Quando ero un bimbo quel nome armonico entrò in me. L’ho inseguito per quasi otto lustri fino a conoscerlo e diventare suo amico. Di lui ho già scritto un libro, ma anche un ricordo particolare, postumo a quella stesura. Mi sembrava doveroso proporlo in questo mio viaggio……
L’Angelo della Montagna
L’orizzonte era fatto di monti
che guardavano in fondo la valle.
S’ergevano austeri e inviolati
al cuore d’un credo provato
dal non lontano ricordo
d’una immane prova di vita.
L’aver visto la morte
spingeva il desiderio di vincere
di superare fatiche
di ricostruire convivio
fino a muovere i sogni.
La gente si votava all’incontro
con genesi sopite e distrutte
dal corso passato,
si guardava alle montagne
depositarie di sguardi senza tempo.
Si suonava la musica
d’una rinascita infatuata della via
che dagli occhi
porta all’animo tenero.
Si cercavano eroi
da scolpire sullo sfondo dei colli
come fossero i paesi sognati
o figure totem d’una fede.
Lui arrivò silenzioso
danzando sui pedali
d’una bicicletta
divenuta prolungamento del corpo.
Lui sentiva il profumo
d’una natura che l’aspettava
e si scioglieva immanente
come fosse figlio di quei luoghi.
Niente lo spaventava
nemmeno quando le piccozze
sembravan più utili
del suo cavallo meccanico.
Fra pioggia e freddo
fra nuvole e nebbia
i monti permeavano il suo teismo
il suo grido alla vita
e a quella gioventù
che non voleva offuscare.
Sempre silenzioso saliva
orientando gli azzurri occhi
sugli orizzonti sospesi lassù.
Per tanti correva sui pedali
in realtà recitava un idioma
dipingendo leggero
una natura che non disturbava
perché era parte di essa.
Il suo sorriso era nelle membra
e solo quando i richiami
dell’umana riconoscenza
si trasformavano in applausi
muoveva quel viso
per ringraziare le attenzioni
e accarezzare se stesso.
Lo chiamavano Charly Gaul
ma era una parte evidente
del paesaggio montano
che s’emozionava
interpretando il suo io profondo.
Un vero Angelo della Montagna.
Morris (23/09/1999)