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Le corse dimenticate
#21
Sesta Edizione – 20 settembre 1907
Malgrado il tempo coperto, una folla imponente, fece da cornice, assieme ad un numero di automobili come mai nelle precedenti edizioni, alla partenza dei corridori, avvenuta alle 8 del mattino, ad un chilometro circa da Porta Maggiore. E che la circolazione delle notizie circa lo spessore dei singoli concorrenti, ovvio segno di crescente competenza, per l’enorme soddisfazione della Società “Forza e Coraggio”, ormai unica organizzatrice, fosse patrimonio di molti spettatori, se ne ebbe prova nelle numerose previsioni e scommesse,  raccolte dai cronisti dell’epoca. Allo start, 30 ciclisti dei 38 iscritti, ma con la presenza di tutti i più attesi. La corsa si mosse veloce e compatta fino a Frosinone, dove un attacco di Jachini, creò scompiglio nel grosso, sedato con nuova compattezza, solo dopo una quindicina di chilometri. Al controllo di Cassino, Ganna, Galetti, Danesi e Canepari, approfittarono del consueto caos e, non visti dai Giudici, ripartirono immediatamente dopo la firma, senza aspettare il via degli agenti di corsa. La cosa indispettì Gerbi, che partì all’inseguimento dei quattro fuggitivi, assieme agli altri, dopo un quarto d’ora e con la rassicurazione dei giudici che i battistrada sarebbero stati puniti. Nonostante tutto però, consapevole che altre volte le punizioni non vi erano state, nel “Diavolo Rosso” restò un’agitazione fortissima, che ne rese veementi le pedalate. Ma la sua disperazione non parve dargli tregua, soprattutto quando giunse a Capua e seppe che il suo distacco da  Ganna e Galetti, rimasti soli per il cedimento di Danesi e Capepari, era di 32’. A quel punto, il suo passo divenne furioso: staccò tutti i componenti del drappello inseguitore, ed i frutti della sua rincorsa si videro a Napoli, dove giunse con un ritardo sul duo di testa, di 18 minuti. Sulla via del ritorno verso Roma, i segni della  rimonta, registrarono a Capua un disavanzo di “soli” 6 minuti. A Formia, lo svantaggio s’era ridotto a 2’, ed a Minturno, Gerbi si ricongiunse ai due corridori lombardi. Per una decina di chilometri i tre si controllarono, ma all’inizio della salita di Itri, il Diavolo Rosso attaccò e rimane da solo al comando. 
Ganna e Galetti, esausti e rassegnati, si arresero definitivamente, mentre il battistrada, aggiunse ali alle già tante usate in precedenza. Verso il tramonto, sul lungo rettilineo che da Terracina porta a Latina, l’andatura di Gerbi sfiorò i 40 all'ora, ed al controllo di Cisterna, il suo vantaggio sul duo inseguitore superò i 20'. In piena notte, il Diavolo Rosso superò bellamente le salite dei Castelli Romani, la dura ascesa  di Genzano ed alla luce dei fari delle automobili del seguito, percorse gli ultimi saliscendi. Sull'Appia antica, il suo passo assunse i toni di una passerella trionfale. Arrivò a Roma alle prime luci dell'alba, accompagnato da un incontenibile entusiasmo del pubblico. Aveva fatto un’impresa incredibile, s’era preso una rivincita dopo edizioni di sconfitte e scoprì poi, che la Giuria, aveva mantenuto fede alle minacce verso i “furboni”.

Sul vincitore.
[Immagine: 38444_18_medium.jpg&q=80&w=753&zc=1]
Giovanni Gerbi, nacque a Borgo Trincere di Asti, il 4 giugno 1885, deceduto ad Asti il 7 maggio 1954. Passista scalatore. Professionista dal 1903 al 1933 con 34 vittorie. Con questo astigiano da considerarsi come il più famoso corridore italiano della prima decade del Novecento, incontriamo una figura di indomabile spirito di combattente, non sempre ortodosso e comunque compensato nelle punte non proprio legittime, da diversi episodi di sfortuna. Un corridore, insomma, che ha meritato quanto s’è detto e scritto di lui, attraverso estemporanee manifestazioni di valori e di forze, spesso esageratamente messe sul campo, che furono sicuramente la causa di un suo anticipato declino per il ciclismo di vertice. Ciononostante, continuò a pedalare fino ad età impensabili, raggiungendo nel 1932, a 47 anni (!) la soddisfazione di vincere il Titolo Italiano Veterani, di finire 81° la Milano Sanremo e di partecipare ancora al Giro d’Italia, seppur con ritiro durante l’8a tappa. Della bicicletta conobbe tutto: dall’esercizio agonistico, alla naturale evoluzione del mezzo, fino al punto di divenire, dal 1920 quando ancora correva, un grande costruttore. E tale rimase fino all’ultimo dei suoi giorni. Iniziò a correre nel 1900, a soli 15 anni, con una bici comprata coi risparmi di garzone da un fornaio. Partecipò alla Torino-Rivoli e finì terzo, poi corse la Torino-Trana e la Torino-Pianezza, giungendo entrambe le volte secondo. Indi, in piena estate del primo anno del secolo scorso, partecipò al Campionato della Provincia di Asti, che si correva dalla città capoluogo a Moncalieri, per un totale di 95 chilometri e lo vinse. Correndo sempre con un maglione rosso e per quel suo status di indomito animatore delle corse, spesso con lunghe fughe solitarie, si guadagnò l’appellativo di “Diavolo Rosso”, ancor prima di raggiungere la piena notorietà agonistica. Fama che non tardò ad elevarsi ulteriormente quando, trasferitosi a Milano per correre sul circuito di Piazza d’Armi, con lo scopo di emergere fra i campioni dell’epoca e mantenendosi facendo il fornaio, riuscì a piegare con buona costanza i vari  Galetti, Pavesi e Azzini. Per poi esplodere con l’ovvio status di dilettante nel 1902, quando vinse la prestigiosa Coppa del Re e la Milano-Alessandria, finendo 4° nella Roma-Napoli-Roma e 5°, addirittura, nella Gran Fondo. In via di compimento dei 18 anni, nel 1903, passò professionista con la Maino, ed inanellò una serie di successi da brividi. Vinse la classica Milano-Torino, con quasi mezz'ora di vantaggio sul secondo, Rossignoli, dopo aver staccato tutti a Novara ed aver corso ad oltre 34 di media (per quei tempi una velocità incredibile), arrivando in Viale Vittorio Emanuele, quando ancora lo striscione del traguardo non era stato montato. Rivinse la Coppa del Re e la Milano-Alessandria, nonché il Circuito di Cremona e, soprattutto, acquisendo dimensione internazionale, con la Milano-Piacenza-Genova.
Nel 1904 decise di affrontare il Tour, trovando accasamento presso una squadra francese, la Michelin, con la quale affrontò la terribile e fascinosa Bordeaux-Parigi, dove fece registrare la miglior ora di corsa e chiuse 10°. Nella Grande Boucle però, dopo un promettente 5° posto nella tappa iniziale, fu costretto al ritiro per un fatto increscioso durante la seconda frazione. Un gruppo di tifosi di Faure, nell’intento di “aiutare” il loro beniamino che era in fuga, aggredirono il folto gruppo degli inseguitori sulla cima del Col de la Republique. Cercavano il favorito Maurice Garin, ma per l’oscurità e la confusione, cominciarono a darle a destra e manca. Il più malconcio, alla fine, fu proprio Gerbi che, dopo la caduta, provò a rientrare, ma le ferite glielo impedirono e si ritirò. Vinse poi il GP de “La Gazzetta dello sport” da par suo e fu selezionato dall’UVI, come rappresentante italiano ai Campionati del Mondo di Mezzofondo, che si tenevano al Velodomo Crystal Palace di Londra. Qui però, mentre lottava per la vittoria, cadde e le sue condizioni apparvero subito molto gravi. Rimase in coma per cinque giorni, poi, finalmente si riprese, al punto di recuperare assai presto, ma non per riprendere le rimanenti gare della stagione 1904. L’anno successivo tornò a ruggire. Trionfò dapprima nella Corsa Nazionale, su un  percorso che congiungeva Milano, Torino, Alessandria e il ritorno a Milano, per un  totale di 340 chilometri. Lasciò gli altri a palate di minuti: Gaioni 2° a 24’, Pavesi 3° a quasi 41’ e Galetti 3° a quasi 50’. Si laureò poi Campione Italiano nel Mezzofondo, prima di vincere la Coppa d’Alessandria e, soprattutto, il primo Giro di Lombardia. Qui, rimase solo al comando e fasciato nel suo fatidico maglione rosso, incurante del fango e della pioggia, non ebbe il minimo cedimento al punto di giungere al  traguardo di Corso Sempione, dopo una fuga solitaria di 200 km, con oltre 40' di vantaggio su Rossignoli e Ganna. Una superiorità schiacciante a soli 20 anni. Giovanni Gerbi, infatti, risulta essere ancor oggi, il più giovane vincitore della storia della “Classica delle foglie morte”.
La stagione 1906, pur fra diversi motivi di delusione e pure cocenti sconfitte ad opera del suo grande avversario, nonché corregionale, Giovanni Cuniolo, mantenne alta la fama del Diavolo Rosso e la sua complessiva superiorità in campo nazionale. Nell’anno vinse la Milano-Alessandria-Milano in solitudine, grazie ad una fuga nel finale e nello stesso modo la Milano-Pontedecimo. La grande impresa la compì al Giro del Piemonte, quando colse il successo dopo una fuga di cento chilometri, dove accumulò un vantaggio al traguardo di 40’. Decise poi di ritentare l'avventura al Tour. Tuttavia, neanche stavolta la fortuna gli sorrise. Dopo il 12° posto nella tappa iniziale, durante la seconda frazione venne bersagliato dalle forature, ben tre in pochi chilometri e quando capì che non avrebbe potuto figurare come voleva, decise di ritirarsi. Dopo la seconda brutta parentesi francese, tornò alle competizioni italiane vincendo la Brescia-Milano-Pallanza, al termine di un gran duello con Danesi che riuscì a staccare solo negli ultimi chilometri. Vinse poi il il Campionato Piemontese ai danni di Cuniolo, ma al pari del suo grande avversario, fu squalificato, perché i due, nella loro disputa, ne avevano combinate di tutti i colori. S’aggiudicò successivamente la Coppa Savona, ma nella prima edizione del Campionato Italiano per professionisti, sulle strade di Roma, si ritirò. Cercò il riscatto nella Roma-Napoli-Roma del 20 settembre, dove andò in fuga solitaria, ma precipitò in una crisi nera che lo costrinse ad abbandonare. Stanchissimo e deluso per le fatiche solo in parte salutate da successo, decise addirittura di disertare il Giro di Lombardia.
Nel 1907 e nel 1908 ottenne 14 vittorie. I numeri e la qualità dei successi parlavano a favore del Diavolo Rosso, il quale però, evidenziò compiutamente un carattere a volte rissoso e dedito pure a superare la furbizia per abbracciare l’inganno. Un biennio di fama anche superiore alla già tanta conquistata, ma solo in parte per l’indubbia bravura. Nel 1907, prima di iniziare un sostanzioso ruolino di vittorie di prestigio, partecipò da principale alfiere nazionale alla neonata Milano Sanremo, subito avvalorata da una prestigiosa rappresentanza straniera. Il Diavolo Rosso rispose da gran protagonista, ma quando provò a staccare tutti sul Passo del Turchino, s’accorse che non era in grado di contenere la rimonta del fuoriclasse francese Gustave Garrigou. Quando fu raggiunto, seppe dal direttore sportivo della Bianchi, Tommaselli, che dietro di loro stava inseguendo il veloce Petit Breton, altro transalpino ingaggiato dalla medesima casa di Gerbi, per l’occasione. A quel punto, il Diavolo Rosso non collaborò col compagno di  fuga e quando i due furono raggiunti dall’inseguitore, con questi strinse un accordo: lo avrebbe aiutato a vincere, a patto di dividere i premi. Ed infatti, agli ottocento metri dall'arrivo, lontani dagli sguardi dei più, quando Garrigou con un violento scatto cercò di sorpassare Gerbi che gli stava davanti, questi con un brusco scarto, lo chiuse e lo costrinse ad interrompere l'azione. I due praticamente si fermarono a bisticciare, anzi quasi a raggiungere la rissa e fu così facile, per Petit Breton, tagliare vittorioso il traguardo di via Cavallotti. Il Diavolo Rosso colse poi il 2° posto, anche perché il francese, arrabbiato per la scorrettezza, lo lasciò andare. Morale: Gerbi fu punito dalla giuria che lo relegò al 3° posto, ma intanto i premi a metà con Petit Breton, se li era guadagnati ugualmente. Dopo quel non certo brillante e decoroso inizio, l’astigiano vinse il Giro delle Antiche Province, il GP “Gazzetta dello Sport”, la Corsa Nazionale, la Milano Firenze, la Coppa Savona e rivinse il Giro del Piemonte, prima di giungere al primo successo di un formidabile terno alla Roma-Napoli-Roma.  Qui, seppe rimontare i furbi Ganna e Galetti che erano ripartiti prima del previsto dopo il controllo di Napoli e, per questo motivo poi squalificati, andando a vincere con un’impressionate azione solitaria che gli valse al traguardo un vantaggio di oltre 2 ore su Jacobini e Zoffoli. Dopo questo successo lungamente inseguito, si presentò al Giro di Lombardia che conquistò con una fuga nata da un colpo di furbizia non proprio regolare e difesa col sostegno di “allenatori” che gli consentirono di stare a ruota, nonché di chiodi che alcuni tifosi, coi quali si era probabilmente accordato, avevano sparso sulla strada per favorire le forature degli inseguitori. Ne seguì un’indagine dell’UVI che, oltre a togliergli la vittoria, assegnata al francese Garrigou giunto 2°, gli comminò una squalifica di 2 anni, poi ridotta, su sollevazione popolare, a soli 6 mesi. Fatto sta che a metà giugno 1908, rientrò alle corse, vincendo subito la Corsa Nazionale, indi il Giro del Piemonte e il GP “Gazzetta dello Sport”. Ritentò l’avventura al Tour, ma fra sfortune nere e poca adattabilità a quel tipo di corsa, pur non ritirandosi non andò oltre ad un amaro 20° posto finale. Tornato in Italia, vinse nuovamente la Roma-Napoli-Roma, stavolta con un dominio ancor più marcato del già tanto dell’anno precedente. Andò in fuga solitaria, ed al giro di boa di Napoli, tradotto col nuovo regolamento ad una vero e proprio traguardo di tappa, arrivò con 8’ di vantaggio sugli altri. Indi, sempre per i nuovi dettami, partì per il ritorno con quegli 8’ di anticipo e non fu più raggiunto, giungendo a Roma con oltre 33’ su Chiodi e Ganna. Esausto per la grande intensità di corse di quei mesi, si presentò al Lombardia finendo 3°, battuto da Faber e Ganna. 
[Immagine: C8RFr9pXYAEEjO8.jpg]
I segni del declino fisico del “Diavolo Rosso”, si evidenziarono netti nel 1909. Si preparò intensamente per la Sanremo, ma non andò oltre il 5° posto. Vinse la Milano Firenze, ma al 1° Giro d’Italia della storia, causa una pesante caduta nella frazione inaugurale, non riuscì a riprendersi, ed alla 6a tappa si ritirò. Dopo il Giro, disertò il Tour per tentare di battere il Record dell’Ora, ma non vi riuscì, né a Milano, né sulla pista delle Cascine a Firenze. Tornò al successo nella Coppa San Giorgio e si presentò alla Roma-Napoli-Roma con l’intento di raggiungere un tris che avrebbe riassestato la sua stagione. Vi riuscì, ma con un epilogo da considerarsi il più brutto nella storia della corsa. A pochi chilometri da Roma, quando già i corridori erano sull’Appia antica, Ganna che era in fuga andò in crisi e venne raggiunto da Pavesi, Aimo e Gerbi. Il corridore varesino, dallo sconforto si ritirò, gettando a terra la bicicletta. Pavesi tentò subito l'allungo in contropiede, staccando Aimo e Gerbi. Quest'ultimo però, dopo una fase d’incertezza, forse per la fatica dell'inseguimento precedente, si rimise a tirare e all'ultimo chilometro, con alla ruota Aimo, si riportò sul battistrada. Intanto il pubblico, davvero enorme, aveva lasciato ai corridori solo un paio di metri di carreggiata. Ai cento metri finali, con le forze dell’ordine sopraffatte, due ciclisti invasero improvvisamente la strada e Pavesi, che aveva già lanciato lo sprint finale, li centrò in pieno, trascinando nella caduta anche Aimo e Gerbi. Costui fu il primo a rialzarsi, anche perché aiutato dai suoi tifosi che, nel parapiglia, trattennero, ben poco sportivamente Pavesi ed Aimo. Gerbi rimontò il bicicletta e nonostante un pedale rotto, ma sospinto dai tifosi, riuscì a tagliare il traguardo per 1°, da-vanti ad un esterrefatto Pavesi e ad Aimo. Il tris dunque, assai fortunoso e con tratti ben poco sportivi, fu servito. A nulla valsero le proteste degli sconfitti e la coda polemica dell’osservatorio. 
Le fatiche di quel finale di stagione spinsero Gerbi a non disputare più gare nell’anno ed i tristi segnali del ‘09 vennero poi confermati nel ‘10. Poche corse e sempre in retrovia, salvo un per lui insignificante 2° nella Coppa San Giorgio. A costo di sforzi immani, vinto dal suo orgoglio di non voler dire addio a soli 25 anni, si ripresentò con una sua squadra, al via della stagione 1911. Corse poco, ma tornò alla vittoria nella Coppa Savona e giunse 3° al Giro d’Italia, grazie ad una serie di piazzamenti. L’anno successivo, ancora un 3° al Giro d’Italia per Squadre. Per il resto, pochissime corse e ancor meno piazze. Nel ‘13 i suoi “canti del cigno” nel ciclismo di vertice: il Giro delle Due Province e il Record Mondiale delle Sei Ore, percorrendo 208,161 km. Continuò a correre e, nel ’14, fu 2° nel Campionato Italiano di Mezzofondo. Dopo la Guerra, tornò a gareggiare nel ‘20, quando prese parte al Giro d'Italia nel quale venne squalificato perché si fece trainare da un sidecar. Tornò nuovamente nel ’26, a 41 anni, sempre per il Giro, ma alla 2a tappa si fermò. Poi, nel ‘32, il citato Tricolore Veterani, l’81° posto alla Sanremo, ed un ultimo Giro: ritirato all’’8a tappa.

Ordine d'arrivo:
1° Giovanni Gerbi Km 460 in 20h56'13" - media di 21.971 kmh; 2° Alfredo Jacobini a 2h6'19"; 3° Umberto Zoffoli a 2h18'03"; 4° Ferdinando Gram-mel a 2h21'47"; 5° Angelo De Rossi a 2h22'47"; 6° Leone Azzali a 2h23'47"; 7° Angelo Magagnoli a 2h44'03"; 8° Giuseppe Favia a 3h55'59"; 9° Ettore Sansoni a 3h56'; 10° Roberto Ciuffi a 6h03'47", 11° Furio Jocchi. Note: Carlo Galetti, 2° sul traguardo a 41'17" dal vincitore, è stato squalificato per aver usufruito di un'automobile lungo il percorso. Raffaele Ferretti, 3° sul traguardo a 1h05'47" dal vincitore, è stato squalificato per non aver firmato il foglio di controllo a Napoli. Luigi Ganna, 4° sul traguardo a 1h20'55" dal vincitore, è stato squalificato per cambio di ruota irregolare.

Maurizio Ricci detto Morris

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#22
Settima Edizione – 19/20 settembre 1908
Con una grossa novità, s’aprì la settima Corsa del XX Settembre: non più una Roma-Napoli-Roma senza soluzione di continuità, ma due tappe distinte, anche se con una classifica finale a tempo che, di fatto, considerava solo uno stop l’arrivo di Napoli. Il ritorno a Roma, infatti, prevedeva partenze scaglionate a seconda dei distacchi fatti registrare nella prima frazione. Quindi, il primo di Napoli, partiva per primo, ed il secondo per secondo, ma con una distanza temporale pari al disavanzo della tappa precedente. Se ad esempio primo e secondo erano arrivati a Napoli assieme, con risoluzione in volata, sarebbero ripartiti per Roma assieme. Una novità assoluta per le gare italiane, voluta dall’ormai unica Società organizzatrice, la Forza e Coraggio di Roma, che aveva fatto davvero le cose per bene, con lo scopo di far diventare la presenza di Napoli, sempre più importante e coinvolgente. I corridori ed il seguito, infatti, avrebbero sostato negli alberghi della città partenopea, per pranzo, cena e notte e, per far penetrare l’evento nell’intera città, gli hotel scelti, seguirono una logica geografica. Tra l’altro, con una simile soluzione, si sarebbero coinvolti maggiormente i giornali napoletani, allargando così gli aloni per l’intero ciclismo. L’handicap della novità, sulla quale gli organizzatori ragioneranno per anni, stava tutto in un certo snaturamento della prova: da una gara di granfodo, ad una, di fatto, a tappe, anche se molto anomala.   

Roma - Napoli
Alla novità della Roma-Napoli-Roma, aderirono 48 corridori, di cui 47 furono allo start di Porta Maggiore, alle 6.37 del 19 settembre. La corsa rimase tranquilla fino alla salita di Ferentino, dove il gruppo si spezzò in due tronconi: tra gli attardati anche Ganna, Pavesi e Danesi. Al termine della discesa, caddero Beni e Galetti, ma ripresero, anche se attardati e costretti ad un complicato inseguimento. Caduta ben più grave, invece, per Rossignoli, poco dopo Frosinone. Il pavese fu costretto al ritiro e all’ospedale. Dieci chilometri dopo, forarono  Cuniolo, Canepari e Zanzottera, mentre Oriani ruppe la catena. A Cassino, forò pure pure Gerbi. A Caianello, passarono in testa in tre, Azzini, Cittera e Chiodi, con un vantaggio di 3’ su un drappello con Gerbi. Appena dopo Santa Maria Capua a Vetere, Azzini mollò. Dal drappello inseguitore, uscì il Diavolo Rosso che rag-giunse Cittera e Chiodi, poco prima di Caserta. Qui, due ciclisti non in gara, fecero cadere Cittera, fortunatamente senza conseguenze e Gerbi partì da solo verso Napoli. Sul traguardo partenopeo, giunse con più di sette minuti su Cittera e Chiodi, giunti nell’ordine.

Ordine d’arrivo:
1° Giovanni Gerbi Km 231 in 8h26'52" alla media di 27.344 kmh; 2° Domenico Cittera a 7'08"; 3° Luigi Chiodi; 4° Luigi Ganna a 15'08"; 5° Ernesto Azzini a 34'08"; 6° Giuseppe Dilda a 47'38"; 7° Carlo Galetti a 47'53"; 8° Giovanni Ciotti a 47'58"; 9° Eberardo Pavesi a 48'23"; 10° Carlo Oriani a 51'08"; 11° Amedeo Baiocco a 1h08'0 8"; 12° Giovanni Cuniolo a 1h34'08"; 13° Cesare Zanzottera a 1h34'13"; 14° Guido Di Marco a 1h46'08"; 15° Arnoldo Galoppini a 1h46' 55"; 16° Alberto Sonetti a 1h51'08"; 17° Alfredo Jacobini a 2h01’08"; 18° Clemente Canepari a 2h04'08"; 19° Alfredo Gagliardi a 2h11’08”; 20° Giuseppe Perna a 2h11'11"; 21° Adriano Jacobini a 2h11'38"; 22° Ettore Flavoni a 2h13'08"; 23° Angelo Carosi a 2h18'23"; 24° Edoardo Finocchi a 2h18'38"; 25° Amleto Ceci a 3h01'08"; 26° Amedeo Durante a 3h04'08"; 27° Augusto Nicoletti a 3h24'08"; 28° Donato Donatelli a 3h58'08".

Napoli - Roma
Il nuovo regolamento con la formula ad inseguimento, o da semi-cronometro, non piacque molto al pubblico, che faticò a capire, anche se consentiva di vedere i corridori, praticamente uno ad uno, da vicino. Il vincitore di Napoli, Giovanni Gerbi, dunque, partì per primo, alle 6,30 da Capodichino, creando per tutti gli altri, un punto di riferimento. Ma la sua forma era smagliante. L’unico che dalle prime battute, parve in grado di impensierirlo, fu Ganna, il quale, partito fulmineo, raggiunse Cittera e Chiodi a Capua e tentò inutilmente di spronarli alla rincorsa. Dopo una quarantina di km dal via il vantaggio di Gerbi, oscillava intorno ai 12’, ma Ganna, che gli aveva recuperato 3’, non trovando collaborazione si demoralizzò. A Formia il ritardo dei tre inseguitori era salito a 20' e tutto sembrava già deciso. Aspetto che si confermò a Terracina, a 96 km alla conclusione, quando l’anticipo del Diavolo Rosso arrivò a 27'. La corsa non ebbe più storia a Cisterna, con Gerbi davanti di tre quarti d’ora. Arrivò così al traguardo da dominatore assoluto. Nella volata per il secondo posto, Chiodi superò presto Ganna, che non la prese bene, al punto di smettere di pedalare a 150 metri dalla fettuccia. 

Ordine d’arrivo finale:
1° Giovanni Gerbi Km 227 in 8h41'26" alla media di 26,12 kmh;
2° Luigi Chiodi a 33'43"; 3° Luigi Ganna a 34'14"; 4° Domenico Cittera a 35'49"; 5° Carlo Oriani a 1h32'13"; 6° Ernesto Azzini a 1h42'48"; 7° Giuseppe Dilda a 2h15'43"; 8° Giovanni Ciotti a 2h16'44"; 9° Amadeo Baiocco a 3h10'19"; 10° Guido Di Marco a 4h03'52"; 11° Arnoldo Galoppini a 4h03'55"; 12° Alfredo Jacobini a 4h13'59"; 13° Adriano Jacobini a 5h40'58"; 14° Alfredo Gagliardi; 15° Ettore Flavoni a 5h41'43"; 16° Angelo Carosi; 17° Edoardo Finocchi; 18° Giuseppe Perna; 19° Alberto Sonetti a 6h03'03"; 20° Augusto Nicoletti a 7h09'28"; 21° Amleto Ceci a 7h26'13".

Maurizio Ricci detto Morris

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#23
Ottava Edizione–19/20 settembre 1909
Un’edizione sfortunata, con code polemiche che misero un punto all’esperienza di un traguardo vero di tappa a Napoli. Ed una prova, dove i corridori, che stavano crescendo ovunque, al sud quanto al nord, avessero allora forse più forza ed una volontà sindacale migliore, rispetto ai colleghi di oggi. Sembra paradossale, ma quanto avvenne nella prima tappa di questa corsa, al netto dei tempi, delle conoscenze, dei rudimentali strumenti di corsa dell’epoca e dello stato delle strade, andò in questa direzione. I ciclisti, venuti a sapere a ridosso della partenza, che l’arrivo di Napoli, era posto all’interno dell’Ippodromo di San Pietro a Patierno, un piccolo comune nella periferia nord est della città partenopea, minacciarono il ritiro, se non  fosse stata cambiata la sede d’arrivo. Non volevano prestarsi al facile caos e alle conseguenti contestazioni che potevano sorgere all’ingresso dell’impianto e nel giro e mezzo di percorrenza sull’anello dell’ippodromo. A loro parere si sarebbero creati i presupposti per un arrivo irregolare e vista l’impossibilità di giungere direttamente nell’impianto, a causa del brevissimo rettilineo, rimasero decisi sull’imporre lo spostamento della sede dell’epilogo. L’organizzazione accettò, ma in virtù dell’impreparazione e delle difficoltà di collegamento con Napoli (allora non c’erano  certo i mezzi di comunicazione di oggi…), creò ulteriore caos. All’Ippodromo di San Pietro in Patierno, infatti, viste le informazioni di tutti i giornali, s’era radunata una folla strabocchevole, con tanto di pagamento di biglietto, come fosse una gara di trotto. Prima dell’arrivo dei corridori, per riempire l’attesa, erano state previste delle gare podistiche, che si svolsero normalmente, ma quando il pubblico capì che la corsa non sarebbe terminata lì, successe il pandemonio. La pretesa, legittima, di un rimborso dei soldi pagati per il biglietto, trovò impreparata tanto l’organizzazione, quanto le poche forze dell’ordine presenti, per la gran parte destinate sulla via provinciale del Comune di Casoria, fiancheggiante il binario della ferrovia secondaria, dove era stato posto il “vero” arrivo di tappa. Fatto sta che fra un problema e l’altro, proprio qui arrivarono i corridori, trovando il traguardo richiesto, anche se con uno scenario che definirlo rudimentale, rappresentava un eufemismo. 

Roma - Napoli
E dire che l’edizione visse una grande attesa e un buon numero di partenti, 66, che eguagliava il record di partecipanti. Notevole pure l’andatura nelle fasi iniziali dove il “tutti in gruppo” fu rotto dalla spaccatura del cerchione della ruota posteriore della bici del milanese Sala, costretto al ritiro e di Cuniolo, fermatosi per i postumi della caduta al Giro dell’Emilia. A Frosinone passò primo Canepari, con un leggero vantaggio sul gruppo. A Cassino la testa fu di Bruschera, sul grosso composto da 40 uomini. Verso Capua si verificarono cedimenti che ridussero il numero dei componenti il gruppo, di una buona metà. Gli ultimi chilometri furono un testa a testa fra il vincitore del Giro d’Italia Luigi Ganna e il torinese Vincenzo Borgarello, che allungarono la fila del drappello al comando, senza provocare distacchi di nota. La volata non ebbe storia e vide Ganna primeggiare senza problemi, anche grazie alla foratura di Borgarello, che tagliò il traguardo secondo con la gomma praticamente a terra, anticipando ugualmente Gerbi…che pianse per essere arrivato terzo. Il drappello che disputò la volata decisiva, era composto da nove corridori.

Ordine d’arrivo:
1° Luigi Ganna km 230 in 8h42' alla media di 26.437 kmh;
Vincenzo Borgarello; 3° Giovanni Gerbi; 4° Mario Ferrario; 5° Eberardo Pavesi; 6° Dario Beni; 7° Cesare Costa; 8° Battista Danesi; 9° Giuseppe Santhià; a distacchi maggiori 10° Mario Bruschera; 11° Pietro Aimo; 12° Mario Fortuna; 13° Cesare Brambilla; 14° Clemente Canepari; 15° Mario Gallia; 16° Amedeo Salmoiraghi; 17° Alfredo Jacobini; 18° Luigi Cagna; 19° Giovanni Ciotti; 20° Francesco Perrotta; 21° Amadeo Baiocco; 22° Adriano Jacobini; 23° Nicola Bianchedi; 24° Antonio Bizzarri; 25° Angelo Erba; 26° Emilio Chironi; 27° Antonio Lori; 28° Gino Brizzi; 29° Arnoldo Galoppini; 30° Giuseppe Galbai; 31° Luigi Chiodi; 32° Mario Costa; 33° Ernesto Azzini; 34° Giuseppe Broni; 35° Guglielmo Franceschini; 36° Giovanni Perrotta; 37° Arnaldo Nanbocci; 38° Angelo Carosi; 39° Umberto Jacomino; 40° Giuseppe Dilda; 41° Alessandro Pazienti;  42° Giuseppe Perna;  43° Gaetano Uras;  44° Giorgio Troschiatti; 45° Francesco Morrone; 46° Giovanni Miele; 47° Tebaldo Panigucci; 48° Carlo Barchiglioni; 49° Augusto Nicoletti; 50° Azeglio Tomarelli; 51° Mayer; 52° Jazzini; 53° Molda; 54° Elefante; 55° Di Lazio; 56° Mari.

Napoli - Roma
Con gli echi fortissimi del caos del giorno prima, partì la seconda e decisiva tappa da Napoli a Roma. La corsa si mosse tranquilla fino a Capua, dove a causa di un carro di tronchi, si verificò una caduta che costrinse Dario Beni al ritiro. Sulla salita di Itri, scattò Pavesi, raggiunto da Canepari e Gerbi, ma furono ben presto ripresi. A Cisterna sotto la spinta di Ganna e Pavesi il gruppo si spezzò e la salita di Velletri portò al comando un quartetto composto dall’indemoniato Ganna, Pavesi, Pietro Aimo e Gerbi. Vedendo quest’ultimo in difficoltà, il vincitore del Giro d’Italia, attaccò ulteriormente e lasciò gli altri. A Genzano passò con quasi cinque minuti di vantaggio sui tre inseguitori, ma non tardò ad andare in crisi. Una debacle che diventò disperazione e sfinimento a pochi chilometri da Roma, già sull’Appia antica, quando venne raggiunto e superato dal terzetto. A quel punto Ganna si fermò e si ritirò nonostante le sollecitazioni del direttore sportivo dell’Atala, la sua squadra e del pubblico, gridando: “O primo o ultimo”. Poco dopo, Pavesi tentò subito l'allungo, staccando Aimo e Gerbi. Quest'ultimo però, dopo un momento di tentennamento, si rimise a tirare da par suo e all'ultimo chilometro si riportò nella scia del battistrada, con alla ruota Aimo. Il pubblico enorme (i giornali dell’epoca parlarono di 60.000 persone), aveva lasciato a disposizione dei corridori, sopraffacendo le forze dell’ordine, uno stretto corridoio ampio non più di due metri. Ciò provocò non pochi problemi di equilibrio ai tre ciclisti, costretti a ripetute frenate e sbandamenti. Ad un centinaio di metri dal traguardo, due ciclisti invasero improvvisamente la strada e Pavesi, che aveva già lanciato la volata, li centrò in pieno, trascinando nella caduta anche Aimo e Gerbi. Quest’ultimo fu il primo a rialzarsi, ed a vincere per il sostegno dei suoi tifosi, con le mani. Un epilogo amaro, per una edizione sfortunata, nonostante un pubblico come mai s’era visto.

Ordine d’arrivo:
1° Giovanni Gerbi Km 230 in 9h34' alla media di 24,042 kmh;
2° Eberardo Pavesi; 3° Pietro Aimo; 4° Battista Danesi a 3'; 5° Emilio Chironi a 6'; 6° Vincenzo Borgarello a 13'; 7° Giuseppe Santhià a 15’; 8° Giovanni Ciotti; 9° Mario Ferrario; 10° Giuseppe Galbai a 18'; 11° Luigi Cagna; 12° Nicola Bianchedi; 13° Clemente Canepari a 28'; 14° Gino Brizzi a 33'; 15° Amedeo Salmoiraghi a 38'; 16° Luigi Chiodi; 17° Mario Fortuna a 48'; 18° Umberto Jacomino; 19° Mario Gallia; 20° Alfredo Jacobini; 21° Cesare Costa; 22° Francesco Perrotta; 23° Antonio Lori; 24° Antonio Bizzarri; 25° Giuseppe Perna; 26° Giovanni Perrotta; 27° Giovanni Mayer; 28° Alessandro Pazienti; 29° Francesco Morrone; 30° Tebaldo Panicucci.

Maurizio Ricci detto Morris

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#24
Nona Edizione–19/20 settembre 1910
Nonostante le difficoltà trasformatesi nel caos dell’edizione precedente a Napoli, la Società “Forza e Coraggio” di Roma, supportata dal giornale “Il Messaggero”, ripropose le due tappe, ma stavolta con una classifica finale a punti, di cui, come si vedrà, non vi fu bisogno d’uso. La folla rispose in maniera imperiosa, tanto a Roma, ma si poteva prevedere, quanto a Napoli, che non era per nulla scontato

Roma - Napoli
La corsa partì alle ore 7 e 1 minuto, con 27 corridori, dei 51 iscritti. Fra chi aveva dichiarato forfait, anche Giovanni Gerbi, vincitore delle ultime tre edizioni. La gara si mosse veloce e con pochi spunti di cronaca. Il fatto cardine, poco prima di Capua, quando se ne andarono in quattro: Ganna, Galetti, Micheletto e Bruschera. Con buon accordo e senza registrare tentativi di allungo, il poker andò al traguardo posto sul rettilineo della Doganella, a ridosso di San Pietro a Patierno, la località dove si doveva arrivare nel 1909. I veloci Ganna e Galetti, di maggior classe complessiva, furono chiamati a fare i conti, coi velocissimi Micheletto e Bruschera. Fu quest’ultimo, a prendere il comando e con una progressione incredibile, a vincere nettamente, potremmo dire per distacco, su Ganna, Galetti ed un Micheletto che s’era fatto anticipare troppo, o, probabilmente, era più stanco degli altri. Il milanese Bruschera, fu assai festeggiato dalla folla napoletana e la pace fra Napoli e la Corsa del XX Settembre, fu fatta.

