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Gilberto Simoni
#1
 
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#2
Ieri sera all'A&J Sport as Image organizzato dai fratelli Carrera è stato riservato un omaggio a Gilberto Simoni
[Immagine: bettiniphoto_0061950_1_full_600.jpg]

Photo: © Bettini - http://www.cyclingnews.com
 
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#3
«La Bici al chiodo» per Gibo Simoni
Il 23 gennaio 2011 si svolgerà a Campagnola Emilia, in provincia di Reggi Emilia, la 10 edizione della "Bici al chiodo". Il premio sarà assegnato a Gilberto Simoni, mentre a Fabiana Luperini sarà assegnato un premio alla carriera. Il "premio grandi ex" verrà consegnato a Giovanni Corrieri e Luciano Maggini. Il nostro direttore Pier Augusto Stagi riceverà il Premio Stampa, mentre ad Alessandra De Stefano, inviata di RaiSport, sarà assegnato il premio Adriano De Zan. Alla giovane ciclista Anna Trevisi il 60° premio Disciplina istituito dal Cav. Giannetto Cimurri, mentre il "Premio Giovane emergente" viene attribuito a Lorenzo Fortunato, Rino Gasparrini, Stefano Ippolito, Andrea Marchi ed Eugert Zhupa. Ad Alfredo Martini il Premio d'onore per i suoi 90 anni.

tuttobiciweb.it
 
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#4
Simoni: la bici? Sì, è al chiodo...
In occasione della consegna della Bici al chiodo, Laura Guerra ha realizzato questa intervista a Gibo Simoni. Ascoltiamola insieme.

ASCOLTA L'INTERVISTA

tuttobiciweb.it
 
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#5
Gibo Simoni potrebbe tornare alle corse! :O

No, non è uno scherzo. Ben Spies, pilota texano di MotoGP, è un grande appassionato di ciclismo che ha da poco creato una sua squadra, la Elbowz Racing, team elite americano. Abbigliamento George Hincapie, bici Specialized, il budget viene, grazie ad alcuni sponsor, interamente dalle casse di Spies. L'obiettivo è quello di crescere anno dopo anno, raccogliendo soldi per delle operazioni benefiche. Il sogno è quello di sbarcare, un giorno, tra i professionisti.

E cosa c'entra Simoni in tutto ciò?! Simoni e Spies si sono conosciuti durante il Giro 2010, e sono diventati subito buoni amici. E Spies avrebbe pensato d'invitarlo a partecipare ad alcuni criterium con la sua squadra.

"E' una possibilità simpatica. Magari anche in mountain bike. Stiamo pensando a come organizzarci. La mia carriera agonistica è chiusa, ma posso affrontare un'esperienza leggera che coinvolge il mio mondo e la mia passione per le moto".

Beh, sarebbe sempre meglio di nulla..! :D
 
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#6
Simoni: bici al chiodo senza rimpianti
«Non si può descrivere, la passione si può solo vi­ve­rla». Poche parole ma significative per colui che nella storia del ciclismo verrà ricordato come il “Siòr Zoncolan”, il re del­la montagna più dura d’Europa che è stata domata per ben due volte dal cuo­re di un piccolo grande uomo. Gilberto Simoni ha veramente detto addio al ci­clismo e a quella che per 25 anni è stata la sua vita, un terreno difficile che ha saputo scalare con gambe, testa ma soprattutto cuore, un cuore grande di un trentino apparentemente schivo e di poche parole… ma significative.
La maglia rosa, la firma finale su due Giri d’Italia unitamente alle altre cinque volte sul podio, uno dei pochi ad aver vinto tappe al Giro, al Tour e alla Vuelta, l’unico al quale il parroco del piccolo paesino di Palù di Giovo, nel cuore del Trentino, dedicò il campanile della chiesa incartandolo di rosa, l’unico che davanti a casa può sfoggiare una riproduzione gigante della coppa del Giro d’Italia. Ed ora, all’alba dei 40 anni, un altro riconoscimento, la prestigiosa “Bici al chiodo” assegnatagli a Reggio Emilia dall’Asso­ciazione Na­zio­nale Ex Corridori Cicli­sti, il 23 gennaio scorso.
«Non guardo mai indietro ma posso dire che il bilancio della mia carriera è davvero buono - ha spiegato Simoni -: quando ho iniziato ad andare in bici sognavo di vincere un Giro d’Italia… ne ho vinti due. Ho raggiunto il doppio del risultato che mi ero prefissato. La mia carriera si sarebbe arricchita di più con la vittoria di un Tour de France o di un Mondiale ma il mio sogno l’ho realizzato».

