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I nostri album musicali preferiti (1960-oggi)
#21
Io no
 
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#22
(10-10-2020, 05:58 PM)melo21 Ha scritto: Chiedo a voi che vi siete espressi in questo thread, visto che avete accennato al prog rock, avete mai ascoltato l'album Parsifal dei Pooh?

Ascoltato ora, ne avevo solo sentito parlare ma mai sentito.

La prima parte dell'album ha maggiori influenze pop (non che sia per forza un difetto, semplicemente io sono legato ad altre sonorità), molto meglio la seconda e la suite finale è sicuramente l'apice dell'album. Non condivido l'incredibile successo avuto dal gruppo ma come musicisti non posso parlarne male.
 
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#23
Ho guardato il nuovo video musicale di Aqualung, fatto per celebrare i 50 anni dall'uscita.
Beh per me è abbastanza deludente, le immagini non mi trasmettono quasi nulla. 

Il paragone tra l'emarginato clochard e i dimenticati morti delle traversate del mare è abbastanza forzato.

Si è voluta attualizzare una canzone con mezzo secolo sulle spalle, non badando al fatto che la bella musica è eterna, non ha tempo storico, ma resta sempre attuale nei valori artistici che è in grado di trasmettere. 



 
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#24
Io ho poca cultura musicale e ascolta poche canzoni, quindi 10 album non riesco proprio a elencarli. Però mi intrometto e vi dico che adoro de Andrè,  "Non al denaro, non all'amore né al cielo" perché i testi hanno una musicalità incredibile (la prima strofa di Un medico mi emoziona ogni volta) e "La buona novella" è semplicemente eccezionale. E visto che sono poco main stream mi piace anche Bob Dylan :D , "The Freewhiling" è l'album che preferisco. Tra i cantanti meno famosi ascolto Robert Johnson, che secondo la leggenda vendette l'anima al diavolo per imparare a suonare la chitarra, se non lo avete ma sentito consiglio di ascoltarlo perchè ha delle sonorità davvero particolari
 
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#25
Ottimo, un altro che apprezza De Andrè Applausi
 
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#26
Beh Spalloni, ascolterai anche poca musica, ma quella che ascolti è di livello particolarmente alto, quindi puoi scrivere su questo topic senza alcun timore reverenziale  Eheh

Anzi, io stesso me ne intendo poco alla fine. Ho i miei "shock uditivi" che adoro e che pubblicizzo, ma non sono certo un Piero Scaruffi.
 
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#27
Se preferisci chiamami pure Jacopo. 
Dato che mi avete dato il via libera aggiungo anche i 2 album del cantautore country Zach Bryan, DeAnn e Elizabeth. Questo è un ragazzo con una storia particolare, perché non fa il cantante a tempo pieno, ma serve nell'esercito degli stati uniti e tutte le canzoni sono registrate in modo molto artigianale, cosa che gli da quel tocco di verità in più che si sposa molto bene con i suoi testi melanconici.
https://www.youtube.com/watch?v=3SY91b2pZYM
https://www.youtube.com/watch?v=GAOjeEcbZeE
La seconda non l'ha scritta lui, è una cover di Jason Isbell, ma il video rende molto bene il concetto che prima ho provato, malamente, a esprimere
 
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#28
Ovviamente non conoscevo e ringrazio per il consiglio  Occhiolino
Il country lo apprezzo molto (anche se magari preso a piccole dosi); apprezzo di meno la scelta di servire l'esercito yankee, ma non lo voglio giudicare su questo aspetto.
 
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#29
Non ero a conoscenza di questa polemica Pink Floyd - U2.
Ovviamente la fazione per cui parteggio io è chiara Asd

https://www.virginradio.it/news/rock-new...aters.html
 
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#30
Non ne ero a conoscenza neanche io ma la fazione è la stessa tua.
 
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#31
Conoscete l'esperimento musicale di The Caretaker aka Leyland Kirby, pseudonimo di James Kirby (n.1974) ? 

Dal 2016 al 2019 ha pubblicato 6 album dal titolo "Everywhere at the end of time" che vogliono descrivere musicalmente la progressione della demenza senile.

La durata complessiva è di 6 ore. Chi ha ascoltato l'opera intera assicura di essere arrivato alla fine con gli occhi gonfi di lacrime, realmente trasportato dalle note e dai "rumori". Essendo musica sperimentale è frequente trovare segmenti cacofonici o con "rumore bianco". 

Al momento ho ascoltato solo il primo album.
Non grido al miracolo sinceramente: è spintamente nostalgico, sembra evocare la musica malinconica (e un po' "generica") trasmessa dalle radio di quasi un secolo fa, che ogni tanto siamo abituati a riascoltare in qualche film ambientato in quegli anni. 

