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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 22 maggio
Inviato da: Morris - 22-05-2023, 07:15 AM - Nessuna risposta

Amerigo Agati
[Immagine: 12597.jpg]
Nato a Carmignano (Prato) il 22 maggio 1918, deceduto a Prato il 20 agosto 1998. Passista scalatore. Professionista dal 1938 al 1949 senza ottenere vittorie. Scalatore tenace e più che discreto, penalizzato purtroppo da una assoluta mancanza di sprint e da lacune sul passo. E dire che nel 1938, agli esordi nell'elite del ciclismo, ed a soli 20 anni, prometteva assai. La lunga ferma per il conflitto, vissuto tra l'altro in gran parte in divisa e senza sconti, lo hanno fortemente penalizzato dal punto di vista atletico ed ovviamente umano, impedendogli di progredire e di colmare almeno una parte delle sue lacune. L'analisi delle sue risultanze rispecchia pienamente quanto scritto. Nel 1938, passò professionista ad ottobre, a 20 anni e 4 mesi. Fece in tempo a farsi vedere ed ammirare: fu infatti 5° nel Giro del Veneto e 40° nel Lombardia. Il ritorno nel '45 con la maglia della Legnano, ma solo una corsa ed un ritiro. Nel 1946, finalmente, una stagione piena: fu 2° nel Giro dei Colli Fiorentini, 3° nella Coppa Ottobre Montecatinese, 5° nella Coppa Catarzi, 10° nella Coppa Desideri, 13° nel Giro di Lombardia. Insomma, un ruolino per riguadagnarsi la stima di una casa di biciclette. Ed infatti, nel 1947, fu ingaggiato dalla Wally e partecipò al Giro d'Italia. Nella "Corsa Rosa" fu 6° nella frazione di Reggio Emilia, 7° in quella di San Eufemia di Brescia, 10° in quella di Cesenatico. Chiuse il Giro al 43° posto. Nelle classiche fu 20° alla Milano-Sanremo. Dopo un 1948 dove praticamente non corse, si ripresentò alla "Sanremo" del '49 che chiuse al 95° posto. Ma fu praticamente la sua ultima corsa. Era meglio un lavoro.

Stefano Della Santa
[Immagine: 16610079641325DellaSanta,Stefano.jpg]
Nato a Lucca il 22 maggio 1967. scalatore. Professionista dal 1989 al 2000, con 13 vittorie.
Uno scalatore che si dimostrò adattissimo alle brevi corse a tappe, dove era più facile incontrare salite certo aspre in quanto a pendenze, ma non di grande altitudine, dove i suoi guai fisici, che tanto ne hanno segnato la carriera, potevano giocare un ruolo frenante: il freddo soprattutto. Ottimo dilettante, ma sempre o quasi emerso in una stagione, l'estate più torrida, che pareva mettergli le ali. Si mantenne con queste caratteristiche anche fra i professionisti. Passò nell'elite del ciclismo nel 1989, con la Pepsi Cola Fanini, società con la quale resterà, aldilà delle diverse denominazioni sorte dalle sponsorizzazioni, fino al 1993, quando entrò nella Mapei, sodalizio col quale resterà fino al 1996 compreso e col quale coglierà le sue affermazioni più importanti. Nel biennio '94 e '95, grazie ai buoni successi e ad un'infinità di piazzamenti anche di pregio (fu terzo nella Tirreno Adriatico '93, quinto nella Liegi-Bastogne-Liegi '94 e secondo nella Clasica San Sebastian '95), rimase costantemente nei primi trenta corridori nel ranking mondiale dell'UCI: per un lasso di un paio di mesi, addirittura nei primi dieci. Nel 1994 fu anche azzurro ai Mondiali di Agrigento, dove, esaurito il suo compito, si ritirò. Inesistente o quasi il suo ruolino nelle grandi corse a tappe: su 5 partecipazioni al Giro d'Italia, ne concluse solo due, nel '91 (22°) e '93 (21°), mentre partecipò alla Vuelta di Spagna nel '95 chiudendo 10°. Fra le sue 13 vittorie, spiccano il Giro di Campania, il Trofeo Melinda, 2 volte la Ruta del Sol, la Settimana Catalana e la Bicicletta Basca.
Tutte le sue vittorie anno per anno. 1990: 1a prova Trofeo Scalatore. 1991: Trofeo Scalatore. 1993: Giro di Campania; Tro-feo Melinda. 1994: Euskal Bizikleta; 3a tappa Settimana Catalana, Classifica Generale Settimana Catalana; 4a e 5a tappa Ruta del Sol, Classifica Generale Ruta del Sol. 1995: GP Zamudio; Classifica Generale Ruta del Sol. 2000: 3a tappa Tour de Beauce.

Fernand Mithouard (Fra)
[Immagine: 16401120581325Mithouard,Fernand9.jpg]
Nato il 22 maggio 1909 a Chevreuse, ed ivi deceduto il 10 dicembre 1993. Passista. Professionista dal 1931 al 1947 con 8 vittorie. Si è distinto per la sua regolarità e serietà ed ha sfiorato grossi successi ed è stato un fedelissimo per le sue doti sul passo del Gran Premio delle Nazioni. Un corridore che puntava ogni anno a qualcosa di pregio e che qualche volte gli è andata bene come nel 1933 quando vinse la Bordeaux-Parigi o quando si piazzò al 2° posto nella Parigi Tours del 1936. È stato pure il primo corridore di buon livello a compiere una transoceanica per correre in Australia, il Centenary 1000, una corsa a tappe che si teneva nello Stato di Victoria. 
Si segnalò all’esordio fra gli indipendenti in corsa coi professionisti nel 1931, quando finì 3° nella Parigi Reims. L’anno dopo fu autore di un buon “uno-due” vincendo la Parigi Argentan e la Parigi  
Chateau-Thierry. Nel 1933 divenne un corridore di fama vincendo molto bene la Bordeaux Parigi con otto minuti sui belgi Van Rysselberghe e Gijssels. Sempre in quell’anno, avviò il suo quasi costante rapporto col Grand Prix des Nations, giungendo 4° nell’occasione. L’anno seguente Mithouard si recò in Australia con Paul Chocque, per partecipare, come già detto, alla Centenary 1000, gara a tappe di 1773 chilometri divisi in sete frazioni, tutte in Victoria. Fernand vinse la quarta tappa di 253 km, che da Bendigo si concludeva a Wangaratta. Con quella vittoria conquistò anche il primato in classifica, ma due tappe dopo, ancora in testa, cadde rovinosamente nei pressi di Omeo e fu costretto al ritiro. Tornato in Europa nel 1935 finì 2° nella quarta tappa, con conclusione a Marsiglia, della Parigi Nizza. Fu poi 5° nel GP delle Nazioni a cronometro. Nel 1936 esordì col 2° posto nel Criterium International e poi, ad inizio maggio fu nuovamente 2°, stavolta nella gran classica Parigi Tours. Partecipò poi al suo primo Tour de France e dopo il 10° posto nella seconda tappa ed il 6° nella quinta, cadde nella settima e fi costretto ad abbandonare. Chiuse la stagione col 6° posto al “Nazioni”. L’anno seguente vise la tappa di Saint-Étienne  alla Parigi Nizza e fu 9° nell’amico GP Nazioni. Nel 1939 ritentò una corsa a tappe straniera e si cimentò nel Giro di Lussenburgo, dove fu 3° nella frazione di Esch-sur-Alzette e chiuse sempre 3° nella Generale finale del Tour. Vinse poi la tappa di Nevers alla Parigi-Saint-Etienne e conquistò pure la Classifica Generale finale della corsa. Partecipò nuovamente al Tour de France, ma fu costretto al ritiro nel corso della quinta tappa. Dopo un anno di stop causa guerra, si ripresentò nel 1941 e tornò alla vittoria nel Derby de St Germain, fu poi 2° nel Grand Prix des Nations di Toulouse, 7° nel Grand Prix des Nations di Parigi. L’anno dopo, corse solo il Grand Prix des Nations di Parigi dove fu 6°. Dopo il conflitto, fino al 1947, corse ancora, senza però aggiungere nulla al suo curriculum. Dal  
1949 al 1953, guidò diverse squadre regionali al Tour de France.

Eric Plassa (Fra)
Nato a Vimy (Pas de Calais-Francia) il 22 maggio 1928, deceduto ad Arras (Pas de Calais-Francia), il 25 luglio 2004. Passista veloce. Professionista dal 1955 al 1959 con 3 vittorie.
Fratellastro di Oscar Venturella, rispetto a lui poté vivere una carriera più regolare e priva di quelle necessità che avevano limitato il fratello. Fu indipendente nel 1954 e '55 e, successivamente, professionista all'interno della Bertin D'Alessandro nel 1956. I suoi primi fuochi nella carriera d'elite, furono il 2° posto nel GP d'Orchies ed il buon comportamento a dispetto del piazzamento finale (29°) nel Daily Express Tour in Gran Bretagna nel 1954. Nel '55, fu 2° nella Parigi-Arras e nella Roubaix-Huy. Nel 1956, vinse il GP Saint-Pol-sur-Mer, fu 2° nel Circuit Denain e 3° nel GP Mortagne au Perché. Nel 1957 passò alla Saint-Raphael, ma fu un anno molto grigio. Tornò alla Bertin D'Alessandro nel 1958 e fu la sua migliore stagione. Vinse infatti il Gran Premio della Liberazione ad Armentieres e, due mesi dopo, il Trofeo Condé en Bouvron. Corse con la medesima società anche nel 1959, ma non si piazzò, ed a fine anno appese la bicicletta al chiodo.

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 21 maggio
Inviato da: Morris - 21-05-2023, 08:47 AM - Nessuna risposta

Ottavio Crepaldi
[Immagine: 15297818461325Crepaldi,Ottavio.jpg]
Nato a Taglio di Po (RO) il 21 maggio 1945. Passista scalatore, alto m. 1,72 per kg. 67/68. Professionista dal 1969 al 1979, con 5 vittorie.
Un gregario a quattro ante, che seppe segnare un’epoca, dove divenne popolare pur non vincendo con la frequenza di un evidente. Uno che è stato “angelo custode di Motta, Gimondi, Basso, Gosta Pettersson, Zilioli, Roger De Vlaeminck, De Muynck, Saronni, ed un lottatore formidabile nelle rare volte in cui è stato lasciato libero da compiti di squadra.
Nato a Taglio di Po, la sua famiglia, a seguito dell’alluvione nel Polesine, si trasferì a Legnano, quando Ottavio aveva sei anni. Nella cittadina lombarda si avvicinò al ciclismo entrando a far parte della Rescaldinese, per poi approdare tra i dilettanti dell’Ignis di patron Giovanni Borghi. Più piazzato che vincente, dopo la pausa per il servizio militare, corse nel ’67 per il G.S. Olmina, nome di una contrada storica di Legnano, con la cui maglia fu terzo, fra gli altri piazzamenti, al GP Carlo Mocchetti. Nel 1968, l’ultimo suo anno fra i dilettanti, vestì la maglia della Bonalanza Oleggio, vincendo la Piccola Tre Valli Varesine e la tredicesima frazione della Vuelta a Colombia.
Soprannominato “il mastino” per le sue qualità di “duro”, con doti di scalatore e di fondo ed una tenacia senza fine, passò professionista nel 1969, con la Sanson diretta dall’ex velocista Vendramino Bariviera. Nell’anno d’esordio, Ottavio finì secondo nella tappa di Pavia al Giro d’Italia (chiuso 52°), nonché secondo anche al G.P. Industria e Commercio di Prato. Nel 1970 la Sanson chiuse i battenti e Crepaldi s’accasò alla Salvarani, dove c’erano tanti campioni, con un contratto biennale. Qui affinò il ruolo tanto di spalla, quanto di gregario acquaiolo, ma riuscì pure a cogliere, nel biennio, il 3° posto in una classica come l’Henninger Turm di Francoforte, un 4° al Tour d’Indre et Loire, un 4° posto nella tappa di Poitiers al Tour de France ’71 (chiuso 25°) e la vittoria al G.P. Montelupo ’71, davanti a Roberto Poggiali e Wilmo Francioni.
Nel 1972, passò alla Ferretti diretta da Alfredo Martini, ottenendo il quarto posto nella tappa di Reggio Calabria al Giro d’Italia. Nella stagione successiva divenne alfiere della Zonca Lampadari di Voghera, con Ettore Milano alla direzione sportiva, ma fu un anno grigio per Ottavio, che colse solo il 2° posto al Gp Olgiate ed al Giro d’Italia si ritirò.
Nel ’74 passò alla Magniflex dei fratelli Franco e Giuliano Magni, col bolognese Primo Franchini in ammiraglia. Nella stagione vinse il Gp di Bagnara, fu 4° nella tappa di Montcada del Giro di Catalogna, 5° nel Gp Calenzano, 7° alla Coppa Bernocchi e 12° al GP Montelupo. L’anno seguente colse una importante vittoria al Giro della Svizzera sul traguardo di Oftringen, davanti al fenomenale Roger De Vlaeminck, leader indiscusso della corsa elvetica. Nel 1976 passò alla Brooklyn della famiglia Perfetti, guidata da Franco Cribiori. Con quei colori conquistò la quinta tappa del Giro di Puglia sul traguardo di Martina Franca, nonché il 2° posto nella tappa di Bastia al Tour di Corsica. Sempre come gregario, raccolse l’anno dopo due terzi posti nelle frazioni di Meiringen e di Effretikon al Tour de Suisse.
Nel ’78, tornò a vestire la maglia della Magniflex, venendo selezionato per i Campionati del Mondo del Nurbugring (dove si ritirò terminate le sue mansioni), dopo una stagione dove al suo gran lavoro come gregario, accostò il 3° posto nella tappa di Assisi al Giro d’Italia (chiuso 17°) ed il 2° posto nel GP Montelupo. L’anno successivo passò alla SCIC, guidata da Carlo Chiappano, con capitano Giuseppe Saronni. Nell’anno vinse la tappa di Barcellona al Giro di Catalogna e finì 2° nella Coppa Bernocchi. A fine stagione la Scic chiuse i battenti e Crepaldi decise di abbandonare il professionismo, trovando lavoro presso la Banca di Legnano, in quella che era davvero diventata la sua città d’adozione. Ed a Legnano, ha segnato la storia dell’U.S. Legnanese, curandone per anni il vivaio.

Vittorio Cumino
[Immagine: 16050237611325Cumino,Vittorio.jpg]
Nato a Torino il 21 maggio 1943. Passista scalatore, alto m. 1,80 per kg. 70. Professionista dal 1970 al 1972, non ha ottenuto vittorie. Altro corridore che è passato tardi al professionismo, potremmo dire già spento per curare le proprie ambizioni. Adatto per forza di cose ad un oscuro lavoro di gregario. E dire che da dilettante era stato in primaria vista per anni, nonché azzurro ai Mondiali di Brno nel 1969, dove giunse 25°. La squadra che lo fece esordire nel '70 fra i professionisti fu la Filotex di quel gran nocchiero di Valdemaro Bartolozzi e di un capitano formidabile come Franco Bitossi. Nel primo anno Cumino imparò a far bene il suo nuovo lavoro e colse pure qualche piazzamento come il 9° posto al Giro di Toscana e il 10° alla Milano Torino. Partecipò al Giro di Svizzera che chiuse 48°. L'anno seguente fu 5° nella Coppa Agostoni e al GP Camucia, 9° nella Coppa Sabatini e 10° nel Giro delle Marche. Ripartecipò al Giro di Svizzera che concluse 28°. Nel 1973 poté finalmente partecipare al Giro d'Italia dove al solito lavoro di gregario, trovò modi di distinguersi: fu 2° nella tappa di Messina Circuito Peloritani e chiuse la Corsa Rosa al 59° posto. Nel resto di stagione fu 4° nella Milano-Vignola e 9° nel GP Camaiore. A fine stagione, a trenta anni, per sua decisione, decise di appendere la bicicletta al chiodo.

