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Le corse dimenticate
#51
Trentottesima Edizione 20-27 aprile 1960

Un’edizione che, pur nata fra tante difficoltà, non ultime quelle delle pretese dei corridori, a quei tempi decisamente più capaci di far valere la loro forza, riuscì a presentarsi ancora, come appuntamento peculiare della stagione primaverile, almeno per quegli atleti che avevano la fortuna di essere invitati. Quarantaquattro partecipanti per una corsa lunga complessivamente 1555 chilometri, dei quali 1365 in linea, su strada, e i rimanenti 190 in circuito, dietro al rullo delle Lambrette. Sedici le frazioni in totale, divise negli otto giorni di corsa, fra una prova in linea, ed una al vento dei mezzi a motore. Gli arrivi a Caserta, Foggia due volte e per due giorni consecutivi, Pescara, Rimini, Riccione, Spoleto e l’apoteosi di Roma. Specificità: un settore, fra Manfredonia e Foggia, con agganciamento volante agli allenatori, e un altro, sui 26 Km da Foligno a Spoleto pure dietro allenatori, ma a cronometro individuale. La divisione netta fra i tratti in linea e quelli motorizzati, fu una scelta precisa degli organizzatori, ma l’UVI ci mise lo zampino, imponendo le partenze delle tappe  motorizzate per un breve tratto in linea, almeno mezzora dopo la fine della frazione classica su strada. Ogni giorno dunque, come detto, due distinti ordini d'arrivo, i cui tempi si sarebbero sommati per stabilire gli aggiornamenti della classifica generale ogni sera. Ancora 5 i GPM della manifestazione e per ognuno, come nell’edizione precedente, 30” di abbuono al primo e 15” al secondo. Gli atleti di maggior prestigio, o più attesi al via: Poblet, Wagtmans, Bobet, Hoevenaers, Baldini, Brankart, Stablinski, Elliott e il fortissimo giovane belga Emile Daems.

Prima tappa: Roma-Caserta
Una prima tappa sonnolenta, corsa a passo turistico, che produsse a lungo una serie di domande sul “perché” di una simile abulia. Protesta sotterranea dei meno famosi per l’ingaggio mancato? Fatto sta che a poco da Caserta, uno dei favoriti non solo di tappa, ma di intero Gran Premio, lo spagnolo Miguel Poblet, si trovò appiedato da una foratura. Per quanto risalito in sella dopo poche decine di secondi, e validamente coadiuvato dai suoi compagni di squadra Baldini e Baffi, fermatisi ad attenderlo, Poblet non poté colmare il ritardo, tanto violenta e spietata fu l'offensiva di tutti i suoi avversari, naturalmente coalizzati contro di lui. Furono poco più di trenta minuti di corsa che riscattarono oltre 5 ore di sbadigli. Nella volata decisiva, Benedetti sembrò a lungo il vincitore, ma a cinquanta metri dal traguardo, Liviero schizzò fuori a tale velocità, da superarlo. Un minuto e sette secondi dopo il gruppo, arrivavano Poblet e i suoi compagni.

Sul vincitore.
[Immagine: 14366480837732livier10.jpg]
Nato a Castelfranco Veneto il 30 maggio 1938, deceduto a Tarvisio il 6 maggio 1970. Professionista dal 1959 al 1964, con 5 vittorie. 
Un velocista dalla sparata notevole che, per vari motivi, non s’è compiuto come si poteva presumere, anche se è stato, nei pochi anni da professionista, assai popolare. Arrivò presto al ciclismo, evidenziando immediatamente le sue doti velocistiche. Naturalmente le sue vittorie furono ben presto copiose al punto che una società del Ravennate, l’Edera di Santo Stefano, lo volle assolutamente con sé, ed allora i trasferimenti extraregionali fra i dilettanti, erano rari. Passò professionista nell’ottobre del 1959 in seno alla Torpado. Nel primo vero anno nell’elite si mise subito in mostra vincendo il Giro di Campania e la tappa di Caserta del GP Ciclomotoristico, prova nella quale fu 2° nella frazione di Manfredonia, 6° in quella di Spoleto e 15° nella classifica finale. Nell’anno, colse anche un significativo 3° posto nella tappa di Verona al Giro d’Italia, chiuso 74°. Nel 1961 vinse il Circuito di Ponte di Piave, si piazzò 2° nelle tappe di Teano e Firenze al Giro d’Italia e finì 6° nella Milano Sanremo. Nel 1962, provò la più grande gioia di carriera, vincendo la prima tappa del Giro d’Italia a Tabiano Terme, che gli valse anche la conquista della Maglia Rosa. Nell’anno si impose anche nel GP Cemab di Mirandola, colse il 3° posto al Giro Toscana, il 4° nella Milano-Mantova e il 6° nella Milano-Vignola. Nel 1963, passò dalla Torpado alla Lygie, ma non fu una stagione felice, solo un 4° posto a Lurago d'Erba, prova del Trofeo “Cougnet”. Ancora un cambio di squadra nel 1964, con l’arrivo all’Ibac, ma non giunsero vittorie. Nell’anno fu 4° al Giro di Calabria e quinto nella Sassari–Cagliari. Il calo di risultati e la chiusura dell’Ibac lo spinsero al ritiro dall'attività agonistica. Un destino crudele lo portò via ai suoi cari, ai suoi tifosi, alla sua gente, il 6 maggio del 1970, a soli 32 anni. Un incidente in galleria a Tarvisio, l'appuntamento fatale con la morte. 

Ordine d’arrivo:
1° Dino Liviero km 213 in 5h57’12” alla media di 35,861 kmh; 2° Rino Benedetti; 3° Armando Pellegrini; 4° Federico Galeaz; 5° Silvano Ciampi; 6° Klaus Bugdahl (Ger); 7° Carlo Brugnami; 8° Michele Gismondi; 9° Emile Daems (Bel); Seamus Elliott (Irl) ed altri 29 corridori.

