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I personaggi dello sport
#1
Direi che è arrivato il momento di aprire un topic in cui racchiudere racconti, biografie o pensieri articolati su personaggi sportivi noti o meno noti.

LAURITZ BERGENDAHL

[Immagine: lauritz_bergendahl_large.jpg]
©geni.com


Oggi vi racconto di una storia senza tempo, la storia della prima star dello sci, Lauritz Bergendahl.
Karl Lauritz Bergendahl (nome completo) nasce il 30 Gennaio 1887 a Sorkedalen, un piccolo paesello subito fuori Oslo, a un "tiro di schioppo" da quello che poi diventerà il suo palcoscenico preferito, Holmenkollen. Nato in una famiglia di agricoltori e falegnami, durante il periodo invernale, nella sua giovinezza, lavorava il legno, costruendo anche gli sci che poi usava nelle passeggiate fra i boschi che circondavano la cittadina natale. Nel 1904, a 17 anni, si iscrive alla gara di Salto con gli Sci allo Skifest i Holmenkollen, competizione nata nel 1892 che si svolge appunto ad Holmenkollen, una collina che sovrasta Oslo, culla dello sci nordico. Si piazza terzo nella gara junior, mentre l'anno successivo raggiunge il secondo posto, confermandosi come uno dei giovani più promettenti nel panorama Norvegese dello sci. Tra il 1906 e il 1908, tuttavia, non prende parte ad alcuna competizione a causa delle sue convinzioni religiose il cui cardine era l'opposizione alle competizioni sportive alla Domenica.
Tuttavia nel 1909, resosi conto del grande talento a disposizione, non volle più assecondare tali convinzioni e decise di partecipare ai campionati norvegesi a Lillehammer. Vinse, al debutto, la 30 km di sci di fondo e successivamente si impose anche nella prestigiosa Kombinert, ovvero la classifica stilata prendendo in considerazione i risultati nella prova di sci di fondo e quella di salto con gli sci, quella che oggi chiamiamo Combinata Nordica e che i Norvegesi chiamano semplicemente "Combinata" (Kombinert). Tornato ad Holmenkollen dopo quattro anni dall'ultima volta, vinse la gara di 18 km di sci di fondo, rispettando le attese creatasi dopo le prestazioni del campionato nazionale. Tornato nella sua Sorkedalen venne accolto come un eroe locale, ma le sue prestazioni dell'anno successivo lo fecero diventare a tutti gli effetti eroe nazionale di uno stato la cui indipendenza è stata dichiarata solo 5 anni prima. Nel 1910 si impose, a Skien, nuovamente nei campionati nazionali di Combinata, successo che ripetè anche ad Holmenkollen. In più riuscì a vincere la gara di 50 km di sci di fondo, successo che gli permise di ricevere la prestigiosa Medaglia Holmenkollen, un riconoscimento assegnato dal comitato organizzatore dell'evento a chi si è particolarmente distinto nelle competizioni di sci, una sorta di premio nobel delle discipline nordiche e alpine. Dopo questa splendida annata Lauritz Bergendahl divenne per tutti "skikongen" ovvero, il re dello sci. Nel 1911, tuttavia, non partecipò ad alcuna competizione in quanto impegnato con la leva militare, ma il ritorno in gara nel 1912 fu trionfale. Innanzitutto la sua leggenda scavalcò i confini Norvegesi e si estese in tutta Europa. Fu infatti invitato a partecipare ai campionati Austro-Tedeschi di Combinata Nordica, competizione che ovviamente vinse nel 1912 e 1913. Vinse la "Kombinert" e la gara di 30 km ai campionati Norvegesi del 1912, mentre ad Holmenkollen si impose nella gara di Combinata e nella 50 km, quest'ultima con 17 minuti di vantaggio sul secondo. Nel 1913 partecipò ai Giochi Nordici di Stoccolma, arrivando secondo nella gara di 60 km, mentre ad Holmenkollen vinse ancora Combinata e 50 km, aggiungendo ai suoi successi anche la 18 km. Riuscì nella doppietta Combinata/50 km anche nel 1914 e 1915. Nella 50 km del 1914 vinse con 22 minuti di vantaggio sul secondo. Nel 1915 riuscì finalmente a vincere la gara di Salto con gli Sci.
Tra il 1909 e il 1915 vinse cinque volte la 50 km, cinque volte la Kombinert, tre volte la gara sui 18 km e una volta la gara di Salto con gli Sci ad Holmenkollen. Fu due volte campione Norvegese nella 30 km e tre volte nella Kombinert. Venne premiato con la medaglia Holmenkollen nel 1910 a soli 23 anni e vinse due volte il campionato Austro-Tedesco di Combinata Nordica.
Nonostante le sue origini umili, era una persona molto aperta, tanto che dopo il suo ritiro avvenuto nel 1915, non sparì definitivamente dall'ambiente come invece era solito accedesse, ma divenne manager e amministratore della federazione Norvegese dello Sci. Fu grazie a questo suo carattere aperto e guascone che si può definire come la prima vera "rockstar" degli sport invernali.
Nel 1952 ebbe l'onore di portare la torcia olimpica all'interno dello stadio Bislett, dove si svolse la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici Invernali di Oslo passandola poi a colui che accese il braciere olimpico.
Lauritz Bergendahl è considerato il primo atleta maniaco dell'allenamento e dell'alimentazione, nonchè il padre dei moderni sci da fondo. Essendo falegname e fabbricando i suoi stessi sci, aveva notato come lasciando libero il tallone, la sua spinta coi bastoni fosse più efficiente e gli facesse guadagnare tanto tempo. Il primo set di sci prodotto da un costruttore seguendo l'idea di Bergendahl fu messo sul mercato dalla Selmer col nome di "Bergendahl ski" nel 1913.
Morì il 15 Aprile 1965 a 78 anni dopo essere stato investito da una macchina e nel 1977 Re Olav di Norvegia scoperse un monumento in suo onore nel cortile della scuola di Sorkedalen.
 
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#2
Sei un maledetto, io con le mie preview puntavo a vincere il titolo come utente più competente in ambiti extraciclistici e invece mi tiri fuori ste robe.

Va a finire che dopo il ciclocross comincerò a seguire anche la combinata nordica.
 
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#3
Potresti puntare a diventare l'esperto di BMX del forum così ti darei sia il premio di esperto di BMX che quello di più competente in ambito ciclistico.
 
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#4
(04-02-2020, 02:23 AM)Paruzzo Ha scritto: Sei un maledetto, io con le mie preview puntavo a vincere il titolo come utente più competente in ambiti extraciclistici e invece mi tiri fuori ste robe.

Va a finire che dopo il ciclocross comincerò a seguire anche la combinata nordica.

Segui segui, c'è sempre spazio nella piccola grande famiglia della Combinata Nordica Cool
Adesso che comincerà la coppa del mondo al femminile bisognerà allargare la casa Mmm

Ah, una cosa, questo topic non è solo mio. Se volete raccontare la storia di qualche sportivo (extra ciclistico) potete postarla su questo topic cosicchè diventi una sorta di enciclopedia.
 
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#5
Personaggio numero 2, anch'esso combinatista. Da un eroe dell'anteguerra a un mito dei giorni nostri, personalmente il combinatista cui sono più affezionato.

AKITO WATABE

[Immagine: 29573231_1957042311004698_63983302748721...C512&ssl=1]
©azzurridigloria.com

Akito Watabe nasce il 26 Maggio 1988 ad Hakuba, nella prefettura di Nagano.
Quando, nel 1991, viene assegnata a Nagano l'organizzazione delle Olimpiadi Invernali del 1998, il piccolo villaggio di Hakuba viene scelto come sede delle gare di salto con gli sci, combinata nordica e sci di fondo. Il complesso di trampolini viene completato nel 1992 e nel 1998 ospita le gare. Akito e la sua famiglia, compreso il fratello più giovane di tre anni, Yoshito, sono a bordo pista quando Kazuyoshi Funaki vince la medaglia d'oro su trampolino grande e la squadra Giapponese vince la medaglia d'oro nella gara a squadre. E' a bordo pista anche quando Bjorn Daehlie vince la 50 km e diventa l'atleta più titolato nella storia dei giochi olimpici invernali, ma soprattutto è presente il 14 Febbraio, quando si svolge la gara di Combinata Nordica, a tifare Kenji Ogiwara, il vincitore di tre coppe del mondo tra il 1994 e 1996, di due titoli mondiali nel 1993 e 1997 e campione olimpico a squadre nelle due precedenti olimpiadi, 1992 e 1994. L'uomo da battere è il Norvegese di Tromso, Bjarte Engen Vik, autentico fuoriclasse sul trampolino e dotato di grande talento anche sugli sci stretti. Ogiwara arriva quarto dietro a Vik, Lajunen e al Russo Stolyarov. Fatale per lui è stato il primo salto in cui ha perso tanti punti ed è stato costretto a partire nella gara di fondo a 90 secondi da Vik e a 27 da Lajunen, autentico portento delle due componenti di gara che, a soli 16 anni e 10 mesi, l'anno prima vinse la coppa del mondo. Lajunen partì a razzo e durante i primi chilometri raccolse nell'ordine Bieler, Kogawa, Tsugiharu Ogiwara (fratello gemello di Kenji ma meno competitivo) e il Russo Stolyarov. I primi tre sopra citati non tennero il ritmo infernale del Finlandese, ma Stolyarov riuscì a farsi trainare per quasi tutti i 15 km di gara per assicurarsi almeno la medaglia di bronzo dietro al Finnico e all'imprendibile Vik. Kenji Ogiwara non potè fare altro che accontentarsi del quarto posto a 53 secondi dal podio.
Questa gara è comunque di ispirazione per i tanti ragazzini a bordo pista, tra cui anche Akito e il fratello Yoshito, i quali decidono che la Combinata Nordica sarà il loro futuro. Akito studia alla Hakuba High School e nel 2000 comincia a saltare e sciare, facendo subito notare il grande talento a disposizione. Dopo 5 anni di crescita e gare nel circuito interno Giapponese, il 12 Marzo 2005 viene schierato nella prima gara internazionale della sua vita, a Vuokatti, una competizione valida per la Coppa del Mondo B (oggi Coppa Continentale), una gara con un salto e 7,5 km di fondo nella quale chiude 43esimo. Tuttavia è Dicembre il mese chiave per la sua carriera: tra il 10 e il 21 Dicembre si svolgono 4 gare di Coppa del Mondo B a Steamboat Springs, Park City e Lake Placid, gare a cui Akito partecipa con profitto dato che i suoi risultati sono 11°, 14°, 14° e 32°, marcando i primi punti ed essendo eleggibile per partecipare alle gare di Coppa del Mondo e addirittura alle imminenti Olimpiadi di Torino. Dopo altre 2 top 20 a Chaux Neuve, partecipa ai Campionati Mondiali Juniores in programma a Kranj, Slovenia, dove il primo Febbraio si scontra per la prima volta contro colui che sarà il più grande rivale della sua carriera, Eric Frenzel, suo coetaneo. Nella gara con due salti su trampolino HS 109 e 10 km di fondo, si piazza quarto dopo il segmento di salto e conlcude la gara in settima posizione, di gran lunga migliore dei Giapponesi, mentre Frenzel conclude diciannovesimo. Nella gara a squadre si dimostra ancora il migliore dei Giapponesi, ma non è supportato dai compagni e concludono undicesimi su dodici, mentre nella gara con un salto e 5 km di fondo è primo dopo il salto e conclude secondo perdendo in volata dal Tedesco Tom Beetz, classe 1986. Mettetelo da parte questo "perdendo in volata", sarà una costante della sua carriera da perdente di successo. Le sue prestazioni al mondiale juniores convincono i tecnici Giapponesi a convocarlo come riserva alle Olimpiadi di Torino senza avere mai avuto esperienze coi big della Combinata Nordica prima d'ora. L'11 Febbraio si svolge la classica Gundersen con due salti su HS106 e 15 km di fondo. Il Giappone schiera Daito Takahashi (il Giapponese più forte dell'epoca), Norihito Kobayashi, Yosuke Hatakeyama e Takashi Kitamura. Dopo il salto Takahashi è dodicesimo, ma preferisce non prendere parte alla gara di fondo, quindi il migliore dei Giapponesi è Norihito Kobayashi, sedicesimo a 2'38" dal vincitore a sorpresa Georg Hettich. Chi non convince è Kitamura, quarantatreesimo. Il 16 Febbraio si gareggia nel team event, due salti su HS134 e poi staffetta di fondo 4x5km. Il Giappone si schiera ancora con i quattro della Gundersen di cinque giorni prima, ma Kitamura affossa la squadra e il Giappone chiude quinto dopo i salti e sesto dopo il fondo. Si decide quindi che nella gara che chiuderà il programma della Combinata Nordica, la gara con un salto su HS134 e 7.5 km di fondo, Kitamura starà a riposo e debutterà tra i grandi proprio Akito Watabe. Dopo il salto è nono a quarantuno secondi da Hettich e davanti a fuoriclasse come Ackermann, Gottwald, Moan, Stecher e Manninen. Nel fondo paga dazio, ma conclude con un onorevolissima diciannovesima posizione.
Il 18 Marzo debutta in Coppa del Mondo nelle gare di Sapporo che chiudono la stagione. Conclude le gare diciannovesimo e ventiquattresimo, pagando dazio ancora una volta nel fondo. Queste gare sono anche le prime occasioni di confronto con un altro futuro grande rivale, Jason Lamy Chappuis, classe 1986.
Per la stagione 2006/07 si decide di impostare un lavoro di sviluppo sulle sue capacità nel fondo, pertanto gareggia in gare nazionali fino a Gennaio 2007 quando viene convocato per le gare di Coppa del Mondo B in Val di Fiemme. Conclude quinto una delle due gare, ma fa ancora fatica nella componente fondo. Viene tuttavia convocato ai mondiali casalinghi a Sapporo, dove tuttavia non brilla come alle precedenti Olimpiadi. Ha difficoltà sul trampolino, ma nel fondo dimostra piccoli segnali di miglioramento. Chiude trentunesimo la 7.5km e trentacinquesimo la 15km. Ai mondiali juniores di Tarvisio fatica ancora sul trampolino e chiude diciannovesimo e diciottesimo. La stagione 2007/08 viene impostata sul fargli ritrovare fiducia sul trampolino e nel frattempo sviluppare le sue capacità sugli sci stretti. A Dicembre 2007 e Gennaio 2008 partecipa a dieci gare di Coppa del Mondo B tra Hoeydalsmo, Vuokatti, Liberec e Chaux Neuve con risultati in crescita fino al decimo posto dell'ultima gara di Chaux Neuve. A Febbraio si sposta in Giappone per altre gare di Coppa del Mondo B tra Iyama e Hakuba (casa sua). A Iyama arriva quarto, mentre ad Hakuba è secondo in due gare su tre, primi podi nel secondo circuito della Combinata Nordica. Ai mondiali juniores nell'aquitrino di Zakopane conclude tredicesimo la gara su dieci chilometri (gara vinta da Alessandro Pittin) e quarto la gara su cinque chilometri. A quasi 20 anni ha trovato un equilibrio tra le due componenti di gara e dalla stagione successiva sarà stabilmente in Coppa del Mondo.
Nella stagione 2008/09 conclude trentottesimo in generale con un decimo posto a Chaux Neuve come miglior risultato. Il picco della stagione è la gara a squadre ai mondiali di Liberec, dove, in un circuito sommerso da neve bagnata, i Giapponesi indovinano i materiali e vincono in volata, grazie a Norihito Kobayashi, su Norvegia e Germania.
Il 30 Gennaio 2010 arriva il primo podio in Coppa del Mondo, un terzo posto a Seefeld dietro a Eric Frenzel, che nel frattempo lo ha superato nelle gerarchie mondiali della Combinata Nordica, e Mario Stecher. Partecipa alle Olimpiadi Invernali di Vancouver con un ventunesimo posto su trampolino piccolo e un nono posto su trampolino grande.
Nel 2010/11 non trova podi, ma è undicesimo nella generale, ed è quinto nella gara mondiale su trampolino piccolo ad Oslo. Chi vinse ? Eric Frenzel.
La stagione 2011/12 è la stagione della sua consacrazione definitiva. Parte subito con un secondo e un terzo posto a Kuusamo e il 5 Febbraio 2012 arriva il primo successo in Coppa del Mondo in Val di Fiemme grazie a un salto che ha lasciato Lamy Chappuis (leader della generale) a 58 secondi, distacco incolmabile per il Francese che concluderà ottavo la gara. Vince altre tre gare, a Klingenthal, Liberec e Oslo. Proprio ad Oslo, nell'ultima gara della stagione, è in lizza per vincere addirittura la Coppa del Mondo. Lamy Chappuis è a 1274 punti, ma in difficoltà, mentre Watabe viene da due vittorie nelle ultime tre gare e insegue con 1202 punti. Se Akito vince e Lamy Chappuis è decimo, il Giapponese vincerà la Coppa del Mondo. Purtroppo il giorno della gara sul trampolino di Holmenkollen il vento cambia continuamente direzione e Akito si trova a saltare in un momento pessimo. Il nono punteggio nel salto fu deleterio per le sue ambizioni e dovette accontentarsi del secondo posto nella classifica generale dietro al fuoriclasse Francese.
Nel 2012/13 ci fu il passaggio di consegne tra Lamy Chappuis e Eric Frenzel che vinse la prima delle cinque sfere di cristallo consecutive. Watabe non vinse nessuna gara, ma andò a podio sei volte, con quattro secondi posti consecutivi. Concluse terzo in generale e si classificò quarto nella gara su trampolino grande ai mondiali della Val di Fiemme, battuto nella volata per il secondo posto da Gruber e Lamy Chappuis, gara vinta in solitaria da Frenzel.
Nella stagione Olimpica di Sochi il trend di podi senza vincere continuava, ma ai Giochi Olimpici si presenta come seconda forza in campo dopo Frenzel. Nella gara da trampolino piccolo dopo il salto è secondo dietro a Frenzel e con grande margine sul resto della concorrenza. I due fanno gara di coppia fino agli ultimi metri, dandosi cambi regolari e resistendo al ritorno dei fondisti migliori del circuito come Krog, Pittin, Moan e Rydzek. Watabe finisce secondo, battuto in volata da Frenzel e conquista la medaglia d'argento. E' la prima medaglia Giapponese nella Combinata Nordica dopo venti anni e solo la seconda medaglia individuale per un rappresentante del paese del Sol Levante. Su trampolino grande conclude sesto. Torna al successo in Coppa del Mondo nell'ultima gara stagionale a Falun e conclude terzo in generale.
La stagione successiva non è prolifica di podi come quella precedente, ma coglie due successi a fine stagione e conclude secondo dietro a Frenzel. Ai mondiali di Falun conclude sesto e settimo le gare individuali.
La stagione 2015/16 è una stagione incredibile: Frenzel è al picco della sua carriera sportiva, ma Watabe non gli è lontano e salta molto bene sin da subito. A Lillehammer è secondo, battuto, in volata, da Fabian Riessle. A Chaux Neuve è due volte terzo e si presenta al Triple di Seefeld alla pari con Frenzel. Nelle prime due gare conclude il segmento di salto davanti con Frenzel subito alle spalle. In gara 1 perde, in volata, dal Tedesco, mentre in gara 2 accumula ritardo nel finale. Il terzo giorno imperversa una bufera e si decide di saltare solo una volta e di fare 10 km di fondo. Watabe salta bene in condizioni di vento difficili, mentre Frenzel cade e accumula 56 secondi di distacco. Per Akito sembra fatta. Sugli sci Frenzel non può recuperare 56 secondi in 10 km, ma a Seefeld c'è una bufera di neve e i Giapponesi sbagliano completamente i materiali. Watabe cade al settimo chilometro, ma si rialza. A 2.5 km dal traguardo ha ancora una ventina di secondi di vantaggio, ma Frenzel ha la bava alla bocca e lo riprende a 300 metri dal traguardo, staccandolo nel finale e scrivendo una pagina di storia indelebile. Watabe giunge sul traguardo, stremato, dopo 19 secondi.
La settimana dopo, ad Oslo, Watabe si prende una rivincita e stacca il rivale, ma è ancora secondo dato che Jarl Magnus Riiber sul trampolino ha rifilato distacchi incolmabili per tutti e s'è andato a prendere la prima vittoria in carriera. E' secondo anche a Trondheim e nella rocambolesca gara di Lahti, battuto, in volata, da Eric Frenzel. A Kuopio riesce a battere Frenzel, ma è battuto, in volata, da Rydzek. Salta le gare della Val di Fiemme perchè influenzato e vede Eric Frenzel vincere la quarta sfera di cristallo consecutiva. A Schonach conclude terzo la penultima gara stagionale.
Conclude la stagione 2015/16 con dodici podi e nessuna vittoria, un record che credo non verrà mai battuto.
La stagione 2016/17 è quella del duello rusticano tra Frenzel e Rydzek. Nelle prime 17 gare della stagione, 15 sono state vinte o da Frenzel o da Rydzek. In vista della gara di Sapporo, dove Frenzel, Rydzek e anche Riessle, vincitore delle due gare "restanti" non hanno partecipato, Watabe era il grande favorito, ma in gara 1 venne battuto, in volata, da Bjorn Kircheisen che non vinceva in Coppa del Mondo da quattro anni. Tuttavia il giorno dopo riuscì ad imporsi e a tornare al successo dopo 2 anni e sedici podi. Questo ottavo successo in carriera e primo nella terra natia fu un buon viatico per i mondiali di Lahti. Su tramplino piccolo finì quinto alle spalle dell'armata Tedesca formata, in ordine di arrivo, da Rydzek, Frenzel, Kircheisen e Riessle. Ovviamente la medaglia di bronzo fu persa in volata. Su trampolino grande invece conquistò la medaglia d'argento, la sua prima individuale in un mondiale, dietro al solo Johannes Rydzek, autentico dominatore di quei mondiali. Forse la soddisfazione maggiore arrivò 2 giorni dopo, quando conquistò, assieme al fratello Yoshito, la medaglia di bronzo nella team sprint, battendo, questa volta con una volata vincente, Bernhard Gruber. Pochi giorni dopo, ad Oslo, riuscì a togliersi la soddisfazione di battere in volata anche il suo grande rivale Eric Frenzel vincendo per la terza volta in carriera sulla collina dei re.
Le due vittorie e l'ottimo mondiale sono stati un buon viatico verso la stagione 2017/18. Nella prima gara a Kuusamo è terzo, mentre nella seconda fa il vuoto sul trampolino, vince per distacco e ha la soddisfazione di indossare per la prima volta in carriera il pettorale giallo di leader di Coppa del Mondo. In Gara 3, arrivato all'ultimo chilometro con altri dieci atleti, Watabe cade assieme a Graabak e Maekiaho, giungendo poi undicesimo sul traguardo. Da Lillehammer fino alla Val di Fiemme, è costantemente a ridosso del podio, senza mai salirvi e Jan Schmid prende il largo nella generale. A Chaux Neuve è secondo dietro a Schmid, ma a Seefeld vince tutte le tre gare del Triple. In gara 1 batte in volata Riiber, da gara 2 in poi è devastante. Ora è in testa alla classifica generale e volerà nella sua natia Hakuba dove si svolgeranno due gare di Coppa del Mondo in vista delle Olimpiadi di Pyeongchang. Gara 1 la domina, mentre in gara 2 salta male ed è terzo dietro a Schmid e Ilves. In ogni caso è per lui una soddisfazione gareggiare in casa e volerà a Pyeongchang coi favori del pronostico. Nella gara su trampolino piccolo è terzo dopo il salto, ma il vantaggio su Frenzel è esiguo, solo otto secondi. I due, accompagnati da Riiber e Klapfer, procedono di comune accordo come quattro anni prima a Sochi, poi, come sempre in vista del traguardo, a Frenzel viene la bava alla bocca e batte, in volata, Akito, che è ancora una volta d'argento. Su trampolino grande invece fa segnare il miglior punteggio, ma l'armata Tedesca composta da Rydzek, Frenzel e Riessle è subito dietro e non gli lascerà scampo. Concluderà quinto. Tornati dalla Corea ci sono le gare di Lahti e dell'amata Oslo. A Lahti è quinto, ma guadagna punti su Jan Schmid, rivale per la classifica generale. A Oslo vince per la quarta volta e allunga nuovamente sul Norvegese. Le successive gare a Trondheim lo vedono nuovamente allungare, anche se in gara 1 perde, in volata, da Frenzel. Tuttavia il Tedesco non è un fattore per la classifica generale di Coppa del Mondo, per cui a quattro gare dalla fine il solo Jan Schmid, distante 178 punti, può impensierirlo. Già a Klingenthal può festeggiare e, dopo due terzi posti nella località Tedesca, c'è la certezza matematica che Akito Watabe ha finalmente vinto la sfera di cristallo, il coronamento di una carriera da elitè della disciplina. Il primo pensiero che Akito lancia su twitter è un tributo ai due rivali più ostici che ha incontrato nel suo percorso sportivo, Jason Lamy Chappuis ed Eric Frenzel.