Mino De Rossi
[Immagine: 16722582351325DeRossi,Mino2.jpg]
Nato ad Arquata Scrivia (Alessandria) il 21 maggio 1931, deceduto a Quinto al Mare (Genova) il 7 gennaio 2022. Passista e pistard. Professionista dal 1953 al 1966, su strada ha ottenuto fino al 1957, dal 1958 si è dedicato esclusivamente alla pista come seigiornista. Su strada ha vinto due corse, su pista due Seigiorni.
La disamina della carriera di questo possente passista non può che annotare prima delle grandissime doti, una prorompente precocità. A 19 anni il 17 ottobre 1950, al Vigorelli di Milano, stabilì il Record dell’Ora per dilettanti in 42,481 km e l’anno seguente, fu capace di vincere il Titolo Mondiale dell’Inseguimento, superando il belga Glorieux e il Titolo Italiano della medesima specialità. Sull’onda di quell’annata eccezionale alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952, fu peculiare nella conquista della Medaglia d’Oro nell’Inseguimento a Squadre, assieme a Morettini Campana e Messina. Nell’anno si confermò Campione Italiano nell’Inseguimento individuale e finì 2° ai Mondiali. A fine ’52, Fausto Coppi in persona lo volle alla Bianchi e De Rossi esordì fra i professionisti. Atteso anche su strada per le sue poderose accelerazioni e per quella ritmicità che garantiva un sicuro protagonismo nell’amica specialità dell’inseguimento, l’alessandrino però non fu capace di confermarsi. Nel 1953 fu 3° nel Criterium d’Oran, 10° al Giro di Lombardia e fi un paio di volte 2° su pista nell’omnium insieme a Coppi. Il piazzamento nel Lombardia, comunque, stava a dimostrare che avrebbe potuto emergere quanto prima. Ed infatti nel 1954 fu un protagonista della “Classica delle foglie morte” che chiuse al 3° posto. Nell’anno aveva colto anche altri piazzamenti di un certo valore: finì 4° al Giro di Romagna, 5° nel GP Cattabrighe e nella Coppa Boero, 6° nel Trofeo Fenaroli. Chiuse poi 3° il Tricolore dell’Inseguimento, ma ai Mondiali della specialità, fu eliminato nelle batterie. Ancora senza vittorie nel 1955 (stagione nella quale lasciò la Bianchi per passare alla Chlorodont), nonostante una buona serie di piazzamenti ed alcuni sprazzi di evidenza. Fu 2° al GP di Giulianova, 3° nel Giro della Valle del MEtauro, 4° nel GP di Busto Arsizio, 11° al Giro di Lombardia e 12° nel Giro dell’Appennino. Fu poi ancora 3° nel Tricolore dell’Inseguimento. Nel 1956 passò alla Frejus ed arrivò finalmente il primo successo su strada al GP di Oleggio. Nella stagione fu sempre 3° agli Italiani dell’Inseguimento e chiuse 8° il Trofeo Fenaroli. Partecipò per la prima volta al Giro d’Italia, ma si ritirò. Nel 1957, in maglia Ignis, decise di dedicarsi quasi esclusivamente alla pista, ed iniziò a partecipare alle Seigiorni. Nell’anno fu 2° nel Tricolore dell’Inseguimento, 3° nella Seigiorni di Chicago e 3° in quella di Lousville, mentre nelle rarissime presenze su strada fu 2° al GP Vighizzolo e 7° nella Milano Mantova. La stagione ’58, passata in maglia Calì Broni Giorardengo, gli regalò il secondo successo su strada, al GP di Vauvert in Francia. Fu poi 2° alla Seigiorni di Parigi e agli Italiani dell’Inseguimento. Col 1959, il suo rapporto con la pista divenne pressoché totale ed intensificò il suo essere giramondo attorno al fascinoso mondo delle Seigiorni. Proprio una di queste, quella di Buenos Aires, in coppia con Jorge Batiz, fu la prima a finire nel suo palmares. Fu poi 3° nella Seigiorni di Monaco di Vestfalia, e 2° nel madison dell’allora famoso Prix Dupré Lapize di Parigi. Indi, sull’amico inseguimento, finì 2°agli Italiani e arrivò ai quarti di finale nei Mondiali. Gli anni sessanta rimarcarono le sue presenze sugli anelli anche se non arrivarono, nella prima stagione del decennio, particolari acuti. Nell’unica sortita su strada del ’60 però, sfiorò la vittoria: fu 3° nel GP di Cerro Maggiore. Ormai protagonista delle Seigiorni, tornò al successo a Montreal nel ’63 in coppia con Nando Terruzzi. E nel ’64 sfiorò nuovamente la vittoria nella medesima Seigiorni finendo 2°, così come 2° fini in quelle del Quebec e 3° in quella di Buenos Aires. Popolare in Canada, nel 1965 finì 2° nella Seigiorni di Toronto. Mino De Rossi continuò come seigiornista fino al 1967, chiudendo lì una carriera che pur non essendo stata sincronica alle speranze che aveva lanciato nel 1952, attutì la delusione con un lungo, onesto e più che buon segmento su quei velodromi che allora sapevano radunare folle incredibili.

Gianni Ghidini
[Immagine: 16096985313538GhidineLygie.jpg]
Nato a Golese (Pr) il 21 maggio 1930, deceduto a Baganzola (Pr) il 20 giugno 1995. Passista veloce. Alto m. 1,71 per kg. 70. Professionista dal 1953 al 1954 con tre vittorie.
Per chi, magari ancor oggi, crede alla maledizione della maglia iridata dei dilettanti, sicuramente troverà in Gianni Ghidini un bel esempio. Già, perché questo corridore parmense, forte sul passo e molto veloce, fu un personaggio in gran vista fra i dilettanti della sua epoca e, se vogliamo, anche in una più vasta area di confronto. E grazie ad un crescendo di risultati e di protagonismo evidenti, Proietti, lo storico Comissario Tecnico della Nazionale dei dilettanti degli anni cinquanta, lo schierò con compiti possibili di primato ai Campionati del Mondo di Varese, nel 1951. La risposta? Vinse di un'inezia (non c'era il fotofinish) sul toscano Rino Benedetti, che era convinto (come tanti spettatori del resto) di aver tagliato prima del compagno il traguardo. Fatto sta che Rino passò nel '52 fra i professionisti e lì determinò una bella carriera, mentre Gianni, rimase dilettante a godersi quell'arcobaleno e a pedalare verso le Olimpiadi di Helsinki '52, dove finì 7° nella prova in linea e conquistò l'Argento a squadre. Ma quando, nel '53, passò prof, nel breve volgere di un paio d'anni divenne un ex corridore.
A dargli l'accasamento fu l'Atala, che correva alternata alla Lygie, la propria filiale e che credeva e sperava, di aver fatto un bel colpo portandosi Ghidini in squadra. Invece, le cose andarono diversamente. L'esordio di Gianni fu abbastanza buono, perlomeno per un corridore normale, ma il parmense non era visto come uno dei tanti,bensì come l'iridato dei dilettanti,ed il sodalizio dello storico diesse grigio-azzurro Alfredo Sivocci, non rimase contento, tanto è che a fine anno si concretizzò il divorzio. La vittoria di Ghidini nella tappa di Tienen al Giro del Belgio per indipendenti, il 2° posto nel Circuito della Valle del Liri, il 3° nel Giro dell'Appennino, il 4° nel GP d'Autunno, il 5° nella Coppa Sabatini, il 6° nella Milano-Modena, il 7° nel Trofeo Matteotti, l'8° nel Giro della Provincia di Reggio Calabria, il 9° nella Coppa Bernocchi, il 10° nel Trofeo Fassi, ed un buon "Lombardia" chiuso 19°, erano poco, troppo poco per l'Atala. Tra l'altro Ghidini si era ritirato al Giro, senza mai dare segni di vitalità nelle tappe concluse. A fine anno, come detto, ci fu la separazione ed il parmense finì alla Girardengo. Il 1954 di Ghidini, in risultanze fu questo: vinse la cronotappa di Gela al Giro di Sicilia, ed una frazione del Giro di Croazia e Slovenia, corsa che poi chiuse 3° nella Generale Finale. Nell'anno, fu inoltre 9° alla Milano Torino e 11° nella Tre Valli Varesine. In ogni caso, Girardengo confermò Ghidini anche per il '55. Ma il parmense, afflitto da vari malanni, non corse quasi mai, ed appese la bicicletta al chiodo.

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 20 maggio
Inviato da: Morris - 20-05-2023, 10:42 AM - Nessuna risposta

Robert Bouloux (Fra)
[Immagine: boul2.jpg]
Nato a Ploubalay (bretagna) il 20 maggio 1947. Passista scalatore. Professionista dal 1969 al 1977 con 6 vittorie. Un buon corridore, divenuto uomo squadra, dopo esser stato una speranza del ciclismo francese a fine anni sessanta.
Figlio di contadini, arrivò bambino alla passione verso il ciclismo. La famiglia non lo ostacolò ed a 15 anni esordì con le maglie dell'Atletic-Club de Boulogne-Billancourt (ACBB) che era il Club più grande di Francia, col quale Bouloux passò tutta l’esperienza precedente il passaggio al professionismo. E quel sodalizio era l’anticamera dell’iconico team professionistico della Peugeot. Da dilettante, passò anche a suo dire gli anni migliori del suo rapporto col ciclismo, per la mentalità che si viveva, i due titoli del Campionato francese a squadre, le vittorie nella Parigi-Mantes e nella Parigi-Troyes, i successi di tappa ed il secondo posto finale al Tour de l'Avenir e (per lui il “momento clou” la selezione per le Olimpiadi di Mexico ‘68, tra i dilettanti, dove gareggiò col quartetto della “100 km a squadre”. “Finimmo 13esimi, ma sbagliammo completamente la preparazione a simili gare oltre i 2000 metri d’altura, ma fummo felici ugualmente, perché la partecipazione olimpica è unicae da sensazioni ineguagliabili” – disse qualche tempo fa.  
Robert Bouloux passò professionista nel 1969 con la Peugeot di Gaston Plaud, sodalizio col quale corse fino al 1974 indi un anno semi-sabbatico, un anno col Team Jobo e l’ultimo di carriera con la Fiat, al servizio di Eddy Merckx. Nel lasso professionistico Bouloux pagò come ha più volte detto, la mentalità del gruppo, l’essere quasi sempre al servizio di un capitano che vinceva poco, perché a vincere era quasi sempre Merckx e, conseguentemente, c’erano spazi ridottissimi per pensare di trasformare qualche piazzamento in vittorie.  
Tra i professionisti vinse nel 1971 la prima tappa del Tour de l’Oise e la seconda semitappa del Giro di Corsica, nel ’72 il GP Ouest France a Plouay (già allora di buon livello) e la terza tappa del Critérium du Dauphiné Libéré; nel 1973, la Ronde des Korrigans e nel ’76, la terza tappa del Tour de l'Oise.
I suoi migliori piazzamenti anno per anno. 1969: 2° nella terza tappa della Quattro giorni di Dunkerque. 1970: 2° nel GP Ouest France a Plouay. 1971: 2° nella prima tappa del  Critérium du Dauphiné Libéré. 1972: 2° nel Gp Bain-de-Bretagne, 10° nella Liegi Bastogne Liegi. 1973: 2° nella prima tappa della Quattro giorni di Dunkerque. 1974: 3° nel Gp Landivisiau. 1975: 2° nella quinta tappa della Quattro giorni di Dunkerque. 1976: 2° nella Paris - Limoges, 3° nella Parigi Tours (Tours Versailles),  3° nella Classifica Generale Etoile des Espoirs,  3° nella quarta tappa Tour de Suisse. 1977: 2° prima tappa della Settimana Catalana, 3° prima tappa del Tour dei Midi Pirenei.
Partecipò a sette Tour de France, di cui 6 conclusi col 20° posto nel 1976 come miglior piazzamento. Dopo il ciclismo, Robert Bouloux è diventato un rappresentante di articoli sportivi ed è entrato a far parte del gruppo Raymond Kopa. Ha poi incentivato la pratica del tennis, del golf ed è diventato un ottimo pescatore.

Laurent Dufaux (Sui)
[Immagine: 16545003691325DufauxLaurent.jpg]
Nato a Montreux il 20 maggio 1969. Completo, alto 1,69 per 57 kg. Professionista dal 1991 al 2004 con 43 vittorie. Un ciclista che sarà pur stato macchiato dal coinvolgimento nello scandalo Festina, ma era semplicemente uno dei …praticamente tutti, ma con doti sicuramente superiori (e presto evidenti) a diversi connazionali che vanno per la maggiore nelle bocche di taluni. Un corridore completo, battagliero, sempre in prima linea e spalla di spessore per qualsivoglia ipotetico capitano. Meriterebbe le scuse di un osservatorio che l’ha sovente bollato poco bene esaltando altro solo perché più “potenti”.
Dopo un ottimo ruolino a livello giovanile e fra i dilettanti, Laurent Dufaux passò professionista con
l’Helvetia nel 1991. Già all’esordio conquistò il titolo di Campione nazionale svizzero nella prova in linea, la Classifica generale della Route du Sud e la Coppa Placci. Finì 2° al Giro del Lazio, nel Campionato svizzero della montagna e quinto al Giro di Romandia. L’anno successivo vinse il GP Cerami, partecipò al suo primo Tour de France, dove finì 2° nella tappa di Mulhouse prima di ritirarsi alla dodicesima. Nel 1993 Dufaux, vinse il Tour del Cantone di Ginevra, la Sierre-Loye e fu gran vincitore del Critérium du Dauphiné Libére, con la vittoria nel tappone di Grenoble, due secondi posti, nella frazione a cronometro di Saint-Étienne ed in quella di Bonneville, per un successo finale con ben 3 minuti di vantaggio sul colombiano Oliverio Rincón. Fu poi terzo alla Vuelta a Burgos e secondo al Giro del Piemonte. L’anno successivo a marzo fu secondo alla Setmana Catalana e a maggio conquistò un successo di tappa al Tour de l’Oise. A giugno, rivinse con brillante regolarità, il Critérium du Dauphiné Libéré. A luglio chiuse il Tour de France 35°, ed a
settembre si impose nuovamente nel Tour del Cantone di Ginevra.
Nel 1995 Dufaux passò alla Festina ed a giugno ottenne la vittoria nella Route du Sud, mentre al Tour de France chiuse in 19esima posizione, ed a fine luglio si impose nella Warrenberg Rundfhart. Ad agosto conquistò la terza e la quarta tappa, nonché la Generale finale, della Vuelta a Burgos.  
Nel ’96 Laurent fu tra i protagonisti del Tour de France: nella settima tappa fu 5°, 3° nella 16esima tappa sull’Hautacam e, nella 17esima frazione colse il successo sul traguardo di Pamplona. Chiuse il Tour al 4° posto. La sua stagione proseguì con la vittoria della Wartenberg-Rundfahrt e con la conquista del Titolo nazionale elvetico della montagna. Partecipò poi alla Vuelta di Spagna dove fu u autentico protagonista. Terzo nella 14sima tappa a Sierra de La Pandera, secondo il giorno dopo sulla Sierra Nevada, terzo al Monasterio de Tentudía nella 17esima frazione. Vinse poi la  19esima tappa che si concludeva ad Avila ed a fine Vuelta chiuse secondo per un podio tutto rossocrociato (1° Zulle, 3° Rominger). L’anno seguente Laurent vinse con la Festina la Cronosquadre del Giro del Mediterraneo, la Wartenberg-Rundfahrt, fu secondo in una tappa e nella Classifica finale della Parigi Nizza e vinse a maggio la seconda tappa del Grand Prix du Midi Libre: da Baraqueville a Saint-Chély-d’Apcher. A luglio chiuse 9° il Tour de France ed a settembre ripartecipò alla Vuelta di Spagna. Qui fu 2° nella sesta tappa a Granada, ancora 2° nella settima tappa a Sierra Nevada dive conquistò la Maglia Amarillo che perse a favore di Alex Zülle nella cronometro individuale di Cordoba. Conquistò poi due terzi posti di tappa di Estación de Esquí e completò la Vuelta al terzo posto della Classifica generale. Chiuse l’anno col 6° posto al Mondiale a San Sebastian e col successo nelle due prove e nella Classifica finale della Attraverso Losanna.
Nel 1998 partì forte: vinse con la Festina la Cronosquadre al Giro del Mediterraneo, fu 8° alla Parigi Nizza, 14° alla Sanremo, 10 nella Liegi Bastogne Liegi, 7° nell’Amstel Gold Race. Vinse poi il Prologo, la prima e la terza tappa, nonché la Classifica finale del Giro di Romandia. Una settimana dopo trionfò in una tappa e nella Classifica generale del Grand Prix du Midi Libre. A luglio fu costretto al ritirò dal Tour de France assieme a tutto il team, a seguito dello “scandalo Festina. Squalificato per otto mesi, riprese a correre in maglia Saeco e nel giugno del 1999 ottenne un secondo posto di tappa sul traguardo di Arosa al Tour de Suisse, poi chiuse 4°.  Al Tour de France che vide l’esplosione del “fenomeno tarocco” Lance Armstrong, Dufaux, con grande regolarità chiuse la corsa al quarto posto, a 14’43” dal texano. Ritornò poi al successo vincendo la Poly Normande.
Nel 2000, l’atleta di Montreux è 3° al GP del Canton Argau, 3° al Tour de Romandie dove vinse la terza tappa, fu 6° nell’Amstel Gold Race, vinse una prova dell’Attraverso Losanna e, soprattutto, vinse il Campionato di Zurigo, gara di Coppa del Mondo nonché classica di pregio. ,  staccato di soli 27 secondi dal vincitore della corsa, e suo compagno di squadra, Paolo Savoldelli. Si ritirò sia al Tour che alla Vuelta. L’anno seguente, conquistò la tappa di Malcesine al Giro del Trentino e prese parte per la prima ed unica volta in carriera al Giro d’Italia chiudendo la corsa al 40esimo posto. Nel 2002 passò alla Alessio con cui vinse una tappa alla Settimana Lombarda, il Trofeo Melinda e fu secondo al Giro del Veneto. L’anno seguente vinse una tappa al Tour de Romandie sull’arrivo di Loèche-les-Bains e chiuse la corsa al secondo posto. Vinse poi due tappe della Rominger Classic e chiuse 21° il Tour de France.
Nel 2004 passò alla Quick Step con cui conclude la carriera professionistica. Nell’ultima stagione chiuse il Tour de France 67° e recitò il “canto del cigno” vincendo la Lusignan-Petit in Aquitania. Sceso di sella restò nel mondo dello sport e del ciclismo organizzando manifestazioni di ciclocross.