Ordine d’arrivo:
1° Mario Bruschera Km 230 in 8h36’ media 26,744 kmh; 2° Luigi Ganna a 3”, 3° Carlo Galetti a 4”; 4° Giovanni Micheletto a 8”; 5° Eligio Bianco a 10’; 6° Giovanni Cuniolo; 7° Dario Beni; 8° Alfredo Sivocci; 9° Luigi Chiodi; 10° Enrico Sala; 11° Ezio Corlaita; 12° Gino Matteoni; 13° Mario Fortuna; 14° Clemente Canepari; 15° Ottorino Celli; 16° Giuseppe Contesini a 25’, 17° Luigi Pogliani; 18° Giuseppe Galbai; 19° Ingoda.

Napoli - Roma
La partenza avvenne da Capodichino, con una decina di minuti di ritardo: alle 7,10 del 20 settembre, in mezzo ad una folla ancora una volta foltissima. Fu un inizio non velocissimo, a causa dei tanti veicoli presenti, indi per lo stato sempre più penoso delle strade. Proprio grazie ad un tratto più ingeneroso del già tanto solito, si verificò la prima fuga, ad opera di Ganna, Corlaita, Bruschera, Ingoda. Pogliani. Contesini, Micheletto e Galbai. Dopo qualche chilometro il gruppo si riunì, ed iniziò una lunga serie di incidenti meccanici e di cadute, che furono causa di numerosi ritiri.
 A Capua, fu Ganna a guidare il gruppo composto da una dozzina di corridori in fila indiana, con gli altri già praticamente fuori dai giochi di corsa. Sulla salita di Migliano rimasero in testa in cinque, ossia Ganna, Galetti, Micheletto, Matteoni ed il giovane e bravissimo torinese Eligio Bianco. Successivamente, grazie ad un calo d’andatura nel drappello di testa, anche il giovane milanese Enrico Sala, ed il concittadino trionfatore a Napoli, ovvero Mario Bruschera riuscirono a portarsi sul drappello di testa. 
La corsa in termini di fughe, praticamente finì lì, a parte il cedimento del toscano di Pescia, Gino Matteoni, avvenuto a Frosinone. I sei andarono così al traguardo, nonostante i tentativi di Ganna di sbarazzarsi del pericoloso Bruschera e di un pimpante Bianco, desideroso più che mai di giocare la sorpresa del neofita. La volata decisiva sul rettilineo dei Cessati Spiriti a Roma, colmo di decine di migliaia di spettator,i che avevano ridotto la carreggiata ad un budello, vide Ganna ai settanta metri in testa quasi sicuro di successo, ma il cavallo di un carabiniere si mosse più del solito, obbligandolo ad uno scarto che favorì la rimonta di Bruschera, che andò così a bissare a conquistare con la vittoria anche la classica. Secondo un deluso ed arrabbiato Ganna, terzo il sempre presente Galetti e quarto un arrabbiatissimo Micheletto. Indi Bianco e Sala. Praticamente il risultato di Napoli, che rese superfluo il conteggio dei punti.

Sul vincitore.
[Immagine: 1238234756BRUSCHERA%20Mario.jpg]
Mario Bruschera, nacque a Milano il 16 aprile 1887 ed a Milano morì il 23 febbraio 1968. Professionista dal 1909 al 1915 con 8 vittorie. Come tutti i corridori dell’epoca, anche quelli che superficialmente si definivano velocisti, era dotato di fondo, e non poteva essere diversamente, vista la morfologia delle gare su strada del tempo. Questo milanese però, possedeva nei finali una grande lucidità che lo faceva più veloce di altri. E lo dimostrò compiutamente nella sua vittoria più illustre, proprio la XX Settembre 1910, quando, sia sul traguardo intermedio di Napoli, che in quello decisivo di Roma, seppe battere i due più forti corridori italiani, ovvero Ganna e Galetti, anch’essi accreditati di ottimi spunti veloci. 
Buschera confermò dunque quanto di buono si era potuto vedere di lui nell’anno d’esordio, ovvero il 1909, quando vinse la Coppa Val d’Olona, finì secondo nel  Campionato Italiano su strada, terzo nel Giro della Provincia di Pavia e nella Milano Modena. Prima della Roma-Napoli-Roma, nel 1910, aveva già vinto due tappe del Giro “Ai mari, ai laghi, ai monti” e il Circuito del Casalese. Successivamente, s’aggiudicò il Giro del Piemonte nel 1911 e la Coppa San Giorgio nel 1912, anno nel quale finì 5° al Giro di Romagna. Ma la sua carriera fu assai breve, poiché sfociò in un rapido declino, ancor prima dell’arrivo della Prima Guerra Mondiale. Nel 1913 e nel 1914 nonostante l’inserimento in formazioni di rilevanza, non si fece mai notare e dopo il conflitto, pur avendo solo trenta anni, non riprese più l’attività agonistica.

Ordine d’arrivo finale:
1° Mario Bruschera Km 230 in 8h45’ alla media di 26,285 kmh;  2° Luigi Ganna; 3° Carlo Galetti; 4° Giovanni Micheletto; 5° Eligio Bianco; 6° Enrico Sala; 7° Gino Matteoni.





Decima Edizione – 19/20 settembre 1911
Pochi partenti, solo 20, ma tanti dei migliori, furono i protagonisti della decima edizione di una corsa  che la Società “Forza e Coraggio” e il giornale “Il Messaggero” avevano portato al rango di classica. La durezza, soprattutto per lo stato delle strade e i premi, inferiori a corse come Milano-Sanremo e Giro di Lombardia, rappresentavano i limiti riconosciuti, per stuzzicare presenze più massicce. Anche per il 1911, due tappe distinte, per una classifica finale basata sui punti dei piazzamenti.

Roma - Napoli
Nonostante l’orario di ritrovo, a Porta Pia alle 6 del mattino e la fredda brezza autunnale, i 20 partenti furono salutati dal pubblico delle grandi occasioni. Una marea umana, che divenne ancor più numerosa, alle 7,35, quando da Porta San Giovanni fu dato il via. La corsa si mosse spedita, ma senza particolari episodi di cronaca, almeno fino alla discesa di Cassino, quando scattò Ugo Agostoni, che riuscì a prendere il largo. La reazione al suo tentativo fu lasciata al solo Pierino Albini, che partì dal gruppo forse troppo tardi per ottenere successo. A Capua, causa lo stato delle strade,  il gruppo si spaccò e si registrarono diversi ritiri. Il lombardo Agostoni, di Lissone, appena diciottenne, fece l’impresa ed arrivò al traguardo di Capodichino a Napoli con 12 minuti di anticipo su Albini, ed addirittura 22’ su Beni.

Sul vincitore.
[Immagine: 1461660273170Agostoni1914.jpg]
Nato il 27 luglio 1893 a Lissone, deceduto a Desio il 26 settembre 1941. Passista. Professionista dal 1911 al 1924 con 4 vittorie. Di Ugo Agostoni, le memorie odierne più comuni, ricordano la Coppa a lui intitolata divenuta una classica nazionale, la vittoria nella Milano Sanremo e la prematura scomparsa, ma nemmeno gli storici, si sono soffermati su quella che resterà la sua peculiarità più straordinaria: la sua incredibile precocità. Chi scrive se lo è sempre chiesto, ed ha lungamente pensato ad un errore sulla data di nascita, poi rivelatasi, invece, corretta. Fatto sta, che il lissonese Ugo, pur sviluppatosi, più alto della media, con gambe lunghe e muscolose, a soli 15 anni, nel 1908, era già un dilettante che tardò poco a dimostrarsi di pregio, a dispetto dell’età. Nel 1910,  a 17 anni, vinse la “Grande corsa del Secolo”, finì 3° nel Campionato Italiano e chiuse la breve parentesi fra i puri, vincendo la "Al mare, ai monti, ai laghi", che impose il suo nome all'attenzione di tutti. Questa gara, svoltasi dal 31 luglio al 14 agosto, si sviluppava attraverso 8 frazioni per un insieme totale di 1960 chilometri. La corsa presentava alla partenza sia professionisti che dilettanti, in gara con classifiche separate, partendo ad intervalli. Alla fine delle otto tappe, Carlo Galetti risultò primo tra i professionisti con un netto vantaggio su Pavesi e Aymo, mentre Ugo Agostoni vinse la categoria dei puri su Fasoli e Bianco. In virtù di queste sue performance il giovanissimo corridore di Lissone, debuttò a soli 18 anni fra i professionisti nella squadra dell'Atala. Fu subito protagonista, andando a vincere la prima tappa della “XX Settembre”, che chiuse terzo, indi piazzandosi al secondo posto nel Campionato Italiano, terzo nella Coppa Savona, quarto nella Corsa delle Tre Capitali (dietro Henri Pelissier, Beni e Ganna) e settimo nel Giro di Romagna. Nella stagione successiva, fu ancora più brillante, perché vinse o fu protagonista in molte delle corse disputate. Finì 2° con la sua squadra nel Giro d'Italia e, nel Giro dell'Emilia, con una fuga solitaria di 50 chilometri, nata percorrendo una discesa da mostro, vinse con 13' di vantaggio su Santhià e Girardengo. 
Nel medesimo anno, corse pure il Tour de France, anche se l’abbandonò presto, giunse secondo nel Giro di Romagna e  nella Coppa Val Senio e finì quinto nel Giro di Lombardia. Cercò poi di vincere alla grande la "Seicento Chilometri". Evaso da un plotone di trenta unità, con la generosità che lo dis-tingueva, fu a lungo in testa durante la notte, acclamato da Bologna a Rovi-go, da Legnano a Verona, a Salò, ma con la luce dell'alba, venne la crisi che lo obbligò al ritiro dopo essere stato al comando per 300 chilometri. La corsa fu poi vinta da Luigi Ganna. Il 1913, fu un anno poco fortunato per Agostoni: il miglior piazzamento fu il settimo posto al Campionato Italiano, mentre su pista, stabilì il record nazionale dell'ora (poi non omologato per un'errata misurazione del velodromo). Si presentò in smaglianti condizioni di forma nel 1914 e, nella Milano-Sanremo, ottenne la più grande vittorie della sua carriera. Nell’anno si piazzò secondo nella Roma Napoli Roma, quarto nel Giro dell’Emilia e nono in quello di Lombardia. Dopo la parentesi della grande guerra continuò a gareggiare, ma aveva perso gran parte del suo smalto. Finì terzo nella “Sanremo” del 1918 e si segnalò particolarmente nella Milano-Modena, dove fu secondo nel 1919 dietro Girardengo, terzo nel  '21 dietro Belloni e Bassi e ancora secondo nel '22 dietro a Bassi. In seguito ad un grave incidente motociclistico, nel 1924, si ritirò completamente dalla vita sportiva. Scomparve il 27 agosto 1941 all'Ospedale di Desio, durante un’operazione chirurgica. Per ricordare le gesta di Ugo Agostoni, gli sportivi di Lissone, dal 1946 organizzano la Coppa Agostoni, divenuta ben presto una classica del calendario nazionale. Così lo ricordava il grande Armando Cougnet: “Passista ottimo, scalatore discreto, benché handicappato dal peso, discesista audace, ma soprattutto forte più che agile e di cuore buono e generoso”.

Ordine d’arrivo:
1° Ugo Agostoni Km 230 in 8h22’ media 27,49 kmh: 2°  Pierino Albini a 12’; 3° Dario Beni a 22’; 4° Carlo Galetti; 5° Gino Brizzi; 6° Eberardo Pavesi a 26’; 7° Luigi Ganna a 41’; 8° Domenico Dilda a 26’38”; 9° Giovanni Rossi-gnoli; 10° Arnoldo Galoppini a 1h; 11° Antonio Rotondi; 12° Umberto Zof-foli; 13° Carlo Oriani.

Napoli - Roma
La partenza da Capodichino alle 9 del mattino registrò il solito flusso di pubblico, favorito dall’orario di partenza, decisamente più abbordabile. La corsa si mosse ad andatura non forte per lo stato delle strade davvero impossibile per tratti di decine di migliaia di metri. La selezione divenne marcata negli ultimi ottanta chilometri, per la comprensibile fatica accumulata nei segmenti da “cross”, ed a farne le spese più di tutti furono Dilda, Zoffoli e Oriani, che si ritirarono a Frosinone. Ad una cinquantina di chilometri dall’arrivo, posto all’interno dello Stadio Nazionale (sito nell’area dell’odierno Stadio Flaminio), che la corsa di fatto inaugurò, l’allungo decisivo del duo della Bianchi, composto dal romano Dario Beni e dal milanese Carlo Galetti. I due scavarono ben presto una voragine sugli altri, fra i quali il giovane Agostoni, che stava pagando lo sforzo del giorno precedente. Si capì dunque assai presto che la corsa era tutta nelle mani dei due battistrada, che svolsero la volata decisiva, con  Beni che ebbe la meglio sul compagno di una bicicletta. Inutile dire che il trionfo del corridore di casa suscitò l’entusiasmo più ampio del pubblico che gremiva l’impianto. A poco più di quaranta minuti, Ganna regolò Brizzi e completò il podio di tappa. Nella classifica assoluta a punti, Beni superò Galetti ed Agostoni. 

Sul vincitore.
[Immagine: 1474879518170BeniDario.jpg]
Dario Beni, nacque a Roma il primo gennaio 1889 e sempre nella Capitale morì l’11 febbraio 1969. Passista veloce. Professionista dal 1907 al 1921 con 21 vittorie. Un romano che dell’aristocrazia dalla quale era nato, aveva ereditato il comportamento nel lato migliore, azzerando qualsiasi forma di strafottenza. Dario era gentile ed elegante, non aveva sofferto come più o meno tutti i suoi avversari, ed era arrivato più giovane di quasi tutti al Giro d’Italia del 1909. Sapeva di possedere la fortuna di poter consumare i propri furori fisici e mentali, interamente sulle corse, dove era un velocista d’evidenza assoluta. Meno bravo sul resto, ma quando era coi primi e vedeva il traguardo, aveva la stessa fame degli altri, pur non avendola mai provata nel reale della vita. Insomma, un gentiluomo che diveniva agonista per doveri di sport. A lui andò la prima tappa del Giro d’Italia e l’ultima dell’edizione d’esordio. Come dire: ingresso e presenza perenne nella storia del ciclismo italiano. E questo suo amore verso il tricolore, si cementò ulteriormente  con la vittoria, tre mesi dopo il Giro, ai Campionati Italiani. Tricolore che vincerà anche nel 1911, oltre ad altri importanti successi come il Giro di Romagna del ’12 e tre volte la Coppa XX settembre (1911-’12-’14). Tre successi colti, il primo in volata su Galetti, dopo che i due avevano fatto il vuoto; il secondo con un arrivo solitario a Roma, dopo aver vinto allo sprint l’intermedio di Napoli su Santhià e Brizzi, poi staccati sulla via del ritorno. Infine il terzo, nel ’14, ancora per distacco, dopo aver vinto in volata anche sulla linea di Napoli. Dopo la fine del primo conflitto mondiale, riprese e a correre, ma lo smalto non era più quello e non vinse più nessuna corsa. A fine carriera divenne dirigente. Fu il commissario tecnico degli azzurri ai Giochi Olimpici di Berlino nel 1936, poi, per anni, presidente FCI del Lazio. Morì a Roma l’11 febbraio del 1969. Una figura notevole.

Ordine d’arrivo:
1° Dario Beni Km 230 in 9h03’ alla media di 25,414 kmh; 2° Carlo Galetti; 3° Luigi Ganna a 40’03”; 4° Gino Brizzi; 5° Eberardo Pavesi a 42’; 6° Giovanni Rissignoli; 7° Ugo Agostoni a 47’; 8° Pierino Albini a 1h35’; 9° Arnoldo Galoppini a 1h47’; 10° Cesare Rotondi a 2h16’.

Classifica finale a punti:
1° Dario Beni punti 4;
2° Carlo Galetti punti 6; 3° Ugo Agostoni punti 8; 4° Gino Brizzi punti 9; 5° Pierino Albini punti 10; 6° Luigi Ganna punti 10; 7° Eberardo Pavesi punti 11; 8° Giovanni Rossignoli punti 15; 9° Antonio Galoppini punti 19; 10° Cesare Rotondi punti 21.

Maurizio Ricci detto Morris

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#25
Undicesima Edizione – 20 settembre 1912
Il ritorno alla Roma Napoli Roma senza soluzione di continuità, provocò una paura generale che portò ad un numero di iscrizioni bassissimo: 16. Alla partenza che fu data a Pontelungo fuori Porta San Giovanni, in mezzo a tanta gente festosa, solo 8 corridori. Beni, Brizzi, Santhià, Pifferi, Rotondi, Celli, Jacchino e Bianchedi. Corsa tranquilla fino ai Castelli Romani, dove Jacchino e Bianchedi furono i primi a perdere contatto. Il terzetto della Bianchi, composto da Beni, Brizzi e Santhià attaccarono a fondo e staccarono tutti gli avversari, tra Itri e Fondi, divenendo i padroni assoluti della prova, dividendosi i traguardi intermedi compreso quello di Napoli, dove vantarono un vantaggio di più di un’ora su Celli e Pifferi. Il ritorno verso Roma, fu una marcia trionfale per loro. La corsa poi si decise definitivamente all'Osteria delle Colonne (alle porte della Capitale) quando Santhià forò, Brizzi si rialzò e Beni andò a bissare così il successo dell’anno precedente nella "sua" Roma, con la gente che lo accolse come un sovrano.

Ordine d’arrivo:
1° Dario Beni Km 475 in 18h20' alla media di 25.909 kmh; 2° Giuseppe Santhià a 10’; 3° Gino Brizzi a 21’; 4° Antonio Rotondi a 2h28'.





Dodicesima Edizione – 19/20 settembre 1913
Per la prima volta, la Corsa del XX Settembre, escluse Napoli. Il sempre maggiore peso del giornale “Il Messaggero”, che ambiva a coprire maggiormente i territori di suo interessi di diffusione e, soprattutto, lo stato delle strade a sud di Roma, in fase di ristrutturazione, spinsero la “Forza e Coraggio” di Roma, ad andare verso l’Umbria. L’itinerario prevedeva 302 chilometri che, da Roma, toccava Perugia, Foligno, Spoleto, Terni e l’arrivo a Rieti. Indi la seconda tappa, da Rieti, Terni, Spoleto, Foligno, Perugia e ritorno a Roma con arrivo allo Stadio Nazionale, con uguale chilometraggio. Un tracciato impegnativo che comprendeva salite, su tutte il Valico della Somma nel perugino, ed una classifica finale a tempo.

Roma-Rieti
La prima tappa si consumò a lungo sul timore per il nuovo percorso e all’insegna del “tutti insieme”, anche se a metà gara, già una decina dei 37 partenti aveva mollato. A Foligno, la compattezza del gruppo si spezzò in due tronconi e solo sul finale, taluni riuscirono a rientrare. Nonostante il percorso, la velocità non forte e lo stato delle strade decisamente migliore rispetto agli anni precedenti, furono in sedici a giocarsi il traguardo di Rieti. La volata decisiva fu abbastanza proibita fra Ganna e Beni, che conclusero nell’ordine, rintuzzando un tentativo d’anticipo del redivivo Gerbi. Ci fu una coda polemica fra i primi due, che vedrà il suo apice il giorno dopo.

Ordine d’arrivo:
1° Luigi Ganna km 302 in 12h40’01” alla media di 23,842 kmh; 2° Dario Beni; 3° Giovanni Gerbi; 4° Costante Girardengo; 5° Ezio Corlaita; 6° Carlo Galetti; 7° Alfredo Sivocci a 30”; 8° Eberardo Pavesi; 9° Alfonso Calzolari; 10° Giosuè Lombardi, 11° Camillo Bertarelli; 12° Angelo Gremo; 13° Emanuele Garda; 14° Giovanni Cervi; 15° Clemente Canepari; 16° Giuseppe Contesini; a distacchi maggiori, 17° Giovanni Casetta; 18°  Giuseppe Pifferi; 19° Luigi Molon; 20° Armando Cantoni.


Rieti-Roma                                                                               
Alle 5,45 venne data la partenza da Rieti della tappa di ritorno a Roma. Poco prima del via un match di pugilato fra Ganna e Beni, che non avevano smaltito, con la notte, i rancori accumulati il giorno prima. Lo scontro fu sedato da un nugolo di commissari di gara, e non senza fatica. Solo dopo la solenne promessa di entrambi di comportarsi bene in gara, furono ammessi alla partenza. A Terni, il gruppo pressoché compatto, fu anticipato da Molon, mentre a Spoleto, in testa al plotone fu Girardengo. Sul Valico della Somma, Costante, che venti giorni dopo vincerà il Tricolore, staccò tutti. Al suo inseguimento si pose Giosuè Lombardi, mentre l’unità del gruppo pian piano si frantumò e la corsa annotò i ritiri di Gerbi, Pavesi, Corlaita e Contesini. 
Nonostante i tanti chilometri dal traguardo di Roma, l’azione di Girardengo fu da fuoriclasse: aumentò via via il vantaggio, giungendo allo Stadio Nazionale della Capitale, con quasi 28 minuti su un commovente Lombardi, che riuscì, nonostante una crisi, ad anticipare di più di un minuto il quartetto composto da Ganna, Galetti, Calzolari e Sivocci, che terminarono nell’ordine. Girardengo vinse la classifica della XX Settembre, davanti a Lombardi e a Ganna e Galetti, accreditati del terzo posto finale, proprio perché a pari tempo fra le due frazioni (anche se Ganna aveva vinto la prima).

Ordine d’arrivo

1° Costante Girardengo Km 302 in 11h32’01” alla media di 26,184 kmh; 2° Giosuè Lombardi a 27’52”, 3° Luigi Ganna a 29’; 4° Carlo Galetti; 5° Alfonso Calzolari; 6° Alfredo Sivocci; a distacchi maggiori, 7° Angelo Gremo; 8° Giovanni Cervi, 9° Camillo Bertarelli; 10° Clemente Canepari; 11° Dario Beni; 12° Emanuele Garda; 13° Luigi Molon, 14° Giuseppe Pifferi, 15°Giovanni Casetta; 16° Armando Cantoni.

Classifica finale:
1° Costante Girardengo Km 604 in 23h52’02” alla media di 25,307 kmh; 2° Giosuè Lombardi a 28’22”; 3° Luigi Ganna e Carlo Galetti a 29’; 5° Alfinbso Calzolari e Alfredo Sivocci a 29’30”; a distacchi maggiori 7° Angelo Gremo; 8° Giovanni Cervi; 9° Camillo Bertarelli; 10° Clemente Canepari; 11° Dario Beni; 12° Emanuele Garda; 13° Luigi Molon; 14° Giuseppe Pifferi; 15° Ciovanni Casetta; 16 Armando Cantoni.

Maurizio Ricci detto Morris

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#26
Tredicesima Edizione – 20 settembre 1914
Diciotto partenti alle 23,15 da Porta San Giovanni, per un’edizione che tornava all’antico, sia come itinerario che come formula. Lo stato delle strade, migliorato, esaltò la cavalcata vincente di Dario Beni, che se ne andò poco dopo Frosinone, giunse a Napoli, con oltre un quarto d’ora su Agostoni e quasi ventisette minuti su Piffferi e proseguì senza cedimento alcuno. Dietro, intanto, diverse forature tolsero di gara atleti già demoralizzati per il dominio che il corridore romano stava dimostrando. Sull’arrivo di Roma posto a Centocelle fuori Porta San Giovanni, il tanto pubblico, poté festeggiare il proprio idolo autore davvero di un’impresa. Beni, al terzo successo nella classica, lasciò Agostoni e Pifferi, giunti insieme e nell’ordine, a più di cinquanta minuti.

Ordine d’arrivo:
1° Dario Beni Km 461 in 17h38'10" alla media di 26,14 kmh; 2° Ugo Agostoni a 50'17"; 3° Giuseppe Pifferi; 4° Michelangeli a 2h29'50"; 5° Gino Brizzi; 6° Nicola Bianchedi a 2h30'20"; 7° Taroni a 2h30'35".



Quattordicesima Edizione – 19/20 settembre 1918
(Corsa del XX Settembre)
Il periodo particolare post conflitto, provocò diversi problemi alle società sportive, anche e soprattutto perché le Federazioni si stavano nazionalizzando con fatica e, spesso, si mostravano ancora legate ai localismi dei dirigenti. In più, insistevano difetti di comunicazione e circolazione di programmi ed intendimenti che, poi, finivano per creare sovrapposizioni o eccessivi buchi, nei calendari delle gare. In questo contesto, la Società “Forza e Coraggio” di Roma e, conseguentemente, il giornale “Il Messaggero”, sostenitore principale dell’attività ciclistica del sodalizio capitolino, si trovarono a conoscere abbastanza tardi della concomitanza  con una manifestazione affascinante che, guarda caso, non escludeva la Capitale, anzi ne era sede d’arrivo, ovvero la Milano-Bologna-Roma. 
Una corsa organizzata dalla Gazzetta dello sport, ovvero chi proponeva il Giro d’Italia, quindi con un peso “politico” enorme, che prevedeva due tappe, di cui la prima, proprio il 20 settembre. A quel punto, la “Forza e Coraggio”, decise di non cambiare data ed itinerario alla pensata propria creatura, ma ne modificò il nome: da Roma-Napoli-Roma a “Corsa del XX Settembre”, non già per chiarire differenze che, di fatto, si erano già sovrapposte e confuse senza cambiare le sostanze, ma per far capire che il percorso della manifestazione poteva cambiare, e non vedere Napoli come traguardo intermedio. Inoltre, pensò di affrontare la concomitanza pesante, senza abbandonare il mondo dei  professionisti, le cui differenze con quello dei dilettanti, erano comunque all’epoca spesso inesistenti, o solo delle inezie, ma pensò di indirizzare la propria gara, almeno per il 1918, al termine significativo di “professionisti juniores”, ovvero un intendimento dell’UVI, per distinguere chi, indipendentemente dall’età, passava fra i professionisti. Erano i primordi di quella categoria, definita “indipendenti”, che si istituzionalizzò poco dopo, e che arriverà fino agli anni sessanta. 

La XX Settembre di quell’anno, inoltre, propose una  partenza unica fra i professionisti di poca militanza nella massima categoria, con quei dilettanti che, nelle altre edizioni passate, avevano corso a gruppo loro (come d’altronde avverrà in  futuro). Ovviamente, le classifiche rimanevano separate. Fatto sta, che l’impiccio della concomitanza fra due gare col medesimo arrivo in Roma, creato principalmente per colpe dell’UVI, non fu indolore: la Milano-Bologna-Roma, che si corse 12 anni dopo la prima trionfale edizione, nonostante qualche presenza straniera, fu un fiasco e non venne più riproposta e la XX Settembre del 1918, passò inosservata nella storia del ciclismo, tant’è che tanti, tantissimi storici e conseguenti almanacchi, non la considerano. Ma ci fu, eccome! Anzi, fra le due manifestazioni cosiddette concorrenti di quell’anno, a perderci di meno, fu la XX Settembre, non solo perché continuò, ma anche perché poté collaudare perfettamente un percorso nuovo, che verrà riproposto quasi interamente l’anno successivo. Un tracciato che era da tempo negli intendimenti degli organizzatori e che vedeva traguardo intermedio, nonché di tappa, la città di Perugia, per poi ritornare in Roma, con la seconda frazione. Le due tappe, di 170 chilometri la prima e di 175 la seconda, vennero poi unite con una classifica finale a punti. Aderirono a questa proposta, 41 corridori: 10 professionisti e 31 dilettanti.

Roma – Perugia
La partenza fu data alle 8 del mattino da Piazzale Ponte Milvio e la corsa si mosse abbastanza spedita fino al traguardo a premio di Narni, dove passò primo Mario Santagostino. Il medesimo corridore passò in testa, stavolta in solitudine a Terni, ed al traguardo di tappa di Perugia, superò in volata Marzio Germoni. A due minuti e 32”, completò il podio, il sorrentino Francesco Di Gennaro, mentre Orlando, 4° assoluto a 9’17”, fu il primo dei dilettanti. Completarono il percorso della prima tappa in tempo massimo, 26 ciclisti.

Sul vincitore.   
[Immagine: 13470.jpg]
Mario Santagostino nacque a Settimo Milanese (MI) l’11 gennaio 1893, ed è morto nel paese di nascita il 7 luglio 1923. Professionista dal 1909 al 1921, con una vittoria. Un corridore tenace, che a quanto si sa, non ha mai praticato il ciclismo con costanza, anche se la sua carriera professionistica è stata lunga. Come tanti altri, fu frenato nel periodo atleticamente migliore, dalla guerra. La vittoria nella prima tappa della “XX Settembre” 1918, è l’unica del suo palmares, ma i piazzamenti ottenuti sono a dimostrare un discreto valore. Nel 1912, l’unico anno in cui fu accasato, correndo per la Globe, chiuse 5° il Giro d’Italia che si svolse per squadre. Nel 1915, fu 2° nella Milano-Pavia-Milano e nel 1918, cinquanta giorni dopo la XX settembre, finì 12° il Giro di Lombardia. L’anno successivo, fu 6° nella Milano Sanremo e, nel 1920, fu 3° nella seconda tappa del Giro dei Tre Mari, che si concludeva a Benevento.
Ordine d’arrivo:
1° Mario Santagostino Km 170 in 7h21’48” alla media di 23,129 kmh; 2° Marzio Germoni; 3° Francesco Di Gennaro a 2’32”; 4° Orlando (1° dilettante) a 9’17”; 5° Giuseppe Pifferi a 10’24”; 6° Giovanni Cocchi a 19’17”; 7° Massimiliano Porta; 8° Attilio Montagni; 9° Alfredo Jacobini; 10° Nicola Landi; 11° Nicola Bianchedi. Seguono altri 15 corridori in tempo massimo.

Perugia - Roma
La seconda tappa s’avviò da Perugia alle 10,15 del mattino e vide alla partenza tutti i 26 corridori classificati il giorno prima. La frazione, come quella del giorno precedente, iniziò all’insegna del dominio di Mario Santagostino, il quale però, poco dopo al traguardo a premio posto a Città della Pieve, un’altura di 500 metri sul livello del mare, si sentì male e fu costretto al ritiro. La corsa fu poi dominata da un quartetto di professionisti, che andarono a disputarsi la volata decisiva sul traguardo dei Cessati Spiriti. Qui vinse Giuseppe Pifferi, che superò Marzio Germoni, Giovanni Cocchi e Alfredo Jacobini. I pochi altri rimasti in gara, tutti dilettanti, giunsero con distacchi abissali. Germoni vinse la classifica a punti che univa le due  tappe, fu primo anche in quella a tempo e, giustamente, va considerato come il vincitore della XX Settembre 1918.

Ordine d’arrivo:
1° Giuseppe Pifferi Km 175 in 8h15’ alla media di 21,212 kmh; 2° Marzio Germoni;  3° Giovanni Cocchi;  4° Alfredo Jacobini. Seguono altri 7 corridori in tempo massimo.

Classifica generale finale:1° Marzio Germoni punti 4; 2° Giuseppe Pifferi punti 6; 3° Giovanni Cocchi punti 9; 4° Alfredo Jacobini punti  13.

Sul vincitore dell’edizione.
Marzio Germoni nacque a Pieve Torina di Macerata, il 31 marzo 1890, deceduto a Roma il 16 gennaio 1967. Passista e fondista. Professionista dal 1918 al 1924, con 4 vittorie. Dopo aver vinto da dilettante, nel 1913, proprio la XX Settembre riservata alla categoria, nella medesima corsa colse il suo primo successo da professionista, nel 1918, che fu pure la prima stagione nella massima categoria. Anche per lui, ovviamente, ci fu il freno della guerra. Grazie comunque alla vittoria nella classica citata, nel 1919 trovò l’accasamento nella Verdi, ma fu un anno abbastanza sfortunato, anche se il 2° posto nel Giro dell'Umbria l'aveva fatto sperare. Ritornato “individuale”, nella stagione successiva, non si mise in luce, ma corse pochissimo. Nel 1921, invece, giunsero le vittorie nella Coppa Frattese e nel GP di Natale di Roma, 2° nella Coppa Caivano, 3° nella Coppa Principe Piemontese,  4° nel Giro dell’Umbria e sempre 4° nel Giro di Campania. Nel ’22, raccolse importanti piazzamenti nel Giro di Calabria, dove fu secondo nella prima tappa, terzo nella seconda e nella terza, nonchè 2° nella Classifica finale. Fu poi 3° nel GP Roccapiemonte e nel Giro delle Terre del Lavoro a Napoli e 4° nel Giro dei Due Golfi. Continuò a correre ma solo poco prima di chiudere col ciclismo, nel '24, raccolse un piazzamento: 4° nella Reggio-Monteleone-Reggio.

Maurizio Ricci detto Morris

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#27
Quindicesima Edizione – 20 settembre 1919
Dopo il conflitto e l’edizione “sconosciuta” a molti del 1918, la Corsa del XX Settembre tornò a riproporsi con immutata sostanza. Sempre organizzata unitamente dal giornale “Il Messaggero” e dalla Società “Forza e Coraggio” di Roma. Fu proposto nuovamente, il collaudato tracciato di tante battaglie, con la divisione della prova in due tappe, ed una classifica finale a tempo.

Roma - Napoli
La corsa partì dai Cessati Spiriti alle 6,30 del mattino e vide la partecipazione di 17 concorrenti. Nonostante l’andatura piuttosto blanda, fu prodiga di una selezione fortissima, soprattutto per la giornata inclemente, ed i tanti guasti meccanici. A Napoli, la gran folla, poté salutare l’arrivo di soli quattro corridori. Poco dopo Capua, Alfredo Sivocci ed Ernesto Azzini, si avvantaggiarono e non furono più ripresi. Sul traguardo partenopeo passò primo Sivocci, mentre un minuto dopo arrivarono insieme e nell’ordine, Giosuè Lombardi e l’eterno Carlo Galetti. 

Ordine d’arrivo:

1° Alfredo Sivocci Km 230 in 10h19’ alla media di 22,29 kmh; 2° Azzini; 3° Giosuè Lombardi a 1’; 4° Carlo Galetti.

Napoli - Roma
Col partenza alle 7,30 da Capodichino, i 4 atleti rimasti in gara, ripartirono alla volta di Roma. La battaglia fu lasciata agli ultimi chilometri, dove emerse Giosuè Lombardi, che s’avvantaggiò e giunse al traguardo posto allo Stadio Nazionale interamente gremito, con 5 minuti di vantaggio su Sivocci, Azzini e Galetti giunti nell’ordine. Poi, il corridore ligure fu retrocesso al terzo posto, per aver inavvertitamente tagliato il percorso. In un primo momento, fu relegato al quarto, poi definitivamente al terzo. La classifica vide ovviamente vincitore Alfredo Sivocci, che bissava così lo strepitoso successo nella Gran Fondo un mese prima. Il più festeggiato dal pubblico romano, fu però il quarto, ovvero quel Carlo Galetti che, alla veneranda età di 37 anni, era ancora in grado di lottare per vincere. Quando lasciò lo Stadio, dirigendosi verso Piazza del Popolo, venne accerchiato da uno stuolo di ciclisti e pedoni, che gli vollero manifestare da vicino, tutta la loro riconoscenza e il loro entusiasmo.

Ordine d’arrivo: 
1° Alfredo Sivocci Km 230 in 10h10’ alla media di 22,622 kmh; 2° Giusepoe Azzini; 3° Carlo Galetti a 2”, 4° Giosuè Lombardi.

Classifica finale:
1° Alfredo Sivocci Km 460 in 20h29’ alla media di 22,457 kmh; 2° Giuseppe Azzini; 3° Giosuè Lombardi a 2”; 4° Carlo Galetti a 2”.