Chiude la stagione con due vittorie a Schonach, mentre l'anno successivo non si conferma in vetta, anzi, non vince nemmeno una gara, ma conquista un bronzo sul trampolino piccolo ai mondiali di Seefeld e conclude la generale al secondo posto alle spalle del prossimo grande dominatore della disciplina, Jarl Magnus Riiber, portando a otto il numero di podi consecutivi nella classifica generale.
Akito Watabe è uno dei più grandi combinatisti di sempre, una persona con grande rispetto per i suoi avversari e per la disciplina ed è per questo che è amato dalla piccola grande famiglia della Combinata Nordica. Un ultimo aneddoto per sottolineare la grandezza della persona Akito Watabe: il 10 Febbraio 2019 a Lahti perse, in volata, da Graabak per 2 centimetri. La prima cosa che ha fatto è un sorriso e un "high-five" al Norvegese, un rispetto da insegnare alle future generazioni di sportivi.
Onore a te Akito Watabe Ave Ave Ave
 
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#6
Oggi è il turno di un mito della velocità.

JARNO SAARINEN


[Immagine: http%3A%2F%2Fmedia.motoblog.it%2F4%2F423...-copia.jpg]
©motoblog.it

Jarno Saarinen nasce l'11 Dicembre 1945 a Turku, città natale del "Finlandese volante" originale, Paavo Nurmi.
Terzo di quattro figli, i genitori erano titolari di un impresa di pompe funebri, e, alla morte prematura del padre, Jarno dovette cominciare ben presto ad aiutare a gestire l'impresa di famiglia. Tuttavia Jarno e i suoi fratelli coltivarono la passione per la velocità e per le motociclette. A 15 anni venne ingaggiato come apprendista dalla Tunturi-Puch, unica casa motociclistica di Turku. Il suo lavoro era quello di testare i ciclomotori e le motociclette prodotte dalla casa Finnico-Austriaca (Puch era il fornitore di motori ed era una casa Austriaca). Nel contempo l'eclettico Jarno cominciò gli studi di ingegneria che poi gli sarebbero valsi una laurea all'università di Turku nel 1971.
Debuttò in una gara motociclistica nel 1961, proprio con una Tunturi-Puch, in una gara di Speedway su ghiaccio, una disciplina molto seguita in Finlandia e nei paesi nordici, arrivando al secondo posto. Le gare si svolgono in ovali ghiacciati di 300 metri circa, su una distanza dai 3 ai 5 giri. Durante l'anno partecipa ad altre corse motociclistiche, corse su ghiaccio, dirt-track, sabbia, prati e anche corse su strada. In una di queste occasioni conosce Teuvo Lansivuori, nato soltanto 2 giorni prima di Jarno ed originario di Iisalmi, città 430 km più a Nord di Turku. Curiosamente pure Lansivuori è un rampollo di una famiglia titolare di un impresa di pompe funebri. I due cominciarono un sodalizio che li vide girare la Finlandia per raggiungere le varie località di gara, con le moto caricate sul retro di un carro funebre, causando l'ilarità degli avversari. Il duo di amici, soprattutto Saarinen, provocava tanta ilarità nel pre-gara quante lacrime amare per le sconfitte subite e applausi a scena aperta per il talento messo in mostra nel post-gara. Saarinen vinse il campionato Finlandese di Speedway su ghiaccio nella classe 250cc nel 1965, passando alle corse su strada nel 1966, sempre con la Tunturi-Puch da lui modificata per farla diventare una moto da velocità. Dopo due anni di buoni risultati, il 4 Agosto 1968 debutta nel motomondiale sul circuito Finlandese di Imatra con la sua Tunturi-Puch 125cc, classificandosi undicesimo a due giri dal vincitore, Phil Read. All'epoca il motomondiale era molto diverso da oggi. Innanzitutto tutte le categorie avevano pari livello di dignità e i piloti correvano in più classi, in più si debuttava molto più tardi di oggi. Giacomo Agostini, per esempio, debuttò a 21 anni, Mike Hailwood, forse il talento più grande nella storia del motociclismo fino all'avvento di Valentino Rossi, a 18, ed era già una mosca bianca. Allora le competizioni erano veramente pericolose. Si correva in circuiti fatiscenti, a volte anche cittadini, con un casco a scodella, degli occhialoni e una tuta in pelle poco imbottita come uniche protezioni. Le moto erano pesanti, senza elettronica e di facile rottura, molto spesso messe a punto dagli stessi piloti che giravano con pochi, se non uno o zero meccanici. In base a tutto ciò la mortalità era molto alta, ma i piloti certamente non degli sprovveduti incoscenti.
Dopo la breve parentesi nel motomondiale Jarno tornò a correre nel campionato nazionale Finlandese vincendo, nel 1969, il titolo nelle classi 125cc e 250cc, risultato conseguito con una Tunturi-Puch 125cc e una Yamaha YD5 250cc comprata all'inizio dell'anno dall'importatore Finlandese Arwidson, il tutto senza avere meccanici. Con la Yamaha 250cc partecipò anche alla classe 350cc classificandosi terzo. Dopo quest'annata straordinaria riuscì a farsi finanziare il debutto a tempo pieno nel motomondiale 1970 da una banca di Turku e partecipò al mondiale classe 250cc con la Yamaha YD5 250cc di cui sopra. Nella prima gara al Nurburgring giunse al sesto posto, poi, al successivo Gran Premio di Francia, partecipò anche alla classe 125cc con la sua Tunturi-Puch, ritirandosi, mentre nella 250cc arrivò quarto. Il primo podio arrivò il 27 Giugno ad Assen, un terzo posto dietro a Rodney Gould e Phil Read. La stagione continuò con altri due quarti posti in Belgio e in Germania Est e un terzo in Cecoslovacchia. Nella gara di casa, a Imatra, dovette ritirarsi per guai al motore e concluse così la sua stagione nel motomondiale, nonostante mancassero ancora tre gare, per finire gli studi e conseguire la laurea in ingegneria meccanica. Saarinen fu quarto nella classifica finale della classe 250cc, ma qualora non avesse saltato le ultime gare sarebbe probabilmente arrivato al terzo posto. In quell'anno vinse il campionato Finlandese della classe 250cc. Con questa ottima annata, Saarinen aveva trovato posto nel cuore degli appassionati, grazie anche al suo stile di guida per il quale, in curva, spostava il tronco del corpo verso l'interno e appoggiava il ginocchio quasi sull'asfalto, dando un equilibrio diverso alla moto e riuscendo ad essere veloce, uno stile che s'è poi evoluto in quello di adesso dove la moto è piegata di quasi 65 gradi e ginocchio e gomito toccano l'asfalto. Un'altra peculiarità di Saarinen era quella di portarsi dietro la fidanzata, cosa non comune ai tempi. Se Jarno era praticamente un meccanico di se stesso, la fidanzata Soili svolgeva le mansioni di cuoca, manager e addirittura cronometrista. Convoleranno a nozze il 31 Dicembre 1971.
Saarinen era una personalità ben vista nel paddock anche per la grande disponibilità coi colleghi, tra cui anche quel Teuvo Lansivuori col quale hanno girato tutta la Finlandia col carro funebre. I due, assieme a un'altro pilota, Martti Pesonen, e Soili, erano soliti arrivare ai circuiti insieme, ma stavolta non più con un carro funebre, ma con un minibus Volkswagen.
Nel 1971 Jarno firma con l'Arwidson & Co. che gli fornisce due Yamaha, una TD2B 250cc e una TR2B 350cc, con le quali parteciperà al mondiale 250cc e 350cc. Nel contempo stipula un accordo con la casa Tedesca Kredler per partecipare alle ultime due gare del mondiale della classe 50cc. Il 1971 è l'anno della prima vittoria nel motomondiale, conseguito il 18 Luglio al Gran Premio di Cecoslovacchia della 350cc a Brno sotto una pioggia torrenziale. Saarinen ingaggiò un duello con Giacomo Agostini fino a che una rottura nell'MV Agusta del romagnolo lo costrinse al ritiro, spalancando le porte per il successo del Finlandese. Due mesi più tardi, il 12 Settembre, Saarinen si ripetè, nella stessa classe, a Monza battendo in volata l'Italiano Silvio Grassetti. In quella giornata corse anche in 250cc e 50cc, arrivando quinto e sesto. Il 26 Settembre, a Jarama, vinse la sua prima gara in 250cc e giunse secondo in quella della 50cc, in una gara famosa perchè Angel Nieto perse il mondiale cadendo al primo giro. La leggenda narra che lo Spagnolo, accortosi che molti suoi connazionali sugli spalti stavano andando via delusi, corse dallo speaker e parlo ai megafoni dell'autodromo intimando tutti di tornare indietro dichiarando che avrebbe vinto la gara delle 125cc, cosa che accadde realmente e che gli consentì di vincere il terzo titolo mondiale (su tredici) della carriera, il primo in 125cc. Saarinen invece concluse secondo il mondiale 350cc dietro all'inarrivabile Agostini, mentre fu terzo nel mondiale 250cc a nove punti dal titolo. Fatale fu una caduta nel TT di Assen e un ottavo posto al GP d'Austria.
Il 1972 cominciò sulla scia del matrimonio celebrato a San Silvestro del 1971 e vide subito buone notizie. Infatti Yamaha, impressionata dal grande campionato appena trascorso, decise di affidargli una moto ufficiale sia nella classe 250cc che nella 350cc, pertanto nel 1972 avrebbe corso con una TD-3 250cc e una TR-3 350cc. La stagione cominciò bene nella 350cc, dato che vinse le prime due gare in Germania e Francia, battendo per la prima volta Giacomo Agostini in un testa a testa, mentre nella 250cc si piazzò terzo e quarto. I due successivi gran premio, in Austria e a Monza, lo videro secondo e terzo in 250cc e quarto e terzo in 350cc. Non andò al Tourist Trophy, allora valido per il campionato del mondo, perchè riteneva che quella gara fosse troppo pericolosa, decisione che, di fatto, fu deleteria per la conquista del campionato del mondo di 350cc. Nella 250cc, tuttavia, nemmeno il rivale per il titolo, Renzo Pasolini, andò al Tourist Trophy.
Pasolini era Riminese, un pilota coriaceo, ormai trentaquattrenne, ma nel pieno della sua carriera. Dopo un inizio nel motocross e un'anno sabbatico dovuto al servizio militare nel 1963, esordi, a 26 anni, al Gran Premio delle Nazioni di Monza del 1964 classificandosi quarto nella gara delle 350cc con una Aermacchi. Il suo era uno stile di guida aggressivo ed era una persona dedita alla bella vita, come da stereotipo del Romagnolo. Quando essi cominciò a racimolare podi negli anni successivi, venne facile raffrontarlo nell'immaginario collettivo a Giacomo Agostini, pilota invece più meticoloso, che sfruttava ogni turno di prove per carpire i segreti di ogni circuito e trovava sempre soluzioni efficaci per girare più veloci della concorrenza. Nel 1968 Paso passò alla più competitiva Benelli, ma non potè nulla contro lo strapotere di Giacomo Agostini nella classe 350cc. Ago aveva appena cominciato la sua epopea, mentre Paso era finalmente al vertice dopo aver fatto tanta gavetta. La sconfitta nel mondiale fu tuttavia sopita con la vittoria dei titoli italiani nella 250cc e 350cc. Nel 1969 nella 350cc non c'è storia, vince ancora Agostini, ma Pasolini ha la chance di vincere nella 250cc, ma, causa alcuni ritiri e altrettante cadute, fu il compagno di squadra e seconda guida Carruthers a vincere il titolo. Nel 1971 Paso tornò alla Aermacchi, che nel frattempo si era fusa con la Harley-Davidson, ma, data la giovane età della motocicletta, fu un anno di collaudi con poche gare nel mondiale.
Torniamo al 1972 e a Jarno Saarinen. In Jugoslavia si ritirò in entrambe le classi, mentre Pasolini vinse la 250cc, al TT di Assen fu secondo in 350cc e terzo in 250cc dietro a Pasolini, risultato che permise all'Italiano di passare in testa al campionato di quattro punti. Tuttavia Saarinen mise a segno tre vittorie consecutive in Belgio, Germania Est e Cecoslovacchia, con Pasolini che si ritirò a Spa-Francorschamps e arrivò secondo nelle successive due gare. In Cecoslovacchia vinse sia nella 250cc che nella 350cc, mettendo a segno la prima doppietta in carriera. Ad Anderstorp fu secondo con Pasolini terzo e ad Imatra vinse e, aprofittando del ritiro del rivale, si laureò campione del mondo con una gara di anticipo, diventando il primo Finlandese ad aggiudicarsi un titolo mondiale. Ormai sicuro del titolo nella 250cc e di non poterlo vincere nella 350cc, saltò il GP di Spagna, che chiuse la stagione. Si aggiudicò anche il campionato nazionale nelle classi 250cc e 350cc, nonchè la gara ad inviti Race of the Year of Mallory Park.
All'ombra del suo successo iridato, c'erano frizioni con Yamaha per via di un offerta ricevuta da Saarinen dal costruttore Benelli per la stagione 1973. La casa Italiana voleva tornare ai vertici mondiali e perciò gli offrì un test segreto a Modena per poi organizzare una gara segreta a Pesaro contro Agostini su MV Agusta con motociclette 350cc e 500cc. Saarinen vinse entrambe le gare e Benelli gli offrì entrambe le selle per l'anno successivo. Tuttavia Yamaha riuscì a convincere Jarno a rifirmare con loro sviluppando due nuove moto, la YZR250 250cc e la YZR500 500cc, grazie alle quali avrebbe potuto difendere il titolo della 250cc e cercare di battere "Ago" nella 500cc. In più Yamaha gli offrì la possibilità di avere due meccanici personali, cosa che accettò a patto che le modifiche sull'assetto della moto fossero sua competenza.
Il 1973 cominciò alla grande. Partecipò per la prima volta alla 200 miglia di Daytona, vincendo con una Yamaha TZ 350cc contro moto che arrivavano anche a 750cc, primo Europeo a vincere tale corsa, all'epoca prestigiosissima. Vinse anche la neonata 200 miglia di Imola e si presentò in gran forma al Gran Premio di Francia al Paul Ricard, apertura del campionato del mondo. Vinse subito sia in 250cc che in 500cc, al debutto, con Agostini che cadde nella gara con cilindrata maggiore. In Austria Agostini fu appiedato dal motore e Saarinen mise a segno un'altra doppietta. Nel Gran Premio di Germania vinse ancora nella classe 250cc, dove ormai non aveva rivali, ma nella gara della 500cc ruppe la catena e fu costretto al ritiro.
Si arrivò a Monza, il 20 Maggio 1973. Saarinen era leader del mondiale sia nella 250cc che nella 500cc ed era pronto a rifarsi della delusione del ritiro in Germania. La gara della 250cc è prevista per le 15:15, dopo quelle della 50cc alle ore 10:00, la 125cc alle 11:00 e la 350cc alle 14:00.
Nella 350cc ci fu un entusiasmante rimonta di Pasolini che, partito male e ritrovatosi quindicesimo dopo il primo giro, imboccò il penultimo giro in testa, ma, arrivato alla Parabolica, grippò e finì lungo, ritirandosi. La gara fu vinta da Agostini.
Pasolini avrebbe preso il via della gara della 250cc in prima fila al fianco di Saarinen, autore del miglior giro in prova sia nella quarto di litro che nella 500cc. Renzo aveva reso dignitosa la Harley-Davidson, ma le prestazioni della moto non lo soddisfacevano ancora, ed era indietro in classifica nella classe che solo l'anno prima lo vide lottare fino all'ultimo per il titolo mondiale. In virtù di un regolamento che concepiva di scartare i risultati peggiori, saltò i due gran premi precedenti a quello di Monza per mettere a punto la moto alla perfezione per il GP di casa. Senza il grippaggio avrebbe vinto la gara della 350cc, pertanto si allineò nella griglia di partenza della 250cc fiducioso. La gara partì alle 15:15, il cielo era coperto, ma non pioveva.
Paso scattò benissimo e si diresse verso la Curva Grande in testa. Alla sua ruota Roberto Gallina, poi Saarinen e il resto del gruppo più indietro. Nell'impostare la curva la sua Harley-Davidson sbanda verso l'esterno del circuito, forse per colpa di un grippaggio o forse per colpa di una chiazza d'olio. Ai tempi il guard-rail era posizionato un metro fuori dalla pista ed era coperto da balle di fieno, Renzo vi scivolò contro. Il corpo esanime del pilota finì la sua corsa nel fieno, mentre la moto ritornò in mezzo alla pista. Gallina la evitò, ma Saarinen, che accortosi dell'incidente istintivamente tirò il freno e si alzò dalla moto, venne centrato in pieno. L'impatto gli sfilò il casco e il corpo rotolò in mezzo alla pista venendo investito da più piloti. Nel groviglio di quattordici moto che scaturì, Renzo Pasolini e Jarno Saarinen persero la vita, Villa e Palomo caddero in coma, ma gli fu salvata la vita, mentre Kanaya, Giansanti, Jansson e Mortimer subirono ferite gravi, ma non da comprometterne la sopravvivenza.
Quel giorno scomparvero due grandi rivali, accomunati da un destino tragico e beffardo. Monza non avrebbe più ospitato un Gran Premio di motociclismo fino al 1981, quando le vie di fuga furono ampliate e la sicurezza migliorata. Jarno Saarinen rimane tuttora l'unico Finlandese ad aver vinto un titolo mondiale di motociclismo, l'unico ad aver messo in difficoltà Giacomo Agostini negli anni di massimo splendore del Bergamasco. Come spesso accade i numeri della sua carriera non spiegano appieno il mito del "Finlandese volante". In quel maledetto 1973 avrebbe probabilmente vinto i mondiali della 250cc e della 500cc, consacrandosi appieno nell'olimpo dei grandi del motociclismo. Chissà poi come sarebbe continuata la sua carriera, quanti altri titoli avrebbe vinto.
Quell'anno il mondiale 250cc venne vinto da Dieter Braun davanti all'amico fraterno di Jarno, Teuvo Lansivuori, che non riuscì a vincere quel titolo. Saarinen si classificò al quarto posto grazie alle tre vittorie conseguite prima della tragedia. Nella 500cc vinse Phil Read, con Agostini terzo, spesso tradito dalla sua MV Agusta che poi avrebbe lasciato a fine stagione per sostituire lo sfortunato Finlandese proprio sulla Yamaha.
Jarno Saarinen lascia la moglie Soini, a 27 anni, l'età in cui scomparvero Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison e, in seguito, Kurt Cobain, andandoli ad affiancare nel Club dei 27, un esclusivo club di immortalità spirituale riservato solo ai più grandi innovatori.
 
