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Gatti&Misfatti: Basta difendere questo pubblico
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Gatti&Misfatti: Basta difendere questo pubblico
I tifosi non hanno sempre ragione per definizione

Non sarebbe certo la prima volta che un Giro viene decapitato, rovinato, falsato da una caduta. Ma ogni volta sembra sempre la prima: mette una rabbia mortale. Ancora peggio, molto peggio, se la mattanza è opera di un cretino. Sì, anche qui a Castiglione della Pescaia, a quattro giorni appena dal capolavoro del cretino di Genova, quello sceso dal marciapiede con la sua bici a scatto fisso per gareggiare in gruppo.

Purtroppo i cretini stanno proliferando. Il cretinismo tracima e dilaga. Questo di Toscana non ha bisogno di salire in bici: gli basta una macchina fotografica. Giusto un attimo per sporgere il simpatico teleobiettivo e abbattere il povero Colli. Via, vuoi condannare il caloroso pubblico per una semplice foto?

Ecco, io sarei qui per questo. Me ne sbatto altamente della retorica sul caloroso pubblico. Certo che il pubblico può essere appassionato ed eccitato, ma purtroppo è troppe volte anche molto cretino. Bisogna dirlo tranquillamente, senza problemi, perché non esiste al mondo che per lisciare il pelo ai tifosi e magari per arruffianarseli si finisca per giustificare la demenza pura.

Non ci sono arrampicate sui vetri e buonismi tanto al chilo per questi fatti del Giro 2015: siamo in piena emergenza cretinismo. Non capisco, proprio non capisco e non seguo il discorso che per esempio butta lì (l’ottimo, solitamente) Silvio Martinello: «Non voglio criminalizzare il pubblico, per la gente il Giro è una festa…». Va bene, criminalizzo io. Non esiste festa di nessun tipo che giustifichi la follia di un tizio che allunga il suo obiettivo su un gruppo di cristiani lanciati a sessanta all’ora. Nessuna motivazione romantica e poetica può attenuare il gesto. Bisogna essere dei perfetti deficienti, e anche un po’ criminali, per anteporre la propria foto alla salute e alla sicurezza dei ciclisti, che già rischiano abbastanza in proprio.

Che fare, si dirà. Io dico che mi sembrano tutte utili e intelligenti le idee già uscite, tipo neutralizzare i tempi a tre chilometri, così da ripulire lo sprint dagli intrusi, nonché allungare la metratura delle transenne alte sul vialone d’arrivo. Bisogna fare di tutto per attenuare i rischi, per prevenire l’idiozia. Però attenzione: se c’è una calamità che nessun ingegno umano riuscirà mai ad annullare, questa è proprio l’idiozia. Il cretino, per sua natura, è altamente creativo e completamente imprevedibile. Dunque, ben venga almeno qualche denuncia penale, quando si riesca a identificare il mentecatto di turno. Bisogna cambiare metro di giudizio: questi accadimenti non sono sfortunati eccessi di gente in buonafede, che si lascia solo prendere un po’ dall’entusiasmo, queste sono invenzioni di gente potenzialmente stragista (vallo a raccontare in ospedale al povero Colli, e pure a Contador, che il cretino della macchina fotografica è un simpatico mattacchione…).

Ma alla fine, è chiaro, la riforma decisiva non sarebbe regolamentare, o tecnica: sarebbe semplicemente quella che invochiamo ormai a ritmo continuo, di fronte a tutte le decadenze e ai cretinismi dilaganti in qualunque settore, cioè la fondamentale riforma del buonsenso. Una volta, per i tifosi, i corridori erano sacri: al massimo capitava di spingerli stupidamente o di inondarli con secchiate esagerate, ma adesso li stanno riducendo a carne da macello, a sfondo per i propri selfie, a cartonati da inserire nella propria bacheca narcisista. Manca il rispetto, ecco cosa manca. Altro che transenne, altro che regolamenti. Quando un tifoso non arriva a capire che sporgersi con la macchina fotografica è comunque una mossa assassina, non c’è più speranza. E’ il trionfo dell’incoscienza. Come a Genova. Riconosciamolo amaramente, noi che ce l’abbiamo sempre con i trogloditi del calcio: non serve essere ultrà, per fare danni allo sport. Basta essere tragicamente e irrimediabilmente cretini.

di Cristiano Gatti per tuttobiciweb.it
 
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