Seconda tappa: Caserta-Circuito della Reggia dietro moto
Dopo una scarsa mezzora di riposo concessa, i 44 concorrenti, in varie file, si lanciarono al segnale di partenza per raggiungere i rispettivi allenatori, per correre sull’ormai famoso Circuito della Reggia di Caserta. Il più sollecito ad agganciarsi al rullo protettore fu Monti, mentre il motore della macchina del mago Hugo Lorenzetti, allenatore di Bobet, fece per un paio di minuti le bizze. Il primo passaggio vide così in testa il romano, seguito a 1" da Poblet, a 4" da Liviero, a 5" da Daems, a 6" da Hoevenaers. Bobet era a 15", mentre Baldini, che proprio appariva fuori forma e inadatto a questo genere di prove, era già ad un minuto.  
La lotta si restrinse ben presto fra Bobet, lanciato a riguadagnare il tempo perduto nel primo giro, ed i suoi avversari più vicini. Fra questi, Monti rimase al comando anche per il secondo giro, ma poi iniziò inesorabilmente a retrocedere. Poblet, Hoevenaers e Daems correvano ruota dietro ruota, controllandosi scambievolmente, Liviero scomparve, mentre Bobet con uno slancio risoluto e incalzante ricuperò terreno e posizioni. Al terzo giro si portò in testa e non fu più rimontato da nessuno. Con la vittoria di frazione, il francese conquistò pure la testa della Generale.  

Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 27,6 in 29’15” alla media di 56,615  kmh; 2° Emile Daems (Bel) a 10”; 3° Jos Hoevenaers (Bel) a 12”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 1’01”; 5° Wout Wagtmans (Ned) a 1’08”; 6° Alfredo Sabbadin a 1’15”; 7° Rino Benedetti a 1’16”; 8° Adriano Zamboni a 1’17”; 9° Pierino Baffi a 1’20”; 10 Jean Stablinski (Fra) a 1’22”.

Classifica generale dopo la prima giornata:
1° Louison Bobet (Fra) 6h26’27”; 2° Emile Daems (Bel) a 40”; 3° Jos Hoevenaers (Bel) a 42”; 4° Wout Wagtmans (Ned) a 1’08”; 5° Alfredo Sabbadin a 1’15”; 6° Rino Benedetti a 1’16”; 7° Adriano Zambini a 1’17”; 8° Jean Stablinski (Fra) a 1’22”; 9° Carlo Brugnami a 1’23”; 10° Armando Pellegrini a 1’25”. 

Terza tappa: Caserta-Foggia
Dopo due ore di gruppo compatto, che pur ad un’andatura migliore, aveva fatto temere ad una semplice marcia di trasferimento, come era stata fino alla foratura di Poblet quella di Caserta, la corsa si svegliò sulle ondulazioni del Sannio, poco prima che la dura scalata ad Ariano Irpino, mettesse all'opera gli scalatori per il GPM. Fu Vito Favero  a rompere la compattezza del gruppo, portandosi via Bobet,  Wagtmans, Stablinski e Galeaz. Ai piedi della salita, i cinque marcarono 53" di vantaggio sui primi inseguitori, che erano Poblet, Hoevenaers, Gouget, Elliot, Daems, Brugnami e Champion. Verso il culmine, dall'ultimo chilometro a grosso acciottolato, Wagtmans e Bobet, si rizzarono sui pedali, mentre Favero, Stablinski e Galeaz persero terreno. Sotto lo striscione, l'olandese anticipò Louison d'un centinaio di metri, ma al termine della successiva discesa, a circa 60 km dal traguardo di Foggia, i cinque davanti si riunirono, evidenziando un vantaggio di una cinquantina di secondi su Hoevenaers, Poblet, Zamboni, Elliot, Daems, Gouget e Brugnami e, poco più distanti, Sabbadin e Kazianka. A 37 chilometri dal termine, i nove inseguitori raggiunsero i battistrada, ed i 14 al comando, andarono a disputarsi la tappa allo sprint. Vinse Poblet, su Daems e Zamboni. 
 
Ordine d’arrivo:

1° Miguel Poblet (Esp) km 160 in 4h30’10” alla media di 35,452 kmh; 2° Emile Daems (Bel); 3° Adriano Zambini; 4° Federico Galeaz; 5° Seamus Elliott (Irl); 6° Jos Hoevenaers (Bel); 7° Jean Stablinski (Fra); 8° Louison Bobet (Fra); 9° Carlo Brugnami; 10° Vito Favero; 11° Alfredo Sabbadin; 12° Wout Wagtmans (Ned).

Quarta tappa: Foggia-Circuito dell’Ippodromo dietro moto
Al vento riparato dalle Lambrette, la corsa visse un altro prova di forza, anzi più convincente ancora, da parte di Louison Bobet. Sui sei giri del circuito, diede un’autentica lezione a tutti di come si stia al rullo, ed il francese stava convincendo l’intero osservatorio, sulla quasi certezza di un suo bis al Ciclomotoristico, a meno di incidenti di una certa gravità. Fra i battuti, grande prestazione del neoprofessionista perugino Carlo Brugnami che, senza esperienza alcuna in quel tipo di corse, in due giorni riuscì a dimostrare di essere bravo anche lì. 

Ordine d’arrivo:

1° Louison Bobet (Fra) km 23,1 in 22’01” alla media di 63,195 kmh; 2° Emile Daems (Bel) a 20”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 41”; 4° Carlo Brugnami a 48”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 56”; 6° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’12”; 7° Pierino Baffi a 1’14”; 8° Adriano Zamboni a 1’15”.

Classifica generale dopo la seconda giornata:
1° Louison Bobet (Fra) 11h18’28”; 2° Emile Daems (Bel) a 1’15”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 1’34”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 2’09”; 5° Carlo Brugnami a 2’26”; 6° Adriano Zamboni a 2’47”; 7° Alfredo Sabbadin a 3’02”; 8° Seamus Elliott a 3’’36”; 9° Jean Stablinski (Fra) a 3’43”; 10° Rino Benedetti a 4’25”.

Quinta tappa: San Giovanni Rotondo-Manfredonia
La lunga fuga del belga Dewolf, scattato a trenta chilometri dalla partenza,caratterizzò la frazione. Il corridore fiammingo, approfittando dell'indifferenza del gruppo, aumentò progressivamente il suo vantaggio che a Cagnano, dopo 82 km di corsa  sfiorò i 4 minuti. Su una strada ricca di saliscendi, il belga fu capace di resistere a lungo alla caccia del gruppo, trovando fine dopo ben 120 chilometri in solitaria sulla salita di Monte Sant'Angelo. L’irlandese Seamus Elliott, evaso dal gruppo assieme al bresciano Ernesto Bono, raggiunse e staccò tanto Dewolf quanto il compagno di fuga e transitò primo sul GPM, guadagnando l'abbuono di 30". Bobet passò in cima alla salita col gruppo ad 1’45" di ritardo. Negli ultimi 20 chilometri, l'irlandese aumentò ancora il suo vantaggio. All’arrivo vincente di Manfredonia, Elliot anticipò il gruppo con Bobet di 2’59”. Coi 30” d’abbuono conquistati al GPM, l’irlandese divenne il nuovo leader della classifica.