Una favola iniziata alla tv.
«Fu una folgorazione. Vedere Fran­ce­sco Moser vincere il Giro del 1984 mi colpì talmente tanto che decisi di di­ventare un ciclista per vincere anch’io la corsa rosa. Avevo 13 anni e dopo aver cominciato ad andare in bici per emulare il mio idolo, ho trovato e percorso la mia strada. Lo guardavo vincere la Sanremo, stabilire il record dell’ora e mi esaltavo vedendo ciò che faceva “Franz” ma poi ho tirato fuori il mio carattere ed è nata la mia sto­ria. Non ho mai seguito Francesco come modello di campione lui mi è “servito” solo per iniziarela mia avventura».

Un lampo che le ha illuminato la strada da percorrere.
«Mio padre era un contadino e i miei fratelli facevano i muratori. Come tutti i bambini sognavo di diventare un calciatore famoso o un cantante ma con la palla non ero dotato e col microfono forse mi sarei trovato a cantare in cantina o al bar come qualche volta succede ancora durante le nostre feste. Ave­vo visto anche il mondiale di calcio del 1982 ma quel Giro d’Italia di due anni dopo mi cambiò radicalmente la vita».

Ed eccola sui pedali a inseguire il suo sogno.
«I ragazzi del team Montecorona si al­lenavano sulle mie strade, così un giorno uscii con loro su una bici rimediata da mio padre. Ci teneva tanto a me e so­prattutto aveva capito quanto io fos­si innamorato della bicicletta. Quin­di pen­sò bene di fare un baratto. Ave­va­mo una casa grande con tente stanze molto ampie, così barattò con Moser: una camera che poteva diventare una sala da ballo in cambio di una bici per il sottoscritto. Iniziai ad uscire anche con i corridorini della Montecorona e il mio primo allenamento fu proprio sulle strade che il Giro aveva percorso nell’84 da Selva di Val Gardena ad Arabba, con il giro dei passi che comprendeva anche il Pordoi».

Poi, tutto in salita verso il professionismo.
«Non era un peso allenarmi perché facevo ciò che più mi piaceva. Am­metto che inizialmente era un divertimento e non guardavo il risultato ma poi sono stati di direttori sportivi che mi hanno instradata e formato vedendo che avevo davvero delle qualità mi han­no invitato ad affrontare le corse con maggiore competitività. Dopo qualche anno di divertimento, dunque, sono arrivati i successi e poi il naturale sbocco nel mondo del professionismo: correva l’anno 1994, la maglia era quella della Jolly Componibili».

Il sogno di questo ragazzo di 23 anni era a un passo dall’essere esaudito ma il destino le presentò il conto…
«I primi anni non furono facili. Avevo grandi aspettative ma trovai un ambiente un po’ diverso da quello che mi aspettavo. Raccolsi i primi risultati nel 1996, quando si iniziò a porre limite al doping. Furono gli anni in cui persi mio fratello maggiore per un cancro, appena tre anni do­po aver detto addio anche a mio padre. Furono anni difficili».

Ferite che diventano cicatrici, anche se na­sco­ste sotto la scorza dura di un guerriero.
«Si dice che mi mancarono i successi perché ero andato in depressione. Non è vero, non ho mai sofferto di depressione. Certo, perdere il papà e poi il fratello non è come dirlo. Il dolore, il senso di vuoto, lo smarrimento c’è sta­to eccome, ma il mio difficile ingresso nel mondo del professionismo era do­vuto soprattutto all’ambiente: non mi tro­vavo completamente a mio agio, tan­to è vero che mi sentivo anche in colpa e arrivai a chiedere al mio team ma­nager (Roberto Ama­dio, ndr) di non essere più pagato: non ero soddisfatto di me stesso, mi sentivo a disagio. Io sono fatto così: orgoglioso co­me pochi. Poi però ho trovato la mia strada, le mie motivazioni, ho trovato fiducia e sono incominciati ad arrivare i risultati. La mia vera fortuna è stata l’avvio lotta al doping, con l’in­tro­duzione del limite dell’ematocrito: da quel mo­mento in poi le cose sono realmente cambiate».