Sedicesima Edizione – 20 settembre 1920
Il ritorno alla formula di gara unica, pur con un accorciamento del percorso di una cinquantina di chilometri, si mostrò un tonfo per l’organizzazione: solo otto partenti. Lo start il 20 settembre, iniziato da qualche secondo, poco dopo mezzanotte per intenderci, da Porta Maggiore. Gli otto si sciolsero presto, ed in testa andò un ragazzo appena ventiduenne, che non avrebbe mai pensato di poter ambire ad una corsa del genere: il toscano Angelo Marchi. Ad inseguirlo, il trentaduenne rodigino Lauro Bordin, che a dispetto dell’età, era ad una delle sue prime partecipazioni alla massacrante classica. Più staccato, ma con la volontà di arrivare ad ogni costo, l’appena sedicenne Niccolino Di Biase, di Penne, in provincia di Pescara. A Roma, sullo scenario dello Stadio Nazionale, Marchi anticipò Bordin di un’ora e Di Biase di oltre tre. In un primo momento, l’abruzzese fu classificato fuori tempo massimo. Poi, in considerazione dei fatto che tutti gli altri partenti s’erano ritirati, fu classificato al terzo posto.

Sul vincitore.
Angiolo Marchi, nacque a Valeggio sul Mincio il 18 settembre 1898. Non si conoscono data e luogo di morte. Professionista dal 1920 al 1928, con 5 vittorie. Nato nel veronese, ma fiorentino d’adozione, era soprannominato "il guercino", perché strabico da un occhio. Gladiatorio nell’atteggiamento agonistico, anche se non dotato di grandi mezzi, riuscì ugualmente ad emergere, ottenendo buoni risultati nel primo lustro degli anni '20. La sua più prestigiosa vittoria, nella XX Settembre del 1920, quando sfruttò appieno il numero esiguo dei partenti (soltanto 8) e la mancanza di grandi corridori. Per Marchi, quello fu pure il primo successo da professionista. In seguito, vinse nel ‘21 la Coppa Caivano e il Trofeo Morgagni-Ridolfi, mentre nel ‘ 22, la 1a tappa del Giro della Provincia di Reggio Calabria e il Giro del Valdarno. Nel ‘23 fu 20° al Giro d'Italia. Un’onesta carriera la sua, forse pienamente in linea con quelle che erano le sue qualità.

Ordine d’arrivo: 
1° Angelo Marchi Km 409 in 17h10' alla media di 23.802 kmh; 2° Lauro Bordin a 1h; 3° Nicola Di Biase a 3h32’. 

Maurizio Ricci detto Morris

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#28
Diciassettesima Edizione – 20 settembre 1921
Con un nuovo itinerario da svolgere in un’unica soluzione, per 320 chilometri totali, partì alle 4,30 del mattino del 20 settembre dai Cessati Spiriti di Roma, un’edizione tutta votata al rilancio. Il percorso escludeva Napoli, ma non la parte settentrionale della Campania, e chiamava per la prima volta i corridori ad affrontare talune alture dell’Abruzzo e del Molise. Allo start 53 corridori, compresi tutti i migliori in lotta per il Campionato Italiano di cui la Corsa del XX Settembre era prova. Nonostante l’elevato spessore dei partenti però, la corsa fu una delusione, perlomeno in chi sperava in attacchi sulle salite e distacchi degni dell’epoca. Nonostante la cima del colle di Tagliacozzo infatti, allo Stadio si presentarono in otto, certo il migliori del lotto, ma fra di loro s’attese troppo la volata. Il mancato duello sulle salite fra Brunero, fermo in volata, e Costante Girardengo, che, invece, era fortissimo negli sprint, non poteva che terminare con un epilogo vincente per il “Campionissimo”. Ed infatti, l’omino di Novi, non solo anticipò il rivale sul traguardo posto allo Stadio Nazionale gremitissimo, ma vinse la corsa, piegando le ruote veloci di Belloni e Gay. L’entusiasmo della folla, toccò punti incredibili, al punto di far saltare diverse operazioni post gara.

Ordine d’arrivo:
1° Costante Girardengo Km 320 in 13h24'55" alla media di 23.853 kmh;
2° Gaetano Belloni; 3° Federico Gay; 4° Giuseppe Azzini; 5° Angelo Gre-mo; 6° Emilio Petiva; 7° Bartolomeo Aimo; 8° Giovanni Brunero; 9° Nicola Di Biase a 5'05"; 10° Camillo Arduino a 22'05"; 11° Francesco Cerutti; 12° Domenico Schierano; 13° Marzio Germoni a 42'05"; 14° Antonio Tipaldi.



Diciottesima Edizione – 20 settembre 1922
Furono 25 dei 33 iscritti, a partire dal Ponte della Ferrovia alle 4,55 del 20 settembre. Ancora un percorso simile a quello dell’anno precedente, con asperità notevoli, in considerazione dei tempi, ed una lunghezza totale di 338 chilometri. Anche nel 1922, la “Corsa del XX Settembre” fu valida per il Campionato Italiano su strada a punti. La prova vide un’andatura turistica fino al bivio Cassino-Roma, dove Girardengo forò e ad aspettarlo fu Angelo Gremo: un amico, più che un gregario. Il gruppo, con Brunero in testa, accortosi dell’incidente al campionissimo vincitore uscente, accelerò assai, con lo scopo di rendere più complicato possibile, il rientro del favorito. 
A Formia, dove passò primo Sivocci e cadde Molon, rompendosi un braccio, Girardengo fu sul punto di rientrare assieme ai compagni, Gremo e Trentarossi, ed a Gay, a quell’epoca isolato. Brunero, onde evitare il ricongiungimento, decise di accelerare ancora, involandosi assieme ai compagni della Legnano (già diretta da Eberando Pavesi), Pietro Linari, Bartolomeo Aimo e Alfredo Sivocci. Dopo chilometri di furioso inseguimento, contro avversari e forte vento contrario, a Terracina, Girardengo raggiunse lo scopo, e si ricongiunse ai primi. La grande battaglia, era terminata e la corsa cadde in una fase di stanca. Il passo non spedito dei migliori continuò  anche sulle salite e fu rotto solo lungo la discesa delle Frattocchie, quando rimasero al comando in quattro: Girardengo, che era pure Tricolore uscente, Gay, Petiva e Lazzaretti.
Il quartetto andò all’arrivo posto allo Stadio Nazionale, ma negli ultimi chilometri, prima Lazzaretti, poi Petiva su sfilarono un poco. Lo sprint fra Girardengo e Gay fu emozionante e lasciò col fiato sospeso il grande pubblico accorso nell’impianto. Vinse il Campione d’Italia, per una ruota, ed a costo di una grandissima fatica. Fra i due non correva buon sangue e da quel giorno, la loro rivalità si elevò ancora. Il “campionissimo” Girardengo, col successo colto, rafforzò il suo primato nella classifica tricolore.

Ordine d’arrivo:
1° Costante Girardengo Km338 in 13h54' alla media di 24,3 km; 2° Federico Gay; 3° Emilio Petiva a 5”; 4° Romolo Lazzeretti a 45”; 5° Pietro Linari a 2’; 6° Giovanni Brunero'; 7° Angelo Gremo; 8° Bartolomeo Aimo; 9° Alfredo Cominetti; 10° Pietro Bestetti; 11° Ottavio Bottecchia; 12° Luigi Balestrieri; 13° Cesare Garino; 14° Luigi Gilardi; 15° Nicola Bianchedi.
[Immagine: 1*ACYuOuqd3KG0PrOhS8NcGQ.jpeg]


Diciannovesima Edizione – 20 settembre 1923
Tanto entusiasmo e folla impensabile, accolse i 21 partenti dei 33 iscritti all’edizione del 20 settembre 1923. La partenza dai Cessati Spiriti avvenne alle 4,10 del mattino, di una giornata che si presentò ideale. Favorito e da battere il solito Girardengo. La corsa partì rapida e tale si mantenne a lungo, anche se non si riscontrò altrettanto a lungo selezione. Sul traguardo a premio di Ariccia, passò primo Faustini; a Velletri, Gay, ed a Cisterna, Bordin. A 4 chilometri da Terracina forò Girardengo, ma rientrò senza troppi problemi e sul traguardo della cittadina fu primo Azzini. A Fondi, passò in testa Bottecchia, a Ceprano, il romagnolo Gordini, ed a Frosinone, svettò Girardengo. Su una bella salita vicino ad Alatri, in diversi cercarono di staccare il favorito e vincitore uscente, ma ogni tentativo fu vano. A Subiaco, con Gay, che vinse il traguardo a premio, passarono Girardengo, Azzini, Gordini e Lazzaretti; ad inseguirli, a 30”, Bottecchia ed altri sette. Dopo il congiungimento dei due drappelli, a Moricone, attaccò Girardengo, ma fu stoppato da Bottecchia. Seguì una fase convulsa, dove Gay attaccò, Azzini pure e Girardengo rispose, ed alla fine in testa si formò un quartetto che scavò un vantaggio rassicurante sugli altri. I quattro erano: Girardengo, Azzini, Gay e Bottecchia, che andarono uniti al traguardo posto allo Stadio Nazionale. Solo negli ultimi due chilometri, il friulano Bottecchia, non ancora “Botescià” si staccò leggermente dagli altri, non già per cedimento personale, ma per un guasto al pedale. Nella volata convulsa, nonostante una scivolata, Girardengo riuscì a prendere la testa e a non farsi superare da Azzini e Gay giunti nell’ordine. Col terzo successo consecutivo nella Corsa del XX Settembre, Girardengo conquistò la Coppa d’Oro, messa in palio da “Il Messaggero”.

Ordine d’arrivo:
1° Costante Girardengo km 352 in 13h1alla media di 27.028 kmh; 2° Giuseppe Azzini; 3° Ffederico Gay; 4° Ottavio Bottecchia a 50"; 5° Michele Gordini a 11'38"; 6° Angelo Gremo; 7° Enea Dalfiume; 8° Bartolomeo Aimo; 9° Romolo Lazzeretti; 10° Pasquale Di Pietro; 11° Faustini a 11'48"; 12° Angelo Marchi; 13° Severino Dartardi a 17'01"; 14° Vitaliano Lugli a 17 36"; 15° Ferdinando Di Gennaro a 29'32".

Maurizio Ricci detto Morris

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#29
Ventesima Edizione – 20 settembre 1924
Al ritrovo in Piazza San Giovanni si presentarono 31dei 38 iscritti, ed alla partenza fissata al Quadrato della Concordia, alle 5,40 del mattino, altre due defezioni dell’ultima ora, portarono i partenti a 29. Anche questa edizione fu valida per il Campionato italiano a punti. La corsa, si mosse densa di episodi e di attacchi a dispetto dell’andatura, che non toccò mai vertici di pregio, a causa della strade apparse più polverose del solito e della forma non ottimale di diversi dei più attesi protagonisti, incapaci di dar seguito alle loro azioni. Fu una gara a scatti e recuperi, che evidenziò la combattività del fiorentino Linari, del romagnolo di Cotignola Gordini e del romano Lazzaretti. Girardengo andò sovente in crisi, al pari di Gay, anch’egli molto atteso. Taluni si ritirarono prima della fase più calda, come Aimo, Belloni e Gremo, sia per guasti meccanici e sia per una condizione claudicante. L’episodio che ebbe un peso determinante sulla corsa avvenne ad una quarantina di chilometri dall’arrivo, quando forò Girardengo. A quel punto attaccò ancora Linari, più deciso che mai, che tolse fiato a Ciaccheri, incrinò la difesa di Bestetti e mise in crisi la veemenza dell’inseguimento di Lazzaretti e Gordini, ovvero dei due che più di tutti rimasero nei paraggi dell’indemoniato corridore toscano.  Poi, un altro episodio decisivo sulla salita di Tor di Quinto, quando Linari che stava fiaccando le resistenze di Gordini e Lazzaretti tornati sulla sua ruota, cadde. A stento gli altri due lo evitarono, mentre al fiorentino, non restò altro che constatare, che a fronte delle sue buone condizioni, la sua bici si era rotta irrimediabilmente. Mentre i due battistrada, in piena Roma, stavano accingendosi a prepararsi per lo sprint, avvenne il decisivo colpo di scena: in un attimo di disattenzione, Gordini, che era in testa, sbagliò strada. Non così Lazzaretti, che trovò lo slancio per involarsi in solitudine verso il vicino traguardo. Fra la sorpresa generale, il tanto pubblico che gremiva lo Stadio Nazionale, vide così un altro romano vincere la prestigiosa corsa e lo poté festeggiare con un motivo in più. Al deluso e meritevole Gordini, andò un posto d’onore beffardo, mentre Bestetti, che sembrava sicuro terzo, quasi si fermò per farsi superare dall’amico e compagno di squadra Girardengo, al fine di fargli guadagnare un punto in più nella classifica del Tricolore.

Sul vincitore.
[Immagine: 12550.jpg]
Romolo Lazzaretti, nacque ad Arcidosso, in provincia di Grosseto, il 17 novembre 1896. Morì a Roma il 9 giugno 1979. Passista scalatore. Professionista dal 1922 al 1929 con due vittorie. Divenuto romano in tutti i sensi per il trasferimento della famiglia, assieme al fratello minore Remo (anch’egli corridore professionista nel 1922), aprì nel 1916, una bottega per la riparazione di biciclette e macchine da cucire, che, in seguito, diverrà un vero emporio di costruzione e vendita di  ogni tipo di bici, nonché punto catalizzatore di cultura ciclistica della Capitale. Fu questo il motivo del suo tardivo passaggio al professionismo, avvenuto nel 1922, dopo buoni risultati fra i dilettanti.  Nell’anno d’esordio, la sua tenacia e la sua predisposizione alle corse dure, lo portò al 4° posto nella XX Settembre, al 9° posto al Giro d’Italia e al 15° nel Campionato Italiano. Dopo un ’23 avaro di risultanze, si mostrò vincente l’anno successivo, quando ottenne un paio di esaltanti e primarie vittorie: nell’infinita tappa Bologna-Fiume di 415 chilometri del Giro d’Italia (poi chiuso 18°) e nella "XX Settembre". Nell’anno fu poi 7° nel Tricolore. Col 1925, iniziò la sua parabola discendente, anche se restò riferimento del ciclismo centro-meridionale.  Nel 1925, partecipò con la Meteore-Wolber, la sua squadra, al Tour de France, ma si ritirò alla 14° tappa, quella del Galibier. Nel 1926, chiuse 11° il Giro d’Italia. Nel 1929 appese al chiodo i suoi furori agonistici, non quella bicicletta che, nei suoi locali di Roma, fra costruzioni e riparazioni, fu la sua compagna di vita, fino all’ultimo dei suoi giorni.

Ordine d’arrivo:
1° Romolo Lazzaretti Km  296,5 in 11h59'0" alla media di 24.743 kmh; 2° Michele Gordini a 1'; 3° Costante Girardengo a 1'40"; 4° Pietro Bestetti a 2'30"; 5° Nello Ciaccheri a 6'; 6° Emilio Petiva; 7° Riccardo Gagliardi a 21'; 8° Angelo Gabrielli; 9° Angelo Marchi a 21’130”; 10° Federico Gay a 31'25";11° Antonio Tecchio; 12° Luigi Natale Lucotti a 58'23"; 13° Felice Di Gaetano;14° Pasquale Di Pietro.
 
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#30
Ventunesima Edizione – 20 settembre 1925
Su un percorso che si muoveva verso nord est di Roma, ed aveva come riferimento intermedio la città di Rieti, partì dai Cessatì Spiriti la ventesima edizione della Corsa del XX Settembre. Un tracciato più duro dei precedenti, anche se con una lunghezza complessiva più corta del solito: 299 km. Si attendeva un duello fra l’anziano, ma ancora asso Costante Girardengo, ed il veneto in gran crescita, poi mai compiutamente divenuto big, Adriano Zanaga. Col ruolo di outsider di peso quali i vari Gay, Belloni, Petiva e quel Lazzaretti che, era pur sempre il vincitore uscente. La corsa non deluse le attese per quanto riguarda la battaglia fra costoro e se alla fine non fu veloce, il motivo fu soprattutto legato allo stato delle strade e alle difficoltà del percorso. Un momento imbarazzante e di panico per il gesto che ne fu alla base, fu vissuto a Rieti, al rifornimento, quando un anonimo spettatore, lanciò verso Girardengo, una bottiglia vuota, col chiaro intendo di fargli male. Pur andando a segno, il fuoriclasse di Novi assorbì l’impatto e ripartì poco dopo riportandosi sul drappello di testa, che s’era ridotto ad una decina d’unità. La corsa, visse il momento cardine ad una trentina di chilometri dal termine, quando dal drappello citato, evasero Belloni, Zanaga, Ciaccheri, Gilli e lo stesso Girardengo. In prossimità dello Stadio, sede d’arrivo, mollò Gilli e fra i quattro rimasti fu volata  di grande intensità. Ad avere la meglio, ancora una volta, fu il “Campionissimo di Novi”, che superò l’eterno rivale Belloni e l’atteso Zanaga, con Ciaccheri quarto. Per Costante fu il quinto successo nella XX Settembre.

Ordine d’arrivo:
1° Costante Girardengo Km 299 in 12h28' alla media di 23,958 kmh; 2° Gaetano Belloni; 3° Adriano Zanaga; 4° Nello Ciaccheri; 5° Gianbattista Gilli a 48"; 6° Arturo Bresciani a 1'12"; 7° Emilio Petiva a 1'32"; 8° Romolo Lazzaretti a 1'37"; 9° Angelo Verona a 2'42"; 10° Federico Gay a 3'12"; 11° Raffaele Perna a 11'12"; 12° Leonida Frascarelli a 14' 02"; 13° Felice di Gaetano a 17'32"; 14° Pasquale Di Pietro a 17'37"; 15° Antonio Tecchio a 18'32"; 16° Alfredo Barducci a 24'12"; 17° Leonardo Marcantoni a 26'43"; 18° G. Pica a 1h15'12".




Ventiduesima Edizione – 28 novembre 1926
Si potrebbe proprio dire “Veni vidi vici”. Alfredo Binda, non ancora leggendario campione tra i più grandi della storia, partecipò per la prima volta alla Corsa del XX Settembre e…naturalmente vinse, un’edizione comunque ridotta nel chilometraggio a 224 chilometri e corsa nell’insolita data del 28 novembre, causa impossibilità nell’intorno del periodo storico di fine estate, ed inizio autunno. Dominò un campo non stellare, ma con dei buoni corridori in prospettiva. Partirono 28 ciclisti.

Sul vincitore.
[Immagine: 40289194222_f8c74b5772_b.jpg]
Cinque Giri d’Italia, uno, non corso perché pagato per ….troppa superiorità, tre Mondiali, 118 corse vinte, dicono già tutto? No. Alfredo Binda è stato di più. La sua storia è un solco che si sublima perfettamente col ciclismo eroico, dove le strade già facevano la differenza e lui, principe di quel pedale, possedeva una forza tale, da apparire corridore di cinquanta anni dopo.
Alfredo era forte su tutti i terreni e non era nemmeno cannibale, perché sovente si limitava a vincere senza dominare come avrebbe potuto. Una figura lontana e, per quel ciclismo così ancora poco internazionalizzato nella circolazione delle notizie e delle tangibilità, non sempre ricordata come meriterebbero i suoi valori straordinari, potremmo dire unici.     
Nato a Cittiglio (Varese) l’11 agosto 1902, divenne corridore quasi per caso, dopo essersi trasferito in Francia per lavorare. Là faceva lo stuccatore, ma osservava gli avvenimenti con attenzione, come del resto fece sempre, fino all’ultimo dei suoi giorni. Il richiamo della bicicletta lo raggiunse dopo aver staccato amici e compagni di lavoro, nonché Primo, il fratello maggiore che aveva tentato senza successo di correre per davvero. Nel 1921, un emigrante italiano del Piemonte, vedendolo così bravo, gli prestò la sua bicicletta da corsa, affinché provasse l’agonismo, ed Alfredo rispose da par suo, vincendo alla prima occasione, ma fu squalificato per non aver risposto al secondo appello di controllo: era troppo inesperto per sapere queste cose. Si rifece subito vincendo spesso e dimostrando di avere una marcia decisamente in più, quando la strada saliva. La voglia di ritornare in Italia e di fare del ciclismo un mestiere, lo spinse ancora, da perfetto sconosciuto nel suo vero Paese, a trasferirsi in bicicletta da Nizza a Milano, con lo scopo di prendere parte al Giro di Lombardia, la regione sua di nascita e di cuore. Un viaggio estenuante che sciolse lo scetticismo degli organizzatori nell’accettarlo. E così poté partire per la corsa, nonostante avesse nelle gambe già centinaia e centinaia di chilometri. Si comportò così bene, che la Legnano lo assunse per il Giro del 1925, con lo scopo di fare da gregario a Brunero, già vincitore delle edizioni del 1921 e ’22.   
La risposta di Binda sulle strade, fu subito quella del corridore di razza e vinse il Giro alla prima occasione. Durante tutta la corsa, ad ogni segno vincente, il suo entusiasmo lo portò a festeggiare come se avesse concepito un nuovo ed illuminato mondo. Un episodio memorabile, lo fece vivere al termine della vittoriosa tappa Roma-Napoli, quando, per esprime la propria gioia suonò una cornetta presa in prestito da un musicante della banda presente per festeggiare i corridori. Alla fine del ‘25, si ripeté in un successo di prestigio: vinse il Giro di Lombardia. Nel 1926, trionfò nel Giro del Piemonte. Al Giro d’Italia dopo esser caduto nella prima tappa ed aver perduto una quarantina di minuti, seppe recuperare giorno dopo giorno, fino a giungere secondo a Milano. Ancora inesperto, Binda iniziò a far tesoro di tutto quello che un anziano come Pavesi gli diceva, ed a forgiare le sue convinzioni. 
Proprio nel ’26, si verificò uno dei suoi aneddoti più celebri: le 28 uova bevute la mattina prima di partire per il Giro di Lombardia, poi vinto con quasi 30 minuti di distacco sul secondo e coi ritardatari, ancora in corsa, osservati dallo stesso Alfredo alla stazione per Varese, quando ormai aveva preso la via del ritorno. Il 1927, segnò il suo dominio, pressoché totale, al Giro d'Italia. Vinse 12 tappe su 15 e, ovviamente, fu primo a Milano. 
Alla prima edizione dei Campionati del Mondo su strada, lungo il difficile circuito del Nurburgring, in Germania, divenne il primo iridato, praticamente davanti all’intera squadra italiana. Rivinse poi il Giro di Lombardia. La stagione successiva, considerata anni dopo da Binda come la sua peggiore, lo vide ancora vincente al Giro d’Italia (con 7 tappe vinte), ma ai Mondiali di Budapest, la difficile convivenza con Girardengo, lo spinse ad una gara incolore. Nel 1929, rivinse il Giro d'Italia, ma a Milano il pubblico lo fischiò per il suo strapotere. E fu da questo episodio, che gli organizzatori iniziarono a meditare un provvedimento unico nella storia del Giro: pagarlo per non partecipare. Ed infatti, all’edizione del 1930, Binda, non fu al via. Al pubblico si disse che era assente per preparare il Tour, ma, di fatto, Alfredo aveva accettato, sottobanco, il cospicuo rimborso di 22.500 lire (l’ammontare del montepremi per il vincitore della corsa e il successo in alcune tappe).  Al Tour partecipò, ma si ritirò per incidenti e cadute. Si rifece ai Mondiali di Liegi, dove vinse la sua seconda Maglia Iridata. 
Il 1931, s’aprì con la vittoria nella Milano Sanremo, mentre al primo Giro d’Italia, dove si assegnava la Maglia Rosa, fu costretto al ritiro per una caduta che gli impedì di partecipare anche al Tour. Ripresosi, dominò il Lombardia, lasciando il secondo classificato, a 18 minuti. L’anno successivo, il primo delle radiocronache, la vittoria più grande di Binda fu sicuramente il Campionato del Mondo, disputato a Roma. 
Learco Guerra intanto, era diventato un valido e temibile avversario dell’uomo dei “Garun” (la definizione di Alfredo sui garretti, come fattore di forza), ma nel ’33, il cittigliese, riuscì ugualmente a dominare il suo quinto Giro d'Italia. A Milano lo attesero festosi per quella che poi sarà l'ultima sua grande vittoria. Le stagioni seguenti, infatti, segnarono l'inevitabile declino, dopo oltre 10 anni di vittorie memorabili. L'addio definitivo alle corse, nel ‘36, dopo una rovinosa caduta nel corso della Milano Sanremo. Successivamente, Alfredo Binda, da grande corridore si trasformò in altrettanto grande condottiero, guidando la Nazionale Italiana agli storici successi di Coppi e Bartali al Tour. L’uomo che fu pagato per non correre, morì il 19 luglio 1986.

Ordine d’arrivo:
1° Alfredo Binda Km 224 in 8h08'08" alla media di 27,533 kmh; 2° Leonida Frascarelli a 11'; 3° Giuseppe Pancera a 14'18"; 4° Arturo Bresciani a 18'42"; 5° Guido Lattanzi a 29'42"; 6° Secondo Martinetto a 41'38"; 7° Angelo Gremo 8° Gioacchino Malassisi a 44'22"; 9° Arnaldo Moscatelli; 10° Di Tommaso a 45'27".

Maurizio Ricci detto Morris

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#31
Ventitreesima Edizione – 20 settembre 1927
Col Campione del Mondo Alfredo Binda, vincitore uscente, il secondo ai medesimi Mondiali, nonché 5 volte vincitore della “XX Settembre” Costante Girardengo, ed i migliori italiani, l’edizione del 1927, fu da considerarsi stellare. Il ritorno alla formula antica di un itinerario verso Napoli e ritorno, senza soluzione di continuità, ma allungato di cento chilometri per ricercare salite, seppe raccogliere 32 partenti. L’arrivo previsto al Velodromo Appio di Roma, annunciò già il giorno prima un pubblico incredibile. La gara però, fu grande, non già per le figure più attese di Binda, Girardengo e Brunero, bensì per un veronese dalla scorza dei lottatori indomiti: Giuseppe Pancera. Costui fu autore di un’impresa tra le più belle del ciclismo eroico, grazie ad una fuga solitaria e vincente di quasi 400 chilometri. Partito poco prima di Capua, dove si ritirò Girardengo, giunse a Napoli con più di 17’47” sul gruppo dei migliori, con in testa l’iridato Binda, continuò imperterrito la sua azione nel ritorno. Poco prima di Frosinone, con Pancera in anticipo di quasi mezzora, causa una foratura, si ritirò proprio il Campione del Mondo, sicuro di non poter più recuperare, per l’aggiunta del tempo richiesto dal guasto, lo svantaggio sul battistrada. Il veronese, a Fiuggi giunse ad un vantaggio di 36 minuti su Fossato e Gardini, i primi inseguitori. Con il sopraggiungere di Piglio, iniziò la parte più dura del percorso, quella nuova ed il vantaggio di Pancera, iniziò a diminuire su Fossati, che, nel frattempo, aveva staccato Gordini. In cima alla salita di Arcinazzo, l’inseguitore giunse al punto più vicino rispetto al battistrada, ma il disavanzo restò rassicurante, 14 minuti, per un Pancera che appariva più fresco. Ed infatti, nel finale incrementò l’andatura, giungendo all’Appio, sede d’arrivo, con venti minuti su Fossato e oltre un’ora su Gordini. La festa per lui, dopo il traguardo, assunse i caratteri del giubilo: in fondo s’era vissuta un’impresa da leggenda.

Sul vincitore.
[Immagine: 1486635605590.jpg]
Giuseppe Pancera, nacque a San Giorgio in Salici (VR), il 10 gennaio 1899. Morì a Castelnuovo del Garda (VR), il 19 aprile 1977. Passista scalatore. Professionista dal 1925 al 1934 con 12 vittorie. Fu senza ombra di dubbio un protagonista del ciclismo italiano nella seconda metà degli anni '20, fino ad anni ’30 iniziati, sia nelle corse in linea, che nelle corse a tappe, dove seppe cogliere brillanti posti d'onore al Giro d'Italia del '28, dietro ad Alfredo Binda e, soprattutto, al Tour de France del '29, alle spalle del belga Maurice Dewaele. Qui, sfruttò al meglio la sua regolarità che, accompagnata ad una tenacia incredibile, lo portarono ad un risultato strepitoso quanto sorprendente. Ciò lo rese popolarissimo, nonostante la presenza in gruppo di personaggi entrati nella cultura e nel costume degli italiani quali Binda e il vecchio Costante Girardengo. Instancabile pedalatore, fu autore di fughe tanto spericolate, quanto, alla luce della razionalità, da considerarsi impossibili. Prova ne fu, il suo tentativo vincente alla XX Settembre del '27, classica che fece sua con una fuga di 400 chilometri. Altrettanto evidenti suoi pregi, oltre alla tenacia, la modesta e il suo carattere taciturno, che lo preservarono spesso dagli aloni negativi della popolarità e dalle troppe attenzioni degli avversari. Fu Campione d’Italia degli indipendenti nel 1926 e dei professionisti-junior nel ’27, due successi che, forse, avevano stuzzicato nell’osservatorio, voli esagerati di previsioni sul futuro, ma non certo per lui. Gli altri suoi successi furono: la Coppa Bernocchi, il Criterium d’Apertura e la Coppa d’Inverno nel 1926; ancora la Coppa Bernocchi nel ’27; la terza tappa del Giro di Catalogna nel ’28; il Giro del Lago di Garda nel ’29; la seconda, la terza e la quarta al Giro di Catalogna del ’30. Tanti i piazzamenti, spesso dovuti alla mancanza di spunto veloce. Di rilievo anche il terzo posto conquistato nella massacrante "Parigi-Brest-Parigi" del 1931, una gara di 1200 chilometri, senza soluzione di continuità, che fu pure l’ultimo suo piazzamento di peso. In carriera ha partecipato a sette Giri d’Italia, di cui sei finiti (11° nel ‘25; 12° nel ’26; 5° nel ’27; 2° nel ’28; 7° nel ’29; ritirato nel ’30; 39° nel ’34), a quattro Tour de France (2° nel ’29; 20° nel ’30; ritirato nel ’31; 32° nel ’32). Il miglior piazzamento nelle “Classiche Monumento” italiane, fu il 4° posto nel Giro di Lombardia del 1927. Per la sua instancabilità di pedalatore fu soprannominato “Mangiachilometri”. Anche il fratello maggiore Eliseo, ed il fratello minore Antonio, furono corridori professionisti, ma non ottennero risultati particolarmente significativi.

Ordine d’arrivo:
1° Giuseppe Pancera Km 465 in 21h13’ alla media di 22,142kmh; 2° Pietro Fossati a 20’; 3° Michele Gordini a 1h10’; 4° Secondo Martinetti a 1h39’; 5° Tullio D’Achille a 1h51’; 6° Pietro Bestetti a 2h17’; 7° Filippo Torti; 8° Raffaele Perna; 9° Arnaldo Bergami; 10° Riccardo Gagliardi.

Maurizio Ricci detto Morris

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#32
Ventiquattresima Edizione – 20 settembre 1928
(Roma – Napoli – Roma)
Su un nuovo percorso quasi interamente laziale, di 280 chilometri, si avviò alle 6,10 del mattino la Corsa del XX Settembre numero 24. La manifestazione tornò alla denominazione principale, di “Roma-Napoli-Roma”, senza una motivazione precisa, o semplicemente per i segni dei primi e poi sempre più crescenti influssi, che la situazione politica italiana generava sulle stesse organizzazioni sportive. Allo start di via Tuscolana, si presentarono 46, dei 63 iscritti alla prova. A Frascati, il gruppo ad ottima andatura aveva già perso una decina di concorrenti che seguivano a un minuto. Fra questi, anche Chesi, vittima di una foratura, che rientrò sui primi a 5 chilometri da Fiuggi. Qui, a guidare il plotone fu Negrini. A Terracina, ad attaccare a fondo fu Felice Gremo, ma guadagnò poco, ed il suo tentativo si spense presto. L’episodio cardine fra Cisterna e Velletri, quando ad attaccare furono Negrini, Giacobbe e Fossati. I tre, in buon accordo, riuscirono ad arrivare al Velodromo Appio, stracolmo di pubblico, dove era in corso la partita di calcio fra la Lazio e la Triestina. Il pallone, allora, era una tacchetta del ciclismo e la partita fu sospesa per consentire alla corsa di svolgere al meglio l’epilogo. A vincere fu Antonio Negrini, di mezza bicicletta su Giaccobbe e di due su Fossati.

Sul vincitore.
[Immagine: 13853971031453NEGRINIAntonioGiuseppe.jpg]
Antonio Giuseppe Negrini, nacque a Molare (AL), il 28 gennaio 1903. Morì nella località natale il 25 settembre 1994. Passista e pistard. Professionista dal 1926 al 1937 e nel 1949 con 9 vittorie su strada ed una ventina su pista. Fu soprannominato “Bulldog” per il suo fisico da lottatore, un aspetto che unì ad una straordinaria serietà, ad una consistente tenacia e ad una generosità verso quelli che poi erano i suoi capitani, che gli ha impedito di concretizzare di più, un protagonismo in ogni gara assai palpabile. Tanti piazzamenti hanno costellato la sua carriera, perché non aveva uno spunto veloce di nota, nonostante le frequentazioni pressoché costanti della pista. Di Costante Girardengo e Alfredo Binda è stato scudiero, spalla, gregario, fratello putativo, insomma un custode totale. Lo ha fatto anche per il giovane Bartali e poi per Bini. Insomma un uomo squadra che serviva a tutti, perché formidabile passista, capace di tenere bene le salite. Le sue vittorie, contrariamente ai piazzamenti di pregio, sono state poche, ma tutte di grande valore. La sua "perla" di carriera, fu il Giro di Lombardia del 1932  (davanti a Piemontesi e Bertoni), ma vi figurano altre classiche come la XX Settembre e il Giro di Romagna nel 1928, il Giro del Piemonte 1929. Buonissime corse come la Torino-Sestri Levante ’27 e il Criterium di Torino nel ’29. Il Midi Libre èstata la corsa a tappe che più gli ha donato soddisfazioni. In terra francese, infatti, vinse una tappa nel 1934 ed una nel ’35, dove però s’aggiudicò anche la classifica finale.  Su pista vinse in coppia con Girardengo la Seigiorni di Leipzig nel 1928. Non vinse tappe nei sei Giri d'Italia disputati, ma fu 3° nell’edizione del '27, 4° nel '29, fu poi leader (allora non c’era ancora la Maglia Rosa) per un giorno, nel '30. Per due anni ('29 e '30) è stato vicecampione italiano dietro Alfredo Binda, che lo superò anche nel Giro di Lombardia del '27, mentre nella medesima classica, Negrini, chiuse 3° nel ’28, anno nel quale fu 4° alla “Sanremo”. Non ha mai corso il Tour de France. Da dilettante fu uno dei più brillanti del primo lustro anni ’20: partecipò alle Olimpiadi di Parigi nel 1924, chiudendo 5°, la prova a squadre e 15° quella in linea.

Ordine d’arrivo:
1° Antonio Negrini Km 280 in 10h30’ alla media di Km. 27,384; 2° Luigi Giacobbe; 3° Pietro Fossati; 4° Angelo Rinaldi a 7’; 5° Aristide Cavallini; 6° Enrico Eboli; 7° Pietro Chesi; 8° Mario Faustini; 9° Armando Gori; 10° Leonardo Mariantoni. 