Sul vincitore.
[Immagine: 1235123468ELLIOTT%20Seamus%20-%208.jpg]
Seamus Elliott nacque il 4 giugno 1934 a Dublino, ed ivi è deceduto il 4 maggio 1971. Passista. Professionista dal 1956 al 1967 con 57 vittorie. È da considerarsi, a tutti gli effetti, l'antesignano del ciclismo in una terra, l'Irlanda, che ai suoi tempi vedeva questo sport come un fatto straordinariamente raro e che poi, dietro il suo esempio, riuscì a portare alla massima notorietà due autentici campioni: Stephen Roche e Sean Kelly.
Seamus Elliott non fu un campione della levatura dei suoi delfini, ma ha lasciato la sua bella traccia nella storia del pedale. Un corridore ardimentoso, coraggioso e tenace, discretamente veloce e con la qualità di sapersi districare come pochi nel difficile ruolo di gregario, a quei tempi assai più complicato rispetto ad oggi. Il fatto che Anquetil, non un capitano qualunque, lo abbia sempre definito come prezioso e difficilmente sostituibile, la dice lunga sulla bravura di Seamus. 
Nella storia di questo irlandese bruno, i tratti antropologici della sua terra, salvo la tipica tenacia di quei luoghi, si son sempre visti poco. In lui, invece, traspariva un velo di tristezza ed un  portamento a volte premonitore di una costrizione. Il ciclismo, per Elliott, era un mestiere visto e vissuto come uno strumento per vivere il futuro un po' meglio, attraverso una base che gli poteva servire per fare poi altro. Era quel mestiere che gli era venuto dalle gambe forti e dalla voglia di mettersi alla prova, senza perdere del tempo inutile, e da vivere con pragmatismo. Ma quel velo di tristezza, forse, significava quel qualcosa in più che le strade, le ruote, l'ambiente, non han saputo leggere e che la sua tristissima fine, nei modi e nella violenza in cui è avvenuta, eleva come un dubbio che mai sarà risolto. All'indomani della sua vittoria nel campionato irlandese dei dilettanti, colta a soli 19 anni, Seamus, capì che per fare il corridore doveva emigrare e si trasferì in Francia. Nel 1956 passò professionista, divenendo ben presto un luogotenente di Jacques Anquetil. Per le sue buone doti sul passo e l'ottimo spunto veloce, seppe collezionare una bella serie di successi, soprattutto nei primi anni sessanta. Di nota le vittorie nel Gran Premio Sigrand ('58), G.P. Nizza ('59), G.P. Peugeot ('60), GP Ockers ('60), G.P. St Raphael ('61), G.P. Danainx ('63), nel Giro di Morbihan '64, nel Tour de l'Oise '65 e nella tappa di Roubaix, al Tour de France del '63. In Belgio vinse l'Het Volk ('59), in Algeria il G.P. di Algeri ('56), in Gran Bretagna vinse il G.P. dell'Isola di Man, due volte: nel '59 e '64. In Spagna, giunse terzo nella classifica finale della Vuelta del 1962, in cui vinse una tappa, ed un'altra tappa la vinse nel '63. In Italia, si segnalò diverse volte e trionfò nella frazione Trieste-Belluno del Giro '60. Nel 1962, ai Mondiali di Salò, mentre si trovava in fuga solitaria, fu beffato in contropiede dall'amico francese, ed ex minatore, Jean Stablinski, giungendo così secondo. Sull'episodio han girato a lungo delle voci: c'è chi parlò di accordo tacito fra i due e chi, invece, sosteneva che l'irlandese fosse stato giocato dall'amico. I due han sempre dato delle versioni poco convincenti, ma è pur vero che il più forte in corsa, quel giorno, fu proprio il francese. Insomma un ruolino di tutto rispetto, per un atleta che, in vita, ha fatto tanti sacrifici per riuscire ad emergere nello sport che più amava e verso il quale era più tagliato. Lasciò l'attività agonistica, di fatto, nel 1966, dopo aver colto, anche nell'ultima stagione, altri cinque traguardi minori. Staccò la licenza ancora per qualche anno, ma le sue apparizioni non furono più quelle di un professionista. In terra britannica, per l'originalità che ha sempre accompagnato il ciclismo, era possibile. Il 4 maggio 1971, dopo aver aperto un'officina, fu ritrovato morto nel garage di casa, ucciso da un colpo di arma da fuoco. Non si trattò di un delitto, ma di una sua scelta.

Ordine d’arrivo:
1° Seamus Elliott (Irl) km 188,4 in 5h26’19”; 2° Muguel Poblet (Esp) a 2’59”; 3° Dino Liviero; 4° Vito Favero; 5° Emile Daems (Bel); 6° Adriano Zamboni; 7° Armando Pellegrini 8° Michele Gismondi; 9° Giancarlo Gentina; 10° Addo Kazianka; e atri undici corridori fra i quali Bobet.

Sesta tappa: Manfredonia-Foggia
La sosta a Manfredonia, prima del via della frazione ciclo-motoristica, in parte in linea e per la gran parte  dietro Lambrette, che doveva durare mezz'ora, venne prolungata per attendere l'arrivo dei ritardatari, fra i quali Baldini e lo stesso animatore della tappa conclusa Dewolf. Durante questo intermezzo l'ex campione mondiale Georges Speicher, direttore sportivo dell’Helyett, la squadra del nuovo leader Elliott, venne  derubato del portafogli con tenente oltre centomila franchi francesi, il passaporto, il libretto di circolazione ed altri documenti personali. Purtroppo, il disappunto di Speicher, trovò un seguito più tardi, perché Elliott nella prova dietro motori, perse tanto tempo, mentre Bobet, più che mai a suo agio in questa specialità, non solo riprese all’irlandese il lieve ritardo dei 13 secondi, ma gli inflisse un distacco di 4’22”. Bobet non solo riconquistò la leadership della corsa, ma vinse come era nelle previsioni di tutti anche la frazione. Bravissimo ancora una volta il giovane Brugnami, il primo degli italiani, classificatosi secondo, a 49" dal francese. 