Tanto che nel 2001 Simoni realizza il sogno di una vita.
«Nel ’97, alla Mg-Technogym guidato da Ferretti, ero settimo in classifica generale e po­tevo arrivare al successo finale ma una caduta nella tappa di Varazze, a metà Giro, mi ha messo fuori dai giochi con una scapola rotta. Ma nonostante questa caduta cominciai a capire che potevo vincere un Giro anch’io. Ferretti prima e Miozzo (Alessio, ndr) poi, sono state due figure fondamentali per la mia maturazione. Così, dopo gli errori del Giro del 2000, finito comunque al terzo posto, l’anno dopo sono ripartito sicuro. “Lo vin­co”, mi dicevo. Non ci sono parole per descrivere la gioia e la sensazione di ritrovarmi in maglia rosa sul quel podio finale. Era il realizzarsi del mio sogno. E pi nel 2003 mi sono concesso il bis: vincere un Giro può essere casuale, ma due no».

Dopo due confetti dolci dolci, una caramella amara che nel 2002 lo costringe ad abbandonare la corsa rosa...
«È stato un momento terribile della mia vita che non definisco del tutto buio perché ne sono uscito positivamente. Ho letteralmente buttato una bancata di credibilità e di soldi ma ho lottato perché ero convinto di poter dimostrare al mondo intero la mia innocenza».

Scagionato dalla prova del capello che effettivamente ha dimostrato che Simoni non aveva mai assunto cocaina e dall’analisi sulle caramelle incriminate: Gibo è pronto a ripartire a caccia di un altro Giro.
«Sarebbe stato bello il tris, ma non l’ho cercato disperatamente… I disperati sono quelli che vincono e poi stanno fermi due anni per squalifica».

Si riferisce a Ivan Basso?
«Lo dice lei...».

Lo dico io e la storia: come dimenticarsi delle parole forti tra il sanguigno trentino e due dei suoi antagonisti: nel 2004 con Cunego - che da gregario si era preso le stellette di capitano - e nel 2006 con Basso accusato di aver chiesto soldi in cambio della tappa all’Aprica.
«Di Basso non ne voglio parlare, per me non esiste. Di Cunego posso solo dire che ci salutiamo… ha vinto ma deve ancora dimostrare le sue doti. Come ho detto prima, serve riconfermarsi».

Di Basso non ne parla, di Cunego ne parla poco, e di Marco Pantani?
«In Italia e meglio non parlare del Papa e di Pantani...»

Cosa pensa del ciclismo attuale?
«Lo vedo molto male. Gli sponsor che rimangono o che investono sono solo da ringraziare ma quello che serve è una maggiore dignità da dare ai corridori. Non voglio fare discorsi di politica sportiva ma c’è molto da lavorare per mi­gliorare il nostro ambiente. Perché non esiste un calendario stabile? Perché le squadre devono pregare gli organizzatori per poter correre? C’è un pericoloso sistema di clientelismo che fa solo male all’ambiente e i corridori perdono rispetto per se stessi e per lo sport».

Il passaporto biologico: una soluzione?
«È l’inizio della fine. Una bella cosa, concreta, per gli atleti futuri… è facile però scaricare le colpe solo sui corridori e per le istituzioni prendersi solo i meriti».

Ma ora la bici è veramente appesa al chiodo?
«Nel 2006 con la mtb ho provato qualcosa di nuovo ritrovando l’entusiasmo per arrivare fino al 2010: ma ora è finita. Mi sto impegnando nel progetto del Team Trentino ma ora il ciclismo non è più in cima ai miei pensieri. Dopo 25 anni non devo più correre o allenarmi, sono libero di vivere alla giornata questa mia nuova realtà, senza un programma preciso. Sto con la mia famiglia, passo più tempo con mia moglie Arianna e i nostri bambini Sofia (8 anni), Enrico (5 anni) e Clarissa (3 anni): magari tra un po’ deciderò che altro fare nella mia vita».

Tutti però la ricorderanno in cima allo Zon­co­lan, la sua montagna conquistata su entrambi i versanti nel 2003 e nel 2007, la “porta dell’inferno”, il “mostro della Carnia”, che è stato mes­so a cuccia dal piccolo scalatore trentino tanto da essere ora ribattezzata “montagna Si­moni”.
«Ho trionfato sulle salite più dure d’Europa e lo Zoncolan è il monumento più bello. Ci ho provato anche l’anno scorso ma conoscevo bene il sacrificio che richiede quell’ascesa e ho deciso di gustarmela. Pedalare tranquillo e godermi a pieni polmoni lo spettacolo di quella mia ultima ascesa».

