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Doping, la posizione un po’ troppo comoda dei Team Manager
#1
Doping, la posizione un po’ troppo comoda dei Team Manager
Nel ciclismo funziona così. Funziona male, ma funziona così. Un corridore fino ad un secondo prima di essere pizzicato positivo è un idolo, dal momento dopo diventa appestato da emarginare. Abbandonato da tutti, soprattutto dalla squadra che fino ad un minuto prima usufruiva del diritto alle prestazioni sportive.

Nello sport, tranne che nel ciclismo, vige il concetto di responsabilità oggettiva che in sintesi dice che la società è responsabile per ciò che fanno i propri tesserati.

Se, ad esempio, pensiamo alla vicenda del calcio scommesse la Cremonese che con una propria denuncia penale ha fatto scattare l’inchiesta, è stata vittima delle malefatte del proprio ex portiere, ma è stata comunque penalizzata.

Nel ciclismo questa responsabilità oggettiva non viene mai considerata e così i tutti i Team Manager anziché, come sarebbe logico, schierarsi al fianco del proprio tesserato fino all’ultimo grado di giudizio, appena arriva la notizia di una prima positività abbandonano il corridore.

Addirittura oggi abbiamo avuto notizia dell’intenzione della Androni e dei corridori della squadra torinese di fare causa ad Appollonio e Taborre.

Senza voler entrare nel merito della vicenda legale che potrebbe anche non portare a nulla di concreto, ci chiediamo se quella dei Team Manager non sia una posizione un po’ troppo comoda. Se non vai forte non ti rinnovo il contratto, se vai forte sono felice, ma se per andare forte ti dopi il problema è solo tuo.

Il sistema purtroppo impone ai Team Manager di fare questa parte perché i media si accaniscono, gli sponsor fuggono e soprattutto i grandi organizzatori depennano. Ecco dunque che all’indomani di una positività si assiste alla solita scenetta del tutti contro uno. I media sono contenti perché danno addosso all’elemento più debole e gli sponsor sono felici perché l’immagine della squadra è salva e tutto potrà continuare fino alla prossima positività quando il Team Manager di turno cadrà dal pero e tutto ricomincerà da capo.

Matteo Romano - ciclismo-online.it
 
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#2
No non è comoda, perché se salta fuori un dopato lo sponsor può decidere di ritirarsi ed il team manager finisce in mezzo alla strada.
 
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#3
in tutta onestà se un corridore riesce a prendere un farmaco sperimentale,che tra l'altro si può prendere oralmente..come fa un team manager a prevedere o prevenire!!
 
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#4
La squadra ci rimette se un corridore viene trovato positivo? Ora sì, ma prima no e questo ha avvelenato il ciclismo secondo me. Savio è nel ciclismo da anni e nelle sue squadre sono passati decine di dopati (non mi contestate il "decine"). Oggi Taborre e Appollonio potrebbero causare la chiusura della squadra ma prima oggettivamente il team manager aveva buonissimi motivi per guardare da un'altra parte (o guardare da quella parte e aiutare il corridore a doparsi). Comunque è chiaro che non possono farci molto, però quando un corridore si dopa è un fallimento di tutti i tecnici e gli "educatori" che ha avuto in carriera, vuol dire che non aveva i mezzi tecnici e fisici per competere secondo le regole e non aveva i mezzi "psicologici" per rifiutare di doparsi
 
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#5
Negli anni passati questi mezzi allora non ce l'aveva nessuno in gruppo?
 
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#6
Il problema doping si è trascinato troppo in là con gli anni proprio perchè si è sempre data la colpa al singolo corridore e non a chi gli stava attorno. Ci sono casi e casi, ma è molto difficile che medici, team manager e direttori sportivi non abbiano colpe.
 
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#7
Vabè quando il 90% dei corridori imbroglia è diverso, il mio è un ragionamento con tante semplificazioni. Però in generale, come si può dare una parte del merito dei successi di un corridore al suo direttore sportivo, così possiamo dargli una parte della colpa di un fallimento
 
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