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Le corse dimenticate
#41
Trentaquattresima Edizione 25-29 aprile 1956

Come da tradizione di corsa per tanti aspetti eletta, pochi corridori scelti ed invitati, tra i migliori del panorama nazionale e internazionale (nel ‘1956, furono 39), per un percorso misto, da compiere in parte in linea, ed in parte dietro al rullo dei motoscooter. Una formula che aveva raccolto tante critiche in Italia, per l’assoluta mancanza di un retroterra su simile tipologia di gara, ma che poi si sciolsero di fronte al successo della manifestazione, sia per la considerazione riscontrata in ambito internazionale e sia per la risposta del pubblico, che si levò sempre enorme e non scese mai a distanza rispetto ai numeri, ad esempio, del Giro d’Italia. E come da tradizione, alla punzonatura, stavolta in Piazza Augusto Imperatore, si ebbe una prima dimostrazione dell'entusiasmo che la corsa suscitava nella folla. Un clima festoso reso ancor più percepibile dalla presenza di una banda musicale che gli organizzatori avevano invitato. Gli stessi turisti stranieri, così soliti a raggiungere Roma in primavera, fra Pasqua e 1° Maggio, ebbero modo di dimostrare quanto quel quadro ciclomotoristico, impreziosisse lo scenario maestoso d’una città unica come la Capitale italiana. 
[Immagine: Manifesto%201956_zpszhxgkzgo.jpg?t=1546177635]
Trentanove iscritti, come detto. Italiani, belgi, francesi, svizzeri e un lussemburghese. Fra gli italiani, a tenere alto il vessillo di casa, i vari Monti, vincitore uscente, Magni, Moser, Nencini, Minardi, Messina e Coletto; fra i belgi, l’iridato Ockers, Derycke e De Bruyne; la Svizzera con Graf, Strehler e Clerici; la Francia con Dupont, Gauthier e Caput, ed il Lussemburgo, pur col solo Gaul, appena arrivato in Faema, ma con la fama e le dimostrazioni, di grande grimpeur, per  moltissimi, il più forte di  tutti nel mondo. Insomma, quanto bastava per dire che il GP Ciclomo-toristico delle Nazioni, era davvero un gran corsa, che meritava la considerazione ricevuta dall’osservatorio e le passioni di un pubblico come raramente si vedeva non solo in Italia, e limitatamente al nostro paese, appena dietro  a quello del Giro organizzato dalla Gazzetta dello sport.

Prima tappa: Roma-Spoleto
I trentanove corridori, si allinearono al via da Roma, alle nove precise. Subito si  accese la battaglia grazie alla rottura del cambio alla bici del Campione del Mondo Stan Ockers. Pareva scritto, evidentemente, che il belga, aldilà dell’iride addosso, fosse l’uomo da battere e, perciò, ogni occasione di attaccarlo, poteva essere buona. E furono parecchi i tentativi di fuga. Ci provarono  Maule e Coletto, poi il primo mollò, ed il secondo proseguì solo per una ventina di chilometri. Il percorso, tutto un su e giù e la forte pioggia cadente ad intermittenza, resero la corsa durissima.  Sulla rampa di Otricoli, al chilometro 66 di gara, se ne andarono Ranucci, Moser, Gaul ed ancora Coletto, ma dopo meno di dieci chilometri furono riassorbiti. In contropiede partì Zucconelli che, essendo conosciuto come abbastanza allergico alla salita, col Passo della Somma abbastanza vicino, non fu inseguito e guadagnò in pochi chilometri, un gran bel vantaggio. Sulla Somma, il corridore emiliano si superò e passò la cima con circa un minuto di vantaggio su Gaul e Ranucci, più indietro Cainero e Dupont e più distanti ancora De Santi e Moser che anticiparono di qualche secondo il gruppo. La discesa a picco fu affrontata alla grande dal battistrada, che andò all’aggancio coi motoscooter per gli ultimi 11 chilometri, con un vantaggio migliore rispetto alla cima della Somma. Il tratto motoristico non stravolse la  situazione di tappa e Vincenzo Zucconelli poté tagliare con tranquillità, vincente, il traguardo di Spoleto. 

Sul vincitore.
[Immagine: 15321543271325Zucconelli,Vincenzo.jpg]
Nato a Jolanda di Savoia (FE), il 3 giugno 1931. Passista veloce. Professionista dal 1954 al 1958 con 6 vittorie. Fu un formidabile dilettante, uno che vinceva anche prove di una certa rilevanza in termini di asprezza, ma che era soprattutto una ruota veloce che non perdonava. Nel 1951, vinse il GP Liberazione, già allora classicissima per dilettanti, quasi un campionato del mondo di primavera. L’anno dopo fu selezionato per i Giochi Olimpici di Helsinki, dove gareggiò su strada, classificandosi 6° e conquistando con la squadra la Medaglia d’Argento. Nel 1952 conquistò il il Titolo Tricolore della categoria. Insomma quanto basta per passare al più presto fra i professionisti. Invece, Zucconelli, come tanti altri che si sono falcidiati la carriera fra i cosiddetti “puri”, tardò ancora due anni a passare e lo fece a novembre ’54, dopo aver vinto la Coppa Gennari. Nell’elite del ciclismo faticò ad emergere, soprattutto patì le pendenze arrivando spesso al traguardo con le polveri bagnate per eventuali sprint, o staccatissimo. Ciononostante, a differenza di altri grandi nella  categoria comunque propedeutica dei dilettanti, qualcosa di buono fece. Nel 1955 vinse la Coppa del Mare e, soprattutto, la tappa di Napoli al Giro d’Italia. L’anno seguente conquistò la frazione di Spoleto al Gran Premio Ciclomotoristico, la tappa di Messina al Giro di Sicilia, ed il Circuito di Santa Maria Vezzola, gara, questa, che vinse anche nella successiva stagione e che fu il suo ultimo successo. Diversi i piazzamento di nota e prestigio. Nel 1955 finì 2° Tappa Perugia e 3° in quella di Cervia al Giro d'Italia; nel ’56 fu 2° alla Sassari-Cagliari, 3° nel GP Fenaroli; nel 1956 fu 3° nelle tappe di Genova e Alessandria al Giro d’Italia. Nella corsa a tappe italiana più importante, che finì una sola volta nel 1955, 61°, fu Maglia Rosa per un giorno, nell’edizione del 1956.

Ordine d'arrivo: 
1° Vincenzo Zucconelli km 137,7 (17 dietro motoscooter) in 3,39'42" alla media di 37,606 kmh; 2° Sante Ranucci a 42"; 3° Charly Gaul (Lux) a l'02"; 4° Stan Ockers (Bel) a l'20; 5° Bruno Monti a l'31"; 6° Germain Deryche (Bel) a l'37"; 7° Giuseppe Cainero a l'47"; 8° Jacques Dupont (Fra) a l'59"; 9 Guido De Santi a 2'; 10° Fiorenzo Magni a 2'47".

Seconda tappa: Spoleto-Perugia
 La seconda tappa da Spoleto a Perugia, per un totale di 62 chilometri, ebbe uno svolgimento più facile in tutto: per altimetria, per condizioni atmosferiche e per uno svolgimento meno battagliato. Visse a lungo sulla fuga, partita poco dopo il via, di Graf, Martini e, tanto per cambiare, l'attivissimo Agostino Coletto. I tre procedendo d'amore e d'accordo arrivarono a raggiungere un vantaggio sul grosso di oltre due minuti, ma un'improvvisa crisi di Coletto, bloccato dalla fame, mandò in aria la riuscita del tentativo. A quel punto, partirono Ockers, Vlaeyen, De Bruyne. Rosseel e Caput. A sei chilometri dall'arrivo, l’aggancio agli allenatori in moto. Si trattava di un tratto con salita che mise le ali al Campione del Mondo Ockers. La sua accelerazione non lasciò scampo a compagni di fuga ed inseguitori. Una vera e propria sparata, ed alle sue spalle in diversi crollarono. 

Ordine d'arrivo: 

1° Stan Ockers (Bel) km 62,7 (6 dietro motoscooter) in 1h19'36", media km 37,771; 2° Fred De Bruyne (Bel) a 25"; 3° Cleto Maule a 28"; 4° Germain Derycke (Bel) a 1'23"; 5° André Rosseel(Bel) a 1’29"; 6° Andrè Vlaeyen (Bel) a 1’39"; 7° Bernard Gauthler (Fra) a 1'48"; 8 Louis Caput (Fra) a 1'59"; 9° Aldo Moser a 204", 10° Bruno Monti a 2'26".

Classifica generale dopo la prima giornata: 
1° Stan Ockers  (Bel) in 5h20'38"; 2° Germain Derycke (Bel) a 1'40"; 3° Charly Gaul (Lux) a 2'21"; 4° Bruno Monti a 2'35"; 5° Cleto Maule a 2'52"; 6° Jacques Dupont (Fra) a 3'09"; 7° Giuseppe Cainero a 3'40"; 8° Aldo Moser a 3'48"; 9° Sante Ranucci a 4'14"; 10° Fiorenzo Magni a 4'26".

Terza tappa: Perugia-Terni

Alla partenza di buon mattino, i corridori trovarono scrosci di pioggia di inaudita intensità. La prima ora di corsa, che da Perugia avrebbe condotto a Terni, per 96 km, causa appunto le condizioni atmosferiche, trascorse senza nessuna azione. A rompere il ghiaccio ci pensarono Ranucci e Coletto, ma ai piedi della salita di Todi, il gruppo tornò compatto. Sull’ultimo chilometro, il più duro, della citata ascesa, iniziò la battaglia per il traguardo valevole per il GPM, dove Gaul anticipò Monti di 10" e Ockers di 20". Poco distante dall’iridato, passò Ranucci, ed in discesa, i primi quattro sulla cima di Todi, si compattarono. Ad inizio pianura su di loro si riportarono Moser, Fantini, Graf e Fabbri. Sembrava un’azione destinata a successo, invece, nelle vicinanze di Terni il gruppo rinvenne. Nella volata decisiva,  Magni, con l'aiuto di Baroni, la spuntò senza fatica e conquistò 30" di abbuono, mentre 15"andarono al secondo arrivato, il belga Derycke, un uomo da classiche e gran finisseur. 

Ordine d’arrivo: 
1° Fiorenzo Magni km 98 in 2h32’42” alla media 37,718 (abbuono di 30"); 2° Germain Derycke (Bel) (abbuono 15"); 3°  Guido Messina; 4° Stan Ockers (Bel); 5 Bruno Monti; 6° Giorgio Albani; 7° a pari merito tutti gli altri. ad eccezione dello svizzero Strehler (ritirato) e Vincenzo Zucconelli giunto a 19'35". La classifica generale è invariata salvo il passaggio dal 10° al 9° posto di Magni in virtù dell’abbuono conquistato.

Quarta tappa: Terni-L’Aquila
Dopo un veloce pranzo a Terni, alle 13 si riparti per la seconda frazione della seconda giornata, la Terni-L'Aquila di 97 chilometri. Salite e discese, paesaggio bellissimo, aspro e selvaggio, che i corridori vollero vedere con calma, a media piuttosto bassa fino a Rieti, dove Martini e Crippa, insieme a Gauthier, uscirono dal gruppo. Il loro tentativo durò solo qualche chilometro. Sul Passo di Sella di Corno, alto 1005 metri sul livello del mare, provarono Nencini, Clerici, Rosseel e Martini, che riuscirono a conquistare un vantaggio di quasi due minuti, ma poi si svegliò Gaul, che si trascinò a ruota Ockers,  Monti, Moser, Ranucci e Cainero. Sulle ali di un inseguitore come il lussemburghese, il gruppo ritornò sui fuggitivi e si giunse inevitabilmente ad una nuova volata, anche per il secondo traguardo di tappa stavolta sulla pista di L’Aquila. Guido Messina, che era il Campione del Mondo dell’Inseguimento, pur non essendo un velocista puro, impostò uno sprint lunghissimo che fu impossibile a tutti gli altri. Il corridore torinese, avrebbe potuto aggiungere a questo successo un altro, se la prevista semitappa di inseguimento all’australiana dietro moto, sul medesimo anello aquilano, non fosse annullata causa perdurante pioggia. Non a caso, il più deluso per quell’annullamento, fu proprio Messina, che, comunque, qualche mese dopo, confermò l’Iride nell’Inseguimento. 

Sul vincitore.
[Immagine: Guido_Messina.JPG]
Nato a Monreale (Palermo) il 4 gennaio 1931. Passista veloce, alto 1,70 per kg. 70. Professionista dal 1954 al 1962. Su strada 8 vittorie. Ha alternato l'attività sull’asfalto con quella su pista. Grandissimo inseguitore, ha conquistato i seguenti titoli: 2 Mondiali dilettanti, 3 Mondiali prof e l’Oro alle Olimpiadi di Helsinki. Sette Campionati Italiani, di cui cinque  nell’inseguimento individuale, uno nell’inseguimento a squadre e uno nell’omnium prof. Nelle categorie minori vanta 82 vittorie. 
Nella specialità dell'inseguimento sono da considerarsi memorabili le sue vittoriose sfide coi grandi della strada: Coppi, Baldini, Anquetil e Koblet. Sceso di bicicletta, ha svolto un ottimo lavoro come preparatore tecnico degli inseguitori professionisti e dilettanti. E’ stato per anni tecnico regionale della pista in Piemonte. Le sue vittorie su strada: Trofeo Banfo (‘54); Tappa Torino (Giro d'Italia ‘55); Circuito Mestre (‘55); Tappa di L'Aquila al GP Ciclomotoristico, Circuito Asti, Circuito Bra e Circuito Firenze nel ‘56; Tappa di Nocera Umbra al GP Ciclomotoristico ’60. Maglia Rosa al Giro d'Italia per un giorno nel ‘55. Messina è un capitolo obbligato nella storia dell’inseguimento.

Ordine d’arrivo:
1à Guido Messina km 97,6 in 3h05’16”, media di 31,602 kmh; 2° Stan Ockers (Bel); 3° Giorgio Albani; 4° Alessandro Fantini; 5° Cleto Maule; 6° Germain Derycke (Bel); 7° Giu-seppe Cainero; 8° Aldo Moser; 9° Fiorenzo Magni; 10° Sante Ranucci; 11° Pietro Nascimbene; 12° Charly Gaul (Lux), 13° Andrè  Rosseel (Bel), 14° Jacques Dupont (Fra); 15° Gilberto Dall’Agata; 16° Rolf Graf (Sui); 17° Gastone Nencini; 18° Nel-lo Fabbri; 19° Louis Caput (Fra); 20° Bruno Monti; 21° Rino Benedetti; 22° André Vlayen (Bel); 23° Carlo Clerici; tutti col tempo di Messina, seguono altri con distacchi vari. 

Classifica generale dopo la seconda giornata: 
1° Stan Ockers  (Bel) in 10h58'16"; 2° Germain Derycke (Bel) a 1'25"; 3° Charly Gaul (Lux) a 1’51"; 4° Bruno Monti a 2'22"; 5° Cleto Maule a 2’48"; 6° Jacques Dupont (Fra) a 3'19”; 7° Giuseppe Cainero a 3'40"; 8° Aldo Moser a 3'48"; 9° Fiorenzo Magni a 3’56”; 10° Sante Ranucci a 4'14". 

Quinta tappa: L’Aquila-Frosinone
La tappa, lunga 148 chilometri, piuttosto duri e da percorrere tutti in linea, fu molto battagliata e si incentrò per la gran parte sulle due toste salite da scalare: Rocca di Cambio e Rocca di Mezzo. Sulla prima, alta 1376 metri, su un paesaggio fantastico, reso tipicamente invernale, con nuvoloni neri e bassi, con qualche ricordo di neve sui prati, con un'aria gelida resa tormentosa per la pioggia che in realtà era fatta di chicchi di ghiaccio, fuggì De Santi, il vecchio combattente triestino. Sfigurato dalla fatica fu ripreso trenta chilometri dopo l’ascesa, ed in testa, anch’egli da solo passò il francese Louis Caput. Il suo tentativo finì poco prima della salita di Rocca di Mezzo, sulla cui cima passò primo Magni, seguito nell'ordine da Derycke, Vlaeyen, Cainero e De Rossi. Il gruppo staccato di un soffio, recuperò presto. In contropiede partirono in sette: Grosso, Zucconelll, ancora De Santi, Rosseel, Cainero, Maule e Martini, ma anche sul loro tentativo la sorte non fu amica. Alle porte di Frosinone, con lo stadio sede d’arrivo in vista, presero il largo Graf, Rosseel, Fabbri, Moser e Gaul. Nello sprint decisivo la spuntò lo svizzero, super stilista sul passo e gran cronoman, Rolf Graf.

Sul vincitore.
[Immagine: 1247475404GRAF%20Rolf%20-%209.jpg]

Il suo stile era perfetto e l'efficacia sul passo non lo poteva tradire. Era dunque naturale che il cronometro fosse il suo pezzo forte. Ma se la perfezione stilistica e l'occhiolino alle lancette, lo rendevano perfettamente sincronico al suo essere... svizzero, le sue amnesie di concentrazione hanno molto limitato i mezzi fisici regali di cui era dotato. Dire che Rolf Graf, nato ad Unterentfelden, in Svizzera, il 19 agosto 1932, ha ottenuto meno di quello che avrebbe potuto, è fin troppo ovvio.
Ciononostante, il suo passaggio nel ciclismo ha lasciato la sua bella traccia. Dopo Kübler (il suo maestro) e Koblet e prima dell'avvento dei vari Rominger, Richard e Camenzind, Graf è stato probabilmente lo stradista svizzero che più di tutti ha inciso per qualità, risultanze e popolarità, assicurandosi un bottino significativo sia in virtù delle sue doti di cronoman e sia per il suo più che discreto spunto veloce. Tagliato fuori per le sue amnesie dalla classifica generale delle grandi corse a tappe, unica eccezione lo splendido Giro di Svizzera '56, vinto bellamente, s'è in parte rifatto con qualche vittoria parziale: ha infatti vinto tre tappe al Tour de France, una al Giro d'Italia e sei al Tour de Suisse.
Ma il suo palmares s'è impreziosito soprattutto grazie ad altri  ed importanti successi. Ha vinto la Gand Wevelgem nel '54, è stato campione svizzero su strada nel 1956-'59-'62, ha colto il successo nel Gran Premio Le Locle nel '56 e nel '58, nella Lucerna Engelberg '54, nel Giro del Nord Ovest '62, nel Giro del Cantone di Ginevra '61 e '62. Eccellente il suo ruolino nelle grandi crono della sua epopea, grazie ai sempre evidenti piazzamenti e ai successi nel Gran Premio della Svizzera '55, Gran Premio di Lugano '55 e '62, Gran Premio d'Europa a squadre a Ravenna nel '56, Gran Premio Longines a squadre '60, e il Trofeo Baracchi '56 in coppia col francese Andrè Darrigade. Quest'ultimo, fu un successo strameritato, anche al cospetto del pur grande transalpino, poiché sul ritmo e lo stile di Rolf, gravò il peso degli ultimi decisivi chilometri di gara. In pista, il 13 gennaio 1955, stabilì il record mondiale sui 5 chilometri, percorsi nel tempo di 6'21"4, ma quella performance non fu mai omologata.
A causa di un grave incidente stradale fu costretto ad abbandonare la carriera nel '63. Regale come pochi in bicicletta e fuori dalle corse, il palmares professionistico di Graf (1953-'63), conta su trentasette vittorie. 

Ordine d'arrivo: 
1° Rolf Graf (Sui) km 148 in 4h06’35” alla media di 36,008 kmh; 2° André Rosseel (Bel); 3° Nello Fabbri; 4° Aldo Moser; 5° Charly Gaul (Lux); 6° Vincenzo Zucconelli a 16”, 7° Bruno Monti; 8° Pierino Baffi; 9° Stan Ockers (Bel): 10° Rino Benedetti.

Sesta tappa: Frosinone-Fiuggi
Nel pomeriggio, cambio di scena. Da Frosinone fino a Collepardo, una quindicina di chilometri per scaldare le gambe, perché poi, dalla località cuore dei Monti Ernici, con la strada in salita, si sarebbe effettuato l’aggancio ai motoscooter, per la ventina di chilometri rimanenti al traguardo di Fiuggi. Dopo la fase d’attesa senza sussulti, si giunse all’aggancio al rullo delle moto, con Monti in testa, deciso a dar battaglia. Dietro al romano, Derycke, Magni e Ockers. Il Campione del Mondo però, passò presto al contrattacco, ed a folle velocità si portò al comando, rispondendo per una decina di chilometri ai contrattacchi degli avversari, Monti in particolare. Poi, quando iniziò la ripida erta che in tre chilometri portava a Fiuggi, con una rapida accelerazione distrusse ogni velleità degli altri. Fu uno spettacolo: l’iridato quasi rannicchiandosi alle spalle dell'allenatore, lanciò il suo acuto e giunse solo al traguardo, con 1’06” su un comunque bravissimo Monti.  Poi gli altri, frazionati, a distacchi vari. Per l’osservatorio, Stan Ockers, con l’affresco di Fiuggi, aveva ipotecato quel successo finale, che gli era spesso sfuggito nella grande corsa del Corriere dello sport.

Ordine d’arrivo:
1° Stan Ockers (Bel) km 36 in 54'25" alla media km 39,672; 2° Bruno Monti a 1'06"; 3° Germain Derycke (Bel) a 1'23"; 4° Guido Messina a 1'40"; 5° Fiorenzo Magni a 1'50"; 6° Nello Fabbri a 2'18"; 7° Charly Gaul (Lux) a 2'26"; 8° Giorgio Albani a 2'33"; 9° Fred De Bruyne a 2'38"; 10° Agostino Coletto a 2'41".

Classifica generale dopo la terza giornata: 
1° Stan Ockers Bel) in 15 ore 59'52"; 2° Germain Derycke (Bel) a 2'33' ; 3° Bruno Monti a 3'28": 4° Charly Gaul (Lux) a 4'01"; 5° Fiorenzo Magni a 5'16"; 6° Jacques Dupont (Fra) a 6'07"; 7° Cleto Maule a 7'; 8° Aldo Moser a 7'09"; 9° Giuseppe Cainero a 7'43"; 10° Pietro Nascimbene, a 8'13". 

Settima tappa: Fiuggi-Caserta
Alla partenza da Fiuggi, dopo la pesante giornata precedente, conclusa con la straordinaria dimostrazione di forza dell’iridato, parve emergere un tacito accordo: chi ha voglia di farsi tanti chilometri in fuga prima dell’aggancio ai motoscooter per il circuito finale di Caserta, si può accomodare. Ed infatti, un trio composto dal francese Bernard Gauthier, dal “solito” Guido De Santi e da Danilo Barozzi, se ne andò di buona voglia e non fu inseguito. Nella libera uscita concessa ai tre e, più tardi, anche a Zucconelli, si chiuse tutta la cronaca fino all’aggancio ai rulli, in quel di Caserta, località d’arrivo. All’inizio del settore motoristico, Gauthier, Barozzi e De Santi giunsero con un vantaggio di 6’07 su Zucconelli e di 13’15”. Lì si aprì una lotta su due fronti, davanto la battaglia per la vittoria di tappa che arrise al francese Gauthier e, dietro, fra gli uomini di classifica la possibilità di provare a mettere in difficoltà Ockers. Morale: fu l’iridato a distruggere, ancora una volta, ogni velleità degli avversari, staccandoli di nuovo. 

Sul vincitore.
[Immagine: images?q=tbn:ANd9GcRP7Wtsa-mreouh6ngYFki...8M-Iust_Xm]

Nato il 22 settembre 1924 a Beaumont-Monteux nel dipartimento della Drome. Passista. Professionista dal 1946 al 1961 con 30 vittorie. Un corridore generoso, leale, onesto e combattivo (lo chiamarono “Cuor di leone”), con grandi doti sul passo, vulnerabile sulle salite lunghe. Ha vinto meno di quanto era nelle sue possibilità, in parte per eccesso di combattività, ed in parte maggiore, per la sua disponibilità al gioco di squadra. Gauthier, ha vinto o sfiorato grandi traguardi e, per questo, va consideratoi uno dei corridori francesi più evidenti, nella pur stellare decade transalpina, degli anni cinquanta. Frenato nel suo apprendistato ciclistico dalla guerra, dopo diversi successi minori, salì alla ribalta nel 1948, quando al Tour de France, vinse la tappa Liegi-Roubaix e, nel 1950, sempre alla Grande Boucle vestì per sette giorni la Maglia Gialla. 
Il suo palmares è illuminato dalle quattro vittorie nella Bordeaux-Parigi ('51, '54, '56, '57) che gli propiziò la definizione di "Monsieur Bordeaux-Paris", ma comprende pure il Campionato di Francia '56, il Giro del Sud-Est nel '52 e '58, diverse affermazioni in semi-classiche e significativi posti d'onore nel Giro delle Fiandre '52 (dietro Decock), nella Parigi-Bruxelles '52 (dietro Gueguen) e '56 (dopo Van Looy) e nella Milano-Sanremo '55 dietro Derijcke. Grandioso il suo successo nella Parigi-Bordeaux ’54, quando una terribile caduta lo lasciò stordito sul bordo della strada, ma non si  fermò, riprese e vinse a Parigi. 
Tutte le sue vittorie. 1946: Tour de Haute-Savoie. 1947: Annemasse-Bellegarde-Annemas-se; Bourg-Genève-Bourg; GP di Lione. 1948: 20a tappa del Tour de France. 1950: 1a tappa della Parigi-Saint-Etienne; GP Blanzy. 1951: Bordeaux-Parigi. 1952: Tour du Sud-Est, 1a tappa del Tour du Sud-Est; GP de l'Echo d'Al-ger. 1953: GP du Pneumatique. 1954: Bordeaux-Parigi; 1a e 8a tappa del Dauphiné Libéré; GP Catox. 1955: 2a tappa della Parigi-Nizza; 8a tappa del Dauphiné Libéré; 5a tappa della Tre Giorni di Anversa. 1956: Campionato Francese su Strada; Bordeaux-Parigi; Criterium degli Assi; 4a tappa del GP Ciclomotoristico; GP Montigny-en-Gohelle. 1957: Bordeaux-Parigi. 1958: Tour du Sud-Est; GP de l'Echo d'Oran; GP Riom. 1959: GP d'Oran. 1961: GP di Miniac-Morvan.

Ordine di arrivo: 
1° Bernard Gauthier (Fra) km 189,250 in ore 6h14'54" alla  media di 36,774 kmh;
2° Guido. De Santi a 26"; 3° Danilo Barozzi a 2'02"; 4° Vincenzo Zucconelli a 8'46"; 5° Stan Ockers (Bel) a 9'38"; 6° Bruno Monti a 9' 47"; 7° Giorgio Albani a 10'51"; 8° Cleto Maule a 11’07”; 9° Guido Messina a 11’18”; 10° Charly Gaul (Lux) a 11’21”; 11° Nello Fabbri a 11’22”; 12° Germain Derycke (Bel) a 11’23”.

Ottava tappa: Caserta-Napoli
Nel pomeriggio, senza tanto tempo per digerire il pranzo, la Caserta-Napoli. Lungo il tratto in linea, Giuseppe Cainero e Fred De Bruirne, poterono finalmente trovare il momento buono per imbastire una fuga, ed i due si affacciarono in testa sul circuito di via Caracciolo, splendido di un sole caldissimo e di una folla altrettanto calda, valutata sulle centomila persone. Cainero e De Bruirne giunsero primi all’aggancio con gli scooter, seguiti a 17” da Dupont e Ranucci e ad 1’30” dal plotone. Troppo poco il vantaggio dei fuggitivi per resistere alla “storia di sempre”, ovvero Ockers e Monti, che si scatenavano sul ritmo febbrile dei sessanta all'ora. Ed anche quel pomeriggio fu così. In breve i due balzarono al comando della corsa. Irreducibile nel suo entusiasmo, Monti tentò ancora di fare lo sgambetto al Campione del Mondo che, per un giro lasciò fare. Poi, punto nell’orgoglio, contrattaccò, impartendo una nuova lezione al romano.

Ordine di arrivo:
1° Stan Ockers (Bel) km 87,5 in ore 1.45'5" alla media di 49,748 kmh; 2° Bruno Monti a 38"; 3° Giorgio Albani a 54"; 4° Guido Messina a 1’03”; 5° Agostino Coletto; 6° Charly Gaul (Lux); 7° Giuseppe Minardi.

Classifica generale: 
1° Stan Ockers (Bel) in 23h09'29"; 2° Bruno Monti a 4'15"; 3° Germain Derycke (Bel) a 6'34"; 4° Charly Gaul (Lux) a 7'17"; 5° Fiorenzo Magni a 9'53"; 6° Jacques Dupont (Fra) a 10'13"; 7° Giorgio Albani a 10'25"; 8° Cleto Maule a 10'43"; 9° Guido Messina a 11'28”; 10° Guido De Santi a 11'40"; 11° Giuseppe Cainero a 13'56"; 12° Pietro Nascimbene a 15’25”; 13° Andrè Rosseel (Bel) a 16’14”.

Nona tappa: Napoli-Latina
Un diluvio si scatenò poco dopo la partenza da Napoli, ed in pratica accompagnò i corridori lungo tutta l’ultima giornata di gara. Inevitabile che la calma assoluta, in termini di volontà, regnasse sui corridori. Ockers, da padrone come non s’era mai visto nella storia di questa corsa, rintuzzò di persona ogni tentativo di fuga e le note furono tutte nel ritiro di Zucconelli per bronchite e nella caduta senza conseguenze di Dupont. Si viaggiò così con motto ritardo sulla tabella di marcia e, per gli organizzatori, si aprì il dubbio se far disputare o meno il tratto dietro motori che doveva concludere la tappa sul circuito di Latina. Prima prevalse la prudenza e venne deciso il “no”. Poi, ebbe il suo peso verso il “sì”, il brontolio della folla che da tre ore aspettava imperterrita lo spettacolo. L’unico ritocco: i giri in programma, da dieci vennero ridotti ad otto, Ockers li percorse in testa dal primo all'ultimo. Semplicemente inattaccabile.

Ordine d’arrivo:
1° Stan Ockers (Bel) km 174,2 in ore 5h30'21" alla media di 31,601 kmh; 2° Grosso a 4"; 3° Magni a 11"; 4° Messina a 13"; 5° Coletto a14”; 6° Bruno Monti a 17”; 7° Giorgio Albani a 20”; 8° Nello Fabbri a 24”; 9° Guido De Santi a 1’15”; 10° Cleto Maule a 1’23”; 11° Pietro Nascimbene a 1’24”; 12° Germain Derycke (Bel).

Decima tappa: Latina-Roma
Alle 15,50 fu dato il via all’ultima frazione, da Latina a Roma. Sempre sotto una pioggia copiosa e asfissiante. Ad Albano, nei pressi del paese di Bruno Monti, caddero in quattro senza conseguenze, tra cui Coletto che ruppe una ruota. Scattarono poco dopo Magni, Monti, Ranucci, Albani, Nencini, Fabbri e Grosso e si aggiunsero ai sette, prima Ockers, da solo con un fantastico inseguimento, indi anche Minardi, Messina, Dall'Agata, Martini, Benedetti, Dupont e Nascimbene. Il plotone di testa s’agganciò ai motoscooter all’imbocco del Circuito delle Terme di Caracalla, sotto una pioggia che stava diventando diluvio e gli organizzatori ridussero i giri previsti da quattordici a dieci. 
Mentre Derycke si ritirava esausto per l’uragano d’acqua, Monti alla ricerca almeno di un successo di tappa attaccò. Ockers però, rispose, lo riprese e lo staccò. La solita storia: Ockers primo e Monti secondo. Nessuna intervista all'arrivo, ciascuno balzò via alla disperata per mettersi al riparo. Molti corridori erano già in albergo. Il giorno dopo c’era il Giro  dell’Emilia, con la speranza di trovare il sole….

Ordine d'arrivo:  
1° Stan Ockers (Bel) km 96,300 in 2h31'10" alla media di 38,221 kmh; 2° Bruno Monti a 46"; 3° Giorgio Albani a 51"; 4° Agostino Coletto a 52"; 5° Fiorenzo Magni a 57”, 6° Gastone Nencini a 1’17”; 7° Guido Messina a 1’32”; 8° Nello Fabbri a 1’32”; 9° Cleto Maule a 1’58” 10° Charly Gaul (Lux) a 2’14”.
[Immagine: Ockers%20iride_zpsubcczzvh.jpg?t=1546180444]
L’indimenticabile Constant "Stan" Ockers

Classifica generale finale:
1° Stan Ockers  in 31h11’; 2° Bruno Monti a 5'18"; 3° Charly Gaul (Bel) a 11’01”; 4° Fiorenzo Magni a 11'05"; 5° Giorgio Albani a 11'36"; 6° Guido Messina a 13’24”; 7° Cleto Maule a 14’15”; 8° Jacques Dupont (Fra) a 18’36”; 9° Nello Fabbri a 19’15”; 10° Pietro Nascimbene a 19’24”; 11° Giuseppe Cainero a 19’32”; 12° Agostino Coletto a 19’49”; 13° Guido De Santi a 23’31”; 14° Gilberto Dall’Agata a 24’24”; 15° Sante Ranucci a 24’43”; 16° Gastone Nencini a 25’43”; 17° Adolfo Grosso a 27’17”; 18° Alessandro Fantini a 29’21”; 19° Luciano Ciancola a 36’17”; 20° André Rosseel (Bel) a 36’31”; 21° Alfredo Martini a 46’47”.

Maurizio Ricci detto Morris

....segue
 
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#42
Adoro questi racconti, soprattutto per uno come me che al ciclismo nel sangue, e di famiglia
 
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#43
Trentacinquesima Edizione 24/04-01/05 1957

Il Gran Premio Ciclomotoristico 1957, si presentò come corposa corsa a tappe. Tredici frazioni divise in otto giorni di gara, per un totale di 1316 chilometri che, unitamente alle specificità tutte particolari della manifestazione, resero questa prova dura, inferiore ai soli Giro, Tour e Vuelta nel calendario internazionale di quell’anno. Quaranta "assi” chiamati a lottare su diversi trabocchetti e salite pure di una certa consistenza, col solito ritmo infernale come la presenza di due o più tappe giornaliere sanno esprimere. I 1316 chilometri complessivi, divisi 1157,700 in linea e 257,770 dietro motori, con abbuoni di 30 e 15 secondi ai traguardi dei GPM. Stessa formula dunque e stesso entusiasmo di folla alla punzonatura, anche nel ’57 svoltasi in Piazza Augusto Imperatore a Roma. Italiani, spagnoli, belgi, francesi, svizzeri, lussemburghesi e olandesi di scena. Ed il duello, pur tenendo conto di Poblet e di Gaul, di Wagtmans e di Dupont, di Koblet e di Gauthier, parve alla vigilia imperniarsi in un ennesimo confronto fra gli uomini di casa nostra e i belgi. Fra gli italiani i vari Monti, Albani, Messina, Defilippis e Moser, fra i belgi, scomparso tragicamente il vincitore uscente Stan Ockers, Fred De Bruyne, Rik Van Looy alla sua prima partecipazione e l’eterno, ma Campione del  Mondo in carica Rik Van Steenbergen. Fra i fiamminghi, la defezione all’ultimo momento, causa caduta di un giovane astro, Willy Lauwers. 
[Immagine: Speciale%201957_zpsujbuooch.jpg]
Il programma di corsa si mosse come segue. Il 24 aprile, la Roma-Caserta: 206 km in linea e 32 km e 200 metri dietro motori sul circuito di Caserta. Il 25 aprile la Caserta-Napoli: 45 km in linea e 26,800 dietro motori sul circuito di Napoli;  al pomeriggio la Napoli-Salerno di 69 km in linea e 26 km e 800 mt. dietro motori sul circuito di Salerno. Il 26 aprile, la  Salerno-Campobasso di 140 km in linea e 23 km. e 400 mt. dietro motori a Campobasso. Il 27 aprile la Campobasso-Roccaraso di 89 km in linea. Il 28 aprile la Roccaraso-Bivio per Chieti di km 97,200 in linea, indi Bivio per Chieti-Chieti di 7,7 km  dietro motori;  nel pomeriggio la Chieti-Pescara di 37 km in linea e 31,5 km dietro motori sul circuito di Pescara. Il 29 aprile la Pescara-Teramo, di 54 km in linea e 12 km dietro motori; indi la Teramo-Ascoli, di  km 38,4 in linea e 27,4 km dietro motori sul circuito di Ascoli. Il 30 aprile la Ascoli-Spoleto di km 202 in linea e 25,5 km dietro motori, in circuito a Spoleto. Il 1° maggio giornata finale con la Spoleto-Rieti di km. 61,1 in linea e Km 10,27 dietro motori a Rieti e, nel pomeriggio, la  Rieti-Roma di km 112 in linea e km 35 dietro motori sul circuito delle Terme di Caracalla nella Capitale.

Prima tappa: Roma-Caserta
La corsa, dopo un inizio dei più pacifici, si svegliò poco dopo 160 chilometri percorsi, quando su una lieve salita scattarono l’austriaco Adolph Christian e Vito Favero. Fino a quel momento c'era stato qualche pallido tentativo di fuga e due volate per altrettanti traguardi volanti entrambi vinti da Pierino Baffi. Nulla d’altro. Al tentativo dei due corridori citati, risposero cinque chilometri dopo, i vari Minardi, Wagtmans, Emiliozzi, Gismondi, Bartolozzi e Gaggero, che andarono a riprendere i due battistrada. Gli otto del drappello al comando, escluso Christian che si era staccato dopo una manciata di chilometri, andarono insieme a Caserta, sul maestoso viale che fronteggia il Palazzo Reale, dove, sotto lo striscione d’arrivo, avvenne l’aggancio coi motoscooter per il circuito finale da svolgere sette volte. Lì, iniziò la battaglia fra di loro, così come fra gli attesi dello gruppo, staccati all’aggancio di 4’35”. Davanti, la superiorità dell’olandese Wout Wagtmans apparve subito sensibile, così come da dietro si vide l’iridato Van Steenbergen, particolarmente ispirato. Al tulipano si opposero soprattutto Gismondi ed Emiliozzi, mentre al Campione del Mondo, i vari De Bruyne, Moser e Poblet. Alla fine, vinse con una grande azione Wagtmans, mentre a Van Steenbergen, da dietro, non rimase altro che mangiarsi le mani per esser partito troppo tardi. 

