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Un Giro troppo duro??
#1
In questi ultimi giorni abbiamo sentito spesso, da molti corridori, valutazioni di un Giro troppo duro, in particolare troppo impegnativo già nella prima settimana. Lo hanno detto in tanti, tra gli altri Nibali. Sabato, su altra opinione in questo senso, non ricordo da chi, Garzelli ha fortemente condiviso questa valutazione, ritenendo che si erano visti distacchi ridotti nelle tappe di montagna perché i corridori erano troppo stanchi (o magari perché ci sono stati zero tapponi, dopo il taglio di Fedaia e Pordoi?). 


Le prime 10 tappe le abbiamo ancora ben presenti, come tracciato e come svolgimento. In entrambe le chiavi di lettura il tutto si riduce alle tappe, non propriamente tremende, di Sestola e di Ascoli (con l’aggiunta del maltempo, ma quella è una componente imponderabile). La pochezza del secondo week end (ottava e nona tappa) non mi sembra in discussione. Se vogliamo comunque considerare anche l’impegno richiesto dall’arrivo a Rocca di Cambio, fanno tre occasioni in 10 tappe in cui i corridori di classifica sono stati chiamati a uno sforzo in prima persona, sempre alquanto breve. Tutto un po’ scattoso, in stile Vuelta, questo è vero. Sette arrivi in salita complessivi.

Altra opinione espressa da molti riguarda la cronometro, “troppo lunga” per essere l’ultimo giorno. Non ho mai sentito commentare però (a parte noi) la modestia del chilometraggio a cronometro del Giro.
Emerge complessivamente una visione dei GT che deve far riflettere. Siccome sono 21 tappe e ben 3.400 km. circa (una volta si era sempre sopra i 4.000…) bisogna andare tranquilli per 12 / 14 tappe e solo nel finale di Giro prevedere tappe più difficili? Magari con chilometraggi non eccessivi, tanto conta solo l’ultima salita? A me sembra che si stia stravolgendo la storia del ciclismo e il senso (e la bellezza) dei grandi giri. Tra l’altro, le difficoltà dei GT, la tanta fatica, le tappe divenute leggendarie, le imprese dei grandi campioni, sono alla base del fascino avvertito dai tanti appassionati, una delle componenti principali che muove il valore economico del ciclismo, ovviamente connesso alla platea di pubblico che riesce a coinvolgere. Sembra si voglia la botte piena e la moglie ubriaca, il giro di denaro senza i suoi principali motivi. Senza dimenticare l’enorme miglioramento dei materiali, dell’assistenza in corsa, fare 200 chilometri oggi è cosa ben diversa rispetto a 50 anni fa.
E’ il caso di ricordare ancora la tappa del Galibier del Tour 98? Pioveva a dirotto, se fosse stata ridotta o annullata quale storia staremmo raccontando?

Ma vogliamo che la differenza tra un GT e corse come il Delfinato stia nel far precedere le tappe più importanti da 12 / 14 giorni insulsi, tra volate e fughe modeste? Certo, ci mettiamo anche un arrivo a Montevergine, un “tappone” appenninico come la tappa di Rocca di Cambio (così definita dal sito del Giro…) e una cronometro, rigorosamente non superiore a 30 chilometri, ovvio… Ma la noia delle tappe previste nei week end ce l’hanno presente? E la ritengono positiva?

Sarebbe come dire che si possono accorciare le grandi classiche, tanto contano solo i tratti in pavé degli ultimi 80 km. o la Redoute… Anche nelle grandi corse in linea il “senso” sta nella resistenza che richiedono. E così è e deve essere nei grandi giri. E’ la differenza tra chi va forte per qualche giorno e chi riesce a tenere sulle tre settimane. Crolli inattesi, grandi prove di endurance, distacchi che si dilatano, recuperi, aspetti che incollano il pubblico alla tv e che fanno nascere l’applauso, la passione, l’attesa per la prossima corsa (e quindi il valore economico del ciclismo). Ma vogliamo che un grande giro si riduca a qualche scatto in un paio di tappe (con qualche bella rampa al 18% con cui riempirsi la bocca) e alcuni secondi a cronometro? Certo, con tanta incertezza fino all’ultimo giorno… 
Io davvero non capisco, stiamo parlando di ciclismo o di quale altro sport?
 


[+] A 1 utente piace il post di OldGibi
#2
Purtroppo questa narrazione è sempre più dominante, essendo portata avanti anche dalla Rai e da alcuni ciclisti che si divertono a fare i giullari su twitter.

Solo due volte, su 19 tappe in linea, sono stati superati i 200 km e solo una volta è accaduto in una tappa di montagna, quella praticamente unipuerto dello Zoncolan.

L'unico tappone, come chilometraggio e difficoltà delle salite, è stato barbaramente e vergognosamente amputato, per futili motivi, rendendolo comunque duro, ma nettamente meno di quel che sarebbe dovuto essere.

I km complessivi a cronometro sono stati meno di 40, dal 2012 non ce n'erano così pochi.

Ci sono state ben 3 fughe lasciate a più di 10 minuti, di cui una a 17(!) e una a 23(!!!) minuti, queste ultime quindi belle giornate di relax in gruppo.