Antonio Suarez Vazquez (Esp)
[Immagine: 16684549311325Suarez,Antonio.jpg]
Nato a Madrid il 20 maggio 1932. Deceduto a Madrid il 6 gennaio 1981. completo. Professionista dal 1956 al 1965 con 33 vittorie. Corridore completo, forte, talvolta ardimentoso. Uno dei più sottovalutati nelle memorie di tanti, ma era veramente un gran bel corridore. Non c'era terreno dove fosse debole, a parte lo sprint, dove comunque non era fermo, ma era una variabile che gli serviva poco. Che lo si voglia o meno Suarez, seppe andare a segno in un'epoca in cui la Spagna, pagava assai l'isolamento economico e culturale in cui il franchismo l'aveva cacciata, e nello sport, mancavano completamente tentativi autoctoni di recitare quel protagonismo che, poi, ha saputo far capolino 20 anni dopo. Nel ciclismo i corridori spagnoli correvano poco all'estero e chi lo faceva con costanza era solo Bahamontes, ovvero uno che possedeva qualità di rilevanza storica. Va da se però, che tanti ottimi corridori che potevano tracciare solchi di peso, si son visti deviate, più o meno, valenze e risultanze. Suarez è stato uno di questi, ma quel che fece vedere, ed un'attenta analisi del suo curriculum, ci mostrano ugualmente un atleta di rilevanza. Non a caso vinse la Vuelta di Spagna nel '59, dominandola, con all'attivo anche due successi di tappa e il Gran Premio della Montagna. E non a caso, vinse tre Titoli di Campione Spagnolo nel '59-'60-'61. Anche in Italia fu protagonista. Al Giro del Centenario nel '61, finì sul podio 3°, dietro Pambianco e Anquetil, si impose nella frazione di Cosenza e finì 3° dietro Gaul e Pambianco nella storica frazione Trento-Bormio. Minore fortuna l'ebbe nel '62, quando vestì per tre giorni la Maglia Rosa e rimase in lotta per il successo fino alla svolta dettata dalla neve di Passo Rolle. Chiuse il Giro 11°. Non positivo, invece il suo rapporto col Tour de France: 6 start con 3 ritiri e miglior piazzamento il 17° posto nel '60. Nel '61, fu il numero uno di Spagna.
Tutte le sue vittorie. 1956: Campionato Castilla; Vuelta Charabancheles; 1a tappa Vuelta Asturie. 1957: 16a tappa Vuelta a España; 7a tappa Vuelta Asturie; 1a tappa Vuelta La Rioja, 1a e 9a tappa Vuelta Levante. 1958: 7a tappa Ruta del Sol, 2a tappa Circuito Montanes; GP San Salvador del Valle; 4a tappa Bicicletta Basca; Circuito Sevilla. 1959: Campionato Nazionale, Vuelta a España con 5a e 10a tappa e Classifica GPM; Campionato delle Regioni. 1960: Campionato Nazionale, 14a tappa Vuelta a España; Barcelona-Madrid e 1a tappa; 3a tappa Bicicletta Basca. 1961: Campionato Nazionale, 7a tappa Giro d'Italia; 12a tappa Vuelta a España e Classifica a punti; 3a tappa parte b (cronosquadre) Volta Ciclista a Catalunya; 6a tappa Barcelona-Madrid. 1963: GP San Lorenzo. 1964: Campionato Nazionale delle Regioni. 1965: Campionato Nazionale delle Regioni.

Gintautas Umaras (Lit)
[Immagine: 16446895951325Umaras,Gintautas.jpg]
Nato il 20 maggio 1963 a Kaunas. Passista e pistard. Professionista dal 1989 al 1991, senza ottenere vittorie. Mostro sacro fra i dilettanti anche perché all'epoca dell'Unione Sovietica, lui come tanti altri campioni dell'URSS era un "professionista di stato". Nel 1987 vinse il Campionato Mondiale dell'Inseguimento, nel 1988 le Olimpiadi nell'Inseguimento individuale e, sempre ai Giochi di Seoul, anche l'Oro nell'Inseguimento a Squadre con Arturas Kasputis, Dimitri Nielubine, Viatcheslav Ekimov, e Midaugas Umaras. A questi acuti ha aggiunto altre gare di grande prestigio fra i "puri". Giunto fra i professionisti nel 1989 con la famosa Alfa Lum di San Marino, s'è "sciolto come neve al sole". Idem l'anno seguente con la statunitense Coors Light.

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 19 maggio
Inviato da: Morris - 19-05-2023, 09:41 AM - Nessuna risposta

Anthony “Tony” Doyle (Gbr)
[Immagine: 13725851553538TDOYLE83.jpg]
Nato il 19 maggio 1958 ad Ashford ed ivi deceduto il 30 aprile 2023. Passista e pistard Professionista dal 1980 al 1995 con 111 vittorie.
Ci sono carriere che esplodono in maniera anomala, ma non per questo deviano il tratto ed i valori che ne sono alla base. È il caso di Tony Doyle, gran bel dilettante e pedalatore di classe, il quale, vistosi chiuso da non certo inattaccabili scelte della federazione britannica, circa la partecipazione alle Olimpiadi di Mosca nella prova di inseguimento individuale, specialità nella quale era Campione Nazionale, decise di passare immediatamente professionista, aprendo così un ciclo lungo tre lustri che echeggiano luminosi nel ciclismo su pista. Meno di un mese dopo sul velodromo di Besancon, castigò gli olandesi Bert Oosterbosch, in semifinale e Herman Ponsteen nella finalissima e si laureò Campione del Mondo dell'Inseguimento. Con quel successo aprì un'era. Successivamente ridiventò iridato nell'86 a Zurigo su Hans-Henrik Oersted, dal quale era stato sconfitto in finale sia nell'84 che nell'85. Nel 1988 ha ottenuto per la terza volta la medaglia d'argento ai mondiali dell'inseguimento sconfitto dal polacco Lech Piasecki. In patria, da professionista, è stato cinque volte Campione Nazionale nella specialità amata ('80, '81, '86, '87 e '88) e una volta nell'americana nel '93. Ma la grandezza e l'internazionalità di Doyle, arrivò soprattutto dalle Sei Giorni: ne vinse 21 di cui ben 18 in coppia con l'australiano Danny Clark. Un altro dato che testimonia appieno la rilevanza di questo autentico campione venne sul finire del 1988, quando durante la Sei Giorni di Monaco di Baviera, fu coinvolto in una rovinosa caduta, dalla quale uscì con fratture multiple ed un trauma cranico gravissimo. Gli fu data l'estrema unzione e rimase in coma per dieci giorni. Ma la sua scorza si dimostrò durissima e dopo aver trascorso sei settimane in ospedale a cui seguirono due mesi in un centro di riabilitazione, aggravati psicologicamente dalla dichiarazione dei medici che lo davano finito per lo sport agonistico, Tony seppe ritornare. Non solo alla vita normale ma allo sport, da vincente, sia su pista che su strada. Già, l'asfalto, perché anche qui Doyle non fu comparsa. Fra le sue vittorie, la Tre Giorni di Girvan, lo Yorkshire Classic e il G.P. Harrogate nell'81, due tappe dello Sealink Internatinal '84, la Mercian Two Days '85 e due tappe alla Milk Race ('89 e '93). Insomma, uno dei più grandi ciclisti britannici di tutti i tempi checché ne pensi quell'osservatorio che, d'anglosassone, vede solo la realtà odierna. Tony Doyle, è morto a fine aprile scorso dopo una lunga lotta con una malattia.

Victor Joseph Henri Fastré (Bel)
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Nato a Liegi il 19 maggio 1890, deceduto a Rotselaar il 12 settembre 1914. Fondista ciclocrossista e pistard. Professionista dal 1910 al 1914 con 4 vittorie. Secondogenito di Hubert Henri e Marie-Catherine Leunen fi proprio il padre, che era stato un velocipedista a spingerlo verso il ciclismo. Victor entrò a far parte del club ciclistico locale il Cyclists Pesant Club Liège ed a 17 anni vinse la Bruxelles Jemeppe e finì 2° nel Prox Flemalle-Grande. L’anno seguente chiuse al 23° posto la Liegi-Bastogne-Liegi quando non era ancora 18enne. Dilettanti e professionisti correvano sovente assieme e nel 1909 si schierò nuovamente a quella che era già una classica, anche se ufficialmente aperta solo ai dilettanti. E fu così che al termine dei 235 chilometri di corsa, nel gruppetto di otto corridori che si giocarono la vittoria c’era anche lui. Fece una bella volata, finì secondo sul traguardo, ma poco dopo gli fu assegnato il successo. Un altro belga, Eugène Charlier, che era arrivato primo sull’arrivo, fu retrocesso al secondo posto, perché i commissari di gara, si erano resi conto che non aveva finito la corsa con la stessa bicicletta con la quale era partito. Al tempo i regolamenti proibivano il cambio di bici: poteva essere cambiato un pezzo riparato o sostituito dallo stesso concorrente, ma non l’intera bici. Altrimenti si andava incontro ad una retrocessione. Fastré, quando vinse, aveva solo 18 anni e 362 giorni: il più giovane vincitore della Liegi-Bastogne-Liegi.  
Quel successo gli valse un contratto con l’Alcyon per un paio di stagioni. Nel 1910 e ’11 corse soprattutto in Francia ed il primo anno da accasato vinse il Ciclocross di Liegi, una delle prove più importanti del tempo. Tornato in Belgio nel 1912 in seno alla Sarolea si riclassificò alla Liego Bastogne Liegi chiudendola al 5° posto. Nel resto della stagione, per monetizzare, si concentrò sulla pista, dove effettivamente si poteva guadagnare. Nel 1913, in una puntata su strada, finì 2° nel Gp Farciennes, mentre nel luglio 1914, dopo diverse vittorie minori vinse una importante prova d’omnium al Velodromo Garden City di Anversa. Poco più di due settimane dopo, scoppiò la prima guerra mondiale. Arruolato nell'esercito belga, Victor Fastré trovò la morte il 12 settembre 1914 neo pressi di Rotselaar. Ha ricevuto postumo l'onore militare dell'Ordine di Leopoldo.  

Dieudonné Gauthy (Bel)
[Immagine: 1571905411170GauthyDieudonne-1913.jpg]
Nato il 19 maggio 1893 a Pepinster, deceduto il 24 gennaio 1957 a Clermont-sur-Berwinne. Fondista. Professionista dal 1912 al 1914 e dal 1919 al 1920, con 10 vittorie. Un corridore che pagò assai, agonisticamente, la prima guerra mondiale, ma aveva dimostrato di poter reggere gli sforzi delle corse a tappe quanto le corse di un giorno più aspre.
Figlio di contadini iniziò il ciclismo a 18 anni nel 1911 e subito fece gridare la sua presenza: fu 3° nella Bruxelles Liegi riservata a dilettanti ed indipendenti. Divenuto indipendente, l’anno seguente quella gara la vinse. Fu 2° nella Binche Tournaai Binche, vinse la Liegi Bastogne Liegi di categoria fu 2° nella Anversa Menen e nella Bruxelles Esneux.
Nel 1913 passò professionista con l’Alcyon ed esplose vincendo una tappa e la Classifica Finale del Giro del Belgio. Da notare che solo nella seconda frazione non arrivò fra i primi tre e dietro di lui, nella graduatoria conclusiva, tutti i migliori ciclisti del mondo. Nell’anno fu Campione belga Interclubs, vinse la Bruxelles Oupeye e il Gp Haccourt. L’anno seguente puntò sul Tour de France al quale partì dopo aver colto un 3° posto in una tappa del Giro del Belgio. Ma la Grande Boucle lo vide allo start in non buone condizioni di salute che lo costrinsero al ritirò nella terza frazione dopo esser stato 10° nella prima tappa.
Tornò a correre dopo la guerra, nel 1919, ma non era più il corridore del ’13. Ciononostante vinse la seconda e la terza tappa del Giro del Belgio  e fece sua la Retinne-Marche-Retinne. Fu poi 3° nel Campionato belga Interclubs. Nel 1920, causa condizioni di salute non buone corse pochissimo ed a fine anno, a soli 27 anni si ritirò.