Ordine d’arrivo:

1° Louison Bobet (Fra) km 39,6 in 51’01” alla media di km 48,421; 2° Carlo Brugnami a 49”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 1’15”; 4° Emile Daems (Bel) a 1’52”; 5° Adriano Zamboni a 1’59”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 2’01”; 7° Bruno Monti a 2’12”; 8° Armando Pellegrini a 2’12”; 9° Pierino Baffi a 2’12”; 10° Alfredo Sabbadin a 2’15”.  

Classifica generale dopo la terza giornata:
1° Louison Bobet in 17h38’52”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 2’19”; 3° Emile Daems (Bel) a 3’07”; 4° Carlo Brugnami a 3’15”; 5° Seamus Elliott (Irl) a 4’09”; 6° Adriano Zamboni a 4’15”; 7° Miguel Poblet (Esp)a a 5’05”; 8° Jos Hoevenaers (Bel) a 5’10”; 9° Alfredo Sabbadin a 5’37”; 10° Pierino Baffi a 7’18”.

Settima tappa: San Severo-Pescara
Per venire alla breve cronaca della giornata, va detto che la semitappa mattutina era cominciata, e proseguita per oltre cento chilometri, all'insegna della più cordiale “non  belligeranza”, con l'eccezione di un breve scatto di Zoppas e, fra la meraviglia generale, di Baldini. Un po' perché ancora affaticati dalla dura tappa del giorno prima, ed un po’ per il gran caldo estivo, più che primaverile. Fu sulla salita di Vasto, che la corsa si ravvivò di colpo, entrando nella fase risolutiva. Vito Favero, aveva appena vinto il traguardo volante posto nel citato centro abitato, quando dal gruppo, che s’era allungato nella successiva discesa, il veneto Arrigo Padovan, giocando d'audacia, com'era suo costume, se ne andò come un dannato. Sollecito, Pierino Baffi gli corse appresso e, assieme, iniziarono una fuga alla quale, un paio di chilometri dopo, si aggiunsero Bobet, Brugnami, Wagtmans, Hoevenaers e Gouget. La corsa si fece allora velocissima. Dal gruppo, appena rimessosi dalla sorpresa, uscirono altri sei: due italiani, Liviero e Benedetti e quattro stranieri, Poblet, Elliott, Stablinski e Daems. La lotta si restrinse fra il gruppo dei sette battistrada, ed i sei che gli davano la caccia. Per oltre mezz'ora il distacco fra gli uni e gli altri, oscillò sul mezzo minuto per poi aumentare notevolmente fino al punto che gli inseguitori furono ripresi dal grosso. I sette  andarono così allo sprint decisivo, dove Pierino Baffi fece valere i diritti del suo spunto velocistico.

Ordine d’arrivo:

1° Pierino Baffi km 167 in 5h10’06” alla media di 33,860 kmh; 2° Louison Bobet (Fra); 3° Arrigo Padovan; 4° Carlo Brugnami; 5° Jos Hoevenaers (Bel); 6° Wout Wagtmans (Ned); 7° Pierre Gouget (Fra) a 15”; 8° Rino Benedetti a 3’14”; 9° Dino Liviero; 10° Seamus Elliott (Irl).

Ottava tappa: Pescara-Circuito del mare dietro moto
Dopo mezzora di sosta, venne data la partenza per il settore dietro motori, su sei giri di un circuito, per 25 chilometri e mezzo totali. All'agganciamento con la Lambretta, Wagtmans e Brugnami furono più svelti di Bobet e, al termine del primo giro, lo precedettero rispettivamente di 3 e 4 secondi. Poi, il francese si portò al comando, coprendo il terzo giro alla velocità di 58,395 kmh, senza più lasciarlo, mentre alle sue spalle, il bravo Brugnami, superò Wagtmans, per poi cadere al penultimo giro, a causa di una foratura. Sfortuna nera davvero. Spuntò allora Zamboni che, superati l'olandese e lo sfortunato compagno di squadra, andò ad insidiare addirittura il successo di Bobet, il cui vantaggio all'arrivo, fu di soli 2".

Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 25,5 in 26’36” alla media di 56,807 kmh; 2° Adriano Zamboni a 2”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 22”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 59”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’04”; 6° Rino Benedetti a 1’05”; 7° Carlo Brugnami a 1’07”; 8° Alfredo Sabbadin a 1’07”; 9° Pierino Baffi a 1’15”; 10° Dino Liviero a 1’30”.

Classifica generale dopo la quarta giornata:
1° Louison Bobet in 23h15’54”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 3’11”; 3° Carlo Brugnami a 4’22”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 6’14”; 5° Emile Daems (Bel) a 7’52”; 6° Pierino Baffi a 8’33”; 7° Miguel Poblet (Esp) a 9’18”; 8° Seamus Elliott (Irl) a 9’36”; 9° Rino Benedetti a 12’19”; 10° Adriano Zamboni a 12’29”.

Nona tappa: San Benedetto del Tronto-Rimini
Alla partenza da San Benedetto del Tronto i corridori giunsero più stanchi del solito, essendoisi sobbarcati sessanta chilometri in auto da Pescara dove avevano pernottato. Il tratto sul mezzo aveva sconvolto preparativi, massaggi e colazione. Fatto sta, che per buoni tre quarti, la corsa rimase sonnolenta. Poi a poco più di trenta chilometri dall'arrivo, lo scoppio di una gomma, costrinse Bobet a mettere piede a terra. L'allarme venne subito dato, e un sussultò scompaginò la comitiva. Poblet e i suoi, Wagtmans e i suoi, Brugnami e i suoi, tutti quanti, insomma, gli si coalizzarono contro, per metterlo in difficoltà, magari impedirgli di rientrare, farlo cadere nello stesso trabocchetto che fu fatale allo spagnolo nella prima tappa... Ma non ci riuscirono. In meno di 15" la ruota nuova era già al suo posto e Bobet in sella. Lanciato all'inseguimento, prima dietro le protettrici ruota dei suoi gregari e poi da solo, in meno di cinque minuti, ritornò in gruppo. Ad una ventina di chilometri da Rimini,la corsa abbandonò la Litoranea per andare verso l'interno, lungo una strada secondarla e in salita. Sotto l'impulso di Sabbadin, il gruppo si allungò. In breve, in  testa, si trovarono una decina di corridori, fra cui Coletto, Brugnami, Stabllnsky, Poblet, Favero e, naturalmente, Bobet. Nella discesa, polverosa e sassosa, Favero e Coletto tentarono il colpaccio, ma dopo dieci minuti di caccia gli inseguitori li ripresero. A quel punto l'andatura diminuì, per preparare l’imminente volata e ne approfittò il redivivo Baldini per rientrare anche lui, con altri ritardatari. La volata decisiva con Poblet presente, non poteva aver altro risultato che una sua vittoria. I principali battuti, Pellegrini e Benedetti.