Maurizio Ricci detto Morris

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#33
Venticinquesima Edizione – 20 settembre 1929
Su un percorso che tornava al tradizionale, da svolgere in un’unica tappa di 470 chilometri, partirono alle 21,15 dai Cessati Spiriti di Roma 46 corridori, tutti i migliori italiani, eccezion fatta per la Maino di Girardengo e, con lui, di Negrini, vincitore uscente e Giacobbe. A buona andatura i concorrenti si “mangiarono”  in una notte serena, con bella luce lunare ed aria fresca, i primi 100 chilometri, raggiungendo Terracina. Qui passarono insieme sette corridori: Frascarelli, Binda, Piemontesi, Pancera, Catalani, Chiappini e Gori. A 2’20” Vallazza e Belloni, ed a 4’, sgranati, Proietti, Bestetti, Mammina e Di Biasi. A costo di un veemente inseguimento, che vide protagonista principale Belloni, il gruppo di testa sui rinfoltì in vista di Formia. Poco dopo questa località, forò per la terza volta Binda, che anziché dannarsi come in precedenza, aspettò l’auto della Legnano e si ritirò. Ciò provocò un rallentamento notevole, ed a Capua, in testa passò un gruppo di 25 corridori, fra i quali il fratello minore di Alfredo Binda, Albino. A Napoli in piazza San Carlo, una folla enorme aspettò i ciclisti per la firma di controllo. Ad arrivare con un leggero anticipo sugli altri, fu il romano Frascarelli Il gruppo di testa aveva impiegato per compiere il tratto Roma-Napoll, nove ore e nove minuti, marciando ad una media di 25,450 kmh. Sempre senza forzare, i concorrenti giunsero a Teano, dove partirono Spadolini, Belluni, Mammina, Vallazza, Piemontesi, Frascarelli e Pancera. Dopo un paio di chilometri sopraggiunsero Gori. Bastetti e Catalani e dopo il superamento di un incidente con l’auto della giuria, rientrò anche Chiappini, seguito da Cecconi. A Cassino, la situazione si rimescolò e tagliò per primo il traguardo a premio, Spadolini, seguito a ruota da Frascarelli, indi Belloni, Catalani, Pancera, Chiappini, Cecconi, Piemontesi, Gori, Bestetti ed altri. Poco dopo, Frascarelli, iniziò ad accusare forti dolori allo stomaco e si ritirò. A Ceprano dopo 367 chilometri, fu Pancera a vincere il traguardo a premio. La corsa entrò nel vivo poco prima di Frosinone, quando il cielo divenne coperto minacciando pioggia e, forse per questo, stuzzicò i furori di Piemontesi che allungò decisamente il passo. Fu seguito da Belloni e Catalani e, poco più tardi, si unì a loro anche Pancera. A quel punto però, l’andatura dei battistrada diminuì e rientrò su di loro anche Mammina. Sulla salita di Ferentino, la sempre bassa andatura del gruppetto di testa, consentì il rientro di altri tre corridori:  Vallazza, Bestetti e Spadolini.Verso la cima scattò Pancera, sul quale si riportarono per primi Piemontesi e Belloni, poi gli altri, ed a Palestrina, dopo 440 chilometri, gli otto di testa erano ancora insieme. Cinque chilometri dopo, forò Piemontesi. Fu la scintilla della battaglia. Si susseguirono chilometri di scatti e contri scatti: crollò letteralmente Spadolini e mollarono un poco anche Mammina e Vallazza, mentre Piemontesi ritrovò forze incredibili e rientrò dalla foratura. I cinque rimasti davanti, andarono dritti all’arrivo posto sul rettilineo davanti alla Rondinella. Qui, il folto pubblico poté assistere ad una sontuosa volata del vecchio Belloni, 37 anni, che anticipò di mezza ruota Piemontesi e Bestetti.

Ordine d’arrivo:
1° Gaetano Belloni km 470 in 18h45’ alla media di 25,044 kmh; 2° Domenico Piemontesi; 3° Piero Bestetti; 4° Giuseppe Pancera; 5° Alessandro Catalani; 6° Nicolò Mammina a 2’; 7° Ermanno Valazza;.8° Arnaldo Gori a 4’; 9° Mario Spadolini a 14’; 10° Giovanni Vitto a 32’; 11° Enzo Agliani; 12° Valerio Chiappini a 38’;  13° Erminio Di Biasi a 47’; 14° Arnaldo Bergami a 56’; 15 Antonio Cervoni.




Ventiseiesima Edizione–20 settembre 1930
L’avventura della Società Sportiva Forza e Coraggio di Roma e del giornale “Il Messaggero”, giunse così al 1930. Si trattava di un’importante tappa, ma l’incalzare dell’UVI (Unione Velocipedistica Italiana), ed il regime totalitario che gravava sull’Italia, iniziarono a porre paletti e volontà che cominciarono ad incrinare l’entusiasmo degli organizzatori. Ciononostante, l’edizione del 1930, non subì contraccolpi eclatanti. 

Roma - Napoli
La 26esima “XX Settembre” partì alle 8,40 del mattino da Corso Principe Eugenio e poté vivere sulla partecipazione di 51 concorrenti. La tipologia di corsa fu modificata rispetto agli ultimi anni e ritornò a proporre due tappe distinte, ed una classifica finale a punti. La frazione verso Napoli, fu avara di episodi e visse, pur a buona andatura, sul motto “avanti insieme”. L’unica nota di cronaca di una certa tangibilità, la diede il corridore romano Tullio D’Achille che, dopo aver vinto la volata per il traguardo a premi di Fondi, proseguì solitario al comando per un bel gruzzolo di chilometri. Poi qualche scaramuccia, ma niente di particolare. Cosicché, al traguardo posto all’Arenaccia di Napoli, si presentò un folto gruppo che si spezzò solo per l’inezia di qualche secondo, a causa del caos che la volata favorì. Vinse da par suo, probabilmente il più forte velocista che l’Italia ciclistica possedeva in quell’annata: Michele Mara. Questo sorridente atleta di Busto Arsizio, superò nettamente di due biciclette il cesenaticense Pio Caimmi, ed il toscano Raffaele Di Paco.

Ordine d’arrivo:
1° Michele Mara Km 230 in 8h49’ alla media di 26,146 kmh; 2° Pio Caimmi; 3° Raffaele Di Paco; 4° Fabio Battesini; 5° Luigi Marchisio a 9”; 6° a pari merito con lo stesso tempo: Crippa, Lalle, Spadolini, Giacobbe, Fossati, Rinaldi, Gremo, Orecchia, Morelli, Camusso, Rovida, Falera, Piemontesi, Negrini, Di Vitto, Pesenti, Diamantini, D’Alessandris.

Napoli – Roma
Alla partenza, data alle ore 8 da Capodichino, si sperava in una condotta dei corridori più battagliata, ed invece la prova di ritorno verso Roma, fu ancor meno animata della precedente e percorsa ad andatura ancora più blanda. Cosicché, nonostante un errore di percorso, che aveva spezzato e riunito il gruppo, praticamente tutti i concorrenti rimasti in gara, si giocarono il traguardo di Roma, presso il motovelodromo Appio gremito in ogni ordine di posti. Rivinse con una stupenda volata Michele Mara, stavolta su Piemontesi e Morelli. Per il corridore bustese, arrivò anche la vittoria nella classifica finale a punti. Si trattava comunque di un successo meritato, che andava ad aggiungersi alle prestigiose affermazioni che Mara aveva colto nell’anno: su tutte la Milano-Sanremo, il Criterium di Apertura e ben 5 tappe al Giro d’Italia.

Sul vincitore.
[Immagine: 198px-Tour_de_France_1929_-_Michele_Mara.JPG]
Nato a Busto Arsizio il 2 ottobre 1903, deceduto a Milano il 18 novembre 1986. Passista veloce. Professionista dal 1928 al 1937 con 23 vittorie. È passato alla storia come un velocista puro, ma a ben vedere, era capace anche di tenere su certe salite, ed aveva un ottimo passo. Di qui la più corretta definizione di passista veloce. Un corridore breve nelle sue punte di carriera, ma in quel lasso, fu intenso e popolare. Ottimo dilettante, nonostante avesse imparato ad andare in bicicletta alla “veneranda” età di 20 anni, imperversò a lungo, fino a giungere al posto d’onore, dietro ad Allegro Grandi, nel Mondiale della categoria del 1928. All’indomani di quel podio, passò professionista con la Bianchi (che sarà la sua unica squadra di carriera, a parte un intermezzo, nel ’33, con la “Genial Lucifer”, limitato alle corse francesi) e riuscì a correre due prove di rilevanza, come il Giro dell’Emilia, dove dimostrò subito grande competitività giungendo terzo e il Giro di Romagna, che chiuse al sesto posto. Nel 1929, arrivarono i primi concreti segni vittoriosi del Michele Mara nell’elite del ciclismo, coi successi nella Coppa Santagostino, nella Coppa Crespi a Legnano, nel GP Cervino a Varese e nell’Astico Brenta. Stellare il suo 1930, con tredici successi (per quei tempi un numero enorme). Riuscì a primeggiare, sia nella Milano-Sanremo che nel Giro di Lombardia (in seguito alla retrocessione di Piemontesi per irregolarità, ma davanti a Binda e Guerra), indi in ben cinque tappe del Giro d’Italia: a Catania (la prima) e Milano (l’ultima), nonché a Teramo, Ancona e Rovigo. Al suo attivo anche la Roma-Napoli-Roma (la famosa XX Settembre) e le due frazioni che la componevano, la seconda tappa della Torino-Bruxelles (GP du Centenaire), il Criterium d’Apertura e il Circuito di Varese. 
Nel 1931, rivinse due tappe al Giro d’Italia, a Napoli e Genova, oltre a piazzarsi altre cinque volte sul podio di frazione. Chiuse il Giro in sesta posizione. Notevoli anche i piazzamenti di stagione: finì 2° nel Giro di Lombardia, nella Predappio-Roma e 3° nel Campionato Italiano e nella Tre Valli Varesine. Col 1932 iniziò la sua flessione, anche se continuò a piazzarsi tantissimo in classiche come la Milano Sanremo (3°), nonché nelle tappe del Giro d’Italia. Nell’anno fu pure 3° al Giro di Campania e 6° nel “Lombardia”. Vinse invece il Giro dei Castelli Romani. Dopo un 1933 avaro in tutti i sensi, anche per diversi problemi fisici (nell’anno si segnalò solo per il 10° posto alla “Sanremo” e il 13° nel “Lombardia”), ritornò ruota vincente nella stagione seguente, quando vinse il Trofeo Collinet in Francia e, sempre in terra transalpina, il GP degli Italiani, a Nizza. In Italia, si piazzò in un paio di tappe al Giro, ma niente di paragonabile alle condotte degli anni d’oro: era al tramonto. Continuò a correre ancora un paio di stagioni senza sussulti e, agli inizi del 1937, chiuse l’attività. Il testimone passò a suo fratello minore Enrico, che però, non arrivò mai a risultati di peso.

Ordine d’arrivo: 
1° Michele Mara Km 236 in 10h30’10” alla media di 24,218 kmh; 2° Domenico Piemontesi; 3° Ambrogio Morelli; 4° a pari merito col tempo del vincitore: Battesini, Di Paco, Giacobbe, Pesenti, Marchisio, Canazza, Giuntelli, Camusso, Negrini, Perna, Fossati, Crippa, Falera, Larona, Canavesi, Cardinali, Spadolini, Di Vitto, Gori, D’Achille, Orecchia, Rinaldi, Torti, Gremo, Giannini, Bergami.

Classifica finale a punti:

1° Michele Mara punti 2; 2° Raffaele Di Paco punti 7; 3° Domenico Piemontesi punti 8, 4° Ambrogio Morelli punti 8, 5°  Fabio Battesini punti 8.

Maurizio Ricci detto Morris

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#34
Ventisettesima Edizione–10 settembre 1934
Dopo uno stop lungo quattro anni la Roma-Napoli-Roma tornò, ma ad organizzare non furono più le entità che avevano fondato, lanciato e cementato questa manifestazione per un  trentennio. La posizione de “Il Messaggero” che l’aveva sostenuta già dalla prima ora e marcato in seguito sempre più significativamente la prova, si era defilata. Non già per abbandono d’amore, ma per latenti dissidi con la nuova organizzazione che, dall’UVI romana, si allargava decisamente al partito totalitario che imperava sul Paese e che, comunque, nello sport, investiva più attenzioni che altrove. La Società “Forza e Coraggio”, aveva di fatto lasciato spazio, per la gran parte giocoforza, all’Associazione Sportiva Roma, di diretta emanazione fascista. Fatto sta, che la corsa del XX Settembre, si ripresentò dopo 4 anni, sul percorso tradizionale (solo accorciato di una cinquantina di km, su parti considerate ininfluenti) e senza soluzione di continuità. 
La partenza da Tor Pignattara all’una di notte circa, trovo l’adesione di 54 concorrenti. Le prime fasi si mostrarono veloci,anche perché i ciclisti poterono approfittare di qualche piccolo tratto in più di asfalto. A Ferentino, dopo due ore e un quarto di gara percorsi alla media di 35 kmh, passò in testa il favorito Learco Guerra, che stava insistendo su una situazione di fuga nata per caso. I primi inseguitori, ovvero Clerici, Guarducci, Bergamaschi e Piubellini, passarono a poco più di un minuto. Qualche chilometro dopo, “la Locomotiva” di Mantova, si fece riprendere. Si formò così al comando un drappello di cinque uomini che, alternando tratti di buona andatura, ad altri di assoluta moderazione, consentirono il rientro, comunque eccelso, di un generosissimo Balli. I sei passarono dall’Arenaccia di Napoli con Guerra, ancora primo, come in tutti gli altri traguardi intermedi fino all’arrivo del Motovelodromo Appio di Roma. Qui, dovendo percorrere cinque volte il giro dell’anello, il gran pubblico poté assistere prima alla lotta per porsi alla ruota di Guerra, indi alla progressione impossibile per gli altri del mantovano, che andò a vincere, con quasi due biciclette su Guarducci e quattro su Piubellini. La “Locomotiva”, andava così a porre il proprio nome sulla classica romana, che restò a lungo come l’ultimo nell’albo d’oro della manifestazione.

Sul vincitore.
[Immagine: guerra_l2.jpg]
A ben guardare, la carriera di questo autentico riferimento della storia del ciclismo italiano, rappresenta una delle più incredibili ed opposte al modus classico del corridore. Già, Learco nato  il 14 ottobre del 1902 a San Nicola Po, frazione di Bagnolo San Vito, una piccola borgata di poche centinaia di anime in provincia di Mantova, non avrebbe mai pensato di dedicarsi al ciclismo. Da ragazzo, per vivere ed aiutare la sua famiglia, si dedicò al mestiere di manovale e lo sport, nella sua testa, era legato ad un pallone. Infatti a diciotto anni, entrò nella squadra di calcio locale, l'Aurora,  diventando pure un discreto attaccante. Ben presto però, capì che non sarebbe diventato un giocatore d’avvenire, ed anche se nel frattempo gli erano giunti i gradi di capitano, visse lo sport come uno svago. Finì per essere perfino presidente della sua società e, quasi a voler bruciare le tappe della sua maturità, a ventitré anni, si sposò. Un uomo già fatto per quei tempi, dunque. La nuova dimensione lo spinse a farsi carico della costruzione, attorno al campo di calcio, di una pista. Lo scopo era quello di  dare più risposte allo sport, non un’ambizione personale. Iniziò così come altri a pedalare….scoprendosi bravo. Pur essendo vecchietto per il ciclismo, le sue qualità spinsero un po’ tutti, moglie compresa, a consigliargli la “pazzia” di una prova. Nel 1928, già ventiseienne, iniziò davvero a correre, da subito nella categoria cuscinetto fra dilettanti e professionisti, ovvero gli indipendenti. Pensava alla pista soprattutto, anche perché, subito passato tra i prof come isolato, sull’impianto di  Carpi, conquistò il suo primo Titolo Italiano in una prova che potrebbe essere considerata similare all’o-dierna corsa a punti. Vinse così bene, che apparve a tutti, anche come un possibilissimo stradista. Incentivò così le sue partecipazioni su strada, ed il buon comportamento, culminato con due vittorie di tappa, a Roma e Forlì, nonché il nono posto nella classifica finale del Giro d’Italia 1930, spinse i tecnici della Federazione a selezionarlo per il Tour de France. Learco, nella Grande Boucle, partì come gregario, ma il ritiro di Binda gli spianò le porte per fare la sua corsa, al punto di divenire l'autentica rivelazione della manifestazione. Conquistò, infatti, la piazza d'onore, alle  spalle del francese Leducq e fu protagonista anche ai successivi Mondiali di Liegi, vinti da Binda. Era l’inizio della sua breve ed intensa era. Pur non essendo uno sprinter puro, le sue progressioni erano in grado di fargli vincere anche volate di gruppo, mentre sul passo, si dimostrò da subito così formidabile, da essere definito "locomotiva umana". Anche in salita era bravino e, forse, per il suo retroterra sportivo, si dimostrò eccezionale nel recupero. Insomma un grande atleta. Nel 1931, pur partendo molto bene al Giro d'Italia, dove vinse 4 tappe ed indossò la prima Maglia Rosa del romanzo della manifestazione, fu costretto al ritiro. Ma la rivincita era vicina, ed ai Mondiali di Copenaghen, gli unici nella storia a svolgersi a cronometro (170 km!), si laureò alla grande campione del mondo.  Nel 1932 con la Maglia Iridata addosso, vinse sei tappe al Giro, finito poi al quarto posto. L’anno successivo, si aggiudicò la Milano Sanremo e riprovò l’avventura al Tour. Qui, superò il tentativo di sabotaggio alla Nazionale italiana, attraverso cibi avariati e, da gran lottatore quale era, riuscì ad arrivare ancora secondo, dietro al francese Speicher. Nel 1934, dominò il Giro d'Italia, aggiudicandosi dieci tappe, oltre alla classifica finale. Al Mondiale di Lipsia conquistò la piazza d'onore dietro al belga Kaers, ed in autunno, si aggiudicò il Giro di Lombardia. Dopo lo stellare ’34, la sua carriera iniziò a scendere, ma fu ancora capace di belle vittorie, sia su strada che su pista, versante sul quale sbagliò a non tentare mai il record dell’ora. Nel suo pezzo forte, il cronometro, si distinse anche nelle allora soventi prove a coppie. Vinse infatti, il Giro della Provincia di Milano con Piemontesi nel '34, con Battesini nel '35, con Bartali nel '36 e nel G.P. Industria a squadre '36 con Bartali e Gotti. Continuò a correre, fra strada e pista fino al 1942, quando a 40 anni, s’aggiudicò il Titolo Italiano nel mezzofondo. 
Terminata la carriera agonistica, passò sull'ammiraglia, divenendo uno tra i più stimati ed intelligenti tecnici del dopoguerra. Learco portò in Italia un campione della statura di Hugo Koblet e, successivamente, uno dei più grandi scalatori della storia: Charly Gaul. Guerra morì a Milano, a poco più di 60 anni, il 7 febbraio 1963, in seguito all’estensione del morbo di Parkinson.

Ordine d’arrivo:
1° Learco Guerra km 46 in 15h09’07” alla media di Km. 30,537; 2° Umberto Guarducci; 3° Isidoro Piubellini;  4° Vasco Bergamaschi; 5° Abele Clerici; 6° Ruggero Balli; 7° Antonio Fraccaroli a 15’01”; 8° Aldo Castagnoli; 9° Antonio Andretta; 10° Andrea Minasso; 11° Bruno Foschi; 12° Carlo Romanatti; 13° a pari  merito e con lo stesso tempo di Fraccaroli: Arcangeli, Mischianti, Cavalieri, Zenobi, Leoni, Ciccotelli, Carlotti, Calcabrini, Tognoni, D'Achille, De Paolis, Jacoangeli, Rossi, Lusiani, Morelli, Fossati; 29° Di Gaetano; 30° Malatto.

Maurizio Ricci detto Morris

....segue
 
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#35
Ventottesima Edizione 20-22 aprile 1950

Sedici anni dopo l’ultima edizione, la Roma-Napoli-Roma tornò completamente nuova. Ad organizzare, fu il “Corriere dello Sport”, giornale che, col ciclismo, sport di gran lunga più popolare, intendeva lanciarsi su aree dove era ancora poco diffuso, senza dimenticare l’eco nazionale che un simile sport poteva garantire. Un aspetto, quest’ultimo, che veniva considerato importante, per distruggere anche gli ultimi echi di quel “Il Littorale”, ovvero il nome che era stato dato al giornale in epoca fascista. Nonché quel colpo di coda, a fascismo ormai sconfitto, dopo il ritorno al nome di fondazione, che nel 1944, con Giuliano Ongaro come direttore, vide una riproposizione, per qualche settimana, dell’intitolazione usata in periodo fascista. 
Il nuovo direttore, Bruno Roghi, persona dalla cultura sportiva profonda, volle che il ritorno della Roma-Napoli-Roma, fosse una novità anche nella forma, affinché la testata si ponesse a contrastare meglio la leadership della Gazzetta dello sport che, col Giro d’Italia, ed il dualismo Coppi-Bartali, era andata alle stelle. La storia poi dirà che lo sforzo e l’intuito di Roghi, rimarranno lettera morta nel giornale, dopo la sua dipartita. E non è un caso che il Corriere dello sport, unendosi a Stadio, abbia poi frantumato il giornale che si stampava a Bologna e che si portava presso una bella tradizione nel ciclismo. La situazione odierna, che vede il giornale romano, al pari dell’associato Tuttosport, come uno dei principali artefici dello sgretolamento del ciclismo negli interessi degli abituali lettori di sport, ebbe dunque genesi quando la corsa Roma-Napoli-Roma, poi divenuta Gran Premio Ciclomotoristico, non fu più proposta e s’andò progressivamente a ridimensionare il sostegno verso altri avvenimenti minori. Volendo dare una data molto realistica a tutto questo, potremmo dire con tanto realismo che fu il 1962. Ad appoggiare il Corriere dello sport nell’impresa organizzativa, oltre alle società romane e all’UVI, con la medesima intensità della testata sportiva, un giornale non di sport come “Il Tempo” e, successivamente, nelle edizioni a cavallo della metà degli anni ’50, anche da “Il Giornale d’Italia”, ovvero il medesimo che fu la base di sostegno del Giro di Sardegna. Come dire: allora i giornali vedevano il ciclismo come un “produttore”, non uno sport da dissacrare, aldilà dei propri demeriti e dei suoi “sibillini” dirigenti, come sta avvenendo da tre lustri ad oggi. 
La nuova Roma-Napoli-Roma, fu veramente qualcosa di unico. Prima ancora che per il cast di gran pregio internazionale, che costituiva comunque una grande novità, perché mai prima del 1950, la manifestazione aveva visto la partecipazione di assi stranieri, nonché per il cambio di data che andava ad assestarsi in primavera, il vero motivo di distinguo stava in una “prima” inaspettata in Italia: la corsa, seppure parzialmente, era proposta dietro allenatori meccanici, ovvero motoscooter. Una tipologia in voga nei paesi di tradizione ciclistica, ma non nella penisola italiana, pista a parte. Con questa tipologia si distingueranno tutte le edizioni dal 1950, fino all’ultima, quella del 1961. Anzi, dal 1955, la Roma-Napoli-Roma, pur consumandosi su itinerari diversi nel centro-sud, giunse a rimarcare il proprio distinguo, chiamandosi Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni.   
Nel 1950, la manifestazione propose due tappe, composte di altrettante semitappe, una delle quali da svolgersi dietro motoscooter. La prima semitappa, o settore, come si era soliti chiamare al tempo una porzione di frazione, con sua graduatoria e classifica, si sarebbe corsa a cronometro dietro allenatori meccanici, sugli 81 chilometri di distanza fra Roma e Frosinone. I motoscooter avrebbero riposato nel pomeriggio, dove dal capoluogo ciociaro, i corridori in linea avrebbero raggiunto il traguardo di Napoli. Il giorno dopo la seconda tappa con un primo settore in linea, da Napoli a Terracina nuovamente in linea e subito dopo, sullo slancio della corsa, i concorrenti avrebbero agganciato i rispettivi allenatori per i 38 chilometri della « Fettuccia » fino a Latina. Dopo un breve riposo in questa località, partenza a squadre (inversamente all'ordine di classifica), ancora dietro gli allenatori, alla volta di Roma, distante 80 chilometri. Nelle fasi di preparazione e di punzonatura, si poté riscontrare lo straordinario interesse del pubblico, un aspetto che segnerà ulteriormente questa seconda versione della corsa, fino all’ultima edizione compresa, a testimonianza di quanto al sud si vivesse il ciclismo in epoche oggi così lontane. Quando per la prima volta sfilarono per le vie di Roma le macchine allenatrici, munite di rullo dietro la ruota posteriore, esattamente come quelle in uso nelle gare di mezzofondo su pista, gli spettatori furono decine e decine di migliaia. Ed ancor più folta la ressa quando dietro la moto, per una prova, Fausto Coppi, che aveva prescelto per questa come allenatore Battesini, pedalò sull’Appia per una ventina di chilometri. Con lui, anche il fratello Serse e quel gran corridore ma fido amico e gregario, il belga Keteleer. Notevolissimo lo spessore del cast che punzonò in questa edizione d’esordio: da Coppi a Bartali, da Van Stenbergen a Kint, a Magni, a Robic, a Bevilacqua, Bobet, Leoni, il già citato Keteleer, fino ad un’altra ventina di buoni corridori scelti dalle case, nel massimo stabilito di 3 per sodalizio. Si attese a lungo anche il fortissimo olandese Gerrit Schulte, detto il “pazzo volante”, ma all’ultimo momento diede forfait. Dopo le prove, il gruppo di ciclisti che punzonarono con un certo anticipo sui tempi massimi stabiliti, furono ricevuti dal Pontefice. Insomma, un clima da grandissimo evento.
 
Prima semitappa: Roma-Frosinone
A pilotare i motoscooter quasi tutti ex corridori ciclisti. All’attesissimo Rik Van Steenbergen, Campione del Mondo in carica, Girardengo, titolare del sodalizio dell’iridato, aveva assicurato  Battesini, il medesimo della prova di Coppi del giorno prima. A Bartali andò Latini, mentre per l’Airone Coppi, venne a Roma, il capo collaudatore della Bianchi, Oriani. La frazione interamente percorsa a cronometro individuale dietro motoscooter, sul comunque lungo chilometraggio di 81 km, fece registrare subito una grande sorpresa. A vincere fu il minuscolo Jean Robic, detto “Testa di Vetro”, vincitore del Tour de France ’47, che anticipò Coppi di 46”, con l’iridato Van Steenbergen, terzo, staccatissimo, ad oltre 4 minuti. 

Ordine d’arrivo: 
1° Jean Robic Km 81 in 1h29’24”, alla media di  52,416 kmh; 2° Fausto Coppi a 46"; 3° Rik Van Steenbergen a 4'13"; 4° Luison Bobet a 5'58"; 5° Marcel Kint a 6'08": 6° Fiorenzo Magni a 6'38"; 7° Nedo Logli a 7’30''; 8° Gino Bartali e Adolfo Leoni a 9'45".


Seconda semitappa: Frosinone-Napoli
Dopo essersi fermati un paio d’ore a Frosinone, i ventotto corridori partirono per la seconda semitappa, in linea e senza allenatori, con destinazione Napoli. La frazione fu avara fino a Capua, a quaranta chilometri dal termine, quando allungò Quirino Toccaceli. Il vantaggio accumulato dall’alfiere della Viscontea, si sciolse in un battibaleno a Caserta, quando lo scoppio di una gomma a Van Steenbergen, scatenò la battaglia. Uscirono dal gruppo in sei e si capì subito che sarebbero andati al traguardo. Poi, alle porte di Napoli, fra i battistrada forò Antonio Bevilacqua, a cui fu tolta la possibilità di giocarsi la volata decisiva sulla pista in terra dell’Arenaccia. Qui, il favorito Luciano Maggini, magistralmente lanciato dal compagno Alfredo Martini, parve avere partita vinta, ma a cinquanta metri dal traguardo, uscì benissimo dalla sua ruota, Serse Coppi, che regolò il pur veloce toscano di una buona lunghezza. Terzo finì Virginio Salimbeni.

Sul vincitore.
[Immagine: Serse%20Coppi_zpsb4sdqg7g.jpg?t=1545927455]
Serse Coppi nacque a Castellania (AL) il 9 febbraio 1923. Morì a Torino il 29 giugno 1951. Passista veloce. Professionista dal 1945 al 1951 con 7 vittorie. Cresciuto all’ombra del fratello Fausto, mostrò presto sue qualità specifiche. In altre parole, non è stato un raccomandato, come si è soliti dire oggi, ma uno che ha saputo conquistarsi qualche soddisfazione, grazie ai suoi meriti. Dopo una promettente carriera dilettantistica, vissuta però nelle intermittenze che la guerra lasciava, passò professionista a conflitto finito e, nel 1945, si mise in grande evidenza grazie ad un terno di successi di buon prestigio, come la Milano-Varzi, gara alla quale prendeva parte anche Fausto, la Coppa Boero e il Circuito della Valle Scrivia. A fine stagione chiuse 11° il Giro di Lombardia. Nel 1946 giunse 2° nel GP de l’Equipe in Francia, indi fu 3° nel Giro dell’Emilia, 4° alla Coppa Bernocchi; 5° nel Giro del Piemonte e nel Circuito di Genova, 8° nel Campionato Italiano e nella Milano-Torino, 10° nel Campionato di Zurigo e finì il suo primo Giro d’Italia al 24° posto. Iniziò cautamente la stagione 1947, poi una grave caduta nella settima tappa del Giro, la Firenze-Perugia, gli costò un lungo periodo di inattività: si era fratturato una gamba. Riprese con difficoltà e nel 1948 colse il 3° posto nella “Bernocchi” e chiuse 17° il “Lombardia”. La stagione ’49, segnò il suo ritorno nelle migliori condizioni. Fu 3° nel Circuito di Ostia, 2° a Bordighera e ancora 3° a Verona, fu 18° alla “Sanremo”. Fu poi protagonista alla Freccia Vallone, dove chiuse 19°, secondo degli italiani dietro a suo fratello. Indi il suo capolavoro alla Parigi-Roubaix, dove gli fu assegnata una vittoria ex-equo con il francese Mahé. Era successo che, mentre i corridori che si trovavano in fuga, ovvero Mahé, Leenen e Moujica, sbagliarono percorso, ma con colpe dell’organizzazione, Serse, fu il primo a tagliare il traguardo, vincendo la volata del gruppo. Quando giunsero i tre fuggitivi, a spuntarla fu Mahé. Dopo un'infinità di discussioni, reclami e ricorsi, fu deciso che i vincitori dovevano essere entrambi. Disputò poi il Giro d'Italia, dove fu peculiare nel trionfo di Fausto e chiuse la corsa 55°. Nel post corsa rosa, vinse il Circuito di Lucca e chiuse 20° il “Lombardia”. Nel 1950, vinse la Frosinone-Napoli, frazione della Roma-Napoli-Roma e il Circuito di Pétange in Lussemburgo. Fu poi spalla del grande fratello, nello sfortunato Giro che lo vide tolto di gara, per la caduta di Primolano. Serse chiuse la “Corsa Rosa” al 50° posto, dopo aver colto un 2° ed un 3° di tappa. Con Fausto si rifece poi a fine stagione, giungendo 2° nel Trofeo Baracchi. Nel 1951, ottenne un brillante settimo posto nel Giro del Lazio, fu spalla  del fratello al Giro d'Italia, che chiuse 54°. Fausto lo volle con sé nella squadra per il Tour, ma pochi giorni prima della Grande Boucle, Serse morì, in seguito ad una caduta negli ultimi chilometri del Giro del Piemonte. Raggiunse il traguardo con le sue forze, poi, la sera, in albergo, perse i sensi. Gli fu fatale un’emorragia cerebrale. Era il 29 giugno 1951. 

Ordine d’arrivo:
1° Serse Coppi, Km 135 in 4h19'27", alla media di35,498 kmh;  2° Luciano Maggini; 3° Virginio Salimbeni; 4° Alfredo Martini; 5° Luison Bobet; 6° Adolfo Leoni a 21"; 7° Giovanni Corrieri; 8° Oreste Conte; 9° Antonio Bevilacqua a 2'10". Segue il gruppo a 3'13".

Classifica generale dopo la prima giornata:
1° Jean Robic in 5 ore 52'04"; 2° Fausto Coppi a 46"; 3° Luison Bobet a 2'45"; 4° Rik Van Steenbergen a 4'13"; 5° Marcel Kint a 6'08"; 6° Fiorenzo Magni a 6'38"; 7° Adolfo Leoni a 6'49".

[Immagine: Robic%20coi%20Viscontea_zpsd8sdfw7x.jpg?t=1545927063]
Jean Robic, al centro, coi compagni della Viscontea-Ursus, Mario Ricci a sinistra e 
Primo Volpi a destra


Terza semitappa: Napoli-Latina
La corsa partì in gruppo, senza allenatori, da Napoli a Terracina, a passo poco più che turistico (neanche trentadue all'ora). Giunti nella cittadina tirrenica, entrarono in funzione gli allenatori, per i rimanenti quarantadue chilometri. Immediatamente la gara assunse tutta un’altra fisionomia con una  viva lotta fra Coppi e Robic. Il campione di Castellania, al venticinquesimo chilometro, passò con un anticipo di trecento metri sul francese, allorché questi, causa un problema ad un pedale perse ulteriore terreno e venne superato da Logli, da Bobet, da Magni e da Van Steenbergen che, poco prima, era stato appiedato da una foratura. “Testa di vetro”, inviperito per l’inconveniente si rimise a pedalare a grande andatura, riprese e superò tutti coloro che l’avevano sorpassato nei momenti di difficoltà tecnica, salvo Logli. Fausto Coppi, intanto, arrivò al traguardo di Latina con 11” di vantaggio sul sempre positivo corridore toscano e 47” sul redivivo francese. Per un solo secondo dunque, la Maglia Rosso-Oro di primo in classifica, passò sulle spalle di Coppi. Di nota la caduta rovinosa di Gino Bartali, che si ritirò finendo all’ospedale e fu costretto a disertare la Freccia Vallone della settimana dopo.

Ordine d’arrivo:1° Fausto Coppi km 172 alla media di 36,185 kmh; 2° Nedo Logli a 11"; 3° Jean Robic a 47"; 4° Rik Van Steenbergen a 1’01”; 5° Luison Bobet a 1’37”; 6° Fiorenzo Magni a 2’18”; 7° Adolfo Leoni; 8° Alfredo Martini; 9° Giovanni Corrieri; 10° Marcel Kint; 11° Vittorio Rossello.
Note: il tratto dietro allenatori Terracina-Latina (km. 42), fu coperto da Coppi alla media oraria di 61,829 kmh!


Quarta semitappa: Latina-Roma
Si attendeva il gran duello fra Coppi e Robic divisi in classifica da un solo secondo e l’attesa del pubblico delle grandi occasioni, assiepato al Motovelodromo dell’Appio dove si concludeva la manifestazione, con numeri anche superiori a quelli del Giro d’Italia, non andò delusa. Purtroppo l’esito imprevedibile ed amaro, guastò un poco la festa. Un successo comunque, davvero spettacolare per organizzatori che avevano fortemente voluto il ritorno della Roma-Napoli-Roma. La conclusione, col settore riservato agli allenatori in motoscooter, veniva considerata l’ideale per esaltare la nuova formula, ed in questo senso si mosse tutta la frazione, anche nella parte senza il lancio delle moto. In particolare, la tanta gente presente sulla salita che da Velletri porta a Rocca di Papa, poté constatare la voglia dei corridori di darsi battaglia e di infervorare al massimo gli ultimi venti chilometri prima del Motovelodromo dell'Appio. 
Coppi sferrò l'attacco che parve decisivo nell’aggancio con gli allenatori e s’avvantaggiò di un centinaio di metri: un margine importante per controllare Robic. Se non che, a un tre chilometri circa dall'impianto d’arrivo, dove il servizio d'ordine aveva stabilito una deviazione per le automobili ufficiali, Coppi, ancora in testa, si trovò a dover rallentare fin quasi all’arresto, per la brusca frenata di un auto che precedeva di una trentina di metri il proprio allenatore. Il rallentamento improvviso gli causò l’aggancio di Robic, per colmo di sfortuna, il proprio motoscooter guidato da De Paolis, forse per la frenata, iniziò a “starnutire”, fino a fermarsi del tutto. Fausto, rimase così senza allenatore e prima dell’ag-gancio con quello di riserva, non poté far altro che constatare che il vantaggio, nel frattempo accumulato dal francese abilmente guidato da Gentili, non sarebbe stato colmato. Si lanciò all’inseguimento, ma era impossibile rinvenire fino alla scia. Cosicché sul traguardo dell’Appio, Robic passò primo con 9 secondi di vantaggio su Coppi e 14” sull’iridato Van Steenbergen, in gran rimonta dopo  esser stato attardato da una foratura. A Robic andò così oltre al successo di frazione, anche la prima edizione della nuova Roma-Napoli-Roma, per soli 8” sul grande corridore della Bianchi. Terzo, un regolare Luison Bobet, ma staccatissimo dai primi due.