In ogni caso cercherò di completare. E vi farò avere la mia opinione definitiva. 



 
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#32
Visto quanto detto nel topic sulla Sanremo, mi aspetto un post di Morris in questo topic, se vuole Cool
 
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#33
Sto riascoltando "Pet Sounds" dopo l'affronto del bracket su Twitter (per chi segue House of Brackets), che album pazzesco
 
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#34
I Pink Floyd li ho conosciuti così......
Una storia che ho inserito nel libro "Segnali di fumo", del gennaio 2004....

Eclipse

.......Nella vita ci sono momenti, a volte brevissimi, quasi dei flash che non ti possono sfuggire e che mai dimenticherai, fino a portarli perennemente con te. Ero al mare dai miei zii, avevo quindici anni, portati normalmente sul fisico, mentre la mente in caleidoscopica formazione, mi dava spesso la sensazione di essere troppo legata alle emozioni e a quelle passioni, che permeavano in me, con un’intensità tale, da recare stupore in chi mi osservava. Nel tardo pomeriggio di quel giorno, mia zia Lidia, portò me e mamma, lungo un viale che costeggiava un canale abbastanza puzzolente e ideale dimora di fastidiose zanzare. In lontananza, giungeva un suono armonico, così strano, da coinvolgere e far dimenticare quegli odiosi insetti massacratori della nostra pelle. Non ce ne rendevamo conto, ma quella musica, pian piano, ci stava portando verso di lei, sotto le non certo moderne mura di una vecchia cascina agricola, solo parzialmente riattata. 

Camminavamo e guardavamo noi stessi senza parlare, ma in me, faceva capolino la voglia di scoprire se anche quelle due donne, avviate all’età della pensione e con la lirica negli epigoni dell’interesse, fossero così legate a quella armonia musicale, o alla semplice curiosità che, spesso, accompagna una passeggiata. Non tardai a conoscere la realtà di quel trasporto emotivo, grazie alle improvvise parole di zia: “Ma guarda che strano posto è questo, senti che musica Giulia, ti trasporta, mi sento leggera e ringiovanita. Piace anche a te Maurizio?” Come poteva non piacermi e glielo dissi con un cenno di capo, proprio mentre vidi sul tetto del porticato di quel vecchio stabile un’insegna rudimentale, su cui v’era scritto: “La vecchia Fattoria”. Era davvero quella cascina, la fonte di quella musica sublime! Sul retro, c’era un giardino decisamente più curato rispetto a quei muri scalcinati che evidenziavano pietre fatte a mano, ed unite tra loro da quello che in origine era fango. Un enorme panca posta vicino al pozzo, ci consentì di ascoltare seduti, quel condensato di suoni sì nuovi per le nostre orecchie. Non rimanemmo molto lì, perché mia cugina, in bicicletta, ci venne ad avvisare che la cena era pronta. Mi staccai da quel luogo col dispiacere di perdere qualcosa che era già dentro di me e, mentre ci allontanavamo, sentivo sempre più forte il richiamo di quel suono che confluì nell’arpeggiare d’una chitarra. Ora era una canzoncina apparentemente insignificante, perché cantata in inglese, ed io non ci capivo nulla, ma l’armonia ancora una volta mi illuminava i passi. Quella musica era davvero entrata in me, dovevo conoscerla e capire chi era stato a comporla e chi erano quei musicisti che m’apparvero, da subito, artisti originali ed impagabili nel trasmettere emozioni. 

Quando tornai a casa, scrissi subito a Frances, in italiano naturalmente, e le spiegai cosa avevo provato sotto l’incanto di quel suono. Le chiesi se conosceva un gruppo che poteva proporre una musicalità simile, perché sapevo quanto fosse più approfondita di me. Era stata lei a farmi conoscere Janis Joplin, Jimmi Hendrix, i Doors, ma erano tutti americani come il mio piccolo amore lontano un oceano, ed a me, sinceramente, quella musica più suonata che cantata, non mi pareva espressione degli Stati Uniti. Attesi quella settimana che la posta aerea impiegava fra il mio invio, la sua sempre rapida risposta, ed il viaggio da New York a me. Quando aprii la “solita” leggerissima busta azzurra che Frances m’aveva inviato, fremevo più del solito, tale era la mia speranza di sapere chi era, o chi erano quegli artisti, ma fui ben presto deluso, perché lei non era riuscita a farsene un’idea. Ma chi erano? Dovevo per forza ritornare alla “Vecchia Fattoria” per saperlo, ma non era facile per i tempi di allora e per le possibilità che la famiglia mi lasciava, nonostante la mia indole ribelle e la constatazione, già vecchia per i miei quindici anni, di essere il “coccolato”, perché nato da due genitori che potevano essermi nonni e con un fratello e una sorella tanto distanti da me, per età e..........per le generazioni che ci dividevano. 