Re dello Zoncolan anche Basso…
«Chi?... Non ricordo».

Ben in mente, invece, ha l’ultimo applauso, il più lungo, quello che Gibo ha ricevuto entrando nell’Arena di Verona…
«Quando sono entrato all’Arena mi sono reso conto che era proprio finita. Non si tornava indietro. Ho sentito il calore dei tifosi e i loro applausi li ho tutti nel cuore. Un’emozione che considero come una ulteriore vittoria della mia carriera».

da tuttoBICI di Febbraio, a firma di Laura Guerra
 
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#7
Citazione:Si riferisce a Ivan Basso?
«Lo dice lei...».

Lo dico io e la storia: come dimenticarsi delle parole forti tra il sanguigno trentino e due dei suoi antagonisti: nel 2004 con Cunego - che da gregario si era preso le stellette di capitano - e nel 2006 con Basso accusato di aver chiesto soldi in cambio della tappa all’Aprica.
«Di Basso non ne voglio parlare, per me non esiste. Di Cunego posso solo dire che ci salutiamo… ha vinto ma deve ancora dimostrare le sue doti. Come ho detto prima, serve riconfermarsi».

Re dello Zoncolan anche Basso…
«Chi?... Non ricordo».

AveAveAveAveAve
 
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#8
ma sbaglio o sta ancora rosicando per il Giro 2004? Come direbbero a Roma: "a na certa accanna. Hai perso, stacce". Asd

Oltre a ciò, un grande campione. Sisi
 
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#9
Grande Gibo,uno dei primi per cui ho tifato quando ho conosciuto il Ciclismo.Ho ancora nella mente il "bastardo" detto a Cunego e il diverbio con Basso nel 2006.Uno degli scalatori più forti degli ultimi anni.
AveAveAveAveAve
 
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#10
Non si poteva non tifare per il "Gibo" Ave
Grinta e cuore.
 
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#11
In ricognizione sui muri della Granfondo "Muri Fermani - Le Nostre Fiandre"
http://www.ciclonews.it/ora.php?id=509
 
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#12
FIBROSI CISTICA. Gibo Simoni e l'asta su http://www.all1sport.com

In occasione del GIBO SIMONI PORDOI DAY, che si svolgerà il 3 luglio, Gilberto Simoni si fa promotore di un’asta di beneficenza per raccogliere fondi a favore della ricerca contro la fibrosi cistica.
Un’opportunità da non perdere per i tifosi del Gibo che, oltre a contribuire al sostegno dei progetti dell’Associazione Trentina Fibrosi Cistica onlus, che collabora con la Fondazione per la ricerca sulla Fibrosi Cistica presieduta da Matteo Marzotto, avranno la possibilità di aggiudicarsi all’asta numerosi cimeli della vincente carriera del campione trentino.
Articoli originali e dal valore inestimabile. Si potranno fare offerte per esempio per avere una delle biciclette con cui ha corso il Giro d’Italia del 2005, la maglia rosa autografata oppure articoli curiosi come la mascotte del Giro ricevuta in premio in occasione della vittoria di tappa a Pampeago, oltre a maglie dei vari team con cui ha corso e tanti altri oggetti da collezione.
Per scoprire quali, visitate il sito http://www.all1sport.com: l’asta sarà attiva a partire da giovedì 23 giugno fino a domenica 10 luglio. Per partecipare basterà seguire le semplici istruzioni che verranno visualizzate cliccando sul banner direttamente dalla homepage.
(TUTTOBICIWEB.it)
 
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#13
Ah beh, allora c'è tempo per far l'offerta; magari mi tolgo uno sfizio per il compleanno... :D
 
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#14
Tanti auguri Gibo, buon 40esimo compleanno...
 
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#15
Augurissimi!!! :D
 
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#16
Auguri Gibo Simoni
 
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#17
Gilberto Simoni anticipa l’arrivo del Giro a Modena
L’ex corridore trentino ha incontrato i tifosi al Teatro Tempio «Pantani era un numero 1. Riccò? Un vincente che ha commesso tanti errori»

Tra una ventina di giorni arriverà il Giro d’Italia a Modena e il “TeTe” (Teatro Tempio) della nostra città per una sera ha ospitato un incontro gli amanti delle due ruote ed uno dei personaggi che hanno scritto la storia recente del ciclismo: Gilberto Simoni.