Jan Janssen (Hol)
[Immagine: Janssen,%20Jan%2069.jpg]
Nato a Nortdoorp il 19 maggio 1949. Stradista completo e seigiornista alto 1,74 per 76 kg. Professionista dal settembre 1961 al 1973 con 129 vittorie.
Un corridore di grande completezza, di classe, ed in possesso di una spiccata volontà che andava a braccetto con una formidabile intelligenza tattica. La completezza non la giocò subito, agli inizi infatti si limitò ad usare al meglio il suo spunto veloce. Per questo quei tanti che lo definivano velocista, compreso molti colleghi, sotto-stimarono a lungo le sue possibilità su prove difficili, sbagliando pronostici o giudizi se erano giornalisti, o venendo battuti inaspettatamente se erano corridori. Il fatto poi che il suo astigmatismo lo costringesse ad usare gli occhiali anche in corsa, oltre a dargli sembianze signorili e da impiegato, aumentò non poco una forma di depistaggio sulle sue effettive valenze. Lui però, l’occhialuto olandese, è sempre stato forte e ci sapeva fare, arrivando nei dieci anni ai massimi livelli, a costruirsi, fra successi e piazzamenti un raro curriculum. Nel 1968, è stato il primo olandese a vincere il Tour de France, proprio grazie all’ultima cronometro che lo vedeva sfavorito rispetto a Van Springel e Bracke. Era però più fresco e non essendo per nulla fermo contro il tempo, riuscì a fare il colpaccio. Ma il Tour, anche se molti osservatori lo hanno dimenticato, lo aveva già sfiorato due anni prima, quando finì secondo dietro Lucien Aimar, che aveva potuto godere degli aiuti e dei consigli di un certo Jacques Anquetil. Inoltre, l’anno prima, ovvero nel 1967, aveva stradominato la Vuelta di Spagna vincendo sia la Generale che la Classifica a punti. Con un simile retroterra, ancora oggi si commette l’errore di giudicare la sua vittoria al Tour de France come la “sorpresa di un occasionale”, quando invece Janmeritava una buona fetta di pronostici. È poi stato un grande corridore anche nelle Classiche, perché ha vinto il Titolo Mondiale nel ’64, la Parigi Roubaix nel ’67 dove mise in fila gran parte del fior fiore del ciclismo anni’60, la Bordeaux Parigi ’66 e, da giovanissimo, il Campionato di Zurigo nel ’62. Inoltre, e questo da un grande segno di qualità, ha colto numerosissimi piazzamenti di peso in tutte le altre classiche del periodo. Qualcuno, a tal proposito, ha detto che non ha tangibilmente corso in Italia, ma si dimentica i piazzamenti colti da Janssen al Giro di Lombardia, alla Milano Sanremo e al Trofeo Laigueglia. A tal proposito dopo queste succinte note, si allega il suo ruolino di vittorie e piazzamenti più importanti. Da corridore e anche dopo, ha sempre goduto di una grande popolarità, ma è rimasto un uomo equilibrato capace di vedere sempre le cose in prospettiva. Dopo la carriera, ha anche avviato una fabbrica di biciclette, che ora è seguita dai suoi figli.
Il suo ruolino anno per anno.
1962 (Locomotief) una vitt.: Campionato di Zurigo. 1963 (Pelforth) 6 vitt.: 1° e 3° tappa del Midi Libre, 1a tappa del Tour de Picardie, 3a tappa del Giro del Belgio, 1a (cronosquadre) e 7a tappa del Tour de France. 1964 (Pelforth) 11 vitt.: Campionato Mondiale su strada, 7°, 10° tappa e Classifica a punti al Tour de France, Parigi-Nizza Classifica Generale e a Punti, GP du Dahu a Objat, Criterium di Schiedam, Quillan, Brioude, Brasschaat. 1965: (Pelforth) 21 vitt.: 12a tappa e Classifica a Punti del Tour de France, 3a tappa e Classifica Generale Finale del Giro d'Olanda, 3a tappa parte a Parigi - Nizza,  7a tappa parte a del Critérium du Dauphiné Libéré, 1a tappa del Midi-Libre, 4a tappa parte a del Tour du Sud-Est, Ronde de Seignelay, Ronde Mayennaise, GP Cote Normande, GP Eu-le Tréport, GP Limoges,  GP La Roche sur Yon, Criterium Laval, Criterium Périers, Criterium Ploudalmezau, Circuit D'Armorique, Criteriun Saussignac,  GP du Parisien (crono con Henri Anglade e Willy Monty), Seigiorni di Anversa con Peter Post e Klaus Bugdahl. 1966 (Pelforth) 15 vitt.: Bordeaux Parigi, Freccia del Brabante, Classifica Generale e 1a tappa (cronosquadre) del GP d’Olanda, GP Bleijerheide, Ronde Mayennaise, Criterium di Censeau, Flavignac, Rijen, Cambrai, Chateau-Chinon, Censaux, Kerkrade, La Joux e Blois (dietro derny), Seigioreni di Anversa con Fritz Pfenninger e Peter Post. 1967 (Pelforth) 21 vitt.: Parigi Roubaix, Classifica Generale Finale, Classifica a Punti e 1a tappa (cronosquadre) della Vuelta di Spagna; Superprestige Pernood; Parigi Lussemburgo e 1a tappa dello stesso; Classifica a Punti e 13a tappa del Tour de France; 4a, 6a e 7a tappa del Giro di Catalogna; Genova Nizza, Criterium Cours,  Hénon, La Trimouille, Kortenhoef, Vailly-sur-Sauldre, Ossendrecht;  Seigiorni di Madrid con Gerard Koel, Seigiorni di Anversa con Fritz Pfenninger e Peter Post. 1968 (Pelforth) 19 vitt.: Tour de France con 14a e 22a tappa, 1a e 2a tappa e Classifica a Punti della Vuelta di Spagna, 5a tappa Parigi Nizza, 5a tappa e Classifica a Punti della Vuelta a Mallorca, GP Botry, GP Bourg-en-Bresse, Criterium Bitry, Leiden, Ussel, Vayrac, Solesmes, Le Havre (Cronosquadre), Petit Tour de France a La Cipale, Seigiorni di Amsterdam con Klaus Bugdahl. 1969 (Bic) 16 vitt.: GP d'Isbergues, 2a tappa e Classifica Generale Finale Vuelta a Mallorca, Classifica a punti al Tour de Suisse, 5a tappa Parigi Nizza, 2a tappa Critérium du Dauphiné Libéré, GP Bussières, Critérium Boulevards, GP Leiden, Criterium Sommeval, Vittel, Bastia, Troyes e Stekene, Critérium cycliste international de Quillan. 1970 (Bic) 9 vitt.: GP Martini,3a tappa parte a Vuelta dei Paesi Baschi, 6a tappa Paris - Nice, 2a tappa del Midi Libre, Criterium Chassignol, Den Hoorn e Menton, GP Oradour-sur-Glane, Seigiorni di Groningen con Peter Post. 1971 (Bic) 4 vitt.: 5a tappa Tour della Nuova Francia; Criterium di Kamerik, GP Limpoeping, Campionato d’Olanda Crono per Club. 1972 (Flandria) 6 vitt.: 2a tappa Giro del Lussemburgo, GP Ulvenhout, Criterium Klaaswaal, Hendrik-Ido-Ambacht, Kortenhoef e Rieux.
Piazzamenti di prestigio.
1963 (Pelforth): 2° alla Freccia Vallone, 3° alla Parigi Roubaix, 7° al Campionato Mondiale, 9° alla Liegi-Bastogne-Liegi. 1964 (Pelforth): 2° nel Super Prestige Pernood, 2° alla Freccia Vallone, 6° alla Parigi Bruxelles, 7° al Giro di Lombardia, 8° Parigi Roubaix, 8° Parigi Tours, 11° Giro delle Fiandre. 1965 (Pelforth): 6° alla Milano Sanremo, 7° Parigi Tours, 9° al Tour de France, 11° alla Liegi-Bastogne-Liegi. 1966 (Pelforth): 2° al Tour de France, 2° Parigi Roubaix, 4° Super Prestige Pernood, 4° Parigi Tours, 7° Gand Wevelgem, 9° Giro di Lombardia. 1967 (Pelforth): 2° Campionato Mondiale, 2° Gande Wevelgem, 5° al Tour de France, 9° Giroi deke Fiandre, 10° Giro di Lombardia. 1968 (Pelforth): 3° Giro delle Fiandre, 3° Freccia Vallone, 3° Super Prestige Pernood, 4° Giro di Lombardia, 6° Vuelta di Spagna, 8° Parigi Roubaix, 11° Parigi Tours. 1969 (Bic): 2° Bordeaux Parigi, 7° Milano Sanremo, 9° Giro di Lombardia, 10° Tour de France. 1970 (Bic): 7° Parigi Roubaix, 7° Gand Wevelgem, 8° Giro delle Fiandre. 1971 (Bic): 4° Parigi Roubaix, 6° Giro delle Fiandre, 9° Gand Wevelgem

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 18 maggio
Inviato da: Morris - 18-05-2023, 06:52 AM - Risposte (2)

Alberto Minetti
[Immagine: 16284973341325Minetti,Alberto.JPG]
Nato a Ceva, in provincia di Cuneo, il 18 maggio 1957. Passista scalatore, alto m. 1,80 per kg. 70. Professionista nel 1981, senza ottenere vittorie. Una storia triste la sua, ma era un gran talento.
Dalla località di nascita si trasferì a Cuneo con la famiglia quando aveva 10 anni. Le prime esperienze agonistiche nelle categorie giovanili seguite all'esordio ai Giochi della Gioventù, a 14 anni. Le maglie di quegli anni furono quelle della Primavera di Chiusa Pesio e della Tortonese Serse Coppi fra gli juniores, dove vestì pure la maglia azzurra di categoria ed approdò fra i dilettanti nel 1976 con gli stessi colori. La Tortonese però, a fine stagione annunciò lo scioglimento della squadra ed Alberto si trasferì al G.S. Brooklyn Gios, per poi approdare nel 1978 nella storica squadra della Fiat Trattori.
Qui nacque e si consolidò un'amicizia importante e duratura con il direttore sportivo Italo Zilioli. Alberto, con la maglia rossa Fiat Trattori, si affermò subito come corridore vincente e non solo in Italia. A fine stagione '78 vinse due tappe alla Vuelta de Chile e questo fu di buon auspicio per la stagione a seguire. Il 1979 infatti, fu l'anno della sua esplosione. Tante vittorie e tra queste le più prestigiose furono la classica Milano-Tortona, il Giro della Campania, il GP di Diano Marina e, con la maglia azzurra, la Classifica Generale della Settimana Bergamasca, gara di primo livello internazionale con qualificatissima partecipazione di formazioni nazionali. Inoltre al Giro della Valle d'Aosta ottenne due vittorie di tappa e il secondo posto nella Classifica finale. Alberto confermò poi la sua grande attitudine alle corse a tappe anche nel 1980, vincendo una tappa e la Classifica generale del Giro delle Regioni, altra manifestazione di rilievo internazionale, una tappa del Giro della Valle d'Aosta e una tappa della Settimana Ciclistica Bergamasca. Non mancarono pure le vittorie in corse in linea, come ad esempio la Coppa Caduti di Soprazocco.
Sempre nel 1980 partecipò, in maglia azzurra, ai Giochi Olimpici di Mosca, sia nella gara in linea, sia nella cronometro a squadre e fu ricercatissimo dalle formazioni professionistiche di maggior spicco per il passaggio di categoria nel 1981. Erano gli anni del dualismo Moser-Saronni con entrambe le formazioni dei due big che si contendevano il più che promettente cuneese che approdò, dopo varie valutazioni, alla formazione della Famcucine-Campagnolo capitanata da Francesco Moser. Naturalmente il giovane Minetti, per acquisire esperienza, svolse le normali attività che sono delegate ai collaboratori di squadra in favore del capitano e, al Giro d'Italia 1981, il primo e purtroppo unico della sua brevissima carriera nella categoria maggiore, conquistò la piazza d'onore nella classifica dei giovani e offrì testimonianze varie delle sue ottime attitudini in altre competizioni. Due mesi dopo, il 10 agosto, Alberto venne investito da una vettura mentre si stava allenando nei pressi di Osasco, fra Pinerolo e Cavour e riportò la frattura totale del plesso brachiale del braccio sinistro e altre gravissime lesioni che fecero temere per la sua vita, come indicava la diagnosi medica e la conseguente degenza, in rianimazione, per un mese, all'ospedale le Molinette di Torino. Questo increscioso incidente interrompe definitivamente la sua carriera e gli lasciò, quale conseguenza, una grave menomazione permanente nell'uso del braccio sinistr,o nonostante i vari interventi chirurgici a cui si sottopose per ovviare, per quanto possibile, alla disastrosa condizione.
Dopo il lungo periodo di riabilitazione trovò impiego alla Fiat, poi in un consorzio agrario e quindi in banca, raggiungendo la meritata pensione.Dal 2000 al 2004 è stato presidente provinciale della Federazione Ciclistica Italiana per la provincia di Cuneo.

Angelo Tosoni
[Immagine: 4423.jpg]
Nato a Castenedolo (BS) il 18 maggio 1952. Passista, alto m. 1,72 per kg. 69-70. Professionista dal 1977 al 1980, senza ottenere vittorie.
Un corridore ardimentoso che meritava di più per la volontà che mise sui pedali. Purtroppo il non eccelso talento fu ulteriormente limato dalla sfortuna. In ogni caso, Angelo è stato un corridore di buone qualità che non ha avuto, come detto quel che si meritava, ed che è sceso presto dalla bici perché il suo stipendio era così magro, da non permettergli di vivere dignitosamente.
Una carriera dilettantistica lunga sicuramente troppo, ed un esordio professionistico, nel 1977, con una squadra, la GBC Itla, che era molto garibaldina. Una squadra per tanti aspetti su misura per lui, che garibaldino lo era nell’anima. Tosoni infatti andava spesso in fuga facendo incetta di traguardi volanti. Quei traguardi intermedi che, nel '79, lo portarono a vincere il massimo premio costituito da una Fiat Ritmo al Giro d'Italia. Un combattente nel vero senso della parola, che colse il 3° posto al Giro del Friuli ’77 e che nella Vieste-Chieti, sesta tappa del Giro '79, venne staccato dal compagno di fuga lo svizzero Wolfer in prossimità del traguardo. Avesse vinto quella tappa sicuramente qualcosa sarebbe cambiato, ma il traguardo era in salita, terreno a lui piuttosto ostico e, quindi, all'arrivo arrivò "solo" secondo. L'anno successivo lasciò il ciclismo consapevole di aver dato il massimo. Trovò lavoro in una carpenteria metallica, si sposò ed ebbe due figlie. In carriera dopo la GBC corse per la Mecap, la CBM Fast Gaggia e la Famcucine e partecipò, finendoli tutti, a quattro  Giri d’Italia (1977 86° - 1978 65° - 1979 110° - 1980 74°).

Jacobus “Jack” Van Meer (Hol)
[Immagine: 16285180931325VanMeer,Jacques.jpg]
Nato a Wouwse Plantage il 18 maggio 1958. Passista veloce. Professionista dal 1981 al 1987 con  un ex ciclista da corsa olandese , professionista dal 1981 al 1987.
Nonostante una ottima carriera fra i dilettanti, dove in tre anni vinse fra le altre corse, quattro tappe dell’Olympia's Tour,  l'Omloop der Kempen, il Giro del Limburgo, il Campionato Olandese su strada e partecipò alla prova in linea delle Olimpiadi di Mosca (33°), non riuscì a passare professionista in squadre di primaria qualità. Nel 1981, infatti, fece il salto nella massima categoria ma non andò oltre il Team HB Alarmsystemen-Gios, una piccola formazione olandese a cui seguirono negli anni successivi l’Amko Gazelle, la Fangio Assos e l’AVP Lotto. In quel lasso, riuscì a vincere il Memorial Josè Samyn ’83, la 4a tappa della Ruta del Sol e la prima frazione della Six van Rijn e Gouwe ’84, fu 2° alla Parigi-Camembert ’83. Solo al suo quinto anno da professionista firmò un contratto con la forte squadra Skil, che gli permise di fare il suo debutto al Tour nel 1985. Nel suo unico Tour, Van Meer ha agito come gregario principale di Seán Kelly che, in quell'anno, arrivò terzo in Classifica e vinse la maglia verde. “Jack” invece finì 3° nel Campionato Olandese su strada e vinse il Gp Steenwijk. Nel 1986 le squadre di Skil e Skala si fusero e Van Meer ebbe presto problemi con chi gestiva il sodalizio. Anticipò così la decisione di abbandonare l’agonismo a soli 28 anni.

