonin Magne è l'unico che prova ad insidiarlo, ma il fiammingo in salita va fortissimo e scalfirlo sembra impossibile.

Nella Bagnères-de-Luchon - Pau, ultima tappa pirenaica in programma, Magne tanta il tutto per tutto attaccando sul Tourmalet. Tonin le Sage, tuttavia, non riesce a sbarazzarsi del leader e crolla, mentre Maes fugge via, conquista la tappa e chiude definitivamente il Tour. Il fiammingo stravince la frazione, il 2°, il cicloturista francese Léon Level, arriva a 8'39", mentre il dominatore dei Tour del '32 e del '34 chiude a oltre 16 minuti.

Alla fine, grazie a una penalità di 10 minuti subita dall'altro belga, Felicien Vervaecke, che occupava la piazza d'onore, Magne riesce ad agguntare almeno il secondo posto. Sarà il suo ultimo podio al Tour.

Il 6 settembre 1936, sul circuito di Bremgarten (vicino a Berna), in una giornata da tregenda, si svolge la decima edizione dei campionati del mondo. Dopo 50 km dalla partenza Tonin le Sage attacca e porta via un drappello di 12 uomini. A 70 km dalla fine davanti restano in 3: Magne, il belga Gustaf Deloor e il danese Werner Grundahl. Il gruppo pian piano torna sotto e così, a 3 giri dalla fine, il due volte vincitore della Grande Boucle si vede costretto ad andare via da solo.

Magne, da quel momento in poi, mette in piedi uno dei più grandi spettacoli ciclistici nella storia di questo sport. Mentre pioggia e vento demoliscono uno dopo l'altro tutti i partecipanti, lui continua imperterrito nella sua azione, guadagnando metro dopo metro sugli inseguitori. Tonin la Sage, dimostrando forza e resistenza degne di Eracle, conquista la maglia iridata giungendo al traguardo con ben 9'27" di vantaggio sul secondo classificato Aldo Bini. Di 39 partenti solo 9 concluderanno la corsa (incluso il 22enne Gino Bartali).

Col trionfo di Magne in Svizzera si conclude questa prima serie di racconti dedicati alla generazione d'oro del ciclismo francese. Domani passiamo ad un altro argomento. Qualcuno vuol proporre qualcosa?
 
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#15
Grazie per avere condiviso questo pezzo di storia, con degli articoli scritti davvero bene e, soprattutto, molto coinvolgenti. Ci sarebbero molti temi da trattare, non saprei cosa suggerire a dire il vero Asd lascio volentieri la scelta al tuo piacere personale
 
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#16
Io proporrei di rimanere negli anni 30 parlando più in generale oppure il ciclismo dell’epoca pionieristica
 
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#17
Qualcosa sul ciclismo svizzero, visto che proprio negli anni 30 nacque il Tour de Suisse?

Oppure un qualcosa sul ruolo dei ciclisti e del loro "utilizzo" da parte della propaganda di quel periodo o più in generale del ruolo di alcuni di loro all'interno dello scenario politico europeo. Forse però non è una cosa semplicissima.
 
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#18
Se volete, sto preparando un dietro le quinte(un prequel come lo chiamo io) riguardante la nascita del Giro d'Italia nel 1908(lo so che il primo Giro è nel 1909,però vorrei occuparmi quello che è successo prima),con la Gazzetta che anticipa il Corriere nell'organizzazione della stessa.
 
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#19
Invierò a Luca il pdf della Storia del primo Giro d’Italia, un volumetto che ho scritto nel 2013. Non so come potrà gestirlo e postarlo qui: per me quella è “scienza proibitiva”. Nel frattempo, sto scorporando uno stralcio del primo volume de “Le corse dimenticate”, che fa al caso di questo thread….

