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Tour de France 2012: Una Grande Boucle di transizione?
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Tour de France 2012: Una Grande Boucle di transizione?
Per Wiggins balzo nell'iperspazio, ma c'è una nouvelle vague all'orizzonte

È stata un'edizione di transizione quella 2012 del Tour de France? Non lo possiamo dire oggi, appena terminata la Grande Boucle, potremo ragionare sul tema tra qualche anno, quando avremo sotto gli occhi l'albo d'oro di queste prossime stagioni e nella memoria i futuri svolgimenti della gara.

Certo, pensare che il Tour 2012 resti una parentesi in un trend di differente sviluppo, oggi verrebbe quasi spontaneo. Il vincitore, Bradley Wiggins, non è di primo pelo, ha 32 anni e ha avuto l'occasione di mostrare la sua superiorità in assenza di atleti che negli anni scorsi hanno monopolizzato i podi (Contador e Schleck, tanto per fare i due nomi principali), o in presenza di corridori apparsi in declino (Evans su tutti), o forse non maturi abbastanza per lottare ai massimi livelli (il pur bravo Nibali).

Oltre a ciò, strada facendo il principale rivale di classifica per Bradley è risultato essere Chris Froome, suo compagno di squadra che in un paio di passaggi ha tenuto a sottolineare le difficoltà di Wiggins in alcuni tratti di salita, ma che certo non l'ha attaccato né tantomeno messo in difficoltà, se non per pochi metri a La Toussuire e pochi metri a Peyragudes.

Tutto ciò non per dire che Wiggins non sia un vincitore degno, del resto ha dominato a cronometro mettendo talmente tanto spazio tra sé e gli altri contro il tempo da non lasciar pensare che potesse certamente essere disarcionato sulle montagne, quand'anche Froome avesse corso per sé e non per la Sky. Però tutte queste considerazioni ci portano a supporre che non sia il britannico l'uomo che possa aprire un ciclo alla Grande Boucle, o almeno incarnarne e simboleggiarne un periodo.

Per Wiggo, la vittoria al Tour è un'incredibile balzo nell'iperspazio. Per un campione olimpico, oltre che più volte mondiale, vincere un Romandia o una Parigi-Nizza può rappresentare un interessante corollario a una carriera sostanziatasi su pista; vincere un Tour de France, invece, è tutt'altra storia, e questo successo proietta effettivamente l'inglese in un posto speciale, nel libro d'oro del ciclismo di tutti i tempi: l'idea del superbo pistard che va oltre i propri (presunti) limiti, si misura col ciclismo più popolare e al contempo duro, ed esce vincitore da questa contesa, è praticamente un inedito. Inoltre, aggiungiamoci anche la provenienza geografica di Brad, e ciò che questa rappresenta (primo britannico a vincere il Tour, ma rappresentante di un nuovo ciclismo che, chissà, forse è destinato a ricoprire un ruolo sempre maggiore nello scacchiere internazionale). Il quadro è veramente roseo per il corridore, a cui vanno tributati tutti gli onori del caso.

Torniamo al trend: emerge dalle pieghe della Grande Boucle una nuova presenza francese, non episodica come tante volte negli ultimi 15-20 anni, ma sostanziale e sostanziosa. Basterebbero i nomi di Pierre Rolland e Thibaut Pinot, entrambi in top ten (nonché vincitori di tappa) pur essendo partiti da scalatori in una corsa che sorrideva più ai cronoman. Ebbene, sia Rolland che soprattutto Pinot sono giovani, hanno dimostrato di non temere il confronto coi più forti, e di aver bisogno di terreno su cui esprimere al meglio le proprie doti.

Questo fatto condurrà inevitabilmente a dei disegni del Tour più montagnosi, nei prossimi anni. Non ci nascondiamo dietro a un dito: l'altimetria della Boucle 2012 non era certamente di quelle che un appassionato medio sognerebbe la notte, insomma le frazioni alpine e pirenaiche sono state abbastanza deludenti, soprattutto se rapportate alla grande incidenza delle tappe contro il tempo. Un Tour meno cronometrico, dal 2013, sarebbe la terza condizione (con l'età e il ritorno o la crescita di avversari più combattivi) che metterebbe Wiggins in maggiore difficoltà rispetto a quest'anno.

Naturalmente avere, dal prossimo anno, più montagne (o più dure, o più celebri/celebrate) non equivale matematicamente ad avere una corsa più spettacolare; perché, alla base di tutto, resta poi il ruolo di chi a quella corsa partecipa, di chi la anima, di chi la indirizza in una direzione piuttosto che in un'altra. Nei giorni scorsi abbiamo più volte sottolineato la grande frequenza di fughe andate in porto, e questo vuol dire che la Sky - che tanto spazio ha lasciato agli attaccanti - non era quella mostruosa macchina da guerra dipinta a volte. Del resto anche in salita, laddove attaccata a dovere, qualche crepa l'ha mostrata.