Sul vincitore.
[Immagine: wout-wagtmans-8b9e1e6b-6450-43dd-98b2-52...e-750.jpeg]
Nonostante non abbia ottenuto podi nelle grandi corse a tappe, è stato senza dubbio l'olandese più forte in queste manifestazioni, prima dell'avvento di Jan Janssen. Tra l'altro, Wout, nato a St Willebrord il 10 novembre 1929, non era nemmeno uno scalatore, anzi era per lo più un velocista, ma grazie ad un'abnegazione notevole sapeva soffrire in salita per poi scatenarsi in discesa. In virtù di queste doti, vinse delle medie corse a tappe e seppe pure piazzarsi in quelle grandi. Vincitore del Giro di Romandia nel '52 e della Roma-Napoli-Roma nel '57 (quando venne a correre in Italia nella "Girardengo"), fu protagonista con la squadra olandese nei Giri di Francia, grazie al suo spunto veloce, soprattutto adatto per gli arrivi non di gruppo compatto. Indossò sovente la maglia gialla nei Tour '54, '55 e '56 per complessivi 12 giorni.  Il miglior piazzamento finale nella Grande Boucle, fu il 5° posto nel '53. Nel '56 finì 6°. Al Tour vinse quattro tappe (due nel '53 una nel '54 e una nel '55). Al Giro d'Italia partecipò sei volte, finendo due volte 9° (nel '55 e nel '57) e vinse tre tappe (due nel '54 e una nel '57). Non vinse mai delle classiche in linea di pregio: i suoi piazzamenti migliori furono due terzi posti nella Liegi-Bastogne-Liegi '51 e nella Parigi-Roubaix '53. Fra le sue vittorie in gare di un giorno (esordì fra i professionisti nel 1950), oltre ad una miriade di tappe in corse di una settimana, alcune semiclassiche, come il Tour de Hesbaye ('53) ed il Giro dei 4 Cantoni ('60). Negli ultimi anni di carriera, si cimentò soprattutto su pista, nel mezzofondo (disciplina che ha sempre amato e frequentato anche quando era uno stradista d'evidenza), conquistando la medaglia di bronzo della specialità ai Mondiali '58. Nello stesso anno sempre fra gli stayer vinse anche il Titolo Nazionale olandese. Chiuse col ciclismo nel 1961, con un bottino di una trentina di vittorie su strada, ed una decina su pista in gare d’evidenza. Morì il 15 agosto 1994, nella cittadina natale di St Willebrord, in seguito ad una grave malattia.

Ordine d'arrivo:
1° Wout Wagtmans (Ned) km 238,2 (km 206 in linea e km 32,2 dietro motori) in ore 6h12’17”, alla media di 38,388 kmh; 2° Michele Gismoadi a 42"; 3° Alberto Emiliozzi a 48"; 4° Giuseppe Gaggero a 2'54"; 6° Giuseppe Minardi a 2'55"; 6° Rik Van Steenbergen (Bel) a 3'7"; 7° Vito Favero a 3'48"; 8° Fred De Bruyne (Bel) a 3'58"; 9° Aldo Moser a 4'32"; 10° Miguel Poblet (Esp) a 4’49"; 11° Hugo Koblet (Sui) a 4'51"; 12° Giorgio Albani a 4'53"; 13° Desiré Keteleer (Bel) a 4'58"; 14° Waldemaro Bartolozzi a 4'59"; 15° Rik Van Looy (Bel) a 5'04"; 16° Bruno Monti a 6'30"; 17° Charly Gaul a 5'36"; 18° Gilberto Dall'Agata a 5'40"; 19° Guido Messina a 5'42"; 20° Antonin Rolland (Fra) a 5'47" ; 22° Nino Defìlippis a 5'52"- 23° Giuseppe Fallarini a 5'55"….; 42° e ultimo Adolph Christian (Aut) a 11'43".

Seconda tappa: Caserta-Napoli
La prima frazione della seconda giornata di gara, la Caserta-Napoli di 145 chilometri in linea, evidenziò due protagonisti che giunsero all’aggancio coi motoscooter sul lungomare Caracciolo, nero di folla: Aldo Moser e Nello Fabbri. Moser, se ne era andato sull'erta di Secondigliano, ed era stato raggiunto da Fabbri nella discesa tortuosa e difficile che butta su Napoli. Discesa lungo la quale, caddero Rossello, Maule e Giudici senza gravi conseguenze. All’appuntamento “motoristico”, il romano e il trentino arrivarono con 1’10” sul gruppo e, nel carosello dei dieci giri, pari a 26 km, Moser, che attraversa il periodo probabilmente  più splendente della sua carriera, riuscì a staccare Fabbri, poi ripreso dai più forti del gruppo, ed a vincere da trionfatore.

Ordine d'arrivo:
1° Aldo Moser km 71 in 1h40'32" alla media di 42,373 kmh; 2° Bruno Monti a 44"; 3° Rik Van Steenbergen (Bel) a l'0l"; 4° Hugo Koblet (Sui) a l'07"; 5° Nello Fabbri a 1'27"; 6° Giuseppe Fallarini  a 1'52"; 7° Miguel Poblet a 1'55"; 8° Rik Van Looy a 1'55"; 9° Wout Wagtmans a 1'57"; 10° Gilberto Dall'Agata a 1'59".

Terza tappa: Napoli-Salerno
Il programma della tappa pomeridiana, prevedeva 69 km per andar da Napoli a Salerno, indi una volta qui, aggancio con gli allenatori sugli scooter, per un circuito lungo fra le diverse tornate, 26,8 km. Tanto pubblico e tanti bambini a salutare le prime pedalate dei corridori. A circa 15 chilometri dal via, su un traguardo volante che vide la vittoria di Guido Carlesi su Pierino Baffi,  i due proseguirono nell’af-fondo, scavando un buon vantaggio sul grosso. Dal gruppo uscì Alberto Emiliozzi che, con un gran inseguimento, si portò sui due battistrada. Coi big in attesa del tratto motoristico, i tre continuarono ad insistere, aumentando il vantaggio. Baffi, stremato, mollò, ma gli altri due no. All'inizio del circuito, per la consueta razione del “dietro motori”, la coppia giunse con un anticipo di 1'26" su Baffi e quasi 9 minuti sul gruppo privo dell’atteso De Bruyne che, in un solo colpo di sfortuna, ruppe entrambe le ruote della bicicletta. La pur violenta reazione dei grandi, nulla poté di fronte all’enorme vantaggio delle due lepri, che si divisero poco prima dei due chilometri finali, dove un Emiliozzi in gran spolvero, staccò Carlesi, andando a vincere la frazione, ed a conquistare la Maglia Rosso-Oro di leader della corsa. 

Sul vincitore.
[Immagine: 14698789361453EMILIOZZIAlberto1957.jpg]
Nato il 15 novembre 1930 a Tarquinia (Viterbo) ed ivi deceduto il 5 marzo 2006. Passista scalatore, alto 1,75 per kg 70. Professionista dal 1957 al 1958 con tre vittorie. Gli albi d’oro, sovente, sono avari e confondenti. Uno come Emiliozzi, con soli due anni di professionismo e sole tre vittorie, può passare inosservato e, magari giudicato, superficialmente, un modesto. Non è il caso di questo bel corridore compatto e ardimentoso, la cui carriera si ritorce fra le pieghe di quei fatti, piccoli, ma importanti, di cui le memorie, spesso, non sono a conoscenza. Corse in un periodo dove non mancavano di certo i campioni, anzi, nessuno toglierà dalla testa di chi scrive queste note, la convinzione fossero di ben altro spessore rispetto a quelli odierni. Ed Emiliozzi, fu uno che corse a lungo fra i dilettanti, perché allora non si passava di categoria solo per lo sponsor personale da girare alla squadra, o per la raccomandazione di un dottore: dovevi essere forte e sicuro per farcela. E non sempre bastava. Fatto sta che fra i dilettanti, c’era gente che poteva vedersi come armadio a quattro ante, ed Emiliozzi fu per anni fra i più bravi. Uno che non sembrava un campione, ma che anche fra i prof, poteva diventare un ottimo corridore. Nell’elite del ciclismo vi giunse nel 1957, in una grande squadra come la Faema, piena di campioni e con Learco Guerra come nocchiero. Alberto, che all’anagrafe gli risultava abbinato anche il nome Luigi, partì davvero bene. A fine febbraio alla Sassari Cagliari, la sua prima corsa, fu 19°, indi 14° nella Milano Torino, 19° nella Classicissima Milano Sanremo, 22° nel Giro di Reggio Calabria; 10° nel Giro di Campania ed il 16 aprile già vinse. Accadde a Messina, nella prima frazione del Giro a tappe della Sicilia. Dopo aver bellamente difeso la leadership della corsa, cinque giorni dopo s’aggiudicò il Giro. Con due successi già finiti nel palmares, quattro giorni dopo la vittoria al “Sicilia”, Guerra lo schierò nel prestigioso GP Ciclomotoristico, al cospetto di una bella fetta del gotha ciclistico internazionale. Nella seconda tappa, che si concludeva a Salerno, vinse nuovamente e conquistò il primo posto in classifica, che difese per giorni, nonostante varie traversie, per poi chiudere 4° a Roma. Divenuto un evidente, andò a correre il Giro di Svizzera, dove però, vide riacutizzarsi quell’insieme di fastidi che, dagli ultimi giorni del “Ciclomotoristico”, lo affliggevano. Chiuse la corsa elvetica 19°, ma poi non riuscì più ad esprimersi come voleva, proprio per quei malanni. A settembre, nel Tricolore chiuse 49° e nel 1958, altri problemi fisici si aggiunsero. Dopo un per lui insignificante 49° posto al Giro di Toscana, decise di abbandonare l’attività agonistica. Ma cos’era avvenuto, il penultimo giorno del GP Ciclomotoristico? Ebbe uno strano malore, che si seppe poi essere stato causato, almeno così s’è sempre sostenuto, da una altrettanto strana bibita, che avrebbe dovuto fargli bene, ma che invece lo mise a terra. Cosa ci fosse in quella borraccia, non si seppe mai.

Ordine d'arrivo:
1° Alberto Luigi Emiliozzi km. 95,8 in 210'15" alla media 44,130 Kmh; 2° Gui-do Carlesl a 29”; 3° Pierino Baffi a 4'39";  4° Rik Van Steenbergen (Bel) a 8'11"; 5° Bruno Monti a 6'15"; 6° Miguel Poblet (Esp) a 6'36"; 7° Hugo Koblet a 6'37"; 8° Aldo Moser a 6'41" ; 9° Giorgio Albani a 6'54"; 10° Guido Messina a 7'01".

Classifica Generale dopo la seconda giornata: 
1° Alberto Luigi Emiliozzi in 10h06'34"; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 5'44"; 3° Rik Van Steenbergen (Bel) a 6'49"; 4° Guido Carlesi a 7'17"; 6° Aldo Moser a 7'43"; 6° Michele Gismondi a  8'22"; 7° Bruno Monti a 8'59"; 8° Hugo Koblet (Sui) a 9'05"; 9° Miguel Poblet a 9'50”; 10° Fred  De Bruyne a 10'21"; 11° Pierino Baffi a 10’26”; 12° Giorgio Albani a 10’32”; 13° Giuseppe Minardi a 10’51”; 14° Rik Van Looy (Bel) a 10’55”; 15° Vito Favero a 12’11”; 16° Giuseppe Fallarini a 12'13"; 17° Guido Messina a 12'15"; 18° Raymond Impanis (Bel) a 12’22”; 19° Nello Fabbri a 12’47”; 20° Gilberto Dall’Agata a 12’50”.

 Quarta tappa: Salerno-Campobasso
Una frazione densa di trabocchetti, tutta un su e giù, prima del classico circuito finale dietro motoscooter. Si attendeva battaglia, che ci fu, ma l’esito fu davvero imprevedibile. Dopo 66 chilometri, poco dopo il passaggio da Benevento, dove era posto il rifornimento, partì un gregario di Coppi, uno che, silenzioso, sapeva piazzarsi: Stefano Gaggero. Il suo tentativo non fu lasciato scorrere liscio, o nell’abulia del gruppo, come altre volte era capitato quando a fuggire, non era un big o un outsider. Il grosso ci provò eccome, ma a sprazzi, ed il buon Stefano, in grande giornata, riuscì a portare il suo margine d’anticipo a due minuti e mezzo. Poi, dal gruppo, uscirono Fantini e il belga Keteleer, compagno di Gaggero, che non collaborò con l’abruzzese.
Al centesimo chilometro, il vantaggio del battistrada s’era stabilito sui 2’30”, sui due inseguitori e 5’ sul grosso. Su una discesa, i due inseguitori sbandarono e caddero entrambi. Keteleer, ne uscì sbucciato e con una ruota totalmente rotta, mentre Fantini ne usci molto meglio e ripartì subito. L’accaduto però, diede ulteriore spinta al margine del fuggitivo e, ai piedi della salita di San Giuliano del Sannio, Gaggero passò con 4'50" su Fantini e 6’50” sul gruppo. Sulla rampa, né lunga né eccessivamente dura, il battistrada passò la cima con 4’10” su Fantini e 5’10 su Bartolozzi, alla cui ruota si pose il compagno di Gaggero, Michele Gismondi. Il gruppo transitò a 6’. Ancora su e giù per toccare Campobasso, dove le moto attendevano per iniziare il tratto motoristico in circuito. Dodici giri, poco più di 23 chilometri, di strada stretta e abbastanza pericolosa: avrebbe resistito l'atleta che ormai da ore faticava da solo? C'era davvero da simpatizzare con lui, da augurargli col cuore di trovare, in se stesso, quel briciolo di energie che erano necessarie ed indispensabili. Il ragazzo le trovò e riuscì a perdere ben poco tempo, anche in paragone ai campioni dei “dietro motori”, tra i quali balzarono all'offensiva Monti, Van Steenbergen ed il sempre puntuale Moser. Era fatta. Gaggero vinse la tappa con un’impresa, ed a 3’10”, Monti, regolò i papabili al successo finale. Emiliozzi, pur staccato, mantenne il primato in classifica. 

Sul vincitore.
[Immagine: Gaggero_zpsjj1unlfk.jpg]

Stefano Gaggero nacque a Fabbriche di Voltri (Genova) il 23 aprile 1927, è deceduto ad Arenzano il 23 ottobre 2010. Passista. Professionista dal 1951 al 1961 con 5 vittorie. Un monumento fra i gregari che hanno sostenuto il Campionissimo Fausto Coppi, ed atleta coriaceo, compatto, stereotipo del gregario eccellente nelle corse di fatica. Un corridore che non ha vinto molto come ogni spalla del ciclismo di quei tempi, dove le giornate di libertà, in una stagione, si contavano, lautamente, sulle dita di una mano. Insomma una carriera al servizio di Coppi, senza pentimenti, anzi, con la gioia di uno che è vicino come fraterno amico di una leggenda. 
Stefano Gaggero, iniziò a dar segni di tangibilità agonistica nell’Anpi di Fabbriche, per poi passare negli anni più maturi della categoria dilettanti, alla Fausto Coppi. In quegli anni vinse copiosamente. Fra i suoi successi il Trofeo Strazzi nel '48 e la Coppa Cotonificio a Varazze nel '49. Passò poi alla Boero e fra le altre vittorie, fece suo il Giro di Asti. A settembre del 1951, su richiesta specifica di Coppi, passò professionista nella Bianchi e lì si cementò il suo ruolo di spalla del Campionissimo, accanto al quale corse praticamente sempre. Con la squadra biancoceleste vinse la cronosquadre di Modena al Giro d’Italia del ’53, successo bissato nella medesima prova l’anno dopo, stavolta a Palermo. Il primo successo individuale lo colse nel GP di Oviglio, nel ’54 e per giungere alla sua migliore annata quali risultanze, bisogna salire al 1957, quando vinse in solitudine la tappa di Campobasso del Gran Premio Ciclomotoristico e la terza tappa, che si concludeva a Basilea, del Giro di Svizzera, chiuso poi al 14° posto. In carriera raccolse pure dei buoni piazzamenti, come il 2° posto nella Sassari Cagliari ’54; il 3° nel GP Belmonte Piceno e il 6° nella Genova Nizza nel ’55; il 7° nel Campionato di Zurigo, il 9° nella Milano Torino, l’11° nel Giro delle Fiandre e nel Giro d’Italia nel 1956; il 6° nel Giro del Piemonte ’57, ed il 9° nel Giro di Svizzera ‘60. Molto forte nelle giornate di tregenda e nelle corse dure con maltempo, come dimostrano le buone performance al “Fiandre”, il gran lavoro per Coppi alla Roubaix e l’ottimo piazzamento colto al Giro d’Italia ’56, costruito nella famosa tappa del Bondone. Chiusa la carriera agonistica nel ’61, divenne camionista, professione che svolse fino alla pensione. 

Ordine d'arrivo: 

1° Stefano Gaggero km. 163,4 (140 chilometri in linea e 23,4 su circuito dietro motori) in 4h55'58", media di 33,125 kmh; 2° Bruno Monti a 3'10"; 3° Mi-guel Poblet (Esp) a 3'21"; 4° Aldo Moser, a 3'22"; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 3'27"; 6° Wout Wagtmans (Ned) a 3'42"; 7° Waldemaro Bartalozzi a 3'46"; 8° Giu-seppe Fallarini a 3'57"; 9° Rik Van Looy (Bel) a 4'06"; 10° Fred De Bruyne a 4'11"; 11° Hugo Koblet (Sui) a 4’12”; 12° Nino Defilippis a 4’19”; 13° Gilberto Dall’Agata a 4’23”; 14° Raymond Impanis (Bel) a 4’22”; 15° Antonin Rolland /Fra) a 4’28”; 16° Nello Fabbri a 4’46”; 17° Alberto Emiliozzi a 4’47”.

Classifica generale dopo la terza giornata: 
1° Alberto Luigi Emiliozzi in ore 15,7'19"; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 4'39"; 3° Rik Van Steenbergen (Bel) a 5'39"; 4° Aldo Moser a 6'18"; 5° Bruno Monti,a 7’22”; 6° Guido Carlesi a 8'20"; 7° Miguel Poblet (Esp) a 8'24"; 8° Hugo Koblet (Sui) a 8'30"; 9° Stefano Gaggero a 8'47"; 10° Michele Gismondi a 9'16"; 11° Fred De Bruyne a 9'45".

Quinta tappa: Campobasso-Roccaraso
La frazione, da svolgere tutta in linea, partita alle 13, si accese subito per una fuga di Gauthier e di Pintarelli, cui si unirono nel rapidissimo succedersi di cambiamenti di scena, Defilippis, Christian, Dupont e Favero. I sei diedero l'anima nel tentativo, ma dopo circa 30 chilometri un allungo di Monti, di De Bruyne e di Von Looy, riportò il plotone sulla pattuglia d'avanguardia. La pace però durò poco. Ad Isernia, Gauthier che dagli organizzatori si era sentito rimproverare in modo piuttosto esplicito, per la condotta apatica fino ad allora messa in atto, ripeté testardo il tentativo ed suo compagno di avventura, stavolta, fu Gismondi. Dopo cinque chilometri, Fabbri lasciò il grosso e si lanciò all'inseguimento.
All’inizio della rampa che porta ai 787 metri del Macerone, le posizioni erano le seguenti: il francese e il gregario di Coppi alla Carpano, avevano un vantaggio di 40” su  Nello Fabbri e 4’10" sul plotone. Sulla salita successiva, non trascendentale per nulla, Gauthier andò in crisi e Gismondi proseguì da solo in piena trance agonistica. Sulla cima dell’ascesa di Rionero Sannitico, alta 1052 metri sul livello del mare, il vantaggio del battistrada su Fabbri e Gauthier, raggiunse i 2’30”, a 255” un drappello con uno scatenato Emiliozzi, il leader di classifica. La fatica di una tappa dura, iniziò a prendere per il collo gli atleti e la parte finale era ancora più aspra. Gismondi, stoico, operò il miracolo e riuscì stringendo denti e capelli ad arrivare senza compagnia fin sotto lo striscione d’arrivo di Roccaraso. Un’impresa, che riuscì a contenere, il tardivo ritorno del grande Charly Gaul, finalmente sveglio dopo giorni di apatia.

Ordine d’arrivo:

1° Michele Gismondi km 97 in 2h47’57” (in virtù dell’ab-buono di 1’ per i due passaggi ai GPM), alla media di 32,562 kmh; 2° Charly Gaul (Lux) a 1’02”; 3° Vito Favero a 1’11”, 4° Antonin Rolland (Fra); 5°  Wout Wagtmans (Ned); 6° Alberto Emiliozzi a 1’16”; 7° Aldo Moser; 8° Fred De Bruyne (Bel) a 1’29”;  9° Miguel Poblet (Esp) a 2’; 10° Roger Decock (Bel) a 2’35”; 11° Guido Carlesi a 2’41”; 12° Giuseppe Mauso a 3’01”. 

La classifica dopo la quarta giornata.
1° Alberto Luigi Emiliozzi in 10h07’22”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 4'37"; 3° Aldo Moser a 6'18"; 4° Michele Gismondi a 6'55"; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 9’05"; 6° Miguel Poblet (Esp) 9’08”; 7° Guido Carlesi a 9’41; 8° Fred De Bruyne (Bel) a 9’58;  9° Bruno Monti a 10’43”; 10° Hugo Koblet (Sui) a 12’23”.

Sesta tappa: Roccaraso-Chieti
Novanta chilometri in linea, facili, e gli ultimi sette dietro motori per questa prima frazione della quinta giornata di gara. Nulla di interessante lungo l'interminabile discesa verso Sulmona. Le polveri si accesero nei pressi di Popoli, quando, alla caccia di un traguardo volante, partirono Baffi, Fantini e Maule, ai quali presto si aggiunsero Conterno, Impanis, De Cock, Calvi, Pellegrini e Rolland. Si era al 57esimo chilometro e all’aggancio con gli scooter ne mancavano una ventina. Il gruppo per un po' inseguì i nove fuggitivi, poi decise di lasciarli al loro destino, permettendo unicamente a Fallarini e a Favero, il compito di navigare tra la pattuglia di testa e il grosso. All'atto dell'entrata in scena delle moto, i nove avevano 2'40" su Fallarini e Favero e 4' sul gruppo. I fatti di gara presero forma e sostanza sulla rampa che porta a Chieti. Mentre la strada si arrampicava a dominare la pianura, Conterno staccò i suoi rivali, ma il sogno svanì a un chilometro dal traguardo. Maule, che era balzato alla controffensiva, lo superò e lo sconfisse, si può dire in volata. Dietro, gli altri componenti il gruppetto dei fuggitivi tagliarono il traguardo sgranati. La lotta fra i papabili alla vittoria la vinse Wagtman,s su Moser, Defilippis, Gaul, Poblet e Van Steenbergen, tutti chiusi nel giro di non molti secondi. Il  leader Emiliozzi perse 38” dal suo maggior inseguitore in classifica, l’olandese Wagtmans. 

Sul vincitore:
[Immagine: Maule_zps3icsgp1u.jpg?t=1546193234]
Nato a Gambellara (Vicenza) il 14.03.1931. Passista veloce, alto 1,80 per kg. 74. Professionista dal 1954 al 1961 con 9 vittorie. Gran dilettante, vinse fra le tante corse, autentiche  classiche per “puri”, come la Vicen-za-Bionde e l'Astico-Brenta nel ’52, la Cop-pa Berga nel ’53, il G.P. Liberazione e ancora l’Astico-Brenta, nel ’54. Atleta dotato di una potenza non comune e di un temperamento da lottatore, al passaggio fra i prof a fine ’54, era attesissimo. Ed il suo ’55 fu degno delle speranze che si riponevano su di lui. L’aprì con una vittoria nella Milano-Torino, dove superò allo sprint il compagno Aldo Moser, col quale aveva staccato tutti sulla Rezza e lo chiuse trionfalmente, conquistando il Giro di Lombardia sull’as-so belga De Bruyne e “Penna Bianca” Conterno. Dopo questo successo però, Maule non fu pari alle attese, anche se riuscì a vincere ancora qualche bella corsa. Nel ’56, conquistò la tappa di Merano al Giro, proprio la frazione che aveva affrontato il Passo dello Stelvio e chiuse la “Corsa rosa” al quarto posto. Fu un Giro per lui perso nella tremenda tappa del Bondone, ove dovette fermarsi per rifocillarsi, perdendo minuti preziosi in classifica, dopo essere stato per 30 km "Maglia Rosa virtuale". Sempre nel ’56, vinse il prestigioso Giro dell'Appennino,  successo che bissò nel '58, anno della sua ultima vittoria: il Giro dei Quattro Cantoni a Zurigo. Corse fino al ’60,  senza più riuscire a centrare nessun bersaglio.

Ordine d'arrivo:
1° Cleto Maule km 97,2 in 2h10'40' alla media di 44,633; 2° Angelo Conterno 1"; 3° Raymond Impania (Bel) a 14"; 4° Roger Decock a 24”; 5° Antonin Rolland (Fra) a 46”; 6° Alessandro Fantini a 49”; 7° Armando Pellegrini a 1’05”; 8° Giuseppe Calvi a 1’21”; 9° Pierino Baffi a 2’31” 10° Vito Favero a 3’12”…..; 21° Alberto Emiliozzi a 5'22”.

Settima tappa: Chieti-Pescara
Dopo il solito pranzo veloce, alle 15 si ripartì da Chieti alla volta di Pescara: 37 chilometri da percorrere in linea e poi nove giri di un circuito cittadino, dietro moto, per un parziale di 31,5 km, ed un complessivo di frazione di 68,5 chilometri. La parte in linea disse poco o nulla, nonostante vari tentativi e l’andatura veloce. All'aggancio con gli scooter, un colpo di scena che incise sulla corsa, fortunatamente senza conseguenze fisiche per i coinvolti. La Maglia Rosso-Oro, Emiliozzi, appena postosi al rullo cadde a causa di uno spettatore che, forse sul punto di attraversare la strada, si sporse inavvertitamente in avanti. Il pilota della moto, Calzolari, tentò la frenata, si sbilanciò e finì a terra, idem il leader della graduatoria. Nessun danno, come detto, ma per riassestare il manubrio della bicicletta,  Emiliozzi impiegò quasi due minuti. Davanti intanto, già al primo giro si capirono i valori in campo, col Campione del Mondo Van Steenbergen al comando, tallonato dal “delfino” Van Looy, indi Monti, Moser, Poblet, Wagtmans, De Bruyne, Koblet e Impanis. Mentre la folla impazzì nel tifo per Gismondi, anch’egli caduto e per l’abruzzese Fantini, l’iridato Van Steenbergen, senza mai dare agli altri la possibilità di avvicinarlo, andò a vincere in solitudine con 19” sullo spagnolo Miguel Poblet.

Ordine di arrivo:
1° Rik Van Steenbergen km 68,5 in 1h33'21", alla media di 44,028 kmh; 2° Miguel Poblet (Esp) a 19"; 3° Bruno Monti a 23”; 4° Raymond Impanis (Bel a 28”; 5° Rik Van Looy (Bel) a 34”; 6° Hugo Koblet (Sui) a 38”; 7° Aldo Moser a 48”; 8° Wout Wagtmans (Ned) a 51”; 9° Fred De Bruyne (Bel); 10° Nino Defilippis…….; 26° Alberto Emiliozzi a 3'01".

Classifica generale dopo la quinta giornata: 
1° Alberto Luigi Emiliozzi in 21h59'46"; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 1’49”; 3° Aldo Moser a 3’29”; 4° Rik Van Steenbergen (Bel) a 5’42”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 6’03”; 6° Michele Gismondi a 7’18”; 7° Raymond Impanis a 7’43”; 8° Antonin Rolland (Fra) a 8'03"; 9° Bruno Monti a 8'06"; 10) Fred De Bruyne (Bel) a 8'52”.

Ottava tappa: Pescara-Teramo
Si partì da Pescara senza Koblet, ritiratosi per tornare in Svizzera, dove lo aspettava una grave situazione famigliare: la moglie con fratture ad entrambe le gambe, la madre con itterizia acuta e la salute del suocero aggravatasi, dopo un intervento chirurgico. Anche Minardi salutò il Gran Premio, per le sofferenze derivate da un foruncolo al soprassella. Il romagnolo alzò “bandiera bianca”, visto  che la velocità della frazione si mosse subito terribilmente sostenuta. A determinarla, vari tentativi di fuga, nei quali si notò il diligente lavoro degli uomini della Faema di Guerra, in difesa di Emiliozzi. Per nessuno vi fu disco verde, fin quasi in vista dell'agganciò agli scooter situato ad una dozzina di chilometri da Teramo. Finalmente, un allungo di Van Looy e Christian, ebbe fortuna e la coppia si pose al rullo degli allenatori, con circa 2' di vantaggio sul gruppo. Sulla strada un po' in salita e un po' in discesa, Van Looy più esperto e forte, lasciò Christian, mentre alle spalle del belga, facile vincitore e dell'austriaco, secondo arrivato, gli altri si selezionarono senza infliggersi severi distacchi. Ma Wagtmans, comunque, i suoi bei 41” ad Emiliozzi li recuperò. Restavano nel serbatoio del corridore di Tarquinia, 1’08”. 

Sul vincitore.
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Nato a Grobbendonk (Herentals) il 20 dicembre 1933, professionista dal 1953 al 1970. Definirlo "Imperatore di Herentals", fu una traduzione fedele di quanto imposto dal copione che si era dato nel ciclismo per tre lustri abbondanti. Un atleta determinato, forte, con un'indole da monarca, come raramente s'è visto nell'intero sport. Henry "Rik" Van Looy, rappresenta un esempio di come si possa migliorare, se si è in possesso di una feroce volontà. Già, perché questo fiammingo, non era stato dotato dalla natura di un talento sopraffino, in grado di rendere più facile il raggiungimento di una carriera dorata. Lui doveva inseguire e lavorare duro per mettersi al passo delle sue ambizioni e vi riuscì bellamente quasi dappertutto. Quasi, appunto. Nelle corse a tappe di tre settimane, ad esempio, non ha lasciato tracce di vertice primario, idem nelle singole gare a cronometro. Eppure, si difendeva così bene anche là dove non scendeva in strada col ruolo di favorito, da fungere ugualmente da faro, perlomeno di quel tanto da far dire a chi lo batteva: "Bèh, sono andato davvero bene, ho battuto Van Looy!". Il suo ruolo e quell'autorevolezza che l'hanno eletto "Imperatore", nonché, perché no, le fondamenta della sua leggenda, si sono mosse su quei punti che seppe raggiungere come nessuno, nelle classiche e nelle corse di un giorno, o brevi prove a tappe e lì, con la sola eccezione Eddy Merckx, gli altri possono solo guardargli la ruota. Personaggio a molti antipatico per il tono col quale tendeva a guardare e trattare gli avversari, uomo di parole pesanti come macigni, ed atleta asfissiante nella difesa del suo feudo, Rik Van Looy, rappresenta un fulcro della storia del ciclismo, uno su cui ogni osservatore è costretto a fare i conti e sul quale, forse, son state date letture a volte frettolose o ingiuste. Certo, perché diversi suoi gregari non lo hanno mai dipinto come despota, ma come uomo sì esigente, ma di parola e riconoscente anche dopo la fine della carriera. Altri, lo giudicano persona dal forte spirito di squadra, consapevole di essere fisicamente e psicologicamente il più forte del sodalizio, quindi naturalmente spinto a vedere gli altri, corridori e team, come nemici. Altri ancora, lo giudicano addirittura un tipo che ha visto nel ciclismo unicamente uno strumento per garantirsi una certa agiatezza, tanto è che a carriera chiusa, s'è allontanato dall'ambiente. Comunque, aldilà dei giudizi, più o  meno suggestionati dalla posizione d'osservazione, restano le traduzioni agonistiche di Van Looy, e quelle parlano un linguaggio davvero eletto. 
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L'Imperatore di Herentals, dalla località di residenza (quella di nascita è Grobbendonk), nacque il 20 dicembre 1933, ed è stato professionista dal 1953 al 1970. Buon dilettante (vinse 68 corse in due anni!), decise di passare molto presto alla massima categoria convinto che fosse quello il "luogo" per fare il giusto apprendistato. Come da sue personali previsioni giunse ai vertici del ciclismo dopo tre anni di maturazione e di successi in prove di secondo piano. Dal 1956, quando vinse fra una miriade di gare, Parigi Bruxelles, Gand Wevelgem, GP della Scheda, Giro d'Olanda e Tre giorni di Anversa, il suo palmares, s'è ogni anno impreziosito di qualità e di una quantità che è la seconda dopo Merckx nella storia, ben 371 vittorie. Non è finita perché Rik è l'unico a poter vantare almeno una vittoria in tutte le maggiori classiche di un giorno del calendario internazionale (Merckx, ad esempio non ha mai vinto la Parigi-Tours). Vinse "soltanto" per due anni consecutivi il Campionato del mondo (nel '60 e '61), solo perché nel '62, quando il percorso era per lui adatto, si presentò ai mondiali di Salò, ancora convalescente per una grave caduta nel Tour de France (allora i mondiali non erano ad ottobre...). Nel 1963 poi, a Renaix, venne clamorosamente tradito dal giovane connazionale Benoni Beheyt, verso il quale si era prodigato per farlo selezionare per la prova iridata e dal quale non si sarebbe mai aspettato un gesto come quello che poi lo relegò ad un "beffardissimo" secondo posto. Comunque, aldilà delle due vittorie, per dieci anni è stato considerato il campione del mondo potenziale delle corse di un giorno. Se ai suoi tempi, vi fosse stata una Coppa del Mondo, o l'odierno ProTour, probabilmente ogni anno Rik Van Looy....avrebbe incassato l'assegno spettante al primo. 
L'analisi delle 371 vittorie, aldilà dei due mondiali, comprende oltre 210 corse in circuito o criterium, 2 campionati nazionali, 16 classiche, 3 giri nazionali, 6 corse a tappe (max una settimana di durata), 100 tappe di giri (nessuna a cronometro), 29 prove in linea in Belgio e 3 all'estero. Da grande velocista  trovò modo di emergere anche su pista vincendo il titolo belga dell'americana con Sercu nel '69 e, soprattutto, cogliendo il successo in 12 Sei Giorni. Il suo grande cruccio erano le corse a tappe della leggenda: per vincerle non disdegnò fughe da comprimario, al fine di reggere l'urto delle grandi montagne, dove sapeva di essere staccato dai grandi avversari della sua epoca. Lasciò il ciclismo il 22 agosto 1970 dopo aver disputato il Criterium di Valkenwaard, in Olanda. Nel dopo carriera, i suoi unici contatti col mondo del ciclismo, si sono consumati nel partecipare a qualche ricorrenza o festa. Chi lo ha visto nelle occasioni più recenti, scommette ....sull'inesattezza della sua anagrafe. Sembra un sessantenne, invece, è molto vicino agli ottanta. 

Ordine d'arrivo:
1° Rik Van Looy (Bel)  km. 66 in 1h30'5", media km. 43,939; 2° Adolph Christian (Aut) a 38"; 3° Raymond Impanis (Bel) a 1’10”; 4° Charly Gaul (Lux) a 1’15”; 5° Nino Defilippis a 1’21”; 6° Desiré  Keteleer (Bel) a 1’25”; 7° Rik Van Steenbergen (Bel) a 1'32"; Wout Wagtmans (Ned) a 1’36"; 9° Miguel Poblet (Esp) a 1'48”; 10° Aldo Moser a 1’49”; 11° Gilberto Dall’Agata a 1’52”; 12° Bruno Monti a  1’54”; 13° Fred De Bruyne (Bel) a 2’; 14° Antonin Rolland (Fra) a 2’01”; 15° Giuseppe Fallarini a 2’03”; 16° Michele Gismondi a 2’08”; Guido Carlesi a 2’15”; 18° Alberto Emiliozzi a 2'17".

Nona tappa: Teramo-Ascoli Piceno

Calma assoluta nel pomeriggio per la Teramo-Ascoli Piceno, che pure presentava il terreno adatto per chi si sentisse voglia di pigiare sui pedali. Tutti i concorrenti giunsero praticamente insieme al rituale appuntamento con le motociclette, appuntamento dove Poblet, dopo poche battute se ne andò. Monti tentò di seguirlo, ma lo spagnolo, ancora senza successi, con una sconcertante regolarità conquistò il successo senza nemmeno essere costretto a faticare troppo. Nel finale, Monti fu superato da Wagtmans che conquistò la Maglia Rosso-Oro, avendo staccato di 1’18” Emiliozzi, giunto 11°. Di nota anche la brutta frazione del Campione del Mondo Van Steenbergen, giunto 12° a 1’53” da Poblet.

Sul vincitore.
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Dire che Poblet rappresenta uno dei massimi campioni che la Spagna possa vantare è verità, anche se il tempo e la fresca memoria di un Indurain, di un Olano, di un Heras, o di un Freire, può far apparire il tutto con luce più offuscata. Fisicamente molto potente, possedeva uno spunto velocistico di nota primaria che gli consentì di vincere copiosamente, sia in terra iberica che in Italia, dove ha svolto la maggior parte della sua carriera e dove era popolarissimo. Di lui si ricorda con particolare affetto il modo gentile di proporsi e il protagonismo che riusciva a recitare anche quando veniva sconfitto. Era persino un'icona, come diremmo oggi, del pubblico femminile dell'epoca. Le sue più importanti affermazioni, tra l'altro, portano dritte nel nostro Paese. Si impose nella Milano-Sanremo del 1957 superando il belga, poi giornalista, Fred De Brune e si ripeté nel '59, stavolta davanti al celeberrimo Rik Van Steenbergen, mentre nell'anno di mezzo fra i due successi, nel '58, giunse secondo, bruciato dall'emergente ed imperioso Van Looy. Un altro aspetto evidente della presenza ciclistica di Miguel Poblet, ci giunge dal suo essere stato, per un lustro, il più grande cacciatore di tappe al Giro d'Italia. Nel suo palmares figurano ben 20 successi in sei partecipazioni alla corsa rosa: quattro nel '56 e altrettante nel '57, tre nel '58, '59, '60, '61. In Italia vinse inoltre la Milano Torino '57 e la Sassari- Cagliari '60, affermazioni, che unite alle altre e al fatto di militare nell'Ignis, contribuirono a creargli un'enorme simpatia fra gli italiani anche perché Miguel non perse mai occasione di proporre ripetute attestazioni di amicizia verso il nostro paese. L'altra parte del suo bottino è data dalle vittorie in Spagna, a cui si aggiungono quelle in terra francese al Midi Libre '55 e da tre tappe del Tour. Nella sua terra passò professionista da subito, a soli sedici anni, approfittando della promiscuità delle gare e, già a diciassette, si dimostrò vincente come i corridori più navigati. Una rapida disamina ci evidenzia successi nel campionato spagnolo della Montagna nel '47, '48, '49 (quando era ispirato, Miguel, si difendeva benissimo in salita, basti citare il suo successo sul Bondone al Giro d'Italia '57, nel giorno della famosa fermata per pipì di Gaul, che costò al lussemburghese un successo pressoché sicuro); nelle gare a tappe come il Gran Premio di Catalogna '47-'48, il Gran Premio Marca '48, Il Giro di Catalogna '52 e '60 e il Giro di Majorca '54. Fra le corse d'un giorno ha vinto il Campionato di Sabadell '45, il Trofeo Jaumandreu '45-'47, il Campionato di Catalogna '46-'47-'48, il Gran Premio Amorebieta '47, il Gran Premio di Pamplona '48, il Campionato di Barcellona '51, '56, '57, il Trofeo Mansferrer '54 oltre a tre tappe della Vuelta di Spagna che ha corso solo due volte. Per le sue doti di sprinter è stato validissimo anche su pista, vincendo sette volte il campionato spagnolo di velocità, uno di americana (con Sant) e imponendosi in tre Sei Giorni: a Barcellona, Buenos Aires e Madrid. Dopo aver chiuso la carriera nel 1962, è rimasto per lunghi anni nel ciclismo spagnolo come figura carismatica, ha presieduto la Federazione Catalana nonché assunto il ruolo di  massimo organizzatore del Giro di quella regione per diversi anni. Un monumento per il ciclismo iberico.

Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 62,800 in 1h30'45" alla media di 41,521 kmh; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 28”; 3° Raymond Impanis (Bel) a 43"; 4° Bruno Monti a 52”; 5° Rik Van Looy (Bel) a l'05"; 6° Nino Defilippis a 1’10”; 7° Fred De Bruyne (Bel) a 1'14"; 8° Aldo Moser a 1’15"; 9° Charly Gaul (Lux) a 1’40”; 10° Gilberto Dall'Agata a 1’43"; 11° Alberto Emiliozzl a l'46".

Classifica generale dopo la sesta giornata: 
1° Wout Wagtmans (Ned) in 25h04'29"; 2° Alberto Emiliozzi a 10", 3° Aldo Moser a 2'39"; 4° Miguel Poblet (Esp) a 3'58"; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 5'14"; 6° Raymond Impanis (Bel) a 5'44"; 7° Bruno Monti a 6'56"; 8° Michele Gismondi a 8'14" 9° Fred De Bruyne a 8’14”; 10° Antonin Rolland a 9'18". 

Decima tappa: Ascoli Piceno-Spoleto
In una giornata che s’annunciava di tregenda per le condizioni atmosferiche, partì la lunga frazione che da Ascoli Piceno avrebbe portato i corridori a Spoleto, dopo 227 chilometri, unico segmento agonistico della settima giornata di corsa. Non fu una tappa che scatenò la rivoluzione che qualcuno s’aspettava, vista l’asprezza del tracciato e l’aggravio per le condizioni del tempo. Nonostante ciò, va detto, che l’altissima velocità con la quale fu condotta, stese un diploma alla qualità dei corridori e nel complesso alla stessa corsa. Sulla prima salita della giornata, che portava a Croce di Casale e che si trovava sul percorso subito dopo il via, il plotone permise a Favero di andarsene con tutta tranquillità e di tagliare indisturbato il traguardo del GPM, così come permise a Bartolozzi, a Gismondi e a Fabbri, di disputarsi i posti d'onore. Nella discesa i fuggitivi furono raggiunti e non appena il plotone si riformò compatto, scattò Gauthier. Stava cadendo acqua copiosa, a catenelle come s’usa dire, ma il ritmo del francese, con addosso la maglia di Campione Nazionale, abituato a corse ai limiti dell’estremo, fu davvero di nota. Così bravo da tenere la testa per 170 chilometri e nonostante un inseguimento sempre notevole. Poi, la lunghissima discesa su Foligno e una foratura di Poblet, che scatenò la bagarre, diedero la mazzata alle speranze del francese. All’inizio del tratto motoristico, posto su un circuito da ripetere quindici volte, per un totale di 25 chilometri, col tempo finalmente trasformatosi in discreto, Gauthier, giunse con ancora 10” di vantaggio, ma oramai la sua azione nulla poteva più. Dietro al rullo degli scooter s’esaltarono inizialmente i vari Monti, Carlesi, Van Steenbergen, Van Looy, Poblet, che era rientrato dopo la foratura e il leader Wagtmans. Monti illuse, poi ci provò l’iridato, ma a fare il vuoto ci pensò ancora una volta lo spagnolo Poblet, che andò a vincere la sua seconda tappa consecutiva e ad assestarsi in classifica, in posizione tale, da giocarsi delle carte nella giornata seguente, l’ultima e decisiva.
[Immagine: miguel_poblet_ciclismo.jpg]

Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 227,5 in 5h52’29” alla media di 38,725 kmh; 2° Rik Van Looy (Bel) a 25”; 3° Rik Van Steenbergen (Bel) a 27”; 4° Wout Wagtmans (Ned) a 33”; 5° Aldo Moser a 43”; 6° Fred De Bruyne (Bel) a 50”; 7° Raymond Impanis a 55”; 8° Vito Favero a 58”; 9° Nino Defilippis a 59”; 10° Gilberto Dall’Agata a 1’06”.

Classifica generale dopo la settima giornata: 
1° Wout Wagtmans (Ned) in 30h57'31"; 2° Alberto Emiliozzi a  1’53”, 3° Aldo Moser a 2'49"; 4° Miguel Poblet (Esp) a 3'25"; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 5'08”; 6° Raymond Impanis (Bel) a 6’06”; 7° Bruno Monti a 7’07”; 8° Fred De Bruyne a 8’31”; 9° Michele Gismondi a 9’31”; 10° Antonin Rolland a 10’16”.

Undicesima tappa: Spoleto-Rieti
La frazione 61,1 km tutti in linea, fu l’ultima dell’edizione 1957, a contenere nel suo seno delle salite. Presenza circoscritta al Passo della Somma, che i corridori affrontarono subito dopo il via. In cima passò con un minuto di vantaggio, il toscano Waldemaro Bartolozzi. Il primo inseguitore fu il trevigiano Vito Favero, che anticipò il gruppo di una manciata di secondi. Con quell’ultima ascesa fu definitiva la classifica dei GPM, che vide Gismondi primo e il Campione di Francia, Gauthier, secondo. Il bellissimo panorama di tappa, stuzzicò l’inseguimento di Favero che, però, fu tagliato fuori da una foratura. Sul battistrada Bartolozzi, si portarono così l’abruzzese ormai bresciano Fantini, il cremasco Baffi ed il romano Fabbri. I quattro ben poco disturbati dall’inseguimento del gruppo, volarono su Rieti e nella decisiva volata, Alessandro Fantini la spuntò di una gomma su Pierino Baffi. Il gruppo, praticamente compatto, finì a quattro minuti e mezzo. Invariata la classifica.

Sul vincitore. 
[Immagine: Fantini_zpsltifehgw.jpg?t=1546195616]
Alessandro Fantini nacque a Fossacesia il primo gennaio 1932. Deceduto a Treviri (Germania) il 5 maggio 1961, in seguito ad una caduta verificatasi al termine della tappa di Treviri, in occasione del Giro di Germania. Velocista. Alto m. 1,69 per kg 66. Professionista dal 1955 al 1961 con 15 vittorie. Il classico sprinter brevilineo ed esplosivo, con una combattività notevole, ben lontana dalla versione odierna dei velocisti. Il simpatico "Sandrino" d'Abruzzo, trasferitosi a Brescia, prima per il servizio militare e, poi, per matrimonio, si faceva ammirare anche per il temperamento con il quale cercava le vittorie, attaccando a ripetizione e battendo poi i gruppetti di avversari che si sganciavano con lui. Sono state le grandi corse a tappe a metterlo in evidenza: vinse sette tappe al Giro d'Italia (e portò nove giorni la Maglia Rosa), due in quello di Francia e tre in Germania, una del Ciclomotoristico. Una sola classica, la Milano-Vignola '60, con la Gazzola, mentre in precedenza aveva sempre corso per l'Atala. La caduta all'arrivo della tappa di Treviri, nel Giro di Germania '61 (s'era imposto a Kellminens due giorni prima), gli provocò la frattura del cranio e dopo due giorni morì, lasciando nella disperazione moglie e figlia, nonché  incompiuta una carriera apprezzabile. Tutte le sue vittorie. 1955: Tappa Acqui Terme (Giro d'Italia); Tappa Trieste (Giro d'Italia); Tappa Millau (Tour de France); Tappa Roma (Criterium Nazioni). 1956: Tappa Genova (Giro d'Italia); Tappa Salice Terme (Giro d'Italia); Tappa Angers (Tour de France). 1957: Tappa Rieti (G.P. Cìclomotoristico); Tappa Cattolica (Giro d'Italia); Tappa Como (Giro d'Italia). 1959: Tappa San Pellegrino (Giro d'Italia). 1960: Tappa Munster (Giro di Germania); Tappa Ludwigshafen (Giro di Germania); Milano-Vignola. 1961: Tappa Kellminens (Giro di Germania).

Ordine d’arrivo: 
1° Alessandro Fantini km 61,1 in 1h39'05" alla media di 36,999 kmh; 2° Pierino Baffi; 3° Nello Fabbri; 4° Waldemaro Bartolozzi; 5° Cleto Maule a 4'26"; 6) Giuseppe Mauso; 7° Guido Messina a 4’42”; 8° René Strehler (Sui) a 4’48”; 9° Giuseppe Pintarelli a 4’54”; 10° Aldo Moser.

Dodicesima tappa: Rieti-Rieti (circuito)
Un intervallo di poco più di un’ora e, poi, la frazione speciale in circuito dietro motoscooter a cronometro. Il grande belga Fred De Bruyne, vinse con una decina di secondi su Poblet. La prova che aveva lo scopo di creare spettacolo per gli sportivi, numerosissimi, della città, finì per rappresentare, invece, un brutto colpo per Moser. Il trentino infatti forò e perse pochi secondi, sufficienti però per perdere il terzo posto in classifica a vantaggio di Poblet. 

Sul vincitore.
[Immagine: 14152597971453DEBRUYNEAlfred.jpg]
Nato a Berlare il 21 ottobre 1930, professionista dal 1953 al 1961. Bèh... sentire oggi il Bulbarelli che parla della vittoria di De Bruyne alla Parigi Tours '57, come di un mezzo furto a Bobet, fa un po' sorridere. Proprio a Bobet poi.... Fred era nettamente più veloce di Luison e che abbia giocato le sue carte era più che ovvio. La frase esternata da Bobet dopo l'arrivo, pur nella rabbia comprensibile per l'ennesimo secondo posto di quella sua stagione, non gli fa onore, perché nella sua storia, gli atti di furbizia sono stati copiosi, semmai in quella occasione ebbe di ritorno un po' di quello che aveva sovente seminato. Chiusa la parentesi e tornando al comunque grande De Bruyne, val subito la pena ricordare quanto questo corridore abbia dimostrato valori da chiaro campione, attraverso un dato: nel triennio '56-'57-'58 vinse la Desgrange Colombo, che era prestigioso campionato mondiale a punti (qualcosa di meglio delle classifiche a cui nell'odierno siamo abituati a vivere). Ed un altro aspetto non da poco, ci viene dalla considerazione che uno come Fred emerse un un'epoca, dove le leggi del gruppo nelle corse di un giorno e nelle classiche, vivevano sull'impronta gigantesca di due connazionali come Van Steenbergen e Van Looy. 
Dopo esser stato un grande dilettante trasferì ben presto anche nella massima categoria le sue facoltà di corridore tatticamente perfetto, veloce e attento a giocare sempre al meglio le sue carte. La successione delle sue vittorie di maggior prestigio è impressionante. Nel '53 vinse il Giro delle Fiandre per Indipendenti e, l'anno successivo, il primo da completo prof, vinse tre tappe al Tour, ed il Circuito delle Fiandre orientali. Dopo un '55, dove comunque colse diversi bersagli nella sua terra, esplose compiutamente nel '56, stagione nella quale vinse la Milano Sanremo, la Liegi Bastone Liegi, la Parigi Nizza, tre tappe al Tour de France e colse piazzamenti in tutte le classiche (notevole il secondo posto alla Roubaix, proprio dietro a Bobet). Nel '57, si confermò un numero uno, trionfando nel Giro delle Fiandre, nella Parigi Roubaix, e nella Parigi Tours, corredandole di altre vittorie minori e diversi piazzamenti di prestigio. Ancora ottimo il suo  '58, coi successi nella Parigi Nizza e nella Liegi Bastone Liegi. Nel '59, vinse per la terza volta la decana Liegi Bastone Liegi, ma nel '60, a causa di un incidente accorsogli mentre era in auto con l'amico Willy Vannitsen che guidava, la sua carriera fu compromessa. Tentò di riprendersi e nella primavera del '61, con la vittoria nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne, recitò il suo canto del cigno. Amava l'Italia, paese che ha conosciuto bene grazie alla militanza in taluni suoi sodalizi (sapeva molto bene l'italiano). Dopo aver chiuso col ciclismo pedalato, divenne per un lungo periodo telecronista della TV belga di espressione fiamminga (frequenti i suoi duetti con De Zan), e poi, negli anni ottanta direttore sportivo. Morì nel '94 per una malattia incurabile.

Ordine d’arrivo:
1° Fred De Bruyne (Bel) km 10,260 in 12'10" alla media di 60,666 kmh; 2° Miguel Poblet (Esp) ad 8”; 3° Raymond Impanis (Bel) a 9”;  4° Rik Van Looy (Bel) a 18"; 5° Rik Van Stcenbengen (Bel) a 20”. 

Tredicesima tappa: Rieti-Roma
L’ultima frazione, la solita e spettacolare da chiudersi dietro motoscooter sul circuito delle Terme di Caracalla, iniziò con pessime condizioni atmosferiche: cielo nero e acqua a catinelle. I corridori imbacuccati negli impermeabili, pedalarono al piccolo trotto tutta la parte in linea della frazione, con l’unico sussulto, a Guidonia, per la volata valevole per il traguardo volante, vinto da Fabbri su De Bruyne. Il gruppo compatto, giunse così all’aggancio con gli allenatori che li attendevano all’imbocco del circuito delle Terme di Caracalla. A maltempo terminato e sotto un tiepido sole, in mezzo ad una folla enorme, scoppiò la battaglia che perdurò per tutti i 14 giri del circuito. Monti le provò tutte per vincere davanti al pubblico di casa: per nove tornate restò in testa, poi crollò. Poi salì in cattedra Miguel Poblet che andò a vincere la sua terza tappa. Wout Wagtmans che si difese benissimo, conquistò per la gioia di Costante Girardengo, il prestigioso Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni.
[Immagine: Wagtmans%20e%20Girardengo_zpsthkytqdr.jpg?t=1546197139]
Wout Wagtmans e Costante Girardengo binomio vincente


Ordine d'arrivo: 
1° Miguel Poblet  km 147 in 4h19" alla media di 36,702 kmh; 2° Nino Defilippis a 18"; 3° Raymond Impanis a 24"; 4° Aldo Moser a 27"; 5° Rik Van Steenbergen a 34”; 6° Bruno Monti a 39”; 7° Wout Wagtmans a 40”.

[Immagine: Poblet%20Gira%20e%20Wagtmans_zps9encplbx.jpg]
Costante Girardengo fra Miguel Poblet (a sx - vincitore di tappa) e Wout Wagtmans (a dx - vincitore del Gran Premio Ciclomotoristico)

Classifica Generale Finale:
1° Wout Wagtmans (Ned – Girargengo Elf) in 36h55’05”;
2° Miguel Poblet (Esp – Ignis Doniselli) a 2'28"; 3° Aldo Moser (Leo Chlorodont) a 3'02": 4° Alberto Luigi Emiliozzi (Faema-Guerra) a 3’50”; 6° Rik Van Steenbergen (Bel – Peugeot BP) a 4'58"; 6° Raymond  Impanis (Bel – Peugeot BP) a 6'31"; 7° Bruno Monti (Atala) a 7'43"; 8° Fred De Bruyne (Bel – Carpano Coppi) a 8'25"; 9° Nino Defilippis (Bianchi Pirelli) a 11’02”; 10° Michele Gismondi (Carpano Coppi) a 11’49”; 11° Antonin Rolland (Fra – Bobet BP Hutchinson) a 12’30”; 12° Guido Carlesi (Bottecchia Gripo) a 12’39”  13° Vito Favero (Bottecchia Gripo) a 16’21”; 14° Giuseppe Fallarini (Asborno Frejus) a 16’21”; 15° Pierino Baffi (Arbos-Bif-Welter) a 16’24”; 16° Charly Gaul (Lux - Faema-Guerra) a 17’34”; 17° Gilberto Dall’Agata (Torpado Girardengo) a 20’03”; 18° Adolph Christian (Aut – Carpano Coppi) a 27’53”; 19° Nello Fabbri (Legnano) a 28’57”; 20° Giuseppe Mauso (Bottecchia Gripo) a 31’36”; a distacchi maggiori, 21° Alessandro Fantini (Atala); 22° Desiré Keteleer (Bel - Carpano Coppi); 23° Jacques Dupont (Fra – Saint Raphael-Geminiani); 24° Giuseppe Pintarelli (Leo Chlorodont); 25° René Strehler (Sui – Faema Guerra); 26° Roger Decock (Bel – Faema Guerra); 27° Bernard Gauthier (Mercier BP Hutchinson).
[Immagine: Wagtmans%20premio_zpsfgjgxxi8.jpg?t=1546197145]
La Lupa di bronzo al vincitore Wout Wagtmans

Maurizio Ricci detto Morris

......segue
 
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#44
Topic leggendario è dire poco... 

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#45
Grazie Old!

Comunque, leggendario o meno, in questo thread che alla fine sarà un corposo libro, ci sono degli aspetti che devo rimarcare, anche a rischio di apparire presuntuoso e immodesto. Innanzi tutto, è zeppo di prime sul web; indi si presta a spunti per proporre nuove gare che vadano nell’indirizzo delle varie tipologie delle corse in bicicletta: in sostanza quell’insieme di cui il ciclismo ha bisogno come il pane, anche per costruire atleti prima di semplici e monotematici pedalatori alla Basso. Infine, ma non certo minore come importanza, da questi zoom emerge quanto l’Italia centromeridionale abbia amato il ciclismo e quanto sia da ricercare altrove, il motivo crogiolo dell’attuale enorme disparità organizzativa, di movimento e di proposta, fra il pedale del nord e del sud. L’originalità del Gran Premio Ciclomotoristico (che vide straordinarie partecipazioni in termini di qualità internazionale), rappresenta ancora oggi, a distanza di 60 anni, un vanto mondiale per il nostro ciclismo. Riproporre qui i suoi echi e le sue pagine, è per me un piacere ed un dovere, soprattutto perché so che sul Nuovo Ciclismo, ci sono giovani impressionanti per cultura ciclistica, competenza e singolare capacità di unire passato e presente. Giovani, tra  l’altro, che hanno capito come in nessun altro luogo del web, quanto “l’agone semi-imperialistico” seminato dai madrelingua britannici sul ciclismo d’oggi, stia progressivamente uccidendo questo sport. Il business cerebrale, asfissiante e privo di valori umani, potrà far diventare topi e zucche un insieme pro Cenerentola prima di mezzanotte, ma proprio perché il tempo scorre, una mezzanotte arriverà, ed il peso della mancanza di cultura, storia, passione ed humus, farà quel che in molti sanno, ma che non dicono per criminale ipocrisia.
 
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#46
Thread bellissimo. Grazie per regalarci pagine di storia e di sociologia del ciclismo, in quanto fonte di riflessione e confronto con il professionismo attuale. Buon anno e continua a nutrirci mitico Morris!!
 
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#47
Trentaseiesima Edizione 30/04-06/05 1958

La concomitanza con la Vuelta di Spagna e la proibizione degli ingaggi imposta dalle Federazioni e dall’UCI, per taluni osservatori, rappresentavano motivi sufficienti per dire che il “Ciclomotoristico” edizione 1958, nasceva sotto una cattiva stella. Invece, gli organizzatori del Corriere dello sport, grazie ad un notevole aumento dei premi, che ammontavano nel totale ad oltre 12 milioni, circa 350 mila euro odierni, riuscirono ugualmente ad imbastire un cast di assoluto pregio mondiale. Quarantadue corridori, in rappresentanza di sette nazioni, per una formula che, pur suscitando perenni critiche in una parte dell’osservatorio italiano, vedeva invece aumentare gli interessi in ambito internazionale e faceva divenire il Ciclomotoristico, una manifestazione che assumeva le funzioni, vere e proprie, di un Giro d'Italia formato ridotto, riservato al pubblico del meridione, ricco, più di ogni altro, di entusiasmo e di curiosità per i personaggi del ciclismo. Undici tappe per sette giorni di gara e complessivi 1450 chilometri da compiere in linea, a cui andavano ad aggiungersi i 219, 3 km da percorrere dietro motoscooter. Un percorso ondulato, con salite numerose anche se solo 5 valevoli per la classifica del Gran Premio della Montagna. In altre parole, una corsa a tappe coi fiocchi che copriva le funzioni di gara a sé di pregio e, per taluni atleti, una alternativa eccellente, per raggiungere lo stato di forma ottimale in vista del Giro d’Italia. L’itinerario prevedeva sedi di tappa in Roma, Campobasso, Foggia, Bari; quindi Brindisi, Lecce, Taranto, Potenza, Castellammare di Stabia, Caserta e, ancora Roma, per l’apoteosi finale. Poblet, Baldini, Maser, Wagtmans, Sabbadin, Fallarini, Monti, Koblet, Albani, Van Est, Schils  Bover ed Hoevenaers i più attesi, ben sapendo che una corsa come il Ciclomotoristico era terreno ideale per le sorprese. Ciononostante, dal mazzetto dei corridori più prestigiosi, per le caratteristiche della prova e per la condizione dimostrata nelle gare di avvicinamento, Poblet, Monti e l’olandese Wagtmans, vincitore uscente, si facevano preferire nei pronostici. All’ultimo momento si registrò la defezione di Guido Messina perché ammalato, che fu sostituito dall’Olimpionico di Melbourne su pista, Tonino Domenicali.
[Immagine: Manifesto%201958_zpsqrqiudvy.jpg?t=1546252669]
Il manifesto dell’edizione 1958

Prima tappa: Roma-Campobasso
La prima tappa non registrò fasi ricche di grande interesse, anzi, visse senza scosse, tranquilla e sonnolenta, per oltre 130 km. Poi, quando la strada iniziò a salire diretta verso Passo Annunziata, dove era fissato un traguardo della Montagna si avvantaggiò lo scalatore abruzzese Silvestro La Cioppa. Sulla vetta l'allievo di Bartali alla San Pellegrino, transitò al comando con un leggero vantaggio su tutti gli altri, ma nel plotone non c’erano Poblet, che era ruzzolato e stava inseguendo, e Koblet, in crisi. La Cioppa fu presto ripreso e la gara si riaddormentò. Lo sprint di Isernia, al km 179, valevole come traguardo volante, fu vinto da Poblet, che era rientrato e che volle dimostrare quanto stesse bene. Poi attaccarono Ranucci ed Azzini, ma a poco dall’aggancio con gli scooter, il laziale mollò e su Azzini, si portò come un falco il belga Hoevenaers. I due arrivarono all’appuntamento con gli allenatori a motore, per gli ultimi 15,6 chilometri con una manciata di secondi sul gruppo. L'abitudine al particolare genere di corsa, selezionò in un batter d'occhio gli uomini in corsa: scomparve Azzini, tenne duro Hoevenaers, si fecero luce alle spalle, Poblet e Baldini. Ma, mentre “Don Miguel” continuò ad insistere nell'azione, Baldini alzò presto bandiera bianca. La frazione fu di Poblet: al terzo degli otto giri in tabellone, lo spagnolo piombò su Hoevenaers, per poi staccarlo senza trovare eccessiva resistenza. E nessuno dalle retrovie spuntò per cercare di sbarrargli il cammino verso il trionfo.

Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 256,6 in ore 7,3S'12" alla media di 33,619 kmh; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 24"; 3° Aldo Moser a 53"; 4° Giuseppe Fallarini a 1’09”; 5° Miguel Bover (Esp) a 1’45”; 6° Wout Watgmans (Ned) a 1'52"; 7° Franz Reitz (Ger) a 2'05”; 8° Diego Ronchini a 2’11”; 9° Carlo Azzini a 2'15"; 10° Silvano Ciampi a 2'19"; 11° Pierre Gouget (Fra) a 2'23"; 12° Ercole Baldini a 2'30".

Seconda tappa: Campobasso-Foggia
Una crisi di Poblet sulle montagne del Molise, propose tutti gli interrogativi della vigilia, perché Fallarini, Moser, Sabbadin e Boni, diedero battaglia e costrinsero il favorito spagnolo a mangiare tanta, tanta polvere. Il capitano dell’Ignis, fu costretto a cedere la Maglia Rosso-Oro a Fallarini, che, sugli attaccanti, riuscì poi a prevalere. Per gli italiani, debellato definitivamente il pericolo rappresentato da Poblet, s’affacciò quello del belga Hovenaers, che si dimostrò abile, tenace, resistente.

Sul vincitore.  
[Immagine: 14181443261453FALLARINIGiuseppe58.jpg]
Nato a Vaprio d'Agogna (Novara) il 4.maggio 1934. Corridore completo, alto 1,73 metri per kg 69. Professionista dal 1956 al 1964 con 11 vittorie. Corridore combattivo, con mezzi eccellenti, che non ha tradotto sul palmares quanto si poteva prevedere. Una buona carriera comunque, la sua. Ottimo dilettante, nel 1955 fu azzurro ai primi Giochi del Mediterraneo, dove vinse la prova in linea e, poi, ai Mondiali di Frascati, dove giunse settimo. Passò professionista l’anno successivo e, subito colse un paio di vittorie che confermavano il suo talento: la seconda e la terza tappa del Giro d’Europa, la Fiume-Udine e la Udine-Trento. Poi una flessione, fra sfortuna e amnesie, ma con tanti piazzamenti. Per ritrovarlo vincente bisognerà giungere a fine aprile ’58, quando vinse a Sarzana, superando il suo compagno di fuga Azzini, il GP Ceramisti, valevole per il Trofeo UVI e, soprattutto, due giorno dopo, la tappa di Foggia al GP Ciclomotoristico, manifestazione nella quale fu leader per diversi giorni e che poi chiuse 3°. Nel 1959 fece suo il GP Gran Premio Industria e Commercio e vinse il Circuito di Oleggio. La stagione 1960, fu la sua migliore: vinse due classiche come la Coppa Bernocchi e il Giro del Lazio e poi conquistò il Trofeo UVI. Nel ’61, vinse la terza tappa, una cronoscalata, della Tre Giorni del Sud e, nella stagione successiva, nuovamente il GP Ceramisti. Fu quello il suo ultimo successo. In carriera, è stato azzurro due volte al Tour de France: nel ’58 (si ritirò nel corso della settima tappa) e nel ’59 (giunse fuori tempo massimo nella dodicesima frazione). Ha partecipato a otto Giri d’Italia, chiudendone sette e cogliendo il miglior piazzamento nel 1957, quando giunse 14°. Le sue migliori piazze furono: 2° Giro dell'Emilia (‘’57);  2° nella tappa di Scanno al Giro d'Italia ’58;  3° al  Giro del Veneto ’58;  2° nella Coppa Sabatini ’59;  3° nella tappa  di Torino al Giro d'Italia ’59 e 2° nella Coppa Agostoni 1961. Corse per Frejus, Asborno, Ignis, Molteni e Cite.

Ordine d’arrivo:
1.Giuseppe Fallarini km 133,8 in 3h34'40" alla media di 37,514 kmh; 2° Aldo Moser a 46"; 3° Alfredo Sabbadin a 48"; 4.Jos Hoevenaers (Bel) a 2'11"; 5° Guido Boni a 2'57".

Classifica dopo l’arrivo di Foggia:
1° Giuseppe Fallarini; 2° Aldo Moser a 30”; 3° Jos Hovenaers (Bel) a 1’26”; 4° Alfredo Sabbadin a 1’58”; 5° Guido Boni a 4’46”.

Terza tappa: Foggia-Bari
La seconda corsa della giornata, sarebbe stata assai monotona, se a Cerignola non fosse uscito dal gruppo l’aretino Bruno Tognaccini, il quale imbastì un tentativo col sapore dell’impresa. Arrivò a Bari solitario, con un vantaggio abissale sugli uomini di punta, che battagliarono nel finale, senza però scavare fra di loro distanze di peso. Tutta un’altra storia rispetto alla frazione del mattino e la classifica di Bari, rispecchiò, praticamente, quella di Foggia.

Sul vincitore.
[Immagine: 14656386181453TOGNACCINIBruno1956.jpg]
Nato  il 13 dicembre 1932 a Pian di Scò (AR) ed ivi deceduto il 17 agosto 29013.  Passista. Professionista dal 1954 al 1960 con 11 vittorie. Gran pedalatore, adattissimo a tenere alto il ritmo di gara, ed a proporre allunghi in grado di sgretolare il gruppo. Anche “finalizzatore”, quando i compiti di gregariato potevano dargli tregua. Fu infatti il ruolo di spalla a caratterizzarne la carriera, onesta e discreta nelle risultanze. Non gli mancava quella caparbietà che, spesso, lo salvava da situazioni in cui per aiutare i capitani, si trovava in debito di energie. Fu un gran dilettante, che emergeva nelle corse più aspre, sapendo tenere bene sulle salite brevi e medie, anche ripetute. Vinse una cinquantina di corse, compreso il duro Giro del Casentino, indi la Coppa Ciuffenna e la Bologna-San Marino. Passò professionista a fine settembre 1953 e fece in tempo a partecipare al Giro di Lombardia dove, da neofita, conquistò un onorevolissimo 14° posto. Nel 1954 colse le sue prime vittorie: la Coppa Valle del Metauro, prima prova Trofeo UVI, il Giro dell’Isola d’Elba, il GP di Livorno, ed il Campionato Toscano Indipendenti. Dopo una stagione 1955 tribolata, in cui comunque si impose nella Coppa Liberazione a Firenze, fu autore di un grande 1956. In maglia Chlorodont, a fianco di Gastone Nencini, partecipò al suo primo Giro d'Italia, ottenendo una splendida vittoria di tappa a Grosseto, contribuendo al successo nella Cronosquadre di Lido Albaro e conquistando un buon 35° posto in classifica. Vinse poi il Trofeo Matteotti e la tappa di Stoccarda al Giro d’Europa. L'anno successivo, sempre con la Chlorodont, partecipò al Giro, fu in Nazionale al Tour de France e, con la squadra di club, corse anche la Vuelta di Spagna. Finì 65° al Giro, si ritirò nel corso della dodicesima tappa al Tour e chiuse 40° la Vuelta, ma in questa grande corsa vinse la tappa di Tortosa. Nel 1958, col successo nella frazione di Bari, al Gran Premio Ciclomotoristico, si conclusero i suoi appuntamenti con la vittoria. Continuò a correre fino al 1962.  Fra i suoi migliori piazzamenti, il 3° posto nella Coppa Sabatini ’54; il 3° nella tappa di San Pellegrino al Giro d’Italia ’56, il 2° nella frazione di Innsbruck al Giro d’Europa ’56 e il 3° nella Nizza-Mont Agel ’58.

Ordine d’arrivo:
1° Bruno Tognaccini km 152,5 in 3h.41'52" alla media di 40,950 kmh; 2° Miguel Poblet (Esp) a 7'10"; 3° Jos Hoevenaers (Bel) a 7'13"; 4° Aldo Moser a 7'16"; 5° Giuseppe Fallarini a 7'37".

Classifica dopo la seconda giornata:
1° Giuseppe Fallarini; 2° Aldo Moser a 9”; 3° Jos Hovenaers (Bel) a 1’02”; 4° Miguel Poblet a 7’43” 5° Alfredo Sabbadin a 8’01”.
[Immagine: Fallarini%20giro%20onore_zpsgldklky4.jpg?t=1546273017]
Fallarini al "giro d'inore"

Quarta tappa: Bari-Brindisi
In un mare di folla, che continuò lungo tutto il percorso, partì alle 8,30 del mattino, la prima frazione della terza giornata. E fu subito battaglia. Proprio il leader Fallarini, forse per aumentare il proprio vantaggio, fu l’iniziatore, prima del decimo chilometro di gara, di una fuga che, a parte il belga Hoevenaers, che rispose subito, raccolse una mazzetto di corridori lontani dai vertici della generale. Un tentativo importante perché “tirato” e con immediata volontà di riuscire. Ciò provocò la reazione incredibile del gruppo e la tappa ebbe sussulti d’andatura tali, fra le ali di un pubblico festoso, da renderla simile alle gare di inseguimento fra Coppi e Gillen, così capaci, in quegli anni, di radunare folle che oggi farebbero di gran lunga invidia al calcio. 
La fuga, nonostante gli sforzi dei battistrada, rimase in piedi per poco più di mezzora. L’avvenuto ricongiungimento durò poco, giusto il tempo per ideare e modellare il tentativo di due francesi Pierre Gouget e Fernand Picot, ai quali si aggiunse il talentuoso italiano Alfredo Sabbadin. I tre non dando eccessive preoccupazioni agli assi, iniziarono a mettere assieme un gran bel vantaggio e si capì presto che la frazione, pur ancora condotta a ritmi veloci, aveva in uno dei tre battistrada, il sicuro vincitore. Nel gruppo intanto si registrarono le cadute abbastanza rovinose di Koblet, Lauwers e Tinazzi, e all’aggancio coi rulli dei motoscooter, i tre giunsero con quasi 5 minuti di vantaggio su Ronchini e 6’15” sul grosso. La “giostra” come qualcuno definiva il tratto quasi sempre in circuito dietro gli scooter, segnò, davanti, la fine delle forze di Gouget, mentre dietro si registrò un attacco di Aldo Moser a Fallarini. Il duello per la vittoria di tappa andò a Sabbadin,  mentre il trentino Moser sfilò la Maglia Rosso-Oro al novarese Fallarini.  

Sul vincitore.
[Immagine: 1245573170SABBADIN%20Alfredo%20-%203.jpg]
Nato a Caltana (VE) il 20 gennaio 1936, deceduto a Noale (VE) il 26 marzo 2016. Passista veloce, alto 1,73 per kg. 70. Professionista dal 1957 al 1965 e nel 1969, con 15 vittorie. 
Sin dalle categorie giovanili il maggiore per anagrafe e qualità dei fratelli Sabbadin, fu subito battezzato come talento in grado di realizzare una carriera di pregio e di prendersi un posto d’evidenza sulla scena ciclistica. Ma non fu così, anche se la sua carriera, passa alla storia ugualmente come buona. Vinse il Titolo Tricolore fra gli allievi nel 1953 e da dilettante si dimostrò uno che possedeva gli stigmi della vittoria facile, ma per una certa irrequietezza, un carattere ribelle ed un temperamento agonistico sbagliato che non lo abbandonarono mai, non fu selezionato per i mondiali della categoria. Giunto fra i professionisti nel 1957, fu autore di un gran debutto, che gli valse vittorie di peso, come la tappa di Varese al Giro d’Italia, il Giro di Toscana e il Giro del Ticino, nonché la Maglia Azzurra ai mondiali di Waregem, dove si ritirò. 
Poi, pur centrando, nei primi anni soprattutto, altri traguardi di ottimo livello, non decollò mai, prolungando la carriera per un triennio almeno, con partecipazioni insignificanti per uno del suo spessore, ed un colpo di coda, dopo quattro stagioni di inattività che non aggiunse nulla, se non il rimpianto per quello che poteva, ed invece non fu. In carriera partecipò a sette Giri d’Italia, di cui quattro portati a termine, col 15° posto del 1959 come miglior piazzamento. Fu azzurro anche ai Mondiali di Reims, dove si ritirò, e nazionale al Tour de France ’60, che chiuse 41°. La tangibilità della sua buona carriera, la si può vedere dal prospetto che segue. 
Tutte le sue vittorie. 1957: tappa di Varese al Giro d'Italia; Giro di Toscana; Giro del Ticino; tappa di Enna al Giro di Sicilia. 1958: tappa di Mondovì al Giro d'Italia; Giro di Campania; Tappa di Brindisi al Gran Premio Ciclomotoristico; Circuito di Maggiora. 1959: tappa di Saint Vincent al Giro d'Italia; Circuito di Maggiora. 1960: tappa di Roma al Gran Premio Ciclomotoristico; Giro del Piemonte; Trofeo Longines (cronosquadre); GP Industria e Commercio. 1962: Coppa Sabatini.
I suoi migliori piazzamenti. 1957: 2° nel Giro Lazio; 2° nel Campionato Italiano;  2° nella Classifica Finale  del Giro di Sicilia; 3° nella tappa di Messina al Giro Sicilia; 3° nella Milano-Mantova. 1958: 2° nella tappa di Nuoro al Giro di Sardegna; 3° nel Giro di Romagna; 2° nel Giro del Veneto. 1959: 2° nel Giro del Ticino; 2° nel Giro di Romagna. 1961: 2° nella tappa di Madrid e 3° in quelle di Vittoria e Bilbao alla Vuelta di Spagna. 1962: 2° nella Milano-Vignola. 1965: 3° nella tappa di Avellino al Giro d'Italia.

Ordine d'arrivo:: 
1° Alfredo Sabbadin km 132,9 in 2h55'28" alla media di 45,486 kmh; 2° Fernand Picot (Fra) a 10"; 3° Pierre Gouget (Fra) a 1’19”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 5'13"; 5° Aldo Moser a 5’16"; 6° Armando Pellegrini a 5'32"; 7° Giuseppe Fallarini a 5'58"; 8° Miguel Poblet (Esp) a 6'01”; 9° Guido Boni a 6’34”; 10° Adolph Christian (Aut) a 6'37".

Quinta tappa: Brindisi-Lecce
Il programma del pomeriggio prevedeva lo svolgimento di una prova di 40 km in linea, da Brindisi a Lecce, con il solito supplemento di natura motoristica, lungo, stavolta, 21 km. La brevità del percorso, la vivace schermaglia del mattino, il sole caldo che inondava la strada, spinsero l’attesa a previsioni di assoluta tranquillità. Invece, ancora una volta, scoppiò la “bagarre”. Su ne andò presto l’olandese Wim Van Est, conosciuto come il “Miracolato dell’Aubisque” che restò solitario al comando per cinque chilometri, fin quando lo raggiunse con una progressione che mandò in visibilio chi la poté osservare, il Campione d’Italia Ercole Baldini. Il gruppo reagì con forza, ma Baldini era il Treno di Forlì, che trovò nel tulipano dai capelli rossi Van Est, un prezioso scudiero. I due mortificarono le velleità del gruppo e giunsero all’aggancio con gli scooter con un vantaggio di 1’50”. La “razione” dietro motori divenne poi per il Tricolore una trionfale galoppata, di fronte ad una massa di tifosi cui nulla importava la scarsa posizione del romagnolo nella graduatoria generale. Era il re per loro, e Baldini, che pareva aver imparato d'incanto a gareggiare incollato al rullo forse fin lì rifiutato… perchè il motore era lui, andò a vincere salutato da un'ovazione immensa e lunga minuti. Alle spalle del Treno di Forlì, il brianzolo Albani che, con una frazione portentosa dietro moto, riuscì a superare Van Est. Poi Pellegrini, Reitz, Poblet, La Cioppa nell'ordine sgranati. Distacchi lievi, certamente,  ma tali tuttavia da operare alcuni cambiamenti nella Generale.