Simoni, nato a Palù di Giovo nel 1971, ha ottenuto 32 vittorie in carriera, tra cui due Giri d'Italia (2001 e 2003), gara incui è arrivato una volta secondo (2005), quattro volte terzo (1999-2000-2004- 2006).

Un vero e proprio specialisto della corsa “rosa” in cui ha vinto sette tappe, tra cui due volte il terribile Zoncolan vestendo la maglia rosa complessivamente per 24 giorni.

Gilberto Simoni nel corso della sua lunga carriera ha vinto anche tante altre gare prestigiose tra il 1994 e il 2010, tra cui spiccano tappe nel Giro d' Italia, Tour de France, Giro Svizzera, Vuelta Espagna, Giro Romandia, Parigi-Nizza e Giro del Trentino.
«La mia - ha esordito Simoni davanti ad un folto pubblico di appassionati - è stata una carriera molto difficile. Al debutto e per alcune stagioni, non riuscivo ad ingranare rimediando scarsi risultati. Poi, con la volontà, il sacrificio, l'entusiasmo che non mi ha abbandonato e soprattutto il sapermi gestire in corsa, sono riuscito a trovare la retta via».

Perché Simoni ha scelto proprio il ciclismo.
«A casa mia si parlava solamente dei Moser, in modo particolare di Francesco che ai tempi in cui io ero ragazzino stava dominando la scena mondiale».

Simoni fa poi l’analisi di tanti anni di carriera.
«Nei diciassette anni di professionismo ho compiuto tanti errori. Però posso vantarmi di aver cercato sempre di non ripeterli. Potevo vincere tanto di più. Ogni sconfitta subita il più delle volte è arrivata per colpa mia, mi è servita e mi ha aiutato ad evitarne un'altra. Migliorarsi per rendere al meglio in gara al confronto con gli avversari».

Tantissimi i campioni con cui Simoni ha duellato: ecco la sua istantanea per i tifosi.
«L'avversario che mi ha fatto "male" è stato Marco Pantani. Il romagnolo quando attaccava, portava degli affondo difficili da parare. Lui è stato un grande del ciclismo. Mentre in corsa era irriducibile, non mollava mai, fuori, giù dalla bici si trasformava. Ma quando saliva in bici e si scatenava per gli avversari rimanevano molte volte solamente le briciole. Marco Pantani ha fatto del bene al ciclismo. Il "Pirata" ha dato tanto allo sport, peccato che non sia stato così anche all'inverso. Pantani è stato un grande un personaggio al pari di Tomba nello sci e di Rossi nel motociclismo. Non si vincono Giro e Tour per caso

Non manca un giudizio sul doping.
«Il ciclismo è libertà, il ciclismo è festa e il doping è un controllo che serve per cercare chi pratica lo sport cercando scorciatoie».

Un rimpianto su tutti.
«Il Mondiale di Lisbona 2001, era alla mia portata, poi invece qualcuno ci ha messo lo zampino e la corsa è andata così, è stato un peccato perché quello era un mondiale che avrei potuto anche vincere».

Inevitabilmente si arriva a parlare di Riccardo Riccò, protagonista nel bene e nel male degli ultimi anni del ciclismo modenese, nazionale ed internazionale. Simoni non si sottrae alla domanda e risponde così: «Mi si chiede spesso di Riccò. Riccardo, con il quale ho diviso la camera per due stagioni, ha avuto la sfortuna di nascere vincente. Sin da ragazzino per lui il ciclismo era un gioco che gli riusciva meglio di tanti altri e, forse proprio per la troppa sicurezza, ad un certo punto ha infilato una serie di errori che lo hanno portato alla dura sentenza dei giorni nostri».

di Bruno Ronchetti
http://gazzettadimodena.gelocal.it
 
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#18
Ahi ahi, il Gibo senza il casco... :nonsifa:
 
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#19
Where?
 
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#20
Ha fatto la ricognizione della tappa di Pampeago...Ma non aveva il casco... Asd
E quando gli han chiesto di parlare di Basso, ha tergiversato, finendo a parlare di Rodriguez... :Asd:
 
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