Si possono dire tantissime cose su questo giro, ma non assolutamente che sia stato duro, anzi tutt'altro.
 


[+] A 5 utenti piace il post di samuxsafe
#3
L'unica cosa che mi viene da pensare è  Sick
Tra l'altro non direi che ci siano stai pochi distacchi tra i big nell'ultima settimana, cioè questa è la tappa di Sega di Ala:
https://firstcycling.com/race.php?r=13&y=2021&e=17#race
mentre questa quella del Colombier allo scorso Tour
https://firstcycling.com/race.php?r=17&y=2020&e=15
Al netto dei protagonisti e dello svolgimento, mi sembra ovvio quale abbia fatto più distacchi.
L'alpe di Mera in Unipuerto fa più distacchi dell'Angliru alla scorsa Vuelta.
Forse Garzelli vuole una classifica finale simile a quella del nostro fantagiro, ma mi sa che ha preso la strada in contromano, perchè non ho mai sentito che per fare distacchi bisogna togliere difficoltà, caso mai aggiungerle.
Se Vegni avesse messo l'Alpe Segletta in partenza da Verbania, qualche uomo di classifica l'avrebbero dovuto cercare con le torce mentre veniva buio.

Concludo questo mio sfogo dicendo che, a questi personaggi, basterebbe aprire qualche sito riguardante il ciclismo per vedere che i Giri dei primi anni '70 avevano percorsi più duri di quelli attuali, senza neanche dover scomodare il fatto che le bici dell'epoca erano molto meno prestazionali, i rapporti che usavano oggi li mettono solo per le crono piatte, e tante salite alpine non erano ancora asfaltate
 


[+] A 5 utenti piace il post di Spalloni
#4
Su una cosa semmai potremmo discutere, ovvero che spesso alcune tappe sono "inutilmente" dure. Nel senso che si punta a fare molto dislivello inutile in tappe inutili, si fanno finali nervosi nella prima settimana che non spostano di una virgola la classifica generale (né tantomeno il livello dello spettacolo, anzi) e poi si tagliano i tapponi perché "troppo duri".

Magari questo Giro d'Italia è stato "troppo duro" per i ciclisti ma nel senso che ci sono state tante tappe nelle prime due settimane che sono state, appunto, inutilmente dure e nervose.

Con questo non dico che bisognerebbe fare un giro di 15 tappe piatte e 5 tapponi (che comunque sarebbe un Giro migliore di tutti gli ultimi GT di questi anni) ma certo si potrebbe pure pensare di evitare di fare tappe inutilmente nervose all'inizio per sparare invece un paio di tapponi fatti bene.

Sul discorso cronometro manco mi esprimo perché se no bestemmio. Mi censuro da solo.
 
#5
Il fatto che addetti ai lavori sostengano tali tesi che poi non fanno altro che farle credere a chi vede non capendoci molto porterà alla rovina di questo sport o di questa corsa nel suo 'piccolo'
 


[+] A 1 utente piace il post di Tommeke23
#6
Sono d'accordo con Zelk, il che implica che o nevicherà in tempi celeri, o che i Lakers vinceranno una serie di playoff tirando meno liberi degli avversari. Mmm
 
#7
Facciamo un bel giro di piattoni e 2 salite monopuerto e 2 crono di 10 km
Poi vediamo che goduria.

Si sta uccidendo questo sport
 
#8
Direi l opposto
Non mi è sembrato per niente duro
Sia come distanze che come salite
 
#9
Io ricordo ancora, malinconicamente, il Giro 2011, dove il giorno dopo lo Zoncolan (in teoria preceduto dal Crostis, ma grazie Contafrigna) si fecero 250km con 4 passi e arrivo al Gardeccia, bei tempi.

Un'altra tappa che ricordo con molta malinconia (ma chi l'avrebbe mai detto) fu l'arrivo sul Galibier al Tour del 2011. Tappa da 250km, 3 passi cazzutissimi sopra i 2000 metri e arrivo a 2650. Anche lì lo spettacolo non mancò.

Successivamente non ricordo bene, ma di sicuro di tappe altrettanto dure non ce ne sono state moltissime.

Lo spettacolo di una corsa non dipende unicamente dal percorso, ma anche dai ciclisti che ne prendono parte, le loro caratteristiche e il loro stato di forma. Io trovo che piazzare qualche tappa del genere non faccia male.

Se il percorso diventa altimetricamente troppo duro, allora i ciclisti si adatteranno e andranno più piano.
Se un percorso è troppo facile invece la soluzione non è altrettanto semplice e fare la differenza può risultare più complicato.
 


[+] A 1 utente piace il post di Andy Schleck
#10
Stavo entrando per scriverlo e mi ha anticipato Gregorio di un secondo parlandone a proposito di Colbrelli

Ha fatto dei blocchi di lavoro in altura anche con allenamenti da 6h e 3000/4000 metri di dislivello

Siamo nell'era degli allenamenti in altura da 4000 metri di dislivello però poi i Giri sono troppo duri poveri figlioli....
 
  


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