Sean Yates (Gbr)
[Immagine: 16237860351325Yates,Sean.jpg]
Nato a Ewell, il 18 maggio 1960. Passista. Professionista dal 1982 al 1996 e nel 1999, con 32 vittorie. Uno dei migliori passisti degli ultimi 30 anni. Stile e compostezza, unite ad una bella dose di potenza, ne han fatto un ottimo cronoman ed un perfetto uomo squadra, spesso al servizio di compagni che gli erano inferiori. Aldilà delle vittorie, sicuramente minori rispetto alle qualità possedute, Sean Yates ha aggiunto una infinità di piazzamenti, diversi di prestigio ed alcuni davvero beffardi. Su tutti il posto d'onore conquistato nella Gand Wevelgem 1989, quando in fuga con l'olandese Gerrit Solleveld, lo trainò completamente per decine di chilometri, prima di essere superato nello sprint decisivo. Ottimo nelle brevi corse a tappe e grandissima spalla nei Grandi Tour. Dalle vittorie che seguono, si potrà notare la sua grande completezza.
Tutti i suoi successi.
1982: 4a tappa Circuit Cycliste de la Sarthe; 3a tappa Tour d'Indre-et-Loire; GP Airedale; Classic New Southsea; GP Southsea; GP di Beaconsfield; GP di Harrogate; Criterium Great Yorkshire. 1983: GP London. 1984: Prologo Quattro Giorni di Dunkerque; GP Bristol; GP Isle of Wright. 1986: 2a tappa Milk Race. 1987: GP de Cannes; 3a tappa Tour of Ireland. 1988: 6a tappa Tour de France; 12a tappa Vuelta a España; 5a tappa GP du Midi-Libre; 1a tappa Paris - Nice. 1989: GP Eddy Merckx; Prologo Giro d'Olanda; 1a tappa parte a Giro del Belgio, 1a tappa parte b Giro del Belgio, Classifica Generale Giro del Belgio. 1991: 5a tappa Criterium du Dauphiné Libéré; 4a tappa Tour of Ireland. 1992: Campionato Nazionale Gran Bretagna. 1993: 3a tappa del Dupont Tour. 1994: USPro Championship. 1996: GP di Brighton; GP di Crawley. 1999: 1a tappa del GP East Grinstead.

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 16 maggio
Inviato da: Morris - 16-05-2023, 12:24 AM - Nessuna risposta

Guido De Santi
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Nato il 16 maggio 1923 a Trieste, ed ivi deceduto il 30 ottobre 1998. Passista veloce, alto m. 1,75 per 73 kg. Professionista dal 1947 al 1957, con 15 vittorie. Poteva vincere di più, per le sue notevoli doti sul passo, a cui aggiungeva un ottimo spunto veloce, ma si tarpò diverse volte le ali, a causa di iniziative di fuga tanto anticipate, spesso praticamente in partenza, così dispendiose da fargli bagnare le polveri nelle fasi finali. Questa caratteristica, gli valse il nomignolo di "Fuggitivo pazzo" e qualche antipatia in gruppo. Comunque, questo atleta triestino dal fisico compatto e così combattivo, è stato un ottimo corridore, tanto popolare, quanto tangibile. Fra le sue vittorie spiccano tappe al Giro d'Italia, il Giro di Germania, ancora tappe alla Roma-Napoli-Roma in versione ciclomotoristica, di cuoi fui grande animatore, nonché classiche come la Tre Valli Varesine e la Milano Modena. Buoni anche i suoi piazzamenti, fra i quali spicca il 3° posto alla Bordeaux-Parigi nel 1953. In carriera partecipò a 9 Giro d'Italia che concluse sempre col miglior piazzamento nel 1953, 8°, edizione nella quale vesti per tre giorni la Maglia Rosa. Con la Nazionale fu allo start del Tour de France per tre volte, con compiti di gregariato, per Bartali e Coppi. Delle tre partecipazioni, ne concluse solo una, nel '49 dove finì 55°. Fu azzurro ai Mondiali di Varese nel '51, che chiuse 23°. Corse per la Wilier Triestina (1947-'48), l'Atala (1949-'50), la Benotto (1951-'52-'53), la Bottecchia (1954), la Chlorodont (1955) e l'Ignis (1956-'57).
Tutte le sue vittorie. 1949: Tappa Cosenza al Giro d'Italia; Milano-Modena; Circuito di Rieti. 1950: Circuito di Serravalle Sesia. 1951: Tappa di Firenze al Giro d'Italia; Giro di Germania, Tappa di Oberschenzberg al Giro di Germania; Tre Valli Varesine;Tappa di Salerno alla Roma-Napoli-Roma; Circuito di Lanciano. 1953: Tappa di Terni alla Roma-Napoli-Roma; Circuito di Hulm; Circuito di Schwenningen; 1954: Tappa di Terni alla Roma-Napoli-Roma. 1956: Circuito di Muggia.
I suoi piazzamenti di rilievo. 1949: 3° al Giro del Lazio; 2° al Trofeo Baracchi con Bevilacqua; 3° nella tappa di Torino al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Cannes al Tour de France. 1950: 2° nella tappa di Napoli al Giro d'Italia; 1951: 2° nella Roma-Napoli-Roma; 3° nella tappa Alassio al Giro d'Italia. 1952: 3° nella tappa di Siena al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Sanremo al Giro d'Italia. 1953: 2° nella tappa di Abano Terme al Giro d'Italia; 3° nella Bordeaux-Parigi. 1954: 2° nella tappa di Grado al Giro d'Italia; 2° nella 3 Giorni di Anversa. 1956: 3° nel Giro di Toscana; 3° nella tappa di Mantova al Giro d'Italia.

Luciano Maggini
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Nato il 16 maggio 1925 a Seano (FI), ed ivi deceduto il 24 gennaio 2012. Velocista. Alto 1,71 per 67 kg. Professionista dal 1947 al 1957 con 31 vittorie. Un corridore tenace e grintoso, ottimo velocista, con un buon palmares che, per le sue caratteristiche, in epoca odierna lo farebbe campione di segno positivo anche nelle corse a tappe. Già, perché in Luciano, che passa alla storia come un velocista e che ebbe nelle corse di un giorno il suo apice, ci sono anche piazzamenti significativi al Giro, come il 5° posto nell'edizione del 1950. Domanda delle "cento pistole": sarebbero capaci le odierne ruote veloci, di fare tanto? E poi, ci sono in gruppo oggi dei Coppi, dei Bartali e dei Magni nei Giri? I conformisti direbbero: "ognuno ha la sua epoca!". Mah... Resta il fatto che nel palmares di questo corridore recentemente scomparso c'è un po' di tutto e c'è pure la constatazione che, spesso, le sue polveri giunsero bagnate al traguardo, per il grande lavoro o per i tentativi di fuga a monte, senza l'appoggio dei faticatori gregari. Luciano Maggini, iniziò a correre Il 30 agosto 1942, a 17 anni, prendendo la bicicletta del fratello Sergio, poi professionista discreto pure lui, anche se di valore inferiore, che, al tempo, era soldato in Grecia. Luciano vinse quella corsa da allievo, andando in fuga, recuperando per le forature, fino al tentativo decisivo e solitario che lo portò al traguardo con più di tre minuti sugli altri. Passò dilettante nel '45 e nel '46 vinse 17 corse, guadagnandosi l'azzurro per i Mondiali di Zurigo, dove chiuse 9°. Poco prima del Lombardia '47, passò tra i prof ,dove si distinse eccome, segnando la sua epoca come un corridore di primo piano a livello nazionale. Uniche pecche: la non partecipazione al Tour e le poche gare, nel complesso (anche se con vittorie) all'estero. Nel suo palmares spiccano sette tappe al Giro d'Italia e diverse classiche italiane. Vestì due volte la maglia azzurra ai Mondiali su strada, risultando il migliore degli italiani, nella famosa edizione di Valkenburg '48, 4°, e nel 1949 a Copenaghen, dove finì 17°. In carriera ha corso per la Benotto (1947), la Willier Triestina (1948-'49), la Taurea (1950), l'Atala (1951-'52-'53-'54-'55-'56) e la Girardengo (1957).

Tutte le sue vittorie.
1947: tappa di Reggio Emilia al Giro d'Italia; tappa di Bagno Casciana al Giro d'Italia; Gran Premio Nizza; Circuito di Reggio Emilia. 1948: tappa di Parma al Giro d'Italia; Giro Campania; Giro del Veneto; Criterium Neuchatel; Circuito di Verona; Circuito di Cascina (PI). 1949: tappa di Sanremo al Giro d'Italia; Gran Premio Induslria e Commercio; Circuito di Ostia; Circuito di Verona; Circuito di Cascina (Pi); Circuito di Firenze; Circuito di Castelfranco Veneto. 1950: tappa di Brescia al Giro d'Italia; tappa di Arezzo al Giro d'Italia; Giro dell'Emilia. 1951: tappa di Bologna al Giro d'Italia; Giro della Provincia di Reggio Calabria; Giro dell'Emilia. 1952: Tappa Frosinone al GP Ciclomotoristico; Giro di Romagna; Gran Premio Industria e Commercio. 1953: Milano-Torino; Giro della Provincia di Reggio Calabria; Gran Premio Massaua-Fossati; Circuito Irnola. 1954: Giro del Veneto.
I suoi migliori piazzamenti.
1948: 2° nel Giro di Toscana; 2° nella Sassari-Cagliari; 3° nel Campionato Italiano. 1949: 2° nel Campionato Italiano; 3° Milano-Modena; 3° nella tappa di Cosenza al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Pesaro al Giro d'Italia. 1950: 2° nel Giro del Lazio; 2° nella tappa si l'Aquila al Giro d'Italia. 1951: 2° nel Giro del Veneto; 3° nella tappa di Roma al Giro d'Italia. 1952: 2° nel Giro del Piemonte; 2° nella tappa di Milano al Giro d'Italia. 1953: 2° nel Giro del Veneto; 2° nel GP Industria e Commercio; 2° nella tappa di Roma al Giro d'Italia; 2° nella tappa di Milano al Giro d'Italia. 1954: 3° nella Milano-Torino. 1955: 3° nella Coppa Bernocchi.

Josè Mateo Gil (Esp)
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Nato a Figols (Catalogna) il 16 maggio 1928, deceduto ad Olesa de Montserrat (Caalogna) il 27 agosto 2019. Passista veloce. Professionista dal 1950 e il 1957 con 7 vittorie.
Un discreto corridore catalano in voga nella fase precedente la “esplosione” del ciclismo spagnolo, fatto di buoni scalatori e di team che hanno segnato la storia come la Kas. Un ciclismo che pagò non poco quel franchismo che aveva messo in ginocchio, tanto l’economia, quanto la società intera.
Josè Mateo Gil, era un discreto velocista che seppe pure battere Miguel Poblet, ma aveva bisogno che a monte della volata decisiva ci fosse stata lotta e con salite non lunghissime. Ed era pure un corridore lunatico, capace appunto di battere un Poblet allo sprint, oppure improvvisare delle fughe solitarie da ciclismo eroico.
Si segnalò nel 1950, quando in maglia CC Barcellona, vinse proprio con una fuga solitaria lunghissima e oltre 24 minuti di vantaggio al traguardo, in quel di Santarem, l’11esima tappa del Giro del Portogallo. L’anno seguente, fece sua con un volatone, la Figueras-Barcellona, terza tappa del Giro di Catalogna. Nel 1952 e ‘53 vinse il Campionato di Barcellona e tornò ad una vittoria di peso nazionale ed internazionale nel 1955, quando in maglia Mariota s’aggiudicò la Mataro-Perpignan, quarta tappa del Giro di Catalogna, ancora in solitudine, dopo essere uscito nel finale da un drappello in fuga da un centinaio di chilometri. L’anno seguente passò alla Mobylette e vinse, ancora in solitudine, la prima tappa della Vuelta dei Pirenei, che si concludeva a Gerona. Chiuse poi al 2° posto quella corsa a tappe, battuto per soli 21”, dal regolarista Gelabert. L’ultima sua vittoria, pochi giorni dopo la Vuelta dei Pirenei, in volata, nel GP Catalunya. Chiuse la carriera, l’anno dopo.

Gustaaf Van Roosbroeck (Bel)
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Nato a Hulshout il 16 maggio 1948. Passista veloce. Professionista dal 1969 al 1981 con 75 vittorie.
Uno di quei corridori che c'era sempre, ma non vincendo gare da leggenda, molti lo han dimenticato. Eppure, di fronte a Gustaaf Van Roosbroeck, è necessario togliersi il cappello ed inchinarsi. Ha corso dodici anni nell'elite del ciclismo, ha vinto tantissimo facendo finire nel proprio palmares delle buonissime manifestazioni e non ha mai gareggiato da capitano unico. Soprattutto, non s'è mai tirato indietro e le corse le faceva, anche se gli va mosso l'appunto di essere stato, per lunghi tratti di carriera, troppo legato al territorio del Benelux. Già da dilettante si pose in grande evidenza, vincendo tappe del Giro del Belgio, dell'Olympia's Tour (in Olanda), la classica Bruxelles-Opwij, nonché giungendo 3° al Campionato del Mondo di Brno, dietro Mortensen e il connazionale Monsere.
Passato professionista dieci giorni dopo la gara iridata, il 3 settembre, all'interno della francese Mercier BP, in quel breve lasso di stagione, fece in tempo a rompere il ghiaccio, trionfando per distacco nel GP Heultje. Veloce, ma non velocissimo, si determinò finisseur vivendo sulla linea-distinguo di uscire negli ultimi chilometri, possibilmente da piccoli drappelli in avanscoperta. Gran parte dei suoi successi si sono concretizzati così. Fra le 75 vittorie del suo palmares le più importanti furono: il GP della Schelda, la Freccia Rebecquoise (una semiclassica che nelle sue otto edizioni ha salutato vincenti solo ottimi corridori) e una tappa del Giro del Belgio nel 1971 (anno in cui vinse 11 corse); la Kuurne-Bruxelles-Kuurne e la Putte-Kapellen (dove arrivò con Merckx e lo batté in volata) nel '72; la tappa di Strasburgo al Giro d'Italia, una tappa al Giro di Svizzera e nuovamente la Putte-Kapellen nel '73; una tappa del Giro di Romandia nel '74; la Wezembeek-Oppem nel '75; il Giro delle Tre Provincie e la Sint-Martens-Lierde nel '76; Il Giro del Belgio Centrale nel '78; la Tre Giorni di La Panne e l'Attraverso il Belgio nel '79; la Erembodegem-Terjoden e una tappa della Tre Giorni di La Panne nel 1980. Chiuse la carriera a metà 1981, vincendo il Crite-rium di Bruxelles.