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#7
JACKIE STEWART

[Immagine: Jackie-Stewart_bis.jpg]
©f1sport.it

John Young Stewart, detto Jackie, nasce a Milton, Scozia, l'11 Giugno 1939.
La famiglia Stewart era benestante e dedita all'automobilismo. Il padre era proprietario di un concessionario di Austin e successivamente di Jaguar e il fratello Jimmy, più grande di otto anni, un buon pilota automobilistico che partecipò al Gran Premio di Gran Bretagna 1953 valido per il campionato del mondo di Formula 1.
La sua vita scolastica, tuttavia, non fu facile dato che soffriva di una dislessia che ai tempi non fu diagnosticata e che gli impediva il normale dialogo e il normale apprendimento, venendo costantemente rimproverato dagli insegnanti. All'età di sedici anni smise di studiare e cominciò a lavorare nel concessionario del padre come meccanico apprendista.
Nel 1952, a tredici anni, vinse una gara di tiro al piattello e divenne membro della nazionale Scozzese di tiro a volo. Intraprese pertanto quella carriera vincendo il campionato Britannico nello Skeet e due volte la Coppa delle Nazioni Europee, arrivando perfino a presenziare, come riserva, alle Olimpiadi di Roma nel 1960. Non essendo professionista, Jackie continua a lavorare nella concessionaria del padre e coi risparmi acquista per 375 sterline, una Austin A30 nel 1956.
Il primo contatto che ebbe col mondo delle corse fu dopo le Olimpiadi del 1960 quando un cliente della concessionaria, Barry Filer, gli offrì un test su una Marcos Engineering, sul circuito di Oulton Park. Convinto dalle sue capacità, Stewart partecipò a qualche corsa minore cominciando a vincere. Nel 1962, durante un test su una Jaguar E-type sempre ad Oulton Park, riuscì ad eguagliare il record della pista registrato solo l'anno prima da Roy Salvadori, pilota di Formula 1 con all'attivo due podi nella massima categoria. Questo risultato lo convinse a diventare professionista e in quell'anno vinse due corse indipendenti con la stessa macchina utilizzata ad Oulton Park il giorno del record della pista. Nel 1963 l'imprenditore David Murray lo ingaggiò per correre su una Ecurie Ecosse, la stessa auto che dieci anni prima vide la partecipazione del fratello al GP di Gran Bretagna. Vinse quattordici corse, guadagnandosi il rinnovo del contratto anche per il 1964, ma Ken Tyrrell, ai tempi proprietario della omonima scuderia di Formula 3, Junior Team della scuderia di Formula 1 Cooper, tramite il fratello Jimmy, lo convinse a partecipare a un provino a Goodwood durante un test condotto assieme a Bruce McLaren, pilota di Formula 1 già affermato. Sulla T72-BMC Formula 3 siglò il miglior tempo della giornata, convincendo Tyrrell ad ingaggiarlo e soffiarlo alla Ecurie Ecosse.
Il debutto avvenne il 15 Marzo a Snetterton e vinse con 44 secondi sul secondo. Gli fu subito offerto un contratto con Cooper per correre con una Formula 1, ma Stewart declinò, volendo porsi come obiettivo quello di vincere il campionato di Formula 3 per guadagnare esperienza ed essere pronto per la Formula 1 l'anno successivo. Perse solo due gare e divento campione Formula 3.
Nel frattempo siglò un contratto per correre in Formula 2 con Lotus e al debutto fu secondo a Clermont Ferrand. Molti team si fecero avandi per aggiudicarsi il talento Scozzese per la stagione 1965 di Formula 1 e alla fine la spuntò BRM, scuderia che nel 1962 vinse il titolo mondiale con Graham Hill. Si decise quindi di affiancare lo Scozzese allo stesso Hill, ma la prima gara su una F1 avvenne il 12 Dicembre 1964 su una Lotus in una gara non valida per il campionato del mondo, il Rand Grand Prix a Kyalami, una gara su due batterie di 25 giri con il risultato finale stilato in base alla somma dei tempi delle due "minigare". Stewart si qualificò in pole position, ma non riuscì a partire nella prima batteria data la rottura della macchina. Dopo un lavoro estenuante dei meccanici per rimettere in sesto la macchina, si ripresentò nella seconda batteria e stavolta vinse. Il Gran Premio se lo aggiudicò Graham Hill.
Il primo Gennaio 1965 debutta, sempre a Kyalami, nel campionato del mondo di Formula 1 e si classifica sesto guadagnando subito il primo punto. Il 13 Marzo partecipa alla Race of Champions a Brands Hatch, gara non valida per il mondiale, classificandosi secondo, mentre il primo podio in una gara valida per il titolo mondiale arriva a Monaco, un terzo posto alle spalle del compagno di squadra Graham Hill e Lorenzo Bandini. Tale gara è famosa anche per essere stata la seconda e ultima volta in cui un pilota è caduto nel mare alla chicane del porto, Paul Hawkins, al giro 79, incidente per fortuna senza conseguenze. La prima vittoria nel mondiale arriva il 12 Settembre, a Monza, dopo una lotta sino all'ultima curva contro Hill. La stagione si concluse con una vittoria, tre secondi posti e un terzo posto, classificandosi terzo nella classifica dietro a Jim Clark e Graham Hill. Nelle gare non titolate vinse l'International Trophy a Silverstone e fu decimo nell'unica partecipazione alla 24 Ore di Le Mans in coppia con Graham Hill.
La stagione 1966 comincia con la vittoria nella classifica generale della Tasman Series, competizione su otto gare tra Nuova Zelanda e Australia nel periodo dell'estate dell'emisfero Australe, battendo Graham Hill e Jim Clark. Il campionato del mondo cominciò alla grande, con la vittoria all'esordio a Montecarlo, successo che lo fece diventare il grande favorito per la vittoria finale del mondiale. Tuttavia nel Gran Premio successivo, a Spa, subì l'incidente più grave della sua carriera. Uscì di pista a 260 km/h sotto l'acqua e collise con un palo del telefono, causando il cappottamento della sua BRM e il successivo fuoriuscire di carburante. Nonostante la macchina non prese fuoco, rimase incastrato nella macchina e, causa il dilettantismo dei tempi in fatto di sicurezza e primo soccorso, non fu assistito per almeno 30 minuti mentre la gara continuava e le macchine sfrecciavano vicine alla macchina capovolta. Il circuito non era dotato nemmeno di centro medico, pertanto l'Ambulanza arrivò ma aspettò la fine della gara per poterlo trasportare all'ospedale di Liegi, dove arrivò molto tempo dopo causa la distrazione dell'autista che si perse. Per fortuna Jackie non ha riportato traumi gravissimi, ma fu costretto a saltare il successivo GP in Francia e perse ogni possibilità di titolo con altri quattro ritiri. Prima del GP del Belgio partecipò alla 500 miglia di Indianapolis guidando la gara per quaranta giri e chiudendo al sesto posto per colpa di una perdita d'olio a dieci giri dalla fine, quando era in lotta per il successo. Concluse settimo il mondiale e BRM cominciò declino di prestazioni che si protrasse anche nel 1967.
L'affidabilità della vettura fu un problema nel '67. Nelle undici gare del mondiale, Stewart fu secondo in Belgio e terzo in Italia, ma si dovette ritirare per nove volte, convincendolo a firmare per la Matra di Ken Tyrrell per il 1968.
Al debutto, nel Gran Premio del Sudafrica a Kyalami, fu terzo in prova, ma dovette ritirarsi per problemi al motore Ford. Dovette saltare i GP di Spagna e di Monaco per un infortunio subito durante una gara di F2 proprio a Jarama, ma tornò a Spa con una versione aggiornata della macchina guidata a Kyalami, la Matra MS10 e si aggiudicò il quarto posto. Vinse a Zandvoort il primo Gran Premio dopo due anni, ripetendosi anche al Nurburgring, in una gara dominata sotto l'acqua con un distacco di quattro minuti inflitto al secondo, e a Watkins Glen. All'ultimo Gran Premio della stagione, in Messico, si presentò a soli tre punti da Graham Hill, nel frattempo passato alla Lotus. Stewart si qualificò al settimo posto, mentre Hill fu terzo. In gara Stewart partì bene e a un certo punto si ritrovò in testa e campione del mondo virtuale. Ma problemi al motore poco prima di metà gara resero la macchina inguidabile e finì la gara al settimo posto con Hill che vinse e bissò il successo mondiale di sei anni prima. Nonostante la sconfitta, il 1968 fu un anno fondamentale per il proseguio della carriera di Stewart, un'annata in cui ritrovò una macchina che gli consentiva di vincere le gare e lottare per il mondiale.
Nel 1969 infatti dominò il campionato, vincendo sei gare (Sudafrica, Spagna, Olanda, Francia, Gran Bretagna e Italia), alcune di esse per uno o più giri di vantaggio, lasciando il secondo nella generale, Jacky Ickx, a 26 punti di distacco. A fine anno, tuttavia, ci furono screzi tra Matra, Ken Tyrrell e lo stesso Stewart. Matra voleva sviluppare un motore V12 con Chrysler per la stagione 1970, mentre Tyrrell e Stewart volevano continuare con il vincente Ford-Cosworth delle ultime due stagioni. La MS80 del 1969 fu anche una delle prime auto a sfruttare l'effetto dato dalle ali anteriori e posteriori, rendendo la macchina incollata al terreno e facendole guadagnare velocità in curva. Tyrrell pertanto decise di organizzare un proprio team comprando un telaio dalla March per sviluppare la March 701-Cosworth. La stagione cominciò bene con un terzo posto in Sudafrica e una vittoria in Spagna, ma i problemi di affidabilità e l'ascesa della nuova Lotus 72 e dell'Austriaco Jochen Rindt furono deleteri per il campionato della March. Il 5 Settembre, durante la prove del Gran Premio d'Italia, Rindt, leader del campionato con margine importante, perse la vita e diventò il primo ed unico campione del mondo postumo. La scomparsa dell'amico Rindt e quella di Piers Courage avvenuta qualche mese prima nel GP di Zandvoort colpirono molto Stewart, tanto che iniziò delle campagne pubblicitarie per chiedere il miglioramento dei requisiti di sicurezza degli autodromi e delle auto, chiedendo, memore dell'incidente sofferto a Spa quattro anni prima, una maggiore professionalità anche per i servizi di emergenza. Dal punto di vista sportivo, la nuova Tyrrell 001 debuttò in Canada, ma subì tre ritiri consecutivi.
Per il 1971 Tyrrell aveva sviluppato la Tyrrell 003, utilizzata nel GP di Sudafrica dal secondo pilota, Francois Cevert, mentre Stewart per quel Gran Premio utilizzò ancora la 001. Nonostante utilizzasse ancora il vecchio modello, Stewart arrivò secondo dietro alla Ferrari di Andretti e dal secondo GP della stagione, in Spagna, cominciò con la 003 una cavalcata vincente che lo portò al secondo titolo mondiale, dominato come quello del 1969. Vinse in Spagna, a Montecarlo, in Francia, in Gran Bretagna e in Canada e concluse il campionato con 29 punti di vantaggio sul secondo. A dimostrazione del grande mezzo che era la Tyrrell 003, Francois Cevert finì la stagione vincendo a Watkins Glen in primo, ed unico, Gran Premio in carriera. In quell'anno Stewart arrivò terzo nella Can-Am Challenge, campionato nordamericano. Stewart ogni anno trasvolava l'atlantico più di cento volte dati gli impegni con gare e sponsor, un'abitudine deleteria per la sua salute dato che nel 1972 gli fu diagnosticata la Mononucleosi.
In quell'anno dovette rinunciare a partecipare alla Can-Am Challenge, ma cominciò bene il mondiale vincendo in Argentina e venendo insignito dell'onorificenza di Sir, entrando a far parte dell'Ordine Imperiale Britannico per meriti sportivi. Saltà il GP del Belgio per gastrite consentendo a Fittipaldi di distanziarlo nella classifica del mondiale. Nonostante le vittorie in Francia, Canada e Stati Uniti dovette accontentarsi del secondo posto dietro al Brasiliano, anche a causa di tanti ritiri o prestazioni fuori dalla zona punti.
A inizio 1973 Stewart dichiarò che quella sarebbe stata la sua ultima annata agonistica. Nelle prime tre gare concluse terzo, secondo e primo. Dopo un ritiro in Spagna, vinse in Belgio e a Montecarlo. Fu quinto in Svezia e quarto in Francia, mentre concluse decimo una rocambolesca gara a Silverstone, dove conduceva al primo giro, ma una carambola di una decina di auto fece sospendere la gara, ripartita poi un paio d'ore dopo e nella quale Stewart si girò nell'erba perdendo tanto tempo. Vinse in Olanda e al Nurburgring, celebrando l'ultima vittoria in carriera nell'inferno verde, la pista da lui più amata e temuta. Dichiarò infatti che ogni volta che doveva partire per il tracciato Tedesco, usciva di casa e la guardava intensamente, dato che non era sicuro potesse tornarvi. L'ultimo podio arrivò in Austria, a Zeltweg e col quarto posto di Monza arrivò matematicamente il terzo titolo mondiale. L'ultima gara della sua carriera avrebbe dovuto svolgersi a Watkins Glen, ma durante le prove il suo compagno di squadra e prossimo suo sostituto come prima guida della Tyrrell, Francois Cevert, morì in un terribile incidente alle Esses. Stewart decise di non prendere parte al centesimo e ultimo Gran Premio della sua carriera per rispetto verso il suo delfino.
Nel suo post-carriera, Jackie divenne sostenitore di battaglie per ampliare la sicurezza della Formula 1. In più fu consulente e uomo immagine Ford e nel 1997 ritornò nel massimo campionato per automobili come proprietario assieme al figlio, della scuderia Stewart, motorizzata, naturalmente, Ford, riuscendo a vincere il rocambolesco Gran Premio d'Europa nel 1999. Nel 2000 la Stewart fu venduta a Ford, cessando l'attività di scuderia di Formula 1.
Jackie Stewart viene tributato da Robbie Williams nel video del singolo Supreme.
 
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#8
Ultimamente non ho molto tempo, però ho qualche idea di qualche ritratto che magari più in là proporrò.
Rimane il fatto che è un topic aperto a tutti Shifty
 
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#9
KURT WARNER

[Immagine: Kurt-Warner.jpg]
©missourinet.com

Il protagonista di questa storia si chiama Kurtis Eugene Warner ma per semplicità passerà alla storia, perché di questo si tratta, come Kurt. Nasce il 22 giugno 1971 a Burlington, nello stato dell'Iowa e all'high school di pratica, come molti giovani americani, baseball, basketball e football. Ma sembra essere quest'ultima l'attività preferita dal giovane Warner poiché si guadagna il posto da QB titolare della Regis High School di Cedar Rapids. Alla fine del suo percorso scolastico partecipa allo Shrine Bowl, una partita alla quale partecipano i migliori liceali dello stato dell'Iowa: Warner porta la sua squadra alla vittoria e viene eletto miglior giocatore della partita.
Nei recruiting delle università viene però snobbato e rimane quindi vicino a casa, frequentando University of Northern Iowa a Cedar Falls, non proprio uno dei college più blasonati per quanto riguarda il football. Per tre anni rimane indietro nelle gerarchie e solo nella sua ultima stagione riesce a scendere in campo conducendo la squadra ad un record di 8-3 e vincendo il premio come miglior giocatore della Gateway Conference. Bene ma non abbastanza per guadagnarsi una chiamata al draft del 1994, l'unica opportunità viene dai Green Bay Packers che lo invitano ad un try out: in quel momento a guidare la squadra del Wisconsin è la leggenda Brett Favre ma anche come backup i Packers, con Mark Brunell e Ty Detmer, si considerano (anche giustamente) ben coperti e dopo poche settimane Warner viene tagliato dal roster e finisce a lavorare in un piccolo supermercato.

Chiunque altro, nella stessa situazione, si sarebbe dato per vinto ma Warner continua ad allenarsi e nel 1995 inizia a giocare negli Iowa Barnstormers, una squadra dell'Arena Football League (football americano ma in un campo più piccolo e con soli otto giocatori invece che undici). I numeri che colleziona nei due anni di Arena Football valgono l'attenzione dei St. Louis Rams che, dopo un try out, decidono di tenerlo a roster e lo spediscono temporaneamente nella NFL Europe, agli Amsterdam Admirals, per riprendere confidenza con il campo regolamentare. Inutile dire che anche in Europa guiderà la lega per la maggior parte delle passing stats.
L'esordio arriva nell'ultima partita della stagione 1998: Warner sostituisce Steve Bono e il suo boxscore recita 4/11 per un totale di 39 yards, senza TD e senza intercetti, non un esordio memorabile nella sconfitta contro i San Franciso 49ers. Nell'estate del 1999 Kurt Warner viene confermato diventando il backup QB di Trent Green, arrivato da Washington insieme all'offensive coordinator Mike Martz, che ha un ruolo chiave in questa storia. Ovviamente se le cose fossero finite qui non starei scrivendo questa storia: infatti durante una partita di preseason Trent Green riceve un colpo al ginocchio e deve abbandonare il campo, per lui la stagione è finita prima ancora di cominciare. I Rams, reduci da ben nove stagioni negative, decidono allora di puntare proprio su Warner perché sia l'head coach Dick Verneil che Mike Martz sono fiduciosi nelle qualità dell'ormai 28enne QB. La prima da starter per Warner è contro i Baltimore Ravens il 10 settembre 1999 e il primo TD di Warner arriva quando il cronometro segna 13:28 alla fine del secondo quarto, un passaggio di 6 yards per il TE Roland Williams; ne aggiunge altri due nel corso della partita, rispettivamente ad Isaac Bruce e Torry Holt che saranno le due armi più pericolose a disposizione di Warner, insieme al RB Marshall Faulk. Il suo boxscore finale recita 28/44 per 309 yards, 3 TD e 2 INT che portano ad una vittoria per 27-10. È appena nato "The greatest show on turf": questo è il nickname con cui sarà per sempre conosciuto il reparto offensivo di quei Rams. Un attacco spettacolare e in cui le chiamate di "Mad" Mike Martz vengono effettuate in maniera imprevedibile, sovente con cinque ricevitori diversi. E Kurt Warner, grazie anche all'esperienza nell'Arena Football League, è il QB perfetto per questo tipo di gioco grazie alla sua rapidità di pensiero e alla meccanica di lancio veloce.
Altri 3 TD contro i Falcons e poi contro i Bengals (in cui registra anche un passer rating di 158.3, il massimo possibile) ma la prestazione che lo consacra arriva in week 4 contro i rivali dei San Francisco 49ers, contro i quali i Rams non vincono dal 1990: 20/23 per 323 yards con 5 TD per una schiacciante vittoria 42-20. Le vittorie si susseguono e Kurt Warner, che ormai tutti hanno imparato a conoscere, chiude con 325 passaggi completati su 499 tentativi che gli valgono 4353 yards e 41 TD, prestazioni che gli valgono il titolo di MVP.

I Rams, grazie soprattutto alle prestazioni del loro QB, vincono la NFC West con un record di 13-3. Al Divisional incontrano i Minnesota Vikings. Il primo drive ai playoff di Warner dura solo 21 secondi: Isaac Bruce è perfetto come al solito nel correre la sua traccia e Warner è chirurgico nel lanciargli il pallone, 77 yards e touchdown. Prima della fine della partita anche Marshall Faulk, Jeff Robinson, Ryan Tucker e Roland Williams ricevono un TD pass da Warner che, con la sua prestazione, oscura quella del QB avversario Jeff George (4 TD per oltre 400 yards) nella vittoria 49-37. Al Championship è la difesa dei Tampa Bay Buccaneers a farla da padrona, tenendo i Rams sotto e limitandoli a soli 5 punti fino a cinque minuti dalla fine, sul 6-5 (perché anche la difesa dei Rams fa il suo ottimo lavoro contro un attacco sicuramente meno pericoloso). A quel punto Warner connette con Ricky Proehl che trova il suo primo TD della stagione nel momento più importante: 11-6 ed è Super Bowl contro i Tennessee Titans, una delle tre squadre che durante l'anno erano riuscite a imporsi sui Rams.
L'attacco dei Rams macina yards su yards ma si deve accontentare, nel primo tempo, di soli tre field goals. A metà del terzo quarto, con il primo TD (Warner per Holt) i Rams sembrano prendere il largo 16-0 ma arriva la rimonta dei Titans di Steve McNair che raggiungono il pareggio a 3 minuti dalla fine. La palla torna quindi ai Rams e per Warner, ancora a zero passaggi completi nel quarto quarto, è il momento del capolavoro: snap, ricevitori che corrono verso la endzone, il defensive end Jevon Kearse che punta Warner che un istante prima di essere colpito lancia una spirale perfetta per Isaac Bruce che riceve palla, si libera della copertura della secondaria e conclude in TD una giocata da 77 yards. Il drive finale dei Titans è uno dei più famosi della storia della NFL, McNair lancia verso Dyson che viene fermato ad una sola yard dalla endzone. Warner chiude con 414 yards lanciate, all'epoca la miglior prestazione di sempre in un Super Bowl (solo Tom Brady contro Atlanta e Philadelphia farà meglio).