Sul vincitore.
[Immagine: 15128240479461RobicJ.jpg]
Nato a Condeles-Vouziers (Francia) il 10 giugno 1921, deceduto a Claye-Souilly, il 6 ottobre 1980. Passista scalatore e ciclocrossista. Alto 1.57, peso forma kg. 56. Professionista dal 1943 al 1961 con 33 vittorie. Trascorse la sua giovinezza a Radenac, nel Morbihan. Cominciò a correre giovanissimo, esponendosi all'ironia dei compagni per la sua minuscola taglia atletica. Ma smentì subito i più scettici, affermandosi con costanza nelle gare in salita. Intensa fu pure la sua attività in campo ciclocrossistico, dove ottenne un Titolo Mondiale nel 1950 ed un Titolo Nazionale. Nella Parigi-Roublaix del 1944, in seguito ad una grave caduta, riportò la frattura del cranio a causa della quale fu costretto a gareggiare sempre con il casco e fu soprannominato "Testa di vetro". Si rivelò nella Monaco-Parigi del 1946 e nella stagione successiva, vinse il Tour de France, dopo essersi imposto nella tappa Luchon-Pau, restando in fuga per 250 chilometri e conquistando la maglia gialla soltanto all'ultima tappa. Disputò altri nove Tour (tre successi di tappa). Tra i suoi successi: Tour de France (1947); Roma-Napoli-Roma (1950); Giro dell'Alta Savoia (1952); Mont Faron (1948-1949); Attraverso Losanna (1948); Polymultiplièe (1952); Campionato Mondiale di ciclocross (1950); Campionato Nazionale cross (1945). Tra i suoi piazzamenti, spiccano il 3° nella Freccia Vallone (1951) e il 3° posto nella Liegi-Bastogne-Liegi (1952). Personaggio non facile, talvolta intrattabile, fu molto popolare in Francia e non solo. Molto meno nel gruppo. Morì in seguito ad un incidente stradale, mentre rientrava a casa dopo esser stato a Germiny-Lévêque dove Joop Zoetemelk celebrava la vittoria ottenuta al Tour de France di quell’anno.
 
Ordine d’arrivo:
1° Jean Robic km 77 alla media di 44,103 kmh; 2° Fausto Coppi a 9"; 3°  Rik Van Steenbergen a 14"; 4° Nedo Logli a l'07"; 5° Luison Bobet a l'16"; 6° Adolfo Leoni a l'46''; 7° Fiorenzo Magni a l'52"; 8° Marcel Kint a 2'50"; 9° Alfredo Martini a 4'36".
 
Classifica generale finale:
1° Jean Robic, in 12h22’51”;
2° Fausto Coppi a 8"
3° Luison Bobet a 3'17"
4° Rik Van  Steenbergen a 4'41"
5° Nedo Logli a 8'01"
6° Fiorenzo Magni a 9'20"
7° Adolfo Leoni a 10'14"

Maurizio Ricci detto Morris

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#36
Ventinovesima Edizione 13-15 aprile 1951
Dopo il successo dell’edizione precedente, anche nel 1951 le premesse si mostrarono notevoli. Solita trentina di corridori scelti dalle case, ma cast di valore mondiale, anche se al via non ci fu Fausto Coppi. Il termometro salì alle stelle, quando, terminata la punzonatura in Piazza Colonna, da dove sarebbe partita la prima frazione che si sarebbe conclusa a Caserta, gli assi stranieri, Bobet, Robic e Kubler e gli italiani Petrucci e Martini, provarono a lungo, dietro i motoscooter, sull'asfalto del circuito di Caracalla. Pur non essendo stati presi tempi ufficiali, quella esibizione-allenamento sotto gli sguardi di un pubblico enorme, fece capire che le medie potevano essere molto, molto alte. Notevole pure la risposta dei piloti degli scooter, che presentarono, oltre agli ex ciclisti anche due  campioni del motociclismo, come Masetti, abbinato a Bartali e Ubbiali abbinato a Salimbeni. Considerazione: proviamo ad immaginarci cosa significherebbe oggi, una corsa dove Nibali, avrebbe dovuto seguire uno scooter di 125 cc, guidato da Valentino Rossi e un Michele Scarponi seguire un uguale strumento, pilotato da Massimiliano Biaggi. Roba da far un poco d’ombra anche al calcio…

Prima tappa: Roma-Caserta
La prima tappa, come citato, avrebbe portato i corridori da Roma a Caserta, per 205 chilometri, con aggancio ai motoscooter dal km 158 al km 193. Una tappa volante a Frosinone, ed un controllo-rifornimento a Cassino. La partenza fu data da Piazza Colonna a Roma alle 11,30. Quando fu possibile districarsi dall'abbraccio affettuoso della folla (non meno di ventimila persone) venne abbassata la bandiera a scacchi. La corsa si mosse veloce, con un certo nervosismo nell’aria, forse per il maltempo incombente. Dopo una fuga di Guidi De Santi, sempre lesto nei tentativi molto anticipati, fu il turno di Luigi Casola a cercar di fuggire in vista del traguardo “volante” di Frosinone. Lo striscione posto in cima a una salita non lunga, ma dura, non fu visto dal corridore bustese che mollò a metà dell’erta. Chi invece si mostrò deciso e pimpante fu lo svizzero Ferdi Kubler che passò primo sulla fettuccia di Frosinone, su Bartali, Bobet e Soldani. L’elvetico, sullo slancio proseguì da solo e fu poi raggiunto da Magni e Bartali, ma i tre non trovarono l'accordo necessario per insistere nella fuga. Il gruppo proseguì compatto superando un temporale piuttosto intenso, che lasciò posto ad una pioggia di debole intensità, ma ugualmente fastidiosa. A Cassino, davanti alla ricostruita Abbazia, fu primo Casola su Maggini. Poco dopo, in concomitanza col rifornimento, partirono Martini  e De Santi, inseguiti da Leoni Salimbeni e Ortelli. La coppia di testa, in buona armonia, arrivò all'appuntamento con i mezzi meccanici al chilometro 158, con i tre inseguitori citati a un minuto e il gruppo a tre. Poco dopo l’aggancio agli scooter, De Santi staccò Martini, attardato da noie al suo motoscooter, e altrettanto accadde a Leoni a Salimbeni e Ortelli. Dalle retrovie, con la pioggia cresciuta di intensità, emerse nuovamente Kubler e con lui anche il connazionale, Schaer, il vincitore uscente Robic e l’altro grande transalpino Bobet. Fra gli italiani, i soli Logli e Bertocchi, si mostrarono competitivi da subito. Con la pioggia incessante, la battaglia si fece furiosa. Davanti, De Santi iniziò a sentire il fiato sul collo di un regolare e velocissimo Kubler, mentre gli altri, dietro, pur mescolatisi, apparvero anch’essi in gran rimonta. Quando i corridori lasciarono gli scooter, il corridore triestino era ancora in testa, ma proprio alle porte di Caserta, Kubler lo raggiunse e lo passò come un razzo. Al traguardo, lo svizzero giunse con quasi un minuto e mezzo su uno stoico De Santi, che riuscì proprio sulla fettuccia ad anticipare i rientranti Bartali, Schaer, Petrucci, Pontisso, Leoni, Bobet e Logli.

Ordine di arrivo: 
[Immagine: Kubler%201_zpsoz2wvkt0.jpg?w=280&h=210&fit=crop]
1° Ferdi Kubler (Sui) Km 205 in 5h07'11” alla media di 39,963 kmh; 2° Giudo De Santi a 1’27”; 3° Gino Bartali; 4°  Fritz Schaer (Sui); 6° Loretto Petrucci; 6° Bruno Pontisso; 7° Adolfo Leoni; 8° Luison Bobet; 9° Nedo Logli tutti col tempo di De Santi; 10° Elio Bertocchi a 3’05”; 11° Renzo Soldani a 4’13”; 12° Alfredo Martini; 13° Virginio Salimbeni a 5’05”; 14° Luciano Maggini; 15° Fiorenzo Magni; 16° Antonio Bevilacqua; 17° Aldo Bini; …24° Jacques Marinelli (Fra) a 9'58";…26° Jean Robic (Fra).

Classifica del tratto dietro motoscooter, di km 33: 1° Elio Bertocchi in 35’27” alla media di 55,853 kmh; 2°  Ferdi Kubler (Sui) a 3”; 3° Nedo Logli a 20”; 4° Fritz Schaer (Sui) a 53”; 5° Loretto Petrucci a 1’11”; 6° Luison Bobet a 1’44”; 7° Gino Bartali a l’44”; 8° Bruno Pontisso a 1’50”; 9° Guido De Santi a 2’20”.


Seconda tappa, prima semitappa: Caserta-Salerno
Il secondo giorno di gare, si aprì con una tappa come la Caserta Salerno, in grado di presentare trabocchetti e difficoltà non di poco conto. Prima una fuga del corridore di zona, Arcangelo Bove, poi, la dura salita di Dentecane, che mise in subbuglio il gruppo, ed infine il tentativo a sei di Bobet, Soldani, Kubler, Pontisso, Schaer e Bartali, animarono la frazione. Ma a 25 chilometri dal termine, il gruppo si ricompose. Ci privò Bartali, che rimase in testa per una decina di chilometri e quando parve che la soluzione allo sprint fosse nelle corde della corsa, partì il triestino Guido De Santi, che fu bravo a costruirsi in pochi chilometri un bel vantaggio e giungere solo al traguardo, con 1’10” sugli altri regolati da Kubler. Ma lo svizzero, nella volata per la piazza d’onore, aveva commesso varie scorrettezze e fu declassato al 10° posto, ultimo del drappello inseguitore. All’elvetico rimase la consolazione di conservare la Magli Rosso-Oro di leader per soli 17”.

Sul vincitore.
[Immagine: De%20Santi_zpsssuct0jz.jpg?t=1545931832]
Guido De Santi, nacque il 16 maggio 1923 a Trieste, ed ivi deceduto il 30 ottobre 1998. Passista veloce, alto m. 1,75 per 73 kg. Professionista dal 1947 al 1957, con 15 vittorie. Poteva  vincere di più, per le sue notevoli doti sul passo, a cui aggiungeva un ottimo spunto veloce, ma si tarpò diverse volte le ali, a causa di  iniziative di fuga tanto anticipate, spesso praticamente in partenza, così dispendiose da fargli bagnare le polveri nelle fasi finali. Questa caratteristica, gli valse il nomignolo di “Fuggitivo pazzo” e qualche antipatia in gruppo. Comunque, questo atleta triestino dal fisico compatto e così combattivo, è stato un ottimo corridore, tanto popolare, quanto tangibile. Fra le sue vittorie spiccano tappe al Giro d’Italia, il Giro di Germania, ancora tappe alla Roma-Napoli-Roma in versione ciclomotoristica, di cuoi fui grande animatore, nonché classiche come la Tre Valli Varesine e la Milano Modena. Buoni anche i suoi piazzamenti, fra i quali spicca il 3° posto alla Bordeaux-Parigi nel 1953. In carriera partecipò a 9 Giro d’Italia che concluse sempre col miglior piazzamento nel 1953, 8°, edizione nella quale vesti per tre giorni la Maglia Rosa. Con la Nazionale fu allo start del Tour de France per tre volte, con compiti di gregariato, per Bartali e Coppi. Delle tre partecipazioni, ne concluse solo una, nel ’49 dove finì 55°. Fu azzurro ai Mondiali di Varese nel ’51, che chiuse 23°. Corse per la  Wilier Triestina (1947-’48), l’Atala (1949-’50), la Benotto (1951-’52-’53), la Bottecchia (1954), la Chlorodont (1955) e l’Ignis (1956-’57).
Tutte le sue vittorie. 1949: Tappa Cosenza al Giro d'Italia; Milano-Modena; Circuito di Rieti. 1950: Circuito di Serravalle Sesia. 1951: Tappa di Firenze al Giro d'Italia; Giro di Germania, Tappa di Oberschenzberg al Giro di Germania; Tre Valli Varesine;Tappa di Salerno alla Roma-Napoli-Roma; Circuito di Lanciano. 1953: Tappa di Terni alla Roma-Napoli-Roma; Circuito di Hulm; Circuito di Schwenningen; 1954: Tappa di Terni alla Roma-Napoli-Roma. 1956: Circuito di Muggia. 
I suoi piazzamenti di rilievo. 1949: 3° al Giro del Lazio;  2° al Trofeo Baracchi con Bevilacqua; 3° nella tappa di Torino al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Cannes al Tour de France. 1950: 2° nella tappa di Napoli al Giro d'Italia; 1951: 2° nella Roma-Napoli-Roma;  3° nella tappa Alassio al Giro d'Italia. 1952: 3° nella tappa di Siena al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Sanremo al Giro d'Italia. 1953: 2° nella tappa di Abano Terme al Giro d'Italia; 3° nella Bordeaux-Parigi. 1954: 2° nella tappa di Grado al Giro d'Italia; 2° nella  3 Giorni di Anversa. 1956: 3° nel Giro di Toscana; 3° nella tappa di Mantova al Giro d'Italia.

Ordine d’arrivo: 
1° Guido De Santi km 135,300 alla media di 34,70 kmh; 2° Gino Bartali a 1’10”; 3° Maggini; 4° Bobet; 5° Pontisso; 6° Soldani; 7° Moresco; 8° Logli; 9° Magni; 10° Kubler, tutti col tempo di Bartali. Kubler, arrivato secondo, è stato retrocesso al 10° posto per danneggiamenti durante gli ultimi 200 metri.


Seconda tappa, seconda semitappa: Salerno-Napoli
Pranzo rapido e via per la tappa seguente da Caserta a Napoli di 54 chilometri senza strappi o salite a guastare la digestione. Scapparono ben presto in tre: Ortelli, Petrucci e Pinarello; poi al 25° chilometro sul nastro dell'autostrada, mollò Pinaretto. Petrucci tenne duro e regolò di autorità il suo rivale all'arrivo a Napoli.

Sul vincitore.
[Immagine: Petrucci_zps7aiw8sly.jpg?t=1545931839]
In due anni, il 1952 e ’53, la sua ruota velocissima, che combaciava con le sue caratteristiche di ragazzo un po’ troppo monello, ma, soprattutto, poco incline a richiami e doveri lontano dalla bicicletta, vinse ogni battaglia con le ombre interne e gli avversari esterni. Due Milano-Sanremo, una Parigi-Bruxelles e la prestigiosissima "Desgrange-Colombo" (ottima antenata del Superprestige e del Protour), lo lanciarono, a soli 24 anni, ai vertici mondiali del ciclismo. Ma dopo il biennio stellare, ad avere il sopravvento fu il suo carattere esuberante, la sua poca disponibilità alla vita da atleta, all’accettazione delle dinamiche di squadra. Nacquero pure delle inimicizie che lo portarono, dapprima, a rompere con la Bianchi di Coppi e Cavanna e, poi, si dice, a dover subire l’ostracismo di costoro, anche quando al biancoazzurro della Bianchi, era subentrato il biancoverde della Lygie. Fra storia e leggenda, sulla sua possibile terza consecutiva vittoria a Sanremo, nel ’54, peserebbe una trattenuta di Giuseppe Favero, un ciclista della sua vecchia squadra. Arrivò poi, nel grigiore del “che fu” o “poteva essere”, il “canto del cigno”, al Giro del Lazio ’55, a soli ventisei anni. Ed a nulla aggiunge il lustro che da quel dì laziale, continuò a vederlo fra i partecipanti alle corse. Un personaggio, Loretto, un personaggio davvero, che andrebbe studiato di più.

Ordine d’arrivo:1° Loretto Petrucci km 54 in 1h35’28” alla media di 33,938 kmh; 2° Vito Ortelli a 3”; 3° Antonio Bevilacqua a 58”.


Napoli: inseguimento dietro motoscooter
A Napoli incominciarono le due ore e più di inseguimento a ripetizione. Cinque chilometri dietro scooter, sull’anello dell’Arenaccia, tra coppie di corridori con classifica individuale: spettacolo bello, ma forse troppo lungo. Si impose Kubler, con un magnifico exploit che raffiorzò di una decina di secondi la sua Maglia Rosso-Oro.

Ordine d’arrivo:
1° Ferdi Kubler /Sui) km 5 in 4’57”; 2° Elio Bertocchi a 7”; 3° Nedo Logli a 8”; 4° Renzo Soldani e Guido De Santi a 10”; 6° Luison Bobet (Fra) a 11”.

Classifica generale dopo il secondo giorno: 
1° Kubler (Sui); 2° De Santi a 27”; 3° Logli a 1’35”; 4° Bobet (Fra) a 1’38”; 5° Pontisso a 1’43”; 6° Bartali a 1’45”; 7° Petrucci a 4’06”; 8° Soldani a 4’23”; 9° Magni a 5’21” 10 Maggini.


Terza tappa, prima semitappa: Napoli- Latina
La frazione si consumò senza particolari sussulti, ma a discreta andatura fino agli ultimi 43 chilometri, quando i corridori si agganciarono ai loro allenatori in motoscooter. 
Dopo poco dall’inizio del tratto finale motorizzato, Kubler fu costretto a fermarsi per gravi noie alla ruota libera. L’ammiraglia della sua casa, bloccata come le altre vetture, ritardò e quando la ruota venne cambiata, quasi 5 minuti erano trascorsi. Un margine che metteva in tutta sicurezza De Santi al ruolo di leader, visto che il suo disavanzo dallo svizzero era di soli 27”. Ma quel che avvenne negli ultimi 40 chilometro ebbe dell’incredibile. 
Ferdi Kubler che una settimana dopo vincerà Freccia Vallone e il giorno successivo Liegi-Bastogne-Liegi e, più avanti Giro di Romandia, Tour de Suisse e Campionato del Mondo, fece vedere i segni della sua annata di grazia, rimontando con pedalate poderose e impressionanti. Al traguardo di Latina, vinse Bertocchi, con  De Santi a 13”, ma a 32”, arrivò sfrecciando proprio Kubler, che salvò per 8” la Maglia Rosso-Oro. Un’impresa magnifica, partorita da un uomo di classe eccelsa. 

Sul vincitore.
[Immagine: Bertocchi_zpszcrpovc0.jpg?t=1545931839]
Elio Bertocchi nacque a Poggio Renatico di Ferrara, il 16 settembre 1919. Morì a Roma il 27 agosto 1971. Passista veloce. Professionista dal 1942 al 1954 con 14 vittorie. Un corridore che aveva doti sul passo notevoli, ma che erano inversamente proporzionali, alla capacità di tenere sulle lunghe salite. Un limite che gli ha precluso una carriera migliore, anche se ha saputo togliersi diverse soddisfazioni. Ferrarese di nascita, ma romano d'adozione, si segnalò da allievo, quando nel 1937 stabilì al Velodromo Appio di Roma, il record dell’ora di categoria, percorrendo 40,578 chilometri. Passato fra i dilettanti, si vide frenata la crescita dall’arrivo della guerra, ma colse nel 1942, prima di passare professionista, il traguardo migliore nella categoria: la Coppa San Geo. Giunto nell’elite, concretizzò subito, vincendo, sempre nel ’42, la Coppa Migliaccio e il Criterium di Ginevra. Finì poi 7° nel “Lombardia”. Nel 1943 non vinse, ma si piazzò con costanza: finì 2° nel Giro del Lazio, nel Giro di Romagna e 3° nel Giro dell’Emilia e nella Torino-Piacenza. Tornò al successo nel ’45, quando conquistò la Coppa Marcovi e il GP Immacolata a Roma. Il 1946 fu il suo anno migliore: vinse due tappe al Giro d’Italia (che chiuse 33°) a Roma ed a Mantova e fece sua la frazione di Pau alla Ronde de France, che fu nell’anno la più importante manifestazione a tappe d’oltralpe. Conquistò poi il GP di Roma, ed i Criterium di Crevalcore e di Viterbo. Al Giro di Lombardia fu di nuovo 7°. Nel 1947, conquistò la tappa di Bari al Giro d’Italia, che chiuse 20°. Fu 4° nella Milano-Modena e provò l’avventura al Tour de France, ma fu costretto al ritiro durante la terza frazione. Nel 1948, andò di nuovo a segno al Giro d’Italia (finito 22°), conquistando la tappa di Brescia. Andò a correre in Spagna, vincendo la quinta tappa del Giro di Catalogna, poi chiuso al 9° posto. La vittoria nella frazione di Latina alla Roma-Napoli-Roma nel 1951, fu il suo canto del cigno. In carriera ha corso per Legnano, Viscontea, Atala e Guerra.

Ordine d’arrivo:1° Elio Bertocchi km 171 alla media di 37,084 kmh; 2° De Santi a 13”; 3° Kubler (Sui) a 32”; 4° Logli a 1’28”; 5° Bobet (Fra) a 1’40”; 6° Maggini.


Terza tappa, seconda semitappa: Latina-Roma
L'elettricità con la quale venne dato il via per la Latina-Roma, era giustificata dalla prestazione mostruosa offerta da Kubler. Lo svizzero, inattaccabile se non dai colpi della malasorte, veniva dato da tutti sicuro vincente, anche se il suo vantaggio nella classifica generale era misero. L’ultima frazione presentava la dura salita di Rocca di Papa, temuta da tutti e, probabilmente, l’unico ostacolo “umano” per il leader. Anche se in salita l’elvetico problemi non ne aveva fatto vedere. Poi, si sarebbe giunti alla fase finale di 37 chilometri tutti sul circuito delle Terme di Caracalla, da svolgere dietro gli allenatori su scooter. Partiti alle 15 esatte, la marcia fino a Velletri rappresentò solo un avvicinamento all'inizio dei duri tornanti della salita di Rocca di Papa. Qui dopo un tentativo iniziale di Soldani, scattò Luison Bobet, che scollinò con 1’15” su un drappello composto da Bartali, Soldani, Robic, De Santi, Kubler, Pontisso, Schaer, Moresco, Magni e Logli.  S’arrivò al tratto finale delle Terme di Caracalla e il relativo aggancio agli scooter, con la situazione invariata: Bobet aveva saputo resistere all’inseguimento del drappello, senza perdere nulla. Fatto sta che, forse, proprio per lo sforzo antecedente, il transalpino iniziò a perdere colpi, con una pedalata via via più pesante. Da dietro, invece, macinò come una furia i chilometri finali, proprio il leader, l’atteso Kubler. L’elvetico (nella foto accanto dopo la vittoria), raggiunse un esausto Bobet e si lanciò in un assolo che esaltò la folla strabocchevole di Roma. Kubler vinse frazione e manifestazione, lasciando Bartali a quasi due minuti, terzo Robic. La Roma-Napoli-Roma ciclo motoristica aveva incontrato un re.

Sul vincitore.
[Immagine: Kubler%20Vitt._zpszbfs0dsn.jpg?t=1545931839]
Nato a Marthalen-Adliswill il 24 luglio 1919, deceduto a Zurigo il 29 dicembre 2016. Professionista dal 1940 al 1957, con 110 vittorie complessive. Alto 1.79, peso forma kg. 77, naso adunco come un uccello da preda, occhi freddi e grigi, ma portamento elegante, disinvolto, furbo. Atleta eccelso e completo, si distinse in tutte le variabili del ciclismo: sul passo, in salita, negli sprint su strada e su pista. Notevole pure come ciclocrossista. Punto debole: la veemenza, che gli costò parecchio nei primi due lustri di carriera.  Autentico eroe in patria (è ancora oggi popolarissimo), nonché uno dei massimi testimonial svizzeri, ogni categoria, nel mondo. La sua grandiosità atletica la si vide anche dopo la fine della carriera, quando divenne apprezzato istruttore di sci. Di grande temperamento e di rara potenza realizzò imprese di alto livello. La sua carriera ebbe una svolta decisiva in occasione del Tour de France, da lui vinto nel 1950. Il sunto delle sue più grandi vittorie: Campionati del Mondo su strada 1951;  Tour de France 1950; Liegi-Bastogne-Liegi 1951-’52; Freccia Vallone 1951-’52; Bordeaux-Parigi 1953; Campionato di Zurigo 1943; Tour de Suisse 1948-’51; Giro di Romandia 1948-’51; Giro del Nord-Ovest 1943-’49; Campione nazionale 1948-’49-’50-’51-’54; Campione Nazionale Montagna 1941-’42; Campione Nazionale Inseguimento 1940-’41-’42; Campione Nazionale Ciclocross 1945; Roma-Napoli-Roma 1951; Giro del Ticino 1950-‘51-‘52-’54; Attraverso Losanna 1940-’41-’42-’44-’45; G.P. di Prato 1950; Milano-Torino 1956; Vincitore di 8 tappe del Tour de France; 11 tappe al Tour de Suisse; 4 tappe al Giro di Romandia. Vincitore della Classifica a Punti del Tour de France: 1953. Vincitore della Desgrange-Colombo 1950’52-’54. Vincitore del Trofeo Gentil: 1950.

Ordine d’arrivo:1° Kubler (Sui) km 115,200 alla media di 39,572 kmh; 2° Bartali a 1’52”; 3° Robic (Fra) a 2’36”; 4° Pon-tisso a 2’46”; 6° De Santi a 3’11”; seguono: Logli, Moresco Magni, Maggini, Bobet (Fra), Soldani e Petrucci. Si sono ritirati nella Latina-Roma: Leoni, Bevilacqua, Jomaux (Fra) e Conte. 
Gran Premio della Montagna di Rocca di Papa: 1° Bobet (Fra); 2° Bartali; 3° Soldani; 4° Kubler (Sui); 5° De Santi.

Classifica Generale finale: 
[Immagine: KUBLER-IRIDE.jpg]
1° Ferdi Kuble (Sui) in 18h21’03”; 2° Guido De Santi a 3'19"; 3° Nedo Logli a 5’50”; 4° Gino Bartali a 6’05”; 5° Pontisso a 6’30”; 6° Luison Bobet (Fra) a 7'30". Seguono: Maggini, Magni, Petrucci, Soldani, Moresco, Bertoc-chi, Robic (Fra), Salimbeni, Schaer (Sui), Serse Coppi, Corrieri, Ortelli. 

Gran Premio della Montagna Classifica Finale: 1° Bartali e Bobet (Fra) punti 9; 3° Soldani e Kubler (Sui) punti 5.

Maurizio Ricci detto Morris

....segue
 
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#37
Trentesima Edizione 17-20 aprile 1952

Solita festa e gran pubblico, all’arrivo dei corridori in Piazza Colonna per la punzonatura. Dei 32 invitati, si riscontrarono le assenze di Bartali, Corrieri, Petrucci e Logli, ma l’anziano campione toscano, al pari del suo fido compagno di squadra Corrieri, aveva fatto sapere di punzonare solo la mattina della partenza, a causa del viaggio per rientrare da una catena di kermesse svolte in Francia. Petrucci e Logli, invece, furono sostituiti rispettivamente da Zanazzi e Ciolli. Alla punzonatura anche le 40 motociclette, comprese le otto riserve, che avrebbero aiutato i corridori a raggiungere le ormai tradizionali velocità da capogiro. Fra gli allenatori motociclisti, ancora una volta il campione delle corse in moto Masetti (accoppiato a Bartali) e, con lui, anche gli ottimi centauri, Latini (accoppiato a Kubler), Gentili (con Robic) e Pellizzari (con Magni). Le prove svolte nel pomeriggio della punzonatura, dimostrarono che gli scooter, erano in grado di portare i corridori a raggiungere velocità fra i 62 ed i 65 kmh e con punte anche superiori ai 70, come aveva fatto vedere Kubler l’anno precedente sul rettilineo della “Fettuccia” di Terracina. Di primario spessore internazionale in cast partecipante alla manifestazione che, Coppi e Koblet a parte, impegnati a sfidarsi nel concomitante Giro della Svizzera Romanda, presentava degli autentici assi, fra i quali face il suo “ingresso” il belga Constant “Stan” Ockers. Notevole l’impegno organizzativo predisposto dal giornale “Il Tempo”, ancor più decisivo rispetto al sostegno del “Corriere dello sport”. Ed altri giornali guardavano interessati….  

Prima semitappa: Roma-Frosinone
La frazione iniziò in ritardo di qualche minuto, perché nella confusione dell’adunata al Numidio Quadrato,  Fiorenzo Magni, era stato stretto contro la folla, cadendo, ed avevano dovuto cambiare una ruota alla sua bicicletta. La corsa si mosse moderata per la Via Casilina, mantenendosi costantemente con il gruppo compatto. Solo dei momenti di fervore presto sedati dal “tutti insieme”. Il Gran Premio della Montagna di Monte Compatri, dopo 26 chilometri, dove passò in testa con 200 metri di vantaggio, Marcello Ciolli, indi il traguardo a premio di Colleferro, vinto da Ugo Fondelli, furono i momenti di pepe per il gruppo. Anche sullo strappo di Ferentino, nulla di fatto. Inevitabile la volata a ranghi compatti, questa sì assai animata, che vide Luciano Maggini approfittare di una incertezza di Van Steenbergen, favorito e fresco vincitore della Parigi Roubaix, e vincere molto bene su Oreste Conte e sullo stesso campione belga.   

Sul vincitore.
[Immagine: 230px-Luciano_Maggini_2.jpg]
Nato il 16 maggio 1925 a Seano (FI), ed ivi deceduto il 24 gennaio 2012. Velocista. Alto 1,71 per 67 kg. Professionista dal 1947 al 1957 con 31 vittorie.  Un corridore tenace e grintoso, ottimo velocista, con un buon palmares che, per le sue caratteristiche, in epoca odierna lo farebbe campione di segno positivo anche nelle corse a tappe. Già, perché in Luciano, che passa alla storia come un velocista e che ebbe nelle corse di un giorno il suo apice, ci sono anche piazzamenti significativi al Giro, come il 5° posto nell’edizione del 1950. Domanda delle “cento pistole”: sarebbero capaci le odierne ruote veloci, di fare tanto? E poi, ci sono in gruppo oggi dei Coppi, dei Bartali e dei Magni nei Giri? I conformisti direbbero: “ognuno ha la sua epoca!”. Mah… Resta il fatto che nel palmares di questo corridore recentemente scomparso c’è un po’ di tutto e c’è pure la constatazione che, spesso, le sue polveri giunsero bagnate al traguardo, per il grande lavoro o per i tentativi di fuga a monte, senza l’appoggio dei faticatori gregari. Luciano Maggini, iniziò a correre Il 30 agosto 1942, a 17 anni, prendendo la bicicletta del fratello Sergio, poi professionista discreto pure lui, anche se di valore inferiore, che, al tempo, era soldato in Grecia. Luciano vinse quella corsa da allievo, andando in fuga, recuperando per le forature, fino al tentativo decisivo e solitario che lo portò al traguardo con più di tre minuti sugli altri. Passò dilettante nel ’45 e nel ’46 vinse 17 corse, guadagnandosi l’azzurro per i Mondiali di Zurigo, dove chiuse 9°. Poco prima del Lombardia ’47, passò tra i prof ,dove si distinse eccome, segnando la sua epoca come un corridore di primo piano a livello nazionale. Uniche pecche: la non partecipazione al Tour e le poche gare, nel complesso (anche se con vittorie) all’estero. Nel suo palmares spiccano sette tappe al Giro d’Italia e diverse classiche italiane. Vestì due volte la maglia azzurra ai Mondiali su strada, risultando il migliore degli italiani, nel famosa edizione di Valkenburg ’48, 4°, e nel 1949 a Copenaghen, dove finì 17°. In carriera ha corso per la Benotto (1947), la Willier Triestina (1948-’49), la Taurea (1950), l’Atala (1951-’52-’53-’54-’55-‘56) e la Girardengo (1957). 
Tutte le sue vittorie. 1947: tappa di Reggio Emilia al Giro d'Italia;  tappa di Bagno Casciana al Giro d'Italia; Gran Premio Nizza; Circuito di Reggio Emilia. 1948: tappa di Parma al Giro d'Italia; Giro Campania; Giro del Veneto; Criterium Neuchatel; Circuito di Verona; Circuito di Cascina (PI). 1949: tappa di Sanremo al Giro d'Italia; Gran Premio Induslria e Commercio; Circuito di  Ostia; Circuito di Verona; Circuito di Cascina (Pi); Circuito di Firenze; Circuito di Castelfranco Veneto. 1950: tappa di Brescia al Giro d'Italia; tappa di Arezzo al Giro d'Italia; Giro dell'Emilia. 1951: tappa di Bologna al Giro d’Italia;  Giro della Provincia di Reggio Calabria; Giro dell'Emilia. 1952: Tappa Frosinone al GP Ciclomotoristico; Giro di Romagna; Gran Premio Industria e Commercio. 1953: Milano-Torino; Giro della  Provincia di Reggio Calabria; Gran Premio Massaua-Fossati; Circuito Irnola. 1954: Giro del Veneto. 
I suoi migliori piazzamenti. 1948: 2° nel Giro di Toscana; 2° nella Sassari-Cagliari; 3° nel Campionato Italiano. 1949: 2° nel Campionato Italiano; 3° Milano-Modena; 3° nella tappa di Cosenza al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Pesaro al Giro d'Italia. 1950: 2° nel Giro del Lazio; 2° nella tappa si l'Aquila al Giro d'Italia. 1951: 2° nel Giro del Veneto; 3° nella tappa di Roma al Giro d'Italia. 1952: 2° nel Giro del Piemonte; 2° nella tappa di Milano al Giro d'Italia. 1953: 2° nel Giro del Veneto; 2° nel GP Industria e Commercio; 2° nella tappa di Roma al Giro d'Italia; 2° nella tappa di Milano al Giro d'Italia. 1954: 3° nella Milano-Torino. 1955: 3° nella Coppa Bernocchi.

Ordine d'arrivo:
1° Luciano Maggini Km 92,300 in 2h35’23” alla media di 35,642 kmh; 2° Oreste Conte; 3° Rik Van Steenbergen (Bel); 4° Wim Van Est (Ned);  5° Renzo Zanazzi; 6° Marcello Ciolli; 7° Giovanni Corrieri; 8° a pari merito e col tempo di Maggini: Kubler (Sui), Ockers (Bel); Bartali; Bresci; Soldani ecc. 31° Bevilacqua a 35”; 32° Crocitorti (Sui).


Seconda semitappa Frosinone-Caserta
Prima di iniziare la seconda semitappa della giornata, era in programma una fermata di due ore e mezzo a Frosinone. Saliti in città, i corridori ed il loro assai numeroso seguito, ne approfittarono per fare colazione e rinfrescarsi e, per chi doveva pedalare, affidarsi ai massaggiatori. Alle 15 partenza per Caserta. C'erano da percorrere 78 chilometri in linea, prima dell'aggancio alle motociclette. Animatore incontrastato della fase in linea, il triestino Guido De Santi, che arrivò all’aggancio col suo allenatore, con un minuto e 50 secondi d'anticipo sugli altri. Il tratto motoristico mise le ali a Robic. Magistralmente guidato dall'allenatore Gentili, il piccolo bretone, si gettò per primo alla caccia dei quattro fuggitivi, ovvero De Santi, ed i fuoriusciti dal gruppo nelle ultime fasi in linea: Giancarlo Astrua, Giovanni Roma e Giulio Bresci. In pochi chilometri il francese, seguito ad una cinquantina di metri dal Campione del Mondio e vincitore uscente Ferdi Kubler e da Oreste Conte, riprese e staccò i tre contrattaccanti e davanti a lui restò il solo De Santi. Purtroppo, un guasto alla macchina allenatrice, impedì al triestino di resistere alla controffensiva sferrata contro di lui: la moto del suo allenatore rallentò, fino a fermarsi e quando intervenne lo scooter di riserva, Robic fu su di lui. Dietro lo scatenato “Testa di vetro”, che lasciò prestò De Santi, si scatenò una gran battaglia fra l’iridato Kubler e il campione d’Italia Fiorenzo Magni, autore di un grande ritorno. Robic andò solo al traguardo di Caserta, anticipando Magni di poco più di un minuto, mentre per il terzo gradino del podio di frazione, si poté assistere ad un bel ritorno del belga Ockers, che rimontò un Kubler in gran difficoltà. Con la vittoria, il corridore bretone, conquistò anche la Maglia Rosso-Oro di leader.

Ordine d'arrivo:
1° Jean Robic km 126 in 2h59’35” alla media di 42,297 kmh; 2° Fiorenzo Magni a 1’05”; 3° Stan Ockers a 2’21”; 4° Ferdi Kubler a 2’29”; 5° Rik Van Steenbergen a 2’40”; 6° Gino Bartali a 3’14”; 7° Luigi Casola a 3’55”; 8° Guido De Santi a 4’; 9° Renzo Zanazzi a 4’13”; 10° Wim Van Est a 4’13”….32° (ultimo) Ugo Fondelli a 13’05”. 
Note: il ritardo di Fondelli fu dovuto al fatto che il suo allenatore, Luisetto, investì un cane con la moto, riportando ferite al capo che lo fecero ricoverare con prognosi riservata all’ospedale.

