28-05-2017, 07:40 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 28-05-2017, 07:42 PM da OldGibi.)
Si è riproposto di recente il tema del numero di corridori per squadra. Si ipotizza concretamente di scendere ad 8 nei grandi Giri e a 7 nelle corse di un giorno. Francesco Moser ha abbondato parlando di scendere a 6! Il numero di 6 appare davvero ridotto e si è commentato anche il rischio che diventino più rilevanti le “alleanze” tra squadre diverse. Tra l’altro, si andrebbe a incidere su una delle caratteristiche più interessanti del ciclismo, legata alla strategia di gara e alla lettura della corsa, connessa ai compagni di squadra presenti o meno nel gruppo principale, ad eventuali corridori in avanscoperta, al probabile comportamento di altre squadre, a convergenze di interessi, e così via. Estremizzando, un ciclismo senza squadre, in cui ognuno corre per sé, è poco immaginabile e, probabilmente, molto meno interessante.
Ai fini del risultato sportivo, della legittima vittoria del corridore che si è dimostrato più forte quel giorno (o in quella gara a tappe), incide sicuramente la forza della squadra. Lo strapotere Sky al Tour ha spesso impressionato. Tuttavia, avrebbe un valore relativo se non si basasse sul corridore più forte, comunque proteggendolo e facilitandone il successo. D’altra parte, anche i suoi principali avversari hanno ottime squadre. La situazione si bilancia, i team con i budget maggiori ingaggiano i corridori migliori e formano squadre più forti. Legittimo e non anti – sportivo (si potrebbe parlare anche di salary – cup, volendo). Diversa la situazione se un corridore si trova nelle condizioni di vincere ma senza una squadra all’altezza, tipico l’esempio della Vuelta 2015 persa da Dumoulin. Se avesse avuto in squadra Kelderman e Ten Dam difficilmente avrebbe perso. Vero anche che si è staccato da un gruppo relativamente numeroso su una salita non difficilissima. Ci sta, non si può dire che meritasse quella Vuelta più di altri. Se corridori di altre squadre avessero collaborato con lui nell’inseguimento avrebbero alterato il risultato sportivo, non sarebbe stato corretto.
Questo Giro 2017 ci ha riproposto il tema delle alleanze tra squadre diverse, meno limpido ma sempre esistito. Si tratta di capire quale è il limite oltre il quale diventa una pratica antisportiva. Vi può essere ovviamente la coincidenza di interessi, tre corridori in fuga collaborano per giocarsi la tappa, ad esempio, ed è ovvio. A volte l’interesse di una squadra a tirare o collaborare diventa meno chiaro. Favori da restituire o che si restituiranno, altra componente sempre esistita, entro certi limiti ci può stare. Estremizziamo però: supponiamo che tre squadre importanti si mettano d’accordo a inizio stagione per aiutarsi a vicenda, lottando tra loro quando la corsa lo propone ma, per il resto, sostenendosi nei tanti modi possibili. “Ognuno fa la sua corsa”, d’accordo, ma a me sembrerebbe un comportamento oltre la soglia dell’antisportivo. E’ un confine labile, nebbioso, difficile da definire. Alcuni di noi hanno avuto la percezione che in questo Giro 2017 questo limite impalpabile sia stato toccato un paio di volte, con riverberi sul risultato sportivo.
Quanto scritto mi porta a due considerazioni:
1) Difficile che si esageri oltre un certo limite. Le altre squadre se ne accorgerebbero e reagirebbero, in corsa e fuori. Un minimo di codice etico è opportuno che ci sia, probabilmente con un punto di equilibrio che di fatto si crea, stagione dopo stagione. Si lavora tanto per uno sport duro, un certo rispetto reciproco, che include una deontologia, contribuisce a dare forma a questo splendido sport.