Sul vincitore:
[Immagine: 38-1956-melbourne-ercole-baldini.jpg]
Nato a Villanova di Forlì il 26 gennaio 1933. Passista. Professionista dal 1957 al 1964, con 40 vittorie. Uno dei più grandi corridori che l’Italia abbia mai avuto, e su taluni aspetti del ciclismo uno dei primissimi dell’intera storia mondiale di questo sport. A dirlo non è l’amicizia che intercorre fra di noi e nemmeno il feeling che può nascere fra due persone della medesima terra, ma l’obiettività, la conoscenza delle realtà di una disciplina come il ciclismo, così particolare, tanto nella durezza, quanto nell’esaltazione antropologica. Baldini, questo grande ed eccelso del segmento storico di Forlì, nacque da una famiglia contadina che ha fatto del pragmatismo e della devozione ai valori di una cultura, i propri penati e lui nacque davvero come un predestinato sincronico al nome del mitico eroe greco, fino a divenire veramente un ….Ercole. Un atleta cui ogni divulgatore e narratore di questo sport, dovrà necessariamente dedicare un capitolo, perennemente. Nella carriera di Baldini, infatti, ci sono delle perle e dei record difficilmente ripetibili, anche per supercampioni. Un suo record risulta tuttora ineguagliato: il formidabile passista forlivese è l’unico nella storia del ciclismo, ad aver vinto un titolo mondiale su pista , il titolo olimpico su strada e quello mondiale su strada. Nessuno ha saputo eguagliarlo, nemmeno l’olandese Henne Kuiper e il tedesco Jan Ulrich che pure hanno vinto olimpiadi e mondiali su strada (fra dilettanti e professionisti) e nemmeno l’immenso Eddy Merckx che pure ha vinto l’iride fra i dilettanti e fra i professionisti. Ercole possiede poi un altro record che è tutt’oggi in vigore: quello dell’ora a livello del mare fra i dilettanti. Quando il grande corridore romagnolo stabilì questo primato nel lontano 1956, esso era il record dell’ora   anche fra i professionisti, ed anche qui Baldini risulta ineguagliato. E’ infatti stato l’unico a conseguire la miglior performance sull’ora pur essendo ancora dilettante. Bastano queste note, per capire la grandezza di questo personaggio ben presto chiamato “Il Treno di Forlì” e mi pare alquanto restrittivo, ridurre in pochi spazi la sua fulgida carriera. Debuttò nel ciclismo nel 1951 in maglia gialloblu della Scat e dopo tre anni, nel 1954, stabilì il record dell’ora fra i dilettanti, compiendo 44,870 km. Ma fu il 1956 l’anno in cui l’Ercole di Romagna mise tutto il mondo del pedale ai suoi piedi e fece pensare ai più che l’Italia aveva trovato un nuovo Coppi.
Tanto per cambiare, ritentò il record dell’ora al Vigorelli e stabilì con 46,393 km il nuovo limite dei dilettanti e pure quello dei professionisti, togliendolo ad un certo Jacques Anquetil. Vinse il tricolore dell’inseguimento superando un certo ….Leandro Faggin e tre settimane dopo, conquistò a Copenaghen l’iride nella stessa specialità, superando ancora una volta il nobile avversario. Ma il Treno di Forlì aveva ancora in serbo le energie migliori, ed in autunno si spostò agli antipodi per vincere con una superiorità disarmante per gli avversari, la prova su strada  alle Olimpiadi di Melbourne. Baldini non vinse, ma dominò come sapeva fare solo Coppi, ed in seguito Merckx.  Il 1957, segnò il suo passaggio al professionismo in maglia Legnano. Il debutto di Ercole fu subito di gran pregio. Al Giro d’Italia vinse la cronometro di Forte dei Marmi e finì al terzo posto nella classifica  finale. Vinse poi il Giro di Romagna, il Giro del Lazio, il Gran Premio Campari a Lugano, il Trofeo Baracchi con Fausto Coppi e, soprattutto, il Campionato Italiano. Ma è il 1958 la sua stagione d’oro. Tante vittorie (15), oltre alla prima edizione del Trofeo Tendicollo Universal  davanti a centomila spettatori, cominciò la sua serie con le frazioni di Lecce e Castellamare del Gran Premio Ciclomotoristico. Quindi il Giro d’Italia, vinto da autentico dominatore, arricchito da quattro vittorie di tappa, fra le quali l’arrivo solitario sull’erta di Boscochiesanuova, davanti al fior fiore degli scalatori e la tappa a cronometro di Viareggio, dove mandò fuori tempo massimo mezzo gruppo. Altro sigillo di nota, il Trofeo Matteotti, indi il Gran Premio Industria e Commercio, il Campionato Italiano, il Circuito di Collecchio. Arrivò ai Mondiali di Reims col ruolo di possibile vincente e non tardò a dimostrarsi il più forte, raccogliendo un suggerimento di Coppi, che gli consigliò di inserirsi in una fuga che ai più appariva ardita e senza sbocchi. Di qui, invece, Ercole, seppe poi scaricare i compagni d’avventura, fra i quali Luison Bobet che correva in casa e giunse sul traguardo iridato, per cogliere una delle più belle, convincenti e leggendarie vittorie della storia dei mondiali. In maglia iridata, assieme ad Aldo Moser, colse poi  a fine stagione, il successo nel Trofeo Baracchi. La Romagna aveva così trovato un campione che la stava facendo conoscere al mondo, nell’alveo più pieno dell’ammirazione. Ed il ragazzone di Villanova, col cuore grande, generoso e direttamente proporzionale alla stazza imponente, aveva confermato nel modo più convincente le rare stimmate emerse fra i dilettanti. Al secondo anno fra i professionisti, ed a soli 25 anni, Ercole possedeva un curriculum in grado di riempire i sogni di gloria di un corridore. C’era già praticamente tutto, mancava solo il Tour, ma l’osservatorio lo considerava solo un fatto di tempo. 
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Nel ’59 Baldini passò all’Ignis di uno dei padri dello sport moderno: il Cavalier Borghi. Costui, lo ammirava profondamente e sognava sul ragazzone romagnolo. Ma un intervento  chirurgico di appendicite, nei primi mesi dell’anno, impose al “Treno di Forlì” uno stop che, come per altri campioni, ebbe un peso determinante nel prosieguo di carriera. Forse cercò di ritornare prima del tempo, ed in questo senso la sua partecipazione al Giro del ’59 fu un azzardo, ma sta di fatto che dopo l’operazione, a parte le prove a cronometro, solo in rare altre giornate fu possibile vedere il Baldini che tutti conoscevano. Dopo la vittoria a tempo di record nel Trofeo Tendicollo a Forlì, puntò tutto sul Tour, dove vinse il tappone di Aosta e ad un certo punto apparve davvero in procinto di conquistare la corsa, ma nella cronoscalata al Puy de Dome andò in crisi e si giocò le possibilità di vincere una Grande Boucle che appariva alla sua portata. Finì sesto, non senza rimpianti. Sul finire di stagione colse importanti successi al Giro dell’Emilia, nel G.P. Faema e, per la terza volta, nel Trofeo Baracchi, ancora in coppia con Aldo Moser.  La sua fama di “Treno” si rinvigorì nel 1960 col successo nel Gran Premio delle Nazioni, per tanti anni una specie di campionato mondiale a cronometro, ma nel resto di stagione confermò un certo declino, aggravato da una rovinosa caduta al Giro, dove si fratturò un polso. Nel 1961 si impose nella Milano Mantova, nel circuito di Ravenna e, per la quarta volta, nel Trofeo Baracchi stavolta in coppia col francese Velly. Nel 1962 ebbe giornate di buona regolarità nei grandi Giri, perlomeno tali da riportarlo fra i primi, in particolare pagò la sospensione per neve della tappa sul Rolle al Giro, quando era in forte rimonta. Nel resto di stagione, a parte il ritorno al successo nel Trofeo Tendicollo e nel circuito di Ponte Piave, ritentò l’avventura al Tour de France, dove fu autore di grandi prestazioni a cronometro, ma non andò oltre un non disprezzabile 8° posto finale. Nel 1963 cambiò squadra, ed approdò alla Cynar, ritornando con una certa prepotenza al successo. Oltre al Tendicollo, vinse la Coppa Placci, il Giro della Provincia di Reggio Calabria, il Trofeo Cougnet e il Circuito di San Costanzo. Nel 1964, Ercole Baldini chiuse la carriera in maglia Salvarani, giungendo secondo al Baracchi, in coppia con Vittorio Adorni. Che dire di questo campione? Non sarà diventato un nuovo Coppi, è stato semplicemente Baldini, uno che ha lasciato nel ciclismo una traccia breve, ma così intensa, che ripercorrerla nelle sue essenze, fa venire i brividi.
Lasciata l’attività agonistica, il Treno di Forlì è passato a quella dirigenziale, divenendo direttore sportivo dell’Ignis, della Bianchi, della Kelvinator, della Scic e poi Presidente dell’Associazione Corridori. Successivamente, Presidente della Lega, quindi membro della Commissione Tecnica dell’Uci. In altre parole, ancora un personaggio di spicco.

Ordine d'arrivo: 
1° Ercole Baldini km 61 in 1h18'15" alla media di  46,773 kmh; 2° Giorgio Albani a 33"; 3° Wim Van Est (Ned) a 36"; 4° Armando Pellegrini a 1'47"; 5° Fritz Reitz (Ger) a 2'20"; 6° Miguel Poblet (Eso) a 2'48"; 7° Silvestro La Cioppa a 2'53"; 8° Bruno Tognaccini a 2'54"; 9° Miguel Chacon (Esp) a 2'55"; 10° Hoevenaers a 3'13"; 11° Alfredo Bonariva a 3’17”; 12° Aldo Moscr a 3'17".

Classifica generale dopo la terza giornata:
1° Aldo Moser in 19h25'57"; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 44"; 3° Giuseppe Fallarini a 45"; 4° Miguel Poblet (Esp) a 6'51"; 5° Alfredo Sabbadin a 7'55"; 6° Silvestro La Cioppa a 9'07"; 7° Carlo Azzini a 10’51”; 8° Guido Boni a 14’01”; 9° Diego Ronchini a 15’10”; 10° Miguel Bover (Esp) a 15’15”.

Sesta tappa: Lecce-Taranto
Fu una tappa dai due volti. Da una parte i primi in classifica, volonterosi il giusto per renderla normale e, dall’altra, un gruppo corposo, col tricolore Baldini in testa, a prenderla come una gita turistica. Il Treno di Forlì, d’altronde, era al Ciclomotoristico certo per onorarlo, e la tappa di Lecce del giorno precedente lo aveva dimostrato, ma soprattutto per fare la gamba in vista del Giro d’Italia. Fatto sta, che ne uscì una frazione ad ottimo ritmo, con dei grandi cavalieri di giornata che si evidenziarono al cinquantesimo chilometro. Qui, infatti, su iniziativa di Armando Pellegrini, evasero con lui, Picot, Post, Domenicali, Brenioli, Chacon e Christian. Dietro, ad inseguire gli uomini di classifica, in un drappello di una quindicina d’unità e, tanto dietro, i turisti a guardare, oltre al paesaggio, le gambe magiche del Tricolore Baldini che era con loro. Pedalando spediti i sette al comando giunsero all’aggancio con gli allenatori in motoscooter, quasi 7' avanti al leader Moser e soci, mentre il grosso, col vincitore di Lecce, a quasi mezzora. La folla fu generosa con tutti ed offrì a chiunque il calore di un entusiastico applauso. Tanto da stuzzicare al meglio uno specialista come Pellegrini, bergamasco con pochi capelli, ma tanta qualità, soprattutto dietro motori, che si incaricò di  ribadire la sua superiorità per andare a vincere da par suo. La battaglia per il primato fra i concorrenti più in vista, diede piccoli risultati: la graduatoria rimase quella che era il giorno prima, salvo una manciata di secondi guadagnati dal belga Hoevenaers, su Moser, ed altrettanti persi sul trentino, da Fallarini.

Sul vincitore.
[Immagine: 14767231611453PELLEGRINIArmando19581958.jpg]
Nato a Bedolita (BG) il 3 giugno 1933. Passista veloce, alto m 1,78 per kg 62. Professionista dal 1957 al 1969 con 13 vittorie. Un esempio di buona carriera, considerando l’epoca in cui ha corso. Non un formidabile vincente, ma un evidente che possedeva buon senso e tanta disponibilità a giocare al meglio le sue più che discrete qualità. Ha alternato strada e pista prima dell’arrivo fra i professionisti, ed una volta arrivato nell’elite, le ha praticate negli apogei come una ideale staffetta. Si segnalò da dilettante nel 1954, in pista, con due segni che oggi verrebbero giudicati in contrapposizione: giunse secondo nella Velocità Tandem in coppia con Pesenti e stabilì il primato mondiale della 100 km in 2h41’00”. Nei 2 anni successivi, vinse il Titolo Italiano nell’Inseguimento a Squadre, giunse 3° nel Tricolore stayer nel ’56 e si dimostrò un ottimo  stradista. Nel 1957 passò al professionismo con la blasonata Faema e vinse subito 4 corse: il Giro delle Alpi Apuane, il GP Vighizzolo, entrambe prove del Trofeo UVI e la classifica finale della Challange, nonché il GP Grunding. Al Giro d’Italia finì 30° e giunse 2° nel Tricolore stayer.  Nel ’58 vinse la tappa di Taranto del GP Ciclomotoristico, il GP Rho, valido per il Trofeo UVI e colse un’infinità di piazzamenti: praticamente non uscì mai dai primi 10 in tutte le classiche del calendario italiano. Nel ’59 passò all’EMI e fu autore della sua migliore stagione, relativamente alla strada. Vinse la frazione di Oristano al Giro di Sardegna, la tappa di Uzes della Parigi Nizza e quella di Roma nella Montone-Roma. Ruppe finalmente il ghiaccio anche al Giro d’Italia, vincendo la frazione di Arezzo. Fu azzurro ai Mondiali di Zandwoort, dove, finito il lavoro d’appoggio, si ritirò. Tornò al successo nel 1961 in maglia Vov, conquistando, sempre ad Oristano, la specifica frazione del Giro di Sardegna. Nel 1962 passò alla Molteni e colse il suo secondo successo di tappa al Giro d’Italia, sfrecciando primo a Casale Monferrato. Dal 1963, iniziò a dedicarsi quasi esclusivamente alla pista e, nell’amato mezzofondo, chiuse 3° al Tricolore. Ma la Maglia Biancorossoverde della specialità, fu finalmente sua nel ’64. Nell’anno vinse pure l’ultima corsa su strada: il GP Riviera di Cesenatico. Dal  ’65,  fino al ritiro dall’attività agonistica, avvenuta nel ‘69, Armando Pellegrini continuò a lottare fra gli stayer, contro l’astro della specialità: Domenico De Lillo. Una lotta che lo vide di nuovo vincente ai Tricolori del ‘68.

Ordine d’arrivo:
1° Armando Pellegrini km 176 in 4h20'50" alla media di 40,480 kmh; 2° Peter Post (Ned) a 25"; 3° Adolph Christian (Aut) a 42"; 4° Tonino Domenicali a 1’27”; 5° Rizzardo Brenioli a 1’32"; 6° Fernand Picot (Fra) a 2'07"; 7° Miguel Chacon (Esp) a 2'38"; 8° Miguel Poblet (Esp) a 6'46"; 9° Jos Hoevenares (Bel) a 6'58"; 10° Aldo Moser a 7'01"; 11° Giuseppe Fallarini a 7'55".

Classifica generale dopo la quarta giornata: 
1° Aldo Moser in 23h53’48"; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 41"; 3° Giuseppe Fallarini a 1’39”; 4° Miguel Poblet a 6’36”; 5° Adolph Christian (Aut) a 10’41”; 6° Fernand Picot (Fra) a 15’41” 7° Armando Pellegrini a 17’01”; 8° Miguel Bover (Esp) a 20’04”; 9° Alfredo Sabbadin a 26’22”; 10° Silvestro La Cioppa.a 29’33”.

 Settima tappa: Taranto-Potenza
La frazione, 189 chilometri in linea con tre traguardi volanti e due traguardi della montagna, con circa 50 km di gara dietro motori, tenne fede alle sue promesse. La stessa partenza fu movimentata da alcuni allunghi di Poblet, di Pellegrini e di Baldini. Allunghi che rimasero senza esiti pratici, ma che seppero mettere alla frusta gli altri e la stessa corsa. Mentre la strada lasciava il mare per dirigersi verso le vicine montagne, i corridori si concessero un po' di respiro, forse timorosi per due cavalli che, al galoppo, accompagnarono la carovana per alcuni chilometri. Toccò a Wagtmans, riaccendere le polveri. L'olandese scattò verso il 60° chilometro e diede una nuova impronta alla corsa. Passò sul traguardo volante di Matera con tre minuti di vantaggio e  transitò in cima al GPM di Miglionico, con 7’10” d’anticipo su Tinazzi, Ciampi, La Cioppa e 7'38" sul gruppo. Poi incominciò a scuotere la sua piccola testa bionda: la fatica si faceva sentire e la tappa era ancora assai aspra. Al  km 126, su un altro traguardo volante, Wagtmans era ancora al comando, con 5’30 su Sabbadin ed il gruppo a 6’. Sulla lunga asfissiante salita di San Chirico Nuovo che raggiungeva i 1001 metri sul livello del mare, partì la riscossa da dietro. Sabbadin raggiunse e staccò Wagtmans, ma prima della cima fu superato da Poblet, che aveva recuperato una foratura e da Fallarini. In ritardo il leader Moser. Allo spagnolo andavano così 30” di abbuono, ed al novarese 15”. Sulla lunghissima discesa su Potenza, Moser cercò di recuperare, ma spese tantissimo nonostante l’aiuto di Ciampi, ed all’aggancio coi motoscooter, pagò lo sforzo. In ballo dunque, tappa e classifica generale. In quattro erano rimasti davanti al trentino, ovvero Poblet, Fallarini, Hoevenaers e La Cioppa che conclusero nell’ordine frazionati. Per Poblet il successo di tappa, poteva significare mantenere qualche piccola speranza per la vittoria finale, mentre per Fallarini, 2°, ci fu il ritorno alla Maglia Rosso-Oro. E c’era sempre lì, a due passi, la sagoma ombrosa di Jos Hoevenaers. 

Ordine d’arrivo:

1° Miguel Poblet (Esp) km 208,25 in 6h01’39” alla media di 34528 kmh (abbuono per GPM 30”); 2° Giuseppe Fallarini (abbuono per GPM 15”) a 9”; 3° Jos Hoevenaers (Bel) a 10”; 4° Silvestro La Cioppa a 43”; 5° Aldo Moser a 4’37”.

Classifica Generale dopo la quinta giornata:
1° Giuseppe Fallarini in 29h57’15”; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 6”; 3° Aldo Moser a 2’49”; 4° Miguel Poblet a 4’18”; 5° Silvestro La Cioppa a 28’12”.

Ottava tappa: Potenza-Castellamare di Stabia
Avvio di buon mattino a Potenza, con una strada tutta curve, salite e discese. Inevitabile che si accendessero subito le polveri, con numerosi tentativi animati per lo più da Poblet. Poi attaccarono decisi Sabbadin e Van Est, ai quali si aggiunsero prima Fantini e poi Gouget. Il gruppo non accettò la situazione e alla caccia dei quattro si misero Baldini, Post, La Cioppa, Brenioli, Picot, Christian, Pellegrini, Ranucci, Reitz, Boni, Ronchini e Grassi, che, sulla vetta dello Scorzo, ultimo GPM (al culmine primo Sabbadin), lamentarono sui fuggitivi, un distacco di 3’20”. I due traguardi volanti a Battipaglia e Salerno furono vinti da Fantini. Il quartetto di testa, nonostante l'impegno, vide progressivamente assottigliarsi il vantaggio sui 12 inseguitori. 
Nel gruppo intanto, si ritirarono Ciampi e l’anonimo Koblet. Ad un tiro di schioppo da Castellammare, dove ad attendere i corridori c’erano gli allenatori in moto per il circuito finale, i cacciatori raggiunsero le lepri. Fra i sedici al comando ed i rispettivi allenatori, s’accese una cruenta battaglia per la tappa, mentre analoga situazione si registrò dietro, con Poblet ed Hoevenaers che attaccarono di brutto il pur ben disposto leader Fallarini. Alla presenza del Ministro Gava, la lotta per il successo di frazione si restrinse a Baldini, Pellegrini e Post. Il campione d'Italia, in giornata di vena, trionfò nel tripudio di una folla enorme. Mentre dietro, certo a tanti minuti, Hoevenaers, che la spuntò su Poblet, inflisse un bel distacco a Fallarini e nonostante una penalizzazione di 30” inflittagli per cambio di ruota con Lauwers dopo una foratura, conquistò la Maglia Rosso-Oro di leader.

Ordine d'arrivo:  
1° Ercole Baldini km 179 in 5h04'53" alla media di 35,209 kmh; 2° Armando Pellegrini a 5"; 3° Peter Post (Ned) a 20"; 4° Alfredo Sabbadin a 59"; 5° Diego Ronchini a 1’08”; 6° Adolph Christian (Aut) a 1'33"; …..17° Jos Hoevenaers (Bel) a 1913"; 18° Miguel Poblet (Esp)a 19'19"; 19° Aldo Moser a 19'19"; 20° Giuseppe Fallarmi a 20'20".

Nona tappa: Castellamare-Caserta
Dopo un frugale pasto, alle 15 i corridori partirono da Castellammare, in direzione Caserta. Una sfilza di passaggi a livello chiusi, diedero alla corsa un aspetto caotico e febbrile, nel sussulto di cento tentativi di attacco, che trovarono tutti prontissima risposta. Poblet cercò con energia il colpo gobbo, senza riuscire però ad imbastire una fuga. Ed anche un allungo di Ranucci e di Tinazzi, venne rintuzzato con decisione. Fatto sta che al circuito della Reggia di Caserta, il gruppo arrivò in pratica al gran completo. Qui poteva anche decidersi il Gran Premio. Infatti Poblet, dopo che Baldini vide arrestata la sua azione da un guasto alla moto allenatrice, ritentò testardo di dar scacco matto a chi lo precedeva nella classifica. Ma Hoevenaers, confermando le sue ottime qualità, tenne duro con pari coraggio. Furono 27 chilometri entusiasmanti. Poblet al traguardo sfrecciò per primo, ma il belga lo tallonò come un'ombra fino alla fine, perdendo sulla linea del traguardo solo  4”. Per Moser, Pellegrini e Fallarini giunti nell’ordine dietro la coppia, non restò che prendere atto della superiorità dei due corridori stranieri.  

Ordine d'arrivo:  : 
1° Miguel Poblet (Esp) km 88,6 in 2h13'35" alla media di 39,781 kmh; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 4": 3° Aldo Moser a 44"; 4° Armando Pellegrini a 1’04"; 5° Giuseppe Fallarinl a 1’'39"; 6° Peter Post (Ned) a 2'04"; 7° Alfredo Sabbadin a 2'21"; 8° Ercole Baldini a 3'05"; 9° Luciano Ciancola a 3’11”; 10° Silvestro La Cioppa a 3’23".

Classifica generale dopo la sesta giornata: 
1° Jos Hoevenaers (Bel) in 37h33’37”; 2° Giuseppe Fallarmi a 2'06”; 3° Aldo Moser a 3'28"; 4° Miguel Poblet (Esp) a 3'43"; 5° Adolph Christian (Aut) a 6'07"; 6° Silvestro La Cioppa; 7° Alfredo Sabbadin; 8° Peter Post (Ned); 9° Guido Boni; 10° Ercole Baldini. 

Decima tappa: Caserta-Sabaudia
La giornata conclusiva del Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni, si apri al mattino con un paio di ritiri: l’olandese Wagtmans, vincitore dell’edizione ’57 e del belga Stan Lauwers. Fallarini tentò più volte, nella disperata ricerca di favorire la fuga di un gruppetto, di anticipare la superiorità di Poblet ed Hoevenaers, dietro motori. Non vi riuscì, ed all’aggancio con le moto per il circuito di Sabaudia, il gruppo arrivò compatto. Ad osservare in tribuna il roteare frenetico dei corridori al riparo del vento, grazie agli scooter, fra i vari personaggi di spicco, la bellissima Gina Lollobrigida, nel fiore degli anni. La corsa, come prevedibile, si risolse su un duello fra Poblet e Hoevenaers. Vinse il primo, ma il belga gli restò a ruota fino all’ultimo. 

Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 155,5 in 4h21’42” alla media di 34,196 kmh; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 2”; 3° Peter Post (Ned) a 54”; 4° Ercole Baldini a 55” a pari merito con Giuseppe Fallarini; 6° Alfredo Sabbadin a 1’18”; 7° Aldo Moser a 1’22”; 8° Eugenio Bertoglio a 1’30”; 9° Silvestro La Cioppa a 1’38”; 10° Giorgio Tinazzi a 1’42”.

Undicesima tappa: Sabaudia-Roma
Nella frazione conclusiva del pomeriggio, pochissime note, come era scontato. Solo Baldini si fece notare grazie ad alcuni allunghi, peraltro subito neutralizzati dal gruppo. La corsa vide così gli ultimi scampoli di battaglia, affidati al tratto da percorrere dietro gli scooter. A Roma, lungo il circuito delle Terme di Caracalla gli italiani non furono capaci di dare un volto nuovo alla competizione. Hoevenaers e Poblet, Poblet e Hoevenaers. Sotto una pioggia, lieve, ma fastidiosa, il belga, sfiorando i 60 all'ora, giocò il tutto per tutto. C'erano da compiere 12 giri e per 11 il leader di classifica sfrecciò velocissima di fronte alle tribune gremite nella funzione di battistrada. Dietro però, Poblet, scherzò come il gatto col topo: al giro buono, il dodicesimo, fece un urlo al suo allenatore e forzò il ritmo. Gli fu sufficiente per vincere con estrema facilità. Alle sue spalle, naturalmente, Hoevenaers, poi il bravo Fallarini e l’olandese Peter Post. Il belga comunque, si consolò col massimo: vinse con gran merito il Gran Premio Ciclomotoristico. 

Ordine d’arrivo:
1° Miguel Poblet (Esp) km 129,8 in 3h16’40” alla media di 39,650 kmh;
2° Jos Hoevenaers (Bel) a 9”; 3° Giuseppe Fallarini a 1’16”; 4° Peter Post (Ned) a 1’40”; 5° Alfredo Sabbadin a 1’42”; 6° Aldo Moser a 1’43”.

Classifica Generale Finale:
1° Jos Hoevenaers (Bel) in 45h14’16”;
2° Miguel Poblet (Esp) a 2’54”; 3° Giuseppe Fallarini a 3’50”; 4° Aldo Moser a 5’48”; 5° Adolph Christian (Aut) a 10’43”; 6° Alfredo Sabbadin a 16’27”; 7° Silvestro La Cioppa a 17’16”; 8° Peter Post (Ned) a 23’57”; 9° Ercole Baldini a 29’14”; 10° Guido Boni a 31’23”.

Sul vincitore del Gran Premio Ciclomotoristico.
[Immagine: jos-hoevenaers.jpg]
Jos Hoevenaers nacque ad Anversa il 30 novembre 1932. Deceduto a Wilrijk il 14 giugno 1995, Professionista dal 1957 al 1967 con 28 vittorie.
Joseph, era figlio di Henri, grandissimo dilettante, primo belga a vincere il Titolo Mondiale dei dilettanti nel '25, nonché tre volte medagliato (due argenti e un bronzo) alle Olimpiadi di Parigi, ed il ruolo avuto dal genitore, aggiunto ad una certa lenta maturazione, pesarono troppo sulla sua eccessiva permanenza  nella categoria dei “puri”. In altre parole, c’è ragione di credere che tante forze, Jos, le abbia lasciate sulla strada delle non certo importantissime gare fra i dilettanti, forse alla ricerca di quel titolo che il padre aveva conquistato. Fatto sta che fra i “puri” a 24 anno completò una serie di grandi successi al cospetto di tutti i più forti, come nel Giro di Berlino, nell’Etoile de Ypres, gara a tappe in cui dominò vincendo pure tre frazioni, indi nella Liegi-Marche-Liegi e, soprattutto, da dominatore nella Liegi-Bastogne-Liegi. Il debutto fra i prof nel 1957, dove col tempo, pur perdendo la brillantezza che lo contraddistinse fra i dilettanti, si dimostrò un corridore solido e intraprendente che si mise particolarmente in luce nelle grandi corse a tappe. Riuscì a vestire parzialmente sia la Maglia Gialla (1 giorno nel ’58 e 3 nel ’59) e sia quella rosa (10 giorni nel '60, quando correva per la romagnola Ghigi diretta da Luciano Pezzi), senza mai giungere ad un piazzamento nei primissimi (fu 5° al Giro del ‘60) e senza mai vincere una tappa. Fra le sue 28 vittorie, il successo nella Freccia Vallone ’59 rappresenta senza dubbio la stella, ma vanno ricordati: il Giro delle Tre Province ’57, tre volte il Giro del Belgio Centrale (’57,’59, ‘62), una tappa del Giro di Catalogna nel 1957, la Roma-Napoli-Roma col finale dietro motori e la Mandel-Lys-Schelde nel ’58, una tappa della Tre Giorni di Anversa nel ’60, la Coppa Sels e il Campionato belga per club nel ’61;  il GP de l’Escaut, il Giro del Nord Ovest della Svizzera, il Giro del Brabante Centrale e la Kampenhout-Relst nel ’64; il Giro del Sud-Ovest delle Fiandre e la Polder-Kempen nel 1965. Insomma, un’onorata carriera, sulla quale ha pure pesato il suo ruolo di spalla di grandi campioni: Rik Van Looy su tutti.

Maurizio Ricci detto Morris

.....segue
 
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#48
Al di là dei racconti che sono bellissimi, as usual, le foto che sta mettendo Maurizio (stupende!) sono delle esclusive che mai prima d'ora erano state caricate sul web (in pratica si trovano solo qua e sull'account photobucket del forum) Cool

E con questo salutiamo certi volatili rosiconi che anche oggi parlano male di noi Ciao
 
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#49
Trentasettesima Edizione 29/04-07/05 1959

A tenere banco durante le operazioni di punzonatura furono le condizioni più che precarie del Campione del Mondo Ercole Baldini. Il Treno di Forlì, volle a tutti i costi essere della corsa, ma non era assolutamente in grado di poter lottare per le posizioni che competevano ad un corridore del suo rango. Gli restavano solo le speranze di fare un po’ di gamba in vista del Giro d’Italia. I favori del pronostico andavano tutti verso un trio straniero che, per un verso o per l’altro, conoscevano bene la corsa, ovvero lo spagnolo Miguel Poblet, il francese Louison Bobet e il vincitore uscente, il belga Jos Hoevenaers. 
La corsa, ormai giunta alla sua decima edizione nella versione ciclo-motoristica, per la prima volta rinunciò ad avere la sua conclusione nella Capitale, per spingersi e terminare l’itinerario in Sicilia. Gli organizzatori erano comunque sicuri di avere tante altre corde per toccare e rendere partecipe un pubblico, come sempre, vistosamente numeroso, partecipativo e caldo. 
La formula scelta, fu la medesima degli ultimi anni, e cioè un tratto dietro moto, in ogni finale di tappa, quasi sempre in circuito. Per il 1959, una percorrenza al rullo di un’unica tipologia di scooter, quella Lambretta che tanta parte aveva, in quegli anni, nella quotidianità degli italiani. Al fine di bilanciare il vantaggio degli specialisti delle corse dietro motori, sulle cinque salite sparse nelle varie tappe valevoli per il GPM, venne confermato l’abbuo-no di 30” al primo corridore e 15" al secondo. Una vera e lunga corsa a tappe: 9 giorni di gara per 12 frazioni ed un chilometraggio complessivo di 1800 km. Di questi, circa il 10% dietro al rullo delle Lambrette. 44 corridori, 24 italiani e 20 stranieri, per una rappresentanza di 11 squadre di “case” ciclistiche o di gruppi pubblicitari. Le tappe: Roma-Napoli, frazione iniziale ma pure più lunga coi suoi 250 km, indi Napoli-Foggia, Foggia-Taranto, Taranto-Cosenza, Nicastro-Reggio Calabria, Circuito del lago di Ganzirri a Messina, Messina-Catania, Catania-Caltagirone-Siracusa in due settori, Siracusa-Gela-Agrigento anche questa tagliata a metà, ed infine, Agrigento-Palermo.
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Il tracciato del Gran Premio Ciclomotoristico 1959

Prima tappa: Roma-Napoli
La partenza avvenne con qualche minuto di ritardo rispetto al previsto, anche per formalizzare due sostituzioni, si potrebbe dire dell’ultimo minuto, all’interno della squadra della Carpano: il belga Jozef Plankaert, aveva preso il posto del connazionale Gabriel Borra e l’influenzato Desiré Keteleer, anch’egli belga, era stato sostituito da Fernando Brandolini. La frazione s’avviò a passo turistico e rimase in questa dimensione per tanti chilometri. Poi l’andatura migliorò assai, ma non fu ugualmente prodiga di episodi di cronaca. L’unico tentativo di rompere il “tutti insieme”, nacque al 140esimo chilometro quando se ne andò un drappello che, vista la composizione, poteva costituire l’episodio decisivo, ma non fu così. I protagonisti furono gli italiani Nencini, Ronchini, Monti, Fabbri, Fornara, Pambianco e Pellegrini, ai quali si aggiunsero gli stranieri Poblet, Bobet ed Hoevenaers. La non riuscita di quella fuga, che si esaurì in una quarantina di chilometri, fu un chiaro segno della volontà dei corridori di aspettare il tratto finale dietro motori, per darsi battaglia. Ed infatti, il gruppo compatto, andò all’aggancio con gli allenatori in Lambretta sul Lungomare di via Caracciolo, in Napoli, al cospetto di molta folla assiepata lungo i due chilometri e rotti del circuito, che i corridori  dovevano percorrere otto volte, per un totale di 20,8 km. S’aprì così una ventina di minuti di lotta emozionante, che riscattarono la monotonie del tratto in linea. Dietro al rullo, emersero la maestria di Lorenzetti alla guida della Lambretta e, soprattutto, le gambe di Louison Bobet. L’anziano francese andò a vincere con 31” di vantaggio su Nencini e 37” su un Gaul, che parve disposto a non pedalare al Ciclomotoristico, solo per trovare la forma per il Giro d’Italia.

Ordine d’arrivo:
1°Louison Bobet (Fra) km 250.8 in 6h59'12", alla media di 35,837 kmh; 2° Gastone Nencini a 31"; 3° Charly Gaul (Lux) a 37"; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 39"; 5° Armando Pellegrini a 43"; 6° Arnaldo Pambianco a 51"; 7° Bruno Monti a 1’05”; 8° Carlo Azzini a 1’11”; 9° Giuseppe Fallarlni a 1’14"; 10° Mario Tosato a 1’15”.

Seconda tappa: Napoli-Foggia
Poco dopo la partenza, un attacco di Nencini, diede la scossa alla corsa. Col grande corridore toscano si portarono al comando Velucchi, Zocca e Gouget. Ma il tentativo ebbe breve durata. Poi per decine e decine di chilometri il gruppo restò compatto, ma a buona andatura. In vista del GPM di Ariano Irpino, scattò Armando Pellegrini, alla cui ruota, immediatamente, si portò Bobet. I due, col francese assai più attivo  guadagnarono terreno. Dal gruppo, che si era frazionato nell’irruenza dell’attacco, uscirono Ronchini ed Hoevenaers che, a loro volta, s’avvantaggiarono e diedero subito l’impressione di potersi riportare sui battistrada. Ed infatti, a metà salita, pur a costo di notevoli sforzi, i due inseguitori, raggiunsero la coppia al comando. Qui però, Bobet iniziò a macinare un’andatura impossibile agli altri e scollinò al GPM, prendendosi 30” di abbuono con 15" di vantaggio su Hoevenaers e Pellegrini, con Ronchini poco dietro. Ad un minuto, la testa degli inseguitori, composta da Pambianco, Nencini e Poblet. In discesa B0bet aspettò i tre compagni di avventura e poi, percorsi i 50 chilometri che separavano la cima di Ariano Irpino, dall’aggancio con gli scooter per il circuito di Foggia, fece la sua parte affinché la fuga non venisse annullata. Indi, giunto al rullo di Lorenzetti, il grande francese si produsse in un allungo vincente, che evidenziò  forme e risultanze maggiori rispetto a quelle del giorno precedente. Ed a ben vedere, ai fini della classifica, comprendendo il GPM con abbuono, in due giorni, aveva fatto tre volte centro.

Ordine d’arrivo: 

1° Louison Bobet (Fra) km 203 in 5h20', alla media di 37,340 kmh (abbuono di 30” per GPM); 2° Jos Hoevenaers (Bel) (abbuono 15”) a 1'17"; 3° Armando Pellegrini a 1'34"; 4° Diego Ronchini a l'47"; 5° Mario Tosato a 3'03"; 6° Gastone Nencini a 3'15"; 7° Miguel Poblet (Esp) a 4'1"; 8° Norbert Kerckhove (Bel) a 4'06"; 9° Pierre Gouget a 4'13"; 10° Bruno Monti a 4'49".

Classifica generale dopo la seconda giornata: 
1°I.ouison Bobet (Fra) in 12 ore 18'42"; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 2'11"; 3° armando Pellegrini a 2'47"; 4° Diego Ronchini a 3'54"; 6° Gastine Nencini a 4'16"; 6° Mario Tosato a 4'48"; 7° Miguel Poblet (Esp) a 4'51"; 8° Norbert Kerckhove (Bel) a 6'17"; 9° Bruno Monti a 6'24"; 10° Arnaldo Pambianco a 6'58”.

Terza tappa: Foggia-Taranto
La superiorità palesata da Bobet, parve attanagliare gli avversari, ben aldilà delle risultanze, fino a determinarsi in un “è inutile spreco”, che si trasformò in un “andiamo avanti tutti insieme per alleggerire la razione quotidiana di distacchi che ci aspettano nel finale”. Già, tradotto ancora, niente di fatto, fino all’aggancio con gli scooter, per il bellissimo circuito sul lungomare di Taranto. Corridori ed osservatorio, dopo due giorni, appiattiti sul secondo posto, l’unico vero traguardo che, giocoforza, il francese doveva lasciare. E lo capirono tanto più, quando il belga Hoevenaers, vincitore uscente, si trovò dopo 100 chilometri di tappa, con un vantaggio di 100 metri, solo perché Bobet stava parlando animatamente col connazionale Gouget in fondo al gruppo. Ma quando s’accorse dell’iniziativa del rivale, con uno scatto ed un perentorio allungo, rinvenne sul belga e lo guardò, come per dire: “Qui comando io”. Era inevitabile che si giungesse a corte del re della corsa, anche nella jonica Taranto…. Ed arrivati alle Lambrette, la lotta fu tutta per quella piazza d’onore ambita come reggia degli umani. Il sire si divertì ad osservarli limitandosi ad anticiparli nel finale, con un filo di gas, per le sue gambe anziane sì, ma dorate come ai tempi belli. E per la cronaca, il romano Bruno Monti, tornò alla vittoria nella sua corsa. Pardon, si piazzò secondo, ovvio.