Classifica Generale dopo la prima giornata: 
1° Robic in 5h34’58”;
2° Magni a 1’05”; 3° Ockers a 2’21”; 4° Kubler a 2’29”; 5° Van Steenbergen a 2’40”; 6° Bartali a 3’14”; 7° Casola a 3’55”; 8° De Santi a 4’; 9° Zanazzi e Van Est a 4’13”.


 Terza semitappa: Caserta-Salerno
Una frazione dura, condotta a gran ritmo e densa di spunti. Bellissima, ma rovinata nello Stadio di Salerno, sede d’arrivo. Un vincitore, che è quello che voleva la tanta gente, Bartali, ma a vincere non sarebbe stato lui, bensì Toni Bevilacqua, se solo si fosse vissuto un epilogo basato sulla normalità. Ad aprire le ostilità di corsa fu Roma, seguito successivamente da Astrua, Ciolli, Bevilacqua e Baroni. Il quintetto, ad Avellino, dopo 50 km, vantò un vantaggio di 3’30”. Sulla dura salita di Dentacane, lunga 7 km, i battistrada si sgranarono, ed i cima passò Astrua, con 28” di vantaggio su Ciolli, 51” su Baroni, 1’ su Bevilacqua , 1’20” su Roma e, dietro, a 4’36”, passò uno scatenato Gino Bartali. L’inseguimento di “Ginettaccio” sembrò a lungo quello dei giorni migliori. Guadagnò costantemente su chi era davanti e fu un punto di riferimento importante per le avanguardie del gruppo. Fra i battistrada mollarono Baroni e Roma, e Bartali vide compiersi l’incredibile rimonta a 35 chilometri dal termine. Successivamente, sui quattro di testa, rientrarono anche Magni, Robic, Ockers e De Santi. Quando ormai si pensava ad una volata fra gli otto di testa, Toni Bevilacqua se la filò in maniera perentoria. Con un vantaggio sicuro, entrò primo nello Stadio di Salerno, dove avrebbe dovuto percorrere (si fa così in tutte le corse, ed in tutti i paesi) la distanza per giungere sotto lo striscione e, poi un successivo intero giro di pista. Ma appena Bevilacqua passò la prima volta il traguardo, si senti gridare: “Ferma, ferma!” – perché stavano entrando gli altri. Toni ebbe il torto di non sfondare il cordone di persone che gli si era parato davanti per fare ala ai sopraggiunti, fu preso in mezzo alla folla in delirio nel vedere Bartali prendere la testa ed iniziare la volata e rimase lì, fermo, credendo che tutto fosse finito. La giuria non poteva non applicare il regolamento e, agli effetti dei premi di tappa, considerarlo ultimo arrivato del suo gruppo. Vinse così Bartali, per la gioia incontenibile del tanto pubblico presente nell’impianto. 

Sul vincitore.
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Nato a Ponte a Ema (Firenze) il 18 luglio 1914, deceduto a Firenze il 5 maggio 2000. Completo. Alto 1.70 per 68 kg di peso. Al quinto anno delle elementari il padre Torello, lo convinse a “lavorare” nelle ore pomeridiane (senza trascurare gli studi), presso una officina di biciclette di un vicino di casa, Oscar Casamonti. E fu proprio quest'ultimo che lo avviò alla carriera ciclistica. Cominciò a correre nel 1931: disputò undici gare e ne vinse tre, mentre nelle altre si piazzò sempre tra i primi. Dilettante nel 1933, in 29 gare disputate, furono 16 le vittorie e 7 i secondi posti. L'anno dopo, diventò Campione toscano, ma una grave caduta gli pregiudicò la stagione. Chiuse con 15 successi e 5 secondi posti. L’esordio tra i professionisti avvenne proprio nella Milano-Sanremo del 1935, che, per poco, non vinse. Concluse la carriera il 10 ottobre del 1954, nel circuito di Cologno Monzese. 
Diciannove anni di attività, con un bilancio di 124 successi. Portò a termine 836 gare e percorse oltre 150 mila chilometri. Gino Bartali, religioso e militante nell'Azione Cattolica, reagì coraggiosamente alla morte del fratello Giulio, avvenuta nel 1936 in un incidente di gara. Una splendida carriera, ricca di prestigiosi successi, purtroppo priva di una Maglia Iridata, tra l’altro ampiamente meritata. Una clamorosa impresa al Tour de France 1948, in concomitanza con l'attentato a Togliatti. Il suo successo in terra transalpina attenuò la tensione e spostò l'attenzione sulla impresa del campione toscano, che, a distanza di dieci anni, si aggiudicò nuovamente la Grande Boucle. 
Ecco i suoi principali successi: 11 gare a tappe: 3 Giri d'Italia (1936 - 1937 - 1946); 2 Tour de France (1938-1948); 2 Giri della Svizzera (1946-1947); Giro dei Paesi Baschi (1935); Giro Romandia (1949); G.P. Reus (1935); Giro Quattro Province (1945); 36 gare in linea: 5 Giri di Toscana (1939-1940-1948-1950-1953); 4 Campionati italiani (1935-1937-1940-1952); 4 Milano-Sanremo (1939-1940-1947-1950); 3 Giri di Lombardia (1936 - 1939 - 1940); 3 Giri del Piemonte (1937-1939-1951); 2 Giri Campania (1940-1945); 2 Campionato Zurigo (1946-1948); 2 Giri Emilia (1952-1953); Coppa Bernocchi (1935); Tre Valle Varesine (1938); Trofeo Matteotti (1946); Giro Prov. Reggio Calabria (1952); G.P. Impero (1939); 6 prove a cronometro (5 Giri Provincia di Milano: 1936-1938-1939-1940-1942); 47 tappe di Giri (17 Giro d'Italia; 12 Tour de France; 6 Giro Svizzera); 24 circuiti; 50 giorni in maglia rosa (15 partecipazioni); 20 giorni in maglia gialla (8 partecipazioni); 7 GPM al Giro e 2 al Tour. Fu chiamato “l'uomo di ferro”.

Ordine d'arrivo: 

1° Gino Bartali km 140 in 3h51’01” alla media di 39,494 kmh; 2° Stan Ockers (Bel); 3° Mario Baroni; 4° Giancarlo Astrua; 5° Marcello Ciolli; 6° Guido De Santi; 7° Fiorenzo Magni; 8° Jean Robic (Fra), tutti con lo stesso tempo di Bartali; 9° Antonio Bevilacqua a 29”; 10° Giovanni Corrieri; 11° Wim Van Est (Ned) a 2’01”; 12° Rik Van Steenbergen (Bel) a 4’57; 13° Luigi Casola a 7’; 14° Ivo Baronti; 15° Renzo Soldani.

Classifica Generale: 
1° Jean Robic (Fra) in 9h25’59”; 2° Fiorenzo Magni a 1’05”; 3° Stan Ockers (Bel) a 2’21”; 4° Gino Bartali a 3’14”; 5° Guido De Santi a 4’; 6° Antonio Bevilacqua a 4’42”; 7° Giancarlo Astrua a 5’40”; 8° Wim Van Est (Ned) a 6’14”; 9° Giovanni Corrieri a 6’29”; 10° Marcello Ciolli a 7’26” 11° Rik Van Steenbergen (Bel) a 7’37”; 12° Ferdi Kubler (Sui) a 9’29”.


Quarta semitappa: Salerno-Napoli
In una giornata avara di proposte, solo due semitappe, tutte incentrate su Napoli, con la pista dell’Arenaccia protagonista dell’epilogo della prima e teatro della seconda. Veloce la Salerno-Napoli di soli 56 chilometri, ma vissuta all’insegna del gruppo compatto. Ed infatti tutto il bello della frazione si consumò sulla pista napoletana dove emerse, con una rimonta mozzafiato, quel gran corridore che rispondeva al nome di Rik Van Steenbergen.

Sul vincitore.
[Immagine: images?q=tbn:ANd9GcQEpwh3m91geTEVMULqlmT...jr0gxQ5s6g]
Rik Van Steenbergen nacque ad Arendonk il 9 settembre 1924, deceduto ad Anversa il 15 maggio 2003. Professionista dal 1943 al 1966 con 303 vittorie su strada e 664 su pista. Complessivamente in carriera (categorie minori e prof) ha vinto 355 corse su strada e 715 su pista.
Tutte le sue vittorie su strada:
1939 - Debuttante senza licenza: 1 vittoria a Morkhoven
1940 - Debuttante senza licenza: 10 vittorie
1941 - Debuttante senza licenza:10 vittorie 
1942 - Debuttante con licenza e Dilettante: 31 vittorie
1943 - Professionista Individuale: 17 vittorie (Campionato del Belgio, Campionato Belga Interclubs, Campionato delle Fiandre, Bruxelles (2 criterium diversi), Charleroi, Eke, Erpe-Mere, Herk-de-Stad, Herstal, La Louvière, Lebbeke, Liège-Coron-meuse, Mol, Niel, Oedelem, Waregem). 
1944 - Trialoux-Wolber: 5 vittorie (Giro delle Fiandre, Circuit des Regions Flamandes, Charleroi, Liège, Verviers).
1945 - Mercier-Hutchinson: 11 vittorie (Campionato del Belgio, Charleroi, Heusden, La Louvière,  Mol (2 crit. diversi), Neerpelt, Nieuwerkerken, Retie, Bruxelles-Ingooigem, St.Trond-Waregem).
1946 - Mercier-Hutchinson: 16 vittorie (Giro delle Fiandre, Circuit des 4 Cantons, Bruxelles, Genève, Chaux-de-Fonds, Lo-sanne, Marchienne-au-Pont, Neuchatel, Retie, St Gall, Schoenerwerd, Terkmerenbos, Turnhout, Waregem, Westerlo, Zurigo).
1947 - Mercier-Hutchinson: 11 vittorie (Anvers, Bruxelles (3 criterium diversi), Grobbendonk, Rocourt, Tessenderlo, Turnhout, Zwijndrecht, G.P de Soignies, 4a tappa del Giro di Lussemburgo). 
1948 - Metropole-Dunlop/Mercier-Hutchinson: 13 vittorie (Parigi-Roubaix, Circuit des 3 Provinces, Criterium des As, Charleroi, Jumet, Kesselo, Overpelt, St Niklaas, Stabroek, Tournai, Turnhout (2 criterium distinti),  Criterium d'Assenede).
1949 - Mercier-Hutchinson: 14 vittorie (Campionato del Mondo, Freccia Vallone, Barvaux, Berlaar, Bruxelles, Charleroi, Croise-Laroche, Halluin, Houthalen, Malines, Paturages, Giro del Limburgo, 12a e 21a Tappa del Tour de France).
1950 - Mercier-Hutchinson/Girardengo: 11 vittorie (Parigi-Bruxelles, Bordighera, Kortrijk, Mortsel, Oud God, Renaix, Saint-Amand les Eaux, Hertogenbosch, Criterium de Brasschaat, G.P de l'Echo d'Oran, G.P d'Europe Lyon).
1951 - Mercier-Hutchinson/Girardengo/Condor: 14 vittorie (2a, 4a, 7a tappa del Tour dell’Ovest, Tour dell’Ovest, Bale, Maubeuge, Recanati, Redon, Saint-Méen le Grand, Zonhoven, Freccia Hesbignonne, G.P d'Europe Lyon, 1a e 15a Tappa del Giro d’Italia).
1952 - Mercier-Hutchinson/Girardengo-Clement: 19 vittorie (Parigi Roubaix, 1a, 8a, 12a, 13a tappa del Giro d’Argentina, Giro d’Argentina, Criterium des As, Circuit de l'Aulne, Amiens, Charlieu, Jambes, Jemeppe, Recanati, Roue d'Or, 4a tappa della Roma-Napoli-Roma, 6a, 9a, 10a Tappa del Giro d’Italia, 1a Tappa del Tour de France).
1953 - Mercier-Hutchinson/Girardengo: 8 vittorie (Haumont, Lille, Pleurtuit, Troyes, Roue d'Or Daumesnil, Circuit du Tregor, Criterium di Lokeren, 9a Tappa del Giro d’Italia).
1954 - Mercier-Hutchinson/Girardengo-Eldorado: 14 vittorie (Campionato del Belgio, Milano Sanremo, Alessandria, Arendonk, Bale, Roue d'Or Daumesnil, Turnhout (2 criterium diversi), Criterium di Bruxelles, Criterium de Virton, 5a, 16a, 17a, 22a Tappa del Giro d’Italia).
1955 - Girardengo-Eldorado/Elve: 14 vittorie (Campione Provinciale Interclubs, Circuit Limbourg, Anvers, Auch, Bale, Bruxelles, Ede, Peer, St Mi-chiels, Barvaux, Turnhout, Woluwé, Criterium des As, G.P de Vayrac, 16a Tappa del Tour de France).
1956 - Elve-Peugeot/Girardengo-Icep: 19 vittorie (Campionato del Mondo, Circuit du Limbourg,  Berlare, Hanret, Lokeren, Turnhout, Virton, Zingem, Roue d'Or (con Stan Ockers), Aacht van Chaam, Criterium de Woluwé, Classifica a Punti, 1a, 7a, 8a, 11a, 14°, 17a Tappa della Vuelta di Spagna, 8° tappa del Tour dell’Ovest).
1957 – Peugeot-BP/Elve-Peugeot–Marvan/Cora: 26 vittorie (Campionato del Mondo, Criterium des As, Anvers, Chambery, Dendermonde, Elisabethville, Hanret, Herentals, Leopoldville, Londerzeel, Mellebeke, Namur, Ruisbroek, Turnhout, Wavre, Willebroek, 3a tappa della Tre Giorni di Anversa, Bertrix, G.P de Vayrac, 1a e 5a tappa della Roma-Napoli-Roma, 1a, 11a, 17a, 20a, 21a Tappa del Giro d’Italia).
1958 - Elve-Peugeot–Marvan: 19 vittorie (Freccia Vallone, 1° tappa del GP Bali, GP Bali, Aalst, Aarschot, Arlon, Brest, Chambery, Charleroi, Chateau-neuf, Hanret, 2° prova della Montignies-en-Goelle, Montignies-en-Goelle, Saint-Pierre le Moutier, Sallanches, Woluwé, Aacht van Chaam, Critérium des As, 4a tappa del Giro d’Olanda).
1959 - Elve-Peugeot/Peugeot-BP-Dunlop: 18 vittorie (Campionato del Belgio Interclubs, Campionato provinciale interclubs, Aalst, Amiens, Bersele, Brasschaat, Charleroi, Cremona, De Panne, Genere, Halle, Hanret, Heldesheim, Leuze, Locarno, Louvain, Zandhoven, 3a tappa del Tour dell’Ovest).
1960 - Peugeot-BP-Dunlop: 12 vittorie (Campionato provinciale Interclubs, Aalst, Dendermonde, Deurne, Eizer, Hanret, Londerzeel, Mol, Neuvic, Overijse, Vergt, Aacht van Chaam).
1961 - Solo-Van Steenbergen: 17 vittorie (Campionato del Belgio Interclubs a cronometro, Campionato provinciale Interclubs, Circuit des 11 villes, Bourcefranc, Bree, Daumesnil, De Panne, Dendermonde, Houthalen, Knokke, Riom, Rodez, Saint-Macaire, St Niklaas, Tongres, Turnhout,  Woluwé).
1962 – Solo Van Steenbergen: 10 vittorie (Campionato del Belgio Interclubs a cronometro, Bourcefranc, De Panne, Dendermonde, Deurne, Lokeren, Made, Pleslin, Riom, Zwijndrecht).
1963 – Solo Terrot: 3 vittorie (Arendonk, Herentals, Lokeren).
1964 – Solo Superia: 1 vittoria (Baracaldo).

Ordine d'arrivo: 
1° Rik Van Steenbergen (Bel) km 56 in 1h23’08” alla media di 40,418 kmh; 2° Alfo Ferrari; 3° Oreste Conte.


Quinta semitappa: 10 giri dell’Arenaccia dietro allenatori
Programma della prova, dieci giri a tempo, della pista dell’Arenaccia, gremita da un pubblico strabocchevole, pari a 6 chilometri, dietro allenatori in motoscooter. Come era facile prevedere, visto lo stato di forma e la riconosciuta abilità in questo genere di corse, la frazione “meccanizzata”, ha visto prevalere il bretone Jean Robic. Egli ha avuto modo di affermare nuovamente la sua grande capacità di tenere il rullo e di “coprirsi”, vista la minuta statura, dietro il pilota della motocicletta. Aspetto sempre più importante col raggiungimento delle alte velocità. Al termine dell'esame, il cui responso era dato, come detto, dal cronometro, “Testa di vetro” è risultato il corridore che ha impiegato minor tempo a coprire la distanza, impiegando 6 minuti e 5 secondi, pari ad una velocità media di 59 chilometri e 178 all'ora! Una velocità ancor più notevole in considerazione dello stato della pista. Robic, col successo ha così incrementato il suo vantaggio in classifica generale.

Ordine d'arrivo: 
1° Jean Robic (Fra) in 6’05” alla media di 59,178 kmh; 2° Fiorenzo Magni a 8”; 3° Ferdi Kubler (Sui) a 14”; 4° Stan Ockers (Bel) a 15”.

Classifica Generale dopo la seconda giornata: 
1° Robic (Fra) in 10h55’12”; 2° Magni a 1’13”; 3° Ockers (Bel) a 2’36”; 4° Bartali a 3’33”; 5° De Santi a 4’23”; 6° Bevilacqua a 5’18”; 7° Van Est (Ned) a 6’33”; 8° Corrieri a 6’49”; 9° Van Steenbergen (Bel).


Sesta semitappa: Napoli-Latina
In questa semitappa, l’episodio cardine si consumò poco prima dell’aggancio con i motoscooter, in quel di Terracina, a circa 45 chilometri dal termine, di cui 43 da percorrere dietro allenatori. Il leader Robic si fermò a fare un bisogno. Lo attesero i compagni e la ripartenza, prima dell’aggancio coi motoscooter, evidenziò un ritardo di “Testa di vetro” di circa 300 metri dalla testa del gruppo. In condizioni normali, nulla di particolarmente allarmante, ma in quel caso si concentrarono due situazioni negative per il bretone: l’attacco dell’iridato Kubler davanti, voglioso di vincere almeno una tappa e la sua condizione non brillante. Fatto sta che Robic non riuscì a rimediare il disavanzi che andò via via allargandosi e nella lotta per la tappa emerse un grande Stan Ockers che seppe tenere la lunga sfuriata del Campione del Mondo, per poi staccarlo decisamente nel finale. Chi guadagnò più di tutti da ciò che si era creato, fu però Fiorenzo Magni. Al traguardo, Ockers arrivò solo con quasi un minuto su Kubler e 1’07” sul “Leone delle Fiandre” Fiorenzo, il quale per una manciata di secomndoi conquistò la maglia rosso-oro di leader, con 15” di vantaggio su Ockers e 34’ su Robic, giunto al tragiardo di Latina con 2’55” di ritardo dal corridore belga.

Sul vincitore.
[Immagine: ShowFoto.aspx?Rennerid=2374]

Nato a Borgerhout (Belgio) il 3 febbraio 1920. Alto 1.70, peso forma kg. 66. Deceduto a Merksem l'1 ottobre 1956. Professionista dal 1941 al 1956 con 75 vittorie su strada e 6 primarie su pista. La regolarità di rendimento e la disponibilità alla lotta, gli hanno permesso di ottenere grandi risultati. Sostenuto da un temperamento aggressivo e da una tenacia ammirevole, si è espresso meglio nella seconda parte della carriera, tragicamente conclusa per una banale caduta mentre correva sulla pista di casa, ad Anversa, che gli procurò la frattura del cranio e, due giorni più tardi, la morte. È stato soprattutto in virtù del suo coraggio che ha potuto godere di una grande popolarità in Patria e fuori. Persino l’adolescente Eddy Merckx fu un suo tifoso. Alla grinta comunque onesta in gara, accoppiò un carattere gioviale, una grande gentilezza nel quotidiano ed un comportamento sempre signorile. Sensazionali talune sue vittorie, come la Freccia Vallone 1953, la doppietta il 30 aprile e il Primo maggio 1955 quando trionfò nuovamente nella Freccia Vallone e nella Liegi Bastogne-Liegi e lo strepitoso successo nel Campione Mondiale di Frascati sempre nel 1955. Ha vinto tante altre importanti classifiche e tappe di giri. Ha preso parte ad otto Tour de France, due volte primo nella classifica a punti, nonché due volte secondo nella  generale finale: nel 1950, alle spalle di Kubler e nel 1952 dietro a Fausto Coppi. Ha partecipato due volte al Giro d'Italia: fu 6° sia nel '52 che nel '53; tre volte a quello della Svizzera (fu 2° nel '55 e 3° nel '47) Di nota anche i successi nel Giro del Belgio 1948 e nel GP de l’Escaut nel 1941 e ’46, ed il dominio nel GP Ciclomotoristico delle Nazioni nel 1956. Tantissimi i piazzamenti di prestigio. Ha vinto 4 Seigiorni, la Ruota d’Oro, ed è stato Campione Belga nell’Americana (con Van Steenbergen) nel ’55. Un grande corridore davvero.
Tutte le sue vittorie sui strada.
1941 (Individuale):  3 vittorie (GP de l'Escaut; Criterium Stekene; Campionato Provinciale di Anversa). 1942  (Helyett): 2 vittorie (Criterium di Genk; GP Ruddervoorde). 1946 (Métropole-Dunlop): 8 vittorie (GP de l'Escaut; Bruxelles-Saint-Trond; Campionato Provinciale di Anversa; Criterium d'Ekeren; Criterium Lint; Criterium Broechem; Criterium Bornem; Criterium Heist-op-den-Berg). 1947 (Gro-ene Leeuw & Mondia): 2 vittorie (Campionato del Belgio per Club; Criterium Helchteren. 1948 (Garin-Wolber & Mondia): 2 vittorie (Giro del Belgio; Criterium Paturages). 1949 (Garin-Wolber & Mondia): 6 vittorie (4a tappa del Tour de France; Criterium Bruxelles; Criterium Seraing ; Criterium Peer; Criterium Hasselt; Criterium Turnhout. 1950 (Terrot & Deba): 10 vittorie (4a tappa del Tour de France; Criterium Gemloux; Criterium Aartrijke; Criterium Namur; Criterium Herve; Criterium Hautmont; Criterium Bourg-en-Bresse; Circuito di Busto Arsizio; Criterium Gand; Criterium Bruxelles). 1951 (Terrot, Girardengo & Deba): 1 vittoria (Criterium Goes). 1952 (Peugeot-Dunlop & Girardengo): 3 vittorie (4a tappa Roma-Napoli-Roma; 3a tappa Giro d’Argentina; Criterium Bruxelles). 1953 (Peugeot & Girardengo): 8 vittorie (Freccia Vallone; 4a tappa Roma-Napoli-Roma; Criterium Wavre; Criterium Chalon; Criterium Anversa; Criterium Frameries; Criterium Liegi; Criterium Deurne). 1954  (Peugeot & Girardengo): 4 vittorie (11a tappa del Tour de France; Criterium Brasschaat; Criterium Jambes; Criterium Verviers. 1955 (Elvé-Peugeot): 13 vittorie (Campionato del Mondo; Liegi-Bastogne-Liegi; Freccia Vallone; Desgrange-Colombo; Trofeo Gentil; Classifica a Punti del Tour de France; Week End delle Ardenne; Criterium Beverlo; Criterium Tournai; Criterium Bertrix; Criterium Gand; Criterium Lokeren; Criterium Cavaillon). 1956 (Elvé-Peugeot): 13 vittorie (19a tappa del Tour de France; Classifica a Punti del Tour de France; Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni; 5 tappe del Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni; 5a e 9a tappa del Dauphiné-Libéré; Criterium Willebroek; Criterium Huy; Criterium Loverval.

Ordine di arrivo:
1° Stan Ockers (Bel) Km 174 in 4h39'50" alla media di 37,307 kmh (il tratto di 43 km dietro motocicletta Terracina-Latina è stato da lui coperto alla media di km. 63,616!); 2° Ferdi Kubler (Sui) a 35"; 3° Fiorenzo Magni a 1'07".

Classifica Generale:
1° Magni; 2° Ockers (Bel a 16”; 3° Robic (Fra) a 34”


Settima semitappa: Latina-Roma
Una frazione dura, con un settore in linea di 88 chilometri, su un percorso molto accidentato, con le salite di Rocca di Papa e quella di Castelgandolfo; indi il tratto finale di 40 chilometri dietro motoscooter che, una volta in Roma, avrebbe proposto un circuito sui viali della Passeggiata Archeologica. La tappa fu deludente nella fase in linea, nonostante le salite impegnative. Solo nella discesa di Castelgandolfo, si registrò il tentativo di Ivo Baronti che giunse ad essere il primo ad agganciarsi al motoscooter, ma solo dopo un chilometro dietro all'allenatore, fu ripreso. Lì iniziò una lotta sul filo dei 60 all’ora, che entusiasmò il pubblico (40.000 persone) accorso sul circuito finale, da percorrere 20 volte. Rapido, audace, volitivo, il piccolo Giancarlo Astrua, fu il primo ad attaccare, poi un continuo susseguirsi di accelerazioni, con Robic, Ockers e Magni a giocarsi la vittoria di tappa e finale. “Testa di vetro” attaccò con lo spirito di rivincita che gli si riconosceva, ma al sedicesimo giro fu ripreso da Magni e Ockers e poi staccato, anche se di poco. Il duello finale vide Magni, nel tripudio della folla, avvicinarsi alla scia del belga per poi superarlo nel corso dell’ultimo giro e tagliare il traguardo per primo, con una trentina di metri di vantaggio sul grande avversario. Il “Leone delle Fiandre” vinse così la Roma-Napoli-Roma e fu acclamato come un eroe.

Sul vincitore.
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Fiorenzo Magni nacque a Vaiano di Prato (Firenze) il 7 dicembre 1920, deceduto a Monza il 19 ottobre 2012. Alto 1,83 peso forma kg 76. Sposato con Liliana Calò; due figlie, Tiziana e Beatrice. Definito il terzo uomo del ciclismo italiano, dopo Bartali e Coppi, ha sempre gareggiato con grande coraggio e senso tattico. Forte passista, tenace ed in possesso di una notevole forza di volontà, ha saputo emergere in ogni campo, conquistando tre Giri d'Italia, tre titoli nazionali, tre Giri delle Fiandre, tre Giri del Piemonte, tre Trofeo Baracchi ed altre importanti e prestigiose corse. Restano leggendarie le tre vittorie consecutive ottenute al Giro delle Fiandre, quasi da isolato, nella più difficile delle classifiche fiamminghe. Definito "il leone delle Fiandre" per questo, Fiorenzo riuscì a conquistare l'affetto delle folle anche per l'aggressività costante, il coraggio nell'affrontare le più rischiose discese, per recuperare il terreno perduto in salita e l'insaziabile desiderio di primeggiare. Un bottino anche nelle vittorie parziali, contraddistinto da una ventina di tappe (sei al Giro, sette alTour, tre alla Vuelta). Ventiquattro giorni in Maglia Rosa e nelle sue 9 volte Maglia Gialla ci fu quella di St. Gaudens nel 1950, quando, nel rispetto delle decisioni di Bartali, rientrò in Italia, per evitare il clima ostile createsi contro gli italiani al Tour. Nelle ultime stagioni, si batté a favore delle sponsorizzazioni nel ciclismo, con eccellenti risultati. Infatti portando la Nivea al pedale, creò una “prima” storica. Ha poi conservato posizioni di rilievo in campo dirigenziale, sostenendo la necessità di una Lega Professionistica, di cui è stato anche Presidente. Fu poi Commissario Tecnico della Nazionale e Presidente dell'Associazione Corridori,  indi Presidente dell'Associazione Atleti Azzurri d'Italia. Professionista dal 1941 al 1956 con 78 vittorie. In sintesi: 3 Giri d'Italia (1948-1951-1955); 3 Giri delle Fiande (1949-1950-1951); 3 Campionati nazionali (1951-1953-1954); 2 Roma-Napoli-Roma (1952-1953); 3 Giri del Piemonte (1942-1953-1956); 2 Giri di Toscana (1949-1954); 2 Giri del Lazio (1951-1956); 2 Giri di Romagna (1951-1955); 2 Milano-Modena (1954-1955); Tre Valli Varesine (1947); Milano-Torino (1951); Sassari-Cagliari (1953); Giro del Veneto (1953); Orvieto-Roma (1941); 19 tappe di Giri; 2 Giri Provincia di Milano (crono a coppie con Ortelli 1940; con Servadei 1943); 3 Trofeo Baracchi (con Grosso 1949 - con Bevilacqua 1950; con Minardi 1951); 17 Criterium; 24 giorni in Maglia Rosa; 9 giorni in Maglia Gialla.

Ordine di arrivo: 
1° Fiorenzo Magni Km 128 in 3h22'55" alla media di 37,848 kmh (il tratto di 40 km circa, dietro motociclette alla Passeggiata Archeologica, è stato da lui coperto in 45'27", alla media di km. 52.805 kmh); 2° Stan Ockers (Bel) a 2"; 3° Jean Robic (Fra) a 38"; 4° Gino Bartali a 1'.

Classifica Generale Finale: 
1° Fiorenzo Magni in 19h00'17"; 2° Stan Ockers (Bel) a 18"; 3° Jean Robic (Fra) a 1’12"; 4° Gino Bartali a 4'58"; 5° Guido De Santi a 7'04"; 6° Giancarlo Astrua a 8'47''; 7° Ferdi Kubler (Sui) a 9'29”. 

Maurizio Ricci detto Morris

....segue
 
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#38
Trentunesima Edizione 22-26 aprile 1953

Un’edizione che segnò un importante ritocco organizzativo. Intanto l’itinerario della manifestazione più vario e con più tappe, iniziò a “liberare” maggiormente accanto a Roma-Napoli-Roma, la denominazione Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni. 
Il numero dei corridori fu portato a 36 con 6 corridori massimi per equipe e ciò portò ad una rappresentatività delle nazionalità che raggiunse il record di 9. I giorni di gara, dai classici 3, furono portati a 5, per un tracciato complessivo di 1085 chilometri. In altre parole: una corsa a tappe di rilevanza per lunghezza, ed originalissima per morfologia. Oltre a Lazio e Campania, l’itinerario avrebbe toccato anche l’Umbria e l’Abruzzo che, allora, contemplava anche l’odierno Molise. Tredici campioni stranieri e ventitre italiani, figurarono nella competizione. In ordine di iscrizione: Magni, Kubler, Robic, l’iridato Muller, Bartali, Ockers, Poblet, Koblet, Van Est, Minardi, Albani, Ciancola, Monti, Fornara, Defilippis, Maggini, Astrua. Moresco, Diggelmann, Corrieri, Bresci, Baroni, Salimbeni, Crocitorti, Martini, Mastroianni, Ciolli, Bartalini, De Rossi, Hoermann, Conte, Graf, Schneider, Ferrari, Bevilacqua, Diederich. 
Altra novità notevole: il tipo unico di motoscooter degli allenatori. Fu scelta la “Gilera 150 sport”. Circa gli accoppiamenti, da rilevare quello di Athos Lazzaretti con Gino Bartali; di Bruno Pellizzari per Fiorenzo Magni, di Fabio Battesini per Hugo Koblet (alla prima partecipazione alla manifestazione); di Armando Latini per Ferdi Kubler; di Wambts per Diggelmann, di Van Brook per Ockers. Jean Robic, per rivincere, nominò come proprio allenatore, il famoso Hugo Lorenzetti, specialista di eccezione, vincitore di due Bordeaux-Parigi, rispettivamente al servizio di Bernard Gauthier e di Jesus Moujica. Insomma, la punzonatura in piazza Colonna, gremita, malgrado il tempo incerto, fu di quelle che restano nelle memorie.

Prima semitappa: Roma-Terni
La partenza da Piazza Colonna, della prima intensa giornata di gara, fu data alle 8 del mattino. Dopo un terzo di corsa, l’episodio che risulterà decisivo. Fuga di quattro corridori: il triestino Guido De Santi, tradizionale protagonista della manifestazione, il combattivo e sempre presente nelle fasi calde, ovvero il piemontese Giancarlo Astrua, il novarese in grande accesa Pasquale Fornara, ed un giovane svizzero, gran pedalatore, di cui si diceva un gran bene, Rolf Graf. Questi battistrada, in perfetto accordo e tutti ottimi passisti, riuscirono ad accumulare un vantaggio notevole, ed anche per la tardiva reazione del gruppo, riuscirono ad arrivare al traguardo senza soverchi patemi e poterono svolgere la volata decisiva. Qui emersero le maggiori fibre bianche di Guido De Santi, che non trovandosi fra i contendenti delle ruote particolarmente veloci, o di nota, ebbe facilmente la meglio su Astrua, Graf e Fornara, finiti nell’ordine. Miguel Poblet, regolò il gruppo, in gran rimonta a poco più di una trentina di secondi. Anche il pubblico ternano fu quello delle grandi occasioni.

Ordine d’arrivo: 
1° Guido De Santi km 95,500 in 2h38'20" alla media di 36,100 kmh; 2° Giancarlo Astrua; 3° Rolf Graf (Sui); 4° Fornara, tutti col tempo del vincitore; 6° Miguel Poblet (Esp) a 36”.


Seconda semitappa: Terni - L’Aquila
Partiti alle 11,30 da Terni alla volta de L'Aquila, per complessivi 87,2 km, i corridori non mostrarono una gran voglia di battersi. Con l’andatura assai moderata, la prima metà di semitappa, fu all’insegna del “tutti insieme”. Più vivacità in prossimità dei tanti arrivi a premio. Corrieri, si aggiudicò il traguardo di Piediluco e alla tappa volante di Rieti, passarono nell'ordine Albani, Corrieri, Bevilacqua e Koblet. A Cittaducale, Astrua fu primo e ad Antrodoco, Ciolli transitò con 30” di vantaggio, annullati dal grosso fin dalle prime rampe di Sella di Corno. La lunga salita venne superata a stanca andatura. In vetta, sul primo traguardo valevole per il Gran Premio della Montagna, non passarono certo degli arrampicatori: fu primo Corrieri, seguito da Ferrari e Maggini. Nella ripida discesa verso L'Aquila e nel susseguente tratto in pianura, Koblet e Bevilacqua tentarono la fuga senza riuscirvi. Più fortunato e capace fu Albani, che a due chilometri dalla pista di l’Aquila, sede d’arrivo, s’involò, imitato da Astrua. I due procedendo ognuno per conto proprio, lasciarono il gruppo alle spalle. Vinse Albani, con un  lieve vantaggio sul combattivo piemontese e terzo, primo del gruppo giunto a 13”, il vecchio Gino Bartali, che mandò in visibilio la folla. Tantissima.

Sul vincitore.

