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Marco Villa "Ci vuole più pista"
Erano gli ultimi giorni del 2011 quando, esattamente un anno fa, si discuteva che la ricetta base per fare buone torte è il Pan di Spagna. Farcito in modo sapiente, con creme raffinate ne esce un dolce superbo.

La crema del Pan di Spagna – Velodromo Montichiari sono i corridori. Ma come in tutti i dolci fatti bene la crema non deve debordare. E come la crema, anche a Montichiari i corridori cominciano a debordare.

MEZZOGIORNO DI FUOCO - Stress da sovraffollamento, tensioni da volate finite contro la balaustra per evitare questo o quel corridore. Nazionale che si sente padrona del parquet allo stesso modo dei corridori che assaporano per la prima volta i segreti del legno sul loro “derriere”. Si può assistere pure a duelli tra pistard contro pistard, che si affrontano faccia a faccia come in “Mezzogiorno di Fuoco”, celebre film del 1952, con Gary Cooper nei panni dello sceriffo Willy Kane e il bandito Frak Miller impersonato da Ian McDonald. Solo che invece della pistola, lo sceriffo di giornata magari brandisce una pompa di bicicletta.

“Faremo mettere un pannello con le regole da rispettare quando si gira in pista” - sospira il tecnico azzurro Marco Villa “Purtroppo non è facile imparare alla prima entrata sul parquet come allenarsi e come girare. Un pannello di spiegazioni può servire a migliorare. Ma i ragazzi devono imparare regole del gioco e rispetto, che indossino o meno la maglia azzurra”.

Vestire i panni del tecnico della pista, in questi anni in cui si devono mendicare i corridori alle squadre, non deve essere semplice. “Assolutamente no. E pensare a quanto bene può fare la pista alla strada e viceversa. Prendiamo Martinello oppure O'Grady. Avevano corso Giro d'Italia e Tour de France e poche settimane dopo hanno vinto Olimpiadi su pista, a Sydney e ad Atene. E mi domando : ma perché certi tecnici non lo capiscono, perché si fa ancora così fatica a cambiare mentalità. Si possono contare forse sulle dita di mezza mano i direttori sportivi che portano i ragazzi in pista per fare esperienza, per apprendere. Il resto dei tecnici invece lascia i ragazzi in balia di loro stessi. Non li incentivano, non li stimolano”.

ALTERNANZA E MULTIDISCIPLINA - E' sconsolato Marco Villa, plurivittorioso su strada e pista, nel curriculum anche dei mondiali. “Vedo ragazzi in pista che arrivano qui per allenarsi, tengono in mano iphone e cuffiette, roba da sei-settecento euro ma non hanno una bici da pista. E se non la trovano se ne vanno via. E peggio ancora, le stesse società non le acquistano o non le hanno in dotazione in squadra. Si buttano via tanti soldi per nulla, forse a volte sarebbe bene avere un magazzino ben fornito. E permettere ai corridori di fare multidisciplina”. Forse tanti sono tecnici che hanno corso tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta, provenendo solo dalla strada? “Esatto, forse è proprio questo. Trasmettono ai ragazzi solo la cultura stradista. Un tempo invece c'era molta più cultura per le multidiscipline. E l'orgoglio di indossare la maglia azzurra era sopra a tutto. Ma, dico io, nemmeno si deve pregare per poter convocare un corridore. Oggi alcuni ragazzi che stanno crescendo molto bene, con tanta voglia di fare e li ho pure portati, con ottimi risultati a fare esperienza all'estero, le società me li concedono con il contagocce. Preferiscono correre il circuitino”.

Anche lei li faceva i circuitini. Ricordo quello di Ponzano nel 1992, vinto da Lombardi, campione olimpico...”Certo gli tirai io la volata. Ma noi riuscivamo ad alternare strada e pista molto bene perché i direttori sportivi ci incentivavano a farlo. Non c'era il velodromo coperto di Montichiari con tutti i comfort di oggi. Si andava a Padova, a Bassano, a Pordenone, anche d'inverno. O si facevano rulli e ovviamente allenamento in strada. Adesso con il traffico e i pericoli, almeno un paio di sedute in pista le varie squadre potrebbero organizzarle. E' inutile ripetere che la pista aiuta, offre il colpo di pedale, equilibrio e destrezza”.

ORA O MAI PIU' - Un appello ai tecnici o ai corridori? “Ai corridori. Chiamatemi, io sono sempre qui a Montichiari, a disposizione. C'è una squadra bergamasca ad esempio che è sempre qui, il tecnico, uno conosciuto, li porta, li stimola, e se c'è da farli girare in moto lo faccio pure io volentieri. Se c'è da insegnare qualcosa o dare consigli ai ragazzi, a tutti, io ci sono. Se ci sono corridori che voglio affrontare la preparazione in pista e magari lanciarsi in una nuova attività che mi chiamino pure. Ma non posso puntare la pistola alla tempia ai tecnici costringendoli a portare qui i ragazzi. Anche perché di scuse ne ho sentite tante...”.

Nuove regole dal prossimo anno per chi fa pista... “Sarà ancora più difficile avere corridori a disposizione. Per fare mondiali, Olimpiadi, prove di Coppa del Mondo sarà necessario qualificarsi e per ottenere la qualificazione si dovrà partecipare a numerosi appuntamenti e gare nazionali e internazionali. Che danno il punteggio necessario. Si potrebbe pensare ad esempio a dare punti in gare che in Italia già ci sono. Ma se non avremo aiuto e collaborazione da parte dei tecnici dei team, sarà sempre più difficile essere competitivi a livello internazionale. Io dico che di Viviani in Italia non ce n'é uno solo, ce ne sono tanti. Ma bisogna saperli riconoscere, spingerli a uscire dal guscio dei veti imposti dalla squadra e farli crescere”.

La pista di Montichiari è viva e sovraffollata? “Certo e di questo ne sono più che contento, vuol dire che ciò per cui stiamo lavorando da un anno e poco più, ovvero sulla multidisciplina, sta dando buoni frutti. Stiamo regolamentando qui a Montichiari orari, fasce riservate agli amatori, esordienti allievi juniores dilettanti e professionisti. Con gli juniores stiamo ottenendo ottimi risultati. La mentalità sta crescendo, i ragazzi cominciano a capire che forse è meglio fare le volatine al caldo, sulla pista protetta piuttosto che dribblare tra semafori, automobili e camion magari a due gradi sotto zero, con il ghiaccio per terra. Ma o si cambia ora, o sarà troppo tardi. Anche se io sono fiducioso. I ragazzi hanno voglia di fare e di imparare”

Scritto da Tina Ruggeri per ciclismoweb.net