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 15 maggio
Inviato da: Morris - 15-05-2023, 12:00 AM - Nessuna risposta

Pio Caimmi
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Nato il 15 maggio 1905 a Cesenatico ed ivi deceduto il 2 aprile 1968. Passista veloce. Professionista indipendente nel 1927 e professionista dal 1929 al 1934 con 7 vittorie.
Chi conosce bene la storia del ciclismo e dei suoi interpreti, definirebbe Pio Caimmi un ciclista tipo Romeo Venturelli, Raffaele Di Paco (nonostante costui abbia vinto tanto) e, per taluni aspetti, i belgi Willy Vannitsen e Fons De Wolf. Certo, con mezzi inferiori ai citati, ma comunque simile negli approcci alla disciplina e nella traduzione finale, lautamente inferiore al possibile. Una famosa affermazione del cesenaticense, lo riassume perfettamente: “Una vittoria non vale la fatica spesa per conquistarla”. Fatto sta che il “mattacchione” della riviera romagnola, scansate le fatiche mentali del dovere, era capace di battere i campioni dell’epoca con un quinto degli allenamenti e della professionalità a monte. E non certo perché era frenato dalla fame della miseria che lo costringeva ad altro. In altre parole, viveva sull’onda di quel minimo indispensabile che metteva al primo posto il divertimento e che diveniva estro perentorio, al contatto coi segni della convinzione nello sport della bicicletta, nonché calamita luminosa, soprattutto d’estate, per le belle turiste che gravitavano sulle sue spiagge. E, di lì, ore piccole, alcol, fumo, e sonno consumato dove si poteva, con tutta la parzialità del caso. Era insomma quel viveur romagnolo che tante zolle di considerazione e verità ha lasciato, ed ancora lascia, nella cultura italiana, nonostante lo spessore fattivo, lavorativo ed umano che trasuda nelle realtà dei più veri distinguo della nostra terra. Ed il ciclista Caimmi che ha fatto?
Cresciuto fra gli allievi della Renato Serra di Cesena, imparò subito a gestire la miglior convenienza del suo essere: i pochi sacrifici o allenamenti, consigliavano inconsciamente di stare coperto per quel massimo che i tempi e le strade del tempo consentivano, per poi esplodere quel “ben di dio” che la natura gli aveva dato o allo sprint o ad affondi poi definiti da finisseur. Le corse insomma lo avevano eletto subito protagonista. Nel 1924, divenuto dilettante passò alla Forti e Liberi di Forlì, non ancora forzatamente divenuta Associazione Sportiva Forlì, e l’atteggiamento di Pio Caimmi non cambiò, come del resto le risultanze nelle corse. Nel 1925 fu 2° sui 212 chilometri del Campionato Italiano che si concludeva a Milano, anticipato dal torinese Giovanni Balla, che s’avvalse al meglio della sua esperienza (aveva già 25 anni) e furbizia. Quella corsa comunque, é passata alla storia, per la morte a causa di una caduta nell’attraversamento del Parco di Monza, del giovane (19enne) Andrea De Rigo. Caimmi continuò il suo trend anche nel ’26 e l’anno seguente passò fra gli indipendenti, correndo in parte con la già famosa “Gloria” ed in parte con l’Aliprandi. Vinse quattro corse: la Coppa Turati, il Gran Criterium Sannita, la Coppa Farinacci e il Giro delle Caramiche, fu 2° nel Campionato Italiano Indipendenti a punti, 2° nella Coppa Del Grande e 3° nella Coppa Bernocchi. Ottimo quindi il suo ruolino nelle corse di un giorno, pessimo quello delle corse a tappe. Già, perché il Caimmi, partì per il Giro d’Italia, ma si ritirò molto presto, praticamente alle prime asperità. D’altronde una simile corsa, cozzava più di ogni altra, col suo essere “spirito libero”. Nel 1928 segnò per lui un passo indietro, perché la commissione tecnica dell’UVI, decise di riqualificarlo dilettante per portarlo al Mondiale di Budapest. E qui Pio s’impegnò, ma la dea bendata forse per fargli pagare tutte le sue evasioni, si mise in mezzo: il cesenaticense forò, insegui solitario e riuscì a rientrare sui primi, forò un’altra volta e nel veemente inseguimento, forse per un animale non mai definito, cadde rovinosamente, al punto d’esser costretto al ritiro. Nel 1929 passò professionista in seno all’Olympia. Fu subito 3° alla Milano Sanremo, anticipato dai singoli arrivi solitari di Binda che vinse e di Frascarelli. Poi il mattacchione cesenaticense si eclissò. Nel 1930, invece, tornato alla Gloria, fece la sua migliore stagione. Fu 2° alla Sanremo anticipato dal solo Michele Mara, ma davanti a tutti gli assi. Vinse il Giro di Toscana da autentico campione, vinse la Roma Ascoli anche qui da gran corridore e finì 4° nel Campionato Italiano. Solita nota stonata, il Giro d’Italia, con ennesimo anticipatissimo ritiro. Si mantenne nelle migliori posizioni del ciclismo italiano l’anno seguente. Vinse la Coppa delle Terre d’Alfonsine, fu 2° nel Giro della Provincia di Reggio Calabria, 5° nel GP di Torino, 6° nella Sanremo e 7° nel Campionato Italiano. Ovvio ritiro al Giro. Il 1932, invece, col passaggio in Maino, segnò l’inizio della sua ormai compiuta “cottura”, con un pieno anonimato agonistico, a cui fecero seguito quello del ’33 (l’unica notizia lo scontato ritiro al Giro) e quello definitivo del 1934. Si chiuse dunque mestamente la carriera di questo profeta del …“è meglio divertirsi”.

Gustaaf Desmet (Bel)
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Nato a Mariakerke il 14 maggio 1935. Passista veloce. Professionista dal 1957 al 1969 con 75 vittorie.
Doveva essere un crack, ma non mantenne le promesse, anche se vinse tantissimo. Un corridore elegante e di classe, che tra i dilettanti fu autore di un crescendo impressionante, capace di portarlo, nel 1956, a vincere dapprima la Gand Wevelgen e poi il Giro delle Fiandre riservati alla categoria. A fine anno, fu la punta di diamante della squadra belga su strada e del quartetto di inseguimento su pista, ma in entrambe le prove deluse. Sul tracciato di Melbourne, l'attacco dell'italiano Pambianco, che preparò quello vincente del connazionale Baldini, disintegrò la squadra belga e nella prova su pista, Desmet andò incontro ad una prestazione altrettanto incolore. Ridimensionato, passò professionista, ma le sue difficoltà di concentrazione e la scarsa determinazione lo frenarono a lungo. Solo dal 1960, già venticinquenne, iniziò a crescere nelle risultanze, guadagnandosi comunque un posto di evidenza nell'ambito del ricco ciclismo belga. Vinse parecchio, ma non conquistò mai delle classiche di primaria grandezza e nemmeno un posto nella nazionale ai mondiali.
Nel suo palmares, comunque, finirono quelle belle corse che, nel ciclismo decadente di oggi, trasformerebbero la carriera del buon Gustaaf Desmet, in quella di un campione al limite del fuoriclasse. Fra i suoi 74 successi, notevoli furono: la Coppa Sels nel '60; il Giro del Belgio Centrale nel '61; il Giro delle Ardenne Fiamminghe e il GP Denain nel '63, il Giro delle Regioni Fiamminghe e il Campionato delle Fiandre nel '64; la Quattro Giorni di Dunkerque e 4 tappe della stessa, il GP della Banca di Roeselare e il GP Rousies nel '65; la Kuurne-Bruxelles-Kuurne nel '66; il Giro delle Ardenne Fiamminghe, il GP Flandria, il GP Burst e il Campionato delle Fiandre Orientali nel '67; la Bruxelles-Bievene nel '68. Chiusa la carriera, fece fruttare gli studi e divenne insegnante di Educazione Fisica.

Gianfranco Gallon
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Nato a Monfalcone (Trieste) il 15 maggio 1942. Alto m. 1,77 per kg. 75. Professionista dal 1967 al 1968. Non ha ottenuto vittorie.
Atleta dal fisico compatto, uno che oggi, secondo i dettami dei "teorici dell'anoressia", sarebbe da "definire obeso" per il ciclismo su strada. Ma i suoi erano tempi più umani, naturali e decisamente meno "inquinati" e lui poté farsi gran dilettante. Già, perché il difetto o la sfortuna di Gallon, fu quella di passare fra i professionisti dopo i venticinque anni, quando aveva già profuso quelle tante fatiche che oggi non esistono nel pedale degli Under e...degli stessi professionisti. Uno dei tantissimi, insomma, che ha lasciato il meglio di sé quando non si faceva leggenda. Da "puro", vinse fra le altre corse, traguardi come il Giro del Casentino nel '61, il GP Comune di Cerreto Guidi nel '63, il Giro del Belvedere nel 1964 e l'anno seguente il GP Pretola e, soprattutto il Giro di Sachsen, nell'allora DDR, dove andò a sfidare e battere i "professionisti di stato" dell'Europa dell'est. Ingaggiato dalla già prestigiosa Filotex diretta da Valdemaro Bartolozzi, passò prof nel '67, ma non si mise in evidenza ed a fine stagione fu lasciato libero. Accasatosi alla Kelvinator corse un '68 all'insegna dell'anonimato ed a fine anno decise di smettere.

Jorgen Marcussen (Den)
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Nato a Hillerod, in Danimarca, il 15 maggio 1950, Jorgen è stato uno dei corridori più strani, per non dire incredibili, fra quelli che ho potuto vedere. Longevo come pochi nella storia del ciclismo, mai fortissimo, ma dotato di ottimo talento. Arrivato più che maturo al ciclismo che conta, Marcussen rappresentava uno stereotipo del corridore nordico: biondissimo, perticone sulla bici, fortissimo sul passo. La sua variabile particolare: una predisposizione verso la salita, tanto rarissima quanto eccellente. Fu proprio in una di queste sue giornate d'ispirazione verso le pendenze, a staccare il biglietto delle convinzioni necessarie per arrivare al professionismo.
Nel 1976, a 26 anni, vinse infatti da "puro" la Bologna-Raticosa, una classica della categoria dal percorso breve, ma quasi totalmente in salita. Jorgen era arrivato tardi alla convinzione che il ciclismo potesse divenire per lui un mestiere e, per provarci, aveva scelto proprio l'Italia come trampolino. Sulle ali di quel successo, passò immediatamente fra i prof con la Furzi Vibor, giusto in tempo per correre il Giro d'Italia. Qui, fu subito autore di una grande prestazione giungendo 2° nella crono di Arcore, a soli 19" da Bruyere, ma davanti a Moser e Merckx!
Il '77, corso sempre con la Vibor, fu però contraddittorio: al G.P. di Castrocaro, contro le di solito amiche lancette finì 4°, ma da lui ci si aspettava di più; concluse poi il Giro all'88° posto senza mettersi mai in luce, salvo un 4° posto nella crono di Binago, ma nel caldo orrido del G.P. Nazioni, conquistò un prestigioso podio (3°), ed impegnò allo spasimo Hinault e Zoetemelk.
A fine anno lasciò l'Italia per correre con la belga "Avia Groene Leeuw". Anche il '78 fu però contraddittorio: solo discreto nella primavera, una parte centrale da dimenticare e poi il grande acuto ai Mondiali di Adenau, sul Nurburgring, dove giunse terzo, a 20" da Knetemann e Moser.
Il piazzamento raggiunto nella gara iridata, lo riportò in Italia l'anno successivo, nelle file della Magniflex, ma la stagione di Marcussen fu grigia, salvo uno strepitoso G.P. di Castrocaro, dove fu autore di un duello sul filo dei secondi con l'olandese Roy Schuiten. Fu sconfitto per dodici secondi, un'inezia se si considera la lunghezza di quella prova.
Convintosi di non poter ambire troppo a ruoli personali, il danese accettò così di fungere da spalla a Battaglin in seno alla Inoxpran. E il 1980, finalmente, diede un segno compiuto delle sue qualità. Vinse la cronotappa di Pisa al Giro d'Italia, lasciando a bocca asciutta i superspecialisti Hinault e Knudsen. Finì poi la corsa rosa al 33° posto e per tutto l'anno fu un valido luogotenente di Battaglin.
L'anno seguente, fu un grande protagonista alla Vuelta di Spagna, vinta dal suo capitano. A lungo secondo in classifica, a soli 2" dalla maglia amarillo, grazie ad una delle sue giornate di tenuta in salita, finì poi al quarto posto la corsa. Fu poi bravissimo al Giro, quando, impegnandosi come mai aveva dimostrato di saper fare, fu decisivo nella ulteriore grande vittoria di Battaglin e, nonostante il grande lavoro, chiuse la corsa rosa al 17° posto.
Nel 1982, dopo aver dimostrato di saper fare il gregario di lusso, decise di rigiocarsi le proprie carte, accettando l'offerta della Termolan, una formazione italiana di minori ambizioni, ma fu ancora una delusione. Ormai trentatreenne, tornò in patria, diradando l'attività e correndo come isolato con piccoli sponsor personali. Si dedicò (anche qui senza successi) alle Sei Giorni, e su strada ebbe modo di distinguersi nel 1983, quando giunse 2° nel Giro di Danimarca.
Si riaffacciò al ciclismo più importante nel 1985, correndo qualche gara con la francese Peugeot. L'anno seguente, già trentaseienne, tornò incredibilmente a correre a tempo pieno in Italia, ingaggiato dalla Murella-Fanini e, fra lo stupore generale, ritrovò il miglior colpo di pedale, arrivando a vincere in solitudine il Trofeo Matteotti. Era stato capace di resistere all'altimetria e al caldo, fino ad emergere su un cast di gran rispetto. Nel 1987, in maglia Pepsi Cola, trionfò nel G.P. Sanson a Conegliano, ancora una volta giungendo solo. Finì poi secondo nel campionato danese.
Continuò a correre, sempre con la Pepsi Cola Fanini, anche nell'88 e nell'89, cogliendo ancora degli importanti piazzamenti. Notevole il 2° posto sempre al Trofeo Matteotti nel 1988. Agli albori degli anni '90, chiuse finalmente il suo lungo rapporto col ciclismo pedalato, divenendo direttore sportivo e Manager.

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 14 maggio
Inviato da: Morris - 14-05-2023, 08:31 AM - Nessuna risposta

Roberto Ballini
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Nato a Camajore (Lucca) il 14 maggio 1944. Completo, alto m. 1,78 per kg. 68. Professionista dal 1966 al 1972 con 2 vittorie. Un buon corridore, decisamente superiore al raccolto di carriera, a causa di un persistente malanno alla gamba sinistra che ne ha limitato a lungo il rendimento e gli accorciato la carriera. Inoltre, essendosi trovato a correre al cospetto della più forte generazione della storia, con capitani idrovore, ha pagato quegli umani pregi, con un esagerato ruolo di gregariato. Già perché Roberto di doti ne aveva ed era completo.
Nato a Camaiore, dove la famiglia era sfollata a causa della guerra, dopo la consueta trafila tra le categorie giovanili dove fu Campione d’Italia Esordienti, passò dilettante vestendo la maglia della S.C. Mignini Ponte. Qui continuò a mietere successi in tutti i modi, ed a vent’anni colse, fra i tanti successi, il prestigioso GP Vivaisti Cenaiesi. Sempre nel 1964, arrivò secondo nella tappa più dura, del Giro della Valle d’Aosta. La stagione seguente continuò il suo solito ruolino e al passaggio al professionismo, avvenuto nel 1966 in seno alla Filotex di Franco Bitossi e di Valdemaro Bartolozzi sull’ammiraglia, i primi posti colti fin lì da Roberto Ballini erano un’ottantina. Carattere solare e sempre pronto alla chiacchiera, Ballini su fece subito ben volere da tutti i colleghi. Nella stagione d’esordio fu 3° nel GP Industria e Commercio e 5° nella tappa di Vittorio Veneto al Giro d’Italia che chiuse al 58° posto. L’anno seguente fu 2° al Giro del Piemonte, 3° nel GP di Camaiore e 3° nella quarta tappa del Giro di Romandia che si concludeva a Sainte Croix. Nel 1968 passò alla
Max Mayer di Nencini e nella stagione fi 2° al GP di Camaiore, 2° al Giro dell’Appennino, 3° nella Coppa Bernocchi e 3° nella Crono-staffetta. Pur non avendo ancora vinto, l’anno dopo passò alla GBC, che puntava su di lui per vincere qualcosa di importante su strada. La stagione partì bene per Ballini, che finì terzo nella tappa di Pescasseroli alla Tirreno Adriatico e venti giorni dopo conquistò finalmente il suo primo successo da professionista, facendo sua la Coppa Placci davanti a Roger Kindt ed al veneto Gianfranco Bianchin. Dopo il 3° posto nel GP di Montelupo, arrivò la vittoria più bella, il primo giugno, al Giro d’Italia. La tappa che da Parma si concludeva a Savona lo vide superlativo nel sorprendere i velocisti, conquistando la vittoria davanti a Basso e Reybroeck. Fu un giorno particolare però, che offuscò parzialmente il suo successo: Eddy Merckx, Maglia Rosa, fu trovato positivo al controllo antidoping e costretto ad abbandonare la corsa, fra furiose polemiche. Roberto concluse il Giro 73° e l’anno col 9° posto nella Coppa Sabatini. Era stata la sua stagione migliore, ma un paio di cose cominciarono a preoccuparlo: la paga, pur migliorata era sempre poca roca roba per pensare al futuro, ed in più quel malanno alla gamba sinistra, che già da alcuni mesi lo tormentava, s’era fatto più fastidioso. Strinse ulteriormente i denti e, nel 1970, la Dreher lo mise sotto contratto con una cifra superiore alle precedenti, ma sempre inadeguata per eventuali progetti. Nell’anno colse il miglior risultato col 3° posto nella tappa di Cagliari al Giro di Sardegna, dietro a Merckx e Polidori, mentre al Giro d’Italia pur con un dolore più intenso alla gamba, riuscì a finirlo 88°. L’anno successivo passò alla Ferretti, con chiari compiti di spalla, ma fu lui uno dei primi protagonisti della squadra, giungendo 4° nella Milano-Sanremo vinta da Merckx. Il resto della stagione fu grigio. Il ’72 fu la sua ultima annata tra i professionisti. Partecipò per la prima volta al Tour de France che riuscì a concludere, nonostante i suoi problemi alla gamba sinistra, al 92° posto. Appena appesa la bicicletta al chiodo, Roberto Ballini si dedicò all’apicultura, entrata in lui per caso e dove poté sfruttare appieno quel talento che non era sbocciato per vari motivi nello sport del pedale. L’osservazione e l’acutezza di pensiero, lo portarono a divenire un autentico maestro nella prodizione di quel miele che era stato tanto quando correva, ed è diventato un angelo custode di quegli insetti così generosi ed importanti per l’uomo. Un autentico riferimento per chi ricerca sulle api, muovendo l’interesse degli stessi scienziati. Il tutto è nato e s’è dimensionato nell’Isola d’Elba, terra d’origine della famiglia di Roberto. Lì, ha costruito un’azienda capace di produrre anche più di 200 quintali di miele l’anno, oggi gestita dai figli, e lì, con l’arrivo della pensione, è divenuto custode e giardiniere di quell’Orto dei Semplici Elbano, famoso non solo per le piante curate all’interno, ma, soprattutto, per l’area dedicata allo studio delle api, dove l’ex ciclista è, ormai, una sorta di campione del mondo.

