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Mondiali di Ponferrada, Alejandro Valverde: «Héroe o villano?» - Versione stampabile

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Mondiali di Ponferrada, Alejandro Valverde: «Héroe o villano?» - SarriTheBest - 28-09-2014

Mondiali di Ponferrada, Alejandro Valverde: «Héroe o villano?»
Un campione con un passato pesante e un futuro che piace

Come vi sentireste se Alejandro Valverde fosse il leader designato della vostra nazionale di ciclismo? Come e quanto celebrereste una sua possibile, per alcuni addirittura "probabile", vittoria al Mondiale di Ponferrada? Come definireste voi il corridore Alejandro Valverde? Indicare con la X una delle tre risposte che seguono: A un ex dopato; B un cittadino che ha pagato il proprio debito con la giustizia - in questo caso sportiva - e dunque ha diritto alla presunzione d'innocenza come ogni cittadino; C un corridore come un altro (quindi "non si sa").

Che Valverde non sia Satana in bicicletta è fuori discussione (giacché Satana fino a prova contraria esiste solo per chi ci "crede" e dunque non è persona fisica né soggetto giuridico), e se stessimo ragionando in questi termini su un corridore italiano, probabilmente, apriti cielo. Ma questa è un'altra questione (ancorché interessante da trattare, in qualche sede) e l'Italia oggi non ha un leader che si è fatto due anni di sospensione per un doping-affaire, questo è un dato di fatto. E siccome il ciclismo è fatto di fatti e i fatti generano opinioni, e i fatti di e su Valverde sono lì da discutere, parliamone, finché si può. In Spagna vale il detto "españoles, Franco ha muerto" per ricordare come fu lapidariamente annunciato in tv il decesso dell'ultimo dittatore europeo del secolo XX, e per ricordare (ora e sempre) che siamo pur sempre in democrazia, benché in un Paese il cui il capo di stato eredita la funzione per diritto dinastico e si chiama Felipe sexto de Borbón y Borbón Dos Sicilias (nel 2014, pensate un po'). Ma non divaghiamo e torniamo al punto: Alejandro Valverde, "héroe o villano"? Non serve traduzione, vero?

Ribadito che Valverde non è Satana, se vince sarà un eroe nazionale o no? Andrà trattato come tale o no, avendo riportato la Spagna ciclistica ai fasti della decade a caval del cambio di secolo (5 vittorie in 10 edizioni) e dopo un decennio di astinenza? La domanda può anche sembrare antipatica o insignificante, ma se provate a dare una risposta precisa e circostanziata, vedrete che entrerete in difficoltà, a meno che non accettiate di essere un po' banali.

Certo, uno che sale 4 volte su podi mondiali e mai sul gradino più alto è destinato comunque a fare storia. Immaginatevi un nuovo secondo posto di Valverde, magari dietro a "Purito" Rodriguez: la prima volta che Valverde fece secondo a un Mondiale era il 2002, l'ultima nel 2013, nessuno nella storia ha mai flirtato così a lungo con la maglia "arcoiris". Bisogna risalire a Van Steenbergen per trovare un "mondialista longevo" di tal fatta (e quello, piccolo dettaglio, i Mondiali li vinceva).

E Valverde non molla: ha già detto che se è per lui, il Mondiale lo corre almeno tre volte ancora, uno per ogni anno di contratto che gli rimane colla sua squadra. L'ossessione di Valverde incarna quasi alla perfezione la frase celebre di Luis Aragonés, il defunto cittì che seppe sbattere in panchina il principino bollito, Raùl, tirandosi addosso le ire di tutto il madridismo, ma così guidò la Spagna calcistica al titolo europeo che aprì l'èra dorata della nazionale iberica. Aragonés diceva: "el fin es ganar, ganar, y ganar; y luego, ganar, y ganar, y ganar". Magari un po' manierista, però efficace, no? E se il fine è "ganar", sempre e comunque, ecco che lo sport spagnolo, così trionfante in tutte le discipline di élite dagli anno 90 ad oggi, mette a nudo uno dei suoi machiavellismi più discussi e discutibili: che il fine giustifichi i mezzi è concetto ben noto e tacitamente accettato nella Spagna sportiva più che in molti altri Paesi.

Di qui la tendenza a far andare a tarallucci e vino tante faccende torbide come il tormentone della famigerata Operaciòn Puerto, che coinvolse appunto, tra gli altri, Valverde. Che è un gran bel corridore e pure simpatico, come ha dimostrato anche nella vigilia di questo mondiale dichiarando fatalisticamente: "vinca o perda, io so già che mi tireranno pietre". I suoi perché li sa lui, ma non li dice tutti. Uno è questo: se vince lui, non sarà un bello spot pubblicitario per il ciclismo contemporaneo. Sarà anche moralistico dirlo, ma è così, e allora diciamolo. Ancorché l'eventuale vittoria di uno come Alejandro, con così pochi capelli e così tanti sorrisi, possa generare grande simpatia.


Sergio Ghisleni per tuttobiciweb.it


RE: Mondiali di Ponferrada, Alejandro Valverde: «Héroe o villano?» - Paruzzo - 28-09-2014

Non pensavo che esistesse qualcuno capace di scrivere un articolo più inutile di quelli di Cristiano Gatti: Sergio Ghisleni, hai vinto!