Ordine d’arrivo: 
1° Louison Bobet (Fra) km 238 in 6h37'08" alla media di 35,681 kmh; 2° Bruno Monti a 22"; 3° Miguel Poblet (Esp) a 26"; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 28"; 5° Arnaldo Pambianco a 31"; 6° Armando Pellegrini a 46"; 7° Carlo Azzini a 51"; 8° Giuseppe Fallarini a 1’01”; 9° Mario Tosato a 1’06": 10° Gastone Nencini a 1’09”.

Classifica generale dopo la terza giornata: 
1° Louison Bobet (Fra) in 18h50’50";
2° Jos Hoevenaers (Bel) a 2'58"; 3° Armando Pellegrini a 3’33”; 4° Diego Ronchini a 5'08"; 5° Gastone Ncnclnl a 5'25"; 6° Mario Tosato a 5'54"; 7° Miguel Poblet (Esp) a 6'17"; 8° Bruno Monti a 6’46"; 9° Arnaldo Pambianco a 7'28"; 10° Norbert Kerckhove a 7'39".

Quarta tappa: Taranto-Cosenza 
A somiglianza delle tappe precedenti, anche la Taranto Cosenza, si decise nel settore motorizzato, ma almeno prima, visse su una movimentazione più varia, tanto è che all’ingresso del circuito finale dietro Lambrette, non si presentò il gruppo compatto o quasi, ma “solo” un drappello di sedici corridori. La frazione, nella parte in linea, ebbe il suo punto nodale per la conquista degli abbuoni posti in cima al GPM di Terranova da Sibari, posta al 152esimo chilometro. Qui, il palermitano Antonino Catalano cercò inutilmente di sorprendere tutti, scattando all'inizio dell’ascesa, ma dopo trecento metri, Pambianco fu il primo a riagguantarlo, seguito da Bobet, il quale, passato a sua volta al comando, non abbandonò più quella posizione, anzi, guadagnò terreno fino a prendersi i 30” d’abbuono del GPM, con 4” su Hoevenaers, 5” su Pambianco e Ronchini appaiati, mentre a 14" il tedesco Franz Reitz e via via diversi altri che, in discesa, si radunarono, formando al comando un drappello, appunto, di 16 unità. Costoro andarono, come detto, all’aggancio con gli allenatori sul circuito di Cosenza. Qui, la lotta divampò, e dopo un’iniziale dominanza di Monti e Nencini, passò al comando Poblet. Ma Bobet non restò a guardare e rinvenne sullo spagnolo appaiandolo. Alla fine, il  francese, messosi al riparo dalle velleità di Hoevenaers, “lasciò” il successo allo spagnolo. Perlomeno l’osservatorio ebbe questa sensazione. Tanto pubblico, ancora una volta, nonostante il circuito….a pagamento.

Ordine d’arrivo: 
1° Miguel Poblet (Esp) km 224,5 in 6h32', alla media di 34,362 kmh; 2° Louison Bobet (Fra) a 1"; 3° Gastone Nencini a 18"; 4° Jozef Plankaert a 21”; 5° Bruno Monti a 32"; 6° Armando Pellegrini a 35"; 7° Jos Hoevenaers a 46"; 8° Mario Tosato a 48"; 9° Arnaldo Pambianco a 54"; 10° Alfredo Sabbadin a 55".

Classifica generale dopo la quarta giornata:
1° Louison Bobet in 25h12’21"; 2° Jos Hoevenaers (Bel) a 3'39", 3° Armando Pellegrini a 4'37"; 4° Gastone Nencini a 6'12"; 5° Miguel Poblet (Esp) a 6'46"; 6° Mario Tosato a 7’11”; 7° Bruno Monti a 7'47"; 8° Arnaldo Pambianco a 8'52".

Quinta tappa: Nicastro-Reggio Calabria
Dopo l’arrivo di Cosenza i corridori partirono subito su automobili e torpedoni, per andare a pernottare a Nicastro. Qui, gli organizzatori avevano improvvisato un circuito strapaesano, di circa tre chilometri, da percorre tre volte dietro moto, con traguardo a premio. Vinse Pierino Baffi. Poi, senza soluzione di continuità, il passaggio in linea verso Reggio Calabria. Una partenza anomala dunque, che trovò un paese ancora assonnato, ma comunque presente e tanta, tantissima polvere, sulla scia del passaggio dei corridori. A Vibo Valentia, il premio di un traguardo volante vinto da Poblet, spaccò il gruppo, ed al comando si trovarono con lo spagnolo, l’onnipresente Bobet, indi Hoevenaers, Monti, Nencini, Fini e Tamagni. Ma l’azione dei sette sfumò una decina di chilometri dopo. Intanto l’iridato Baldini continuò il suo calvario di sofferenze, confermando la sua sagoma fra gli ultimi: ovvero i primi a perdere contatto ad ogni cambio di velocità. Col finire dell’azione del drappello citato, partirono in contropiede Nello Fabbri e il britannico John Andrews. I due fecero in tempo a passare nell’ordine al traguardo di Rosarno, poi l’azione svanì. Poche pedalate, ed ancora  Fabbri e Hoevenaers, tentarono una sortita, ma la presenza del belga svegliò “re” Bobet, ed in un paio di chilometri si chiuse tutto. In vista di Paini, ad una cinquantina di chilometri dall'arrivo, Antonino Catalano riuscì invece a salutare la compagnia e, di fronte all'indifferenza generale, rapidamente mise assieme un gran bel vantaggio. Passò primo sul culmine della salita di Sant’Elia, guadagnando un per lui ininfluente abbuono di 30” in classifica. Continuò bellamente la sua azione, ed arrivò all’aggancio con le Lambrette, per il circuito finale di Reggio, con 1’13” di margine sui veneti Tosato e Zamboni, che erano usciti dal gruppo e ben 6’ sul grosso, guidato da un Bobet che, un certo bottino lo aveva già fatto, coi 15” d’abbuono per il 2° posto al GPM di Sant’Elia. Antonino Catalano tenne duro e contenne il ritorno di Mario Tosato, andando a vincere la frazione, mentre dietro, ancora una volta, Bobet, dominò i migliori in classifica.

Sul vincitore.
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Antonino Catalano nacque il 3 luglio 1932 a Palermo, dunque in una terra dove il ciclismo rappresentava uno sport di frontiera e dove la bicicletta era il mezzo più comune per affrontare la fame e la miseria. Riuscì ugualmente con una tenacia straordinaria a farsi corridore. Fu Costante Girardengo a credere in questo ragazzo del sud che, per correre, era costretto a dei "tour de force" incredibili. Grazie all'"omino di Novi", Antonino passò professionista nel 1958, con la Calì Broni Girardengo. Fu un bel debutto, perché il palermitano si mise subito in grande evidenza al Tour de Suisse, dove giunse secondo in due tappe, vestì per un giorno la maglia oro di leader della classifica conquistò la Classifica finale del Gran Premio della Montagna e chiuse la corsa al terzo posto, dietro Fornara, vincitore, e al tedesco Hans Junkermann. Le ottime prestazioni svizzere gli fecero guadagnare la selezione azzurra per il Tour che concluse, nonostante diver-se traversie, al 19° posto. Nel corso della Grande Boucle, si mise in evidenza sul mitico traguardo di Briançon, dove si inchinò al solo Federico Bahamontes, dopo esser passato primo in vetta al leggendario Col du Vars.
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A settembre poi, vinse in Spagna, la quarta frazione della Vuelta Ciclista a La Roja, che si concludeva a Logrono. Un grande inizio per un debuttante. Nel 1959 passò alla Bianchi e arrivarono pure altre vittorie. Vinse la tappa di Reggio Calabria del Giro Ciclomotoristico e poi, al Giro d'Italia, le sue doti sul passo furono determinanti nel regalargli la tappa a cronometro, sul difficile circuito di Ischia. Fu un successo di gran nota al cospetto dei più grandi del ciclismo, accorsi in massa a quella edizione della "corsa rosa". Ma quando si attendeva quell'ulteriore crescita che lo avrebbe portato ad un rango superiore, Antonino Catalano s'incamminò, invece, sulla strada del declino e, nel 1961, a soli 29 anni, abbandonò l'attività. Le ultime due stagioni, incolori e tutte votate all'aiuto verso i compagni, le passò nella Bianchi e nell'Atala. Antonino morì prematuramente il 20 aprile 1987 e di questo simpatico  corridore, scurissimo di pelle, restano i ricordi delle grandi giornate di Briançon e Ischia.

Ordine d’arrivo: 
1° Antonino Catalano km 160 in 4h31'52" alla media di 37,582 kmh; 2° Mario Tosato a 16"; 3° Adriano Zamboni a 1'04"; 4° Louison Bobet (Fra) a 4'01"; 5° Gastone Nencini a 4'03"; 6° Bruno Monti a 4'20"; 7° Jozef Plankaert (Bel) a 4'86"; 8° Carlo Azzini'a 4'38"; 9° Alfredo Sabbadin a 4'42"; 10° Jos Hoevenaers (Bel) a 4'43"; 11° Mkiguel Poblet a 4'51”; 12° Armando Pellegrini a 4'57".

Sesta tappa: Circuito di Ganzirri (Messina)
Nel pomeriggio, lo spettacolo continuò a Messina, dopo la laboriosa e pittoresca traversata dello Stretto, dell'intera carovana (più di 300 persone e 150 mezzi motorizzati), sulle navi traghetto e sugli aliscafi. Teatro della nuova frazione, invece, un circuito, il terzo della giornata, tracciato una ventina di chilometri fuori della città, attorno al laghetto di Ganzirri. Con la solita buona volontà, i corridori s’assogget-tarono alla nuova fatica e, nuovamente, Bobet, quasi a riscattare la sconfitta di Cosenza, impartì un’ulteriore lezione di ciclismo motorizzato ai suoi avversari. Di nota, in questo conclusivo episodio della pesante giornata, il secondo posto  di Nencini, il quale, sfatando la sua non fulminea qualità dietro motori, approfittando della sfortuna di Tosato, costretto a fermarsi per cambiare ruota, conquistò pure il secondo posto in classifica.

Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 29 alla media di 63,240 kmh; 2° Gastone Nencini a 2"; 3° Armando Pellegrini a 59"; 4° Bruno Monti a 1’28"; 5° Jozef Plankaert (Bel) a 2'02"; 6° Arrigo Padovan a 2'05"; 7° Alfredo Sabbadin a 2'11"; 8° Charly Gaul (Lux) a 2'20' ; 9° Miguel Poblet (Esp) a 2'32" 10° Carlo Azzini a 2'47".

Classifica generale dopo la quinta giornata: 

1° Louison Bobet (Fra) in  30h26'; 2° Gastone Nencini a 6'41; 3° Mario Tosato a 6'42"; 4° Armando Pellegrini a 6'47"; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 7’43": 6° Bruno Monti a 9'49"; 7° Miguel Poblet (Esp) a 10'23"; 8° Arnaldo Pamblanco a 12'56"; 9° Jozef Plankaert a 13'06"; 10° Carlo Azzini a 18'24".

Settima tappa: Messina-Catania
Partenza fulminea da Messina, sul filo dei 40 all'ora, per iniziativa di Hoevenaers, poco dopo imitato da Fornara e poi da Fallarini. Ogni volta però, “re” Bobet, ristabilì il contatto. Poco prima di Acireale un fatto che creò un brivido alla corsa: a causa della catena che gli si impigliò fra il mozzo e la forcella, il dominatore francese, fu costretto a metter piede a terra. In quei trenta secondi di fermata, il gruppo, che in quel momento era lanciatissimo sulle piste di uno scatenato Hoevenaers, si allontanò di quattrocento metri. Scoppiata la bagarre, i meno in forze perdettero subito terreno, e furono distanziati. Fuggendo come dannati, diciannove uomini si ritrovarono in testa, fra i quali Poblet, Hoevenaers, Fallarini, Ronchini, Fornara, Catalano, Nencini, Planckaert e altri. C'era pure Gaul, ma non Baldini, rimasto nel gruppo degli inseguitori capeggiato da Bobet, da suo fratello Jean e dal suo compagno di squadra Gouget. L'episodio che avrebbe potuto avere spiacevoli conseguenze  per il “re” francese, terminò tuttavia nel migliore dei modi per lui, giacché il minuto circa di distacco controllato all'ottantesimo chilometro, andò gradatamente diminuendo, fino a scomparire a otto chilometri da Catania. Col fiato grosso, ma salvo, Bobet riprese il suo posto d'avanguardia. Immediatamente dopo il rientro del francese e dei suoi compagni sui diciannove, dal gruppo fuggirono Giuseppe Fallarini e Mario Zocca, che entrarono sul circuito “motorizzato” con 1’06”, davanti al grosso in lunga fila. La lotta per le prime posizioni non durò a lungo. Già al secondo passaggio Nencini, che aveva fatto tesoro dell’arrivante esperienza dietro moto, dimezzò il ritardo dal primo, che era nel frattempo divenuto Fallarini, e s’avvicinò a Zocca che, poi, superò nel giro successivo. Al terzo passaggio le posizioni furono: Fallarini, a 19" Nencini, a 25" Zocca, a 30" Bobet, a 33" Pellegrini, seguito da Planckaert, Hoevenaers e Poblet. Nella successiva tornata, il toscano raggiunse e superò il novarese, con Bobet a 16 secondi. Poi Fallarini crollò (terminerà 26°), mentre il francese rimase costantemente in vista di Nencini, con un distacco che, dagli 11" del terzo giro, salì ai 23” del traguardo finale. Per Nencini, che in quell’edizione aveva più volte brontolato con gli organizzatori, quella vittoria fu una prova della sua completezza. 

Sul vincitore.
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Nato a Bilancino di Barberino sul Mugello (Firenze) l’11 febbraio 1930, deceduto a Firenze l’1 febbraio 1980. Passista scalatore. Professionista dal 1954 al 1965 con 25 vittorie. Gastone Nencini merita un posto al sole nella storia ciclistica italiana sia per il valore del suo palmares e sia per le sue qualità, alcune addirittura da eleggersi a personaggio in grado di far scendere in campo la letteratura. Un giorno alla partenza di una tappa del Tour, Jacques Goddet, andò in cerca del CT Binda affinché portasse a Nencini la sua ammirazione per averlo visto il giorno prima cadere e raggiungere il traguardo in condizioni da ospedale. “Di certo si sarà ritirato”- disse il patron ad Alfredo, ma costui non fece in tempo a rispondergli qualcosa che fra la ressa della partenza facendosi largo a spallate arrivò il protagonista. Certo, un uomo che sembrava un insieme di cerotti e pezze, che non poteva parlare per un labbro gonfio e l’ennesimo cerotto appiccicato. Brontolava, ma si capiva cosa voleva fare e Goddet, ammirato come non mai, lo vide partire. Non solo, ma nel tardo pomeriggio, constatò quanto il votato all’ospe-dale, fosse il primo a passare il traguardo. Potremmo dire che Gastone Nencini stia tutto in questo episodio. Un incredibile combattente dalla scorza di  ferro. Un volto da medaglia greca ed un corpo che dell’an-tica olimpia richiamava l’essenza. Un toscano nell’a-nagrafe e nella sostanza della tenacia, ma anomalo nel comportamento perché di poche parole. Uno che amava la vita e che non se la privava per correre: c’era spazio per il Chianti e le sigarette. Sincero fino al midollo, rude nel tratti ma con un cuore grande, sempre capace di soffrire in silenzio e rinascere dopo le tante mazzate che subì. Scelse il ciclismo perché poteva essere un mestiere in grado di dargli quelle risorse che il calcio, il suo primo sport, annunciava come chimera. Già perché Gastone era il portiere del Barberino, ma sapeva che non c’erano quattrini all’orizzonte. Così facendo i lavori più umili e di circostanza mise  da parte i soldi per comprarsi la bicicletta da corsa e vinse pure l’ostilità del padre che non voleva praticasse quello sport. Gastone vinceva e il papà si doveva per forza quietare. Da dilettante trentacinque successi, un posto in Nazionale ai mondiali di Varese e di Lussemburgo, nel 1951 e nel 1952. Il suo miglior risultato nel 1953, alla rassegna iridata di Lugano, dove finì secondo, quando sarebbe attivato primo se il compagno Filippi non lo avesse inseguito e battuto in volata nella volata a due. Terzo arrivò un certo Van Looy….. “Ed ora che fò?” - parve chiedersi Gastone. Lo consigliano di passare professionista e passò nel 1954. Una stagione appena discreta, con un primo posto nel Gran Premio Porretta. Come 1’anno si chiuse, Nencini non trovò lavoro. Nessuno si interessava al toscano di Barberino, poi grazie anche a Bartali che aveva capito quanto Gastone fosse bravo, arrivò l’ingaggio della Chlorodont, ma col patto che facesse il gregario. Nencini accettò: in fondo anche così avrebbe potuto rimediare la pagnotta. Giunse il Giro d'Italia e Gastone senza disturbare i compagni vinse la tappa di Roma, poi quella di Scanno e si trovò maglia rosa vero la fine della corsa. Il trionfo pareva a portata di mano. Alla penultima tappa, il Giro doveva transitare per  una strada dannata, con ciottoli e ghiaia. Coppi e Magni, lo sapevano, stanno all’erta e vanno in fuga. Nencini li segue, ma buca e gli altri vanno dritto, lui deve aspettare il cambio e si cuoce. Finì terzo, con tante lacrime, nonostante il suo carattere metallico. Ma il grande Giro svolto, fece capire a tutti che era un campione e la sua carriera cambiò. Già ai mondiali di Frascati l’olimpo ciclistico lo annotò ancora: finì terzo. Nel 1956 vinse una tappa al Giro, la tappa di Parigi al Tour e la Tre Valli Varesine. Sempre più solido al ruolo di vedette nel ’57 s’aggiudicò i1 Giro della Calabria, poi, al Giro d'Italia, gli giunse una rivincita sulla sorte. Nel duello fra Bobet e Gaul col  lussemburghese netta maglia rosa, capitò quello che nessuno s’aspettava. Charly si fermò a far pipì e il gruppo con Bobet in testa iniziò a correre a più non posso. Nencini seguì il transalpino e Gaul tramontò proprio in quella tappa che si concludeva su quel Bondone che l’anno prima l’aveva eletto leggenda. Nencini vinse per pochi secondi (diciannove) il Giro, controllando Bobet, con l’aiuto stesso di Charly. “Io non potevo vincere, ma Nencini era più meritevole di Luison e fu per me una piccola consolazione la sua vittoria” – mi disse tanti anni dopo Gaul. Il toscano di Barberino andò poi al Tour raccogliendo i successi di tappa nelle prestigiose Briancon e Pau e conquistò la classifica del Gran Premio della Montagna. Insomma un protagonista anche se finì sesto. Nel 1958 finì quinto al Giro ma vinse le frazioni di Roma e di Trento. Quinto pure al Tour con la vittoria di tappa a Gap. L’anno successivo parve in declino, ma vinse una tappa del Giro d’Italia e una al Gran Premio Ciclomotoristico. Invece, quel 1960 che poteva sancire la sua china pendente,  divenne il suo anno d’oro. Aprì la stagione con la vittoria nel Gran Premio di Nizza. Al Giro finì secondo per soli 28” di ritardo da Jacques Anquetil. 
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Andò al Tour per rifarsi e recitò perfettamente il copione d’obiettivo. Già maglia gialle fin dalla prima tappa al secondo giorno, dopo averla persa, la riconquistò alla decima frazione e la tenne fino al traguardo finale. Il suo avversario più pericoloso, il francese Riviere, per seguirlo in discesa dove Nencini era un asso, finì in un burrone fratturandosi la spina dorsale. Dunque un Giro e un Tour ed una doppietta nello stesso anno mancata per soli 28”. Dopo quei fasti, l’inesorabile declino, complici condizioni fisiche che ebbero giornate tristi. Gastone arrivò fino al 1965, rendendosi utile ai più giovani ed insegnando loro a non mollare mai. Poi, agli inizi del 1980, un male incurabile stroncò, la sua fortissima tempra. 

Ordine d’arrivo: 
1° Gastone Nencini km 129,2 in 3h04'40" alla media di 41,978 kmh; 2° Louison Bobet (Fra) a 23"; 3° Alfredo Sabbadin a 26"; 4° Armando Pellegrini a 42"; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’15"; 6° Miguel Poblet (Esp) a1'17"; 7° Jozef Planckaert (Bel) a 1’22"; 8° Mario Tosato a 1’35'; 9° Carlo Azzini a 1’42"; 10° Arnaldo Pambianco a 1’45".

Classifica generale dopo la sesta giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 33h31'07"; 2° Gastone Nencini a 6'08"; 3° Armando Pellegrini a  7'06"; 4° Mario Tosato a 8'04"; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 8'35"; 6° Miguel Poblet (Esp) a 11'17"; 7° Bruno Monti a 12'06"; 8° Jozef Planckaert (Bel) a 14’01”; 9° Alfredo Sabbadin a 14’10”; 10° arlo Azzini a 14’13”.

Ottava tappa: Catania-Caltagirone
Alla partenza da Catania, vista la vittoria scontata di Bobet, l’osservatorio s’abban-donò a domande e considerazioni sul vicino futuro. Tanto più di fronte ad un colpo di scena: Ercole Baldini, il Campione del Mondo, dopo giorni di tribolazioni, non ce la fece più dal dolore e si ritirò. Ci si chiedeva come avrebbe potuto partecipare al Giro d’Italia, distante solo 11 giorni, in quelle condizioni. Su Bobet, invece, si venne a sapere che aveva troncato le trattative per correre la Corsa Rosa e questo fatto, per molti, significava che Anquetil sarebbe stato presente al Giro. Chi invece, alla grande prova della Gazzetta, sarebbe stato sicuramente ai nastri era Charly Gaul, in rodaggio silenzioso e sbuffante, proprio al Ciclomotoristico. Bene, l’Angelo della Montagna, per dimostrare che c’era e che si stava solo allenando diede un colpo poco più di due ore dopo. S’arrivava sull’erta di Caltagirone e lui che fece? Rinvenne a velocità doppia su un drappello di fuggitivi, li staccò e vinse la frazione. E perbacco! Era lui l’Angelo della Montagna e nessuno se lo doveva dimenticare.

Sul vincitore
Sull'amico Charly Gaul posterò quantoprima l'intero percorso di carriera e non solo, nel thread sui ritratti dei corridori ritirati. Per ora solo una delle tante foto che l'hanno immortalato "nell'esercizio  delle sue funzioni di Angelo della Montagna".
[Immagine: Charly-Gaul-1.jpg]

Ordine d’arrivo:
1° Charly Gaul (Lux) km 73,5 in 2h09’07”alla media 34,186 kmh (abbuono di 40” per GPM);
2° Antonino Catalano a 12” (abbuono di 15” per GPM); 3° Norbert Kerckhove (Bel) a 24”; a distacchi maggiori, 4° Wilfried Thaler (Aut); 5° Adriano Zamboni; 6° Miguel Poblet (Esp); 7° Diego Ronchini; 8° Jos Hoevenaers (Bel); 9° Erwin Schweitzer (Sui); 10° Alfredo Sabbadin.  

Nona tappa: Caltagirone-Siracusa
Dopo il solito frugale pasto e coi tempi limite per digerire, i corridori partirono per Siracusa. Gli inizi di tappa furono all’insegna della noia, o forse in gruppo, si discuteva con relativi timori annessi in previsione del Giro d’Italia, sulla sparata di Charly Gaul, poche ore prima. A rompere la monotonia o la silenziosa marcia di trasferimento ci pensò dapprima Fini, indi su di lui si portarono Ronchini e Baffi. I tre non andarono lontano, perché, evidentemente, a Bobet la fuga non andava bene. Pierino Baffi però, ci provò ancora, stavolta col romano Fabbri. Il francese stufo di inseguire lasciò fare, ed i due giunsero all’aggancio con le Lambrette con un vantaggio tale da circoscrivere i possibili vincitori di tappa a loro stessi. Il tratto finale motorizzato esaltò le doti velocistiche del cremonese Baffi, che andò a vincere con quasi due minuti sul compagno d’avventura, mentre dietro, Bobet, regolò per l’ennesima volta i migliori, classificandosi terzo. 

Sul vincitore.
[Immagine: 240px-Pierino_Baffi.JPG]
Pierino Baffi nacque a Vailate (CR), il 15 settembre 1930. Deceduto a Bergamo il 27 marzo 1986. Passista veloce, alto m. 1,73 per kg 77. Professionista dal 1953 al 1965, complessivamente ha ottenuto 65 vittorie. Pierino Baffi nacque lo stesso giorno di Coppi,  ed anche se non è stato grande come il Campionissimo, ha comunque lasciato una profonda traccia del suo passaggio su questo sport. Di Baffi, tutti i più giovani riconoscono Adriano, ma il di questi padre, è stato più tangibile e completo. Potremmo dire, senza ingigantirne le essenze, che Pierino era un campione, uno che partendo per generosità interiore e per epoca dal ruolo di gregario, di Magni prima, Nencini e Pambianco poi, ha saputo ritagliarsi uno spazio di grande evidenza nel ciclismo della seconda metà degli anni '50 e del primo lustro della decade successiva. Uno dei pochi, in assoluto, ad aver vinto più volte tappe al Giro, al Tour e alla Vuelta. Pierino Baffi, era un predestinato alla vittoria nelle tappe facili dei giochi coi "quarcì" (coperchini o, come dicono oggi, ciclotappo) di chi scrive, ed era troppo popolare qua in Romagna, avendo militato nella Ghigi, per non influenzare i bimbi di quella generazione, più o meno tutti assetati di ciclismo. un bimbo assetato di ciclismo come me. Prima di portare il ruolino completo di questo corridore, a cui la cittadina di Crema, ha voluto intitolargli il proprio velodromo, le parole che su di lui ci disse uno che lo conosceva bene, Luciano Pezzi,  direttore sportivo di Pierino, proprio alla Ghigi: "Era una persona pratica, ma di grande generosità. Proprio per questo, ha vinto di meno di quello che poteva vincere. Lo ricordo per il suo largo sorriso, non molto frequente e per quei segni di sofferenza provenienti dalla fatica di questo sport, ma anche dalla consapevolezza che la vita non ti regala niente, se non meriti". 
Tutte le sue vittorie.
1953: tappe di Brindisi, Lecce e Barletta al Goro di Puglia e Lucania. 1954: GP Paganini (Cremona); Prova del Campionato Italiano Indipendenti ad Abbiategrasso; Coppa Provincia di Bergamo; Circuito di Rivarolo. 1955: tappa di Barcellona alla Vuelta di Spagna; tappa di Valencia alla Vuelta di Spagna; tappa (cronosquadre) Coppa Provincia di Bergamo; Coppa Gennari Schievenoglia; GP Livraga; GP Rivarolo; Coppa Tessile a Busto Arsizio - Circuito di Roccabianca. 1956: tappa di Alessandria al Giro d'Italia; Giro di Romagna; Milano Vignola; Circuito di San Pellegrino. 1957: tappa di Besancon al Tour de France; tappa di Bordeaux al Tour de France. 1958: tappe di  Rojan, di Beziers al Tour de France e di Parigi al Tour de France; tappe di Saragozza e di Gijon alla Vuelta di Spagna; tappa di San Benedetto del Tronto al Giro d'Italia; Circuito di Lecco; Circuito di San Daniele Po; Circuito di Valeggio; Circuito di Cesano Maderno, Circuito di Cremona. 1959: tappa di Firenze alla Mentone–Roma; Milano-Mantova; tappa Siracusa al GP Ciclomotoristico; Circuito di Acqui Terme - Circuito di Rho. 1960: tappa di Rimini al Giro d'Italia; tappa di Pescara al GP Ciclomotoristico; Giro dell'Emilia; Troffeo Fenaroli a Milano; Circuito di Cicognara. 1961: tappa di Roma alla Mentone-Roma; tappa di Campobasso alla Tre Giorni del Sud; GP Faema Chignolo Po; Circuito di San Daniele; Circuito di Lavis; Circuito di Bordighera. 1962: Trofeo Matteotti Pescara; Coppa Bernocchi; Prova del Trofeo Cougnet di Mantova; Circuito di Lanciano. 1963: tappa Bari al Giro d'Italia; Trofeo Matteotti Pescara; Criterium del Lussemburgo;  1a e 4a tappa del Giro del Lussemburgo; Circuito di Corsico; Circuito di Novi Ligure; Circuito di Sacconago; Circuito di Milano. 1965: Circuito di Solesino; Circuito di Stazzano; Circuito di Casale.
I suoi migliori piazzamenti. 
1954: 2° tappa Brescia (Giro d'Italia). 1955: 2° tappa Cervia (Giro d'Italia); 2° Giro del Veneto; 2° Coppa Agostoni. 1956: 2°   tappa di Gap (Tour de France); 2° tappa Grosseto (Giro d'Italia); 2° Trofeo Fenaroli; 3° Coppa Bernocchi. 1957: 2° Trofeo Matteotti Pescara; 3° tappa St. Gaudens (Tour de France); 3° tappa Verona (Giro d'Italia). 1958: 2° tappa Dunkerque (Tour de France). 1959: 3° Giro di Campania; 3° G.P. Industria Commercio Prato. 1960: 2° tappa Carrara (Giro d'Italia); 2° Milano – Mantova; 3° Giro di Campania; 3° Giro della Provincia di Reggio Calabria. 1961: 2° Milano-Mantova; 3° Giro del Lazio; 3° Giro di Campania. 1962: 3° tappa Saint Nazaire (Tour de France). 1963: 2° Giro di Romagna; 2° Giro di Campania. 
In carriera Pierino Baffi ha partecipato a 12 Giri d’Italia di cui 11 portatoi a termine, con miglior piazzamento nel ’56, 16°. È stato al via 6 volte al Tour de France, arrivando sempre al traguardo finale, col miglior piazzamento nel ’57, 23°. Ha poi corso 2 Vuelta di Spagna finendole entrambe, con miglior piazzamento nel ’55, 27°. È stato azzurro 3 volte ai Mondiali, a Copenaghen ’56 (17°), Waregem ’57 (30°), Salò’62 (ritirato). Ha corso per 1954 Nivea Fuchs, Bif, Chlorodont, Ignis, Fides, Ghigi, Molteni e Bianchi Mobylette.

Ordine d’arrivo:
1° Pierino Baffi km 126,25 in 3h18’28” alla media di 38,167 kmh; 2° Nello Fabbri a 1’51”; 3° Louison Bobet (Fra) a 6’49”; 4° Gastone Nencini a 6’57”; 5° Alfredo Sabbadin a 7’17”; 6° Bruno Monti a 7’43”; 7° Armando Pellegrini a 7’59”; 8° Miguel Poblet (Esp) a 8’03”; 9° Jos Hoevenaers (Bel) a 8’07”; 10° Jozef Planckaert (Bel) a 8’20”.

Classifica generale dopo la settima giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 39h05'15"; 2° Gastone Nencini a 6’26”; 3° Armando Pellegrini a 8’26”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 10’03”; 5° Mario Tosato a 12’27”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 12'13"; 7° Bruno Monti a 13'15"; 8° Jozef Planckaert (Bel) a 14’45”; 9° Alfredo Sabbadin a 14’56”; 10° Carlo Azzini a 16’31”.
[Immagine: Bobet%20bicicletta_zpsrxd2bdjh.jpg?t=1546353666]
Luison Bobet prepara la bici per gli ultimi acuti.

Decima tappa: Siracusa-Gela
I 147 Km della frazione mattutina del penultimo giorno di gara, per la prima metà furono percorsi dal gruppo dei quaranta partiti da Siracusa, a passo turistico. Neanche la breve fermata di Nencini, caduto senza conseguenze, salvo una contusione di poco conto alla mano destra, era stata sufficiente per ravvivarla. Al  toscano, scortato dai da Maule, Brandolini e Planckaert, bastarono pochi chilometri per riprendere il suo posto nel plotone. Fu entrando a Modica, al km 75, per la strada in salita, che Catalano prese il largo, subito seguito e raggiunto da Fornara, e da quel punto, i due proseguirono da soli, per i rimanenti 70 Km e rotti che mancavano a Gela. A Ragusa, al km 88, dove era posto l'ultimo GPM con gli abbuoni da spartirsi, i due fuggitivi, il piemontese in testa, ed il siciliano a pochi metri, avevano portato a 2'15" il loro vantaggio sugli inseguitori. Da quel momento, tale scarto, andò continuamente aumentando, fino a diventare 4 minuti e mezzo a 30 Km dal traguardo. Qui, cominciò una specie di reazione da parte dei cosiddetti inseguitori. Il gruppo si ruppe in vari tronconi, la velocità aumentò e da quella tardiva reazione si avvantaggiarono l’austriaco Christian, l’elvetico Schweizer e Zocca. I due fuggitivi intanto, iniziarono a battersi per il primo posto e nella conseguente volata finale, Fornara vinse facilmente sul combattivo siculo.

Sul vincitore.
[Immagine: 1295249614FORNARAPasquale-13.jpg]
Nato a Borgomanero il 29 marzo 1925, ed ivi deceduto il 24 luglio 1990. Alto m. 1,75 per kg. 69. Professionista dal 1949 al 1961 con 26 vittorie. Passista scalatore di gran classe. Un passo agile, leggero, elegante, sicuramente tra i più belli degli anni ’50 e non solo. Dopo un buon rodaggio fra i dilettanti, l’Avvocat Eberardo Pavesi, lo fece passare nel 1949 fra i prof della Legnano, ma il rapporto col celebre timoniere non durò molto. Pavesi lo vedeva come gregario dei tanti passisti veloci della squadra, mentre Fornara sapeva bene di valere molto di più. Nel 1951 emigrò nella grande rivale della sodalizio rossoverde, ovvero la Bianchi, ma anche lì il matrimonio durò pochissimo. L’esplosione nel ’52, col passaggio alla Bottecchia, che gli diede fiducia, e lui ripagò il sodalizio con la vittoria nel primo dei suoi 4 Giri di Svizzera vinti (gli altri nel '54, '57, '58). Nacque lì il Fornara atteso nelle grandi corse a tappe, che diventava svizzero, perché in terra elvetica sfiorava la perfezione e che poteva fare tutto, dal tentare di vincere quelle corse durissime, all’aiutare i compagni di nazionale o di club. Una ruota nobile, che passò gli ultimi 3 anni di carriera a fare da spalla a due dei più grandi scalatori della storia, Charly Gaul e Federico Bahamontes. Tutte le sue vittorie. 1949: Giro dei Tre Mari a tappe. 1950: Milano-Modena; Circuito Bressana. 1952: tappa Saint Vincent (Giro d'Italia); Giro di Svizzera (classifica  finale); tappa Crans (Giro della Svizzera); tappa Arosa (Giro della Svizzera); Sierre-Montana; Criterium Sierre. 1953: tappa Rimini (Giro d'Italia); G.P. Svizzero (cron.); Circuito Salò. 1954:  Giro di Svizzera (classifica finale). 1955:  tappa Ravenna (cronometro) (Giro d'Italia); Circuito Maggiora. 1956: Giro Romandia; tappa Boncourt (Giro di Romandia); Circuito di Omegna; tappa Lucca (Giro d'Italia); Circuito Grigiore. 1957:  Giro di Svizzera; tappa Berna (Giro della Svizzera). 1958: Giro di Svizzera; tappa Soletta (Giro della Svizzera); tappa Locamo (Giro della Svizzera). 1959: tappa Gela (G.P. Ciclomotoristico).

Ordine d’arrivo:

1° Pasquale Fornara km 151 in 4h09’17” alla media di 36,271 kmh; 2° Antonino Catalano; 3° Adolph Christian (Aut) a 3’23”; 4° Erwin Schweitzer (Sui) a 3’25”; 5° Zucca a 4’31”; 6° Wilfried Thaler (Aut) a 5’03”; 7° Jos Hoevenaers (Bel) a 6’11” 8° Giacomo Fini a 6’17” a seguire tutto il gruppo, esclusi Fallarini e Baffi.

Undicesima tappa: Gela-Agrigento
A Gela, i corridori si fermarono un paio d'ore, giusto il tempo per lavarsi farsi massaggiare un poco e consumare un pranzo veloce. Alla nuova partenza, stavolta verso i templi di Akragas, non si presentò Arnaldo Pambianco, sofferente d'una infezione cutanea all'inguine. 
La corsa si risolse in una passeggiata a passo turistico, lungo l'incantevole strada che dapprima costeggia lo “storico” litorale fra Gela e Licata e che poi s’orienta verso l'altura dove troneggiano le case bianche di Agrigento, a picco sulla verde e solenne Valle dei Templi. Alla fine della manciata di chilometri della salita che conduce alla località d’arrivo, in testa si formò un gruppetto composto da Poblet, Kerkhove, Gaul, Azzini e Bobet, seguiti a ridosso dal gruppo. Gli ultimi 500 metri tornati in pianura, consentirono il ritorno del grosso, ma furono pure teatro, per dar spago alle superiori doti velocistiche di Poblet che andò a vincere su Maule e Bobet. 

Ordine d’arrivo: 

1° Miguel Poblet (Esp) km 80,9 in 2h35'55”, alla media di 33,307 kmh; 2° Cleto Maule; 3° Louison Bobet (Fra), 4° Norbert Kerckhove (Bel), quindi a seguire tutto il gruppo con lo stesso tempo del vincitore.

Classifica generale dopo la ottava giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 39h05'15"; 2° Gastone Nencini a 6’26”; 3° Armando Pellegrini a 8’26”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 10’03”; 5° Mario Tosato a 12’27”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 12'13"; 7° Bruno Monti a 13'15"; 8° Jozef Planckaert (Bel) a 14’45”; 9° Alfredo Sabbadin a 14’56”; 10° Carlo Azzini a 16’31”.

Classifica Finale del Gran Premio della Montagna:
1° Louison Bobet (Fra) punti 17; 2° Antonino Catalano punti 14; 3° Jos Hoeve-naers (Bel) punti 13; 4° Ronchini e Gaul punti 5; 6° Pambianco e Fornara  punti 4; 8° Pellegrini, Kerckhove e Thaler punti 3, 11° Monti punti 2; 12° Reitz e Zamboni 1.

Dodicesima tappa: Agrigento-Palermo
La tappa conclusiva, portava la corsa dal Canale di Sicilia al Tirreno, tagliando l'isola a metà, attraverso aspre giogaie di monti. Poteva essere un’occasione non già per la vittoria finale, da tempo nelle mani di Bobet, quanto per andare a vincere su un traguardo di nota, quale è sempre l’ultimo. Invece fu l’ennesima dimostrazione di forza del francese che andò al traguardo dopo una fuga solitaria durata oltre 50 chilometri, confermata pure dalla migliore velocità raggiunta sul circuito finale dietro Lambrette.La trionfale accoglienza che la grandissima folla tributò al francese dopo l’arrivo, coronò la meritoria impresa di un vero campione, che aveva dominato ogni attimo dei nove giorni di gara. 

Ordine d’arrivo:

1° Louison Bobet (Fra) km 161 in 4h20’42” alla media di 37,054 kmh; 2° Alfredo Sabbadin a 36”; 3° Gastone Nencini a 1’15”; 4° Armando Pellegrini a 1’42”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’47”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 1’50”; 7° Jozef Planckaert (Bel) a 2’17”; 8° Mario Tosato a 2’30”; 9° Diego Ronchini a 2’55”, 10° Norbert Kerckhove (Bel) a 2’57”. 