Ordine d’arrivo:

1° Miguel Poblet (Esp) km 197,5 in 5h16’57” alla media di 37,387 kmh; 2° Armando Pellegrini; 3° Rino Benedetti; 4° Federico Galeaz; 5° André Vlayen (Bel); 6° Silvano Ciampi; 7° Dino Liviero; 8° Vito Favero; 9° Arrigo Padovan; 10° Emile Daems.

Decima tappa: Rimini-Circuito del mare dietro moto
La prova dietro Lambrette, partita la fatidica mezzora dopo, diede anch’essa il risultato previsto: 1° Bobet, a mani alte, come suol dirsi. E' vero che alla presa degli allenatori, altri furono più svelti di lui, come dimostrò il passaggio del primo giro, dove al comando s’era collocato Zamboni, seguito a 9" da Daems, a 10" da Baffi, a 12" da Wagtmans, ed a 13", appunto, dal francese. Ma già al passaggio successivo, il leader della classifica era già salito al secondo posto. Indi, girando sempre più veloce, con un quarto giro alla media record di 56 chilometri e 840 metri, si portò in testa, per vincere, naturalmente. 

Ordine d’arrivo:

1° Louison Bobet (Fra) km 21,5 in 23’41” alla media di 54,721 kmh;  2° Adriano Zamboni a 3”; 3° Wout Wagtmans (Ned) a 13”; 4° Emile Daems (Bel) a 21”; 5° Miguel Poblet (Esp) a 30”; 6° Rino Benedetti a 1’03”; 7° Alfredo Sabbadin a 1’05”; 8° Carlo Brugnami a 1’08”; 9° Agostino Coletto a 1’17”; 10° Jean Stablinski (Fra) a 1’18”.

Classifica generale dopo la quinta giornata:
1° Louison Bobet in 28h56’32”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 3’24”; 3° Carlo Brugnami a 5’30”; 4° Jos Hoevenaers (Bel) a 7’47”; 5° Emile Daems (Bel) a 8’13”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 9’48”; 7° Pierino Baffi a 10’07”; 8° Seamus Elliott (Irl) a 12’11”; 9° Rino Benedetti a 13’21”; 10° Adriano Zamboni a 13’31”.

Undicesima tappa: Rimini-Riccione
La prova mattutina, ebbe un andamento “classico” per la morfologia dell’’itinerario, con la formazione all'avanguardia di un gruppo d'una decina di corridori sulla salita di San Marino, a circa metà percorso, valevole per il GPM (dove passò primo Alfredo Sabbadin davanti a Daems, Galeaz, Dewolf, Favero ed altri, fra cui Poblet e Bobet), ed un epilogo ancor più normale col successo di Poblet in volata, sui suoi compagni di fuga e qualche altro sopraggiunto nella parte finale della corsa. Fu nell'avvicinarsi a Riccione, che si ebbero le prime avvisaglie del “tornado”, che di lì a poco si sarebbe rovesciato sulla carovana. Quando i quattordici del gruppo di testa, appena protetti dal riparo dei palazzi e dei grandi alberghi, sbucarono sul lungomare, vennero investiti da un vento furioso, che letteralmente li bloccò. I corridori barcollarono, poco mancò che cadessero, finché, riavutisi dalla sorpresa, al meglio del poco possibile, si accinsero alla volata, ma appena entrati sul rettilineo, incontrarono le raffiche gelate che soffiavano al loro massimo, facendo fuggire i pochi spettatori presenti, e mettendo lo scompiglio negli addetti all'ordine. L'arrivo, comunque, fu regolare; sia per il primo gruppo che per i seguenti, anche se ad un comprensibile rallentatore, con tanto di ovvia goffaggine. Immediatamente dopo il passaggio della  linea, andarono tutti a ripararsi all'interno degli alberghi, a rifocillarsi, a riscaldarsi e ad iniziare le discussioni se, col maltempo sempre più imperversante, lo svolgimento del tratto dietro motori, fosse o no possibile. 

Ordine d’arrivo: 

1° Miguel Poblet (Esp) km 112 in 2h55’33” alla media di 36,875 kmh; 2° Adriano Zamboni; 3° Emile Daems (Bel); 4° Vito Favero; 5° Alfredo Sabbadin; 6° Michele Gismondi; 7° Jozef De Wolf (Bel); 8° Agostino Coletto; 9° Ugo Massocco; 10° Louison Bobet (Fra), 11° Hilaire Couvreur (Bel), 12° Pierre Gouget (Fra); 13° Wout Wagtmans (Ned); 14° Jean Stablinski (Fra) tutti col tempo del vincitore; 15° Ernesto Bono a 29”; 16° Rino Benedetti st; seguono a 33” 18° Jos Hoevenaers (Bel); 19° Carlo Brugnami; 20° Pierino Baffi.