Nella stagione successiva le cose continuano sulla falsariga della precedente, Warner lancia più di 300 yards nelle prime sei partite che coincidono con altrettante vittorie ma un infortunio alla mano lo mette fuori gioco in Week 7 e fino a Week 13 il suo posto viene preso da Trent Green. Alla fine della stagione il totale di passing yards dei due QB è di 5492, record all time, ma a causa di una difesa non all'altezza chiudono con un record di 10-6 e ai playoff arriva subito l'eliminazione contro i Saints.
In offseason i Rams risolvono il dualismo tra Kurt Warner e Trent Green tradando quest'ultimo ai Kansas City Chiefs e Warner, insieme al suo pacchetto ricevitori, è nuovamente senza freni: guida la lega con 4830 yards e 36 TD, venendo nuovamente eletto MVP dopo una stagione dei suoi Rams da 14-2. Al Divisional St. Louis si libera facilmente di Green Bay, al Championship in una partita più combattuta ha la meglio su Philadelphia e si prepara al Super Bowl con i favori del pronostico contro i New England Patriots che, dopo l'infortunio del titolare Bledsoe, si ritrovano con il backup Tom Brady a guidare la squadra. Warner lancia due intercetti e i Patriots si ritrovano sorprendetemente in vantaggio per ben 17-0. In maniera analoga ma opposta al Super Bowl di due anni prima arriva la rimonta ma sul 17-17 la palla torna ai Patriots e Brady fa quello che diventerà la sua specialità: non sbaglia quasi più nulla e porta i suoi in field goal range, Vinatieri fa il resto e si consuma un inaspettato upset.

Dopo tre anni irripetibili la favola sembra però essere già conclusa. Warner ha un drastico calo delle prestazioni, lancia solo 3 TD a fronte di 11 intercetti e arrivano sei sconfitte consecutive nelle prime sei partite. Si infortuna e si ritrova a fare il backup del promettente Marc Bulger, tra 2002 e 2003 è starter in sette partite in tutto e i Rams decidono che non hanno più bisogno di lui. Firma con i New York Giants che vogliono far crescere sotto la sua "ala protettrice" il giovane Eli Manning: gioca 9 partite, sbagliando poco ma anche senza particolari guizzi per poi lasciare il posto al più giovane dei fratelli Manning. Ai Giants Warner non serve già più e, a 34 anni, firma con gli Arizona Cardinals. Sono stagioni non facili, dopo aver vissuto il dualismo con Trent Green qui la lotta per il posto è con il giovane Matt Leinart ma le cose cambiano quando, al posto di Dennis Green, viene promosso head coach Ken Whisenhunt: nel 2007 viene bocciato definitivamente Leinart dopo poche partite e il 36enne Warner torna definitivamente ad essere il titolare. L'attacco dei Cardinals del 2008 è una versione rivisitata del "Greatest show on turf", con Larry Fitzgerlad, Anquan Boldin e Steve Breaston a comporre il miglior pacchetto di ricevitori della NFL. Warner ritrova lo smalto dei tempi migliori chiudendo con 4583 yards lanciate. Il record finale dei Cardinals, a causa di una difesa decisamente sotto la media, è un mediocre 9-7 che però basta per portarsi a casa una division poco competitiva come quella NFC West. La Wild Card contro i Falcons è una vittoria 30-24, già di per sé sorprendente ma al Divisional contro i Panthers chiunque pensa che non ci sia storia, essendo i Panthers la miglior squadra della NFC. In effetti è una partita senza storia perché i Cardinals schiantano gli avversari 33-13. Al Championship contro gli Eagles è proprio Warner il protagonista con 4 TD pass e quasi 10 yards di media per passaggio tentato. Contro ogni pronostico i Cardinals si trovano al Super Bowl contro i Pittsburgh Steelers. Nel primo tempo Warner subisce sia un fumble che, soprattutto, un intercetto in endzone che James Harrison ritorna in TD per ben 100 yards proprio alla fine del secondo quarto che si conclude sul 17-7 per gli Steelers che allungano 20-7 con un field goal verso la fine del terzo quarto. La rimonta nel quarto quarto, guidata dal duo Warner-Fitzgerald, è uno spettacolo notevole e grazie ai due TD ricevuti proprio da Fitzgerald i Cardinals si portano avanti 23-20. Solo il drive finale di Roethlisberger con il TD per Santonio Holmes rovina il finale di quella che rimane comunque una grande impresa sportiva. Le yards lanciate da Warner in quel Super Bowl sono 377, seconda miglior prestazione in un Super Bowl fino a quel momento.

I Cardinals ci riprovano nel 2009 ma la difesa è ancora troppo penetrabile per pensare di arrivare fino in fondo. Nella Wild Card contro i Packers, conclusasi all'overtime 51-45, Warner conclude con un allucinante 29/33 per 379 yards e cinque TD ma anche nel Divisional contro i Saints, futuri vincitori, i punti subiti sono 45 e Warner subisce colpi durissimi che lo costringono ad alternarsi con Matt Leinart durante la partita. Quella sconfitta contro i Saints è l'ultima partita in NFL di Kurt Warner.

Una carriera per certi versi irripetibile, una meravigliosa anomalia in uno sport che è allo stesso tempo il più analitico e il più imprevedibile di tutti. Perché è impossibile prevedere che un ragazzo dell'Iowa che a 24 anni si ritrova a riordinare scatole di cereali sugli scaffali di un discount possa inseguire e raggiungere un obiettivo come quello di giocare in NFL.
 
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#10
Paavo Nurmi

Nato a Turku nel 1897 in Finlandia, quando ancora lo stato baltico era un granducato sotto l'imperto Russo, è considerato all'unanimità uno dei migliori mezzifondisti e fondisti di sempre. Atleta particolare, che ha sempre corso con un cronometro nella mano sinistra, dove controllava il tempo alla fine di ogni giro. Infatti "l'uomo cronometro", come è stato ribattezzato, cercava ogni giro di pista di tenere la stessa velocità, senza mai diminuire la frequenza.

Partecipò per la prima volta alle Olimpiadi nel 1920 ad Anversa. Vinse tre medaglie d'oro, i 10000 m e le gare di corsa campestre individuale e a squadre, inoltre finì secondo nei 5000 m, facendo impazzire la neonata nazione indipendente Finlandia, che vedeva in lui una sorta di eroe.
Sì cominciarono a narrare persino leggende su di lui, che gareggiava con fauni, centauri, elfi e altri personaggi delle foreste. Infatti era solito passare intere giornate correre nei boschi e nelle campagne finlandesi.

Nel 1924, a 27, nel prime della sua carriera, dominò le Olimpiadi di Parigi, vincendo 5 ori, tra cui 2 in un ora. Infatti corse le gare dei 1500 metri e dei 5000 m piani una dopo l'altra stabilendo anche 2 record olimpici, la seconda in uno scontro epico con Ville Ritora (che aveva pochi giorni prima stabilito il primato olimpico nei 10000 metri), sempre finlandese.
Nurmi aveva il dente avvelenato, infatti la federazione non lo aveva lasciato correre i 10000 metri, di cui era detentore del titolo, proprio perché c'era Ritola.
Il 10 luglio alle 15:45 comincia la finale. Come suo solito, Nurmi cominciò tranquillo, nascondendosi nel gruppo, crescendo pian piano grazie alla sua caratteristica regolarità. A metà gara ha già staccato tutti, tranne Ritola, sempre dietro di lui. Ai -500 metri la "furia del Baltico" da un'ultima occhiata al cronometro e lo lancia via nel prato. Prete una progressione inesorabile, ma Ritola è sempre attaccato. Arrivarono a 2/10 di distanza uno dall'altro, mentre il terzo, lo svedese Edvin Wide subì un passivo di oltre mezzo minuto.
Nessuno ancora è riuscito a vincere 5 medaglie d'oro in atletica leggera nella stessa edizione delle olimpiadi, Jesse Owens a Berlino 1936, Carl Lewis a Los Angeles 1984 e lo stesso Ritola sono fermi a 4.
Successivamente, insieme a Ville Ritola, Nurmi vince tutte le gare a squadre, con la Finlandia che si conferma nazione dominatrice nelle gare di mezzofondo e fondo.

Nel 1928 ad Amsterdam nei 10000 piani, il "finlandese volante" batte il connazionale ancora una volta in volata (6/10), e scrive il nuovo record olimpico. Il terzo, sempre Wide, è staccato di quasi un minuto.
Ritola si rifà però nei 5000 metri, dove Nurmi si accontenta dell'argento.

Nel 1932 venne escluso dai Giochi di Los Angeles perché accusato di aver gareggiato da professionista, essendo stato pagato, contravvenendo a una delle principali regole olimpiche, ma intanto aveva reso grande una nazione.

Ai Giochi di Helsinki del 1952 accese la fiamma olimpica all'interno dello stadio della capitale, dopo che aveva passato gli ultimi 20 anni in privata.
Il pubbilco di casa lo accolse con una entusiasmante standing ovation.

A lui sono state poi dedicate una statua sulla piazza di fronte allo Stadio Olimpico della capitale finlandese che lo raffigura in corsa e un'opera lirica intitolata "Paavo Suuri. Suuri Juoksu. Suuri Uni" ("Paavo il Grande. Una grande corsa. Un grande sogno").

Quando morì il 2 ottobre 1973, venne salutato da funerali di Stato, come i più grandi eroi nazionali.

Un aneddoto particolare è l'intervista di Gianni Brera del 1952 alla "furia del Baltico".
Infatti la dovette fare in Latino dato che il campione finlandese non conosceva l'inglese.
 
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#11
Volevo fare un tributo a Martin Fourcade, ma la mia prolissità ha fatto si che diventasse un riassunto di un decennio di Biathlon, ovviamente con un occhio di riguardo per "Le Roi". Questa è la parte 1 fino al 2015, la parte 2 poi arriverà.

MARTIN FOURCADE


Martin Fourcade ha rivoluzionato il biathlon. La sua carriera appena conclusasi è quella di un perfezionista, un uomo che ha saputo eccellere in entrambe le componenti di gara portando il biathlon a nuove vette di completezza e perfezione.
'Le Roi' nasce il 14 Settembre 1988 a Ceret, nel dipartimento dei Pirenei Orientali, al confine con la Spagna, secondo di tre fratelli nati da Gisele Vila e Marcel Fourcade, che diverrà sindaco di La Llagonne, paesino dove la famiglia Fourcade vive, nel 2008.
Appassionatosi allo sport sin da piccolo, pratica sci di fondo in inverno e triathlon in estate, avvicinandosi al biathlon nel 2002, trainato dal fratello maggiore Simon. Nel 2006 entra a far parte della nazionale Francese, partecipando nel 2007 al campionato del mondo juniores in Val Martello, dove conquista un bronzo in staffetta assieme a Jean Guillaume Beatrix e Yann Guigonnet. Non coglie tuttavia medaglie individuali, giungendo due volte nono e una volta quinto nelle competizioni.
Debutta in Coppa del Mondo il 13 Marzo 2008, giungendo sessantunesimo in una sprint ad Oslo Holmenkollen, a 2'46" dal vincitore Emil Hegle Svendsen. La carriera junior del giovane Martin non era certo quella di un futuro fuoriclasse, tanto che ai campionati mondiali junior del 2008, corsi a Febbraio, non andò oltre all'ottavo posto nel format dell'Individuale. C'era chi preferiva Jean Guillaume Beatrix a lui. Tuttavia il nativo di Ceret non mancava certo di predisposizione al lavoro, nonchè di talento. In quell'estate convince i tecnici Francesi, squadra in attesa di un ricambio generazionale dopo il ritiro del grande Raphael Poirèe al termine della stagione 2006/07, entrando a far parte della squadra di Coppa del Mondo, in cui militava già il fratello Simon, dalla tappa di Hochfilzen, non uscendone praticamente più. Conclude trentaseiesimo nella 20 km e due giorni dopo è già decimo nella sprint con lo zero al poligono. Il miglior risultato della stagione arriva nel momento più importante, nel confusionario inseguimento ai mondiali di Pyeongchang, il 15 Febbraio 2009. La prima quindicina di atleti che presero il via sbagliarono strada all'uscita dello stadio sciando sopra a un ponticello nei pressi del poligono invece che girarvi attorno. A fine gara nove atleti vennero penalizzati di un minuto, compreso il vincitore, Ole Einar Bjorndalen, che venne relegato dalla prima alla terza posizione, lasciando inizialmente la vittoria al Russo Maxim Tchoudov. Tuttavia dopo un reclamo da parte di sette federazioni, le penalità di un minuto furono tutte annullate e il risultato ufficiale ritorno ad essere quello scaturito dalla gara sul campo. In tutto questo caos, Fourcade partì diciottesimo a 1'32" da Bjorndalen, passò indenne le due serie a terra per poi sbagliare due volte in entrambe le serie in piedi. Tuttavia rimontò fino all'ottava posizione finale, il miglior risultato nella sua giovane carriera. Assieme alla staffetta maschile Francese arrivò poi quarto. Concluse la stagione al ventiquattresimo posto, risultando il secondo miglior Francese nella classifica generale dietro al fratello Simon.

La stagione 2009/10 è una stagione importante nella storia del Biathlon. Il Biathlon del nuovo millennio si divide sostanzialmente in due macrogenerazioni: quella dei Bjorndalen, Poirèe e Fischer e quella dei Svendsen, Fourcade e Johannes Boe. Nonostante gli exploit di Svendsen ai campionati del mondo del 2008, di cui uno storico nella Mass Start conclusiva con un duello rusticano con Bjorndalen vinto proprio dal più giovane, nella stagione 2009/10 la "nouvelle vague" composta da Svendsen e Fourcade (Johannes Boe è solo un teenager che inizia a competere nelle competizioni giovanili) spodesta definitivamente la vecchia guardia, di cui Bjorndalen è l'ultimo fiero esponente. Svendsen, che ha appena compiuto 24 anni, vince la 20 km che inaugura la nuova stagione, che culminerà coi Giochi Olimpici di Vancouver. Fourcade conclude settimo, ma con rimpianti dato che nella terza sessione di tiro compie due errori. Ne avesse compiuto solo uno avrebbe fatto suo il secondo posto. La cosa importante è che Martin Fourcade, a 21 anni, è già il leader, assieme al fratello, della nazionale Francese ed è uno dei primi dieci del circuito di Coppa del Mondo nella componente sci di fondo. Nelle prime quattro gare della stagione è sempre nei 15, senza però il grande acuto dato che quando è in forma sugli sci, spara male, mentre quando sugli sci paga dazio, come ad Hochfilzen nella seconda tappa, trova grandi percentuali. A Pokljuka si ammala, chiudendo senza gareggiare nella località Slovena il 2009. Dopo una difficile tappa di Oberhof, dove giunge addirittura ottantaquattresimo nella sprint, la stagione svolta a Ruhpolding, dove trova un quinto ed un ottavo posto nella sprint e nella Mass Start, e ad Anterselva, ultima prova prima di partire per i Giochi Olimpici di Vancouver, dove colleziona un ottavo, un sesto e un quarto posto, sfiorando il primo podio della carriera. Entrando ai Giochi Olimpici, che allora assegnavano punti per la Coppa del Mondo, il fratello Simon era in testa alla classifica generale seppur senza aver mai vinto gare, cosa che non riuscirà mai a fare in carriera. I primi dieci tuttavia erano racchiusi in soli novanta punti, col più giovane dei fratelli proprio al decimo posto. Dopo un grande inizio di stagione, Svendsen aveva saltato la tappa di Pokljuka per preparare al meglio l'importante trasferta Canadese, cosa che aveva fatto, dopo aver fatto l'en-plein in quel di Ruhpolding, anche ad Anterselva, permettendo a Simon Fourcade, al Russo Ustyugov, all'Austriaco Sumann e allo Statunitense Burke di scambiarsi il pettorale giallo di leader. La classifica cortissima e la possibilità di scartare i tre risultati peggiori della stagione, davano ancora molte speranze per la conquista della generale sia a Svendsen che a Martin, nonchè anche a Bjorndalen. Il 14 Febbraio si corre la Sprint in condizioni aleatorie. I pettorali bassi partono con il sole, ma in poco tempo a Whistler Mountain, scende il diluvio. La pista diventa un acquitrino e il compagno di squadra dei Fourcade, Vincent Jay, trova lo zero e il jolly che vale una carriera. E' il pettorale numero 6 e fa segnare il miglior tempo, dodici secondi meglio di Svendsen, partito con il 10 ma che a terra sbaglia una volta, vincendo un impronosticabile medaglia d'oro. Simon avrebbe un discreto numero di partenza date le condizioni, il 17, ma compie in tutto quattro errori e chiude addirittura settantunesimo, perdendo il pettorale giallo, che tra l'altro non indossava, e venendo estromesso anche dall'inseguimento. Martin, schierato dai tecnici Francesi nel secondo gruppo, corre con il 44 e dopo tre errori a terra chiude trentacinquesimo a 2'18" dal compagno di squadra. Dei primi quindici pettorali al via, dodici si posizionano nelle prime quattordici posizioni. Il 16 Febbraio si svolge l'inseguimento, corsa che entrerà nella storia dalla parte sbagliata, dato che al Canadese Jean Philippe Leguellec viene dato il via con 30 secondi d'anticipo rispetto al reale distacco accumulato nella sprint. Questo errore da il via a una reazione a catena per il quale pure l'Americano Teela, che nella griglia di partenza veniva subito dopo l'altro Nordamericano, parte 22 secondi prima rispetto al dovuto. Entrambi gli atleti, che date le posizioni di partenza avevano ambizioni di medaglia, si vedono falsate le loro gare dato che la giuria poi avrebbe aggiunto il tempo "guadagnato" in partenza sul tempo totale. Vince lo Svedese Bjorn Ferry, migliore tra quelli con pettorale non compreso tra i primi quindici nella Sprint, davanti a Sumann e a Jay. Fourcade è troppo falloso in piedi, commettendo cinque errori in tutto, e guadagna solo una posizione. Il 18 Febbraio si corre la meravigliosa 20 km. Fourcade parte con l'85, quando ormai i migliori hanno concluso la loro prova. In testa c'è Svendsen con 9.5 secondi di vantaggio sul Bielorusso Novikov e sull'eterno Bjorndalen che butta via l'oro sbagliando un bersaglio nell'ultimo poligono. Martin sbaglia subito nel primo poligono, precludendo in partenza la possibilità di medaglia. Aggiunge altri 2 errori nel terzo poligono, ma nonostante i 3 errori è quattordicesimo a 2'32", miglior prestazione sino a quel punto nella spedizione Canadese. Il 21 Febbraio si corre la Mass Start, gara che chiude il programma individuale. Martin parte male e nel primo poligono commette 2 errori e dopo il primo giro è ventottesimo e terzultimo a 49 secondi dal gruppo di testa. La gara sembra finita, ma Martin non molla. Nel secondo giro è uno dei più veloci in pista e non sbaglia al poligono, guadagnando cinque posizioni. Nel terzo giro è addirittura il più veloce e, aprofittando degli errori al poligono di altri atleti, raggiunge la nona posizione a 22 secondi dal leader, lo Slovacco Hurajt. Nel quarto giro rosicchia altri secondi importanti trascinandosi Sumann e si presenta al poligono decisivo con una cinquantina di metri di ritardo dal gruppo di testa formato da Hurajt, Ustyugov, Mesotitsch e Jay. E' velocissimo a sparare, ma ne sbaglia uno, mentre Ustyugov, Huraijt e Sumann non sbagliano. All'uscita dal poligono è quinto a 26 secondi dal duo Ustyugov, Hurajt, a 10 secondi da Sumann che è terzo e a 5 secondi da Jay che è quarto ed ha sbagliato una volta pure lui. L'ultimo giro è da antologia. Raccoglie prima il connazionale, poi Sumann e Hurajt. Tuttavia è troppo lontano da Ustyugov che va a cogliere la medaglia d'oro, ma Fourcade, dopo una gara tutta all'inseguimento, coglie la medaglia d'argento e il primo podio in una competizione di primo livello. Nella staffetta conclusiva viene schierato in ultima frazione, ricevendo il testimone dal fratello a 1'33" da Norvegia e Austria. Conclude la staffetta con due ricariche in piedi ed è sesto a 1'38" dalla Norvegia vincitrice. Le Olimpiadi del 2010 si rivelano quindi la rampa di lancio per Fourcade, ma il meglio deve ancora venire. Il 13 Marzo si svolge una sprint a Kontiolahti e Fourcade si riconferma subito con un terzo posto nonostante 2 errori al poligono. Il giorno seguente è in programma l'inseguimento in cui parte con 30 secondi di ritardo dal Russo Tcherezov, vincitore della sprint, e 23 da Svendsen. Sbaglia subito, ma poi con una gara in rimonta, senza più errori al poligono, riesce a far sua la prima vittoria in Coppa del Mondo. E' il 14 Marzo 2010, data che poi verrà utile una decina d'anni più tardi, ma che allora era la definitiva consacrazione di un fuoriclasse. La settimana dopo si gareggia ad Oslo Holmenkollen, la culla dello sci nordico, ed è proprio nella sprint che Martin si ripete, questa volta senza sbagliare al poligono. Due giorni dopo, nell'inseguimento, è più falloso al tiro, ma riesce comunque a far sua la prima doppietta sprint-inseguimento battendo all'ultimo giro il coetaneo Tedesco Simon Schempp, solo il prodromo di un entusiasmante duello che un lustro abbondante più tardi, ed anche oltre, farà sobbalzare gli amanti del biathlon. Con le ultime due vittorie negli insegumenti e grazie anche ai risultati degli avversari, riesce a far sua miracolosamente la coppetta di specialità, primo dei tanti trofei di cristallo nella sua bacheca. Conclude la stagione della sua definitiva esplosione al quinto posto, a 109 punti dal vincitore e futuro grande rivale Emil Hegle Svendsen, che ha avuto la meglio su Sumann all'ultima gara.