2) Abbassare troppo il numero dei corridori per squadra potrebbe essere controproducente, nella chiave esposta. Hai i tuoi compagni di squadra, lavora con quelli. Forse si potrebbe scendere a 8 ma non vedo problemi se si restasse a 9. La Sky è fortissima ma il giudizio è sbilanciato dal fatto di aver corso il Tour con i due migliori corridori (Wiggins e Froome, nel 2012) e, fino al 2015, con il miglior corridore, Froome, e con un compagno come Porte, sicuramente un uomo da top ten. Tuttavia, le trenate di Porte avrebbero avuto poco senso senza le successive e incredibili frullate di Froome. La Sky è fortissima ma il problema non credo siano i 9 corridori. Corse più belle si ottengono anche con percorsi ben disegnati. Poi, quando c’è un campionissimo per un po’ di tempo vince lui, ovviamente.
Ai fini del risultato sportivo, della legittima vittoria del corridore che si è dimostrato più forte quel giorno (o in quella gara a tappe), incide sicuramente la forza della squadra. Lo strapotere Sky al Tour ha spesso impressionato. Tuttavia, avrebbe un valore relativo se non si basasse sul corridore più forte, comunque proteggendolo e facilitandone il successo. D’altra parte, anche i suoi principali avversari hanno ottime squadre. La situazione si bilancia, i team con i budget maggiori ingaggiano i corridori migliori e formano squadre più forti. Legittimo e non anti – sportivo (si potrebbe parlare anche di salary – cup, volendo). Diversa la situazione se un corridore si trova nelle condizioni di vincere ma senza una squadra all’altezza, tipico l’esempio della Vuelta 2015 persa da Dumoulin. Se avesse avuto in squadra Kelderman e Ten Dam difficilmente avrebbe perso. Vero anche che si è staccato da un gruppo relativamente numeroso su una salita non difficilissima. Ci sta, non si può dire che meritasse quella Vuelta più di altri. Se corridori di altre squadre avessero collaborato con lui nell’inseguimento avrebbero alterato il risultato sportivo, non sarebbe stato corretto.
Questo Giro 2017 ci ha riproposto il tema delle alleanze tra squadre diverse, meno limpido ma sempre esistito. Si tratta di capire quale è il limite oltre il quale diventa una pratica antisportiva. Vi può essere ovviamente la coincidenza di interessi, tre corridori in fuga collaborano per giocarsi la tappa, ad esempio, ed è ovvio. A volte l’interesse di una squadra a tirare o collaborare diventa meno chiaro. Favori da restituire o che si restituiranno, altra componente sempre esistita, entro certi limiti ci può stare. Estremizziamo però: supponiamo che tre squadre importanti si mettano d’accordo a inizio stagione per aiutarsi a vicenda, lottando tra loro quando la corsa lo propone ma, per il resto, sostenendosi nei tanti modi possibili. “Ognuno fa la sua corsa”, d’accordo, ma a me sembrerebbe un comportamento oltre la soglia dell’antisportivo. E’ un confine labile, nebbioso, difficile da definire. Alcuni di noi hanno avuto la percezione che in questo Giro 2017 questo limite impalpabile sia stato toccato un paio di volte, con riverberi sul risultato sportivo.
Quanto scritto mi porta a due considerazioni:
1) Difficile che si esageri oltre un certo limite. Le altre squadre se ne accorgerebbero e reagirebbero, in corsa e fuori. Un minimo di codice etico è opportuno che ci sia, probabilmente con un punto di equilibrio che di fatto si crea, stagione dopo stagione. Si lavora tanto per uno sport duro, un certo rispetto reciproco, che include una deontologia, contribuisce a dare forma a questo splendido sport.
2) Abbassare troppo il numero dei corridori per squadra potrebbe essere controproducente, nella chiave esposta. Hai i tuoi compagni di squadra, lavora con quelli. Forse si potrebbe scendere a 8 ma non vedo problemi se si restasse a 9. La Sky è fortissima ma il giudizio è sbilanciato dal fatto di aver corso il Tour con i due migliori corridori (Wiggins e Froome, nel 2012) e, fino al 2015, con il miglior corridore, Froome, e con un compagno come Porte, sicuramente un uomo da top ten. Tuttavia, le trenate di Porte avrebbero avuto poco senso senza le successive e incredibili frullate di Froome. La Sky è fortissima ma il problema non credo siano i 9 corridori. Corse più belle si ottengono anche con percorsi ben disegnati. Poi, quando c’è un campionissimo per un po’ di tempo vince lui, ovviamente.