Dal velocipede alla bicicletta

Il ciclismo su strada è nato come prova di resistenza, in contrapposizione a quello su pista, che rappresentava la velocità. E che effettivamente questa concezione sia stata di guida ai primi passi dell’attività ciclistica al di fuori degli anelli, lo dimostra l’esasperata volontà di appesantire ad ogni costo le competizioni. Oggi, con strade confortevoli, di un altro pianeta rispetto a quelle sulle quali si svolsero le prime gare, con mezzi meccanici perfezionati al punto da apparire lontanissimi parenti di quelli di allora, con una assistenza che abbraccia tutte le necessità possibili, prevenendole con meticolosi accorgimenti, i percorsi sono meno che dimezzati, rispetto a quelli dei primordi. Oggi, una corsa raramente supera le sette ore di durata, mentre nell’epoca del lancio della bicicletta come alternativa ben più “comoda” del velocipede e nelle prime prove di quella che doveva essere l’essenza delle gare su strada, si proposero gare che durarono addirittura 26 e persino 71 ore, appunto con lo scopo di mettere in risalto la resistenza dell’individuo. Lo stesso largo impiego che si faceva di allenatori umani, montati su quadruplette o sestuplette, aveva una sua funzione che era quella di costringere il corridore, con l’offerta di un aiuto apparentemente sostanziale, ad impegnarsi con tutte le sue forze, previa sollecitazione di coloro i quali lo “tiravano”, incoraggiandolo e incitandolo a non fermarsi, anche quando i morsi della fatica si facevano insopportabili.
Le strade di quei tempi erano davvero proibitive e si comprende anche da qui, perché le corse si disputassero soprattutto sulle piste. Le "Sei Giorni" ebbero molto successo nel quinquennio 1875-1880 in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Tra una corsa di Sei Giorni e l'altra si svolgevano gare su varie distanze: da quelle di velocità alle prove sull'ora, sulle 12 e 24 ore senza riposo. In altre parole, dagli anelli si evadeva sul percorso e gli scopi destinati alla strada. E fu così a lungo, sia nella ricerca dei record di resistenza e sia nella proposta di prove come la Bol d’Or, una corsa di 24 ore che, dal 1894, si prolungò fino al 1928 (con un’appendice nel ‘50) e che ebbe nel velodromo di Buffalo, a Neuilly-sur-Seine, località vicina a Parigi, e nel leggendario Velodromo dell’Iver, sito nella Capitale francese, i teatri maggiori.
Le corse su strada sui velocipedi, nonostante riscuotessero minori successi ed attenzioni, si erano comunque sviluppate, in quel primo periodo della storia del mezzo spinto a motore umano. Dopo un breve segmento di proposte su piccole distanza di cui non si hanno riporti, si giunse all’organizzazione di un’intera giornata di corse che si tenne a Parigi, al Parc de Saint-Cloud, il 31 maggio 1868. Il successo di pubblico e di interessi che la manifestazione mosse, spinse il giornale quindicinale, “Le Velocipede Illustré”, a proporne uno di ben maggiore impegno e fascino, su strada vera, percorsa da carrozze. La rivista, che aveva visto la luce nell’aprile del 1969 e che resterà nelle edicole fino al 1872, per giungere ad una simile impresa, trovò il sostegno dei fratelli Olivier, proprietari della società che produceva i velocipedi Michaux e che già erano stati i patrocinanti della corsa al Parc de Saint-Cloud. Nacque così, il 7 novembre 1869, la Parigi-Rouen, prima prova internazionale su una considerevole distanza, che univa due città. Una prova che avrebbe sicuramente impegnato i partenti a scendere e spingere il velocipede, per le diverse colline presenti sul percorso.
Su un tracciato di 123 chilometri, a partire furono in cento, di cui sei donne, ed i mezzi usati rappresentavano già una evoluzione del velocipede, ma sempre con ruota anteriore maggiore e senza ovviamente la trasmissione a catena. Arrivarono a Rouen in 34. Si impose James Moore, un ventenne studente in veterinaria inglese, appassionatissimo di cavalli, stabilitosi in tenera età in Francia (dove il padre era stimato maniscalco), prima a Parigi e, poi, a carriera finita, in Normandia, per allevare gli amati equini. Lo stesso Moore aveva vinto, un anno prima, la corsa al Parc de Saint-Cloud e pochi mesi dopo, un’analoga a Le Neubourg. A Rouen, anticipò d’un quarto d’ora i francesi Castera e Bobillier. Nell’anno, vinse poi il GP di Cognac, ancora a Le Neubourg e a Vesinet, determinandosi così, come il primo campione del nascente sport del pedale. Un personaggio particolare, che avrebbe preferito diventare un leader degli ippodromi, ed ambiva più a vincere medaglie, piuttosto che danaro. A Rouen, vinse un premio di 1000 franchi d’oro. La prima donna, tal “Miss America” (così fu registrata all’iscrizione), che fu anche l’unica a raggiungere il traguardo, chiuse 29a, non ultima,  dunque, con ben cinque signori dietro di lei. Il suo ritardo da Moore, fu di 12 ore e 10 minuti. Tre mesi dopo, il 2 febbraio 1870, si tenne la prima corsa su strada in Italia, già internazionale però, assai diversa per lunghezza rispetto alla Parigi-Rouen, solo 33 chilometri, ma con velocipedi leggermente modificati, aventi ruota anteriore di circa 75 centimetri e quella posteriore di 50. A Rouen, la prima donna, tal “Miss America” (così fu registrata all’iscrizione), che fu anche l’unica a raggiungere il traguardo, chiuse 29a, non ultima  dunque, con ben cinque signori dietro di lei. Il suo ritardo da Moore, fu di 12 ore e 10 minuti. 
Tre mesi dopo, il 2 febbraio 1870, si tenne la prima corsa su strada in Italia, già internazionale però, assai diversa per lunghezza rispetto alla Parigi- Rouen, solo 33 chilometri, ma con velocipedi leggermente modificati, aventi ruota anteriore di circa 75 centimetri e quella posteriore di 50.
[Immagine: 53b94b8f4bfdcb3be65728816bca535d.jpg]
James Moore, in una foto del 1930, nel cortile della sua abitazione di Hampstead, piccola località a nord di Londra, accanto al velocipede col quale vinse la prima corsa vera della storia ciclistica. Morì cinque anni dopo, ad 86 anni.