Classifica Generale Finale:
1° Louison Bobet (Fra) in 50h08'26";
2° Gastone Nencini a 7’41”; 3° Armando Pellegrini a 10’18”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 11’14”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 14’33”; 6° Mario Tosato a 14’37”; 7° Alfredo Sabbadin a 15’32”; 8° Bruno Monti a 16'45"; 9° Jozef Planckaert (Bel) a 18’; 10° Carlo Azzini a 19’37”; 11° Diego Ronchini a 25’17”; 12° Charly Gaul (Lux) a 26’29”; 13° Antonino Catalano a 30’26”; 14° Norbert Kerckhove (Bel) a 32’11”; 15° Frantz Reitz (Ger) a 32’31”; 16° Nello Fabbri a 32’56”; 17° Fernando Brandolini a 38’23”; 18° Adolph Christian (Aut) a 38’31”; 19° Jean Bobet (Fra) a 40’06”: 20° Cleto Maule a 40’26”.

[Immagine: Bobet%20rullo_zpsm8zchlps.jpg]
Il trionfatore del GP Ciclomotoristico 1959 in azione al rullo della Lambretta pilotata da Lorenzetti,                                                                     durante la tappa inaugurale di Napoli.

Maurizio Ricci detto Morris

....segue
 
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#50
Stupenda quest'edizione che si concluse in Sicilia.

Bisognerebbe riproporla oggi, ovviamente in formato ciclomotoristico. Magari a fine stagione, tanto da quelle parti si può correre anche a metà ottobre.
 
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#51
Trentottesima Edizione 20-27 aprile 1960

Un’edizione che, pur nata fra tante difficoltà, non ultime quelle delle pretese dei corridori, a quei tempi decisamente più capaci di far valere la loro forza, riuscì a presentarsi ancora, come appuntamento peculiare della stagione primaverile, almeno per quegli atleti che avevano la fortuna di essere invitati. Quarantaquattro partecipanti per una corsa lunga complessivamente 1555 chilometri, dei quali 1365 in linea, su strada, e i rimanenti 190 in circuito, dietro al rullo delle Lambrette. Sedici le frazioni in totale, divise negli otto giorni di corsa, fra una prova in linea, ed una al vento dei mezzi a motore. Gli arrivi a Caserta, Foggia due volte e per due giorni consecutivi, Pescara, Rimini, Riccione, Spoleto e l’apoteosi di Roma. Specificità: un settore, fra Manfredonia e Foggia, con agganciamento volante agli allenatori, e un altro, sui 26 Km da Foligno a Spoleto pure dietro allenatori, ma a cronometro individuale. La divisione netta fra i tratti in linea e quelli motorizzati, fu una scelta precisa degli organizzatori, ma l’UVI ci mise lo zampino, imponendo le partenze delle tappe  motorizzate per un breve tratto in linea, almeno mezzora dopo la fine della frazione classica su strada. Ogni giorno dunque, come detto, due distinti ordini d'arrivo, i cui tempi si sarebbero sommati per stabilire gli aggiornamenti della classifica generale ogni sera. Ancora 5 i GPM della manifestazione e per ognuno, come nell’edizione precedente, 30” di abbuono al primo e 15” al secondo. Gli atleti di maggior prestigio, o più attesi al via: Poblet, Wagtmans, Bobet, Hoevenaers, Baldini, Brankart, Stablinski, Elliott e il fortissimo giovane belga Emile Daems.

Prima tappa: Roma-Caserta
Una prima tappa sonnolenta, corsa a passo turistico, che produsse a lungo una serie di domande sul “perché” di una simile abulia. Protesta sotterranea dei meno famosi per l’ingaggio mancato? Fatto sta che a poco da Caserta, uno dei favoriti non solo di tappa, ma di intero Gran Premio, lo spagnolo Miguel Poblet, si trovò appiedato da una foratura. Per quanto risalito in sella dopo poche decine di secondi, e validamente coadiuvato dai suoi compagni di squadra Baldini e Baffi, fermatisi ad attenderlo, Poblet non poté colmare il ritardo, tanto violenta e spietata fu l'offensiva di tutti i suoi avversari, naturalmente coalizzati contro di lui. Furono poco più di trenta minuti di corsa che riscattarono oltre 5 ore di sbadigli. Nella volata decisiva, Benedetti sembrò a lungo il vincitore, ma a cinquanta metri dal traguardo, Liviero schizzò fuori a tale velocità, da superarlo. Un minuto e sette secondi dopo il gruppo, arrivavano Poblet e i suoi compagni.

Sul vincitore.
[Immagine: 14366480837732livier10.jpg]
Nato a Castelfranco Veneto il 30 maggio 1938, deceduto a Tarvisio il 6 maggio 1970. Professionista dal 1959 al 1964, con 5 vittorie. 
Un velocista dalla sparata notevole che, per vari motivi, non s’è compiuto come si poteva presumere, anche se è stato, nei pochi anni da professionista, assai popolare. Arrivò presto al ciclismo, evidenziando immediatamente le sue doti velocistiche. Naturalmente le sue vittorie furono ben presto copiose al punto che una società del Ravennate, l’Edera di Santo Stefano, lo volle assolutamente con sé, ed allora i trasferimenti extraregionali fra i dilettanti, erano rari. Passò professionista nell’ottobre del 1959 in seno alla Torpado. Nel primo vero anno nell’elite si mise subito in mostra vincendo il Giro di Campania e la tappa di Caserta del GP Ciclomotoristico, prova nella quale fu 2° nella frazione di Manfredonia, 6° in quella di Spoleto e 15° nella classifica finale. Nell’anno, colse anche un significativo 3° posto nella tappa di Verona al Giro d’Italia, chiuso 74°. Nel 1961 vinse il Circuito di Ponte di Piave, si piazzò 2° nelle tappe di Teano e Firenze al Giro d’Italia e finì 6° nella Milano Sanremo. Nel 1962, provò la più grande gioia di carriera, vincendo la prima tappa del Giro d’Italia a Tabiano Terme, che gli valse anche la conquista della Maglia Rosa. Nell’anno si impose anche nel GP Cemab di Mirandola, colse il 3° posto al Giro Toscana, il 4° nella Milano-Mantova e il 6° nella Milano-Vignola. Nel 1963, passò dalla Torpado alla Lygie, ma non fu una stagione felice, solo un 4° posto a Lurago d'Erba, prova del Trofeo “Cougnet”. Ancora un cambio di squadra nel 1964, con l’arrivo all’Ibac, ma non giunsero vittorie. Nell’anno fu 4° al Giro di Calabria e quinto nella Sassari–Cagliari. Il calo di risultati e la chiusura dell’Ibac lo spinsero al ritiro dall'attività agonistica. Un destino crudele lo portò via ai suoi cari, ai suoi tifosi, alla sua gente, il 6 maggio del 1970, a soli 32 anni. Un incidente in galleria a Tarvisio, l'appuntamento fatale con la morte. 

Ordine d’arrivo:
1° Dino Liviero km 213 in 5h57’12” alla media di 35,861 kmh; 2° Rino Benedetti; 3° Armando Pellegrini; 4° Federico Galeaz; 5° Silvano Ciampi; 6° Klaus Bugdahl (Ger); 7° Carlo Brugnami; 8° Michele Gismondi; 9° Emile Daems (Bel); Seamus Elliott (Irl) ed altri 29 corridori.

Seconda tappa: Caserta-Circuito della Reggia dietro moto
Dopo una scarsa mezzora di riposo concessa, i 44 concorrenti, in varie file, si lanciarono al segnale di partenza per raggiungere i rispettivi allenatori, per correre sull’ormai famoso Circuito della Reggia di Caserta. Il più sollecito ad agganciarsi al rullo protettore fu Monti, mentre il motore della macchina del mago Hugo Lorenzetti, allenatore di Bobet, fece per un paio di minuti le bizze. Il primo passaggio vide così in testa il romano, seguito a 1" da Poblet, a 4" da Liviero, a 5" da Daems, a 6" da Hoevenaers. Bobet era a 15", mentre Baldini, che proprio appariva fuori forma e inadatto a questo genere di prove, era già ad un minuto.  
La lotta si restrinse ben presto fra Bobet, lanciato a riguadagnare il tempo perduto nel primo giro, ed i suoi avversari più vicini. Fra questi, Monti rimase al comando anche per il secondo giro, ma poi iniziò inesorabilmente a retrocedere. Poblet, Hoevenaers e Daems correvano ruota dietro ruota, controllandosi scambievolmente, Liviero scomparve, mentre Bobet con uno slancio risoluto e incalzante ricuperò terreno e posizioni. Al terzo giro si portò in testa e non fu più rimontato da nessuno. Con la vittoria di frazione, il francese conquistò pure la testa della Generale.  

Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 27,6 in 29’15” alla media di 56,615  kmh; 2° Emile Daems (Bel) a 10”; 3° Jos Hoevenaers (Bel) a 12”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 1’01”; 5° Wout Wagtmans (Ned) a 1’08”; 6° Alfredo Sabbadin a 1’15”; 7° Rino Benedetti a 1’16”; 8° Adriano Zamboni a 1’17”; 9° Pierino Baffi a 1’20”; 10 Jean Stablinski (Fra) a 1’22”.

Classifica generale dopo la prima giornata:
1° Louison Bobet (Fra) 6h26’27”; 2° Emile Daems (Bel) a 40”; 3° Jos Hoevenaers (Bel) a 42”; 4° Wout Wagtmans (Ned) a 1’08”; 5° Alfredo Sabbadin a 1’15”; 6° Rino Benedetti a 1’16”; 7° Adriano Zambini a 1’17”; 8° Jean Stablinski (Fra) a 1’22”; 9° Carlo Brugnami a 1’23”; 10° Armando Pellegrini a 1’25”. 

Terza tappa: Caserta-Foggia
Dopo due ore di gruppo compatto, che pur ad un’andatura migliore, aveva fatto temere ad una semplice marcia di trasferimento, come era stata fino alla foratura di Poblet quella di Caserta, la corsa si svegliò sulle ondulazioni del Sannio, poco prima che la dura scalata ad Ariano Irpino, mettesse all'opera gli scalatori per il GPM. Fu Vito Favero  a rompere la compattezza del gruppo, portandosi via Bobet,  Wagtmans, Stablinski e Galeaz. Ai piedi della salita, i cinque marcarono 53" di vantaggio sui primi inseguitori, che erano Poblet, Hoevenaers, Gouget, Elliot, Daems, Brugnami e Champion. Verso il culmine, dall'ultimo chilometro a grosso acciottolato, Wagtmans e Bobet, si rizzarono sui pedali, mentre Favero, Stablinski e Galeaz persero terreno. Sotto lo striscione, l'olandese anticipò Louison d'un centinaio di metri, ma al termine della successiva discesa, a circa 60 km dal traguardo di Foggia, i cinque davanti si riunirono, evidenziando un vantaggio di una cinquantina di secondi su Hoevenaers, Poblet, Zamboni, Elliot, Daems, Gouget e Brugnami e, poco più distanti, Sabbadin e Kazianka. A 37 chilometri dal termine, i nove inseguitori raggiunsero i battistrada, ed i 14 al comando, andarono a disputarsi la tappa allo sprint. Vinse Poblet, su Daems e Zamboni. 
 
Ordine d’arrivo:

1° Miguel Poblet (Esp) km 160 in 4h30’10” alla media di 35,452 kmh; 2° Emile Daems (Bel); 3° Adriano Zambini; 4° Federico Galeaz; 5° Seamus Elliott (Irl); 6° Jos Hoevenaers (Bel); 7° Jean Stablinski (Fra); 8° Louison Bobet (Fra); 9° Carlo Brugnami; 10° Vito Favero; 11° Alfredo Sabbadin; 12° Wout Wagtmans (Ned).

Quarta tappa: Foggia-Circuito dell’Ippodromo dietro moto
Al vento riparato dalle Lambrette, la corsa visse un altro prova di forza, anzi più convincente ancora, da parte di Louison Bobet. Sui sei giri del circuito, diede un’autentica lezione a tutti di come si stia al rullo, ed il francese stava convincendo l’intero osservatorio, sulla quasi certezza di un suo bis al Ciclomotoristico, a meno di incidenti di una certa gravità. Fra i battuti, grande prestazione del neoprofessionista perugino Carlo Brugnami che, senza esperienza alcuna in quel tipo di corse, in due giorni riuscì a dimostrare di essere bravo anche lì. 

Ordine d’arrivo:

1° Louison Bobet (Fra) km 23,1 in 22’01” alla media di 63,195 kmh; 2° Emile Daems (Bel) a 20”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 41”; 4° Carlo Brugnami a 48”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 56”; 6° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’12”; 7° Pierino Baffi a 1’14”; 8° Adriano Zamboni a 1’15”.

Classifica generale dopo la seconda giornata:
1° Louison Bobet (Fra) 11h18’28”; 2° Emile Daems (Bel) a 1’15”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 1’34”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 2’09”; 5° Carlo Brugnami a 2’26”; 6° Adriano Zamboni a 2’47”; 7° Alfredo Sabbadin a 3’02”; 8° Seamus Elliott a 3’’36”; 9° Jean Stablinski (Fra) a 3’43”; 10° Rino Benedetti a 4’25”.

Quinta tappa: San Giovanni Rotondo-Manfredonia
La lunga fuga del belga Dewolf, scattato a trenta chilometri dalla partenza,caratterizzò la frazione. Il corridore fiammingo, approfittando dell'indifferenza del gruppo, aumentò progressivamente il suo vantaggio che a Cagnano, dopo 82 km di corsa  sfiorò i 4 minuti. Su una strada ricca di saliscendi, il belga fu capace di resistere a lungo alla caccia del gruppo, trovando fine dopo ben 120 chilometri in solitaria sulla salita di Monte Sant'Angelo. L’irlandese Seamus Elliott, evaso dal gruppo assieme al bresciano Ernesto Bono, raggiunse e staccò tanto Dewolf quanto il compagno di fuga e transitò primo sul GPM, guadagnando l'abbuono di 30". Bobet passò in cima alla salita col gruppo ad 1’45" di ritardo. Negli ultimi 20 chilometri, l'irlandese aumentò ancora il suo vantaggio. All’arrivo vincente di Manfredonia, Elliot anticipò il gruppo con Bobet di 2’59”. Coi 30” d’abbuono conquistati al GPM, l’irlandese divenne il nuovo leader della classifica.

Sul vincitore.
[Immagine: 1235123468ELLIOTT%20Seamus%20-%208.jpg]
Seamus Elliott nacque il 4 giugno 1934 a Dublino, ed ivi è deceduto il 4 maggio 1971. Passista. Professionista dal 1956 al 1967 con 57 vittorie. È da considerarsi, a tutti gli effetti, l'antesignano del ciclismo in una terra, l'Irlanda, che ai suoi tempi vedeva questo sport come un fatto straordinariamente raro e che poi, dietro il suo esempio, riuscì a portare alla massima notorietà due autentici campioni: Stephen Roche e Sean Kelly.
Seamus Elliott non fu un campione della levatura dei suoi delfini, ma ha lasciato la sua bella traccia nella storia del pedale. Un corridore ardimentoso, coraggioso e tenace, discretamente veloce e con la qualità di sapersi districare come pochi nel difficile ruolo di gregario, a quei tempi assai più complicato rispetto ad oggi. Il fatto che Anquetil, non un capitano qualunque, lo abbia sempre definito come prezioso e difficilmente sostituibile, la dice lunga sulla bravura di Seamus. 
Nella storia di questo irlandese bruno, i tratti antropologici della sua terra, salvo la tipica tenacia di quei luoghi, si son sempre visti poco. In lui, invece, traspariva un velo di tristezza ed un  portamento a volte premonitore di una costrizione. Il ciclismo, per Elliott, era un mestiere visto e vissuto come uno strumento per vivere il futuro un po' meglio, attraverso una base che gli poteva servire per fare poi altro. Era quel mestiere che gli era venuto dalle gambe forti e dalla voglia di mettersi alla prova, senza perdere del tempo inutile, e da vivere con pragmatismo. Ma quel velo di tristezza, forse, significava quel qualcosa in più che le strade, le ruote, l'ambiente, non han saputo leggere e che la sua tristissima fine, nei modi e nella violenza in cui è avvenuta, eleva come un dubbio che mai sarà risolto. All'indomani della sua vittoria nel campionato irlandese dei dilettanti, colta a soli 19 anni, Seamus, capì che per fare il corridore doveva emigrare e si trasferì in Francia. Nel 1956 passò professionista, divenendo ben presto un luogotenente di Jacques Anquetil. Per le sue buone doti sul passo e l'ottimo spunto veloce, seppe collezionare una bella serie di successi, soprattutto nei primi anni sessanta. Di nota le vittorie nel Gran Premio Sigrand ('58), G.P. Nizza ('59), G.P. Peugeot ('60), GP Ockers ('60), G.P. St Raphael ('61), G.P. Danainx ('63), nel Giro di Morbihan '64, nel Tour de l'Oise '65 e nella tappa di Roubaix, al Tour de France del '63. In Belgio vinse l'Het Volk ('59), in Algeria il G.P. di Algeri ('56), in Gran Bretagna vinse il G.P. dell'Isola di Man, due volte: nel '59 e '64. In Spagna, giunse terzo nella classifica finale della Vuelta del 1962, in cui vinse una tappa, ed un'altra tappa la vinse nel '63. In Italia, si segnalò diverse volte e trionfò nella frazione Trieste-Belluno del Giro '60. Nel 1962, ai Mondiali di Salò, mentre si trovava in fuga solitaria, fu beffato in contropiede dall'amico francese, ed ex minatore, Jean Stablinski, giungendo così secondo. Sull'episodio han girato a lungo delle voci: c'è chi parlò di accordo tacito fra i due e chi, invece, sosteneva che l'irlandese fosse stato giocato dall'amico. I due han sempre dato delle versioni poco convincenti, ma è pur vero che il più forte in corsa, quel giorno, fu proprio il francese. Insomma un ruolino di tutto rispetto, per un atleta che, in vita, ha fatto tanti sacrifici per riuscire ad emergere nello sport che più amava e verso il quale era più tagliato. Lasciò l'attività agonistica, di fatto, nel 1966, dopo aver colto, anche nell'ultima stagione, altri cinque traguardi minori. Staccò la licenza ancora per qualche anno, ma le sue apparizioni non furono più quelle di un professionista. In terra britannica, per l'originalità che ha sempre accompagnato il ciclismo, era possibile. Il 4 maggio 1971, dopo aver aperto un'officina, fu ritrovato morto nel garage di casa, ucciso da un colpo di arma da fuoco. Non si trattò di un delitto, ma di una sua scelta.

Ordine d’arrivo:
1° Seamus Elliott (Irl) km 188,4 in 5h26’19”; 2° Muguel Poblet (Esp) a 2’59”; 3° Dino Liviero; 4° Vito Favero; 5° Emile Daems (Bel); 6° Adriano Zamboni; 7° Armando Pellegrini 8° Michele Gismondi; 9° Giancarlo Gentina; 10° Addo Kazianka; e atri undici corridori fra i quali Bobet.

Sesta tappa: Manfredonia-Foggia
La sosta a Manfredonia, prima del via della frazione ciclo-motoristica, in parte in linea e per la gran parte  dietro Lambrette, che doveva durare mezz'ora, venne prolungata per attendere l'arrivo dei ritardatari, fra i quali Baldini e lo stesso animatore della tappa conclusa Dewolf. Durante questo intermezzo l'ex campione mondiale Georges Speicher, direttore sportivo dell’Helyett, la squadra del nuovo leader Elliott, venne  derubato del portafogli con tenente oltre centomila franchi francesi, il passaporto, il libretto di circolazione ed altri documenti personali. Purtroppo, il disappunto di Speicher, trovò un seguito più tardi, perché Elliott nella prova dietro motori, perse tanto tempo, mentre Bobet, più che mai a suo agio in questa specialità, non solo riprese all’irlandese il lieve ritardo dei 13 secondi, ma gli inflisse un distacco di 4’22”. Bobet non solo riconquistò la leadership della corsa, ma vinse come era nelle previsioni di tutti anche la frazione. Bravissimo ancora una volta il giovane Brugnami, il primo degli italiani, classificatosi secondo, a 49" dal francese. 

Ordine d’arrivo:

1° Louison Bobet (Fra) km 39,6 in 51’01” alla media di km 48,421; 2° Carlo Brugnami a 49”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 1’15”; 4° Emile Daems (Bel) a 1’52”; 5° Adriano Zamboni a 1’59”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 2’01”; 7° Bruno Monti a 2’12”; 8° Armando Pellegrini a 2’12”; 9° Pierino Baffi a 2’12”; 10° Alfredo Sabbadin a 2’15”.  

Classifica generale dopo la terza giornata:
1° Louison Bobet in 17h38’52”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 2’19”; 3° Emile Daems (Bel) a 3’07”; 4° Carlo Brugnami a 3’15”; 5° Seamus Elliott (Irl) a 4’09”; 6° Adriano Zamboni a 4’15”; 7° Miguel Poblet (Esp)a a 5’05”; 8° Jos Hoevenaers (Bel) a 5’10”; 9° Alfredo Sabbadin a 5’37”; 10° Pierino Baffi a 7’18”.

Settima tappa: San Severo-Pescara
Per venire alla breve cronaca della giornata, va detto che la semitappa mattutina era cominciata, e proseguita per oltre cento chilometri, all'insegna della più cordiale “non  belligeranza”, con l'eccezione di un breve scatto di Zoppas e, fra la meraviglia generale, di Baldini. Un po' perché ancora affaticati dalla dura tappa del giorno prima, ed un po’ per il gran caldo estivo, più che primaverile. Fu sulla salita di Vasto, che la corsa si ravvivò di colpo, entrando nella fase risolutiva. Vito Favero, aveva appena vinto il traguardo volante posto nel citato centro abitato, quando dal gruppo, che s’era allungato nella successiva discesa, il veneto Arrigo Padovan, giocando d'audacia, com'era suo costume, se ne andò come un dannato. Sollecito, Pierino Baffi gli corse appresso e, assieme, iniziarono una fuga alla quale, un paio di chilometri dopo, si aggiunsero Bobet, Brugnami, Wagtmans, Hoevenaers e Gouget. La corsa si fece allora velocissima. Dal gruppo, appena rimessosi dalla sorpresa, uscirono altri sei: due italiani, Liviero e Benedetti e quattro stranieri, Poblet, Elliott, Stablinski e Daems. La lotta si restrinse fra il gruppo dei sette battistrada, ed i sei che gli davano la caccia. Per oltre mezz'ora il distacco fra gli uni e gli altri, oscillò sul mezzo minuto per poi aumentare notevolmente fino al punto che gli inseguitori furono ripresi dal grosso. I sette  andarono così allo sprint decisivo, dove Pierino Baffi fece valere i diritti del suo spunto velocistico.

Ordine d’arrivo:

1° Pierino Baffi km 167 in 5h10’06” alla media di 33,860 kmh; 2° Louison Bobet (Fra); 3° Arrigo Padovan; 4° Carlo Brugnami; 5° Jos Hoevenaers (Bel); 6° Wout Wagtmans (Ned); 7° Pierre Gouget (Fra) a 15”; 8° Rino Benedetti a 3’14”; 9° Dino Liviero; 10° Seamus Elliott (Irl).

Ottava tappa: Pescara-Circuito del mare dietro moto
Dopo mezzora di sosta, venne data la partenza per il settore dietro motori, su sei giri di un circuito, per 25 chilometri e mezzo totali. All'agganciamento con la Lambretta, Wagtmans e Brugnami furono più svelti di Bobet e, al termine del primo giro, lo precedettero rispettivamente di 3 e 4 secondi. Poi, il francese si portò al comando, coprendo il terzo giro alla velocità di 58,395 kmh, senza più lasciarlo, mentre alle sue spalle, il bravo Brugnami, superò Wagtmans, per poi cadere al penultimo giro, a causa di una foratura. Sfortuna nera davvero. Spuntò allora Zamboni che, superati l'olandese e lo sfortunato compagno di squadra, andò ad insidiare addirittura il successo di Bobet, il cui vantaggio all'arrivo, fu di soli 2".

Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 25,5 in 26’36” alla media di 56,807 kmh; 2° Adriano Zamboni a 2”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 22”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 59”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’04”; 6° Rino Benedetti a 1’05”; 7° Carlo Brugnami a 1’07”; 8° Alfredo Sabbadin a 1’07”; 9° Pierino Baffi a 1’15”; 10° Dino Liviero a 1’30”.

Classifica generale dopo la quarta giornata:
1° Louison Bobet in 23h15’54”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 3’11”; 3° Carlo Brugnami a 4’22”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 6’14”; 5° Emile Daems (Bel) a 7’52”; 6° Pierino Baffi a 8’33”; 7° Miguel Poblet (Esp) a 9’18”; 8° Seamus Elliott (Irl) a 9’36”; 9° Rino Benedetti a 12’19”; 10° Adriano Zamboni a 12’29”.

Nona tappa: San Benedetto del Tronto-Rimini
Alla partenza da San Benedetto del Tronto i corridori giunsero più stanchi del solito, essendoisi sobbarcati sessanta chilometri in auto da Pescara dove avevano pernottato. Il tratto sul mezzo aveva sconvolto preparativi, massaggi e colazione. Fatto sta, che per buoni tre quarti, la corsa rimase sonnolenta. Poi a poco più di trenta chilometri dall'arrivo, lo scoppio di una gomma, costrinse Bobet a mettere piede a terra. L'allarme venne subito dato, e un sussultò scompaginò la comitiva. Poblet e i suoi, Wagtmans e i suoi, Brugnami e i suoi, tutti quanti, insomma, gli si coalizzarono contro, per metterlo in difficoltà, magari impedirgli di rientrare, farlo cadere nello stesso trabocchetto che fu fatale allo spagnolo nella prima tappa... Ma non ci riuscirono. In meno di 15" la ruota nuova era già al suo posto e Bobet in sella. Lanciato all'inseguimento, prima dietro le protettrici ruota dei suoi gregari e poi da solo, in meno di cinque minuti, ritornò in gruppo. Ad una ventina di chilometri da Rimini,la corsa abbandonò la Litoranea per andare verso l'interno, lungo una strada secondarla e in salita. Sotto l'impulso di Sabbadin, il gruppo si allungò. In breve, in  testa, si trovarono una decina di corridori, fra cui Coletto, Brugnami, Stabllnsky, Poblet, Favero e, naturalmente, Bobet. Nella discesa, polverosa e sassosa, Favero e Coletto tentarono il colpaccio, ma dopo dieci minuti di caccia gli inseguitori li ripresero. A quel punto l'andatura diminuì, per preparare l’imminente volata e ne approfittò il redivivo Baldini per rientrare anche lui, con altri ritardatari. La volata decisiva con Poblet presente, non poteva aver altro risultato che una sua vittoria. I principali battuti, Pellegrini e Benedetti.

Ordine d’arrivo:

1° Miguel Poblet (Esp) km 197,5 in 5h16’57” alla media di 37,387 kmh; 2° Armando Pellegrini; 3° Rino Benedetti; 4° Federico Galeaz; 5° André Vlayen (Bel); 6° Silvano Ciampi; 7° Dino Liviero; 8° Vito Favero; 9° Arrigo Padovan; 10° Emile Daems.

Decima tappa: Rimini-Circuito del mare dietro moto
La prova dietro Lambrette, partita la fatidica mezzora dopo, diede anch’essa il risultato previsto: 1° Bobet, a mani alte, come suol dirsi. E' vero che alla presa degli allenatori, altri furono più svelti di lui, come dimostrò il passaggio del primo giro, dove al comando s’era collocato Zamboni, seguito a 9" da Daems, a 10" da Baffi, a 12" da Wagtmans, ed a 13", appunto, dal francese. Ma già al passaggio successivo, il leader della classifica era già salito al secondo posto. Indi, girando sempre più veloce, con un quarto giro alla media record di 56 chilometri e 840 metri, si portò in testa, per vincere, naturalmente. 

Ordine d’arrivo:

1° Louison Bobet (Fra) km 21,5 in 23’41” alla media di 54,721 kmh;  2° Adriano Zamboni a 3”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 13”; 4° Emile Daems (Bel) a 21”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 30”; 6° Rino Benedetti a 1’03”; 7° Alfredo Sabbadin a 1’05”; 8° Carlo Brugnami a 1’08”; 9° Agostino Coletto a 1’17”; 10° Jean Stablinski (Fra) a 1’18”.

Classifica generale dopo la quinta giornata:
1° Louison Bobet in 28h56’32”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 3’24”; 3° Carlo Brugnami a 5’30”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 7’47”; 5° Emile Daems (Bel) a 8’13”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 9’48”; 7° Pierino Baffi a 10’07”; 8° Seamus Elliott (Irl) a 12’11”; 9° Rino Benedetti a 13’21”; 10° Adriano Zamboni a 13’31”.

Undicesima tappa: Rimini-Riccione
La prova mattutina, ebbe un andamento “classico” per la morfologia dell’’itinerario, con la formazione all'avanguardia di un gruppo d'una decina di corridori sulla salita di San Marino, a circa metà percorso, valevole per il GPM (dove passò primo Alfredo Sabbadin davanti a Daems, Galeaz, Dewolf, Favero ed altri, fra cui Poblet e Bobet), ed un epilogo ancor più normale col successo di Poblet in volata, sui suoi compagni di fuga e qualche altro sopraggiunto nella parte finale della corsa. Fu nell'avvicinarsi a Riccione, che si ebbero le prime avvisaglie del “tornado”, che di lì a poco si sarebbe rovesciato sulla carovana. Quando i quattordici del gruppo di testa, appena protetti dal riparo dei palazzi e dei grandi alberghi, sbucarono sul lungomare, vennero investiti da un vento furioso, che letteralmente li bloccò. I corridori barcollarono, poco mancò che cadessero, finché, riavutisi dalla sorpresa, al meglio del poco possibile, si accinsero alla volata, ma appena entrati sul rettilineo, incontrarono le raffiche gelate che soffiavano al loro massimo, facendo fuggire i pochi spettatori presenti, e mettendo lo scompiglio negli addetti all'ordine. L'arrivo, comunque, fu regolare; sia per il primo gruppo che per i seguenti, anche se ad un comprensibile rallentatore, con tanto di ovvia goffaggine. Immediatamente dopo il passaggio della  linea, andarono tutti a ripararsi all'interno degli alberghi, a rifocillarsi, a riscaldarsi e ad iniziare le discussioni se, col maltempo sempre più imperversante, lo svolgimento del tratto dietro motori, fosse o no possibile. 

Ordine d’arrivo: 

1° Miguel Poblet (Esp) km 112 in 2h55’33” alla media di 36,875 kmh; 2° Adriano Zamboni; 3° Emile Daems (Bel); 4° Vito Favero; 5° Alfredo Sabbadin; 6° Michele Gismondi; 7° Jozef De Wolf (Bel); 8° Agostino Coletto; 9° Ugo Massocco; 10° Louison Bobet (Fra), 11° Hilaire Couvreur (Bel), 12° Pierre Gouget (Fra); 13° Wout Wagtmans (Ned); 14° Jean Stablinski (Fra) tutti col tempo del vincitore; 15° Ernesto Bono a 29”; 16° Rino Benedetti st; seguono a 33” 18° Jos Hoevenaers (Bel); 19° Carlo Brugnami; 20° Pierino Baffi.

Dodicesima tappa: Riccione-Circuito del mare dietro moto
La discussione continuò a lungo, ed alla fine i corridori, attraverso gli ambasciatori direttori sportivi, fecero sapere all’organizzazione, che la loro conclusione era chiara: non era pensabile svolgere una gara dietro motori in quelle condizioni, perché insisteva pericolo alla loro incolumità e lo spettacolo non sarebbe stato sui valori dello sport, ma solo circense. 
Il rappresentante dell'UVI e il direttore di corsa, condivisero tale opinione, ma dopo una riunione volante dal sapore quasi del conciliabolo, nello stretto significato del termine, finì per prevalere il parere del direttore dell’organizzazione, Natale Bertocco, che diede ordine di procedere all’appello dei concorrenti. Uniche concessioni: la riduzione dei giri da  percorrere, da sei a quattro e lo svolgimento della corsa in due batterie, composte, la prima, dalla ventunesima posizione in classifica fino all’ultima, e, la seconda, coi primi venti della “generale”. Il vincitore e la graduatoria della frazione sarebbero usciti dal crono d’ognuno. I primi venti corridori, i più forti in tutto, anche come fama, potere d’impatto esperienza e loquela, non accettarono quella decisione e minacciarono una forma di protesta clamorosa. Fatto sta, che la prima batteria si svolse regolarmente, perlomeno per quello che poteva uscire da condizioni atmosferiche estreme, ed obiettivamente pericolose. Vinse il milanese Alfredo Bonariva che ebbe ragione dei ben più illustri Arrigo Padovan, Luigi Tezza, Guido Messina e Virginio Pizzali. Quando fu il momento della seconda batteria, gli assi, tutti uniti, partirono a passo turistico, non s’agganciarono alle Lambrette, e conclusero la prova in un tempo più che doppio rispetto ai colleghi della prima batteria. Protesta dunque c’era stata, idem la conseguente frittata. Ovviamente, erano giunti tutti fuori tempo massimo e il regolamento prescriveva l’esclusione di questi corridori dalla corsa. Nuove discussioni infuocate e per risolvere la situazione, ed evitare di proseguire la manifestazione con i corridori ridotti della metà e senza gli “assi”, ove il regolamento fosse stato, come si doveva, strettamente applicato, dopo una lunga e tempestosa riunione, la giuria trovò una soluzione di compromesso, che, pur incolpando i ciclisti della seconda batteria di grave atto di indisciplina, lì deferì alla Commissione professionistica dell'UVI*, per i provvedimenti del caso, ma li autorizzò a proseguire la gara. La classifica generale venne dunque stabilita in base ai tempi impiegati nella prova motorizzata, come nulla di irregolare fosse successo, ed alla fine, visti i vantaggi che perlomeno i primi dieci avevano nella generale, la graduatoria cambiò di poco. Un compromesso ridicolo, che non fece onore a nessuno, ma che dimostrò quanto il potere dei corridori fosse forte, niente a che vedere, dunque, con quel ruolo di  porta-schiaffi che siamo abituarti a constatare oggi. 

*Note: la Commissione professionistica dell’UVI, stabilì una decina di giorni dopo, per i corridori deferiti, pur considerando la giustezza della loro proposta di sospensione della frazione, una serie di multe che, su una somma complessiva di 900 mila lire, circa 26mila euro odierni, colpì soprattutto Adriano Baffi (quale maggior istigatore della protesta) con 200mila lire. Tartassati pure Adriano Zamboni e Louison Bobet con 100mila, indi tutti gli altri 17 (Pellegrini, Liviero, Brugnami, Kazianka, Elliott, Poblet, Gismondi, Massocco, Sabbadin, Benedetti, Hoevenaers, Daems, Wagtmans, Coletto, Galeaz, Bono e Stablinski), con 30mila. All’organizzazione, invece,  giudicata dalla Commissione come maggior responsabile dell’accaduto, la contraddizione di una multa di sole 20mila lire. Come dire: anche allora il ciclismo era diretto “un po’…. così”, ma quelli erano comunque dei giganti rispetto ai dirigenti odierni.

Sul vincitore.
[Immagine: Bonariva_zpsoxk6b1gc.jpg?t=1546423254]
Alfredo Bonariva, è nato a Milano il 5 dicembre 1934. Passista. Professionista dal novembre 1957 al 1961, con tre vittorie. Un discreto pedalatore, con la dote migliore sul passo, che ha rischiato di passare inosservato come atleta, per l’epoca in cui ha corso, densa di grandi corridori e per aver potuto correre un solo Giro d’Italia, nel 1961 e per poche tappe, in quanto costretto al ritiro. Un acuto osservatore che ha saputo far tesoro dopo di tutto quello che il ciclismo agonistico gli aveva dato. Dopo una buona carriera fra i dilettanti, dove la Coppa Colli Briantei ‘57, rappresentò il suo migliore traguardo, ed il trampolino per il passaggio fra i professionisti, che avvenne agli sgoccioli della stagione 1957. Nel ’58 in seno alla Bianchi andò a segno un paio di volte, nel Gran Premio Somaglia e nel Circuito di Guazzora. Dopo un grigio 1959, nel 1960 fu autore di un ottimo Giro di Romagna, chiuso al 4° posto e poi, una settimana dopo, colse dietro motori, sul Circuito di Riccione, un ben augurante successo di frazione al Gran Premio Ciclomotoristico. Sembrava lanciato, invece quella vittoria fu pure l’ultima e dopo alterne fortune e partecipazioni, a fine ’61,  lasciò l’agonismo. Si rifece nel dopo, innanzi tutto avviando un negozio-officina di bici e ciclomotori in Bollate che è stato per decenni e decenni, un riferimento nel milanese. Da tecnico, invece, fu il primo a credere nel ciclismo femminile, di cui è stato una figura storica, allenando per un trentennio, le migliori cicliste italiane.

Ordine d’arrivo:
1° Alfredo Bonariva km 12,4, in 15’05’, alla media di 49,352 kmh; 2° Arrigo Padovan a 16”; 3° Luigi Tezza a 18”; 4° Guido Messina a 29”; 5° Virginio Pizzali a 37”; 6° Pierre Gauget (Fra) a 46”; 7° Silvano Ciampi a 1’01”; 8° Pietro Zoppas a 1’14”; 9° Willy Haelterman (Bel) a 1’23”; 10° Hilaire Couvreu (Bel) 1’29”.

Classifica generale dopo la sesta giornata:
1° Louison Bobet in 32h14’11”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 3’24”; 3° Carlo Brugnami a 6’03”; 4° Emile Daems (Bel) a 7’58”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 8’20”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 9’48”; 7° Pierino Baffi a 10’40”; 8° 10° Adriano Zamboni a 13’31”; 9° Rino Benedetti a 13’50”; 10° Jean Stablinski (Fra) a 14’56”.

Tredicesima tappa: Riccione-Nocera Umbra

Con gli echi delle polemiche per i fatti del giorno precedente e, finalmente in una giornata di sole e buona temperatura, i corridori partirono da Riccione alle 8,30. La prima parte di tappa percorsa a buona andatura ma a gruppo compatto,si consumò sulla Litoranea Adriatica, fino a Pesaro e, poi, da qui, si incanalò sulla via Flaminia. Ai due terzi del percorso sul Passo della Scheggia, dov'era posto il quinto ed ultimo traguardo per il GPM il gruppo si mantenne compatto e, sulla cima di un’ascesa comunque facile, passò primo Poblet, su Benedetti. Lo sprint in salita, generò un frazionamento nel gruppo che, però, in discesa, si ricompattò. La tappa sarebbe finita ancora in volata, se a 25 chilometri dall’arrivo di Nocera Umbra, non fosse partito come in fulmine Guido Messina. Il torinese di origine sicula, ricordandosi di essere stato inseguitore storico, pedalò come nelle sue migliori giornate e dopo cinque anni di astinenza con la vittoria su strada, tornò al successo. La volata per il secondo posto non ci fu, nel senso più classico del termine, perché il traguardo era posto su una bell’ascesa che tarpò le ali ai velocisti puri. Tant’è che la piazza d’onore, andò ad un uomo di ben altro spessore, come il francese Jean Stablinski e terzo finì un grande corridore come stava dimostrando d’essere, il belga Emile Daems.