Marcel Dussault (Fra)
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Nato il 14 maggio 1926 a Le Chatre (Indre), deceduto a Chateauroux (Indre) il 19 settembre 2014. Passista scalatore. Professionista dal 1947 al 1959 con 22 vittorie.
Corridore compatto e battagliero, con talento sufficiente per emergere con una buona continuità nonché capace di svolgere altrettanto bene il compito di spalla. Seppe divenire una leggenda per il territorio dell’Indre. Uno che ha amato la bicicletta fino all’ultimo dei suoi giorni possibili, ovvero fono ai suoi 75 anni, prima che un incidente glielo impedisse. Nel dopo incidente idealmente continuava a correre e pedalare raccontando, proprio fino agli 88 anni quando lasciò la residenza terrena in quel di Chateauroux dove si era trasferito nel 1950 con la moglie Jacqueline. Divenuto professionista nel 1947, Dussault si segnalò subito vincendo, fra le altre, due edizioni della Parigi Bourges nel ’48 e ’49 anno nel quale partecipò al suo primo Tour de France, vincendo subito la prima tappa, da Parigi a Reims e vestendo contemporaneamente la Maglia Gialla con le iniziali di Henri Desgranges. Partecipò poi a cinque Tour, correndo coi grandi nomi del ciclismo dell'epoca: Coppi, Bartali, Koblet, Kubler, Ockers, Bobet e Geminiani, tra gli altri. Nel 1950 vinse la prestigiosa tappa da Bordeaux a Pau e, nel 1954, vinse la frazione da Lille a Rouen. Dopo dodici anni di corse professionistiche rese meno frequenti negli ultimi anni a causa di vari malanni lascò l’agonismo, ma come detto, non l’uso cicloturistico del tanto amato pedale. Il Tour de France dopo il suo ritirò, gli ha reso omaggio diverse volte, arrivando o partendo davanti alla sua casa, in Avenue de La Chatre.
Tutte le sue vittorie. 1947-Individuale (1): GP du Libre Poitou. 1948 – Stella Dunlop (2): Parigi-Bourges, GP des Industriels du cycle. 1949 – Stella Dunlop (9): 1a Tappa Tour de France, Parigi-Bourges, 3a e 4a Tappa Tour de l’Ouest, GP de Nantes,  GP Gozet, Circuit des 2 Ponts à Montluçon, GP de l’Equipe (Crono-squadre), Circuit Boussaquin. 1950 – Stella Dunlop (3): 10a Tappa del Tour de France, GP d'Aubusson, G.P du Libre Poitou. 1951 – Alcyon Dunlop (1): Circuit Boussaquin. 1953 – Terrot Hutchinson (2): Criterium d'Auzances, 3a Tappa Tour de Sud-Est. 1954 – Terrot Hutchinson (2): 3° Tappa Tour de France, Prix Camille Danguillaume. 1955 – Rochet Dunlop (1): Criterium de Rabastens. 1958 – Liberia Hutchinson (1): 2a Tappa Tour de l'Oise.

Marino Lejarreta Arrizabalaga (Esp)
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Nato a Berriz il 14 maggio 1957. Scalatore. Professionista dal 1979 al 1992 con 70 vittorie.
Arrivò al ciclismo in parte per passione, ed in parte per emulare il fratello maggiore Ismael, anch'egli poi divenuto professionista e suo compagno di squadra per un lustro. Marino si fece notare subito per le sue doti di scalatore e di uomo di fondo, fino a divenire una tappa obbligata nella storia del ciclismo della penisola spagnola. Non ha fatto grandi cose, le ha solo sfiorate, ma è sempre rimasto un evidente. E la sua carriera poteva essere ancor più tangibile se non si fosse ritrovata mozzata di un successo ampiamente meritato e che non giunse per quelle pagine poco belle che il ciclismo, purtroppo, possiede. Accadde alla Vuelta 1983, quando Marino al pari del fratello Ismael era emigrato in San Marino a difendere i colori dell'Alfa Lum. Aveva già vinto la più importante corsa del suo Paese nel 1982, ma era stato un successo che non lo aveva soddisfatto appieno, come sempre succede in questi casi: era arrivato secondo, ma il primo, il connazionale Arroyo, era stato declassato perché positivo all'antidoping. Nell'83 invece, la Vuelta lo vide dominatore sulle montagne, vincere tre tappe e darle di santa ragione ad un certo Bernard Hinault. Costui però, con atteggiamenti da simil padrino, si avvalse di un'alleanza internazionale tra le più macroscopiche e brutte che si ricordi, ed alla fine, riuscì a spuntarla. Per evitare la sconfitta del bretone, lavorarono non poco personaggi come Hennie Kuiper e Giuseppe Saronni, oltre al giovane ma già talentuosissimo gregario Laurent Fignon. Davvero una brutta pagina. Marino Lejarreta seppe far bene anche al Giro d'Italia: 6° nell'83, 4° nell'84 (vincendo la tappa di Selva di Val Gardena), 5° nell'85, 7° nel '90 e 5° nel '91 (con una tappa). Bene anche al Tour de France dove fu 5° sia nell'89 che nel '90 (una vittoria di tappa). Le altre vittorie più importanti del suo palmares sono state: il Giro di Catalogna '80 e '89, il Giro di Castiglia, il Giro della Cantabria e della Roja nell'82, il Giro di Burgos nell'86, '87, '88 e '90 fra le prove a tappe e, in linea, il G.P. di Villafranca '81, '88, '89, il G.P. di San Sebastian '81, '82 e '87. Nel suo ruolino anche un bel numero di prove in salita, sia a cronometro che in linea.

Cesare Olmi
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Nato il 14 maggio 1925 a Chari (BS) ed ivi deceduto il 3 febbraio 1982. Passista scalatore. Alto 1,71 m. per 68 kg. Professionista dall'ottobre 1950 al 1956 con 2 vittorie.
Per lui il ciclismo divenne da subito una professione, ed anche quando corse fra i dilettanti il termine poteva essere quello. Capì presto di non essere un campione e da umile gregario si comportò, ancor prima che lo determinassero le risultanze e l'osservatorio. Quando ad ottobre del '50 la "Stucchi" gli offrì il gran salto, lui sapeva bene cosa fare. In quello scorcio di stagione finì 8° al Giro delle Dolomiti e 33° nel Giro di Lombardia. Nel 1951, vinse un paio di corse di buon livello come la Torino-Biella e la prova di Ceprano del Trofeo UVI e continuò a piazzarsi dopo aver lavorato per i compagni. Finì 35° il suo primo Giro d'Italia. L'anno seguente colse il 2° posto, sia al Giro della Valle del Liri che del GP Massaua Fossati, il 3° nella Bolzano-Trento il 6° nel GP Pontremoli ed una serie d'altri che testimoniavano il suo protagonismo anche correndo più per i compagni, Fornara in particolare, che per se stesso. Finì 68° il Giro d'Italia. Nel 1953 continuò a piazzarsi e concluse 63° il Giro d'Italia, ma iniziò a segnare una flessione che si dischiuse nel '54, anche se nella stagione finì 5° al Giro delle Alpi Apuane, 6° nel GP Pontremoli e 9° nel Trofeo Fenaroli. Non partecipò alla grande "Corsa Rosa". Nel 1955, si legò a qualche squadra occasionalmente (con lo status di indipendente lo poteva fare), ma concluse poche corse (il piazzamento migliore al Giro di Romagna, 45°!). Staccò la licenza anche nel '56, ma era un ex, ed a fine stagione lo sancì.

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 13 maggio
Inviato da: Morris - 13-05-2023, 09:26 AM - Nessuna risposta

Mario Di Fausto
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Nato a Frattocchie (Roma) il 13 maggio 1940. Passista. Alto m. 1,74 per 73 kg. Professionista nel 1962 e nel '63, senza ottenere vittorie.
Un piazzato fra i dilettanti al quale, Alfredo Sivocci, nocchiero e direttore sportivo dell'Atala, pensò di poter concedere una opportunità nel professionismo. A convincere il vecchio faro del sodalizio grigioblu, il bel comportamento di Mario Di Fausto nel Gran Premio Liberazione 1961, quando salì sul terzo gradino del podio, nonché per la sua giovanissima età. L'esordio nell'elite del ciclismo a febbraio 1962 del ragazzo di Frattocchie, avvenne dunque in seno all'Atala, ma gli auspici dell'intero sodalizio non si concretizzarono. Di Fausto, infatti, schierato al Giro d'Italia, si ritirò nella famosa tappa della neve, con l'arrivo anticipato al Passo Rolle, potremmo dire in buona compagnia, perché furono ben 55 ad abbandonare. La delusione, dunque, non fu lì, bensì nelle 13 tappe precedenti, che si consumarono tutte senza cenni di protagonismo da parte del corridore laziale. Anche nel resto di stagione non si distinse, ed a fine anno l'Atala lo lasciò libero. Con molta fatica s'accasò alla Springoil-Fuchs, ma la sua stagione fu incolore, anche a causa di vari malanni. Ed a soli 23 anni, decise di smettere.

Edoardo Severgnini
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Nato a Milano il 13 maggio 1904. Deceduto a Milano il 7 febbraio 1969. Velocista e stayer. Professionista dal 1929 al 1939 con 7 vittorie titolate ed una trentina di valore minore.
Bella e valente figura di pistard dell'ultimo decennio anteguerra. Dotato di buone fibre sia bianche che rosse, fu un esempio tra i non certo tanti che, partendo dalla velocità, riuscirono poi ad emergere nel mezzofondo, o gli stayer, come erano già definiti i corridori che gareggiavano dietro moto. Da dilettante si segnalò nel 1927, vincendo il Titolo Italiano della velocità. Titolo che bissò l'anno seguente, quando riuscì pure a raggiungere le semifinali (4°) ai Campionati del Mondo. Sempre nella velocità, partecipò alle Olimpiadi di Amsterdam, dove però fu eliminato nelle batterie. Nel '29 entrò nella elite del ciclismo, vincendo il Tricolore fra i professionisti junior, finendo terzo a livello assoluto. L'anno seguente finì secondo agli Italiani e provò qualcosa di diverso andando in Francia a correre la "Corsa della Cote di Nizza", una prova con salita che chiuse secondo. Capì che su pista poteva indirizzarsi verso prove più lunghe e di minor potenza. Nel 1932, in piena metamorfosi agonistica, andò negli Stati Uniti a correre la Sei Giorni di Philadelphia, che vinse, in coppia con l'americano Grimm. In patria giunse terzo ai Tricolori della velocità, ma sempre più deciso ad abbandonare questa specialità. Ed infatti, nel 1933, iniziò a gareggiare fra gli stayer. L'anno successivo arrivarono le conferme che attendeva: vinse il Titolo Italiano di Mezzofondo e finì 3° ai Campionati del Mondo della specialità. Queste risultanze lo elessero richiamo delle tante riunioni a livello internazionale degli stayer. Nel '35 finì 5° nella prova iridata, così come nel '36, anno nel quale tornò a vincere il Tricolore. Migliore il suo 1937: di nuovo Campione Italiano e 4° al Mondiale. Ancora migliore l'anno successivo, quando al "solito" Tricolore aggiunse il podio iridato (3°). Nel 1939, partì lanciatissimo, rivinse il Campionato Italiano ed ai Mondiali guadagnò la finale in grande scioltezza. Ma quella gara sulla quale aveva puntato tantissimo, non si disputò a causa della sospensione per gli eventi bellici. Con l'inizio della guerra, ebbe pure fine la sua carriera.

Eugeen Van Roosbroeck (Bel)
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Nato a Noorderwijk (Anversa) il 13 maggio 1928, deceduto a Westerlo (Anversa) il 28 marzo 2018. Passista veloce e pistard. Professionista dal 1949 al 1957 con 11 vittorie.
Sessantadue anni dopo il suo trionfo alle Olimpiadi di Londra, Eugeen Van Roosbroeck ha ricevuto la sua Medaglia d'Oro dal presidente del CIO Jacques Rogge. Si trattava dell’Oro nella Classifica a Squadre che altri non era che la proiezione dei tempi della prova individuale, fra i primi tre componenti arrivati, di ogni squadra nazionale. Van Roosbroeck era arrivato nono nella competizione individuale, ma insieme al terzo posto di Lode Wouters e al quarto posto di Leon de Lathouwer, i tre belgi erano arrivati nettamente primi nella Classifica della prova a squadre. “L'abbiamo saputo solo dopo", disse Van Roosbroeck. "Nessuno aveva pensato di andare a prendere la sua medaglia". Attraverso i media, Eugeen era venuto a conoscenza che l'ex marinaio André Nelis aveva ricevuto copie di medaglie perdute e, conseguentemente, anche lui, al pari dei compagni, iniziò ad interessarsi di quella Medaglia dimenticata.
Van Roosbroeck dopo esser stato un buon dilettante, forte soprattutto sul passo e discreto in volata, divenne professionista con l’Alcyon Dunlop nel 1949. Nella prima stagione professionistica, vinse il Tour di Hinaut e finì 3° nella Schelde-Dender-Leie. Dopo un ’50 avaro di soddisfazioni, tornò al successo nel ’51, conquistando il Gp Noorderwijk e, soprattutto, chiudendo 2° la Roubaix Huy e, 3° la Ronde van Haspengouw.
La stagione 1952 fu la migliore della sua carriera, in quanto colse cinque successi, tre su strada e due su pista. Vinse l’Omloop der Vlaamse Gewesten, una allora semiclassica di 275 chilometri, il Gp Tessenderlo ed Gp Overpelt, mentre su pista l’Eliminazione e la Corsa a Punti a Zwartberg. L’anno seguente fece suo il Gp Tremelo e colse diversi piazzamenti, mentre nel 1954, vinse la Freccia Haspengouwse e fra le tante piazze ottenute anche il 3° posto alla Anversa-Liegi-Anversa.
Nel ’55 conquistò due belle vittorie in corse lunghe e difficili come la Anversa-Herselt e la Drielandentrofee, nonché il 3° posto nella Kessel-Lier. Fu quella l’ultima positiva stagione della sua carriera, anche se la prolungò fino al 1957.