Certo che se hai Wiggins e Froome a guidare il team, tutto sembra più facile (al netto delle punzecchiature del keniano a La Toussuire e a Peyragudes), ma se ci fosse stata maggiore inclinazione a tentare l'azzardo, qualche equilibrio sarebbe potuto saltare. Onore comunque a chi ci ha provato più di altri, e in tal caso come non spostare il discorso su Nibali? Un corridore che non ha paura di esporsi, sia nelle gare a tappe che nelle classiche, e a cui manca un passettino per ritenersi all'altezza dei più forti interpreti da grandi giri. Potrà compierlo, questo passo, il siciliano? Secondo noi sì.

Altri protagonisti: gli immarcescibili Voeckler, Fédrigo, LL Sánchez, sempre pronti a colpire in fuga; Valverde, tornato almeno parzialmente alla ribalta con un successo di tappa; Vinokourov che ha provato a chiudere in bellezza con la Boucle, ma ci è solo andato vicino; e poi i velocisti, Cavendish implacabile soprattutto nel finale, Greipel che ha disputato il miglior Tour in carriera, e quel Peter Sagan che, in assoluto - con Wiggins, diciamo - è il personaggio del Tour 2012: non solo vincente (tre volte), ma anche maglia verde, per non parlare della capacità di "bucare lo schermo", con le sue esultanze, le sue trovate (arrivare a La Planche des Belles Filles su una ruota, e senza mani!), la sua innata simpatia. E detto che lo slovacco è ancora tutto da scoprire, dal punto di vista dei risultati, ci fa pensare a quanto nei prossimi anni il ragazzo monopolizzerà le attenzioni.

Fronte nazioni: l'Italia festeggia il podio di Nibali ma poco altro. Appena un paio di secondi posti di tappa con Petacchi e Scarponi, e poi poca visibilità, anche nelle fughe, a conferma di un movimento che si trova in una fase di passaggio e che attende rinforzi dalle nuove leve (che pure si fanno intravedere nelle corse minori). Nulla a che vedere, al momento, con la Gran Bretagna, trionfatrice non solo per la maglia gialla di Wiggins, ma anche con 7 successi parziali (2 dello stesso Brad, 3 di Cavendish, uno di Froome e Millar). A una Francia che affianca ai successi di Voecler (2 tappe più maglia a pois) e Fédrigo (una tappa) la crescita di Rolland e Pinot fa da contraltare un Belgio che, al di là del bravo Van den Broeck (quarto della generale), è stato l'assente d'eccezione (completamente nullo per quel che riguarda gli ordini d'arrivo).

Vanno a braccetto la Spagna salvata dagli esperti Valverde e Sánchez e la Svizzera Fabian-dipendente: per entrambe non si vede un grande ricambio generazionale all'orizzonte; meglio va alla Germania, retta per ora dal solo Greipel, ma che qualche nome spendibile nel futuro prossimo ce l'ha, in rampa di lancio. Eclissati gli Stati Uniti, che però propongono un buon Van Garderen (maglia bianca e quinto della generale) e una RadioShack che, pur deludente nei suoi singoli, ha portato a casa la classifica a squadre; eclissata l'Australia, che con Evans in calo non ha trovato in Goss quelle volate che avrebbero fatto esultare gli oceanici.

Del tutto negativa l'Olanda formato Rabobank (tracollo per Gesink-Mollema-Kruijswijk) e deludente anche nella Vacansoleil; non pervenuta la Russia-Katusha (Menchov è l'altro grande declinante di questo Tour); e visibile la Scandinavia solo per merito di Morkov e Kessiakoff (a pois nelle prime due settimane) e di un coraggioso Chris Sørensen, spesso in fuga e non a caso premiato come il più combattivo della corsa.

Finito il Tour, incombono già importantissimi appuntamenti, a partire dalla prova olimpica di sabato prossimo, con Sagan e Greipel a insidiare il favoritissimo (tantopiù a giudicare come esce dal Tour) Cavendish; tra appena quattro settimane, poi, la Vuelta che segnerà il ritorno di Contador in un GT. Tanta carne al fuoco, come sempre nella stagione: e appena il tempo di qualche bagno in mare prima di rituffarsi in pieno nel grande ciclismo!

Marco Grassi - cicloweb.it
 
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