Torniamo un attimo alla seconda grande generazione del nuovo millennio: Svendsen, Fourcade e Johannes Boe. Il fratello più grande di Johannes è Tarjei Boe, coetaneo di Fourcade che a livello junior vinse più del Francese. Tuttavia il passaggio al livello superiore si rivelò più travagliato rispetto a quello di Fourcade, chiuso dalla grande qualità della squadra Norvegese. Cominciò la stagione olimpica in IBU Cup, la serie cadetta del biathlon, ma a suon di risultati nel circuito minore, fu convocato per le gare di Pokljuka, Oberhof e Ruhpolding, convincendo i tecnici a puntare su di lui anche per le Olimpiadi. Fu fatto correre nella seconda frazione della staffetta vincente Norvegese.
Le prime due gare della stagione 2010/11, 20 km e sprint ad Ostersund, ebbero lo stesso identico podio entrambe: primo Svendsen, secondo Bjorndalen e terzo Fourcade. Tuttavia Martin nell'inseguimento perse due posizioni e nelle restanti due tappe di Coppa del Mondo del 2010, ad Hochfilzen e Pokljuka, non rese al meglio tanto che scese fino al sesto posto nella generale. Hochfilzen e Pokljuka che invece furono rampe di lancio per Tarjei Boe. In Austria fece percorso netto vincendo entrambe le gare, primi due podi della sua carriera, mentre a Pokljuka aggiunse un dodicesimo posto in una 20 km dove Svendsen e Bjorndalen pagarono ancor più dazio, e un secondo posto nella sprint. Quel risultato permise al nativo di Stryn di indossare il pettorale giallo e strapparlo al grande amico Svendsen. Al ritorno dalla pausa natalizia, Fourcade concluse sessantottesimo nella sprint di Oberhof, ma nella successiva mass start ritrovò un po' di feeling col poligono della Turingia concludendo quarto a 14 secondi da Tarjei Boe a parità d'errori. E' l'inizio di un ritorno di fiamma dopo un Dicembre difficile. A Ruhpolding si svolgono tre gare: 20 km, sprint e inseguimento, e in tutte e tre giunge secondo. Viene battuto da Svendsen per soli sette secondi nella gara di 20 km, poi nella sprint fu Lars Berger a batterlo nettamente dopo un raro zero al poligono, mentre nell'inseguimento fu battuto all'ultimo giro dal campione olimpico della specialità Bjorn Ferry. Torna terzo nella classifica generale di Coppa del Mondo, anche se ben staccato dai duellanti Boe e Svendsen, e ad Anterselva vince la prima gara stagionale in una mass start. Nelle prime due settimane di Febbraio il circuito di Coppa del Mondo si sposta negli Stati Uniti, nei modesti impianti di Presque Isle e Fort Kent, dove la temperatura sfiora i -20°C. Svendsen non si presenta a Presque Isle per ultimare un carico di lavoro in ottica campionati del mondo di Khanty Mansiysk. Fourcade trova un secondo posto nella sprint, ma nell'inseguimento perde terreno e vede vincere il 25enne connazionale Alexis Boeuf, alla sua unica vittoria in carriera. Il ritorno di Svendsen a Fort Kent è entusiasmante. Fa sue sia sprint che inseguimento. Nella seconda gara deve vedersela con Fourcade. Il Francese è in palla sugli sci e la gara si decide all'ultimo giro, dove Svendsen riesce ad imporsi al fotofinish dopo un grandissimo duello. Non sarà l'ultimo fotofinish tra i due fuoriclasse, ma è forse il primo vero testa a testa in pista offerto da questa rivalità che si protrarrà fino alla metà del decennio. Il giorno dopo è in programma una mass start. Fourcade è in palla sugli sci, ma al terzo poligono sbaglia due volte. Il trentasettenne Polacco Tomasz Sikora chiude con lo zero e ha 14.5 secondi di vantaggio su Martin. La rimonta del Francese è impressionante. Salta prima il Tedesco Birnbacher, poi nel finale si riporta sulle code del Polacco e lo batte, portandosi a casa una vittoria meravigliosa che gli consente di presentarsi ai mondiali con meno di 100 punti di distacco su Tarjei Boe. In Siberia esordisce rimontando dalla quinta alla terza posizione nell'ultima frazione della staffetta mista portando la nazionale transalpina alla medaglia di bronzo, prima medaglia ai campionati del mondo. Il 5 Marzo, nella sprint, è il migliore sugli sci, ma due errori a terra lo condannano a rimandare la gioia del primo titolo mondiale. A vincere è il Tedesco Arnd Peiffer, autore della seconda prestazione sugli sci e di un errore in meno al poligono. La gioia per il primo titolo mondiale è rimandata di sole 24 ore. Nell'inseguimento Fourcade ricuce agevolmente il distacco di 13 secondi su Peiffer e dopo il primo poligono immacolato è già in testa. Nel secondo però subentrano problemi col transalpino che sbaglia una volta e si ritrova secondo a 20 secondi dal Tedesco. Va peggio al terzo poligono dove sbaglia un paio di volte, mentre Peiffer riduce ad uno gli errori, ritrovandosi ancora una volta solitario leader con trenta secondi di margine su un terzetto con nomi prestigioni, Fourcade, Svendsen e Tarjei Boe. L'ultimo poligono è cruciale. Peiffer sbaglia l'ultimo bersaglio, e apre ai tre inseguitori la porta per il paradiso. L'unico a non sbagliare è Fourcade che con uno zero rapido ribalta la situazione e si porta in testa con 7 secondi di margine su un Peiffer distrutto. Boe e Svendsen, entrambi autori di un errore, sono a 21 e 25 secondi. Svendsen tuttavia è indiavolato e con un ultimo giro mostruoso, in cui fa da traino anche all'amico Tarjei Boe, riesce a riprendere Peiffer e a far sua la medaglia d'argento, permettendo all'amico e rivale di trovare un insperato bronzo. Per Fourcade invece è passerella con tanto di bandiera, primo titolo mondiale della carriera. Il distacco da Tarjei Boe, inoltre, è di 55 punti al netto degli scarti ed è a soli 6 punti dal secondo posto di Svendsen. Nella 20 km Fourcade domina per metà gara, poi incappa in un singolo errore al terzo poligono, ma è ancora in lotta per vincere la gara all'ultimo poligono. Il Francese, tuttavia, sbaglia due volte, perdendo la seconda medaglia d'oro di quei campionati del mondo e concludendo al decimo posto. L'oro va a Tarjei Boe che quindi allunga nella generale sia su Svendsen che su Fourcade. Nella staffetta la Francia si affida ad uno spento Jay in prima frazione, che affossa la nazionale che non va oltre a un dodicesimo posto. Nella mass start Fourcade è in linea coi migliori per metà gara, ma poi tre errori in piedi lo condannano a un decimo posto. L'ultimo poligono della gara ha visto quattro atleti giocarsi le medaglie: i soliti Svenden e Boe, il campione olimpico Ustyugov e il giovane Italiano Lukas Hofer. Svendsen e Boe sono i più rapidi ad aprire, ma sbagliano, Hofer sembra poterla spuntare ma sbaglia l'ultimo, Boe ne sbaglia un secondo, mentre Ustyugov con tempi di rilascio più dilatati esce con lo zero e sembra involarsi verso il titolo. Tuttavia Svendsen e Hofer escono dal giro di penalità ad undici secondi e il Norvegese, così come fece nella gara ad inseguimento, trova un ultimo giro devastante, rimontando il padrone di casa e staccandolo nel finale. Lukas Hofer chiude terzo, Boe quarto, mentre Fourcade è decimo, risultato che sotterra le speranze residue per vincere la sfera di cristallo.
L'ultima tappa della stagione è ad Oslo Holmenkollen e nella sprint succede l'incredibile. Svendsen chiude in sesta posizione, autore di una gara difficile sugli sci e con un errore in piedi. Peggio di lui, invece, fa Tarjei Boe, che nel poligono in piedi sbaglia quattro volte e a dopo i giri di penalità è addirittura fuori dai 60. Tarjei nell'ultimo giro riesce a recuperare una ventina di posizioni e chiude quarantaquattresimo, incassando l'ultimo scarto a disposizione, ma vedendo il vantaggio assottigliarsi a 37 punti con un inseguimento l'indomani. Fourcade chiude con un trentacinquesimo posto una gara scarica. L'inseguimento del 19 Marzo è una gara incredibile che neanche un genio della sceneggiatura hollywoodiana poteva rendere più ricca di colpi di scena. Dopo il primo poligono nessuno dei due pretendenti alla sfera di cristallo sbaglia, con Svendsen che esce terzo a 42 secondi, mentre Tarjei è ventinovesimo. Fourcade commette un errore ed è ventiquattresimo. Il secondo poligono è disastroso per Svendsen, che sbaglia due volte e si ritrova undicesimo a 1'11" da Bjorn Ferry che è in testa. Fourcade e Boe invece non sbagliano e sono assieme al ventesimo e ventunesimo posto. Svendsen sbaglia ancora una volta nella terza serie, ma come lui fa il "fratello di camera" Tarjei Boe, mentre Fourcade è immacolato. Davanti a tutti c'è il duo svedese composto da Bjorn Ferry e Fredrik Lindstrom, che però commettono due errori all'ultimo poligono e riaprono il discorso vittoria. Svendsen e Tarjei Boe compioni un quarto giro a tutta. Il meno giovane dei due si riporta in scia a Fourcade e al poligono copre tutti i bersagli ritrovandosi secondo a tre secondi dal Francese. Anche Tarjei Boe non sbaglia, ma si ritrova quarto a sedici secondi di distacco da Fourcade. Tarjei per una volta si trasforma in Svendsen, svernicia Bjorn Ferry e si porta alla caccia dei due di testa. Svendsen e Fourcade sembrano poter duellare per la vittoria, ma Tarjei Boe è autore di una rimonta strepitosa. Poco prima dello stadio li riprende, poi attacca. Svendsen non ci sta e nella salita poco prima del rettilineo d'arrivo lo sopravanza e ha la meglio in volata. Fourcade si rialza e Boe è secondo. Una rimonta incredibile che consente a Tarjei di poter difendere l'indomani 31 punti. Nella mass start se Svendsen vince, a Boe basta l'undicesimo posto per portare a casa la sfera di cristallo. Svendsen e Boe sono insieme nell'ultimo poligono stagionale, attorno alla decima posizione. Svendsen trova uno zero rapidissimo, mentre Boe ne sbaglia clamorosamente due, riaprendo completamente il discorso. Svendsen tuttavia è terzo, in compagnia di Ustyugov, ed è a 17 secondi da Bjorndalen, mentre Boe è dodicesimo, risultato che gli basta qualora Svendsen arrivasse anche secondo. Ma Svendsen è tornato il turbo di Khanty Mansyisk, sente l'odore del sangue, e nell'ultima parte della gara si rifà sotto a Bjorndalen. Svendsen vince incredibilmente la mass start, ma Tarjei Boe è anch'egli autore di un ultimo giro strepitoso e conclude con un agevole ottavo posto la gara vincendo la Coppa del Mondo per soli cinque punti. Fourcade conclude la stagione al terzo posto, ma dimostra un netto miglioramento sugli sci e una crescita nelle percentuali al poligono.

L'apertura della stagione 2011/12, come da tradizione ad Ostersund, porta con se tante attese. La meravigliosa stagione precedente è stata lo sbocciare definitivo delle generazioni dei nati tra il 1987 e il 1989, generazioni che domineranno il biathlon negli anni a venire. Nella 20 km d'apertura Fourcade è dominante. E' il migliore sugli sci, addirittura meglio di fondisti in grado di vincere nel circuito dello sci di fondo come Berger e Bjorndalen, in più limita ad un solo errore la sua prestazione al poligono e vince con 1'54" su Slesingr e Schempp. Nella sprint è quarto dietro a Bergman, Boe e Svendsen, poi domina l'inseguimento con lo zero su quattro poligoni ed esce dalla trasferta Svedese con 41 punti di vantaggio su Bergman e Svendsen, indossando il pettorale giallo per la prima volta in carriera, un pettorale che negli anni seguenti sarà come una seconda pelle. Fourcade ha fatto tornare la passione del biathlon ai Francesi poco meno di un lustro dopo il ritiro di Poirèe, tanto che per la stagione 2011/12 l'IBU assegna alla località di Le Grand Bornand l'organizzazione della terza tappa di Coppa del Mondo. Tuttavia la tappa salta per mancanza di neve e problemi organizzativi, pertanto il debutto di Martin sulle nevi di casa è rimandato. Si opta per una doppia tappa ad Hochfilzen e nella sprint della prima settimana Fourcade buca la sprint, commettendo due errori in piedi e concludendo al ventiduesimo posto a 1'08" da Bergman. Nell'inseguimento, nonostante il miglior tempo sugli sci, è disastroso al poligono con cinque errori e giunge ventiquattresimo perdendo anche il pettorale giallo a favore di Bergman, venendo scavalcato in classifica anche da Svendsen e Boe. Nella seconda settimana di gare nella località Austriaca torna sul podio nella sprint, arrivando secondo dietro a Tarjei Boe, mentre Bergman buca completamente la gara senza qualificarsi per l'inseguimento, consegnando a Tarjei il pettorale giallo. Fourcade perde posizioni commettendo quattro errori al poligono e tra le tante rimonte da lontano a vincere la gara è Andreas Birnbacher, partito per ventiseiesimo, in volata su Bjorndalen e su Simon Fourcade. Tarjei Boe, quarto, consolida il primato, mentre Martin, settimo, conclude l'anno solare con 19 punti di ritardo. Durante le vacanze natalizie entrambi si ammalano e non gareggiano nella sprint di Oberhof del 7 Gennaio, dove Svendsen accorcia le distanze con un sesto posto con rammarico dati i tre errori al poligono. La famiglia Fourcade comunque festeggia il secondo posto di Simon e alla partenza della mass Martin è presente. Le scorie del malanno però si fanno ancora sentire e nonostante un solo errore al poligono conclude tredicesimo. Boe è ancora assente e Svendsen conclude al terzo posto, risultato che gli consente di indossare il pettorale giallo. Nel nuovo e avvenieristico complesso di Nove Mesto in Repubblica Ceca, che ospiterà i campionati del mondo 2013, va in scena il 12 Gennaio una 20 km vinta dal Russo Makoveev davanti a Svendsen, che quindi allunga su Fourcade e il rientrante Tarjei Boe, rispettivamente decimo e tredicesimo. Nella sprint, per una volta, è Simon a fare il Martin della situazione, facendo segnare il miglior tempo sugli sci, ma commettendo tre errori al poligono, che gli precluderanno la gioia della prima vittoria in carriera. Per la prima volta i due fratelli salgono sul podio insieme, Simon secondo e Martin terzo, dietro a Svendsen. Tarjei Boe fatica sugli sci e forza nel poligono in piedi sbagliando tre volte e facendosi scavalcare in classifica generale da Birnbacher. Nell'inseguimento successivo conclude al secondo posto dietro ad Anton Shipulin, mentre Svendsen regredisce fino al nono posto. Alla fine del weekend Ceco i due sono separati da 24 punti, mentre gli inseguitori degli ormai unici duellanti per la sfera di cristallo diventano Simon Fourcade, Birnbacher e Tarjei Boe. Ad Anterselva sono in programma una sprint e una mass start. Nella sprint il transalpino compie percorso netto al poligono, ma nonostante il secondo tempo sugli sci conclude terzo data la lentezza nel coprire i bersagli. Svendsen però è falloso al tiro e giunge ventitreesimo, risultato che permette a Fourcade di riconquistare il pettorale giallo. Nella partenza in linea è terzo, dietro a un Birnbacher in grande forma e ad Anton Shipulin, che sulle nevi di Anterselva l'anno precedente vinse la prima gara in carriera. Dopo il weekend Italiano, una settimana di riposo e poi un tour de force tra Oslo Holmenkollen e Kontiolahti prima dei mondiali di Ruhpolding. Nella sprint di Oslo Fourcade sbaglia tre volte nel poligono a terra e chiude decimo, mentre Svendsen è terzo. All'inizio dell'ultimo giro della gundersen sono praticamente insieme, ma Fourcade ha una cotta e perde 25 secondi in un solo giro da Svendsen che conclude secondo. Tra di loro si inserisce Garanichev, vincitore della sprint, mentre la vittoria va a Peiffer. Svendsen torna pettorale giallo, che consolida poi l'indomani vincendo la mass start che chiude l'impegnativo weekend Scandinavo. Nell'amata Kontiolahti, Fourcade si presenta con 21 punti di ritardo sul rivale, ma nella sprint si ribalta ancora una volta tutto. Martin torna al successo per soli 8 decimi sul Russo Lapshin, mentre Svendsen è dodicesimo. Il transalpino è nuovo pettorale giallo e solo l'intramontabile Ole Einar Bjorndalen si frappone fra lui e la vittoria nella successiva gundersen, con Svendsen che recupera fino al quarto posto. I due partono dalla Carelia distaccati da 21 punti a sette gare dal termine, quattro ai mondiali di Ruhpolding e tre a Khanty Mansiysk. Martin si trova subito a suo agio sulla neve di Ruhpolding e il 3 Marzo, nella sprint, da una dimostrazione di forza clamorosa. Svendsen parte con l'1, Fourcade col 9. I due fanno gara fotocopia al poligono, sbagliando entrambi una volta a serie, ma Fourcade fa la differenza sugli sci, infliggendo al traguardo un distacco di 15 secondi al rivale Norvegese. Nonostante i due errori di entrambi, nessuno li spodesta dalle prime due posizioni. Bergman con lo zero è terzo a due secondi da Svendsen. Il 4 Marzo si svolge l'inseguimento, in cui Fourcade difende il titolo dell'anno precedente. Ancora una volta i due rivali per la sfera di cristallo fanno gara fotocopia al poligono. Sbagliano una volta nella prima serie, una nella seconda, zero nella terza e due nella quarta e decisiva serie. Fourcade è comunque superiore sugli sci e rimane a galla, mentre Svendsen affonda fino alla quinta posizione. All'inizio dell'ultimo giro Martin è attaccato alle code di Bergman, ma nell'unica salita del tracciato Bavarese lo attacca e si invola verso il terzo titolo mondiale individuale della carriera. A questo punto il distacco di Svendsen sale a 47 punti. Nella 20 km però i troppi errori, cinque, affossano il transalpino che chiude venticinquesimo, mentre Svendsen è ottavo. La gara per la vittoria è entusiasmante. Simon Fourcade all'inizio dell'ultima tornata ha 15 secondi di vantaggio sullo Sloveno Fak, mai vincitore in Coppa del Mondo ma bronzo nella sprint olimpica nel 2010. Nell'ultimo giro il fratello maggiore di Martin scoppia, mentre Fak tira fuori la prestazione della vita tagliando il traguardo con 7 secondi di vantaggio, conquistando il titolo mondiale. Nella staffetta Norvegia e Francia fanno gara di copia fino all'ultimo poligono, dove i due fuoriclasse si incrociano ancora una volta. Nel poligono in piedi si trovano fianco a fianco. Svendsen è velocissimo e preciso, non sbaglia, mentre Martin è in difficoltà ed è costretto ad utilizzare tutte tre le ricariche. La Norvegia si invola, mentre la Francia deve accontentarsi della medaglia d'argento. La delusione di Martin si tramuta in rabbia, l'11 Marzo la mass start chiude i mondiali di Ruhpolding. Svendsen si chiama subito fuori con due errori nel primo poligono, mentre Martin sbaglia una volta nei due poligoni centrali. A guidare la gara sono i pimpanti Svedesi Bergman, Ferry e Lindstrom assieme a un Birnbacher specialista del format. Martin però è in uno stato di grazia, Recupera 25 secondi sugli sci e all'ultimo poligono si presenta nel gruppo di testa a sparare per vincere. Questa volta non trema, è zero veloce ed esce sulle code di Ferry con Lindstrom poco lontano. Nonostante siano in superiorità numerica, gli Svedesi non possono nulla e devono arrendersi al nuovo re del Biathlon. E' il terzo titolo mondiale individuale in quella rassegna iridata. Solo Poirèe nel 2004 e Bjorndalen nel 2005 e 2009 sono riusciti in quest'impresa. Il vantaggio in Coppa del Mondo cresce a 66 punti.
Ruhpolding è l'inizio dell'epopea Fourcade. A Khanty Mansyisk vince sprint e inseguimento e fa sua la prima sfera di cristallo della carriera.