Dodicesima tappa: Riccione-Circuito del mare dietro moto
La discussione continuò a lungo, ed alla fine i corridori, attraverso gli ambasciatori direttori sportivi, fecero sapere all’organizzazione, che la loro conclusione era chiara: non era pensabile svolgere una gara dietro motori in quelle condizioni, perché insisteva pericolo alla loro incolumità e lo spettacolo non sarebbe stato sui valori dello sport, ma solo circense. 
Il rappresentante dell'UVI e il direttore di corsa, condivisero tale opinione, ma dopo una riunione volante dal sapore quasi del conciliabolo, nello stretto significato del termine, finì per prevalere il parere del direttore dell’organizzazione, Natale Bertocco, che diede ordine di procedere all’appello dei concorrenti. Uniche concessioni: la riduzione dei giri da  percorrere, da sei a quattro e lo svolgimento della corsa in due batterie, composte, la prima, dalla ventunesima posizione in classifica fino all’ultima, e, la seconda, coi primi venti della “generale”. Il vincitore e la graduatoria della frazione sarebbero usciti dal crono d’ognuno. I primi venti corridori, i più forti in tutto, anche come fama, potere d’impatto esperienza e loquela, non accettarono quella decisione e minacciarono una forma di protesta clamorosa. Fatto sta, che la prima batteria si svolse regolarmente, perlomeno per quello che poteva uscire da condizioni atmosferiche estreme, ed obiettivamente pericolose. Vinse il milanese Alfredo Bonariva che ebbe ragione dei ben più illustri Arrigo Padovan, Luigi Tezza, Guido Messina e Virginio Pizzali. Quando fu il momento della seconda batteria, gli assi, tutti uniti, partirono a passo turistico, non s’agganciarono alle Lambrette, e conclusero la prova in un tempo più che doppio rispetto ai colleghi della prima batteria. Protesta dunque c’era stata, idem la conseguente frittata. Ovviamente, erano giunti tutti fuori tempo massimo e il regolamento prescriveva l’esclusione di questi corridori dalla corsa. Nuove discussioni infuocate e per risolvere la situazione, ed evitare di proseguire la manifestazione con i corridori ridotti della metà e senza gli “assi”, ove il regolamento fosse stato, come si doveva, strettamente applicato, dopo una lunga e tempestosa riunione, la giuria trovò una soluzione di compromesso, che, pur incolpando i ciclisti della seconda batteria di grave atto di indisciplina, lì deferì alla Commissione professionistica dell'UVI*, per i provvedimenti del caso, ma li autorizzò a proseguire la gara. La classifica generale venne dunque stabilita in base ai tempi impiegati nella prova motorizzata, come nulla di irregolare fosse successo, ed alla fine, visti i vantaggi che perlomeno i primi dieci avevano nella generale, la graduatoria cambiò di poco. Un compromesso ridicolo, che non fece onore a nessuno, ma che dimostrò quanto il potere dei corridori fosse forte, niente a che vedere, dunque, con quel ruolo di  porta-schiaffi che siamo abituarti a constatare oggi. 

*Note: la Commissione professionistica dell’UVI, stabilì una decina di giorni dopo, per i corridori deferiti, pur considerando la giustezza della loro proposta di sospensione della frazione, una serie di multe che, su una somma complessiva di 900 mila lire, circa 26mila euro odierni, colpì soprattutto Adriano Baffi (quale maggior istigatore della protesta) con 200mila lire. Tartassati pure Adriano Zamboni e Louison Bobet con 100mila, indi tutti gli altri 17 (Pellegrini, Liviero, Brugnami, Kazianka, Elliott, Poblet, Gismondi, Massocco, Sabbadin, Benedetti, Hoevenaers, Daems, Wagtmans, Coletto, Galeaz, Bono e Stablinski), con 30mila. All’organizzazione, invece,  giudicata dalla Commissione come maggior responsabile dell’accaduto, la contraddizione di una multa di sole 20mila lire. Come dire: anche allora il ciclismo era diretto “un po’…. così”, ma quelli erano comunque dei giganti rispetto ai dirigenti odierni.

Sul vincitore.
[Immagine: Bonariva_zpsoxk6b1gc.jpg?t=1546423254]
Alfredo Bonariva, è nato a Milano il 5 dicembre 1934. Passista. Professionista dal novembre 1957 al 1961, con tre vittorie. Un discreto pedalatore, con la dote migliore sul passo, che ha rischiato di passare inosservato come atleta, per l’epoca in cui ha corso, densa di grandi corridori e per aver potuto correre un solo Giro d’Italia, nel 1961 e per poche tappe, in quanto costretto al ritiro. Un acuto osservatore che ha saputo far tesoro dopo di tutto quello che il ciclismo agonistico gli aveva dato. Dopo una buona carriera fra i dilettanti, dove la Coppa Colli Briantei ‘57, rappresentò il suo migliore traguardo, ed il trampolino per il passaggio fra i professionisti, che avvenne agli sgoccioli della stagione 1957. Nel ’58 in seno alla Bianchi andò a segno un paio di volte, nel Gran Premio Somaglia e nel Circuito di Guazzora. Dopo un grigio 1959, nel 1960 fu autore di un ottimo Giro di Romagna, chiuso al 4° posto e poi, una settimana dopo, colse dietro motori, sul Circuito di Riccione, un ben augurante successo di frazione al Gran Premio Ciclomotoristico. Sembrava lanciato, invece quella vittoria fu pure l’ultima e dopo alterne fortune e partecipazioni, a fine ’61,  lasciò l’agonismo. Si rifece nel dopo, innanzi tutto avviando un negozio-officina di bici e ciclomotori in Bollate che è stato per decenni e decenni, un riferimento nel milanese. Da tecnico, invece, fu il primo a credere nel ciclismo femminile, di cui è stato una figura storica, allenando per un trentennio, le migliori cicliste italiane.

Ordine d’arrivo:
1° Alfredo Bonariva km 12,4, in 15’05’, alla media di 49,352 kmh; 2° Arrigo Padovan a 16”; 3° Luigi Tezza a 18”; 4° Guido Messina a 29”; 5° Virginio Pizzali a 37”; 6° Pierre Gauget (Fra) a 46”; 7° Silvano Ciampi a 1’01”; 8° Pietro Zoppas a 1’14”; 9° Willy Haelterman (Bel) a 1’23”; 10° Hilaire Couvreu (Bel) 1’29”.

Classifica generale dopo la sesta giornata:
1° Louison Bobet in 32h14’11”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 3’24”; 3° Carlo Brugnami a 6’03”; 4° Emile Daems (Bel) a 7’58”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 8’20”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 9’48”; 7° Pierino Baffi a 10’40”; 8° 10° Adriano Zamboni a 13’31”; 9° Rino Benedetti a 13’50”; 10° Jean Stablinski (Fra) a 14’56”.