Maarten Wynants (Bel)
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Nato ad Hasselt il 13 maggio 1982. Passista su strada e mountain biker, alto 1,90 x 74 kg. Professionista dal 2005 al 2021 con 6 vittorie (5 cronosquadre e una corsa open).
Una carriera lunga, senza mai una concreta occasione di poter vincere una gara che non fosse una crono-squadre o una gara semiprofessionistica. Uno stereotipo di ciclista del pedale odierno, fatto e deciso dall’ammiraglia dove operano direttori sportivi secondini o figli essi stessi di figure trasversali, più mediche che preparatrici per conoscenze fisico atletiche senza figurati camici bianchi, ma tutte più o meno vinte da prospettive e visioni da catena di montaggio. Tutto ciò ha prodotto corridori che se sono brillanti e di un certo valore, ma con fisici non idonei al credo settario del gruppo ammiraglia, rischiano di rovinarsi carriere, oppure divengono metaforici muli di servizio a tattiche di squadra noiose e scaccia-spettatori sul video nonché qualitativamente sempre più scadenti. In questo marasma, il singolo corridore, nato fuoriclasse (che oggi fortunatamente ci sono), può ugualmente emergere, ma chi ha qualità medie o discrete ed un fisico riconosciuto legale da chi comanda, corre il rischio di fare una carriera da “mulo”, senza provare mai la gioia di un personale acuto. Proprio come Maarten Wynants, a cui poco han detti piccole fughe in Mountain Bike, dove peraltro possedeva meno talento che su strada. Non ha caso, coronò la sua positiva parentesi da dilettante con la vittoria nel 2004 nel Campionato belga su strada, a livello under 23. Un titolo, questo, partorito dal Paese che vive il ciclismo più sentito e monumentale che ci sia al mondo. Non è perciò blasfemo considerarlo di peso superiore. Wynants diventò professionista nel 2005, con la squadra “Chocolade Jacques-Capri Sonne”, con la quale corse un paio d’anni, partecipando alle prime classiche e dove vinse, nel 2006, l’unica gara individuale della sua carriera: a Ninove, il GP Beeckman-De Caluwè, gara open.  
Nel 2007 si trasferì tra le file della Quick Step, rimanendovi per quattro anni ed iniziò lì il suo lavoro di gregariato sine die. Nel 2008 vinse la crono-squadre al Tour di Doha e nel 2009 partecipò alla Vuelta a España, arrivando 113º. L'anno successivo si classificò 117º nel Tour de France. Qui visse però un’altra pagina da menzionare, perché ebbe la possibilità di giocarsi un disperato tentativo individuale. Accadde in occasione della prima tappa la Rotterdam-Bruxelles di 223 km.
Qui, alla partenza, Maarten partì assieme a Boom e lo spagnolo Perez Lezaun, verso una improbabile fuga. Per duecento chilometri, tirando quasi sempre lui, il tentativo restò in piedi (punta massima di vantaggio 4 minuti), poi, quando il gruppo tramite le radioline dei diesse azionò il veemente inseguimento, Wynants si rese conto di avere probabilità pressoché nulle. Tentò così un disperato assolo e staccò i due compagni d’avventura. Dal gruppo nel frattempo era uscito il russo Pliuschin che lo raggiunse, ma entrambi videro il sogno di arrivare, svanire a poco più di 5 chilometri dal termine. A frazione chiusa, a Wynants andò il Premio della Combattività. Nel 2011 entro nelle file della Rabobank, rinominata successivamente Blanco, Belkin, Lotto NL e Jumbo Visma nelle stagioni successive, fino alla chiusura di carriera nel 2021. Con la maglia del team olandese, Wynants prese parte al Giro d’Italia 2013, dove si ritirò alla 16esimatappa e, nuovamente parte al Tour de France, piazzandosi 132º nel 2013, 117º nel 2014 e 138º nel 2016. Nelle corse classiche a svettare nel ruolino di Maarten è stato il comportamento nella Parigi Roubaix dove fu 4 volte fra i primi 15 (10° nel 2012). Nel lasso finale di carriera vinse le Crono-squadre della Tirreno Adriatico a Marina di Carrara nel 2011, al Tour de Britain nel 2018 e, nel 2019, nell’Hammer Stavanger in Norvegia, dove al successo di frazione si aggiunse la Classifica Finale a Squadre.
Non ha mai partecipato ad un Mondiale. Insomma un corridore che valeva di più di quel che s’è visto, perfetto figlio del ciclismo targato idrovora Uci e relativi Assistenti.  Oggi Maaerten Wynants è un aiuto diesse alla Jumbo Visma.

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 12 maggio
Inviato da: Morris - 12-05-2023, 10:19 AM - Nessuna risposta

Graziano Battistini
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Nato il 12 maggio 1936 a Pulica di Fosdinovo (Massa Carrara). Deceduto a Baccano di Arcola il 22 gennaio 1994. Passista scalatore. Professionista dal 1958 al 1968 con 7 vittorie. Per due anni ha iscritto il suo nome al rango dei papabili per le grandi corse a tappe. Poi, invece, s'è ritagliato uno spazio come corridore tenace, adatto alle giornate di tregenda e con una discreta regolarità complessiva. Forse, quando da lui si attendeva il salto verso i grandi traguardi, gli è pure mancata la presenza in squadra di un corridore di lunga esperienza e ancora birra in corpo, capace di equilibrarlo nei momenti di sbandamento. Che Graziano Battistini avesse particolari attitudini per le corse a tappe, lo si era visto già fra i dilettanti, dove vinse con sicurezza le maggiori prove di tal tipo per i "puri" di allora, ovvero la Ruota d'Oro e la San Pellegrino. Ed al passaggio fra i prof nel 1959, in seno alla Legnano, riuscì a confermarle, giungendo 7° in un Giro d'Italia dal grande cast e dove si piazzò 2° nella tappa di Vasto e terzo nella "storica" di Courmayeur. La sua grande stagione fu quella del 1960. Vinse tanto, collezionò diversi piazzamenti, ed entrò nell'olimpo dei podi del Tour.
Dopo la vittoria nella prima prova del Trofeo UVI a Lugagnano Val D'Arda e un Giro d'Italia sotto le aspettative (giunse 2° nella tappa di Belluno), si guadagnò la fiducia di Alfredo Binda e fu inserito nella Nazionale che partecipò alla Grande Boucle. Qui, esplose ben aldilà del 2° posto finale e delle vittorie di tappa ad Angers e nella "mitica" Briancon. Diede soprattutto segni di un grande futuro possibile. Futuro che parve confermarsi con la vittoria nella Coppa Sabatini e, per quello che potevano valere, nei circuiti di Borgomanero e della Brianza.
Partecipò poi al mondiale di Hohenstein, finendo 13°. Atteso ad un grande '61, vinse subito la dura frazione di Campobasso, della Roma-Napoli-Roma, ma poi dal Giro, chiuso al 12esimo posto e dal Tour, dove si ritirò all'undicesima tappa, arrivarono solo piazzamenti. Nel 1962, vincendo la tappa di Sestri Levante al Giro d'Italia, provò per la prima volta l'ebbrezza di portare la maglia rosa e quando, dopo la frazione della neve sul Passo Rolle, la riconquistò, parve riassaporare l'arrivo all'olimpo. Ma fu una gioia che si incrinò assai a Casale Monferrato e si sciolse definitivamente sulle Balconate Valdostane. Fra malanni e problemi vari, s'avviò ad un lento declino attenuato da qualche piazzamento. Tornò a ruggire nel 1965, vincendo fra la neve, sul Passo dello Stelvio, una tappa del Giro d'Italia che passerà alla storia: fu infatti quella salita la prima ad essere insignita del titolo di "Cima Coppi".
Graziano corse fino al '68, ma il suo '60 è ancora là che si chiede dei "perché". Terminata la carriera si impegnò nel proselitismo, poi, nel '94, un male incurabile se l'è portato via.

Pierre Brambilla
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Nato a Villarbeney (Sui) il 12 maggio 1919, deceduto a Saint-Martin-le-Vinoux (Fra) il 13 febbraio 1984. Scalatore. Professionista dal 1939 al 1952, con 20 vittorie.
Una storia particolare la sua. Nato in Svizzera ma di nazionalità italiana (tra l’altro nipote di Cesare Brambilla buon corridore brianzolo fra i professionisti nella prima decade del secolo), poi francese per vita residenza ed incarichi. Uno che ebbe un gran momento di fama in Italia, perché stava vincendo, quando era ancora italiano, il primo Tour de France del dopoguerra, prima che una “alleanza potremmo dire di stato”, ad un passo da Parigi, portasse Robic al trionfo e lo relegò al terzo posto finale. Ciclisticamente un buon scalatore, ma incompleto su tanti altri aspetti. Le sue vittorie comunque sono state belle e di discreto spessore qualitativo.
Una crescita sportiva avvenuta totalmente in Francia, che ebbe il suo primo botto con la vittoria, a soli 20 anni, nella Lione-Grenoble-Lione. Di lì il suo crescendo divenne notevole negli anni di guerrà quandò andò a vincere la tappa di Reinosa alla Vuelta di Spagna ’42 e, nel ’43, le scalate del Mont Chauve, del Mont Ventoux e nel Tour de la Haute-Savoie in Francia
Nel 1947 partecipò con la nazionale italiana al Tour de France: Maglia Gialla prima dell'ultima tappa, 269 chilometri da Caen a Parigi, fu vittima di una piccola crisi e dell'attacco unito Robic-Fachleitner-Teisseire, terminò trentaquattresimo e scese al terzo posto della generale. Gli rioase la consolazione, oltre al podio, di vincere la Classifica degli Scalatori. Dopo quel Tour il suo rendimento calò e, nel 1949, grazie ad un decreto presidenziale poté acquisire la cittadinanza francese. Chiusa l’attività agonistica nel 1952, quattro anni dopo divenne direttore sportivo della Liberia Hutchinson, poi Liberia Grammont e restò in carica fino al 1961.
Tutte le sue vittorie. 1939 (2): Classifica Generale Finale e prima Tappa Lyon-Grenoble-Lyon. 1941 (1): Critérium du Centre a Montlucon. 1942 (4): 11esima Tappa Vuelta di Spagna, Classifica GPM Circuit de France, seconda Tappa 4 Giorni de la Route du Dauphinois, prioma Tappa Circuit des Villes d'eaux d'Auvergne. 1943 (6): Circuit du Mont Ventoux, GP de Haute-Savoie, Course du Mont Chauve, GP du Midi a Carcassonne, GP d'Espéraza, GP de Perpignan. 1944 (1): Classifica per équipes Paris-Dijon (con Louviot, Gauthier e Villar). 1945 (1): Annecy-Grenoble-Annecy. 1946 (1): Tour de l'Ouest. 1947 (2): Paris-Clermont Ferrand, Classifica GPM Tour de France. 1949 (1): GP Cahors. 1950 (1): quarta Tappa Circuit de la Cote d'Or.

Ramon Gonzales Arrieta (Esp)
[Immagine: 16538262941325GonzalezArrieta,Ramon.jpg]
Nato a Bilbao il 12 maggio 1967. Passista scalatore. Professionista da 1990 al 2001 con tre vittorie.
Un corridore di grande sostanza, votato al gregariato, ma in possesso di ottime qualità di scalatore. Uno che ha sempre anteposto il proprio capitano o le esigenze di squadra alle sue risultanze. Silenzioso, ma pure grintoso e con una volontà ferrea nel perseguire gli obiettivi. Ramon Gonzales Arrieta è il marito, all’epoca agonistica il fidanzato di Joana Sommariba vincitrice di due Giri d’Italia e tre Tour de France ed è stato confuso sovente col compagno di squadra in Banesto Josè Luis Arrieta. Ramon ha militato sempre in grandi team come Lotus Festina, Banesto ed Euskaltel Euskadi ed è stato a lungo uno dei gregari più fidati e forti di Miguel Indurain. A livello personale ha vinto il Criterium Basauri nel 1994, la Classica delle Alpi nel 1995, e la Classifica GPM all’Euskal Bizikleta nel 1999. In carriera ha corso 2 Giri d’Italia (miglior piazzamento 16esimo nel ’92), 4 Tour de France (miglior piazzamento 32esimo nel ‘93 e ’94) 6 Vuelta di Spagna (miglior piazzamento 26esimo nel ’96). È stato Nazionale spagnolo ai Campionato del Mondo in due occasioni, nel 1995 a Duitama, quando si ritirò dopo aver terminato il proprio compito e l’anno seguente a Lugano, dove chiuse 25esimo. Si ritirò a fine del 2001 per seguire direttamente la Somarriba fino alla fine della carriera. In quel lasso la sia consorte vinse 2 Tour de France, il Mondiale a cronometro, l’Emakumen Bira e il Trophée d’Or.

Giuseppe Martano
[Immagine: 16364858861325Martano,Giuseppe.jpg]
Nato a Savona il 12 maggio 1910. Deceduto a Torino il 2 settembre 1994. Passista scalatore. Professionista dal mese di ottobre 1930 al 31 dicembre 1931, dal 1933 al 1939 e nel 1948, con 16 vittorie.
Può considerarsi per taluni, anche se una disamina attenta lo nega, come l’incompiuto forse maggiore del ciclismo italiano fra le due guerre. Un corridore formidabile fra i dilettanti dove riuscì a vincere, oltre al Titolo Tricolore, due volte il Campionato del Mondo su strada, nel 1930 e nel ’32, primato che divide col tedesco orientale Adolf Schur, che l’accoppiata la fece nel 1958-’59. Sulle risultanze iridate di entrambi, comunque, pesano le constatazioni di vittorie non da “puri”, come per anni furono definiti i dilettanti: per il tedesco il professionismo era nelle cose, anche se coperto dallo Stato, mentre per Martano, ci fu la non certo edificante manovra degli organismi sportivi italiani del tempo che, dopo il 1931 passato fra i prof (con non eccelsi risultati tra l’altro), fu appositamente riqualificato dilettante affinché potesse vincere il mondiale della categoria. Nato in Liguria, ma a tutti gli effetti piemontese di Giaveno, a due passi da Torino, Giuseppe Martano passò poi totalmente al professionismo nel 1933. Qui, quella brillante completezza che lo aveva spinto ad essere un grande vincente da dilettante, si trasformò in una regolarità di livello notevole, ma senza quel brio che l’avrebbe portato ai traguardi di storia. Fu subito grande e promettente al Tour de France, dove fu il primo degli individuali e il terzo assoluto, dietro Speicher e Guerra, mentre nel 1934 si classificò addirittura 2°, alle spalle di Antonin Magne, vincendo pure la tappa di Gap. Non si ripeté nelle altre tre partecipazioni ('35, '37, '38). Al Giro d'Italia fu 2° nel 1935, dietro Bergamaschi, ma davanti a Gepin Olmo e Learco Guerra. Vinse buone ed importanti corse, come il Giro del Lazio, la Milano Torino e il GP di Cannes, ma non riuscì a cogliere mai quel grande risultato a cui era atteso dopo le grandi promesse da dilettante.
 Dopo la Seconda Guerra Mondiale tornò a correre, ma nel più pieno anonimato e, ben presto, avviò a Torino una attività di costruttore di cerchi per biciclette. Tutte le sue vittorie da professionista. 1931: GP Roma; Coppa Fatigati; Coppa Pegazzini. 1932: Giro del Lazio; Giro del Piemonte. 1934: 8a tappa del Tour de France. 1935: Giro del Lazio e 1a tappa dello stesso; Giro delle Quattro Province e 2a tappa dello stesso; Criterium degli Assi; Circuito di Sandrina. 1937: Milano-Torino; GP Cannes; 3a e 4a tappa della Parigi Nizza.

Maurizio Ricci detto Morris [Continua a Leggere]

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