[Immagine: Giorgio_Albani.JPG]
Nato a Monza il 15 giugno 1929. Velocista. Alto m. 1,73 per kg 70. Professionista dal 1949 al 1959 con 34 vittorie. Il suo senso tattico, che  pareva predirne un futuro come tecnico, ne innalzò il palmares da corridore. Fu capace di emergere, anche in corse che sembravano impossibili per la sua ruota veloce. Riuscì ad essere una luce del movimento italiano, nonostante la presenza di tanti corridori di nome. La vittoria nel Campionato Italiano 1956, a punti, dopo cinque prove, ne diede testimonianza, così come i sette centri di tappa al Giro d’Italia e le vittorie in quasi tutte le classiche nazionali. Partecipò ad 8 edizioni della “Corsa Rosa”: nel 1950 (45°); 1952 (10°); 1953 (15°); 1954 (12°); 1955 (39°), 1956 (17°); 1957 (53°) e nel 1958, dove si ritirò.  Fu due volte azzurri ai Mondiali: nel 1952 in Lussemburgo e nel 1956 a Copenaghen. In entrambe le occasioni, dopo aver svolto il suo lavoro, si ritirò. Militò sempre nella Legnano, salvo l’ultimo anno, quando andò a fare da chioccia ai giovani della Molteni e, dal 1960, ne divenne direttore sportivo storico. Fra i grandi corridori guidati dal monzese nella “Grande Molteni”, i vari Motta, Dancelli e, soprattutto, Eddy Merckx, col quale creò un connubio da leggenda. Tornando all’Albani corridore, di nota il suo esordio, avvenuto fra i dilettanti a 19 anni compiuti. Pur di farlo correre, a lui che era un operaio di una ditta di confezioni, il Pedale Monzese, oltre all’abbigliamento, fornì un mezzo stipendio sotto forma di rimborso spese. Non si sbagliarono: dopo poco più di un anno, Giorgio, era già professionista vincente, nella Legnano. Tutte le sue vittorie. 1950: tappa di  Milazzo al Giro di Sicilia; Coppa Agostoni. 1951: Milano-Modena; Circuito di Arona. 1952: tappa di Bologna al Giro d'Italia; tappa di Roccaraso al Giro d'Italia; Giro dell'Appennino; Giro del Piemonte; Circuito di Seregno. 1953: tappa di l'Aquila al Gran Premio Ciclomotoristico; Tappa di Genova al Giro d'Italia; Giro del Lazio; Coppa Bernocchi; Circuito di Lodi; Circuito di Grottarossa. 1954: tappa di l'Aquila al Gran Premio Ciclomotorìstico; tappa di Roma al Giro d'Italia; Giro dell'Appennino; Tre Valli Varesine; Circuito di Codogno. 1955: tappa di Ancona al Giro d'Italia; Criterium Avesnes. 1956: Campionato italiano; tappa di Lecco al Giro d'Italia; tappa di San Pellegrino al Giro d'Italia; Giro del Veneto; Circuito di Lodi; Criterium di Basilea; Circuito di Ovada; Circuito di Alessandria. 1957: Giro di Campania; Circuito di Vigevano; Circuito di Alessandria. 1958: Circuito di Roccabianca. I suoi migliori piazzamenti. 1949: 3° nella Coppa Agostoni. 1950: 2° nel Giro di Romagna; 2° nella tappa di Brescia al Giro d'Italia; 3° nel  Trofeo Baracchi; 1951: 2° nella Milano-Torino; 2° nel Giro dell'Emilia; 3° nel Gran Premio Massaua Fossati di Grosseto. 1953: 2° nella tappa di Roccaraso al Giro d'Italia; 2° nella tappa di Riva del Garda al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Modena al  Giro d'Italia; 3° nel Giro del Piemonte. 1954: 2° nella tappa di Torino al Giro d'Italia. 1954: 2° nella tappa di Milano al Giro d'Italia; 3° nella Milano-Modena. 1955: 3° nella Milano-Torino; 3° nella tappa di Viareggio al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Roma al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Lido di Jesolo al Giro d'Italia. 1956: 2° nella tappa di Rimini al Giro d'Italia; 2° nella tappa di Bologna al Giro d'Italia; 2° nella Tre Valli Varesine; 2° nel Gran Premio Industria e Commercio; 3° nel Trofeo Baracchi. 1957: 2° nella tappa di Montecatini al Giro d'Italia; 2° nella tappa di Como al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Saint Vincent al Giro d'Italia; 3° nel Giro di Toscana. 1958: 3° nel Giro di Toscana; 3° nella tappa di Varese al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Forte dei Marmi al Giro d'Italia.

Ordine d’arrivo: 1° Giorgio Albani km. 87,200 in 3h09’54” alla media di 30,016 kmh; 2° Giancarlo Astrua a 7”; 3° Gino Bartali a 13”; 4° Stan Ockers; 5° Bruno Monti.

Terza semitappa: australiana sulla pista di L’Aquila
Sulla pista aquilana, tecnica e con curve sopraelevate, emerse la non abitudine di questi pur grandi stradisti, a pedalare dietro un rullo su un simile anello. Tra l’altro, le moto non erano quelle da mezzofondo e la media sui 4250 metri di questa australiana (quattro corridori posti in partenza ai vertici dell’ovale della pista) dietro motori, con cronometraggio individuale, lo dimostrò. Vinse Fiorenzo Magni, su Koblet, che pure era un grande inseguitore, ma dietro il rullo si ridimensionava.

Ordine d’arrivo dell’australiana in pista, giri 10 pari a km. 4,420, dietro allenatori: 
1° Fiorenzo Magni in 4'32" alla media di km. 68.234; 2°  Hugo Koblet (Sui) a 4”;  3° Stan Ockers (Bel) a 9”.

Classifica generale dopo la prima giornata di gare: 
1° De Santi in 5h53’12”;  2° Astrua a 18”; 3° Magni a 23”; 4° Koblet (Sui) a 27”; 5° Ockers (Bel) a 32”.

Quarta semitappa: L’Aquila-Sulmona
La partenza fu data poco dopo le nove. Il gruppo s’avviò lentamente e le accelerazioni furono tutte concentrate nelle vicinanze dei traguardi a premio. A Barisciano, Minardi vinse il traguardo volante, a Popoli lo vinse Schneider, mentre sulla discesa seguente questa località, si registrò un tentativo di fuga da parte di Koblet e Moresco, ma ebbe breve durata. L’inevitabile sprint decisivo per la frazione sul rettilineo di Sulmona, vide Minardi giocare la carta dell’anticipo, attraverso una sparata da finisseur Un colpo che lo portò alla vittoria, con qualche metro su Corrieri,  Ockers e gli altri. Invariata la classifica.

Sul vincitore.
[Immagine: images?q=tbn:ANd9GcTt2bxNCsYuMoY_v7FR5zn...t8bFK_UBum]
Nato a Solarolo (Ravenna) il 18 marzo 1928. Passista veloce, alto m. 1,80 per kg 72. Professionista dal 1950 al 1958 con 18 vittorie. Giuseppe Minardi può essere considerato il Van Steembergen romagnolo, sia per il suo trascorso di ruota veloce fra i dilettanti, che per quello che ha saputo fare da professionista. Nei suoi dieci anni fra i "prof", infatti, il Minardi già divenuto "Pipaza", ha messo insieme un curriculum di tutto rispetto che ne ha fatto uno dei corridori più in vista dell'Italia degli anni cinquanta. Questo figlio autentico della Romagna, terra di simpatia e laboriosità, si affacciò ancora dilettante alla grande notorietà vincendo senza licenza "prof" la Milano-Rapallo e il Trofeo Matteotti edizione 1949. Professionista in maglia Legnano, "Pipaza" cominciò nel Giro d'Italia del 1951 ad iscrivere il suo nome fra i vincitori di tappa, trionfando nella frazione di Pescara. A questo traguardo, aggiunse subito il Trofeo Valleceppi. Sul finire di quell'anno solo un grande Luison Bobet gli impedì di iscrivere il suo nome nell'albo d'oro del Giro di Lombardia. Il Trofeo Baracchi, vinto in coppia con Fiorenzo Magni, chiuse una stagione d'oro per il romagnolo. Ma fu il 1952 l'anno super di Pipaza. Mancata di un soffio la Milano-Sanremo (2° dietro a Loretto Petrucci), vinse alla grande il Giro di Campania, la tappa di Genova al Giro d'Italia, la Tre Valli Varesine. Un bel bottino al quale si aggiunse la sconfitta per solo mezzo punto nel campionato italiano (Maglia poi finita sulle spalle di Gino Bartali). Sul finire di stagione la "chicca" di tutta la sua carriera: il trionfo nel Giro di Lombardia. Con quella vittoria, Minardi divenne uno dei corridori italiani più conosciuti all'estero. Il 1953 di Pipaza, si aprì ancora con un secondo posto dietro Petrucci alla Milano-Sanremo, una corsa stregata, dunque, per il corridore di Solarolo. Anche il resto dell'anno fu tutto un susseguirsi di piazzamenti, ma arrivò pure una grande vittoria: la tappa di Roma al Giro. In quell'occasione trionfò davanti allo stadio Olimpico (fu inaugurato quel giorno) gremito in ogni ordine di posti (un record per un finale di tappa).  Partecipò con la Nazionale al Tour de France, ma si ritirò nel corso della 5a tappa. Tre le vittorie di Pipaza nel 1954: la tappa di Teormina al Giro d'Italia (dove fu anche per tre giorni maglia rosa), il Giro di Romagna e il Giro di Reggio Calabria, dove batté in volata Fausto Coppi, dopo che i due avevano staccato tutti. Cinque i successi nel 1955: la tappa di Cervia al Giro d'Italia, il Giro del Piemonte, il Trofeo Matteotti, il Circuito di Pescara e il GP di Imola, una cronosquadre. Un paio di successi nel 1956: la tappa di Rimini al Giro d'Italia e, per la seconda volta, il Giro di Reggio Calabria. Fu questo l'ultimo acuto della carriera di Minardi che continuò per altre due stagioni in maglia Leo-Chlorodont senza più ritrovare lo spunto di un tempo. Giuseppe Pipaza Minardi vestì con onore tre volte la Maglia Azzurra ai Mondiali: a Varese nel ’51 dove finì 8°, a Lussemburgo nel ’52, dove chiuse 10°, ed a Solingen ’54, dove si ritirò, dopo aver fatto il suo lavoro d’appoggio. 

Ordine d’arrivo:

1° Giuseppe Minardi km 68 in 1h50’37” alla media di km. 36,883; 2° Giovanni Corrieri a 6”; 3° Stan Ockers (Bel) a 10”; 4° Miguel Poblet (Esp); 5° Bruno Monti, 6° Luciano Maggini; 7° Luigi Mastroianni; 8° Ferdi Kubler (Sui); 9° Remo Bartalini; a pari merito al decimo posto tutti gli altri.

Quinta semitappa: Sulmona-Frosinone
Alle tredici, la artenza per Frosinone (km. 158,300), senza Mino De Rossi, ritiratosi a causa d'una grave foruncolosi. E si giunse a velocità moderata, salvo qualche scatto di Ciolli e Ciancola, alle rampe di Forca Caruso. Il gruppo andò su d'amore e d'accordo, senza lotta. Al traguardo per il Gran Premio della Montagna passarono nell'ordine Poblet, Robic, Monti, Astrua, Bartali e tutti gli altri. Al traguardo volante di Avezzano si piazzò ancora primo Poblet. Nemmeno le pendici del Monte Saviano, provocarono selezioni. Una fuga di Van Est, vincitore del traguardo volante a Balsorano, non ebbe lunga durata. Stessa sorte per un tentativo da parte di Ciancola e Croci Torti, seguiti poi da Astrua, dopo che Albani si era aggiudicato il traguardo di Sora. Nella inevitabile volata finale a Frosinone, approfittando della particolarità dell’arrivo, Koblet ebbe buon gioco nell’anticipare l’affondo e vinse precedendo Magni di almeno due macchine. Grandissimo, lungo tutto il percorso, l'entusiasmo per Gino Bartali. La classifica generale dopo la seconda giornata rimase praticamente immutata.
[Immagine: Koblet%20dopo%20arrivo_zpsnpm6vhen.jpg?t=1546073335]
Sul vincitore.
[Immagine: Koblet%20punzonatura_zpsjzea0d09.jpg]
Nato a Zurigo (Svizzera) il 21 marzo 1925; deceduto ad Uster (Svizzera) il 6 novembre 1964. Completo. Alto m. 1,82 per un peso forma di kg 78. Biondo, alto, è stato senz'altro il corridore dall'aspetto più attraente: appena sceso di bicicletta usava asciugarsi il volto con una soffice spugna imbevuta di colonia, pettinarsi i capelli e prestarsi docile alla cerimonia di premiazione. I suoi baci agli arrivi, erano autentici e ambiti. E proprio da uno di quei baci, doveva uscire fidanzalo e poi sposo ben presto, infelice, di una stellina. Figlio di un panettiere zurighese, aveva fatto a lungo il fattorino dell'azienda;  stagnino, era approdato al negozio di biciclette che avrebbe segnato il suo destino. Più volte vittorioso, aveva dovuto troppo presto rassegnarsi a un patetico addio alle competizioni. Sulla soglia dei quarant'anni è deceduto in seguito ad una uscita di strada, su di una vettura che non lasciò alcun segno di frenata, e che propone la tesi di una quasi volontarietà di andarsene da questo mondo. Primo straniero nel 1950 a vincere il Giro d'Italia, guidato da un tecnico sapiente come Learco Guerra. Nella stagione successiva si aggiudicò il Tour de France, mentre nel 1952 al Giro della Svizzera accusò una grave infezione renale che ne condiziona il rendimento negli anni successivi. Professionista dal 1946 al 1958 con 77 vittorie. I principali successi di Hugo Koblet. 1 Giro d'Italia (1950); 1 Tour de France (1951); 1 Campionato Nazionale (1955); 3 Giri della Svizzera (1950-1953-1955); 1 Giro della Svizzera Romanda (1953); 2 Campionati di Zurigo (1952-1954); Sassari-Cagliari (1954); Giro Ticino (1955); Gran Premio delle  Nazioni (1951); Gran Premio Martini (1954); Gran Premio d’Europa (Ravenna con Graf); 8 Campionati nazionali nell’inseguimento (dal 1947 al 1954); Trofeo Gentil (1950); 30 tappe di Giri (5 al Tour; 7 al Giro d'Italia; 11 al Giro Svizzera; 1 alla Vuelta); 23 giorni in Rosa; 11 giorni in Giallo. Fra i suoi piazzamenti: fu 2° al Giro del 1953 e due volte 2°  ai Mondiali dell’inseguimento.

Ordine d’arrivo:
1° Hugo Koblet (Sui) Km 158,300 in 4h52'36" alla media di km. 33.835; 2° Fiorenzo Magni; 3° Luciano Maggini; 4° Oreste Conte; 5° Stan Ockers (Bel).

Classifica generale dopo la seconda giornata: 
1° Guido De Santi in 12h36'35"; 2° Giancarlo Astrua a 18”; 3° Fiorenzo Magni a 23”; 4° Hugo Koblet (Sui) a 27”; 5° Stan Ockers (Bel) a 32”; 6° Pasquale Fornara a 37”; 7° Walter Diggelmann (Sui).


Terza tappa: Frosinone-Caserta
Una tappa abbastanza lunga (la sesta frazione della corsa), 162,6 chilometri complessivi, con un tratto in linea di 124 ed uno dietro motoscooter di 38,6 km, da consumarsi su un apposito circuito in Caserta, che occupò tutta la terza giornata di gara. A dispetto dell’attesa, fu scialba nella prima parte. Tutto si decise nel tratto con allenatori, dove emerse la classe dello svizzero Hugo Koblet che andò a vincere. Ma non fu un successo facile perché nel tratto conclusivo si trovò a fare i conti con un giovane romano, Bruno Monti, autore di una prova eccellente. Probabilmente fu l’inesperienza in questo tipo di gare, a porre a più miti consigli il capitolino. 
 
Ordine d'arrivo:

1° Hugo Koblet (Sui) Km 162,600 in 4h21’06” alla media di 37,364 kmh; 2° Bruno Monti; 3° Fiorenzo Magni a 24"; 4° Stan Orkers (Bel) a 35”; 5° Guido De Santi a 1’02”; 6° Antonio Bevilacqua a 1’19”; 7° Ferdi Kubler (Bel) a 1’34”; 8° Giancarlo Astrua a 1’52”. 

Classifica Generale dopo la terza giornata: 
1° Hugo Koblet (Sui) in 16h56’38” alla media di 34,793 kmh; 2° Bruno Monti a 18"; 3° Fiorenzo Magni a 20"; 4° Guido De Santi a 35"; 5° Stan Ockers (Bel) a 40"; 6° Giancarlo Astrua a 1'43"; 7° Ferdi  Kubler (Sui) a l'48"; 8° Antonio Bevilacqua a 2'03".


Quarta tappa: Caserta-Napoli
L’asso belga Stan Ockers, vinse la penultima tappa, la Caserta-Napoli di 94,600 chilometri, conquistando altresì la Maglia Rosso-Oro di leader della classifica generale. Come già avvenuto il giorno precedente, la tappa si decise nella parte disputata dietro motoscooter. I primi ad arrivare all’aggancio coi mezzi a motore, furono Luigi Mastroianni, Giancarlo Astrua e Guido De Santi, che con una riuscita fuga avevano staccato il gruppo di oltre un minuto. Ma dopo pochi giri del circuito napoletano, scelto come teatro dell’epilogo di tappa, furono superati dagli scatenato Ockers, Magni e Koblet. Appassionante fu negli ultimi chilometri il duello fra i belga e Fiorenzo Magni, dapprima per staccare il leader di classifica Koblet, indi per vincere la tappa e, possibilmente, conquistare la Maglia Rosso-Oro. Ad un certo punto parve che Magni potesse conquistare il successo, ma all’ultimo giro l’accelerazione ulteriore dell’asso belga, gli fu fatale. Al traguardo, Ockers, anticipò l’italiano di 36”. Koblet giunse quarto (battuto anche da Albani) a 1’20” e cedette al belga le insegne del primato in classifica.

Ordine d’arrivo:

1° Stan Ockers (Bel) km 94,600 in 2h09’34” alla media di 43,825 kmh; 2° Fiorenzo Magni a 36”; 3° Giorgio Albani a 1’14”; 4° Hugo Koblet (Sui) a 1’20”; 5° Guido De Santi a 1’36”.

Classifica Generale dopo la quarta giornata: 
1° Stan Ockers (Bel); 2° Fiorenzo Magni a 16”; 3° Hugo Koblet (Sui) a 40”; 4° Guido De Santi a 1’27”; 5° Bruno Monti a 2’08”; 6° Giancarlo Astrua a 2’59”; 7° Giorgio Albani a 3’05”; 8° Walter Diggelmann (Sui) a 5’15”; 9° Antonio Bevilacqua a 6’08”; 10° Miguel Poblet (Esp) a 6’08”.


Quinta tappa: Napoli-Latina
Con tre contendenti alla vittoria finale, Ockers Magni e Koblet, partì la quinta tappa, Napoli-Latina, di 174 chilometri. Una frazione  che in tanti consideravano decisiva e che poi lo fu veramente. Un inizio fiacco, si potrebbe dire d’attesa, quasi con il passaparola “risparmiamo energie per la Fettuccia”, ovvero il tratto che, sulla via Appia, poco dopo Terracina, attraverso un rettilineo di una quarantina di chilometri, porta a Cisterna di Latina. Proprio il segmento, ove i corridori si sarebbero agganciati agli allenatori in motoscooter. Prima di giungere a questo crogiolo di frazione, il più convinto a muovere le acque, fu Luigi Mastroianni, un napoletano di Secondigliano che, nei vari tentativi sempre rintuzzati, riuscì perlomeno a guadagnarsi il traguardo a premio, che stava a metà strada fra Melito e Aversa. La frazione esplose come previsto sulla Fettuccia di Terracina, alle alte velocità che i motoscooter potevano garantire ai corridori. Ed i migliori non si risparmiarono, giungendo a delle medie sbalorditive per quei tempi e la poca abitudine anche di diversi campioni, a gareggiare dietro allenatori. 
Attaccò per primo Ockers, che fece selezione e giunse a toccare in un tratto gli 80 chilometri orari, ma poi salì in cattedra il “Leone delle Fiandre” che non si aspettava, perlomeno in quelle dimensioni. Fiorenzo Magni, infatti, fu autore di un segmento velocistico incredibile, ad una media lautamente superiore ai 70 kmh, che disintegrò ogni resistenza. Giunse al traguardo con ampio margine su Ockers e Van Est e conquistò la Maglia Rosso-Oro di leader. Fece un’impresa, anche se, oggi, nella stragrande maggioranza dei ritratti o nelle disamine su di lui, non v’è traccia di quel che fece.
      
Ordine d'arrivo:
1° Fiorenzo Magni km 174 in 4h15'14" alla media di 36,537 kmh; 2° Stan Ockers (Bel) e 1’49"; 3° Wim Van Est (Ned) a 2'37"; 4° Giancarlo Astrua a 2'49"; 5° Ferdi Kubler (Sui) a 2'58"; 6° Guido De Santi a 3'03"; 7° Hugo Koblet (Sui) a 3’10”; 8° Giorgio Albani a 3’22”; 9° Bruno Monti a 3’35”; 10° Jean Robic (Fra) a 4’19”; 11° Luciano Ciancola a 4’21”; 12° Antonio Bevilacqua a 4’58”; 13° Walter Diggelmann (Sui) 5’12”; 14° Adolfo Grosso a 5’15”; 15° Pasquale Fornara a 5’30”; 16° Gino Bartali a 5’34”; 17° Ludwig Hoermann (Ger) a 5’41”; 18° Giovanni Corrieri a 5’53”; 19° Giuseppe Minardi a 6’02”; 20° Virgilio Salimbeni a 6’32”; 21° Giulio Bresci a 6’35”; 22° Mario Baroni a 6’43”; 23° Marcello Ciolli a 6’44”; 24° Oreste Conte a 6’48”; 25° Luciano Maggini a 6’53”; 26° Alfredo Martini a 7’25”; 27° Rolf Graf (Sui) a 7’35”; 28° Alfo Ferrari a 7’42”; 29° Rinaldo Moresco a 7’48”; 30° Luigi Mastroianni a 7’55”; 31° Kurt Schneider (Aut) a 8’25”; 32° Jean Diederich (Lux) a 8’29”; 33° Remo Bartalini a 9’07”; 34° Emilio Croci Torti (Sui) a 9’42”. Ritirato Miguel Poblet (Esp) per foruncolosi acuta.

Classifica Generale dopo la quinta tappa: 
1° Fiorenzo Magni; 2° Stan Ockers (Bel) e 1’33"; 3° Hugo Koblet (Sui) a 3’44”; 4° Guido De Santi a 4’14”; 5° Bruno Monti a 5’27”; 6° Giancarlo Astrua a 5’32”; 7° Giorgio Albani a 6’01”; 8° Ferdi Kubler (Sui) a 6’36”. 
[Immagine: Magni%20e%20bicicletta_zps7fanbphr.jpg?t=1546073335]
Fiorenzo Magni controlla i “ferri” del mestiere.


Sesta tappa: Latina-Roma
L’ultima frazione, che da Latina portava a Roma, di 125,6 km, era piena di trabocchetti, ma oramai i campioni, aspettavano solo il tratto dietro scooter per battagliare, lasciando a comprimari, comunque stanchi, la possibilità di mettersi in evidenza nella fase in linea. Il primo ad attaccare fu Moresco, poi tante scaramucce e la salita di Rocca di Papa che non fece male: troppo debole l’andatura. Ma quando la corsa arrivò alle Terme di Caracalla con l’inizio del circuito finale dietro allenatori in moto, esplose ancora una volta. I primi a mettersi in gioco furono Bevilacqua, Kubler, Magni ed il giovane Bruno Monti. Quest’ultimo affondò un vero e proprio attacco a cui rispose il solo Ockers. I due proseguirono a gran media, mentre il leader Magni, stanco per l’impresa sulla Fettuccia di Terracina, iniziò a perdere progressivamente terreno. A metà del settore motoristico, Ockers passò in testa con 2” su Monti, 42” su Magni 1’02” su Albani e 1’18” su Robic, alla cui ruota s’erano posti Koblet e De Santi. Vista la flessione del leader, il  belga attaccò ancora, esponendosi ad uno sforzo incredibile. Monti assorbì bene l’acuto di Ockers, senza staccarsi. Lo stesso Magni che pure continuava a perdere terreno, stringendo i denti, non crollò, come era negli auspici del suo principale avversario. Lo sforzo invece, appannò un poco proprio il fiammingo, che si trovò rimontato e sorpassato da un Monti in formato monstre. Il corridore romano continuò a spingere sui pedali a grandi frequenze, ben incollato al rullo, ed impedì ad Ockers di provare il controsorpasso. Profeta in patria, Bruno Monti vinse con  una ventina di metri sul belga, mentre Fiorenzo Magni, a costo di grande fatica, chiuse 3°, a poco più di un minuto. Per 30” secondi il Leone delle Fiandre conservò il primato e fece sua per la seconda volta la Roma-Napoli-Roma. Dopo il traguardo si lasciò andare a lacrime di gioia che portarono il pubblico, numerosissimo, ancor più vicino a lui.

Ordine d'arrivo: 
1° Bruno Monti km. 125,600 in 3h10'23" alla media di 39,551 kmh; 2° Stan Ockers (Bel) a 3"; 3° Fiorenzo Magni a l'06”; 4° Hugo Koblet (Sui) a l'50"; 5° Giorgio Albani a l'52"; 6° Adolfo Grosso a l'58"; 7° Guido De Santi a 2’06”; 8° Jean Robic (Fra) a 2’27”; 9° Giancarlo Astrua a 2’38”; 10 Ferdi Kubler (Sui) a 2’41”;  11° Luciano Ciancola a 2’57”; 12° Pasquale Fornara a 3’53”; 13° Gino Bartali a 3’44”; 14° Walter Diggelmann (Sui) a 4’23”; 15° Wim Van Est (Ned) a 5’18”; 16° Virgilio Salimbeni a 6’05”; 17° Luigi Mastroianni a 6’17”; 18° Kurt Schneider (Aut) a 10’05”.

Classifica Generale Finale: 
1° Fiorenzo Magni km 984,6 in 27ore 42’01" media 36,971 kmh;  2° Stan Oc-kers (Bel) a 30”; 3° Bruno Monti a 4'31": 4° Hugo Koblet (Sui) a 4'38"; 5° Guido De Santi a 5'23": 6° Giorgio Albani a 6'57"; 7° Giancarlo Astrua a 7'04"; 8° Ferdi Kubler (Sui) a 11’14”; 9° Adolfo Grosso a 12'32"; 10° Luciano Ciancola a 12’34”; 11° Walter Diggelmann (Sui) a 13’24”; 12° Jean Robic (Fra) a 14’07”; 13° Pas-quale Fornara a 14’28”; 14° Wim Van Est (Ned) 15’07”; 15° Gino Bartali a 15’34”; Virgilio Salimbeni a 21’38”; 17° Luigi Mastroianni a 28’13”; 18° Kurt Schneider (Aut) a 30’20”. Note: Hugo Koblet penalizzato di 20” per cambio irregolare di ruota.
[Immagine: Magni%20Trionfo_zpsvni0pebn.jpg?t=1546073335]
Fiorenzo Magni, dopo il trionfo.

Maurizio Ricci detto Morris

.....segue
 
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#39
Trentaduesima Edizione 29/04 - 02/05 1954

Un’edizione che doveva scacciare talune polemiche, relativamente alla facilità con la quale il pubblico, sempre strabocchevole, riusciva a superare gli sbarramenti di organizzazione e forze dell’ordine, fino a incidere sulla corsa. Un problema che la Roma-Napoli-Roma si portava fin dalle primissime edizioni del secolo. Ciò dimostrava la popolarità e l’amore del centro e del sud italiano verso il ciclismo. Diciamolo pure, ce ne fossero oggi di simili problemi….. La corsa del 1954, ormai da tutti chiamata GP Ciclomotoristico delle Nazioni, col giornale Il Tempo a far da catalizzatore, assai più del Corriere dello sport, si propose come sempre molto bene sul piano dell’immagine (sotto, una caricatura “spinta” dalla popolarità della corsa).
[Immagine: Caricatura%201954_zpsckhy5lqw.jpg?t=1546073335]
L’uso delle moto rappresentava un canale pubblicitario per il mezzo, almeno quanto le biciclette. La stessa carovana pubblicitaria che anticipava e seguiva la corsa, ben curata dai giornali organizzatori, stava stabilendo numeri da record e non aveva niente in meno, paradossalmente, di quelle del Giro d’Italia del nuovo millennio. Ovviamente, il traino del ciclismo stava dimostrandosi insostituibile, ed in quella edizione ci fu una curiosità in più, dettata dal primo sponsor extra settore, che giungeva ad uno sport e che finanziava una squadra: la Nivea di Fiorenzo Magni, vincitore uscente. Con un battage pubblicitario di tali dimensioni, la Roma-Napoli-Roma, richiamò il meglio del ciclismo italiano, col Campione del Mondo Fausto Coppi in testa, nonché diversi assi del ciclismo internazionale. Campioni, che mostrarono fin dalla vigilia un’attenzione sulle morfologie della corsa, come mai prima d’allora. Sul peso agonistico delle moto, innanzitutto. Coppi ingaggiò Lorenzetti, il mago degli allenatori, facendolo arrivare apposta da Parigi per guidare la Moto Bianchi Cervino, ovvero il mezzo che avrebbe seguito dietro al rullo. Hugo Koblet si fece accompagnare dal suo amico Martin, di Zurigo, affinché guidasse la sua Gilera Sport. Fiorenzo Magni, imbastì una polemica, minacciando di non partire, perché vedeva la sua moto, una Parilla 150 Sport, al pari delle altre, in situazione di inferiorità per la copertura del vento sul corridore, rispetto a chi poteva disporre di un allenatore sulla Aermacchi Ghibli 125. La minor cilindrata di quel motoscooter, secondo il “Leone delle Fiandre”, veniva azzerata fino all’indubbio vantaggio per la carenatura “copri gambe” che lo rendeva simile alle già popolari Lambretta e Vespa. Insomma tanta curiosità in più, che ci ha spinto ad inserire di seguito a queste note, l’elenco dei partecipanti corridori, con le relative squadre, nonché le marche dei motoscooter usati dai loro allenatori. Altro aspetto raccolto dalle esperienze delle edizioni precedenti: una più netta distinzione fra le prove in linea, spesso avare di emozioni, proprio perché i corridori avevano capito che il tratto motoristico faceva più selezione rispetto a quello in linea. Ciò rendeva la corsa ancor più dura, poiché una giornata si componeva di chilometri totali anche superiori alle grandi  manifestazioni a tappe e con la versione dietro moto, “raffinava” la gamba, proprio in preparazione del Giro d’Italia, o di talune classiche che venivano immediatamente dopo la Roma-Napoli-Roma.

[Immagine: Partenti%201954_zpseidqwf83.jpg?t=1546073335]
Quanto basta per dire che le valenze di questa prova, assumevano un ruolo importante nelle preparazioni dei corridori, oltre che dare al pubblico una prova spettacolare come poche, che, per l’Italia, essendo unica, face-va tanto bene. In altre parole, l’esatto contrario di ciò che avviene oggi, dove i corridori, completamente e supinamente in mano ai preparatori medici e, tanto spesso, per non dire sempre, chimici, tendono a centellinare le partecipazioni alle gare, per stare settimane a svolgere allenamenti mirati, nascosti e, magari, gonfiati di chimica, al fine di essere orologi ottimali, nelle gare scelte. Come dire: “l’allenamento correndo”, è divenuto un pianeta sconosciuto e la mancanza di tanti atleti attesi alle corse, rappresenta uno dei motivi che han messo lo sport della bicicletta, nell’oggi, nella naftalina dei ricordi, per lasciare spazio ad un mezzo mostriciattolo che piace sempre meno alla gente. Chi dice il contrario, sa di mentire, altrimenti faccia un sondaggio su 100 studenti universitari e chieda loro se seguono regolarmente il ciclismo. A quel punto, di fronte ai pochissimi “sì” (lautamente meno di 10), l’ipotetico  “tifoso” del moderno, capirà di essere vissuto in uno stato quasi comatoso.

Prima tappa: Roma-Terni

Partirono tutti alle 9,15 da Ponte Flaminio, anche Magni, dopo le sue minacce sui motoscooter. Il tempo, risoltosi al meglio, scongiurando la pioggia, rasserenò Cop-pi, che temeva assai per le condizioni atmosferiche. Dopo una sfuriata iniziale di Koblet, Pezzi e Gismondi che illuse su una certa combattività, la corsa si stabilizzò a passo turistico, salvo le fiamma-te sui traguardi a premio. A Castelnuovo di Porto, vinse Fro-sini; a Rignano Flaminio. fu la volta di Serena, a Civitacastellana, Pellegrini. Poi, dopo una sfuriata di De Santi, controllato da Koblet, di nuovo calma. I traguardi di Ostracoli e di Narni, furono rispettivamente di Nencini e, di nuovo, di Frosini. Quando sembrava tutto pronto per la decisiva volata di Terni, con un colpo da finisseur, il triestino De Santi, anticipò il grosso e andò a vincere. A due secondi Defilippis, che, a sua volta, distanziò il gruppo regolato da Monti, di quattro secondi.
 
Ordine d'arrivo: 1° Guido De Santi km 93 in 2h44'48" - media di 33, 888 kmh; 2°  Nino Defilippis a 2"; 3° Bruno Monti a 6"; 4° Luciano Frosini; 5° Gastone Nencini; 6° Stan Ockers (Bel), con lo stesso tempo di Monti. Segue il gruppo classificato a pari merito.


Seconda tappa: Terni – L’Aquila
La seconda frazione partì col modus della prima: andatura turistica, anche se giustificata da paesaggi da sogno (l’Italia è sempre stata bella, anche se gli italiani spesso lo dimenticano) e dal gran caldo. Sul traguardo a premio di Rieti, si rivide il fenomeno tropo velocemente appassito di Loretto Petrucci che, con una gran volata, annichilì Poblet, Albani e Baroni. Più avanti, tentò pure la sortita solitaria, ma gli andò male. Sulla salita di Sella di Corno, nessun tentativo, ma gran volata per il GPM, vinta da Poblet, su Messina, Croci Torti e un voglioso Petrucci. In prossimità del traguardo sulla pista di l’Aquila, ancora un tentativo da finisseur, stavolta di Giorgio Albani, che si involò nel vero senso della parola. Giunse all’arrivo con 11” su un Coppi (applauditissimo dal gran pubblico), che, con una gran volata, mise in fila Ockers, Monti e Poblet. Albani, col vantaggio accumulato, conquistò la Maglia Rosso-Oro. Ma incombeva sul medesimo anello aquilano, l’australiana che avrebbe sicuramente dato un volto più preciso alla classifica della prima giornata della Roma-Napoli-Roma. 

Ordine d'arrivo: 1° Giorgio Albani km 97 in 3h18'08" alla media di 29,061 kmh; 2° Fausto Coppi a 11”; 3° Stan Ockers (Bel); 4° Bruno Monti; 5° Guido Messina; 6° Miguel Poblet (Esp); 7° Luciano Pezzi; 8° Agostino Coletto; 9° Hugo Koblet (Sui); 10° Raymond Impanis (Bel), con lo stesso tempo di Coppi, segue il gruppo a pari merito.


Semitappa: dieci giri di pista dietro allenatori a L’Aquila
Spingendo un rapporto inesistente per i ciclisti dell’epoca, relativamente alle gare su strada, il 54x13, con uno sviluppo metrico a pedalata di 8,873 metri, il ventiquattrenne Bruno Monti, sorprese ogni osservatore, vincendo la prova di inseguimento all’australiana. Grande battuto Fausto Coppi, che per 7 decimi di secondo fu costretto ad inchinarsi al corridore romano, residente ad Abano Laziale. Con questa prestazione, condotta a 58,545 kmh, pur favorita dall’allenatore in motoscooter, Monti conquistò anche il primato in classifica, avendo staccato Giorgio Albani, finito al 5° posto, di 13”.  Completò il podio della prova, il belga Raymond Impanis.

Ordine d’arrivo: 1° Bruno Monti km 4,5 in 4'36''7/10 media di km. 58,545 kmh; 2° Fausto Coppi a 7 decimi; 3° Raymond Impanis (Bel) a 8"; 4° Nino Defilippis a 11”; 5° Giorgio Albani a 13”; 6° Fiorenzo Magni a 14”; 7° Hugo Koblet (Sui) a 20” 8° Stan Ockers (Bel) a 20” e 1 decimo; 9° Guido De Santi a 23”; 10° Luciano Ciancola a 28”; 11° Giuseppe Minardi st.; 12° Miguel Poblet (Esp) a 31”; 13° Pasquale Fornara a 33".

Classifica dopo la 1a giornata: 1° Bruno Monti (Arbos) in 6h07’49"7; 2° Fausto Coppi Bianchi) a 7/10 di secondo; 3° Giorgio Albani (Legnano) a 1”9; 4° Nino Defilippis (Torpado) a 6"3: 6° Raymond Impanis (Bel.-Girardengo) a 7"3: 6° Fiorenzo Magni (Nivea) a 13"3; 7° Guido De Santi (Bottecchia) a 16"3; 8° Hugo Koblet (Sui.-Guerra) a 19"3; 9° Stan Ockers (Bel.-Girardengo) id; 10° Luciano Ciancola (Legnano) a 24"3; 11° Giuseppe Minardi (Legnano) a 27"3; 12° Miguel Poblet (Esp-Willier) a 30"3; 13° Pasquale Fornara (Bottecchia) a 32"3; 15° Riccardo Filippi (Bianchi) a 37"3; 17° Rik Van Steenbergen (Bel.-Girardengo) a 39"3; 19° Guido Messina (Frejus) a 42"3.