Ordine d’arrivo:
1° Guido Messina km 150 in 4h16’52” alla media di 35,037 kmh; 2° Jean Stablinski (Fra) a 1’22”; 3° Emile Daems (Bel) a 1’26”; 4° Addo Kazianka id; 5° Pierino Baffi a 1’27”; 6° Federico Galeaz a 1’31”; 7° Adriano Zamboni a 1’32”; 8° Agostino Coletto a 1’34”; 9° Rino Benedetti id; 10° Alfredo Sabbadin id. …12° Carlo Brugnami a 1’37”; 13° Wout Wagtmans (Ned) a 1’37”; 14° Louison Bobet (Fra) a 1’39”; ….18 Miguel Poblet (Esp) a 1’43”.

Classifica Finale del Gran Premio della Montagna:
1° Miguel Poblet (Esp) punti 8; 2° Henri Dewolf (Bel) punti 7; 3°  Louison Bobet (Fra) punti 6; 4° Seamus Elliott (Irl), Wout Wagtmans (Ned), Alfredo Sabbadin ed Emile Daems (Bel) punti 5. 

Quattordicesima tappa: Foligno-Spoleto, crono dietro moto
Nel pomeriggio, stavolta con un intervallo più ampio, per la particolare morfologia della frazione motorizzata, si ebbe la riprova della bravura del leader Louison Bobet. La Foligno-Spoleto infatti, pur da compiere al rullo delle Lambrette, fu una cronometro che, di fatto, confuse un poco quelle che erano le risultanze classiche delle frazioni motorizzare, Luison Bobet a parte, naturalmente. Per gli italiani, si ebbe la conferma delle  ottime qualità di Carlo Brugnami, che finì secondo a 17” dall’asso francese e di Adriano Zamboni, terzo, a 28”. Incredibile la folla presente.

Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 26 in 23’41” alla media di 63,868 kmh; 2° Carlo Brugnami a 17”; 3° Adriano Zamboni a 28”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 45”; 5° Emile Daems (Bel) a 1’03”; 6° Dino Liviero a 1’17”; 7° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’23”; 8° Alfredo Sabbadin a 1’47”; 9° Pierino Baffi a 1’56”; 10° Rino Benedetti a 1’59”.

Classifica generale dopo la settima giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 36h56’23”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 5’32”; 3° Carlo Brugnami a 6’18”; 4° Emile Daems (Bel) a 8’48”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 9’49”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 10’07”; 7° Pierino Baffi a 12’24”; 8° Adriano Zamboni a 13’52”; 9° Rino Benedetti a 15’29”; 10° Jean Stablinski (Fra) a 17’03”.

Quindicesima tappa: Spoleto-Roma
La giornata conclusiva del GP Ciclomotoristico 1960, s’aprì alle 11 del mattino, con un tempo davvero inclemente: pioggia e vento contrario che non potevano che rendere difficile la marcia di corridori comunque stanchi, per le difficoltà di una prova anomala e stressante come quella del Corriere dello sport. Si attendeva la volata di Poblet in Roma, ed invece al traguardo per disputarsi la vittoria, si presentarono due corridori, Alfredo Sabbadin e l’anziano belga Hilaire Couvreur. La coppia era fuggita al km 27 sullo slancio di un traguardo volante, vinto da Sabbadin proprio su Couvreur. E dopo 127 chilometri d’avanscoperta, i due arrivarono al traguardo finale, finalmente col tempo un poco migliore. Ma il risultato agonistico non cambiò: vinse nuovamente Sabbadin, sul “vecchio” belga.  A 2’26”, Rino Benedetti regolò il gruppo.

Ordine d’arrivo:
1° Alfredo Sabbadin (Philco) km 154 in 4h16’51” alla media di 35,800 kmh; 2° Hilaire Couvreur (Bel -Fynsec) st; 3° Rino Benedetti (Ghigi) a 2’26”; 4° Armando Pellegrini (Emi); 5° Emile Daems (Philco); 6° Federico Galeaz (Torpado); 7° Miguel Poblet (Esp-Ignis); 8° Arrigo Padovan (Gazzola); 9° Pierino Baffi (Ignis); 10° André Vlayen (Bel-Molteni).

Sedicesima tappa: Roma-Circuito dell’Eur dietro moto
Il Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni, che tante diatribe e polemiche aveva sollevato, terminò sui viali dell’Eur, in un apposito circuito da percorrere dietro Lambrette. Fu una conclusione spettacolare, che si concluse con la sorpresa di vedere il dominatore del Gran Premio mancare la vittoria nella frazione conclusiva. A battere Bobet, ci pensò il giovane e piccolo belga Emile Daems, autore di una prestazione maiuscola, che solo talune curve ad angoli piuttosto stretti impedì una media oraria sui 65 kmh. Vinse a quasi 58, e si capì che la squadra italiana della Philco, aveva fatto una gran cosa ad assumerlo. Detto di Bobet secondo, ma grande vincitore con un perentorio bis al Ciclomotoristico, l’interesse del pubblico, davvero incredibile e festoso, si mosse tutto sul   tentativo del giovane Carlo Brugnami - che alla fine sarà 4°, un secondo dietro al compagno della Torpado, ottimo pure lui, Adriano Zamboni - di scalzare dal secondo posto della classifica Wout Wagtmans, l’anziano olandese, vincitore nel ’57, nonché valente stayer. Sui sei giri del circuito per complessivi 24 km, Brugnami entusiasmò gli spettatori, debitamente avvertiti dallo speaker, relativamente ai distacchi che stava infliggendo all’avversario. Purtroppo alla fine, il giovane italiano, rosicchiò solo 19”, insufficienti per giungere al posto d’onore, ma restava senza ombra di dubbio la rivelazione della corsa, così come lo era stata circa un mese prima, alla Mentone-Roma. Per Bobet, infine, il secondo successo al Ciclomotoristico, pur continuando a correre un paio d’anni, rappresentò quasi un “canto del cigno”, dopo una luminosa e lunga carriera.  

Sul vincitore.
[Immagine: 14042210971453DAEMSEmile.jpg]
Emile Daems nacque a Genval il 4 aprile 1938. Completo. Alto 1,64 metri per 63 kg. Professionista dal 1959 al 1966 con 55 vittorie. Un brevilineo compatto, veloce, persino potente, con un carattere fortissimo, ed una simpatia evidente. Passò professionista con un palmares da predestinato e nei soli sei anni e mezzo trascorsi nell'elite, mantenne le promesse. Si scontrò con Van Looy, a cui non giurò fedeltà in occasione dei mondiali di Sachsenring. Fu l'unico a contrastarlo in patria volgendogli la faccia e questo fatto gli rese l'antipatia, ma pure il rispetto del Sire di Herentals. Ma in quel duello, per un paio d’anni Emile non uscì sconfitto. Agli esordi vinse alcune medie classiche belghe ed al primo anno da totale prof, si ribadì nelle corse fiamminghe, conquistò due tappe al Giro e l'Appennino, quindi il gran finale col trionfo nel Giro di Lombardia che, per la prima volta affrontò il "muro" di Sormano. Nel '61, vinse il Giro di Sardegna che, nelle dizioni fino agli anni settanta aveva un cast da grande manifestazione, diverse corse in patria, nonché l'allora prestigioso Giro del Ticino. Imperiale nel '62, dove si impose nella Milano-Sanremo. Alla Roubaix, solo Van Looy lo anticipò, ma dopo il traguardo gli disse che si sarebbe vendicato l'anno successivo. Fu poi protagonista al Tour de France, con tre tappe all'attivo e la vittoria nella mitica Briancon, dopo aver scalato il Col di Restefond, il Vars e l'Izoard. Il carattere del Daems si vide nel '63, quando vinse proprio la Roubaix, superando allo sprint il rivale Van Looy. Vendetta era fatta. Nel '64, complici diversi contrattempi fisici s'aggiudicò qualche gara fiamminga e l'anno successivo, dopo 4 stagioni in squadre italiane o francesi, ritornò in patria, ma una grave caduta alla Sei Giorni di Bruxelles, pose di fatto fine alla sua carriera.

Ordine d’arrivo:
1° Emile Daems (Bel-Philco) km 22 in 23’14” alla media di 57,331 kmh; 2° Louison Bobet (Fra-Mercier) a 16”; 3° Adriano Zamboni (Torpado) a 19”; 4° Carlo Brugnami (Torpado) a 20”; 5° Miguel Poblet (Esp-Ignis) a 26”; 6° Wout Wagtmans (Ned-Molteni) a 47”; 7° Michele Gismondi (Gazzola) a 57”; 8°Jos Hoevenaers (Bel-Ghigi) a 1’02”; 9° Rino Benedetti (Ghigi) a  1’23”; 10° Pierino Baffi (Ignis) a 1’25”; 11° Armando Pellegrini (Emi) a 1’38”; 12° Alfredo Sabbadin (Philco) a 1’46”; 13° Dino Liviero (Torpado) a 1’50”; 14° Pierre Gouget (Fra-Mercier); 15° Agostino Coletto (Ghigi) a 1’58”; 16° Addo Kazianka (Emi) a 2’02”; 17° Arrigo Padovan (Gazzola) a 2’20”; 18à Jean Stablinski a 2’35”.

[Immagine: Lorenzetti_zpsfb1eyjm6.jpg]
L’allenatore di Louison Bobet, il “mago” dei “pacer” per le corse su strada, il francese Hugo Lorenzetti. Proveniente da una famiglia di Torino, emigrata in Francia 2 anni prima della sua nascita. Qui lo vediamo, su pista, nell’arte del mestiere, allenare il Campione di Francia degli Stayer Robert Varnajo.

[Immagine: Bobet%20premio_zpspw2y5i1w.jpg?t=1546423261]
Il francese Louison Bobet alla cerimonia dopo il bis al Ciclomotoristico

Classifica Generale Finale:
1° Louison Bobet (Fra-Mercier) km 1555 in 41h38’34”; 2° Wout Wagtmans (Ned-Molteni) a 6’19”; 3° Carlo Brugnami (Torpado) a 6’38”; 4° Emile Daems (Bel-Philco) a 8’32”; 5° Jos Hoevenaers (Bel-Ghigi) a 10’49”; 6° Miguel Poblet (Esp-Ignis) a 11’31”; 7° Pierino Baffi (Ignis) a 12’49”; 8° Adriano Zamboni (Torpado) a 14’11”; 9° Rino Benedetti (Ghigi) a 16’31”; 10° Alfredo Sabbadin (Philco) a 17’01”.

Maurizio Ricci detto Morris

.....segue
 
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#52
Un topic bellissimo, grazie Morris per avermi fatto scoprire corse di cui ignoravo totalmente l'esistenza.
 
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#53
Trentanovesima Edizione 25/04-01/05 1961

La scheda del Gran Premio Ciclomotoristico, di quella che sarà lì’ultima e rimpianta edizione, si aprì fra constatazioni e critiche, come sempre del resto, nella sua storia. 
L'indubbia affermazione di prestigio a livello internazionale, ed il pubblico che stuzzicava la barba del Giro d’Italia tant’era numeroso, non era infatti servita a cancellare le polemiche. La formula non era digerita da una parte dell’osservatorio, ed indipendentemente dal peso sulle risultanze dei tratti motoristici, erano proprio questi, per la loro presenza, ad essere osteggiati. E dire che il pubblico, spesso pagante, dei circuiti da consumarsi dietro scooter, era addirittura maggiore di ogni più ottimistica previsione. In altre parole si viveva un autoctono rifiuto, unico in Europa, in quel momento storico, di una parte dell’ambiente ciclistico italiano, alla faccia di come la pensava la gente (pensiero tutt’oggi esistente, probabilmente). In più, l’ovatta da una parte ed i lanci d’eco della produzione culturale dall’altra, insistenti da sempre nei giornali, stavano iniziando a tessere, nelle loro voci centro-settentrionali, una perfida tela di distinguo sottilmente avverso all’Italia centromeridionale, aspetti poi esplosi e tradotti nelle fattucchiere insistenti nella pessima politica italiana, giunta oggi, tanto al grottesco, quanto al fallimentare. Con quel coacervo era difficile convivere, e furono questi, al pari del cambio di rotta della direzione del giornale principalmente organizzatore, a segnare la morte di una corsa originale, che dava fiato come nessuna alla sete di ciclismo del mezzogiorno d’Italia e che sviluppava, con la sua morfologia, valori tecnici eccellenti, per lo stesso intero ciclismo. 
Nel 1961, gli organizzatori affrontarono ulteriormente, cercando di porre i necessari correttivi, all’unico vero ed in parte giustificabile motivo di critiche intelligenti e oneste: il peso del tratto motoristico sulla corsa. E lo fecero tornando in parte all'antico, attraverso agganci al rullo dei mezzi meccanici volanti, ovvero nei finali di  tappa, istituendo particolari abbuoni, sia sotto gli striscioni del Gran Premio della Montagna (un minuto al primo e mezzo al secondo), come già era avvenuto, nonché ai traguardi delle tre tappe che sarebbero state disputate completamente in linea. Riducendo la lunghezza delle frazioni, ed andando incontro ai corridori circa l’asprezza dei tempi di corsa nel segmento giornaliero. Ne uscirono sette giorni di gara, nove tappe, per complessivi 1309 chilometri. 
Quarantaquattro ciclisti, suddivisi in undici squadre risposero all’appello, fra questi, facevano spicco, fra gli italiani i vari, Carlesi, Venturelli, Zamboni, Battistlni, Massignan, Trapé, Brugnami, Ronchlni e Martin, mentre fra gli stranieri, i più in vista, perlomeno alla vigilia, erano Daems, Gaul, Hoevenaers, Van Aerde e Graczyk.

Prima tappa: Roma-L’Aquila
Una bella tappa, ed una bella giornata. Dopo qualche scaramuccia in apertura, la corsa visse a lungo sul coraggio del neoprofessionista abruzzese Antonio Franchi, che, andato in fuga al 14esimo km, rimase al comando per circa 90 km, fintantoché fu raggiunto da una pattuglia composta da Graczyk, Martin, Hoevenaers, Chiodini e Spinello, indi dall’intero gruppo. 
Gli abbuoni, saggiamente decisi dagli organizzatori per i vari Gran Premi della Montagna, produssero subito il loro effetto. Infatti, sulla  facile salita ai mille metri di Cella di Corno, una battaglia abbastanza vivace, condotta in particolare da Battistini, portò in testa, sia pur con lieve vantaggio, un gruppetto di otto elementi, che, al traguardo del GPM, transitarono nell'ordine: Martin, Hoevenaers, Van Aerde, Trapé. Battistini, Brugnami, Graczyk e Gaul. Martin, conquistò così il minuto di abbuono e Hoevenaers i 30 secondi. 
Il plotone si riformò compatto in discesa e sempre compatto si agganciò agli scooter, dove Gaul perse tempo, non avendo trovato subito il suo allenatore. Balzò a guidare la cavalcata Brugnami, che tenne duro sino all'Aquila. Alle sue spalle, prima si face luce Daems, poi Ronchini, che operò una splendida rimonta che gli consentì dì classificarsi al secondo posto, a 12", dall’alfiere della Torpado, splendido vincitore. 
I lievi distacchi che separarono ì migliori nella graduatoria di tappa, fecero ben  sperare per il prosieguo della corsa. Martin, giunto a l’Aquila con un ritardo di 1’09”, con l’abbuono guadagnato su Cella di Corno, si collocò al 2° posto nella Generale.

Sul vincitore.
[Immagine: 1293870201BRUGNAMI%20Carlo%20-%203.jpg]

Nato il 30 settembre 1938 a Corciano (PG) ed ivi deceduto il 2 febbraio 2018. Passista-scalatore, altezza m. 1,74 per kg. 67. Professionista dal 1960 al 1965 con 3 vittorie. Corridore elegante e bravo nell'emergere nelle corse più dure. Il suo curriculum non lascia tracce pari alla tangibilità dimostrata nel ciclismo della prima metà degli anni sessanta. Silenzioso, arrivava sempre, anche se ha fatto attendere invano l'acuto che, se giunto, avrebbe sicuramente allungato la sua permanenza nel pedale professionistico. 
Buon dilettante, passò nell'elite ci-clistica nel 1960, all'interno della Torpado. Il suo debutto fu più che buono, grazie ai successi nel GP Roveta di Altopascio e nel Circuito di Avezzano, ma, soprattutto, per i diversi piazzamenti. Finì infatti secondo nella Mentone-Genova-Roma, terzo nel Giro del Piemonte e nel Giro dell'Emilia, nonché nella classifica finale del GP Ciclomotoristico. 
All'estero, colse i secondi posti nel GP Monaco e nel GP Nizza. Fu più che discreto anche al Giro d'Italia, chiuso 15°. Si  guadagnò poi l'azzurro per i mondiali di Hohenstein, dove giunse 31°. Nel 1961, vinse la tappa Roma-L'Aquila del GP Ciclomotoristico delle Nazioni, ed i suoi piazzamenti furono ancor più consistenti. Al Giro d'Italia, che chiuse 9°, giunse 2° nella tappa di Trento e 6° nel tappone dello Stelvio che si concluse a Bormio. Si guadagnò la chiamata in Nazionale per il Tour, dove, prima di abbandonare (12a tappa) a causa di una indisposizione, fece in tempo a cogliere due terzi posti a Roubaix e Torino, un quarto a Charleroi, un quinto a Belfort ed il decimo nel tappone di St Etienne. Chiuse la stagione con il quinto posto nel Giro dell'Emilia ed il quarto nel Giro di Lombardia. Nel 1962, col passaggio alla Philco, Brugnami era atteso all'esplosione, ma questa non arrivò. Nell'anno, solo il terzo posto nella tappa di Rieti al Giro d'Italia, poi terminato al 14° posto; il sesto della Milano Sanremo, ed un Tour de France anonimo. Il 1963 corso in maglia Gazzola, gli regalò quei piazzamenti che dimostravano la sua presenza nei quartieri alti degli arrivi, ma anche molto anonimato. Finì il Giro al 10° posto. Nel 1964, corso in maglia Lygie, l'involuzione continuò  nonostante una certa presenza nei fogli d'arrivo. Andò invece decisamente male al Giro, dove al terzo posto nella frazione di Lavarone aggiunse solo il 40° posto finale. Nel 1965, finì alla Molteni, ma anche i piazzamenti scemarono, ed a fine anno decise di smettere. La sua popolarità in Umbria però, continua tutt'oggi immutata.

Ordine d'arrivo: 
1° Carlo Brugnami km 145,9 in 3h49’16” alla media di 38,182 kmh; 2° Diego Ronchini a 12”; 3° Emile Daems (Bel) a 17"; 4° Jean Graczyk (Fra) a 23"; 5° Jo De Haan (Ned) a 34". 

Classifica generale:
1° Carlo Brugnami in 3h49'16"; 2° Walter Martin a 9" 3° Diego Ronchini a 12"; 4° Emile Daems (Bel) a 17"; 5° Jean Graczyk (Fra) a 23"; 6° Jo De Haan (Ned) a 24"; 7° Jos Hoevenaers (Bel) a 30”. 

Seconda tappa: L’Aquila-Teramo
La seconda giornata di gara s’aprì al mattino, alle 8,30, con una frazione interamente in linea di 76 km che da l’Aquila avrebbe fatto raggiungere la carovana a Teramo. Tanti abbuoni in ballo, perché al minuto finale per il primo di tappa, ed i trenta secondi per la piazza d’onore, si sarebbero aggiunte le medesime entità per il GPM di Passo delle Capannelle. E fu subito battaglia. Non appena s'abbassò la bandierina del via, infatti, scattò Chiodini, seguito da Catalano e da Liviero, ed ai due si aggiungessero anche Balmamion, Musone e Gaggioli. La reazione del gruppo fu vivacissima e in poche battute il plotone ritornò compatto. La strada quindi iniziò a salire, per portare la carovana verso il lungo, ma non duro Valico delle Cappannelle che, comunque, raggiungeva quota 1283. Se ne andarono spediti Catalano e Balmamion, senza però guadagnare un consistente vantaggio sul gruppo. Intanto dal cielo carico di nuvole nere, iniziarono a cadere frequenti scrosci di pioggia. Sulla salita, il grosso reagì sotto la guida di Carlesi e di Daems. Poco dopo Carlesi, operò  un allungo e raggiunse Catalano e Balmamion, sui quali, più avanti, si riportò anche Battistini. A due chilometri dalla vetta, le posizioni erano le seguenti: i battistrada Carlesi, Battistini, Catalano e Balmamion; indi a cinquanta metri Trapè e Franchi, a cento metri Ronchini, Martin, Daems, Brugnami e Hoevenaers, mentre il gruppo lamentò un ritardo di 45". Trapè e Franchi coronarono l'inseguimento ad un chilometro dalla vetta, dove Balmamion allungò trascinandosi a ruota Battistini e Carlesi. Gli altri componenti della pattuglia al comando si portarono però sotto e un nuovo. A quel punto, allungò Battistini, ma non ebbe fortuna. Sotto lo striscione del GPM il successo e gli abbuoni furono stabiliti da una volata che vide spuntarla Carlesi su Battistini e Balmamion. In discesa il gruppo tornò compatto. A circa quindici chilometri dall'arrivo, su un tratto in lieve salita, un nuovo tentativo di fuga da parte di Carlesi, Battistini e Balmamion, sui quali il solo Sartore fu lesto ad agganciarsi. I quattro restarono al comando per cinque chilometri e poi furono inghiottiti dal gruppo notevolmente assottigliato. A circa tre chilometri dal traguardo, Carlesi, davvero  attivissimo, giocò il tutto per tutto. La sua fu una bella azione da finisseur che gli consenti di giungere vittorioso sul traguardo finale, con 12° secondi sui 19 inseguitori, regolati da Van Aerde. Grazie ai 2 minuti guadagnati per i primi posti fra GPM e tappa, nonché i 12” sul traguardo, Carlesi, che nella prima frazione era giunto con un vistoso ritardo (5’24”), rimontò tante posizioni in classifica. Graduatoria nella quale però, perlomeno fra i primi dieci, non si registrarono sconvolgimenti. Solo Battistini e Van Aerde, grazie ai 30” d’abbuono avanzarono a danno di Ronchini, che perse il terzo posto.

Sul vincitore.
[Immagine: CARLESI%20Guido%20-%204.jpg]
Nato a San Sisto al Pino (PI) il 7 novembre 1936. Passista veloce. Professionista dal 1957 al 1966 con 35 vittorie. Il suo stile sulla bici e la sua incredibile somiglianza fisica con Fausto Coppi, valsero immediatamente a Carlesi, l'impegnativo soprannome di Coppino. Anche se dall'immenso Fausto lo divideva tantissima classe, una sua bella carriera, il "semisosia" pisano del Campionissimo, la seppe comunque fare. Avesse avuto capacità di scalatore più tangibili, avrebbe sicuramente vinto qualcosa di importante anche nelle corse a tappe, perché non gli mancavano né il fondo, né l'audacia, né la regolarità. Si segnalò giovanissimo, vincendo da indipendente il Giro delle Alpi Apuane '56, in maglia Nivea Fuchs, la formazione di Fiorenzo Magni. Nel '57, nella "Bottecchia", vinse la tappa di Porrentruy del Giro di Normandia. Passò quindi alla Chlorodont e, nel '58, vinse la tappa di Castro alla Vuelta di Spagna e la frazione di Cattolica al Giro d'Italia. Nel '59 passò alla prima formazione della Molteni, ma vinse solamente il Circuito di Collecchio. All'alba del nuovo decennio si trasferì alla  squadra che gli darà le maggiori soddisfazioni: la Philco. Vinse in quell'anno il Giro di Reggio Calabria, il Circuito di Modena e una tappa della "Quattro giorni di Dunkerque". Il 1961 fu il suo anno d'oro. Trionfò in due tappe della Mentone-Roma, una al Gran Premio Ciclomotoristico, chiuse quinto il Giro d'Italia e poi "nell'amica" terra francese, conquistò un prestigioso secondo posto al Tour, dietro Anquetil e davanti a Gaul, arricchendo la sua prestazione coi successi di tappa ad Antibes e Tolosa. Sempre sul suolo transalpino, vinse i Criterium di Bort Les Orgnes e St. Raphael, ed a fine stagione, andò in Belgio a vincere il Criterium di Baasrode.
Guido, fece un grande bottino anche nel '62: fece sua la frazione di Civitavecchia al Giro di Sardegna, indi la Sassari-Cagliari, la tappa di St. Etienne alla Parigi Nizza, il Giro di Toscana, le tappe di Nevegal e di Milano al Giro d'Italia, i Criterium di Jeumont e Charleroi e la prova di Seregno, valevole per il Trofeo Cougnet. 
Nel '63 tornò in Molteni e s'aggiudicò le tappe di Pescara e Lumezzane al Giro d'Italia, nonché, a Mirandola, la terza prova del Trofeo Cougnet. 
Ancora un cambio di maglia nel '64, con l'accasamento alla Gazzola, ma fu un anno incolore, coi soli lampi nei Circuiti di Imola e quello di casa, a San Sisto al Pino. Nel 1965, passò alla formazione con la quale chiuderà la carriera: la Filotex. Fu un'ottima annata, passata in gran parte ad aiutare il rampante Franco Bitossi. Carlesi vinse comunque le tappe di l'Aquila e Agrigento al Giro d'Italia, nonché quelle di Siebnem e Berna al Giro di Svizzera. Un sensibile calo della forma nel 1966, lo spinse a chiudere la carriera a fine stagione. Nel suo palmares fa capolino, inoltre, una serie lunghissima di secondi e terzi posti. Come dire.... che il Coppino", la sua bella traccia nel pedale l'ha lasciata.

Ordine d’arrivo:
1° Guido Carlesi km 76,400 in ore 1.52'27" alla media di 40,746 kmh; 2° Michel Van Aerde (Bel) a 12"; 3° Emile Daems (Bel); 4° Jean Graczyk (Fra); 5° Livio Trapé; 6° Dino Liviero; 7° Pietro Chiodini; 8° Mario Minieri; 9° Pietro Zoppas; 10° Federico Martin. 

Terza tappa: Teramo-Pescara
La frazione pomeridiana della seconda giornata, consisteva in 62 chilometri in linea, senza GPM inseriti, ed un tratto finale dietro scooter. Il traguardo di Pescara, non avrebbe quindi concesso abbuoni. Fu una tappa interlocutoria, anche nello stesso tratto motorizzato, anche se alla fine sconvolse la classifica in virtù del guaio di una foratura nel finale, che fece perdere la Maglia Rosso-Oro a Carlo Brugnami, perlaltro apparso meno sicuro del solito. Ad emergere fu un giovane olandese che correva in Francia e di cui si diceva un gran bene, Jo De Haan. Costui vinse, soprattutto grazie al tratto dietro moto, dove riuscì a distanziare un gruppo stranamente più compatto del solito, ed a raggiungere il srecondo posto in classifica. Graduatoria, cortissima, che vide nel belga Emile Daems, secondo al traguardo di Pescara, a 5” dal tulipano, il nuovo leader. Mentre Ronchini si riappropriò del terzo posto. 

Sul vincitore.
[Immagine: DE%20HAAN%20Johannes%20-%202.jpg]
Jo De Haan nacque a Klaaswaal (Olanda) il 25 dicembre 1936. Deceduto a Huijbergen il 19 aprile 2006. Passista. Professionista dal 1958 al 1966 con 38 vittorie. Passò nella massima categoria da campione olandese dei dilettanti e la sua completezza, faceva pensare ad una buona carriera fra i professionisti, ma fu così solo in parte. Nei suoi otto anni di permanenza nell'elite, pur raccogliendo un bottino di 38 successi, si distinse a livello internazionale, solo agli inizi. La Parigi-Tour del 1960 fu il suo gioiello. 
Altri successi di nota: il G.P. Flandria '59, il Tour de l'Oise e la Parigi Valenciennes '60, il GP d'Isbergues '61. Diverse le frazioni di brevi corse a tappe finite nel suo bottino. Fu terzo nel Giro delle fiandre nel 1961 e terzo ai Mondiali di Renaix nel 1963.
Tutte le sue vittorie.
1959: GP Flandria; tappa di St. Malo del Tour de l'Ouest; tappa di Charleville del Tour de Champagne; tappa di Epernay del Tour de Champagne; Circuit du Cher; Criterium di Rijen; Criterium di Haacht. 1960: Parigi-Tours; Parigi-Valenciennes; Tour de l’Oise; tappa di Compiègne del Tour de l’Oise; Challange de France; Criterium di Hoepertingen; Criterium di Zandvoort; Criterium di Lommel; Criterium di Saint Nazaire. 1961: GP d'Isbergues; GP Tre Città Sorelle; tappa di Pescara del GP Ciclomotoristico; tappa di Roubaix del Tour du Nord; tappa di Helmond del Giro d’Olanda; Circuit de la Vienne; Criterium di Helmond; Criterium di Sint-Truiden; Criterium di Zwevezele. 1962: tappa di Carcassonne del GP Midi Libre; 2a tappa della Vuelta a Levante; tappa di Dunkerque della Quattro Giorni di Dunkerque; Criterium di Lommel. 1963:Criterium di Sint-Jansteen; Criterium di Wavre. 1964: tappa di Dunkerque della Quattro Giorni di Dunkerque; Criterium di Ede; Criterium di Sint-Willebrord; Criterium di Eede. 1965: Criterium di Dinteloord. 1966: Criterium di Opwijk; Criterium di Grobbendonk.

Ordine d’arrivo:

1° Jo De Haan (Ned) km 87 in 2h17’31” alla media di 38,102 kmh; 2° Emile Daems (Bel) a 5”; 3° Diego Ronchini a 5”; 4° Jean Graczyk (Fra); 5° Michel Van Aerde (Bel); 6° Jos Hoevenaers (Bel); 7° Jo De Roo (Ned); 8° Livio Trapé; 9° Walter Martin; 10° Carlo Brugnami.

Classifica generale dopo la seconda giornata:
1° Emile Daems (Bel) in 7h41'46"; 2° Jo De Haan (Ned) a 2”; 3° Diego Ronchini a 3”; 4° Jean Graczyk (Fra); 5° Michel Van Aerde (Bel); 6° Walter Martin; 7° Carlo Brugnami; 8° Jos Hoevenaers (Bel); 9° Livio Trapé; 10° Jo De Roo (Ned).

Quarta tappa: Ortona-Foggia
Il Gran Premio Ciclomotoristico, corse in questa tappa, lungamente avversata dal maltempo, il serio pericolo di perdere, in un sol giorno, buona parte del suo interesse: quattro uomini, il toscano Silvano Ciampi, l’anziano belga Hilaire Couvreur, il neoprofessionista padovano Renato Spinello ed il redivivo Romeo Venturelli, andarono in fuga al 36esimo chilometro e il gruppo li lasciò tranquillamente accumulare vantaggio senza inseguire. La fortuna della corsa fu che i quattro pur tenendo una buona andatura, non si dannarono più di tanto. Soltanto Spinello, prese sempre sul serio la faccenda; Venturelli si limitò a lavorare un po' all’inizio,  Ciampi lavorò un po' verso la fine, mentre Couvreur, forse per i suoi 37 anni, o più per scelta della sua squadra, la francese Helyett, che puntava tutto su Graczyk, non tirò nemmeno un metro. Fatto sta che il poker di fuggitivi, solo grazie soprattutto al padovano, arrivò all’imboccò del circuito dell'Ippodromo di Foggia, dove i corridori erano attesi dai rispettivi allenatori su motoscooter, con un vantaggio di oltre otto minuti sul plotone e soltanto il tratto dietro motori riportò la gara in un'atmosfera, per così dire, di normalità. Ciampi prese il comando e, alla fine dei sei giri in programma, riuscì a conservare un bottino di minuti sufficiente per balzare al primo posto in classifica generale, spodestando il suo capitano Daems, e Couvreur, sia pure al piccolo trotto, fu l’unico a rimanere sulla scia dell'ex capostazione toscano. Spinello e Venturelli rivelarono invece una impressionante crisi di stanchezza e, se conservarono rispettivamente la terza e la quarta posizione, fu solo perché il loro vantaggio sul gruppo, nonostante tutto, era davvero tanto. Nel grosso, ovviamente, il tratto motorizzato fece infervorare la battaglia e ad uscirne nettamente come il migliore del lotto fu nuovamente l’olandese De Haan che, col 5° posto di tappa, andò a collocarsi alle spalle di Ciampi nella Classifica generale. Una graduatoria che, però, evidenziava ancora un bel mazzo di possibili al successo finale, tanto più in considerazione della difficile frazione, la più dura a parere degli organizzatori, che attendeva la carovana il giorno seguente.

Sul vincitore.
[Immagine: ciampi_silvano.jpg] 
Nato a Marasca San Marcelle Pistoiese (PI) il 22 febbraio 1932. Passista veloce. Alto m. 1,81 per kg. 77. Professionista dal 1957 al 1964, complessivamente ha ottenuto 18 vittorie. Dopo esser stato un ottimo dilettante dalla ruota veloce e non solo, quando passò professionista, nel 1958, con la fortissima Faema, fu autore di una stagione d’esordio eccellente. Così convincente ed esplosiva, da muovere confronti grandissimi e previsioni d’avvenire luminosissime nell’osservatorio e fra i tecnici. In quell’anno, infatti, vinse sette corse, fra le quali tre classiche italiane come il Giro del Piemonte, il Trofeo Matteotti e il Gran Premio Industria e Commercio. Per lui si spendevano accostamenti verso i grandi velocisti dell’epoca, ovvero i vari Van Looy, Van Steenbergen e Poblet, ma in realtà, Ciampi, era giunto a tanto, solo per le ragioni e le logiche della sopraggiunta maturità atletica: aveva già 25 anni compiuti e s’era forgiato nelle gare dilettantistiche che, a quei tempi, volendo viaggiare nella storia attraverso disamine semplicemente realistiche, erano perlomeno paragonabili al meglio della non certo brillante realtà professionistica odierna. Non a caso, dopo il debutto, paradossalmente si completò e si trasformò in un corridore più resistente, capace di emergere, anche se con ben altra intensità vittoriosa, su percorsi meno prevedibili per un velocista. Non a caso, nel ’59, vinse una prova come il Giro dell'Appennino, che s’è sempre distinta per essere preclusa alle semplici ruote veloci. Parimenti, iniziò prima di tanti, anche la parabola discendente di carriera. In realtà, il suo fu un processo naturale, ben diverso dalle logiche che i medici santoni, così siamesi al doping ben anni luce più potente delle amfetamine, hanno propinato ed inculcato non solo negli atleti odierni, ma pure in chi, da tempo ormai, dovrebbe osservare senza farsi prendere per i fondelli dalle ragioni della chimica, degli istrioni in camice bianco e del di questi paravento chiamato scientificità. Silvano Ciampi non divenne un Van Steenbergen, ma un buon corridore, che fa piacere ricordare e che, come tanti di generazioni lontane, ci riporta ad un ciclismo più umano, vero e decisamente più bello di ciò che oggi si è “costretti” a digerire. Ed alla storia, per i palati fini, il gagliardo Silvano, non sta sconosciuto, anzi. Tutte le sue vittorie. 1957: Giro del Piemonte;Trofeo Matteotti; Gran Premio Industria e Commercio Prato;   tappa di Ragusa al Giro di Sicilia; Circuito di Vighizzolo; GP Pontedera (Prova Trofeo UVI);  Gran Premio Lari; Circuito Busto Arsizio. 1958: tappa di Chiavari al Giro d'Italia. 1959: Giro dell'Appannino; Giro di Romagna; Giro del Piemonte. 1960: Trofeo Longines (cronosquadre). 1961: tappa di Firenze al Giro d'Italia; tappa di Foggia al Gran Premio Ciclomotoristico; tappa di Castellammare di Stabia alGran Premio Ciclomotoristico. 1962: Giro di Campania. 1963: tappa di Ginevra al Giro di Romandia. I suoi migliori piazzamenti. 1957: 2° nella Coppa Bernocchi. 1958: 3° nel Giro di Calabria. 1959: 2° nel Trofeo Matteotti. 1961: 2° nel Trofeo Fenaroli; 3°nella tappa di Mondovì alla Mentone-Roma. 1962: 3° nel Trofeo Matteotti. 1963: 2° nella tappa di Asti al Giro d'Italia; 2° nel Giro dell'Emilia; 3° nel Giro del Lazio. Ha partecipato ad otto Giri d’Italia concludendone tre, col miglior piazzamento nel 1963, quando giunse 49°. Ha corso per Faema, Bianchi, Philco e Springoil.

Ordine d’arrivo:

1° Silvano Ciampi km 207,055 in 5h08’22” alla media di 40,236 kmh; 2° Hilaire Couvreur (Bel) a 48”; 3° Renato Spinello a 4’20”; 4° Romeo Venturelli a 4’37”; 5° Jo De Haan (Ned) a 5’56”; 6° Jo De Roo (Ned) 6’40”; 7° Jean Graczyk (Fra) a 6’48”; 8° Carlo Brugnami st; 9° Walter Martin a 6’52”; 10° Michel Van Aerde (Bel) a 6’56”.

Classifica generale dopo la terza giornata:
1° Silvano Ciampi in 13h07’34”; 2° Jo De Haan (Ned) a 1’40”; 3° a pari tempo Diego Ronchini, Jean Graczyk (Fra), Emile Daems (Bel) a 2’55”; 6° Michel Van Aerde (Bel) a 3’21”; 7° Walter Martin a 3’35”; Hilaire Couvreur (Bel) a 3’36”; Carlo Brugnami a 3’39”; 10 Jos Hoevenaers (Bel) a 3’49”.

