23-05-2020, 06:15 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 23-05-2020, 07:48 PM da Luciano Pagliarini.)
Riflessione che c'entra poco con la gara in sé.
La Vuelta è e sarà sempre percepita come il terzo grande giro, c'è poco da fare.
Quando, però, non era imbrigliata nelle maglie del World Tour poteva andare a pescare al di fuori dei confini tradizionali del ciclismo. E allora ecco che alla Vuelta del '90 trovi tre squadre colombiane (oggi non ne vedi mezza a correre in Europa) e una portoghese, mentre a quelle precedenti c'era pure la selezione dell'URSS. Era un modo di arricchire la gara e di renderla diversa.
Il World Tour è la morte del ciclismo globalizzato per davvero. Perché uno sport globale è uno sport che coinvolge quanti più attori possibili. Non uno sport dove le squadre vengono da un ristretto bacino di pochi paesi ricchi.
La Vuelta è e sarà sempre percepita come il terzo grande giro, c'è poco da fare.
Quando, però, non era imbrigliata nelle maglie del World Tour poteva andare a pescare al di fuori dei confini tradizionali del ciclismo. E allora ecco che alla Vuelta del '90 trovi tre squadre colombiane (oggi non ne vedi mezza a correre in Europa) e una portoghese, mentre a quelle precedenti c'era pure la selezione dell'URSS. Era un modo di arricchire la gara e di renderla diversa.
Il World Tour è la morte del ciclismo globalizzato per davvero. Perché uno sport globale è uno sport che coinvolge quanti più attori possibili. Non uno sport dove le squadre vengono da un ristretto bacino di pochi paesi ricchi.