Martin Fourcade, durante la sua carriera, ha sempre avuto la capacità di porsi obiettivi per tenersi motivato. Dopo la vittoria della Coppa del Mondo nasce in lui l'idea di gareggiare ai mondiali di sci di fondo del 2013 in programma in Val di Fiemme. Per qualificarsi prima partecipa ai campionati nazionali chiudendo ventiduesimo nella 15 km a tecnica libera, un risultato evidentemente insufficiente. Tuttavia, dopo l'estate, partecipa a un test event organizzato dalla FIS a Beitostolen, un meeting prestagionale con le nazionali Norvegesi, Francesi e Russe. Fourcade conclude al sesto posto la 15 km a tecnica libera, secondo miglior Francese, davanti a grandi atleti come Toenseth, Jespersen, Gaillard e Dementiev, guadagnandosi la convocazione alla tappa di apertura della Coppa del Mondo, nella Svedese Gallivare. Chiude quarantottesimo la 15 km, prestazione che lo convince a desistere dal suo obiettivo. Poco male, perchè la settimana seguente si presenta ad Ostersund per l'opening della Coppa del Mondo di biathlon vincendo la 20 km di apertura e confermando il pettorale giallo conquistato la stagione precedente. Nella sprint tornano i problemi al poligono, due errori a terra e uno in piedi lo condannano a una decima posizione a 40 secondi dal vincitore Leguellec. Nell'inseguimento però è quasi perfetto al poligono, sbaglia solo un colpo nel terzo poligono, rimonta e batte Birnbacher in volata per la seconda vittoria del weekend prendendo subito il largo nella generale. La sprint di Hochfilzen sorride invece a Birnbacher che ha la meglio sul fuoriclasse transalpino per soli 4 decimi. Svendsen è trentaquattresimo. L'inseguimento è una bella gara. La coppia Birnbacher-Fourcade esce indenne dal primo poligono, ma nel secondo sbaglia una volta il Tedesco e due il Francese, riaprendo la contesa. All'ultimo poligono si presentano assieme Fourcade, Birnbacher, i Russi Malyshko e Shipulin e Fak. Tutti compiono un errore, tranne Shipulin che ne commette due. Ne aprofitta da dietro Lindstrom che con lo zero si riporta in scia formando un gruppo di cinque che si gioca la vittoria. Fak attacca, Birnbacher crolla e il solo Malyshko riesce a stare in scia allo Sloveno, ma non a superarlo. Fourcade è terzo e guadagna punti importanti su Birnbacher e Svendsen. Dopo cinque gare il margine su Birnbacher è di 49 punti, mentre Svendsen insegue già a 98 punti. Pokljuka chiude il sipario sul 2012. Si parte con la sprint, vinta dal padrone di casa acquisito Fak (in realtà è croato, ma dopo le olimpiadi di Vancouver ha scelto la cittadinanza Slovena) davanti a uno Svendsen in palla e a un Fourcade sottotono sugli sci. Il tracciato di Pokljuka è sempre stato ostico per il transalpino e con lo zero non riesce a vincere ne a battere Svendsen con un errore. Nell'inseguimento Svendsen e Fourcade si ritrovano a sparare all'ultimo poligono spalla a spalla per vincere e, come nella staffetta iridata di Ruhpolding, è Svendsen ad uscire vincente dal braccio di ferro, sbagliando solo una volta contro le due del Francese. Svendsen vince davanti al Ceco Moravec, mentre Fourcade è terzo. L'inerzia a Pokljuka è dalla parte di Svendsen, ma nella partenza in linea un buon quarto posto di Fourcade gli permette di guadagnare punti su Svendsen, sesto, con Birnbacher che vince dopo due gare difficili. A Natale Fourcade ha 85 punti di vantaggio su Svendsen e 99 sul Tedesco. Dopo la pausa si corre ad Oberhof, contesto di gara non amato da Martin. Nella sprint è sedicesimo e fa segnare solo il ventiseiesimo tempo sugli sci. Col terzo posto dietro a Malyshko e Garanichev, Svendsen guadagna punti pesanti. Nell'inseguimento le prime due posizioni non cambiano, mentre Svendsen sbaglia tanto al poligono, ma grazie a una prestazione sontuosa sugli sci è quarto. Fourcade guadagna solo due posizioni ed è quattordicesimo. Il distacco di Svendsen ora è di soli 46 punti, ma arriva Ruhpolding, l'amata Ruhpolding. Martin nella sprint non fa prigionieri. E' il migliore sugli sci e non sbaglia al poligono, dominando la gara. La mass è un po' più patemica, non sbaglia al poligono, e ha la meglio di Malyshko solo in volata. Svendsen è terzo e torna a 75 punti di distacco. L'ultima fermata prima dei mondiali di Nove Mesto è Anterselva, dove Fourcade è sesto nella sprint, mentre il Norvegese è secondo dietro a Shipulin. Nella gundersen Fourcade è più educato al poligono, ma Svendsen ha un ultimo giro dei suoi in cui guadagna 13 secondi sul rivale, arrivandogli in scia, ma troppo tardi. Quarto Fourcade e quinto Svendsen e distacco che arriva a 62 punti alla vigilia del mondiale. I due debuttano come ultimi frazionisti nella staffetta mista, ma è un duello senza contatto dato che la Norvegia ha margine sulla Francia e Svendsen gestisce agevolmente la frazione guadagnandosi la medaglia d'oro davanti proprio alla Francia che giunge a 20 secondi.
Il weekend del 9 e 10 Febbraio è l'apice della rivalità tra Fourcade e Svendsen. Il 9 Febbraio è in programma la sprint, Fourcade parte col pettorale giallo-rosso e il numero 28, Svendsen due minuti dopo col 32. Entrambi imprimono subito un gran ritmo, col Norvegese che sembra leggermente più veloce sugli sci, tanto che all'ingresso del primo poligono ha un tempo di 5 secondi migliore. Entrambi trovano lo zero a terra, con Fourcade che guadagna un paio di secondi ed è a soli tre secondi dopo il primo poligono. Il secondo giro è ancora a favore del Norvegese, che guadagna solo un secondo. Il primo a sparare in piedi è Fourcade che ne sbaglia uno. Svendsen ha la vittoria in pugno, anch'egli sbaglia un bersaglio, ma è nettamente più veloce nel rilascio dei colpi e dopo il giro di penalità è primo con dieci secondi di vantaggio. Fourcade guadagna due secondi nell'ultimo giro, ma non basta ed è secondo a 8 secondi. La gara però non finisce lì. Fak, partito col 53, è preciso al poligono, ma è dietro a Svendsen dopo il secondo poligono di 6 secondi e chiuderà terzo a 11 secondi. Bjorndalen invece, a quasi 39 anni, è il più veloce nel primo giro e non sbaglia. L'ultimo poligono è fondamentale per lui, coprisse tutti i bersagli vincerebbe un clamoroso oro mondiale, ma ne sbaglia uno e nell'ultimo giro paga dazio a Fak, chiudendo quarto a 20 secondi da Svendsen. Se la sprint è stata una gara bellissima, l'inseguimento del 10 Febbraio rimarrà nella storia. Ci sono momenti nella storia dello sport che sono destinati ad essere ricordati per sempre, quelli che gli anglosassoni chiamano instant classic. L'inseguimento maschile dei mondiali di biathlon 2013 è un instant classic. Svendsen è in tuta completamente rossa e pettorale numero 1, Fourcade è in tuta bianca con striature blu e rosse della nazionale Francese e indossa il pettorale giallo-rosso col numero 2. Fourcade parte 8 secondi dopo il Norvegese, ma grazie al punto di riferimento, dopo un giro è già in scia. I due non sbagliano nel primo poligono e allungano su un gruppetto composto da Fak, Shipulin, Malyshko, Boeuf e Lindstrom. Nel secondo giro i due non si dannano l'anima per tenere il ritmo sostenuto, situazione che fa recuperare qualche secondo agli inseguitori. Fourcade sbaglia una volta, Svendsen esce immacolato dal poligono ed è in testa da solo. Dietro non sbaglia nessuno e Fourcade si accoda al gruppo inseguitore. Il Francese si mette poi a fare il ritmo e porta il distacco dal fuggitivo a 16 secondi a ingresso poligono, ma sbaglia ancora una volta e, assieme a Shipulin, è costretto a un giro di penalità, mentre Svendsen davanti e poi Fak e Malyshko dietro, sono immacolati e continuano l'inseguimento. Il penultimo giro vede Svendsen guadagnare margine sui più immediati inseguitori in ottica ultimo poligono, mentre Fourcade ancora una volta è costretto agli straordinari e a cercare di diminuire il gap. Svendsen sbaglia una volta, Malyshko no, Fak anch'egli sbaglia. Poco dopo sparano e vanno a segno su tutti i bersagli Fourcade e Shipulin. Svendsen esce dal giro di penalità ancora davanti a tutti, ma è braccato da Malyshko, mentre il Francese e il Russo sono a 10 secondi. I due davanti si studiano troppo e permettono al duo inseguitore un veloce recupero dopo un paio di centinaia di metri. Sarà un ultimo giro a quattro: Svendsen, Fourcade, Shipulin e Malyshko. Si studiano fino a 500 metri dalla fine, quando sull'ultima salita Fourcade si mette davanti e vede con la coda dell'occhio Shipulin tra lui e Svendsen. Parte l'attacco del Francese, con Svendsen che fatica a superare Shipulin che fa il buco. All'entrata dello stadio il Francese ha dieci metri di vantaggio sul Norvegese, ma la progressione di Svendsen è incredibile e sul rettilineo finale sono appaiati. Svendsen è leggermente davanti, ma la spaccata sul traguardo non è eccezionale, al contrario di quella di Fourcade che allunga la gamba più che può per mettere il piede davanti. Il Norvegese esulta, ma bisogna aspettare il fotofinish che tarda ad arrivare e che conferma la sensazione iniziale. Primo Svendsen, secondo Martin Fourcade, medaglia di bronzo per Shipulin. Svendsen sarà costretto a saltare la 20 km per un'attacco influenzale e Martin ha vita facile, seppure con un brivido finale provocatogli da Tim Burke, nel conquistare il titolo mondiale nel format dei nostri padri. Nella staffetta la Francia è in lotta per il bronzo e Fourcade è l'ultimo frazionista, mentre un rientrante Svendsen è comodamente primo. La Germania si affida a Lesser ed è anch'essa comodamente seconda, ma il Tedesco compie un autentico disastro al poligono. Due giri di penalità e lotta per l'argento che si riapre. Fourcade è lesto e, nonostante due ricariche, riesce a passare Lesser e a conquistare l'argento. La mass start è anch'essa una gara avvincente decisa all'ultimo poligono. Fourcade si presenta con un leggero margine davanti a un gruppetto di sette atleti, sembra poter coprire tutti i bersagli, ma sbaglia l'ultimo. Dopo una stagione difficile causa un infortunio patito in estate, Tarjei Boe torna in forma proprio per i mondiali e in quest'ultimo poligono brucia tutti per rapidità e precisione e passa in testa davanti proprio a Svendsen, che insegue a 4 secondi. E' un ultimo giro agonico, coi due amici che si inseguono, ma Tarjei tiene botta, mentre Svendsen, stremato dai postumi del malanno, molla nella salita dove una settimana prima non aveva mollato Fourcade e lascia perdere l'inseguimento lasciandosi scavalcare anche da Shipulin. E' oro per Tarjei Boe, argento per Shipulin e bronzo per Svendsen.
Dopo il meraviglioso mondiale di Nove Mesto, la Coppa del Mondo fa tappa a Oslo Holmenkollen, ma Svendsen non c'è per una ricaduta dell'influenza. La lotta tra i due si conclude qui, Fourcade non scende più dal podio nelle ultime otto gare, vincendone cinque e confermandosi vincitore della sfera di cristallo, nonchè di tutte le coppe di specialità.

La stagione olimpica 2013/14 comincia con un dominio incontrastato nella 20 km dove rifila 2 minuti al secondo classificato, l'Austriaco Simon Eder. Nella successiva sprint è ancora lui il dominatore nonostante un errore in più degli inseguitori. Lindstrom è secondo a 6 secondi, l'Americano Tim Burke giunge terzo a 31 secondi. Non arriva il tre su tre unicamente perchè la Domenica in cui si dovevano svolgere gli inseguimenti su Ostersund è in corso una bufera che compromette il normale svolgimento delle gare. Ad Hochfilzen è secondo nella sprint e domina l'inseguimento del giorno. Dopo quattro gare ha già 89 punti di vantaggio su Svendsen, pronto per gareggiare per la prima volta davanti al pubblico di casa a Le Grand Bornand. In Francia però si abbatterà una cometa destinata a scrivere pagine indelebili di storia del biathlon. Johannes Boe ha 20 anni e 7 mesi, è il fratello minore di Tarjei Boe e gia da qualche tempo si parla bene di lui. Esordisce in Coppa del Mondo nella sprint di Oslo Holmenkollen della stagione precedente ed ha alle spalle una brillante carriera juniores in cui ha vinto cinque titoli mondiali di categoria. Nella sprint fa segnare il miglior tempo sugli sci e il quinto tempo nello shooting time, senza sbagliare al poligono. Il secondo, Moravec, è staccato di 33 secondi, Fourcade è terzo a 37 secondi, frastornato come avesse subito un montante da Mike Tyson, e non è finita. Nell'inseguimento del giorno dopo Johannes è solo, mentre alle sue spalle, a debita distanza, divampa la lotta per le piazze del podio lasciate libere. Commette un solo errore nella seconda serie e poi è autore di due serie in piedi da antologia, conquistando la seconda vittoria in due giorni, mentre Martin chiude diciasettesimo. Aprofittando dell'assenza di Svendsen, che quindi incassa gli scarti, al termine della tappa ha un vantaggio di 129 punti sul secondo della classifica, Simon Eder. Il 2014 si apre con la sprint nella ventosa Oberhof, vinta dal rientrante Svendsen per soli 4 decimi su Bjorndalen, mentre Fourcade è terzo e commette tre errori nel poligono in piedi buttando via la gara. Il podio si ripete pedissequo nella gara ad inseguimento, mentre nella mass start Martin torna al successo, con Svendsen che, complice un ultimo poligono difficile, scivola fino alla decima posizione. Johannes Boe non ripete gli exploit Francesi, ma è comunque in quota. Fourcade salta la tappa di Ruhpolding incassando quindi gli scarti e Svendsen raccoglie a piene mani vincendo la 20 km e l'inseguimento con distacchi di partenza dimezzati. Il distacco di Svendsen scende a 49 punti, ma Svendsen non va ad Anterselva, agevolando di fatto la conquista della terza sfera di cristallo consecutiva a Fourcade. Il Francese chiude quinto nella sprint vinta a parimerito da Schempp ed Hofer, ma perde posizione nell'inseguimento chiudendo nono, confermando lo scarso feeling di risultati con la località Italiana.
La trasferta Italiana è l'ultima prima delle Olimpiadi di Sochi, gare che non assegneranno punti di Coppa del Mondo. Le gare di biathlon si svolgono al Laura Biathlon Center a Krasnaja Polyana, una località montana a una mezz'ora di macchina dal villaggio olimpico di Sochi. Nelle gare preolimpiche della stagione precedente Fourcade aveva dominato sia la 20 km che la sprint, facendo subito capire come aprezzasse il contesto. Il tracciato è molto selettivo, ma il poligono è ben riparato dal vento. La prima gara è la sprint, competizione che si rivela subito molto equilibrata. Fourcade sbaglia nel poligono a terra, ed esce con lo zero in quello in piedi, ma chiude sesto a 12 secondi dal vincitore, l'intramontabile Ole Einar Bjorndalen che a 40 anni fa sua la quinta medaglia d'oro individuale ai giochi olimpici. I primi otto sono racchiusi in 14 secondi, pertanto ci si aspetta un inseguimento coi fuochi d'artificio. Dopo due poligoni è in fuga Leguellec, ma cade rovinosamente in discesa, al suo inseguimento Landertinger, Soukup e proprio Martin Fourcade, che a metà terzo giro forza il ritmo e rimane da solo. Nonostante un errore nel terzo poligono, esce dal giro di penalità ancora in testa con margine. Nel penultimo giro è ancora impegnato per mettere altri secondi tra se e gli inseguitori, arriva al poligono, copre tutti i bersagli e si lascia andare a un gesto di esultanza ancor prima di rimettersi la carabina sulle spalle e compiere l'ultimo giro, che a questo punto diventa una passerella. Nel rettilineo finale ha tutto il tempo per raccogliere una bandiera Francese e tagliare il traguardo, raggiungendo così l'oro olimpico, l'unico trofeo che ancora mancava nella bacheca. Tre giorni dopo è il turno della 20 km, format in cui Fourcade ha vinto l'ultimo titolo mondiale. Il primo poligono passa liscio, poi compie un errore nella seconda serie. Il suo passo sugli sci comunque è il migliore e con gli ultimi due poligoni puliti e un ultimo giro incisivo fa segnare il miglior tempo. Lesser chiude l'ultima sessione di tiro con lo zero e ha 10 secondi di vantaggio, ma il passo sugli sci del Francese è ineguagliabile e, nonostante il Tedesco faccia segnare l'ottavo tempo nel giro finale, è dietro di 12 secondi. Secondo oro olimpico per Martin Fourcade. La sera del 17 Febbraio sarebbe in scena la mass start, ma la fitta nebbia fa rinviare la gara al pomeriggio successivo. Fourcade apre sbagliando e si mette subito in caccia. Non sbaglia nei due poligoni successivi e, assieme a Bjorndalen, si accoda al duo di testa formato da Svendsen e Moravec proprio all'imbocco dell'ultimo poligono. Fourcade, Svendsen e Moravec ne escono senza errori, mentre Bjorndalen ne commette quattro. Moravec nell'ultimo giro non tiene il ritmo dei due rivali. Svendsen ha avuto un olimpiade difficile a livello individuale, il passo sugli sci non è sembrato quello del miglior Svendsen, ma l'ultimo giro è il suo habitat. Questa volta non fa come a Nove Mesto l'anno prima, ma anticipa il Francese ed entra nello stadio per primo. Per Svendsen ormai è fatto, Fourcade fatica solo a stargli in scia, ma il nativo Trondheim alza le braccia a 10 metri dal traguardo. Fourcade lo vede e con un ultima disperata spaccata prova a mettere il suo piede davanti a quello del Norvegese, nonostante il corpo fosse dietro. I minuti successivi sono emozionanti, possibile che l'esultanza anticipata di Svendsen possa avergli tolto una medaglia d'oro già conquistata ? Il responso arriva e assegna la vittoria al Norvegese con un margine di vantaggio ancora minore rispetto a quello dell'anno precedente. Per Fourcade è il secondo argento olimpico nella mass start. Il reso delle olimpiadi non regala gioie al fuoriclasse di Ceret. Nella staffetta mista è sesto, in quella maschile è ottavo.
Il resto della stagione è una tranquilla passerella. A Pokljuka trova un secondo posto nella mass start, a Kontiolahti torna alla vittoria Johannes Boe con una tripletta vincendo le due sprint e il ventoso inseguimento in programma. Martin è secondo nella prima sprint e nell'inseguimento. Ad Oslo Holmenkollen si chiude la stagione e Fourcade torna alla vittoria in una gara di Coppa del Mondo dopo 2 mesi e mezzo proprio nell'ultima gara, la mass start. La stagione è trionfale, due ori e un argento olimpico, le coppette di specialità di sprint, inseguimento e mass start e la terza Coppa del Mondo consecutiva, come solo Frank Ullriche e Raphael Poirèe sono stati in grado di fare prima d'ora.

Con tre coppe del mondo a neanche 26 anni Martin Fourcade pensa in grande e per la stagione 2014/15 ha in mente il poker consecutivo di vittorie, cosa che non è mai riuscito a nessun biathleta maschio nella storia. Tuttavia in estate è affetto da mononucleosi, una malattia debilitante nemica di ogni atleta, pertanto si presenta ad Ostersund pieno di dubbi sulla reale condizione fisica. I dubbi vengono subito fugati nella staffetta mista d'apertura quando 'Le Roi' porta la Francia al successo battendo in volata il Norvegese Birkeland e Simon Schempp. Nella 20 km che apre la stagione individuale è autore di un disastro. Nel poligono d'apertura sbaglia quattro volte e si rialza arrivando ottantunesimo, peggior risultato in carriera. La vittoria va a Svendsen, ma il Norvegese desta più di qualche dubbio. A 29 anni il fuoriclasse è sempre presente, ma non è più dominante sugli sci stretti come era negli anni precedenti, anzi, la sua è una vittoria al poligono, ma il linguaggio del corpo sugli sci è quello di un atleta affaticato. La soddisfazione però è immensa ed è pettorale giallo due anni e mezzo dopo averlo vestito per l'ultima volta. Nella sprint invece non c'è storia. Fourcade torna il cecchino di sempre e con lo zero rifila 28 secondi a Moravec secondo. Nell'inseguimento si complica la vita sbagliando per quattro volte in totale, ma alla fine la vittoria è sua. Nella sprint di Hochfilzen torna al successo Johannes Boe e, nonostante lo zero, Fourcade è settimo, ma nell'inseguimento ritrova se stesso e con un'altro zero ha la meglio nell'ultimo giro su Simon Schempp, ritrovando anche il pettorale giallo. Svendsen fatica e chiude quattordicesimo. Pokljuka è un contesto di gara ostico per Martin, lì non vi ha mai vinto e le cose non cambiano nemmeno nel Dicembre 2014 quando giunge quarto nella sprint e terzo, ad un minuto da Svendsen nell'inseguimento. La vittoria del Norvegese gli permette di riappropriarsi del pettorale giallo, ma il linguaggio del corpo è sempre lo stesso, affaticato, stanco, ma fino a quel momento i risultati gli danno ragione. Fino a quel momento però, perchè l'inseguimento di Pokljuka del 20 Dicembre 2014 sarà la trentottesima ed ultima vittoria in carriera per Emil Hegle Svendsen. L'indomani è in programma la mass start e il Norvegese compie quattro errori, quattro come i punti di vantaggio su Martin prima di quella gara. Fourcade è immacolato fino all'ultimo poligono dove sbaglia una volta, gara fotocopia con Anton Shipulin. Si ritrovano in cinque, nell'ultimo giro, a giocarsi la vittoria: Shipulin, Fourcade, Beatrix, Lindstrom e Eder. Il primo attacco, un po' a sorpresa, lo porta Beatrix, ma cade in modo banale. Fourcade, dietro di lui, lo evita, ma perde tempo prezioso, mentre Shipulin, che era nell'altro binario, ne aprofitta e si invola verso la seconda vittoria in tre gare, aveva vinto anche la sprint. Fourcade è secondo, ma si riappropria del pettorale giallo, anche se il ventisettenne Russo, a questo punto, fa paura. Svendsen è diciasettesimo. Come da tradizione, dopo le vacanze natalizie, si torna in gara nella ventosa Oberhof. Martin si limita ad un errore a terra e vince la sprint per cinque secondi sul campione olimpico, alla soglia dei 41 anni, Ole Einar Bjorndalen. Svendsen non c'è, Shipulin giunge quarantatreesimo, ma quello di cui si rende protagonista nella mass start fa strabuzzare gli occhi anche al dominatore del biathlon. Il fuoriclasse Francese copre tutti i venti bersagli e si invola verso la vittoria, ma nella nebbia della località della Turingia spunta, non poco distante Anton Shipulin che arriva secondo a 13 secondi. Fourcade, incuriosito, gli chiede quanti errori al poligono ha commesso e il Russo gli fa gesto con la mano "quattro". L'espressione di stupore di Fourcade è colta dalle telecamere, il Francese potrebbe aver trovato un nuovo rivale, ma questa è solo benzina nel suo serbatoio motivazionale. Ruhpolding è stranamente una tappa difficile, nella sprint è ventiseiesimo, nella partenza in linea ventunesimo. In entrambe le gare fatica nel semplice poligono Bavarese e sugli sci non fa la differenza. Shipulin gli rosicchia tanti punti, ma si affaccia un altro pretendente pericoloso, Simon Schempp. Ad Anterselva Schempp vince sprint ed inseguimento, mentre Fourcade è ancora affaticato e chiude venticinquesimo nella gara con due poligoni. E' poi autore di una grandissima rimonta nell'inseguimento. Senza sbagliare al poligono e con il miglior tempo sugli sci scala venti posizioni ed arriva quinto limitando i danni. Dopo Anterselva Schempp è a soli ventitre punti dal transalpino. Si va a Nove Mesto e nella sprint la tendenza non cambia. Schempp è secondo, Fourcade è quarto con un errore di troppo nonostante un passo sugli sci migliore. Nell'inseguimento si decide buona parte della stagione, Fourcade non sbaglia un colpo, Schempp però esce dall'ultimo poligono in scia al Francese in un trio composto anche da Jakov Fak. Sull'ultimo strappo, quello dove s'è inscenato il famoso duello ai campionati del mondo di un paio di anni prima con Svendsen, Fak attacca, Fourcade che era a ruota dello Sloveno prova ad andargli dietro, ma non ne ha, mentre Schempp, in terza ruota, prova a superarlo. Martin oppone resistenza con le ultime stille di energia per fare il buco, infatti sa che qualora il Tedesco vincesse andrebbe ad indossare il pettorale giallo. Dopo dieci secondi di strenua lotta Fourcade cede, ma Fak è già scappato e per Schempp è impossibile vincere la gara. Nonostante i soli sei punti di differenza in classifica, la stagione del Tedesco finisce quel giorno a Nove Mesto. Ad Holmenkollen è in programma una 20 km, Fourcade parte col numero 1, non sbaglia neanche un colpo e domina la gara. Schempp, con tre errori, è ventisettesimo. Due giorni dopo è in programa una sprint, dove Fourcade sembra avere la vittoria in pugno sino a che Peiffer, partito con il numero 70, non riesce nel percorso netto al poligono e a battere di soli 3 secondi il fuoriclasse di Ceret. Alla vigilia dei campionati mondiali di Kontiolahti ha settantotto punti di vantaggio su Schempp.
A quei mondiali parte subito bene con un argento nella staffetta mista, ma tre errori in piedi lo condannano a un dodicesimo posto nella sprint a 50 secondi dal vincitore, Johannes Boe. Nell'inseguimento recupera posizioni ma è settimo. Nella 20 km commette un errore nella seconda serie, ma è dominante sugli sci e riesce ad imporsi per 20 secondi su Svendsen senza errori. E' il sesto titolo mondiale individuale. Il mondiale si conclude con il bronzo nella staffetta tradizionale e un decimo posto nella mass start. La stagione si chiude con una vittoria nella sprint di Khanty Mansiysk, grazie alla quale vince matematicamente la quarta sfera di cristallo consecutiva, primo uomo nella storia ad eseguire tale impresa.
 