Tredicesima tappa: Riccione-Nocera Umbra

Con gli echi delle polemiche per i fatti del giorno precedente e, finalmente in una giornata di sole e buona temperatura, i corridori partirono da Riccione alle 8,30. La prima parte di tappa percorsa a buona andatura ma a gruppo compatto,si consumò sulla Litoranea Adriatica, fino a Pesaro e, poi, da qui, si incanalò sulla via Flaminia. Ai due terzi del percorso sul Passo della Scheggia, dov'era posto il quinto ed ultimo traguardo per il GPM il gruppo si mantenne compatto e, sulla cima di un’ascesa comunque facile, passò primo Poblet, su Benedetti. Lo sprint in salita, generò un frazionamento nel gruppo che, però, in discesa, si ricompattò. La tappa sarebbe finita ancora in volata, se a 25 chilometri dall’arrivo di Nocera Umbra, non fosse partito come in fulmine Guido Messina. Il torinese di origine sicula, ricordandosi di essere stato inseguitore storico, pedalò come nelle sue migliori giornate e dopo cinque anni di astinenza con la vittoria su strada, tornò al successo. La volata per il secondo posto non ci fu, nel senso più classico del termine, perché il traguardo era posto su una bell’ascesa che tarpò le ali ai velocisti puri. Tant’è che la piazza d’onore, andò ad un uomo di ben altro spessore, come il francese Jean Stablinski e terzo finì un grande corridore come stava dimostrando d’essere, il belga Emile Daems.

Ordine d’arrivo:
1° Guido Messina km 150 in 4h16’52” alla media di 35,037 kmh; 2° Jean Stablinski (Fra) a 1’22”; 3° Emile Daems (Bel) a 1’26”; 4° Addo Kazianka id; 5° Pierino Baffi a 1’27”; 6° Federico Galeaz a 1’31”; 7° Adriano Zamboni a 1’32”; 8° Agostino Coletto a 1’34”; 9° Rino Benedetti id; 10° Alfredo Sabbadin id. …12° Carlo Brugnami a 1’37”; 13° Wout Wagtmans (Ned) a 1’37”; 14° Louison Bobet (Fra) a 1’39”; ….18 Miguel Poblet (Esp) a 1’43”.

Classifica Finale del Gran Premio della Montagna:
1° Miguel Poblet (Esp) punti 8; 2° Henri Dewolf (Bel) punti 7; 3°  Louison Bobet (Fra) punti 6; 4° Seamus Elliott (Irl), Wout Wagtmans (Ned), Alfredo Sabbadin ed Emile Daems (Bel) punti 5. 

Quattordicesima tappa: Foligno-Spoleto, crono dietro moto
Nel pomeriggio, stavolta con un intervallo più ampio, per la particolare morfologia della frazione motorizzata, si ebbe la riprova della bravura del leader Louison Bobet. La Foligno-Spoleto infatti, pur da compiere al rullo delle Lambrette, fu una cronometro che, di fatto, confuse un poco quelle che erano le risultanze classiche delle frazioni motorizzare, Luison Bobet a parte, naturalmente. Per gli italiani, si ebbe la conferma delle  ottime qualità di Carlo Brugnami, che finì secondo a 17” dall’asso francese e di Adriano Zamboni, terzo, a 28”. Incredibile la folla presente.

Ordine d’arrivo:
1° Louison Bobet (Fra) km 26 in 23’41” alla media di 63,868 kmh; 2° Carlo Brugnami a 17”; 3° Adriano Zamboni a 28”; 4° Miguel Poblet (Esp) a 45”; 5° Emile Daems (Bel) a 1’03”; 6° Dino Liviero a 1’17”; 7° Jos Hoevenaers (Bel) a 1’23”; 8° Alfredo Sabbadin a 1’47”; 9° Pierino Baffi a 1’56”; 10° Rino Benedetti a 1’59”.

Classifica generale dopo la settima giornata:
1° Louison Bobet (Fra) in 36h56’23”; 2° Wout Wagtmans (Ned) a 5’32”; 3° Carlo Brugnami a 6’18”; 4° Emile Daems (Bel) a 8’48”; 5° Jos Hoevenaers (Bel) a 9’49”; 6° Miguel Poblet (Esp) a 10’07”; 7° Pierino Baffi a 12’24”; 8° Adriano Zamboni a 13’52”; 9° Rino Benedetti a 15’29”; 10° Jean Stablinski (Fra) a 17’03”.

Quindicesima tappa: Spoleto-Roma
La giornata conclusiva del GP Ciclomotoristico 1960, s’aprì alle 11 del mattino, con un tempo davvero inclemente: pioggia e vento contrario che non potevano che rendere difficile la marcia di corridori comunque stanchi, per le difficoltà di una prova anomala e stressante come quella del Corriere dello sport. Si attendeva la volata di Poblet in Roma, ed invece al traguardo per disputarsi la vittoria, si presentarono due corridori, Alfredo Sabbadin e l’anziano belga Hilaire Couvreur. La coppia era fuggita al km 27 sullo slancio di un traguardo volante, vinto da Sabbadin proprio su Couvreur. E dopo 127 chilometri d’avanscoperta, i due arrivarono al traguardo finale, finalmente col tempo un poco migliore. Ma il risultato agonistico non cambiò: vinse nuovamente Sabbadin, sul “vecchio” belga.  A 2’26”, Rino Benedetti regolò il gruppo.

Ordine d’arrivo:
1° Alfredo Sabbadin (Philco) km 154 in 4h16’51” alla media di 35,800 kmh; 2° Hilaire Couvreur (Bel -Fynsec) st; 3° Rino Benedetti (Ghigi) a 2’26”; 4° Armando Pellegrini (Emi); 5° Emile Daems (Philco); 6° Federico Galeaz (Torpado); 7° Miguel Poblet (Esp-Ignis); 8° Arrigo Padovan (Gazzola); 9° Pierino Baffi (Ignis); 10° André Vlayen (Bel-Molteni).