Quinta tappa: Foggia-Campobasso
Nonostante gli innumerevoli scatti, via via operati da Trapè, da Graczyk, da Hoevenaers, da Balmamion e da Massignan, il plotone restò compatto fin sulle rampe della salita che porta a Castelnuovo, dove era posto il primo GPM di giornata. Qui, Antonino Catalano operò un allungo che gli consentì di passare la vetta primo (un minuto d'abbuono) su Daems (30" di abbuono), Graczyk, Ciampi e Gaul. In discesa i ranghi tornarono  compatti, ad eccezione di De Roo, di Zorzi, di Venturelli e di Spinello che, nel frattempo, si erano ritirati.
Poco dopo Riccia, Jean Graczyk attaccò e con lui se ne andarono Pietro Zoppas e Pietro Chiodini. Poco dopo, gli unici dal gruppo che capirono il pericolo, furono soltanto Battistini e Sartore che uscirono dal grosso trascinandosi dietro i passivissimi Aldo Bolzan, un lussemburghese di chiare origini italiane e l’ormai solito “vecchietto” belga, Hilaire Couvreur. I quattro raggiunsero i tre al comando formando un drappello di sette uomini al 95esimo chilometro di corsa. Al rifornimento, ventun chilometri dopo, il vantaggio dei battistrada era di 2’40” su Casali e Minieri e di 5’ su un gruppo che pareva aver calato il sipario della propria resa. Aspetto che si confermò copioso nei chilometro successivi. Sulle rampe di Fresolone, il secondo GPM di giornata, il pavese Giuseppe Sartore, lasciò il drappello che di frantumò e al passaggio sulla cima, andò a prendersi l’abbuono di 1’), passando con 1’14” su Graczyk (30” d’abbuono), Bolzan e Battistini, 1'26” su Couvreur, 1’31" su Chiodini e 5’ 18” su Mario Minieri che aveva staccato Casali, rientrato in gruppo e Zoppas che, invece, era crollato dal  gruppetto di testa. Pur col traguardo ancora lontano, il pavese proseguì deciso, ma in vista di Campobasso, la sua resistenza crollò. Battistini lo raggiunse e andò via da solo. Graczyk, rispose una prima volta, poi mollò facendosi raggiungere da un ispirato Chiodini che, però, all’ultimo chilometro, a sua volta, crollò. Dopo un giro tortuoso all’interno della città, Battistini irruppe sulla pista dove era collocato il traguardo, dimostrando di essere l’atleta di valore che si era evidenziato, col 2° posto al Tour de France ‘60. Jean Graczyk, detto “Popof” arrivò a 46”, ma con l’abbuono e il vantaggio che la fuga aveva scavato sui primi in classifica, divenne il nuovo leader, con un vantaggio tale, da ipotecare il successo finale.

Sul vincitore.
[Immagine: 15388215081325Battistini,Graziano.jpg]
Graziano Battistini, nacque il 12 maggio 1936 a Pulica di Fosdinovo (Massa Carrara). Deceduto a Baccano di Arcola il 22 gennaio 1994. Passista scalatore. Professionista dal 1958 al 1968 con 7 vittorie. Per due anni ha iscritto il suo nome al rango dei papabili  per le grandi corse a tappe. Poi, invece, s’è ritagliato uno spazio come corridore tenace, adatto alle giornate di tregenda e con una discreta regolarità complessiva. Forse, quando da lui si attendeva il salto verso i grandi traguardi, gli è pure mancata la presenza in squadra di un corridore di lunga esperienza e ancora birra in corpo, capace di equilibrarlo nei momenti di sbandamento. Che Graziano Battistini avesse particolari attitudini per le corse a tappe, lo si era visto già fra i dilettanti, dove vinse con sicurezza le maggiori prove di tal tipo per i “puri” di allora, ovvero la Ruota d’Oro e la San Pellegrino. Ed al passaggio fra i prof nel 1959, in seno alla Legnano, riuscì a confermarle, giungendo 7° in un Giro d’Italia dal grande cast e dove si piazzò 2° nella tappa di Vasto e terzo nella “storica” di Courmayeur. La sua grande stagione fu quella del 1960. Vinse tanto, collezionò diversi piazzamenti, ed entrò nell’olimpo dei podi del Tour. 
Dopo la vittoria nella prima prova del Trofeo UVI a Lugagnano Val D’Arda e un Giro d’Italia sotto le aspettative (giunse 2° nella tappa di Belluno), si guadagnò la fiducia di Alfredo Binda e fu inserito nella Nazionale che partecipò alla Grande Boucle. Qui,  esplose ben aldilà del 2° posto finale e delle vittorie di tappa ad Angers e nella “mitica” Briancon. Diede soprattutto segni di un grande futuro possibile. Futuro che parve confermarsi con la vittoria nella Coppa Sabatini e, per quello che potevano valere, nei circuiti di Borgomanero e della Brianza. 
Partecipò poi al mondiale di Hohenstein, finendo 13°. Atteso ad un grande ’61, vinse subito la dura frazione di Campobasso, della Roma-Napoli-Roma, ma poi dal Giro, chiuso al 12esimo posto e dal Tour, dove si ritirò all’undicesima tappa, arrivarono solo piazzamenti. Nel 1962, vincendo la tappa di Sestri Levante al Giro d’Italia, provò per la prima volta l’ebbrezza di portare la maglia rosa e quando, dopo la frazione della neve sul Passo Rolle, la riconquistò, parve riassaporare l’arrivo all’olimpo. Ma fu una gioia che si incrinò assai a Casale Monferrato e si sciolse definitivamente sulle Balconate Valdostane. Fra malanni e problemi vari, s’avviò ad un lento declino attenuato da qualche piazzamento. Tornò a ruggire nel 1965, vincendo fra la neve, sul Passo dello Stelvio, una tappa del Giro d’Italia che passerà alla storia: fu infatti quella salita la prima ad essere insignita del titolo di “Cima Coppi”.  
Graziano corse fino al ‘68, ma il suo ‘60 è ancora là che si chiede dei “perché”. Terminata la carriera si impegnò nel proselitismo, poi, nel ’94, un male incurabile se l’è portato via.

Ordine d’arrivo:

1° Graziano Battistini km 209,6 in 6h41’15” alla media di 31,426 kmh; 2° Jean Graczyk (Fra) a 46”; 3° Pietro Chiodini a 1’39”; 4° Hilaire Couvreur (Bel); 5° aldo Bolzan (Lux) a 5’19”; 6° Giuseppe Sartore st; 7° Mario Minieri a 8’42”; 8° Jo De Haan a 17’08” che vinse la volata del gruppo.

Classifica generale dopo la quarta giornata:
1° Jean Graczyk (Fra) in 19h51’30”; 2à Graziano Battistini a 5’15”; 3° Hilaire Couvreur (Bel) a 5’28”; 4° Pietro Chiodini a 12’15”; 5° Silvano Ciampi a 14’27”; 6° Aldo Bolzan (Lux) a 14’54”; 7° Giuseppe Sartore a 15’19”; 8° Jo De Haan (Ned) a 16’07”; 9° Emile Daems a 16’52”; 10° Diego Ronchini a 17’22”.

Sesta tappa: Campobasso-Salerno
La conclusione della tappa del giorno precedente, col gruppo giunto ad oltre diciassette minuti, entro il quale c’erano la maglia di leader di Silvano Ciampi, l’ex Daems, nonché Carlesi e il gregario, ma forte passista, Musone, lasciò talmente l’amaro in bocca al dottor Porcellana dirigente della Philco, da spingerlo a multare, per scarso impegno, i quattro corridori. E fu una bella sberla, perché l’ammontare, a testa, fu di 200mila lire, circa 6mila euro odierni. Non fu l’unica squadra a tempestare di domande sul “perché” di quella resa, anche se non furono dichiarate multe. Resta il fatto che anche la frazione che da Campobasso portò la carovana a Salerno, con 146 chilometri in linea e poco più di 18 dietro scooter, mantenne la falsariga della precedente, lasciando intravvedere una resa al suo ormai certo trionfatore, ovvero Jean Graczyk. Il francese da par suo, per dimostrare quella superiorità che la classifica dichiarava, ma che non era stata ancora arricchita da una vittoria di tappa, pensò bene di vincere, proprio a Salerno, sfruttando al massimo il tratto dietro motori, al cui appuntamento, il gruppo giunse praticamente compatto.

Ordine di arrivo: 
1° Jean Graczyk (Fra) Km 164,2 in 4h34'35" alla media di 35,619 kmh; 2° Diego Ronchini a 17"; 3° Jo De Haan (Ned) a 28” 4° Carlo Brugnami a 1’01”; 5° Guido Carlesi a 1’05”; 6° Walter Martin a 1’'06' 7° Michel Van Aerde (Bel) a 1’07”; 8° Loris Guernieri a 1'17"; 9° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’24”; 10° Silvano Ciampi a 1’38”.

Classifica generale dopo la quinta giornata: 
1° Jean Graczyk (Fra) 24 ore 28'5"; 2° Graziano Bat-tistini a 6'59"; 3° Hilaire Couvreur (Bel) a 7'36"; 4° Pietro Chiodini a 14'15"; 5° Silvano Ciampi 16'05"; 6° Jo De Haan (Ned) a 16'45'; 7° Diego Ronchini a 17'39"; 8° Aldo Bolzan (Lux) a 17'57"; 9° Michel Van Aerde (Bel) a 18'55' 10° Walter Martin a 19'02". 

 Settima tappa: Salerno-Castellammare di Stabia
Ormai decisa la classifica generale, la lotta per quella relativa alla graduatoria dei migliori scalatori, servì non poco ad animare le fasi iniziali della Salerno-Castellammare, che comprendeva lungo il proprio tracciato, l'ultima salita della corsa. Lo scalatore palermitano, Antonino Catalano, nonostante l’involuzione della sua carriera e le poche forze rimaste, con tanta buona volontà, si scatenò in una serie di attacchi quasi commoventi, ma quando era in fuga bucò e fu costretto a dare un malinconico addio, a ogni speranza di affermazione. Il gruppo, attraverso il paesaggio fiabesco della costa amalfitana, tornò così compatto e, solo a un chilometro dalla vetta di Sant'Agata, sede del citato GPM, Battistini scattò, senza trovare reazioni di nota. Il capitano della Legnano, passò primo in cima. Poi si rialzò e la calma ritornò in gruppo. Per assistere ad un episodio vivace, fu necessario attendere la periferia di Castellammare. Pioveva, tirava un vento veloce e Gaul, improvvisamente, dopo una corsa fin lì abulica, si mise in testa di partire all'offensiva, con grande caparbietà. Le lotta divampò, breve e violenta e fini con il proiettare in avanti due uomini, Ciampi e Hoevenaers, mentre il lussemburghese, che da tempo non lavorava così, si lasciò sorprendere al momento buono. Ciampi ed Hoevenaers, con l’italiano a tirare come un dannato, ed il belga a ruota, riuscirono ad arrivare al traguardo ed a disputare la volata decisiva e qui, nonostante il gran lavoro svolto, il toscano della Philco, decisamente più veloce, ebbe facilmente la meglio.

Ordine d'arrivo:
1° Silvano Ciampi km 82,7 in 2h31'19" alla media di 32,790 kmh (abbuono 1’); 2° Jos Hoevenaers (Bel) st (abbuono 30”); 3° Adriano Zamboni a 25"; 4° Loris Guanieri st; 5° Charly Gaul (Lux) st; 6° Giuseppe Sartore st; 7° Pietro Chiodini a 36" che superò in volata il gruppo comprendente tutti i migliori. 

Ottava tappa: Castellammare di Stabia-Caserta
La frazione del pomeriggio con finale dietro scooter, che da Castellammare di Stabia, portò la carovana a Caserta, segnò il trionfo dell’Olimpionico della 100 chilometri a squadre Antonio “Toni” Bailetti. Il ragazzone vicentino, andò in fuga quasi con rabbia: la sua squadra, la Bianchi, interamente composta da giovani, agli ordini di Pinella De Grandi, in quel “Ciclomotoristico” aveva più volte tentato di vincere una tappa (soprattutto con Balmamion e Sartore), ma erano sempre stata sfortunata. L'occasione di Salerno però, aveva tutto per essere buona: una certa lentezza del gruppo nell’inseguire, ed il finale dietro motori, dove un Bailetti forte sul passo avrebbe  potuto, giocandosi la tappa, tenere. E fu così. Toni arrivò in solitudine all’aggancio col rullo dello scooter sul Circuito della Reggia di Caserta e difese il vantaggio, fino al termine della velocissima galoppata. Alle sue spalle, si fece luce Ronchini, che conquistò la piazza d’onore, poi De Haan, Daems e il leader Graczyk. Come finì la corsa, la folla ruppe i cordoni, strinse in un abbraccio forsennato gli atleti, distribuì applausi generosi a tutti, perfino (e magari con un pizzico di mala voglia) a Graczyk, che pure questi applausi li meritava ben più degli altri. Era un segno tipico della passione dei casertani verso il ciclismo. E fu l’ultima volta per quella corsa, purtroppo.

Sul vincitore.
[Immagine: 14966800371453BAILETTIAntonio1961.jpg]
 Nato il 29 settembre 1937 a Bosco di Nanto (VI). Alto 1,82 m. per 78 kg. Passista veloce. E’ stato professionista dal 1961al 1969 con 17 vittorie. Atleta alto e possente, con una spiccata sensibilità verso il ritmo. Ne usciva una potenza di pedalata che lo portò ben presto, quando militava fra i dilettanti, a fungere da treno della cronosquadre. Proprio col quartetto della 100 chilometri, dominò la gara olimpica ai Giochi di Roma nel 1960 (gli altri erano Cogliati, Fornoni e Trapè). Corridore coriaceo, con la velocità nel sangue fin dalle categorie minori, seppe divenire velocista, in virtù di progressioni che facevano maledire le pedivelle. Un dilettante di pregio dunque, ed un professionista, dal 1961, che per un lustro recitò un ruolo di grande evidenza, in sincronia con ciò che aveva fatto vedere da puro. Il suo esordio nella massima categoria fu davvero col botto. In poche  settimane vinse la tappa di Sassari al Giro di Sardegna, quindi la frazione di Caserta al Gran Premio Ciclomotoristico, il Circuito di Nyon, la tappa di Campobasso nella “Tre Giorni del Sud” e il Circuito di Turbigo. Ancor più importante il suo 1962, vissuto sui successi in due tappe al Giro di Sardegna, nella Nizza-Genova, nella frazione di Perugia al Giro d’Italia, in quella di Bordeaux al Tour de France, quindi, sempre in terra francese, i trionfi nei Criterium di Haurs e Chiarite sur Loire. Tutto questo gli valse l’azzurro ai mondiali di  Salò, dove chiuse al 33° posto. Anche il ’63 confermò la sua firma al Giro e al Tour, in quanto vinse le tappe di Milano e Rennes. L’anno successivo, ancora un sigillo in Sardegna, a quei tempi corsa a tappe d’apertura di stagione. Nel ’65, continuò ad animare diversi arrivi, ma il successo lo colse solo alla Ronda di Monaco. Il suo canto del cigno, anche se nel momento in cui si consumò era ben lungi dall’apparire come possibile, si determinò con la vittoria nel Trofeo Laigueglia ’66, classica iniziale per eccellenza del calendario italiano. Continuò a correre fino al ’69, quando, cimentandosi sulla pista del Vigorelli di Milano, fu vittima di una rovinosa caduta, che pose fine ad una carriera già al lumicino da tempo.

Ordine d'arrivo:
1° Antonio Bailetti km 97,9 in 2h29'09" alla media di 39,382 kmh; 2° Diego Ronchini a 54"; 3° Jo De Haan (Ned) a 55' 4° Emile Daems (Bel) a 1'08"; 5° Jean Graczyk (Fra) a 1’13"; 6° Michel Van Aerde (Bel) a 1'28”;  7° Carlo Brugnami a 1’45"; 8° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’'53"; 9° Silvano Ciampi a 1’'56"; 10° Walter Martin a 2'04".

Classifica generale: 
1° Jean Graczyk (Fra) in 29h30'22";
2° Graziano Battistini a 7'56"; 3° Hilaire Couvreur (Bel) a 9'25' 4° Silvano Ciampi a 15'12"; 5° Jo De Haan (Ned) a 16'27"; 6° Diego Ronchini; 7° Pietro Chiodini; 8° Michel Van Aerde (Bel); 9° Jos Hoevenaers (Bel); 10° Carlo Brugnami.

Nona tappa: Caserta-Castelfusano di Roma
La lunghezza della tappa, davvero esagerata, 231 chilometri in linea e 30 dietro motori, forse l’unico errore degli organizzatori in quell’ultima edizione, provocò una chiusura in tono minore della manifestazione. Un peccato, doppio, a ben pensarci. La parte in linea, fu un trasferimento turistico e nulla più. Poi, sui trenta chilometri da svolgersi sul circuito di Castelfusano, al rullo degli scooter, la musica cambiò frenetica. A farla da padrone, un terzetto: gli italiani Ronchini e Martin e l’olandese De Haan. Il Leader Graczyk, invece, causa una foratura, fu costretto ad una rimonta notevole, che evidenziò le sue qualità, la sua freschezza e sancì ancora una volta quanto fosse meritevole il suo successo. La tappa si decise a sette chilometri dalla conclusione, quando un’accelerazione di De Haan, provocò il cedimento di Martin, mentre Ronchini, non solo rispose, ma negli ultimi due chilometri passò in testa e andò a vincere con pieno merito, dimostrando di aver raggiunto un notevole livello specialistico, in quel particolare tipo di gara. Ma non ci furono più possibilità per confermarlo.

Sul vincitore.
[Immagine: ronchini1957.JPG]
Nato il 9 dicembre 1935 ad Imola (BO), ed ivi de-ceduto il 18 aprile 2003. Passista. Professionista dal 1956 al 1966 con 15 vittorie. Fu un gran dilettante: azzurro, nonchè vittorioso in gare di notevole prestigio come il Piccolo Giro di Lombardia,  il Giro delle Marche, la Ruota d'Oro e il GP Pirelli. Il suo debutto professionistico, avvenuto  al Giro di Lombardia del 1956, fu di quelli che, per un verso o per l'altro, nessuno può scordare. Nella classica che tanto Fausto Coppi amava, il destino propose una lunga fuga, proprio di Ronchini col Campionissimo. Diego, dalle grandi capacità sul passo, si comportò come il più devoto dei gregari, ma con gambe da campione e sostenne il mitico Fausto come meglio non poteva. Ma contro di loro ci mise lo zampino una signora, che da qualche anno divideva gli italiani e si faceva odiare: la "dama bianca". Fiorenzo Magni nel corso di un'intervista che mi rilasciò, ebbe modo di testimoniarmi quanto gestacci e parole di quella signora, fossero riusciti a far riscattare in lui antiche forze. Fatto sta che col ritrovato "leone delle Fiandre", anche gli altri inseguitori ripresero a pedalare come se di mezzo ci fosse l'onore più grande. A pochi chilometri dal Vigorelli, Ronchini e il Campionissimo furono raggiunti e, nell'epilogo sul celebre anello, un maestoso Coppi dovette cedere di pochi centimetri alla verve del biondo francese Darrigade. Per Diego, dunque, un battesimo col fuoco. Ma la classe e le sue predisposizioni verso questa classica, non tardarono a fuoriuscire, ed infatti, l'anno dopo, Ronchini trionfò proprio nella “Classicissima di chiusura”. Nel ‘58, l'imolese si impose nel Giro della Sicilia e nel Giro dell'Emilia e, nel ’59, grazie ad uno sprint mozzafiato, si aggiudicò col Giro del Lazio, anche la Maglia Tricolore. Al Giro d'Italia di quell'anno, si inchinò solo a quello straordinario camoscio che rispondeva al nome di Charly Gaul e, per soli 4”, al grande sconfitto: Jacques Anquetil. Nel 1960, vinse il Giro del Veneto e poi, in coppia col grande talento Romeo Venturelli, il Trofeo Baracchi. Nel 1961, rivinse il  Giro dell'Emilia e l'anno dopo, quello del Giro di Romagna. Dopo aver indossato dieci giorni la Maglia Rosa al Giro d'Italia del 1963 (finì l'edizione, 5°), Ronchini, raggiunse il suo ultimo successo nel 1964, al Giro di Reggio Calabria. Fu poi valido scudiero di Gimondi nel suo Tour vittorioso. Lasciò il ciclismo corso nel ‘66, in seguito ad un grave incidente mentre s'allenava. La sua carriera comunque, già anche prima si era dovuta inchinare alla sfortuna, infatti, un male pernicioso, l'ameba, ne aveva menomato assai il rendimento. Fu azzurro ai mondiali del '59 (5°), '60 e '61. Chiusa la parentesi agonistica, rimase nel ciclismo come direttore sportivo. Morì prematuramente a causa di un male incurabile.

Ordine d’arrivo:
1° Diego Ronchini km 263,3 in 7h31’40” alla media di 34,990 kmh; 2° Jo De Haan (Ned) a 4”; 3° Walter Martin a 43”. 

Classifica Generale Finale:
1° Jean Graczyk (Fra-Fynsec) km 1334 in 37h01’02” alla media di 36,037 kmh;
2° Graziano Battistini (Legnano) a 11’08”; 3° Hilaire Couvreur (Bel-Carpano) a 12’11”; 4° Jo De Haan (Ned-Acifit) a 14’41”; 5° Silvano Ciampi (Philco) a 15’12”; 6° Diego Ronchini (Carpano); 7° Michel Van Aerde (Carpano); 8° Jos Hoevenaers (Ghigi); 9° Walter Martin (Carpano); 10° Carlo Brugnami (Torpado); 11° Pietro Chiodini (Molteni); 12° Antonio Bailetti (Bianchi); 13° Charly Gaul (Lux-Gazzola); 14° Livio Trapé (Ghigi); 15° Aldo Bolzan (Lux-Dr Mann); 16° Giuseppe Sartore (Bianchi); 17° Adriano Zamboni (Molteni); 18° Marcel Ernzer (Lux-Gazzola); 19° Guido Carlesi (Philco); 20° Loris Guernieri (Torpado).

Sul vincitore del Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni. 
[Immagine: 14698783411453GRACZYKJean1960.jpg]
Jean Graczyk nacque il 23 maggio 1933 a Neuvy-sur-Barangeon, deceduto a Vignoux-sur-Barangeon il 27 giugno 2004. Passista veloce, pistard e ciclocrossista. Professionista dal 1957 al 1972 con 78 vittorie. Di origine polacca, naturalizzato francese il 23 giugno 1949. Un corridore che ha segnato un’epoca, ed anche se non ha raggiunto risultati eclatanti, quanto fatto è lautamente sufficiente per definirlo un campione. Dotato di una notevole punta di velocità che emergeva su doti di passo altrettanto notevoli, s’è distinto pure per dinamismo e combattività e per la tangibilità dimostrata in quelle che erano le sue palestre, volute e cercate, ovvero le corse a tappe, specie il Tour de France. Si segnalò già da dilettante neofita, come grande inseguitore e finisseur su strada, poi come ruota veloce che amava fare la gamba anche nel ciclocross. Vinse una classica per “puri” come la Parigi-Vierzon, poi, nell’ultima stagione nella categoria, coincidente coi Giochi Olimpici di Melbourne, si laureò Campione di Francia, sia su strada, che su pista nell’inseguimento a squadre. In quest’ultima specialità, alle prime Olimpiadi australiane, conquistò la Medaglia d’Argento. Partecipò anche ai Mondiali di Copenaghen, dove giunse 16°. Passato prof in seno all’Helyett-Potin di Jacques Anquetil, vinse all’esordio 9 corse, compreso il Giro delle 6 Province del Sud Est, dove colse due tappe e pure la Classifica a punti. Partecipò al Tour de France, ma si ritirò alla 6a tappa. L’anno seguente i successi furono 7, ma di spessore maggiore, fra i quali la Classifica a Punti del Tour de France, una tappa alla Vielta di Spagna, ed una al Delfinato, nonché il GP d’Orchies. 
Tanti pure i piazzamenti di pregio, caratteristica che l’accompa-gnò sempre e che nel ’58, appunto, gli consentì di portare a Parigi la Maglia Verde. Partecipò ai Mondiali di Reims dove chiuse 24°. Nel 1959, ancora 7 successi, fra i quali la tappa di Rennes al Tour e, soprattutto, la Parigi-Roma, ovvero l’unica edizione della Parigi Nizza, che s’allungò con la Menton-Roma, ad un rango di corsa a tappe di gran pregio, lunga 12 giorni e con un cast da Giro-Tour. Si ritirò ai Mondiali di Zandvoort dopo aver lavorato per il futuro iridato André Darrigade. Lanciatissimo, nel ’60, Jean Graczyk fu, nell’anno, il corridore con più costanza ai vertici mondiali, al punto di vincere il Trofeo Superprestige Pernod, una classifica migliore di ciò che venne dopo, ovvero, Coppa del Mondo e l’attuale abortistico World-Tour. In quella stagione, nei 14 successi colti,  Jean andò a segno in tutte le corse a tappe a cui partecipò, dalle quattro frazioni vinte al Tour de France, arricchite dalla sua seconda Maglia Verde a Parigi, al Delfinato, al Sardegna, alla Parigi Nizza, vinse poi il Criterium National e impreziosì il tutto col 2° posto alla Sanremo, al Giro delle Fiandre e col 3° posto alla Parigi Bruxelles, ed il 5° alla Liegi Bastogne Liegi. Unica nota stonata di quell’anno, il Mondiale, dove non andò oltre il 30° posto. Anche nel ’61, il numero dei suoi successi rimase in doppia cifra, 10, fra i quali il Gran Premio Ciclomotoristico, ed una tappa dello stesso, una frazione del Delfinato, nonché il 2° posto alla Freccia Vallone, il 4° nella Parigi Bruxelles e il 7° al Fiandre. Si ritirò ai Mondiali. Nel 1962, andò a segno 12 volte e fra questi centri, anche quattro tappe alla Vuelta di Spagna e una alla Parigi-Nizza. Fra le 8 vittorie colte nel 1963, due frazioni del Giro di Catalogna, una al Tour del Sud-Est e l’allora prestigioso GP di Monaco. Dopo tanti anni di vittorie e pochi contrattempi, il 1964 fu un anno difficile per Graczyk, che ebbe diversi malanni che gli fecero saltare corse importanti come il Criterium National e dove si evidenziarono i primi segni di declino. Ciononostante, vinse un paio di corse minori e fu protagonista, anche se piazzato, a classiche come Milano Sanremo (6°) e Bordeaux-Parigi (7°). Nonostante i 6 successi conquistati nel 1965, il tramonto di Graczyk apparve tangibile come l’incipiente perdita di capelli. Il franco polacco, amante della natura, pensò di attutire i colpi dell’età incentivando la partecipazione alle proposte invernali nel ciclocross e nel gennaio del 1966, andò a segno in una anomala prova a coppie con Raymond Poulidor, in quel di Fontenay sous Bois, Fu quella l’unica vittoria colta nell’anno, anche se, a dispetto del crepuscolo arrivante, continuò a cogliere tanti piazzamenti su strada. Divenuto gregario di Anquetil ed Aimar, anche nelle stagioni ’67 e ’68 continuò a piazzarsi. Poi, nel ’69 andò a portare esperienza nella giovane squadra della Sonolor, ed a Quesnoy, raggiunse il suo ultimo appuntamento con la vittoria. Continuò a correre su pista, nel cross e qualche criterium su strada fino al 1972. Per divertirsi, innanzi tutto. E poi si diede alla caccia e al commercio. In carriera fu soprannominato “Popof”, un appellativo non simpaticissimo, che in Francia s’usava qualche decennio fa, per indicare i polacchi.

[Immagine: Graczyk%20e%20Baffi_zpsa4p6byg9.jpg?t=1546447502]
Jean Graczyk, vincitore dell'ultima edizione del Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni, riceve le congratulazioni di Pierino Baffi.

Maurizio Ricci detto Morris

....Fine....Alla prossima "corsa dimenticata"
 
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#54
Vorrei continuare a regalare delle prime, sul web e, lasciatemelo dire, pure su carta. La corse che seguiranno, non sono solo dimenticate, ma sconosciute ai più. Certo, anche fra gli addetti ai lavori, nonché alle stesse enciclopedie ciclistiche. Già, perché la passione per la ricerca, può far cose che non si credevano possibili…… 

A presto!
 
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#55
La Ronde de France 1946 vinta da Giulio Bresci può essere considerata al pari di un Tour de France?
 
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#56
(25-10-2020, 10:29 AM)Hiko Ha scritto: La Ronde de France 1946 vinta da Giulio Bresci può essere considerata al pari di un Tour de France?

Assolutamente no!
La Ronde de France ’46 organizzata dai giornali "Ce Soir" e "Sport" fu questa….
Cinque tappe dal 10 al 14 luglio 1946 su un percorso che da Bordeaux si concluse a Grenoble per complessivi 1321 chilometri.
Le tappe:
Bordeaux-Pau, 221 km
Pau-Toulouse, 300 km
Tolosa-Montpellier, 249 km
Montpellier-Gap, 274 km
Gap-Grenoble, 277 km

Dieci giorni dopo, dal 23 al 28 luglio, "Le Parisien Libéré" organizzò la Monaco-Parigi che presentava una morfologia molto simile alla Ronde, precisamente cinque tappe per complessivi 1315 chilometri. 
Le tappe furono:
Monaco-Digne, 185 km
Digne-Briançon, 219 km
Briançon-Aix les Bains, 263 km
Aix les Bains-Dijon, 294 km
Dijon-Paris, 354 km

Tuttavia fu proprio la Monaco-Parigi ad assumere connotati più vicini a quella che, dall’anno dopo, diverrà la tipologia classica del Tour  de France per oltre un ventennio. Contrariamente alla Ronde infatti, che era aperta a squadre di club, questa seconda manifestazione dell’estate ’46, era riservata alle squadre nazionali a cui venivano aggiunte quelle regionali francesi. 
  
Infine sul piano della partecipazione, le due manifestazioni non raccolsero la crema del panorama ciclistico internazione. Ad esempio, Gino Bartali e Fausto Coppi (comunque assai attesi) non furono allo start di nessuna. La Monaco-Parigi presentò comunque un cast un tantino migliore. In ogni caso, ambedue non possono essere considerate pari al Tour de France. Nemmeno se le sommassimo. Vanno però ricordati con attenzione per i corridori che seppero lanciare, anche se nessuno di questi divenne epocale.
 
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#57
Guardate qua che lavorone: https://firstcycling.com/race.php?r=13798
 
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#58
…….. Le Corse Dimenticate
 
Le storiche edizioni del Giro di Sicilia
1907-1908

Gli echi provenienti dalla Francia, diventarono forti nel 1905, quando il Tour era già alla terza edizione. Più che la vittoria di Maurice Garin, valdostano, ma oramai per tutti francese, nella prima edizione del 1903, e la partecipazione, l’anno successivo, del “Diavolo Rosso” Gerbi (si ritirò durante la seconda tappa, dopo aver colto il 5° posto nella prima), erano stati gli interessi della Bianchi verso quel mercato, ad innescare la notorietà nell’ambiente. Nel 1907, infatti, dopo un’altra partecipazione ancor più incolore di Gerbi, si allinearono alla partenza del Tour, tre ciclisti italiani di fama: Galetti, Ganna e Pavesi. Solo quest’ultimo concluse la prova, ottenendo un onorevole sesto posto, ma il suo piazzamento, unito ai due terzi posti di Ganna in un paio di tappe, ed un quarto di Galetti, furono sufficienti a cementare definitivamente l’idea di proporre anche in Italia una corsa a tappe nazionale.
[Immagine: 845_rt_florio.jpg?]
           Cav. Vincenzo Florio
Il primo a raccogliere questo nuovo vento organizzativo verso il ciclismo, fu lo sportivissimo siciliano Vincenzo Florio, il quale, nel 1907, nell'euforia del successo ottenuto dal giro automobilistico, decise di imitare, sia pure su scala ridotta, il Tour de France, proponendo il Giro di Sicilia a tappe. La prima edizione, che si corse dal 2 al 13 ottobre, verteva su otto tappe, mentre quella dell’anno successivo, su sette. Vinse entrambe le volte Carlo Galetti, ed i cast raccolti dalla manifestazione furono ottimi, anche in virtù di una qualitativa rappresentanza straniera nella seconda edizione, all’interno della quale, spiccò il giovane francese Jean Alavoine, che vinse una tappa e poi, al pari dei connazionali, si ritirò. La corsa di Florio, dunque, anticipò di un paio d’anni, il Giro d’Italia e fu la proposta ciclistica migliore nell’ambito delle edizioni del Giro isolano che, con alterne vicende e staff organizzativi sovente diversi, verranno poi. Perlomeno fino a quando il Giro di Sicilia si chiamò così, escludendo dunque la parentesi della denominazione di “Settimana Siciliana”, assai più recente e che non sarà trattata in questo lavoro.
Dopo due edizioni di successo di pubblico, attenzioni e propaganda al ciclismo (per un ventennio i corridori siculi giunsero ad essere tali, sulle ali dei riporti orali degli echi di quei due giri), Vincenzo Florio, sempre più impegnato nella Targa automobilistica e per una precisa ed imperiosa passione verso l’automobilismo, abbandonò l’idea di continuare ad organizzare il Giro ciclistico. Sicuramente pesò sulla sua decisione, la nascita del Giro Nazionale de “La Gazzetta dello Sport”, che raccolse subito grosse adesioni, ed era notorio quanto alla famiglia Florio, non piacesse perdere di originalità, o essere pedina di secondo livello, in un quadro più complessivo. Fatto sta, che la decisione di Vincenzo Florio di chiudere, non trovò nessun altro polo organizzativo disposto a sostituirlo e per ritrovare un’altra proposta ciclistica a mo’ di Giro, in Sicilia, bisognerà aspettare il 1926, quando a provarci, furono gli operatori di Palermo Sport Club, affiancati e sostenuti dal giornale Mezzogiorno Sportivo, testata che aveva già collaborato fattivamente con Florio. Fu un ingresso poco preparato e con echi molto limitati, tanto è che di quella prima edizione di ritorno, si sa pochissimo, sia in quanto a numero effettivo di tappe, sia sull’apertura reale della manifestazione ai professionisti. Di sicuro, da quel pochissimo che s’è evidenziato nelle pur copiose ricerche, i protagonisti furono indipendenti e dilettanti. Gli stessi organizzatori, avvalendosi di altre collaborazioni soprattutto nella città di Palermo, ripresentarono un Giro di sole due tappe denominato “Palermo-Messina e ritorno” nel 1929, che ebbe un cast migliore, grazie alla presenza di diversi professionisti già vittoriosi nella massima categoria, nonché indipendenti collaudati e di buon livello, oltre ad un cospicuo numero di dilettanti scelti, perlopiù siciliani. Un nuovo stop e, nel 1932, il ritorno con un’altra denominazione, “Giro della Sicilia occidentale”, con tre tappe ed un cast simile a quello del ’29, ma con una prevalenza di dilettanti scelti. Basti citare la presenza di Attilio Pavesi che, poco più di tre mesi dopo, si laureò Campione Olimpico a Los Angeles. Dello stesso tenore partecipativo, anche le edizioni del 1936 e del 1939, tornate però alla denominazione classica di Giro di Sicilia. Dopo il secondo conflitto mondiale, su specifico coordinamento della Unione Velocipedistica Italiana, che si avvalse della collaborazione di società locali, il Giro tornò a fine novembre 1948 e registrò la partecipazione di una rappresentativa francese che però raccolse poco o nulla.

L’idea di una manifestazione sul far dell’inverno, che poteva raccogliere, vista la latitudine dell’isola, un cast più internazionale magari con la possibilità di far permanere in Sicilia formazioni di peso, disposte a preparare la nuova stagione al clima gradevole del centro del Mediterraneo, fu mozzata dagli eventi e dai focolai di cronaca, sui quali stavano ritornando a gravare, oltre al sempre presente spettro della mafia, anche le vicende del “bandito” Giuliano. Di conseguenza, anche le edizioni del 1949 e 1950 non decollarono e rimasero circoscritte a cast di indipendenti o professionisti di seconda fascia italiana. In verità, diversi di costoro, possedevano qualità superiori, ma il ciclismo di quei tempi, la miseria che gravava su un’Italia in ginocchio per venti anni di dittatura e conseguente guerra, nonché l’impossibilità di aggregare, soprattutto al sud, alle aziende di diretta morfologia ciclistica, altre di genere più vario, impedirono non poco l’evoluzione di molti agonisti. Il Giro di Sicilia stesso, s’arrestò nuovamente nel ’52 e ritornò nel ’53, con un filone che pur rappresentando una decorosa possibilità agonistica e tecnica per l’UVI (che diventerà FCI solo nel 1964), non si discostava da quel novero di partecipanti composto da professionisti indipendenti o di seconda fascia. Dal 1955 fino al 1958, il Giro di Sicilia assunse ufficialmente il target, diremmo oggi, di gara per indipendenti e nel 1959 e 1960 quello di gara a tappe riservata a professionisti di 2a serie. Poi, ancora un lunghissimo stop fino al ‘77, per un’edizione che vide allo start, una buona parte dei migliori ciclisti italiani. Furono poi organizzate tre edizioni del Giro della Regione Sicilia in linea, nel 1958, 1973 e ’74, ma non saranno trattate in questo lavoro.

Note e curiosità sulla prima edizione.
Tantissimo pubblico, quasi fosse una festa, accompagnò la marcia dei corridori, perlomeno nelle zone in prossimità dei centri abitati e negli stessi. Le pecche del Giro: lo stato delle strade, davvero precario e un numero di partecipanti esiguo, poco più di venti, ma era la prima corsa a tappe su suolo italiano e si svolgeva ben lontano dalle zone con maggiore presenza ciclistica. Non a caso, uno degli scopi era quello di propagandare la bicicletta ed in questo senso la manifestazione fu peculiare. E poi, 3 dei primi 5 corridori d’Italia, ovvero Galetti, Ganna e Pavesi, c’erano. La vittoria di Carlo Galetti fu meritata, sia per il numero di tappe vinte, che per il modo stesso di conquistarle. Nell’ultima frazione, ad esempio, fuggì sulla salita di Alcamo, dopo soli 15 km dal via di Trapani, per giungere solitario a Palermo, con un vantaggio di mezzora sugli inseguitori. In evidenza soprattutto Jacopini che, se non fosse incappato in vari incidenti nella tappa di Castelvetrano, sarebbe andato sicuramente a podio. Fra le note tristi, che si mescolano alla curiosità, la caduta del giovane palermitano Sofia, a causa di una gallina, che gli procurò ferite tali da costringerlo al ritiro. Ma da dove provenivano i principali protagonisti della corsa? Galetti e Pavesi da Milano, Ganna da Varese, Jacopini, Zoffoli, De Rossi e Azoli da Roma, Gargiulo da Napoli, Barrala, Locascio e Fabrizi da Palermo.
[Immagine: Florio1.jpg?w=592]
Notevole il monte premi del Giro. Ad esempio, il vincitore Galetti, guadagnò oltre al primo premio della organizzazione, consistente in lire mille, un orologio d'oro, dono del Cav. Vincenzo Florio, che sponsorizzò gran parte della corsa, pubblicizzando il “Marsala” di famiglia (nella foto sopra, il manifesto pubblicitario a fondo manifestazione). Inoltre, a Galetti andò un premio in danaro ulteriore cospicuo, di circa 5500 lire, messi a disposizione dall’azienda milanese OTAV, acronimo di Officine Turkheimer per Automobili e Velocipedi, per specifico volere del titolare Max Turkheimer (nella foto sotto le vetturette OTAV 5,5 hp del 1906), in ragione di 5 lire per ogni km percorso in gara: circa 1100. In altre parole, il corridore di Milano, ex tipografo, si portò a casa all’incirca 7200 lire, circa 30000 euro odierni. Non male dunque.
[Immagine: OTAV1906.jpg]

Maurizio Ricci detto Morris
 
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