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#12
Parte 2 dell'agiografia di Martin Fourcade

Il 10 Settembre 2015 la compagna Helene regala a Martin la primogenita, Manon. Con questa motivazione extra si prepara alla stagione 2015-16, stagione che diverrà storica per il Francese e per il biathlon in generale. L'esordio stagionale, tuttavia, avviene a Ruka, dove prende parte alle prime due tappe del Nordic Opening di sci di fondo valido per la coppa del mondo. Conclude al ventiduesimo posto la 15 km in skating del secondo giorno a 43 secondi dal vincitore e dominatore del circuito Martin Johnsrud Sundby. Pochi giorni dopo è al via della tradizionale 20 km di apertura. Il passo sugli sci è il migliore, ma è autore di cinque errori in totale che gli consentono tuttavia di chiudere al ventunesimo posto. Questi errori permettono a Ole Einar Bjorndalen di vincere la gara e di indossare il pettorale giallo a quasi 42 anni d'età. Bjorndalen e Fourcade, due miti di questo sport, uno un vecchio leone che non molla mai e che ha saputo concretizzare il grande talento a disposizione facendo incetta di vittorie dopo i 28 anni, l'altro un talento eccezionale che sta portando il biathlon a livelli di perfezione mai visti prima e che ha da poco compiuto 27 anni. Bjorndalen è ancora sul podio nella ventosa sprint di qualche giorno dopo, ma la vittoria se la porta a casa l'altro, Martin Fourcade, che nella tormenta riesce a limitare a un errore per serie l'inevitabile fallosità al tiro e rifila 51 secondi al secondo, Arnd Peiffer. L'inseguimento del giorno dopo è pura accademia e dopo aver bucato parialmente la 20 km, torna pettorale giallo. Nella maledetta sprint di Hochfilzen, che non vincerà mai in carriera, è secondo dietro a Simon Schempp, ma nel successivo inseguimento ritorna a dettar legge, ma Schempp è secondo. Il Tedesco ha bucato la sprint di Ostersund non riuscendo nemmeno a qualificarsi per l'inseguimento, ma è stato secondo nella 20 km. Scarti alla mano è in scia a Martin. Si va a Pokljuka e tra sprint e inseguimento Schempp si prende altri 120 punti, mentre Le Roi è quinto nella sprint e perde l'inseguimento all'ultimo poligono sbagliando un tiro mentre Schempp trova il 20 su 20. Nonostante le due gare bucate ad Ostersund, Simon Schempp sembra poter essere un contendente per la generale. Nella mass start che chiude l'anno solare 2015, Schempp è quarto, Fourcade è settimo. Scarti alla mano, dopo Pokljuka, Schempp è davanti a Martin di 3 punti. Dopo le vacanze natalizie si dovrebbe andare ad Oberhof, ma la località Turingia non ha neve, pertanto passa la mano e Ruhpolding prende la palla al balzo per organizzare due tappe consecutive. Schempp, residente proprio nella località Bavarese, ha una grande opportunità, ma pochi minuti prima della partenza della sprint si sparge la voce che è malato. Non partecipa alla gara e le sue ambizioni di vittoria nella coppa del mondo finiscono proprio nella tappa che avrebbero potuto lanciarlo. Martin è quarto nella sprint ed è secondo nell'inseguimento. La settimana dopo vince la 20 km ed è secondo nella mass start vinta da Erik Lesser. La quinta classifica generale di fila è già in ghiaccio, pertanto l'obiettivo è fare incetta di medaglie d'oro al mondiale di Oslo Holmenkollen. Si parte con la staffetta mista le Fillon Maillet cede il testimone a Martin Fourcade. Con lui, a giocarsi l'oro, ci sono la Germania con Schempp e la Norvegia con Tarjei Boe. Il poligono a terra elimina i padroni di casa, pertanto Fourcade e Schempp si trovano ancora una volta a duellare. Nella salita che porta allo stadio Martin attacca, Schempp perde metri e la Francia vince la medaglia d'oro. Nella sprint non c'è storia. Domina sugli sci e non sbaglia al poligono. Il secondo, l'eterno Bjorndalen, è staccato di 27 secondi. L'inseguimento è solo una formalità e, nonostante due errori nell'ultima serie giusto per mettere un po' di pepe, vince il secondo oro in due giorni con un podio di portata storica incredibile: primo Fourcade, secondo Bjorndalen, terzo Svendsen e Johannes Boe in quarta posizione. Il giovedì seguente è in programma la 20 km e gli avversari cambiano. Non sono più i Norvegesi, ma gli Austriaci Landertinger e Simon Eder. Sono in grande forma e hanno dei missili ai piedi, in più Fourcade nel secondo poligono commette un errore. Dato che Landertinger ed Eder non sbagliano, sembra doversi accontentare del bronzo, ma con due giri finali col turbo Martin li mette nel sacco entrambi e vince per 5 secondi il terzo oro mondiale consecutivo nella 20 km e il terzo titolo mondiale individuale a quei mondiali, come a Ruhpolding nel 2012. La staffetta vede la Francia nona, ma ormai l'attenzione del Francese è rivolta alla mass start che chiuderà quei mondiali per diventare il primo uomo nella storia a vincere quattro ori individuali a un singolo campionato del mondo. Sbaglia nel primo poligono, ma come spesso accade è un errore meno pesante, infatti si riaggancia agevolmente al gruppo di testa. Ad ogni poligono il gruppo di testa si seleziona e Martin ha un lieve margine all'ingresso del poligono decisivo. Assieme a lui ci sono, tra gli altri, Bjorndalen, Windisch, Eder, Shipulin e Johannes Boe. Fourcade è autore di un poligono di stordente bellezza ed efficacia. E' zero e si invola verso il quarto oro in quattro gare individuali al mondiale, perlomeno sembra. Bjorndalen e Johannes Boe concludono anch'essi il poligono senza sbagliare e inseguono a sei secondi il Francese. Il mondo del biathlon però non ha dubbi, troppo superiore Fourcade sugli sci perchè lo riprendano. Poco dopo l'uscita dallo stadio Johannes salta Bjorndalen e va a caccia di Fourcade, riesce incredibilmente a raggiungerlo poco prima della metà del giro. I 30.000 di Holmenkollen sono in visibilio, addirittura Svendsen, che era molto indietro nella gara, si ferma a bordo pista e aprofittando di un incrocio del percorso urla anch'egli il suo supporto al più giovane dei fratelli Boe. Si arriva alla salita prima dello stadio e Johannes è ancora davanti a fare ritmo, mentre Martin è attaccato. Johannes si volta e lo lascia passare quando sono entrati nello stadio. Sull'ultimo dentello prima del traguardo i due sono affiancati, ma Johannes ne ha di più. Lo riattacca e questa volta lo stacca, è oro davanti a 30.000 Norvegesi e soprattutto è un ideale passaggio di testimone. Una gara simbolo di un periodo florido di talento per il biathlon maschile, per molti la più bella della storia.
L'ultima tappa di coppa del mondo a Khanty Mansiysk è una semplice passerella e Martin non incide, conscio che la quinta sfera di cristallo consecutiva è sua.

Dopo cinque coppe del mondo consecutive, nove titoli mondiali, un grande slam sfiorato ai mondiali di Oslo, due titoli olimpici, cosa si può volere di più dal Francese. Semplice, la perfezione, quella che raggiunge tra Dicembre 2016 e Gennaio 2017. L'inizio della stagione 2016/17 è una valanga che si abbatte sul mondo del biathlon. Delle otto gare di Dicembre, Martin ne vince sette e ne butta al vento una, l'inseguimento ad Ostersund, con due errori all'ultimo poligono quando era comodamente in testa. Più che vittorie sono domini, sia come passo sugli sci che come attitudine mentale. Una vittoria simbolo è quella dell'inseguimento di Pokljuka, quando, presentatosi all'ultimo poligono insieme a Shipulin, lo uccide sportivamente iniziando la serie di tiro prima del Russo, mandandolo in crisi e costringendolo ad un errore, mentre il nativo di Ceret, onnipotente, se ne va via senza errori battendo un suo grande rivale nell'aspetto in cui storicamente ha più patito, la velocità d'esecuzione. Nelle tappe tedesche di Gennaio vince tre gare su cinque e in pratica mette già in bacheca la sesta sfera di cristallo consecutiva, eguagliando per numero di coppe del mondo vinte Ole Einar Bjorndalen. I mondialii 2017 si svolgono ad Hochfilzen e nelle interviste della vigilia Fourcade scaglia un attacco contro il sistema antidoping Russo, criticando la presenza ai campionati del mondo di Alexander Loginov, atleta appena tornato da una squalifica di due anni. Alle parole seguono i fatti in pista, nella staffetta mista, quando nell'ultimo giro Fourcade e Shipulin lottano per l'argento. Con ogni mezzo possibile Fourcade non vuole che l'avversario passi e per poco non succede il "patatrac", ma miracolosamente sia Martin che Shipulin rimangono in piedi e portano alla loro nazione l'argento e il bronzo. L'atteggiamento al limite del regolamento provoca le ire dei giornalisti Russi, alcuni dei quali lo additeranno addirittura come "maiale". Nella sprint compie un errore per serie, ma grazie al grande passo sugli sci chiude al terzo posto dietro a Doll e Johannes Boe, questi due divisi da solo 7 decimi. Nell'inseguimento è perfetto nei primi tre poligoni e scava un solco incolmabile per la concorrenza, nonostante un errore nell'ultimo poligono. Titolo mondiale individuale numero 10 portato a casa, a un solo alloro dal record di tutti i tempi di Bjorndalen, che a 43 anni chiude l'inseguimento al terzo posto, portandosi a casa l'ultima medaglia individuale della sua irripetibile epopea. La fallosità al tiro accompagna Fourcade anche nella 20 km, gara dove commette ancora una volta un paio di errori che gli bastano per il bronzo, ma che gli precludono la vittoria che sorriderà all esperto Statunitense Lowell Bailey, vincitore per soli 3 secondi su Ondrej Moravec. 'Le Roi' ed Anton Shipulin si ritrovano a duellare ancora una volta nell'ultima frazione della staffetta tradizionale. Martin riceve il cambio a 12 secondi e mezzo dal duo formato da Austria e Russia. Dopo il primo poligono Shipulin semina Landertinger, ma è inseguito dall'inseguitore per eccellenza. Dimostrando grande carattere il Russo tiene ancora un buon margine di vantaggio e, nonostante una ricarica, è ancora in testa dopo l'ultimo poligono riportando l'oro mondiale in staffetta alla Russia dopo 10 anni dall'ultimo titolo mondiale e tre anni dopo il trionfo olimpico di Sochi. Per Fourcade e la Francia è argento e i galletti dovranno ancora aspettare per vedere la loro staffetta maschile gioire ad un campionato del mondo. La rassegna iridata di Fourcade si chiude con una mass start sottotono in cui viene condannato da due errori nell'ultimo poligono quando era in lotta per vincere. L'oro va a Schempp, primo alloro individuale in carriera, davanti a Johannes Boe e al padrone di casa Simon Eder. La situazione paradossale in cui Fourcade esce con "un solo titolo mondiale" dalla rassegna iridata dell'annata migliore della sua carriera non scoraggia di certo Martin, sempre in caccia di nuovi record. Aggiunge tre vittorie tra Pyeongchang, Kontiolahti e Oslo, una per località. L'ultima gara della stagione, la mass start ad Oslo è un sunto della superiorità del transalpino. Sdraiatosi per affrontare il primo poligono, si accorge di non avere colpi nel caricatore, cosa dilettantesca. Se lo fa quindi lanciare dagli allenatori, mentre gli avversari completano il poligono. Dopo di esso ha 20 secondi di ritardo, ma in soli 3 chilometri è già a ruota dei migliori, dei quali si sbarazza con altrettanta facilità. Vince la gara e strappa la coppetta di specialità a Simon Schempp, completando ancora una volta il grande slam delle coppette di specialità.

Il 23 Marzo, pochi giorni dopo la rimonta di Oslo, nasce la secondogenita Ines e il 26 Settembre il consiglio d'amministrazione del comitato olimpico Francese lo elegge, per acclamazione e unainimità, portabandiera della Francia ai Giochi Olimpici di Pyeongchang. La stagione 2017/18 sarà ricordata per il grande duello protratto per tutta l'annata agonistica, tra Martin e Johannes Boe. La prima gara, la 20 km di Ostersund, è appannaggio dell'immacolato al poligono Norvegese, mentre Martin deve accontentarsi del terzo posto. Nella sprint è il fratellone di Johannes, Tarjei, a battere Martin per soli sette decimi, tornando alla vittoria in coppa del mondo dopo quattro anni e mezzo. Johannes è undicesimo, mentre nell'inseguimento vinto dal rivale chiude quattordicesimo. Le successive quattro gare vedono, tuttavia, il dominio del più giovane Norvegese. Ad Hochfilzen non ha rivali e, nell'ultimo poligono dell'inseguimento, da una spallata morale al campionissimo transalpino, costringendolo a tre errori al poligono con lo stesso modus operandi utilizzato da Fourcade per destabilizzare Shipulin nell'inseguimento di Pokljuka l'anno precedente. La strada per la settima sfera di cristallo consecutiva è irta di difficoltà, mai nessun rivale ha portato tanto al limite il fuoriclasse di Ceret, quanto Johannes Boe in quei mesi. Dopo la doppietto sprint e inseguimento di Hochfilzen, Johannes ne realizza un'altra a Le Grand Bornand, in casa di Fourcade. Nei tre giorni di gara, le tribune e la pista sono pieni di persone, Fourcade è leggenda nel suo paese, ma ha un cruccio, nelle quattro gare disputatesi in coppa del mondo a Le Grand Bornand, ha sempre vinto il suo rivale. Domenica 17 Dicembre 2017, anche questa maledizione è destinata a cadere. Il primo poligono della mass start è fatale per Johannes, due errori, ma non dandosi per vinto comincia un inseguimento fuorioso, mentre davanti Martin spinge con altrettanta veemenza. Nessuno dei due sbaglierà più un colpo e la vittoria sorriderà finalmente al sei volte detentore della sfera di cristallo, che può concedersi il piacere di raccogliere il tricolore Francese e di sventolarlo davanti a ventimila connazionali in festa. Le successive tre gare sono appannaggio di Martin, con Johannes che coglie un secondo e due terzi posti, ma, continuando l'alternanza delle serie vittoriose, Johannes risponde con tre vittorie consecutive tra Ruhpolding ed Anterselva, con Martin che comunque limita i danni chiudendo sempre secondo. L'ultima gara prima delle Olimpiadi, mass start di Anterselva, la vince il Francese, con Boe che chiude sesto.
Come detto, Fourcade è portabandiera per la Francia e si presenta al via della sprint come co-favorito assieme al rivale di tutta la stagione. Sarà una gara difficilissima per entrambi, dato che sbagliano tre volte nel poligono a terra. Johannes, frustrato, smette di impegnarsi e terminerà trentunesimo con 1'12" di ritardo, mentre Fourcade mette ancora in mostra la sua grandissima forza mentale chiudendo ottavo a soli 22 secondi di ritardo dal vincitore, Arnd Peiffer. La reazione mentale avuta nella sprint è stata la base per il dominio dell'inseguimento dell'indomani. Aprofittando dei tanti errori nel poligono ventoso di Pyeongchang, Martin fa suo il primo oro dei Giochi Olimpici 2018, nonchè terzo individuale in carriera. Nella 20 km è lui il favorito, ruolo che ricopre alla grande non sbagliando in nessuno dei primi 18 colpi. Incredibilmente però sbaglia gli ultimi due e regala il titolo olimpico a Johannes Boe, che era già rassegnato alla medaglia d'argento. Fourcade chiude quinto a 42 secondi, ma avesse coperto almeno uno dei due bersagli finali avrebbe vinto l'oro. Un imprevisto che avrebbe abbattuto qualsiasi atleta, ma non Martin Fourcade. Si presenta ai nastri di partenza della mass start con la solita determinazione. Nonostante un errore nel primo poligono e una scivolata, è in lotta per l'oro con Simon Schempp, il grande rivale delle annate 2015 e 2016. Sulla carta Schempp è più forte in volata, ma Martin rimane in testa per tutto l'ultimo giro. In vista del traguardo i due cominciano la volata, Schempp affianca Fourcade e sulla linea del traguardo entrambi si esibiscono in una spaccata. L'attesa del fotofinish è agonico, Fourcade ha già perso un titolo olimpico nella mass start per un'inezia quattro anni prima, ma questa volta il responso è positivo per lui. Oro, il quarto in carrierea alle olimpiadi, per Martin Fourcade. Non è finita lì, due giorni dopo Martin si gioca l'oro nella staffetta mista nell'ultima frazione. Insegue Arnd Peiffer a una trentina di secondi, distacco dimezzato dopo il primo, immacolato poligono. Il Tedesco poi fa il resto nel poligono decisivo, buttando via una possibile medaglia d'argento con un giro di penalità, mentre lo zero di Martin suggella la vittoria della Francia.
Dopo le trionfali olimpiadi, macchiate solo in parte dall'ultimo poligono della 20 km, si va a Kontiolahti. Arrivato in Finlandia il fuoriclasse di Ceret sente un malessere influenzale ed è costretto a saltare la sprint, involontario assist a Johannes Boe, che, qualora vincesse la gara, tornerebbe pettorale giallo al netto dello scarto incassato dal rivale. Il nativo di Stryn è in linea col trovare il risultato massimo, ma nel poligono in piedi commette due errori ed è costretto al quarto posto. Tre giorni dopo è in programma una mass start e Martin si presenta al via ovviamente non in perfette condizioni fisiche, ma come Michalel Jordan nella famosa 'Flu game' nelle NBA Finals di 21 anni prima, il sei volte vincitore della coppa del mondo è "un puma sulle montagne rocciose", controlla ogni movimento del suo corpo e non si fa scoraggiare nemmeno da due errori nella prima serie. Johannes cede alla pressione mentale del rivale, commette 5 errori nelle tre serie finali di gara, mentre il Francese è perfetto. Piano piano si riporta nel gruppo di testa e solo la precaria condizione fisica e un Eberhard all'apice della carriera, gli precludono la vittoria. Martin è secondo, Johannes è diciannovesimo, è un game, set and match morale, quello matematico arriva tra Holmenkollen e Tjumen dove raccoglie un terzo posto e tre vittorie consecutive. La settima coppa del mondo consecutiva è realtà, forse la più bella di tutte, vinta contro un avversario forte quanto lui, addirittura superiore in qualche sprazzo, messo KO dalla perfezione tecnica e mentale del Re, anzi, 'Le Roi'.