Maurizio Ricci detto Morris

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#20
Firenze-Pistoia, la più antica corsa italiana

Il 15 gennaio del 1870, si era formato a Firenze, il “Veloce Club Fiorentino”, fondato da un gruppo di pionieri del velocipedismo, desiderosi di passare subito in azione, per far valere, anche attraverso la propaganda agonistica, i valori di quel mezzo a pedali. Era il primo sodalizio di tal tipo in Italia. Il primo presidente, che era pure praticante con buone possibilità, fu Gustavo Langlade: Il neonato sodalizio, che ancor prima della costituzione lavorava per organizzare un avvenimento importante, poco più di 15 giorni dopo la sua nascita ufficiale, organizzò la Firenze-Pistoia, che era la prima corsa italiana ed una delle prime a livello internazionale per velocipedi. Il giornale “La Nazione” del 25 gennaio 1870 la presentò con questo articolo: “Si preparano bei giorni per il velocipede... la cavalcatura dell'avvenire! Il Veloce club, recentemente instituito a Firenze bandisce a' popoli una prima gara fra velocipedisti cosmopoliti! Il due di febbraio avrà luogo la prima corsa dei velocipedi da Firenze a Pistoia. Trentatre chilometri né più né meno! Alle nove precise i concorrenti partiranno da Porta al Prato e si dirigeranno verso la meta della loro corsa. I premi consisteranno in una medaglia d'oro, una d'argento... e altre di bronzo. Il programma della gara è affisso da un paio di giorni su tutti i cantoni della Capitale, e fra le disposizioni di esso non è la meno piacevole quella che avverte: i velocipedisti potranno anche camminare a piedi, ma il velocipede dovrà essere rimorchiato da loro stessi! In questo caso non sarebbe più l'uomo che va a velocipede ma il velocipede che va a uomo! Tutto è progresso a questo mondo!”.
[Immagine: slide_c1.jpg?w=450&h=225]
Il gruppo degli organizzatori del Veloce Club Fiorentino

Maurizio Ricci detto Morris

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