Dovevo aspettare il momento in cui babbo, la “luce” che stavo scoprendo ogni giorno come intensissima, fosse libero da un lavoro che lo soffocava. Intanto, nella mia frazione tagliata in due dall’importante via Emilia, c’era poco da informarsi. I giovani che potevano aiutarmi, pur studiando lontano e, quindi, possibili di conoscenze impossibili a quel villaggio, in cui oltre al walzer e alle mazurke di Casadei proprio non s’andava, erano tutti in un campeggio organizzato dalla parrocchia. Senza volerlo, stavo scoprendo un tassello sociologico di quei tempi e l’incomunicabilità dovuta alla disinformazione e i preconcetti. Non mi potevano aiutare i compagni di scuola, perché eravamo in vacanza, ed a quei tempi non era facile per noi, poco più che adolescenti, arrivare allo scambio dei telefoni, anche perché, quell’aggeggio oggi presente fino alle narici, allora era ancora abbastanza raro, perlomeno nei miei luoghi. Poi babbo, come sempre, capì il mio intimo stato di ricerca, all’apparenza così leggero da confondersi con la normalità, ma lui era davvero una luce che riusciva con uno sguardo a percepire, anche quando, tutto sporco di morchia, si dipanava fra cacciaviti, martelli, o doveva lavorare il ferro uscito dalla fucina rosso infuocato, battendolo sull’incudine. 
“Giarganen sa jel cun va?” – mi disse col suo dialetto inconfondibile che spesso non capivo, accompagnato dal solito mio nomignolo dialettale. Quando gli dissi che ero stato  affascinato e coinvolto da una musica così armonica che alimentava il mio scrivere ed i miei sogni, i suoi occhi brillarono e non tardò ad assecondarmi con una delle sue frasi tanto brevi e rare, ma sempre più significative di quei comizi che già conoscevo e frequentavo con lui: “Giarganen i sogn je la benzina d’la vita! Sabat dop mezdé andasén a clà faturì!”
[Immagine: Pink-Floid1.jpg]
Quando arrivammo alla “Vecchia Fattoria”, quella musica aveva lasciato posto al vociare della spiaggia vicina, che si confondeva col rumore malinconico e ritmato delle onde del mare mentre incocciavano la riva. Uscì un ragazzo coi capelli lunghissimi, dall’apparente età di venticinque anni che mi guardò un po’ sorpreso, fino a sorridere quando gli spiegai il motivo della mia visita. I suoi occhi si intenerirono ulteriormente, quando vide la “Topolino B”, con la quale mio padre mi aveva portato lì e mi disse che ero il ragazzino più originale che avesse mai incontrato. A quel punto lo stupore venne a me, perché mi chiedevo come avessi potuto dare, in quei pochi attimi, una simile impressione. Il ragazzo aggiunse subito che la mia passione avrebbe trovato soddisfazione e mi disse di aspettare un poco, senza riferirmi chi fossero gli autori di quella musica. Non più di un minuto dopo tornò, porgendomi una cassettina: “Tieni questa, è la copia che abbiamo fatto noi di Atom hearth mother, l’ultimo album dei Pink Floyd. Non la fare vedere troppo in giro, ed ascoltala nel tuo mangianastri, perché immagino non avrai lo stereo che abbiamo qui, ma basta ed avanza per alimentare i tuoi sogni. Okay?” Ero così preso, che la mia faccia, evidentemente, parlava da sola e lui aggiunse: “Non mi devi nulla, è l’omaggio che diamo ad un giovane che saprà fare di questo musica, la sua colonna sonora!” 
Le sue parole furono profetiche: quel gruppo e quella musica divennero una parte evidente di me, ed una costante della mia vita.
In tutti i giorni, dei trentadue anni, circa, da quel tardo pomeriggio di scoperta, ho vissuto almeno un pezzetto di quel suono inconfondibile, come un penate entrato in me, o come le scarpe che mi devo mettere la mattina....... 
[Immagine: cutulephejsje2ygvjg26j.jpg]
Da questo ricordo, scritto a spontanea velocità, trascinato sulla tastiera, da quel condensato di emozioni che l’ascolto del sound pinkfloydiano mi dona con immutata intensità da quel giorno, voglio agganciarmi al non certo dolce presente, usando il medesimo contesto di quei musicisti.
Viviamo giornate di forte disagio, dove mettere in discussione i valori per i quali abbiamo lavorato, sembra sovente un’esigenza le cui motivazioni ci sfuggono. Non sempre abbiamo di fronte a noi un paesaggio che ci può ritemprare e farci capire, da una diversa angolatura, la bellezza della vita e di quei fiori che si sacrificano, ogni giorno su diverse forme, a volte anche senza uno sfondo colorato. C’è in noi, la spinta che vuole cancellare la tristezza e la preoccupazione di un mondo che ci appare pietra rotolante verso un orizzonte di timori, se non vere e proprie paure, dettate dalla scarsa percezione dei confini. Ed è proprio lì che ci leghiamo, con solare infatuazione, ad una musica dal suono senza pari alla nostra comprensione. Poi scopriamo il titolo e notiamo che in una parola raccoglie sinteticamente il momento che stiamo vivendo: Eclisse. 
Ho finito di sognare, in parte ad occhi aperti, ed in altra parte con l’ipnosi del meccanico ticchettio di una tastiera. Quel sound  spaziale che ancor mi lascia la pelle d'oca e mi intenerisce il cuore, è ancora una volta quello dei Pink Floyd, da "The dark side of the moon", disco di cui, nel marzo del 2003, è stato festeggiato il trentennale. 
Un capolavoro che, per l’occasione, è stato ripresentato e corretto nel suono, già sublime, curato a suo tempo da Alan Parsons e David Gilmour. Ne è uscito un CD, che ha davvero dell'incredibile per i nostalgici come me. 
Eclipse, rappresenta il pezzo finale, un brano inizialmente composto senza soverchie ambizioni musicali, puntualmente smentite dal genio naturale dei Pink e con le parole, o meglio la poesia di Roger Waters. Le tastiere di Richard Wright, la chitarra di Dave Gilmour e le sottili percussioni di Nick Mason, dipingono la riflessione di Waters, lasciando a noi l'esigenza di superare gli ostacoli e di vivere i nostri tormenti, senza perdere noi stessi, nel comunque breve volgere di un'eclisse. Certo, perché la vita, se si possiedono gli occhi del cuore, è sovente oscurata da “qualcosa” che si frappone fra noi, e quel nostro cammino che ha nel sole il supremo riferimento.
 
