22-07-2017, 10:37 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 22-07-2017, 11:13 PM da Luciano Pagliarini.)
Negli ultimi anni stiamo assistendo a uno spopolare di percorsi con zero o al massimo un tappone, talvolta poca crono e tappe di montagna generalmente tra i 140 e 190 km.
Pregi? Non ne vedo.
Difetti. Direi tanti. Sicuramente contribuiscono all'appiattimento dei valori e permettono alle squadre forti di esercitare il loro strapotere. Perché, come dicevo qualche giorno fa, anche una Sky al suo top farebbe fatica a coprire un paio di tappe di montagna consecutive sopra i 200 km a testa.
Oltretutto meno tappe lunghe uguale meno stanchezza uguale grandi giri corsi a medie altissime che, anche queste, contribuiscono all'appiattimento dei valori.
L'altro giorno, per via del solito paragone Zulle - Dumoulin, mettevo a confronto la tre giorni di montagna finale del Giro del 1998 e quella di quest'anno, ebbene abbiamo:
1° giorno: Asiago - Selva di Valgardena 215 km vs Moena - Ortisei 137 km
2° giorno: Selva di Valgardena - Alpe di Pampeago 115 km vs San Candido - Piancavallo 190 km
3° giorno: Cavalese - Plan di Montecampione 243 km vs Pordenone - Asiago 190 km
Insomma le tappe brevi si facevano anche una volta, perché i loro pregi le tappe sotto i 140 km li hanno comunque. Solo che erano inframmezzate da tappe over 210 km, dove la differenza la si fa per forza. Mentre quest'anno affianco alla tappa breve(che era la tappa breve sbagliata, perché sulle Dolomiti devi fare altro), ce ne erano due insipide(peraltro dal dislivello complessivo non elevato) che hanno contribuito ad appiattire i valori e a ridurre lo spettacolo.
Il buon Zulle, che era un grande corridore, si difese alla grande su una salitona come l'Alpe di Pampeago, tutt'altro che adatta a lui, perdendo meno di un minuto da Pantani e Tonkov(il quale, nella tappa breve, andava addirittura più forte del pirata a mio avviso). Furono i grandi kilometraggi e dislivelli delle altre due tappe a metterlo in croce, a Selva di Valgardena si salvò bene o male, poi nella tappa di Plan di Montecampione, la più dura e lunga, crollò definitivamente. E' logico pensare che probabilmente con un percorso come quello di quest'anno non sarebbero uscite così prepotentemente le lacune di Zulle e lo svizzero sarebbe riuscito a giocarsi il Giro con Pantani e Tonkov.
Ma tornando al Giro di quest'anno, a pensarci bene, nell'unica tappa d'antan hanno scollinato sull'ultimo GPM i due corridori di maggior qualità presenti nella corsa rosa, mentre per dire un Pinot, che poi nelle tappe successive sembrava al loro livello, si staccò appena accelerarono.
Ora potranno dirci quanto vogliono che la corsa la fanno i corridori, ma a me pare chiaro che i corridori hanno le loro caratteristiche e hanno bisogno del terreno per tirarle fuori. Dunque sarebbe anche ora di smetterla di riempirsi la bocca di luoghi comuni e accusare i corridori di non avere le palle, e dargli invece il terreno per mettere su lo spettacolo. Magari a qualcuno piace vedere il Giro con sei corridori in due minuti alla vigilia della crono conclusiva o il Tour con quattro corridori in 30" prima delle Alpi, me se queste condizioni sono frutto di immobilismo l'incertezza non è sinonimo di spettacolo, ma di noia.
Froome al Tour alla fine ha dato distacchi notevoli(a parte a Uran) grazie alle crono, ma mi pare chiaro che se Yates e Daniel Martin, non proprio due grandi corridori da corse a tappe, arrivano così vicini in classifica alla maglia gialla c'è qualcosa che non va e il problema non è da ricercare nei corridori.
Pregi? Non ne vedo.
Difetti. Direi tanti. Sicuramente contribuiscono all'appiattimento dei valori e permettono alle squadre forti di esercitare il loro strapotere. Perché, come dicevo qualche giorno fa, anche una Sky al suo top farebbe fatica a coprire un paio di tappe di montagna consecutive sopra i 200 km a testa.
Oltretutto meno tappe lunghe uguale meno stanchezza uguale grandi giri corsi a medie altissime che, anche queste, contribuiscono all'appiattimento dei valori.
L'altro giorno, per via del solito paragone Zulle - Dumoulin, mettevo a confronto la tre giorni di montagna finale del Giro del 1998 e quella di quest'anno, ebbene abbiamo:
1° giorno: Asiago - Selva di Valgardena 215 km vs Moena - Ortisei 137 km
2° giorno: Selva di Valgardena - Alpe di Pampeago 115 km vs San Candido - Piancavallo 190 km
3° giorno: Cavalese - Plan di Montecampione 243 km vs Pordenone - Asiago 190 km
Insomma le tappe brevi si facevano anche una volta, perché i loro pregi le tappe sotto i 140 km li hanno comunque. Solo che erano inframmezzate da tappe over 210 km, dove la differenza la si fa per forza. Mentre quest'anno affianco alla tappa breve(che era la tappa breve sbagliata, perché sulle Dolomiti devi fare altro), ce ne erano due insipide(peraltro dal dislivello complessivo non elevato) che hanno contribuito ad appiattire i valori e a ridurre lo spettacolo.
Il buon Zulle, che era un grande corridore, si difese alla grande su una salitona come l'Alpe di Pampeago, tutt'altro che adatta a lui, perdendo meno di un minuto da Pantani e Tonkov(il quale, nella tappa breve, andava addirittura più forte del pirata a mio avviso). Furono i grandi kilometraggi e dislivelli delle altre due tappe a metterlo in croce, a Selva di Valgardena si salvò bene o male, poi nella tappa di Plan di Montecampione, la più dura e lunga, crollò definitivamente. E' logico pensare che probabilmente con un percorso come quello di quest'anno non sarebbero uscite così prepotentemente le lacune di Zulle e lo svizzero sarebbe riuscito a giocarsi il Giro con Pantani e Tonkov.
Ma tornando al Giro di quest'anno, a pensarci bene, nell'unica tappa d'antan hanno scollinato sull'ultimo GPM i due corridori di maggior qualità presenti nella corsa rosa, mentre per dire un Pinot, che poi nelle tappe successive sembrava al loro livello, si staccò appena accelerarono.
Ora potranno dirci quanto vogliono che la corsa la fanno i corridori, ma a me pare chiaro che i corridori hanno le loro caratteristiche e hanno bisogno del terreno per tirarle fuori. Dunque sarebbe anche ora di smetterla di riempirsi la bocca di luoghi comuni e accusare i corridori di non avere le palle, e dargli invece il terreno per mettere su lo spettacolo. Magari a qualcuno piace vedere il Giro con sei corridori in due minuti alla vigilia della crono conclusiva o il Tour con quattro corridori in 30" prima delle Alpi, me se queste condizioni sono frutto di immobilismo l'incertezza non è sinonimo di spettacolo, ma di noia.
Froome al Tour alla fine ha dato distacchi notevoli(a parte a Uran) grazie alle crono, ma mi pare chiaro che se Yates e Daniel Martin, non proprio due grandi corridori da corse a tappe, arrivano così vicini in classifica alla maglia gialla c'è qualcosa che non va e il problema non è da ricercare nei corridori.