La settima coppa del mondo, tuttavia, porterà degli strascichi nella stagione successiva. L'opening della coppa del mondo è a Pokljuka dato che Ostersund ospiterà i mondiali a inizio Marzo. Nella tradizionale 20 km inaugurale Martin vince, ma è costretto a uno sforzo immane nell'ultimo giro per avere la meglio del Tedesco Kuehn. Il tempo sugli sci in quella gara è il tredicesimo e solo la proverbiale precisione al poligono e gli errori degli altri lo tengono a galla. Ma già dalla sprint successiva si capisce che qualcosa si è rotto: nonostante un solo errore chiude con un anonimo ventiquattresimo posto a 1'12" da Johannes Boe. Nell'inseguimento successivo addirittura si ritira. Ad Hochfilzen sembra riprendersi con un secondo e un primo posto, ma buca la sprint di Nove Mesto e il passo sugli sci non è quello solito. A Gennaio mette assieme una striscia di cinque quarti posti, un quinto e un settimo senza mai salire sul podio, sparando con ottime percentuali, mentre il rivale Norvegese è già in fuga nella classifica generale. Visto che la coppa del mondo è andata, decide di preparare il mondiale di Ostersund disertando le tappe in Nordamerica, una scelta controcorrente con la sua intera carriera. In Svezia comunque non è competitivo per le medaglie, è sesto nella sprint e quinto nell'inseguimento. Nella sua 20 km è addirittura trentanovesimo con quattro errori e nella ventosa mass start, vinta con un ultimo poligono leggendario da Dominik Windisch, non è mai un fattore e chiude ventiquattresimo e per la prima volta dal 2009 non ne raccoglie medaglie. Chiude la stagione con un mesto dodicesimo posto in un'annata agonistica in cui i compagni di squadra Fillon Maillet, Desthieux e Guigonnat esplodono e i giovani Jacquelin e Fabien Claude cominciano a dare segni di vitalità. Sarà anche l'ultima stagione agonistica del fratello Simon.

L'estate 2019 è dedicata completamente a un rigoroso allenamento per ritrovare le sensazioni del passato, ma a 31 anni, dopo 8 anni al top, è difficile ritrovarle. Come tutti i grandi fuoriclasse è stimolato dai compagni di squadra, un'autentica corazzata. Le sensazioni di inizio stagione sono buone. Conclude quinto la sprint inaugurale ad Ostersund con due errori, mentre torna alla vittoria il Mercoledì successivo nella 20 km. Il passo sugli sci è buono, certo non quello del biennio 2016-18, ma comunque competitivo per vincere le gare, ma nelle prime gare della stagione 2019/20 il grande problema è un altro e paradossale: un problema mentale. Johannes Boe è troppo forte, ad ogni gara ha un errore e mezzo di vantaggio sul resto della concorrenza e la velocità d'esecuzione al poligono è il top assoluto. Martin, che al poligono s'è preso sempre i suoi tempi, forza tantissimo nel rilascio colpi nei poligoni in piedi e ciò si tramuta in errori. Ad Hochfilzen è due volte decimo, nella gara di casa di Le Grand Bornand è impotente testimone di una prova di forza leggendario del rivale Norvegese. Nella mass start il fuoriclasse di Stryn scandisce dal primo metro un ritrmo che sgretola il gruppo. Sembra la trasposizione biathlonistica della Cuneo-Pinerolo del 1949, è perfetto al poligono, un solo errore nella terza serie, e distanzia il secondo classificato, Jacquelin, di 41 secondi. Martin è quinto ad 1'05". In ogni caso Johannes Boe ha già deciso che salterà le tappe di Oberhof e Ruhpolding per dare il benvenuto al suo primogenito, pertanto in quelle quattro gare il tavolo è apparecchiato per soluzioni diverse rispetto alla scontata vittoria del Norvegese. E pronto ad infilarsi nello spiraglio lasciato aperto chi vuoi che ci sia ? Sempre lui, Martin Fourcade, che con un 58/60 al poligono e libero dalla pressione, vince tutte quattro le gare e si porta in testa alla classifica generale. Il ritorno del neopapà Norvegese è fissato per la 20 km di Pokljuka del 23 Gennaio. Il guanto di sfida è lanciato e la gara è come un incontro tra i due pugili più forti del mondo. E' Johannes a partire per primo, mentre Fourcade parte 12 numeri dopo. Ad ogni poligono Johannes non sbaglia e Martin risponde da par suo senza sbagliare. Uno attacca con un montante, l'altro risponde con un jab, alla fine è il Norvegese a spuntarla per 11 secondi.
Con questo antipasto, il mondo del biathlon si sposta ad Anterselva per i mondiali. La sprint vede il successo del discusso Alexander Loginov davanti a Fillon Maillet e a Martin Fourcade, che così torna a podio ai campionati del mondo. Johannes Boe naufraga dopo una partenza troppo veloce. Nell'inseguimento, dopo l'ultimo poligono, il duello per l'oro è tra Johannes Boe ed Emilien Jacquelin, mentre Martin è quarto. Clamorosamente Johannes si fa anticipare dal giovane Francese e perte in volata. Il 19 Febbraio è in programma la 20 km, Fourcade ha il 30 e Johannes il 54. Le Roi è perfetto nei primi 19 colpi, ma sbaglia l'ultimo. Arrabbiato completa un ultimo giro di rabbia, è in testa, ma contrariato, perchè poco dopo il rivale può togliergli la vittoria qualora passasse indenne il poligono, ma il Norge sbaglia e per Martin la festa può cominciare. Diventa l'unico atleta nella storia a vincere almeno 15 gare in ogni format di gara, ma soprattutto è l'unico, assieme a Bjorndalen, ad aver vinto 11 titoli mondiali individuali. Ma non è finita, il 22 Febbraio arriva anche il tanto agognato oro nella staffetta maschile, unica vittoria che mancava nel palmares di questo fuoriclasse. Johannes si rifarà dominando la mass start, mentre Fourcade sarà settimo. Il bellissimo mondiale di Anterselva viene però oscurato dall'inizio della pandemia di Coronavirus che mette a rischio il continuo delle manifestazioni sportive in tutto il mondo. Tra il 6 e l'8 Marzo è in programma la tappa di coppa del mondo di Nove Mesto, località dove c'è sempre il tutto esaurito. Il governo Ceco impone le porte chiuse e in un atmosfera fantasma Johannes vince sia sprint che mass start, portandosi davanti al Francese scarti alla mano in classifica generale. Fourcade è furioso perchè i materiali dei Francesi nella partenza in linea non erano all'altezza.
Il circo del biathlon dovrebbe spostarsi prima a Kontiolahti e poi ad Oslo per la chiusura della stagione, ma il governo Norvegese annulla la tappa della capitale, mentre quello Finlandese impone le porte chiuse. L'IBU decide che nella località della Carelia si disputeranno solamente sprint e inseguimento. Nella sprint Johannes vince, ma Fourcade compie una rimonta importante che lo colloca al secondo posto. Il distacco tra i due è di 19 punti a vantaggio del Norvegese. Qualora Fourcade vincesse l'inseguimento, a Johannes basta un quarto posto per vincere la coppa del mondo. La sera prima della gara, un tweet scuote il mondo del biathlon.
"Thanks for the journey, time to say goodbye" - "grazie del viaggio, è ora di dire addio", mittente: Martin Fourcade. L'inseguimento di Kontiolahti sarà l'ultima gara della fantastica carriera del fuoriclasse Francese, è il 14 Marzo 2020, esattamente 10 anni dopo la prima vittoria in coppa del mondo nella stessa località e nello stesso format. La gara si svolge in una situazione surreale, senza pubblico e con la consapevolezza che questa sarà l'ultima pagina di un epopea sportiva unica. Un'errore a terra fa risucchiare Johannes Boe nel gruppo dei Francesi, poi si alza il vento e Johannes sbaglia tre volte. Anche Martin sbaglia, ma limita gli errori ad uno ed è in testa, mentre il rivale esce dal giro di penalità in quinta posizione. Si decide tutto nell'ultimo poligono: Martin è falloso, sbaglia due volte, ma è ancora in testa e Johannes ha tutta la pressione del mondo. Deve trovare assolutamente lo zero in condizioni di vento proibitive, altrimenti la favola di Fourcade sarà completa. 'Giovannino' sfodera un poligono da antologia e completa il cinque su cinque. E' comodamente quarto in scia a Fillon Maillet e Jacquelin, mentre davanti, solo, Martin si appresta a conludere gli ultimi metri della carriera. Taglia il traguardo ringraziando i tecnici lungo il percorso, si gira e vede che dietro ai suoi connazionali c'è Johannes Boe. Per soli due punti la coppa del mondo rimane al Norvegese. I due si congratulano l'un l'altro e successivamente Martin viene portato in trionfo dalla squadra Francese come se avesse vinto la coppa del mondo.

In un'era di altissimo livello, Martin Fourcade ha saputo elevarsi grazie alla perfezione del suo biathlon. Chiude la carriera flirtando con l'88% al poligono, ma negli anni migliori della carriera questa percentuale sfiora il 90%, il tutto essendo continuamente uno dei migliori tre fondisti del circuito. L'apice prestazionale della carriera lo raggiunge tra il mondiale di Oslo Holmenkllen 2016 e l'ultima gara della stagione 2017/18, due anni in cui è stato praticamente imbattibile anche a livello mentale.

Il suo palmares:
- 83 vittorie di primo livello;
- 150 podi;
- 4 titoli olimpici individuali;
- 11 titoli mondiali individuali;
- 7 coppe del mondo;
- 26 coppette di specialità (8 sprint, 8 inseguimento, 5 20 km, 5 mass start);
- 1 titolo olimpico a squadre;
- 2 titoli mondiali a squadre;
- 7 medaglie olimpiche totali;
- 28 medaglie mondiali totali;

MERCI, LE ROI
 
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#13
Tanta tanta tanta roba
 
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#14
In effetti ce n'è tanta, forse troppa, ma non ho mai avuto il dono della sintesi Sese
 
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#15
Potresti cercare qualcuno che te lo pubblichi.

Anche diviso in più parti.
 
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#16
Come ho scritto nel topic aperto da samu i Chicago Bears sono una delle mie grandi passioni sportive e ci sono tanti personaggi che meriterebbero approfondimento. Non ho la presunzione di fare dei ritratti di chissà quale livello ma mi sono detto "Boh, proviamoci", tutt'al più avrò perso del tempo divertendomi.

Dick Butkus

[Immagine: 1160.jpg?w=450]

Every time he hit you, he try to put you in the cemetery, not the hospital

Le parole che ho scritto sopra sono di Deacon Jones, "the Secretary of Defense", eccezionale defensive end dei Rams negli anni 60. E queste parole si riferiscono a Dick Butkus, uno dei linebacker più intimidatori della storia della NFL.

Richard Marvin Butkus nasce a Chicago il 9 dicembre 1942 e proprio alla città dell'Illinois è legata saldamente la sua storia. Ottavo figlio di immigrati lituani, già alla nascita il "piccolo" pesa all'incirca 6 kg e fin da bambino mostra una spiccata passione per il football americano. Frequenta poi la Chicago Vocational High School dove cresce sotto l'ala protettiva del coach Bernie O' Brien, per il quale Butkus spenderà sempre parole di elogio. All'high school il giovane Dick gioca su entrambi i lati del campo, da un lato come fullback e dall'altro come linebacker ed è proprio in questo ruolo che Butkus riesce a esprimersi al meglio delle sue possibilità. Al suo primo anno nella squadra i punti subiti sono la miseria di 55 in otto partite e lui è il responsabile della maggior parte dei tackle. Nonostante offerte anche da altri atenei Butkus rimane in zona Chicago e frequenta la University of Illinois dove gioca sia centro che, ovviamente, linebacker per i Fighting Illini. I suoi tre anni all'università sono ricchi di successi, viene nominato MVP della Big Ten nel 1963, porta Illinois a vincere il Rose Bowl contro Washington più vari altri riconoscimenti; alla fine del triennio il suo score parla di 374 tackles totali.

Nel 1965 viene scelto sia al secondo giro del draft dell'American Football League dai Denver Broncos che al primo giro del draft National Football League dai Chicago Bears (l'unione tra le due leghe sarebbe avvenuta solo alcuni anni dopo). Butkus decide di rimanere a casa e, nel ruolo di middle linebacker si trova a dover sostituire l'ormai anziano Bill George, futuro hall of famer. Ma il passaggio di consegne è tutto fuorché traumatico per il ragazzo perché Butkus domina e guida la difesa dei Bears come tackles, fumbles e intercetti. Viene convocato al primo di otto Pro Bowl, viene inserito nel first team All-Pro. Non vince il titolo di rookie dell'anno per il semplice motivo che all'epoca non esistevano i due premi separati per attacco e difesa.

Il suo impatto sul ruolo di middle linebacker è devastante fin dal primo giorno anche perché le sue dimensioni (191 cm e 111 kg) sono superiori a quelle dei pari ruolo di quegli anni. La sua maggiore abilità e quella di strappare la palla al portatore ed a fine carriera il suo score sarà di 27 fumble recuperati, record all'epoca del ritiro. E le statistiche non ufficiali lo mettono ai primissimi posti anche per fumble forzati (la statistica sarebbe stata conteggiata ufficialmente solo anni dopo il suo ritiro) così come per tackle, che sono oltre 1000. Non da meno è la sua abilità di ball hawk, considerati i suoi 22 intercetti. I suoi modi di fare intimidatori e il suo stile di gioco così duro hanno ben pochi eguali nella storia della NFL. Memorabile la storia di Altie Taylor, runningback dei Lions che dopo la sua prima sfida contro i Bears nel 1969 dichiara che Butkus è sopravvalutato; nella successiva partita Butkus lo colpisce così forte mandandolo fuori dal campo e costringendolo a saltare sugli spalti per evitare la collisione. Ogni atteggiamento degli avversari, ogni piccola dichiarazione è per Butkus benzina per alimentare il suo continuo desiderio di sfida.

Gli anni di successi personali di Butkus non si traducono però in successi di squadra (a fine carriera il suo personale record di vittorie e sconfitte è un misero 48-74) e nel 1970 il suo modo di giocare sempre al massimo comincia a presentare il conto e il ginocchio destro cede. Inizia una lunga sequela di operazioni che non gli impedisce di scendere in campo ma che lo costringe a dover convivere con dolori lancinanti. Nel 1972 viene convocato per il suo ottavo e ultimo Pro Bowl e l'anno successivo dice basta. Dopo il ritiro inizia purtroppo un lungo contenzioso con i Bears, rei di non aver gestito come si deve il suo infortunio, e solo con il ritiro della sua maglia numero 51 nel 1994 la frattura tra i Bears e Butkus sarà definitivamente riparata.
 
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#17
Ci ho preso gusto. :D

Bronko Nagurski

[Immagine: 5d8d2eacac146-image.jpg]

Bronislau Nagurski nasce il 3 novembre 1908 a Rainy River, una piccola cittadina dell'Ontario, in Canada. I suoi genitori erano immigrati dall'attuale Ucraina e, quando Bronislau (che poi tutti, per difficoltà nel pronunciarne il nome, conosceranno come Bronko) ha 5 anni, si trasferiscono nel Minnesota. Il ragazzo cresce aiutando il padre con le consegne dalla sua drogheria e occupandosi della fattoria. Di football americano forse non se ne sarebbe mai parlato se non fosse stato per Clarence Spears, il coach della University of Minnesota che, passando nella zona, nota questo ragazzo che trasporta con grande facilità un aratro. Stupito dalla forza del ragazzo lo porta a giocare nei suoi Golden Gophers.

Nei suoi anni di college Nagurski gioca sia come defensive tackle che come fullback e, al suo primo anno, totalizza 737 rushing yards, leader della nazione. Viene nominato All-American in entrambe le posizioni, il che lo rende l'unico atleta a guadagnare il riconoscimento in due ruoli diversi nello stesso anno. I Minnesota Golden Gophers conquistano il titolo della Big Ten proprio in quell'anno e nel suo triennio collegiale il record di Minnesota è 18-4-2. In quella che è considerata la sua miglior partita a livello collegiale, nel 1928 contro Wisconsin, dopo aver recuperato un fumble porta la palla per sei volte consecutive fino al touchdown e, successivamente, intercetta un passaggio chiudendo definitivamente la gara.

Nel 1930 inizia la sua carriera professionistica nei Chicago Bears di George Halas (che aveva temporaneamente lasciato il ruolo di head coach a Ralph Jones, mantenendo solo quello di proprietario). Alto 1 metro e 88 per 107 kg, Nagurski sarebbe stato un grande atleta in qualunque era ma negli anni '30 il suo impatto è semplicemente dominante. Con il suo fisico e il suo innato talento è utilizzato sia per portare la palla che per bloccare e, all'occorrenza, anche per passare. Grazie alle sue mani enormi il suo stiff arm è quasi un'arma impropria e, prima di essere colpito da un difensore avversario, è Nagurski stesso a cercare il contatto in modo da arginare i blocchi avversari. La leggenda vuole che in una partita contro i Washington Redskins eluda il blocco di due linebacker, spedendoli con il corpo in due direzioni opposte per poi passare indenne contro un defensive back e la safety e infine "rimbalzare" colpendo il palo della porta in endzone. In una partita contro i Packers, prima di un punt dei Bears un suo avversario andò da Red Grange (compagno di Nagurski) promettendogli che non avrebbe provato a bloccare il calcio se in cambio gli avesse lasciato campo libero per cercare di "colpire il polacco". Grange accettò il patto ma quanto Hubbard colpisce Nagurski rimbalzò a terra come una palla da tennis. Lo stesso Grange, con cui Nagurski aveva a che fare in allenamento e che era uno dei migliori giocatori dell'epoca, dichiarò che cercare di colpire Nagurski era come subire l'elettroshock. Non giocò mai per le statistiche e solo una volta corse più di 100 yards in una partita.

Nel 1932 i Chicago Bears e i Portsmouth Spartans (gli attuali Detroit Lions) hanno il miglior record della lega ex aequo. Per determinare la squadra vincitrice viene così organizzato il primo match di playoff della storia della NFL (giocato tra l'altro indoor e con l'introduzione di alcune regole particolari). I Bears vinsero 9-0 segnando tutti i punti nel quarto quarto, sbloccando il risultato con un TD controverso: Nagurski ricevette l'handoff da Carl Brambaugh e lanciò uno dei suoi classici jump passes per il TD di Red Grange. Per le regole dell'epoca il passaggio in avanti era permesso solo dopo aver percorso, all'indietro, cinque yards e i giocatori avversari si lamentarono che Nagurski non avesse effettuato questo drop back. I Bears vinsero quindi il titolo 1932 e il successo di questa partita fu tale che, dalla stagione successiva, fu abolita la regola del drop back di cinque yards e venne introdotto ufficialmente il Championship Game (che decenni dopo sarebbe diventato il Super Bowl).

Per non farsi mancare nulla, nel 1933 Nagurski cominciò anche a praticare wrestling. Nel frattempo nel ruolo di head coach era tornato "Papa Bear" George Halas e la stagione fu di nuovo trionfale. Il championship contro i New York Giants si concluse con un combattuto 23-21, con Nagurski che lanciò due touchdown e corse per 65 yards, leader della sua squadra. Nel 1934 i Bears andarono vicini ad una stagione perfetta, con 13 vittorie e zero sconfitte e 286 punti segnati contro soli 86 subiti fino al championship, un rematch contro i Giants. Stavolta però la squadra newyorchese si impose facilmente 30-13. Nagurski si consolò con la terza nomina consecutiva nel first team All-Pro.

Nagurski cominciò ad avere problemi di infortuni nel 1935, quando dovette saltare quasi tutta la stagione. Nel 1936 ricevette la sua quarta e ultima nomina All-Pro e nel 1937 i Bears tornarono a disputare il championship. Stavolta la sconfitta arrivò contro i Washington Redskins di un rookie che avrebbe fatto parlare molto di sè, Sammy Baugh. Al termine di quella stagione Nagurski decise di dire basta, anche a causa di un contenzioso sul salario che si portava dietro fin dall'anno da rookie. Nonostante fosse indiscutibilmente una delle stelle della lega il suo stipendio non fu mai tra i più elevati. Nel 1936 Nagurski si era sposato e decise quindi di dedicarsi maggiormente al wrestling per questioni economiche.

Nel 1943 però, in piena seconda guerra mondiale, molti giocatori (e anche lo stesso Halas) dovettero abbandonare il football per andare a servire nell'esercito. Johnsos e Anderson, gli assistenti di Halas, si ritrovarono ad affrontare problemi di organico e decisero di provare a richiamare Nagurski dal ritiro. Il leggendario fullback aveva 35 anni e non metteva piede su un campo da football da sei anni ed era ben lontano dalla sua forma migliore. Per ridurre al minimo il dispendio di energie gli venne proposto di giocare esclusivamente da tackle e Nagurski accettò. All'ultima partita della stagione, contro i Chicago Cardinals, era necessaria una vittoria per il titolo divisionale ma i Bears si ritrovarono in svantaggio. A quel punto Johnsos chiese a Nagurski di tornare al suo vecchio ruolo e, corsa dopo corsa come ai bei tempi, Nagurski segnò un TD e i Bears vinsero la partita. Per Sid Luckman, che da poco aveva cominciato a "scrivere" le sue pagine di leggenda all'interno dei Chicago Bears, fu un'emozione unica consegnare il pallone a una leggenda come Bronko Nagurski. I Bears vinsero il titolo divisionale e, dulcis in fundo, batterono i Washington Redskins 41-21 al Championship, per il terzo titolo personale di Bronko Nagurski (autore di un TD). Si ritirò dopo quella partita, stavolta definitivamente.

Continuò a praticare wrestling saltuariamente ma tolto quello non cercò mai le luci della ribaltà, preferendo una vita tranquilla a International Falls, dove aprì una stazione di servizio. Nel 1963 venne istituita la Pro Football Hall of Fame a Canton, Ohio e tra i primi introdotti era ovviamente presente il suo nome, insieme al suo grande compagno Red Grange e naturalmente a George Halas. Il suo cuore cessò di battere il 7 gennaio 1990, all'età di 82 anni. Red Grange, che ho nominato più volte in questo racconto, lo ha sempre definito "il miglior giocatore di tutti i tempi".
 
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