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#35
Applausi a scena aperta Applausi

I Pink Floyd hanno avuto un ruolo fondamentale nella mia "formazione" musicale. Durante l'adolescenza per me la musica era semplicemente una serie di tracce riprodotte in maniera casuale, prima tramite walkman con cassette formate da canzoni registrate alla radio, poi con un lettore cd ed infine con un lettore MP3 (e in entrambi i casi le canzoni, ottenute in maniera più o meno legale, erano inserite senza un senso logico).

I Pink Floyd, più di tutti, mi hanno fatto capire il valore che hanno gli LP e gli album, quello che dicevo riguardo a "The Dark Side of the Moon": i brani presi singolarmente sono dei gioielli ma il capolavoro è l'insieme di questi singoli brani.
 
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#36
Semplicemente grazie per averci narrato questa esperienza  

Atom Heart Mother è un album molto importante anche per me, ha colmato la solitudine dei miei primi 2 anni universitari, accompagnando la preparazione di molti esami e le frequenti indisposizioni fisiche del periodo.
E' una cura per l'anima, ripudiata negli anni dai Pink Floyd stessi (il loro unico sbaglio)

The Dark Side of The Moon è invece stato il mio primo contatto in assoluto con la musica straniera  Ave
 
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#37
Atom Heart Mother è un po' come Foxtrot dei Genesis: una traccia di livello assoluto ma il resto non all'altezza.

In realtà gli altri buoni sono anche buoni, l'unico che è un esperimento malriuscito è l'ultimo.
 
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#38
Non concordo del tutto, nel senso che le altre tracce sono sì inferiori, ma comunque poetiche, delicate, immersive.

Sia in Foxtrot che in AHM.

Alan's Psychedelic Breakfast a me piace
 
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#39
Sì ma anche a me piacciono ma la title track è una pietra miliare, gli altri sono "solo" buoni/ottimi brani.

Di Alan's Psychedelic Breakfast apprezzo più l'idea che l'esecuzione, un po' come Ummagumma.

Comunque è incredibile che un album come questo non sia neanche nella mia soggettiva top 5 del gruppo.
 
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#40
Io lo metterei al secondo, dietro a The Dark Side.

Poi
3. Meddle
4. The Piper
5. A saucerful of secrets
6. The wall
7. Wish you were here
8. Ummagumma
9. More
10. Animals
11. The final cut
12. The division bell
13. Obscured by clouds
14. A momentary lapse of reason
 
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