Sedicesima tappa: Roma-Circuito dell’Eur dietro moto
Il Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni, che tante diatribe e polemiche aveva sollevato, terminò sui viali dell’Eur, in un apposito circuito da percorrere dietro Lambrette. Fu una conclusione spettacolare, che si concluse con la sorpresa di vedere il dominatore del Gran Premio mancare la vittoria nella frazione conclusiva. A battere Bobet, ci pensò il giovane e piccolo belga Emile Daems, autore di una prestazione maiuscola, che solo talune curve ad angoli piuttosto stretti impedì una media oraria sui 65 kmh. Vinse a quasi 58, e si capì che la squadra italiana della Philco, aveva fatto una gran cosa ad assumerlo. Detto di Bobet secondo, ma grande vincitore con un perentorio bis al Ciclomotoristico, l’interesse del pubblico, davvero incredibile e festoso, si mosse tutto sul   tentativo del giovane Carlo Brugnami - che alla fine sarà 4°, un secondo dietro al compagno della Torpado, ottimo pure lui, Adriano Zamboni - di scalzare dal secondo posto della classifica Wout Wagtmans, l’anziano olandese, vincitore nel ’57, nonché valente stayer. Sui sei giri del circuito per complessivi 24 km, Brugnami entusiasmò gli spettatori, debitamente avvertiti dallo speaker, relativamente ai distacchi che stava infliggendo all’avversario. Purtroppo alla fine, il giovane italiano, rosicchiò solo 19”, insufficienti per giungere al posto d’onore, ma restava senza ombra di dubbio la rivelazione della corsa, così come lo era stata circa un mese prima, alla Mentone-Roma. Per Bobet, infine, il secondo successo al Ciclomotoristico, pur continuando a correre un paio d’anni, rappresentò quasi un “canto del cigno”, dopo una luminosa e lunga carriera.  

Sul vincitore.
[Immagine: 14042210971453DAEMSEmile.jpg]
Emile Daems nacque a Genval il 4 aprile 1938. Completo. Alto 1,64 metri per 63 kg. Professionista dal 1959 al 1966 con 55 vittorie. Un brevilineo compatto, veloce, persino potente, con un carattere fortissimo, ed una simpatia evidente. Passò professionista con un palmares da predestinato e nei soli sei anni e mezzo trascorsi nell'elite, mantenne le promesse. Si scontrò con Van Looy, a cui non giurò fedeltà in occasione dei mondiali di Sachsenring. Fu l'unico a contrastarlo in patria volgendogli la faccia e questo fatto gli rese l'antipatia, ma pure il rispetto del Sire di Herentals. Ma in quel duello, per un paio d’anni Emile non uscì sconfitto. Agli esordi vinse alcune medie classiche belghe ed al primo anno da totale prof, si ribadì nelle corse fiamminghe, conquistò due tappe al Giro e l'Appennino, quindi il gran finale col trionfo nel Giro di Lombardia che, per la prima volta affrontò il "muro" di Sormano. Nel '61, vinse il Giro di Sardegna che, nelle dizioni fino agli anni settanta aveva un cast da grande manifestazione, diverse corse in patria, nonché l'allora prestigioso Giro del Ticino. Imperiale nel '62, dove si impose nella Milano-Sanremo. Alla Roubaix, solo Van Looy lo anticipò, ma dopo il traguardo gli disse che si sarebbe vendicato l'anno successivo. Fu poi protagonista al Tour de France, con tre tappe all'attivo e la vittoria nella mitica Briancon, dopo aver scalato il Col di Restefond, il Vars e l'Izoard. Il carattere del Daems si vide nel '63, quando vinse proprio la Roubaix, superando allo sprint il rivale Van Looy. Vendetta era fatta. Nel '64, complici diversi contrattempi fisici s'aggiudicò qualche gara fiamminga e l'anno successivo, dopo 4 stagioni in squadre italiane o francesi, ritornò in patria, ma una grave caduta alla Sei Giorni di Bruxelles, pose di fatto fine alla sua carriera.

Ordine d’arrivo:
1° Emile Daems (Bel-Philco) km 22 in 23’14” alla media di 57,331 kmh; 2° Louison Bobet (Fra-Mercier) a 16”; 3° Adriano Zamboni (Torpado) a 19”; 4° Carlo Brugnami (Torpado) a 20”; 5° Miguel Poblet (Esp-Ignis) a 26”; 6° Wout Wagtmans (Ned-Molteni) a 47”; 7° Michele Gismondi (Gazzola) a 57”; 8°Jos Hoevenaers (Bel-Ghigi) a 1’02”; 9° Rino Benedetti (Ghigi) a  1’23”; 10° Pierino Baffi (Ignis) a 1’25”; 11° Armando Pellegrini (Emi) a 1’38”; 12° Alfredo Sabbadin (Philco) a 1’46”; 13° Dino Liviero (Torpado) a 1’50”; 14° Pierre Gouget (Fra-Mercier); 15° Agostino Coletto (Ghigi) a 1’58”; 16° Addo Kazianka (Emi) a 2’02”; 17° Arrigo Padovan (Gazzola) a 2’20”; 18à Jean Stablinski a 2’35”.

[Immagine: Lorenzetti_zpsfb1eyjm6.jpg]
L’allenatore di Louison Bobet, il “mago” dei “pacer” per le corse su strada, il francese Hugo Lorenzetti. Proveniente da una famiglia di Torino, emigrata in Francia 2 anni prima della sua nascita. Qui lo vediamo, su pista, nell’arte del mestiere, allenare il Campione di Francia degli Stayer Robert Varnajo.

[Immagine: Bobet%20premio_zpspw2y5i1w.jpg?t=1546423261]
Il francese Louison Bobet alla cerimonia dopo il bis al Ciclomotoristico

Classifica Generale Finale:
1° Louison Bobet (Fra-Mercier) km 1555 in 41h38’34”; 2° Wout Wagtmans (Ned-Molteni) a 6’19”; 3° Carlo Brugnami (Torpado) a 6’38”; 4° Emile Daems (Bel-Philco) a 8’32”; 5° Jos Hoevenaers (Bel-Ghigi) a 10’49”; 6° Miguel Poblet (Esp-Ignis) a 11’31”; 7° Pierino Baffi (Ignis) a 12’49”; 8° Adriano Zamboni (Torpado) a 14’11”; 9° Rino Benedetti (Ghigi) a 16’31”; 10° Alfredo Sabbadin (Philco) a 17’01”.

Maurizio Ricci detto Morris

.....segue
 
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Le corse dimenticate - da Morris - 18-12-2018, 10:21 AM
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RE: Le corse dimenticate - da Gerro - 31-12-2018, 05:12 PM
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RE: Le corse dimenticate - da Giorgio Ricci - 01-01-2019, 01:04 PM
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