Terza tappa: L’Aquila - Avezzano
Una frazione di fiacca senza pari, condotta ad andatura da primi del secolo e che nemmeno i traguardi a premio seppero ravvivare. Evidentemente, l’aria fresca ed il paesaggio, fecero novanta. Poi, a svegliare la monotonia, una scazzottata per motivi che solo loro conoscevano, fra Defilippis e Clerici. Indi il traguardo della montagna di Roccadimezzo, posto in discesa e vinto da Poblet. Solo queste poche note, prima della volata decisiva, attesa quasi come una liberazione. Invece, volata ci fu, ma anomala: il piemontese Agostino Coletto provò ad imitare, i De Santi e gli Albani dei giorni precedenti, scattando a meno di due chilometri dalla linea d’arrivo. La sostanza fu la stessa dei predecessori e il torinese vinse con tre secondi su Coppi, Van Steenbergen e gli altri del gruppo, compatto.

Sul vincitore.
[Immagine: Coletto_zpsk0b0r7wf.jpg?t=1546077729]
Nato a Avigliana (Torino) il 14 agosto 1927. Deceduto ad Avigliana il 14 marzo 2006. Passista scalatore, alto m 1,84 per kg 77. Professionista dal 1952 al 1961, con 6 vittorie. Un corridore la cui eleganza sul passo e l’estrema regolarità, han fatto pensare a lungo a lui come ad un predestinato per le corse a tappe. Così non fu, anche se Agostino Coletto, era effettivamente un bel corridore. Nonostante il numero esiguo di vittorie, per la sua evidenza e per le speranze citate, nonché per i cospicui piazzamenti anche nelle corse a frazioni, questo corridore torinese, va messo fra i protagonisti degli anni ’50. Completo, anche se non con punte notevoli, ebbe una maturazione lenta, non a caso passò professionista già venticinquenne, nel 1952, e gli va dato atto che nel momento in cui scoprì di non poter raggiungere a piene mani il ruolo di capitano, con umiltà seppe trasformarsi in spalla o addirittura in gregario. Nel 1953 ruppe il ghiaccio vincendo il circuito di Nole Canavese e finì sul podio nel prestigioso Gran Premio delle Nazioni a cronometro, vinto dal diciannovenne Jacques Anquetil, ma fu nel ’54 che entrò nel novero delle attenzioni degli appassionati, vincendo in solitudine la Milano Torino. In una giornata da lupi, scattò sulle rampe della Rezza, l’ultima salita della giornata, la cui cima distava 15 chilometri dall’arrivo e giunse al Motovelodromo torinese, con 1’20” sugli inseguitori. Un mese dopo, s’aggiudicò la tappa di Avezzano della Roma-Napoli-Roma, poi vinse la Coppa Mostra del Tessile, ma furono il 2° posto colto dietro Fornara al Giro di Svizzera ed il 5° nel Giro di Lombardia, ad alimentare le speranze su di lui. Nel ’55 vinse la tappa di Salerno del Gran  Premio Ciclomotoristico e il GP di Locarno, una cronosquadre composta da tre elementi per ciascuna. Con Coletto gareggiarono e vinsero Nencini e Giudici. Al Giro d’Italia la regolarità di Agostino finì per emergere, garantendogli un comunque importante 5° posto finale. L’anno successivo, grazie anche alla tremenda tappa del Bondone che falcidiò la classifica, Coletto, che riuscì a superarla, finì sul podio rosa di Milano, dietro a Gaul, trionfatore, e a Fiorenzo Magni. Dopo un ’57 incolore, tornò in auge nel 1958. S’aggiudicò ancora la Milano Torino, stavolta con un’impresa ancor più tangibile di quella di 4 anni prima. Inseritosi in un folto drappello in avanscoperta, a 120 km dall’arrivo, attaccò in salita e con lui rimase il solo velocista belga Vannitsen, poi, nell’ascesa successiva, staccò anche il pericoloso compagno e si bevve gli ultimi 40 km in solitudine, anticipando Poblet, 2°, di 1’36”. Al Giro d’Italia vestì per 3 giorni la Maglia Rosa, perdendo il primato a Boscochiesanuova, a favore di Baldini, poi vincitore della corsa. Fu al via di 2 Mondiali su strada: ritirato nel ‘54 e 12° nel ‘55. Chiuse la carriera nel ‘62, passando gli ultimi anni da gregario.

Ordine d’arrivo: 1° Agostino Coletto (Frejus) Km 62.600 in 2h16'42" - media di 27,476 kmh; 2° Fausto Coppi, a 3"; 3° Rik Van Steenbergen (Bel); 4° Giorgio Albani; 5° Gastone Nencini; 6° Fiorenzo Magni; 7° Loretto Petrucci; 8° Bruno Monti; 9° Hugo Koblet (Sui); 10° Marcello Pellegrini. Seguono gli altri, tutti con lo stesso tempo di Coppi.

Quarta tappa: Avezzano-Caserta
Ripartiti da Avezzano per Caserta, dopo un intervallo inferiore al solito e con gli stomaci in fase di affannosa digestione, la corsa non si poteva che muovere sui presupposti di quella conclusa poco prima: andatura fiacca e pochi motivi di cronaca. Sul traguardo a premio di Isola del Liri, Poblet anticipò Koblet e Albani. A Pontecorvo, ancora primo Poblet, su Serena, Petrucci e Frosini. Poi noia fino a Capua, dove fuggirono Clerici, Pezzi e Zuliani. I tre arrivarono a Caserta per iniziare il circuito “Carlo III”, lungo 4,6 km, da svolgere 8 volte dietro motoscooter, con un vantaggio di 3’10”. Per un po’, Pezzi rimase solo al comando, ma da dietro, il gruppo in forte battaglia, tornò sotto e quando il leader Monti affondò la sua indubbia classe su quelle prove, non ce ne fu per nessuno. Agguantò il battistrada e si lan-ciò su un assolo di gran nota, che lo portò a vincere con un cospicuo distacco sugli altri, rafforzando la sua Maglia Rosso-Oro. Una vittoria di peso, acquisita con una evidente scioltezza, nonostante l’inseguimento dei grandi nomi, poi finiti nell’ordine, che ebbe il sapore di una ipoteca sul successo finale.

Sul vincitore.
[Immagine: 14301721251453MONTIBruno.jpg]
Nato ad Albano Laziale (ROMA) il 12 giugno 1930. Corridore completo, alto m 1,66 per kg 65. Professionista dal 1953 al 1960 con 26 vittorie. Uno dei casi più poliedrici in quanto ad avvicinamento al ciclismo, della storia del nostro pedale. Ra-gazzo dal fisico compatto e solido, con lo sport  nel sangue. Prima di giungere all’agonismo in bicicletta, praticò a buoni livelli l’atletica nelle discipline veloci, il calcio nella squadra del Murialdalbano, dove vinse un campionato di prima divisione e la boxe, dove seppe raggiungere la finale di un importante torneo per novizi. La sua incredibile sete di sport, lo portò al ciclismo, attraverso il ciclocross, specialità nella quale fu per due volte campione laziale. Da dilettante si mise assai presto in evidenza, al punto di conquistarsi un contratto professionistico, dopo sole due stagioni da stradista. Nel 1953, entrò così nell’elite del ciclismo, divenendo subito un evidente e, per un lustro, fu uno dei migliori corridori italiani: per le sue doti di velocista e per l’animosità con la quale promuoveva fughe, prima ancora del comunque buon bottino di vittorie. Già nell’anno d’esordio fece sue due tappe al Giro d’Italia, a Vicenza e Auronzo, vinse il Campionato Italiano Indipendenti e la frazione di Roma del Gran Premio Ciclomotoristico (Roma-Napoli-Roma), che lo ebbe come protagonista di primo rango praticamente sempre. Sia nel ‘54 che nel ‘55, infatti, vinse la classifica finale della corsa, oltre che a trionfare in altre tappe. Al Giro d’Italia tornò protagonista nel ’55, quando indossò la Maglia Rosa per due giorni. Curioso il particolare della seconda giornata da leader, quando la corsa, transitò ad Albano. Qui, l'intera città si colorò di rosa, in omaggio al concittadino che si stava facendo onore. Drappi rosa ai balconi e alle finestre, muri tinti di rosa, un tripudio, una sinfonia di un solo colore. Ed in una trattoria tipica dei Colli, proprio sul ciglio della strada, il padre di Bruno, offrì il più biondo e il più sapido dei vinelli romani. Tornò poi vincente in una tappa della “corsa rosa” nel ‘57, a Genova. Fra gli altri successi di Monti, spicca la doppietta ’56-‘57 al Giro d’Emilia, tre tappe al Giro di Romandia, una al Giro di Svizzera, ed una in quello d’Inghilterra.

Ordine d’arrivo: 1° Bruno Monti km 235 in 7h12'14", media di 32,638 kmh; 2° Fiorenzo Magni a 1'18"; 3° Stan Ockers (Bel) a l'22"; 4° Fausto Coppi a 1’34"; 5° Raymond Impanis (Bel) a l'45"; 6° Giorgio Albani a 2'12"; 7° Guido De Santi a 2'16"; 8° Luciano Ciancola a 2'29"; 9° Aldo Zuliani a 2'30"; 10° Marcello Pellegrini a 2'53"; 12° Rik Van Steenbergen (Bel) a 3’06”; 13° Nino Defilippis a 3'16"; 14° Hugo Koblet (Sui) a 3'26"; 16° Pasquale Fornara a 3'34"; 19° Guido Messina a 4'42"; 20° Agostino Coletto a 4'67".
Note: il tratto motoristico di 37 km, fu percorso da Monti alla  media di 54,168 kmh.

Classifica generale dopo la 2a giornata: 1° Bruno Monti (Arbos), in 13h26'03"; 2° Fiorenzo Magni (Nivea) a l'30"; 3° Fausto Coppi (Bianchi) a 1'34"; 4° Stan Ockers (Bel-Girardengo) a l'42"; 5° Ray-mond Impanis (Bel-Girardengo) a l'52"; 6° Giorgio Al-bani (Legnano) a 2'13"; 7° Guido De Santi (Bottec-chia) a 2'52"; 8° Luciano Ciancola (Legnano) a 2'54"; 9° Nino Defilippis (Torpado) a 3'22"; 10° Aldo Zuliani (Torpado) a 3'35"; 12° Hugo Koblet (Sui-Guerra) a 3'43"; 14° Rik Van Steenbergen (Bel-Girardengo) a 3'46"; 15° Pasquale Fornara (Bottecchia) a 4'07"; 20° Guido Messina (Frejus) a 6'11"; 21° Agostino Coletto (Frejus) a 5'54"; 23° Michele Gismondi (Bianchi) a 6'34"; 25° Riccardo Filippi (Bianchi) a 7'39".

Quinta tappa: Caserta-Napoli
Con una classifica comunque ancora molto corta, dove nello spazio di due minuti e mezzo, alle spalle di Monti, c'erano ben sei avversari, s’avviò la Caserta-Napoli. A minacciare la sicurezza del romano, che poteva pagare lo sforzo del giorno precedente, i due anziani fuoriclasse, Fiorenzo  Magni, vincitore uscente e l’iridato Fausto Coppi, che lo seguivano a 1’30" e 1'34", rispettivamente. C'era quindi da aspettarsi un'offensiva a fondo contro il leader. L'attacco ci fu; venne sferrato con violenza e risolutezza, sino a concludersi in modo clamoroso: Monti retrocesse dal primo al quarto posto della classifica! Il bello, l'inaspettato, fu che a dargli battaglia non furono i due assi italiani anziani, bensì due avversari dai quali non ci si aspettava, per vari motivi, una simile performance. Costoro, furono De Santi e Koblet che, fuggiti poco dopo il “via”, nei cinquantaquattro chilometri in linea della corsa, raggiunsero ben otto minuti di vantaggio sul grosso, per poi difendersi validamente, lungo i 47 chilometri del cosiddetto circuito di via Caracciolo, da svolgere dietro motoscooter. Bene, i due attaccanti riuscirono a stare davanti fino alla fine, sia pure con un vantaggio più che dimezzato. Preso nella tagliola dei “grandi” e ritardato da un cambio di ruota mentre cercava, pur senza riuscirvi, di opporsi all'impetuoso ritorno di  Magni e di Coppi, una volta entrati in azione dietro alle motociclette, Monti, trovò la “fortuna” di un incidente meccanico che attardò il Campione del Mondo. E fu solo grazie a questo colpo di malasorte dell’iridato, che non chiuse la frazione ultimo fra i principali protagonisti. La tappa, andò allo svizzero Hugo Koblet che, nel finale, staccò De Santi. Il triestino però, si consolò con la conquista della Maglia Rosso-Oro, con 37 secondi di vantaggio su Koblet, 57 su Albani, 1 minuto e 9 secondi su Magni, un minuto e 32 su Monti e ben tre minuti e 15 secondi su Coppi. Va detto che le fasi finali della Caserta-Napoli, furono sopraffatte dall’entusiasmo del pubblico, che rese le risultanze di tappa dense di dubbi su distacchi e raggiungimento stesso del traguardo, da parte di diversi corridori. Ci furono reclami, che in parte la giuria accettò, ma alla storia, i dubbi su questa tappa restarono. Tanto più al pensiero che un asso come Stan Ockers, alla fine della frazione napoletana, fu costretto al ritiro.

Ordine d’arrivo: 1° Hugo Koblet (Sui) km 101,6 in 2h18’ alla media di 44,014 kmh; 2° Guido De Santi a 33”; 3° Giorgio Albani a 1’49”; 4° Fiorenzo Magni a 2’45”; 5° Rik Van Steenbergen (Bel) a 2’52” …. Monti a 4’57”…Coppi a 5’06”..

Classifica dopo la terza giornata.
1° Guido De Santi (Bottecchia); 2° Hugo Koblet (Sui-Guerra) a 37”; 3° Giorgio Albani (Legnano) a 57”; 4° Fiorenzo Magni (Nivea) a 1’09”; 4° Bruno Monti (Arbos) a 1’32”; 5° Rik Van Steenbergen (Bel-Girardengo) a 3’09”; 6° Fausto Coppi (Bianchi) a 3’15”.

Sesta tappa: Napoli-Latina
Dopo la tappa dei pasticci e della mala organizzazione, alle sette del mattino, i corridori partirono da Napoli, per quella che era l’ultima decisiva giornata della Roma-Napoli-Roma. Due le semitappe in programma, entrambe da concludere con la presa volante degli allenatori in motoscooter. La prima con inizio a Terracina e poi sul lungo rettilineo di 42 chilometri della Fettuccia, giungeva a Cisterna e si concludeva nella vicinissima Latina. Nel pomeriggio poi, dopo l’ingresso a Roma, il tratto motoristico avrebbe abbracciato un circuito da percorrere 15 volte per una lunghezza complessiva di 40 chilometri. Alla partenza per Latina, avvenuta alle 7 del mattino, il tempo si mostrò ostico: freddo e nebbia e la previsione, che poi s’avverò, di pioggia. Era opinione generale che nulla d'importante potesse accadere nella marcia di avvicinamento a Terracina, ma una caduta del Campione d'Italia Fiorenzo Magni, in seguito ad una involontaria collisione con Monti, provocò al Leone delle Fiandre un forte dolore al muscolo della coscia destra, che gli tolse la possibilità di correre con velleità il resto della corsa. Nessuna conseguenza, invece, per il romano. Quando i corridori, che nel frattempo avevano incontrato forti scrosci di pioggia, giunsero alle prime pedalate dietro le motociclette, il maltempo terminò e Coppi parti al l'attacco. Subito si capì che la lotta per il primato, si sarebbe ristretta al Campione del Mondo e Monti, con Van Steenbergen come possibile terzo incomodo. De Santi, Koblet e Albani, infatti, mollarono prestissimo. Trovandosi su una vera strada e non già sui pericolosi viali e sulle curve dei circuiti, Coppi apparve letteralmente trasformato e scatenato. Chilometro dopo chilometro, ben “tirato” da Lorenzetti alla guida della Bianchi 174, Fausto guadagnò continuamente terreno, mantenendo una velocità che, all'arrivo, risultò di oltre 68 chilometri all'ora! Arrivò a Latina, solo, con 1 minuto e 9 secondi su Monti e 2’04” su Van Steenbergen. L’iridato aveva dunque ridotto a soli 38 secondi, il ritardo che lo divideva dal corridore romano, giunto nuovamente alla Maglia Rosso-Oro di leader. Monti infatti, pur battuto da Coppi, vide gli altri seppelliti di distacchi importanti,  salvo lo stoico Magni, che, pur dolorante e impossibilitato, era riuscito a difendersi, giungendo 4° e perdendo solo 1’35” dal corridore romano.

Ordine d’arrivo: 1° Fausto Coppi km 173 in 4 ore 44'25", alla media di 36,485 kmh (media di 68,603 kmh,  per il tratto motorizzato); 2. Monti, a l'03"; 3. Van Steenbergen (Bel) a 2'04"; 4° Magni a 2’38”; 5° Impanis (Bel) a 2’45”.

Settima tappa: Latina-Roma
La frazione decisiva del pomeriggio, che portava da Latina a Roma, dopo la prima fase percorsa a passo turistico, giunse al crogiolo del circuito di Caracalla, col relativo aggancio ai motoscooter, nel bel mezzo di un colpo di scena: Monti, il leader, si presentò in ritardo di 27”, per aver dovuto cambiare una ruota qualche chilometro prima. Il corridore di casa, si trovava nelle ultime posizioni, e Coppi, che si era portato in testa, si stava avvantaggiando, su Albani, Van Steenbergen, Impanis e Koblet e pareva perfettamente in grado di scalzare dalla testa della classifica il giovane romano. L’unico dei big in grave ritardo, assai più del leader, in quel momento della corsa, era Magni. Alla fine del quarto giro, il distacco della Maglia  Rosso-Oro dall’iridato Coppi, in testa, era salito a 48 secondi, sufficienti per il ribaltamento della classifica. Ancora una volta però, la malasorte colpì il Campionissimo: fu costretto a fermarsi per il salto di catena. In testa, nel frattempo, s’era portato Albani, seguito a 6” da Impanis e a 12” dal rimontante Monti. Il Campione del Mondo dopo il rientro sulla sella, si trovò 33” dietro al leader: troppi, per il poco spazio ancora restante per la rimonta. Eppure Coppi, dall’alto della sua pedalata dai valori immensi, quasi fece il miracolo, in una manifestazione che gli era stregata. Rimontò, lasciò sul posto Monti che, nel frattempo, era giunto alla testa e s’involò verso una vittoria nella classifica che pareva impossibile. Alla fine, vinse la tappa, ma per 9 secondi mancò la Maglia Rosso-Oro. Bruno Monti, di Abano Laziale, 2° al traguardo di frazione, aveva così vinto la Roma-Napoli-Roma. Dopo la conclusione della corsa, la giuria si riunì nei locali del giornale Il Tempo, per esaminare i rapporti dei commissari addetti al controllo del comportamento dei singoli allenatori. Si constatò che parecchi di questi, avevano compiuto ripetute infrazioni. Oltre alla comminazione di diverse ammende, avendo alcuni corridori usufruito dell'illecito aiuto dei propri allenatori, furono loro inflitti 15 secondi di penalizzazione, da sommarsi al tempo totale. I corridori puniti furono: Coppi, Magni, Albani, Fornara, Ciancola, Martini e Croci Torti. Di conseguenza, il distacco fra Monti e Coppi, che sul traguardo era stato di 9", fu portato a 24”.

Ordine d’arrivo: 1° Fausto Coppi (Bianchi) 
 km 120 in 3 ore 18'26" alla media di 36,272 kmh (media di km. 68,134 nel tratto motorizzato, compiuto in 41'17"); 2° Bruno Monti (Atala) a 29"; 3° Rik Van Steenbergen (Bel)  a 1’06”; 4° Hugo Koblet (Sui); 5° Raymond Impanis (Bel); 6° Giorgio Albani; 7° Guido De Santi; 8° Miguel Poblet; 9° Luciano Ciancola; 10° Fiorenzo Magni.

Classifica Generale Finale (penalizzazioni comprese):
1° Bruno Monti (Arbos) che copre i km 880 del percorso complessivo in 26h03'13”;
2° Fausto Coppi a 24"; 3° Rik Van Steenbergen (Bel-Girardengo) a 3'09"; 4° Giorgio Albani a 3'49"; 5° Magni a 4'13"; 6° Guido De Santi (Bottecchia) a 4’48”; 7° Hugo Koblet (Sui-Guerra) a 5’; 8° Raymond Impanis (Bel-Girardengo) a 6’33”; 9° Miguel Poblet (Esp-Willier) a 8’58”; 10° Luciano Ciancola (Legnano) a 10’25”; 11° Nino Defilippis (Torpado) a 10’33”; 12° Pasquale Fornara (Bottecchia) a 12’01”; 13° Guido Messina (Frejus) a 13’03”; 14° Agostino Coletto (Frejus) a 14’01”; 15° Livio Isotti (Nivea) a 16’20”; 16° Riccardo Filippi (Bianchi) a 16’32”; 17° Michele Gismondi (Bianchi) a 16’38”; 18° Alfredo Martini (Lygie) a 18’21”; 19° Giuseppe Minardi (Legnano) a 22’53”; 20° Aldo Zuliani (Torpado) a 25’27”; 21° Gilberto Dall’Agata (Doniselli) a 28’43”.

Maurizio Ricci detto Morris

....segue
 
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#40
Trentatreesima Edizione 27/04-01/05-1955
(Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni)

L’esito della tappa di Napoli dell’anno precedente e le conseguenti critiche, raffreddarono un poco il rapporto del giornale “Il Tempo” con la manifestazione. La testata continuò a sostenere e sponsorizzare la corsa, ma lasciò il compito di tirare completamente le fila al Corriere dello sport, mentre si stava avvicinando, con un rapporto nel 1955 ancora marginale, un'altra testata storica italiana: Il Giornale d’Italia.
[Immagine: Ciclomot%201955_zpsrx2ty1bq.jpg?t=1546097600]
Come si può evincere dal manifesto sopra riportato, il cambio del nome da Roma-Napoli-Roma a Gran Premio Ciclomotoristico delle Nazioni, che era latente da tempo attraverso l’abbinamento, divenne preponderante ed a tutti gli effetti ufficiale. Per motivi molteplici: non ultimi quelli di una migliore mondializzazione e per liberare meglio l’idea che fosse una corsa non legata solamente alle città di Roma e Napoli, ma a tutto il centro-sud d’Italia. Il numero dei corridori invitati, fu mantenuto a 36, col limite massimo di tre per ogni squadra, mentre il percorso modificò in parte le sedi d’arrivo e si predispose verso una più larga geografia, con lo scopo di giungere, al più presto, verso un numero di tappe, che cementasse la fama di gara, nella sua specificità, dura e di alto profilo per la preparazione dei corridori verso lo stesso Giro d’Italia. La fama che il GP Ciclomotoristico delle Nazioni stava raggiungendo all’estero, per le sue anomale morfologie e per quel calore che il sud italiano sapeva portare, era la dimostrazione di una vivacità per il movimento ciclistico d’Italia, che poi la storia dell’UVI prima e, soprattutto, della FCI poi, non furono capaci di tradurre e sfruttare. Anche sul “governo di questo sport”, purtroppo, si visse, progressivamente, la linea di scimmiottare l’andazzo, salvo rari casi, della mai illuminata politica italiana.
Altra novità intervenuta nell’edizione del 1955, fu quella di svolgere una punzonatura che fosse degna di una corsa fuori dall’ordinario, quale era, appunto, il GP Ciclomotoristico. Si volle avvolgere l’unicità di Roma - checché ne dica qualcuno, presente e passato, da almeno un millennio la più fascinosa  città del mondo - attorno alla corsa, saldando a spicchi le straordinarie bellezze e specificità culturali, artistiche e paesaggistiche del luogo, coi tempi moderni che la prova rappresentava. Ed allora punzonatura alla Basilica di Massenzio, o di Costantino, come sarebbe più giusto dire, in una atmosfera strana e divertente, dove, incorniciati dal verde intenso dei pini, i ricordi solenni della Roma antica, facevano contrasto con biciclette e motoscooter. I corridori, gli assi del pedale, salivano su una pedana che abitualmente ospitava celebri orchestre sinfoniche, protetti (ma ben visibili) da transenne, ed uno stuolo notevole di forze dell’ordine, pronte a rendere ordinato l’entusiasmo di una folla che, come sempre, contava su migliaia e migliaia di unità. Fu uno spettacolo pittoresco, potremmo dire naif, che si sciolse al crepuscolo, quasi immergendosi sull’orizzonte, fra sogni, storia, ed i cuori palpitanti dei più giovani. Un grande segmento lungo quattro ore, ove l’abbraccio ai protagonisti del mezzo spinto a motore umano, impreziosì gli animi con l’assistenza delle cinquanta Gilera a motore meccanico, accompagnate dalle altrettante  tute azzurre dei loro piloti, per assumerne un’unione nelle esteriorità, quanto nell’immaginario della tanta gente. Le acclamazione verso campioni e comprimari, risultarono essere odi, come fossero muse. Davvero un incanto.
I dati tecnici.
La presenza dei migliori italiani, compreso l’applauditissimo Fausto Coppi, alla sua terza partecipazione e una bella e significativa rappresentanza straniera, a cui venne a mancare per infortunio Stan Ockers, sostituito all’ultimo momento da Marcel Hendrickx, vincitore qualche giorno prima della Parigi Bruxelles, la sua seconda consecutiva. Di nota la prima presenza extracontinentale, ovvero il due volte Olimpionico nelle discipline veloci della pista, l’australiano Russel Mockridge. Dopo i successi nel “chilometro con partenza da fermo” e nel “tandem” ai Giochi di Helsinki, questo possente corridore, fu il primo nel dopoguerra che, dalla velocità pura, volle determinarsi stradista. E ci stava riuscendo. Insomma un ottimo cast, come da tradizione dal 1950 in avanti.

Prima tappa: Roma-Caserta

Il ritrovo di partenza alle 8 del mattino, per la prima volta avvenne in Piazza Aracoeli, in pieno centro di Roma, indi l’intera carovana si mosse con una lunga passeggiata turistica attraverso le vie della città, marcia interrotta a Piazza Venezia per un omaggio al Milite Ignoto. Lo start ufficiale di tappa avvenne a Cinecittà alle ore 9,45.  La frazione Roma Caserta, prevedeva senza soluzione di continuità,. un tratto in linea di 208 chilometri, ed uno dietro motoscooter sul circuito casertano Carlo III, per complessivi 37 chilometri. 
La parte iniziale della tappa, si consumò come fosse una semplice marcia di trasferimento, rotta solo dagli spunti di velocità per i traguardi volanti e dai “pancia a terra” dei colpiti da forature e dei gregari “portatori d’acqua”. 
Sul GPM di Montecompatri, Astrua passò primo su Carrea per gli abbuoini di 30” e 15”, indi i traguardi volanti vinti da Benedetti due volte, ed una volta ciascuno da Defilippis e da Hassenforder. Quando i 36 concorrenti si agganciarono al rullo dei motoscooter, iniziò la battaglia. Kobiet, Benedetti e Coppi furono i più pronti ma Monti dietro il rombo dei motori era come in paradiso. Nello spazio di poche centinaia di metri, il romano acciuffò quanti lo precedevano, li superò e passò in testai. Alla fine del primo giro aveva già una cinquantina di metri di vantaggio. La sua velocità pur su un tracciato denso di curve, provocò una gran selezione, con  rimescolamenti e un’unica certezza: il progressivo aumento del vantaggio del battistrada, vincitore uscente della corsa. Bruno Monti, arrivò da trionfatore al traguardo finale, ed ancora una volta, il Campionissimo Fausto Coppi, fu relegato al secondo posto. Giorgio Albani completò il podio di tappa.
[Immagine: Monti_zps51qfvifv.jpg?t=1546099428]
Ordine d’arrivo: 
1° Bruno Monti (km 209 su strada e 37 km in circuito dietro motoscooter) in 6h58’35”, alla media nel tratto in linea di 31,320 kmh, e nel tratto dietro moto, di 57,535 kmh: 2° Fausto Coppi a 54”; 3° Giorgio Albani a 2’06”; 4° Guido Messina a 2’27”; 5° Nino Defilippis a 2’46”; 6° Angelo Conterno a 3’38”; 7° Rino Benedetti a 3’39”; 8° Giuseppe Minardi a 3’46”; 9° Cleto Maule a 3’48”; 10° Guido De Santi a 5’26”; 11° Aldo Moser a 5’58”; 12° André Rosseel (Bel) a 6’02”; 13° Albino Crespi a 6’25”; 14° Hugo Koblet (Sui) a 6’29”; 15° Riccardo Filippi id; 16° Bernard Gauthier (Fra) a 6’33”; 17° Luciano Maggini a 6’39”; 18° Giancarlo Astrua (abbuono 30”) a 7’47”; 19° Andrea Carrea (abbuono 15”) a 7’54”; 20° Russel Mockridge (Aus) a 7’58”; 21° Marcel Hendrickx (Bel) a 8’15”; 22° Jacques Dupont (Fra) a 8’16”; 23° Vincenzo Zucconelli a 8’18”; 24° Robert Maitland (Gbr) a 8’19”; 25° Carlo Clerici (Sui) a 8’40”; 26° Emiel Severeyns (Bel) a 8’53”; 27° Emilio Croci Torti (Sui) a 9’06”; 28° Fiorenzo Crippa a 9’11”; 29° Vincenzo Rossello a 10’53” 30° Agostino  Coletto a 10’58”; 31° Ettore Milano a 11’34”; 32° Alessandro Fantini a 12’41”; 33° Marcello Ciolli a 13’41”; 34° Roger Hassenforder (Fra) a 14’48”; 35° Michele Gismondi a 15’59”; 36° Luciano Pezzi a 16’11”.

 Seconda tappa: Benevento-Foggia
La partenza da Benevento, fu data alle 8 del mattino, per una giornata, la seconda, davvero intensa. Come ormai costumanza della manifestazione, i 109 chilometri da percorrere in linea per arrivare a Foggia, non furono prodighi di emozioni, anche se le premesse iniziali con la fuga di Koblet, Astrua, il leader Monti, De Santi, Pezzi e Defilippis, lasciava presagire qualcosa di più, perlomeno fra i big. Invece, questo tentativo si spense presto. Un sussulto al GPM di Ariano Irpino, dove Defilippis passò con 9” su Astrua. Finalmente un’azione degna di nota dieci chilometri dopo. Ad attaccare con gran piglio, il trentaduenne Vincenzo Rossello della Frejus. Il gruppo non reagì subito, ed infatti, vedendo il battistrada con un bel vantaggio, dal grosso se ne andarono a loro volta Coletto, Moser, Benedetti, Filippi e Zucconelli. Il loro inseguimento fu furioso, ma Rossello, che era un gran bel corridore, anche se anziano e con mille battaglie alle spalle, seppe tenere fino al traguardo di Foggia. Alle sue spalle, con 53” di distacco, Benedetti, Maggini, Filippi, Coletto e Moser,  finiti nell’ordine. Zucconelli, non arrivò con loro perché a 10 km dal termine  ebbe una crisi. Il plotone, regolato da Defilippis (che guadagnò una posizione in classifica per l’abbuono conquistato sul GPM), arrivò a oltre due minuti e mezzo.

Sul vincitore.
[Immagine: 1228475612ROSSELLO%20Vincenzo%20-%204.jpg]

Vincenzo Rossello nacque a Stella San Bernardo (Savona), il 16 febbraio1923. Deceduto ad Alessandria il 20 gennaio 1989. Passista-scalatore, alto 1,75 per kg. 75. Professionista dal 1946 al 1958 con 6 vittorie. Un corridore che lo si potrebbe definire classico gregario di un’epoca dove diverse di queste figure avevano scorza assai superiore a ciò che assorbiva l’osservatorio. In altre parole, quasi dei campioni a livello individuale, dei fuoriclasse nella loro professionalità al servizio degli altri. Vincenzo merita un inchino, per la generosità e quei colpi che non si isolano come successi individuali, ma sono decisivi per le prestazioni dei capitani e delle squadre nazionali. Ha vinto poco, ma almeno quattro, delle sue sei vittorie, appartengono alle pagine del ciclismo, che oggi fanno incrementare portafogli e donano popolarità e chi le scrive: due tappe al Tour de France e due al Giro d’Italia. 
La guerra gli precluse una buona crescita sportiva, perciò al suo passaggio al professionismo avvenuto nell’ottobre del 1945, la sua maturità era inferiore ai 22 anni e mezzo anagrafici. Ma fece presto a recuperare. Già all’esordio, al Giro di Lombardia, si classificò 15°, davvero un buon piazzamento per un debuttante. L’inesperienza la pagò al primo Giro d'Italia  del dopoguerra l’anno successivo, dove una cotta lo costrinse al ritiro, ma prima aveva colto l’interesse dei palati fini del ciclismo con un bel terzo posto nella dura tappa Prato-Bologna. Già “specializzatosi” come spalla nella nuova squadra, la prestigiosa Willier Triestina, continuò a dar segni di qualità, col 5° posto alla Milano Torino e al Giro del Lazio, fino a guadagnarsi la selezione nella Nazionale che partecipò al primo Tour de France del dopoguerra. Qui, dopo essersi già messo in luce con il 2° posto a Besancon e altri buoni piazzamenti, alle porte di Bordeaux, un'auto lo buttò a terra, e Rossello ne uscì col braccio destro gravemente ferito. Ebbe la forza di concludere, ultimo, solo, a denti stretti, la tappa, ma non poté continuare quel magnifico Tour che lo aveva visto salvare Ronconi sul Galibier, passandogli la provvidenziale ruota (perché lui era là, con i primi) e che lo aveva visto aiutare Cottur sui Pirenei; che lo aveva visto riportare in gruppo, in pianura, un Brambilla che già sentiva i sintomi della famosa crisi. Provò a ripartire, ma il dolore lo vinse.
Nel '48 tornò al Giro d’Italia e ruppe il ghiaccio con la vittoria, trionfando nella difficile tappa Udine-Auronzo. Chiuse il Giro 18°, nella Legnano, al servizio di Gino Bartali che lo volle assolutamente con sé al Tour de France. Qui, alla seconda tappa che si concludeva a Dinard, andò a prendere i fuggitivi Bobet ed Engels e li regolò entrambi in volata. Non poté però terminare nemmeno quel Tour. Nella stagione colse anche un bel piazzamento, 3°, al Giro dell’Appennino. L'anno successivo, dopo esser giunto 2° nella Sassari-Cagliari e 5° nella Milano Sanremo, chiuse il Giro d’Italia nuovamente 18°, ma vinse ancora una tappa, nella “sua” Genova, trovando una grande collaborazione nel fratello minore Vittorio, anch’egli passato professionista. Partecipò poi alla sua terza Grande Boucle, al servizio di Coppi e riuscì a vincere pure a quel Tour un’altra tappa, la frazione del Gran San Bernardo che si concludeva a Losanna, dove superò il compagno di fuga anch’egli italiano, Pasquini. Fu poi peculiare nel sostegno al successo finale di Fausto. Chiuse la Grande Boucle 36°. Successivamente, per un triennio continuò a piazzarsi ed a lavorare sempre più per gli altri. Tornò al successo nel 1953, vincendo il Circuito di Maggiora Il suo “canto del cigno” nel 1955, quando vinse la tappa di Foggia al Gran Premio Ciclomotoristico. Corse fino al 1958. In carriera partecipò a 12 Giri d’Italia di cui nove conclusi e a 4 Tour de France di cui 2 finiti. Fu azzurro ai Mondiali di Lugano, nel 1953, dove Coppi trionfò e lui, il generoso Vincenzo, chiuse 26°.

Ordine d’arrivo: 
1° Vincenzo Rossello (Frejus)  km 109 in 3h30’03” alla media di 31,080 kmh; 2° Rino Benedetti a 53”; 3° Luciano Maggini; 4° Riccardo Filippi; 5° Agostino Coletto; 6° Aldo Moser, 7° Nino Defilippis a 2’35”; 8° Cleto Maule; 9° Albino Crespi; 10° Emiel Severeyns (Bel), segue il gruppo. 36° Hugo Koblet (Sui) a 2’57” per una foratura negli ultimi chilometri. 
Invariata la Classifica Generale nelle prime posizioni, salvo il passaggio dal 5° al 4° posto di Defilippis, in virtù dell’abbuono conquistato sul GPM di Ariano Irpino.

Terza tappa: Foggia-Bari

Pranzo a Foggia, coi corridori a buttar giù nello stomaco in fretta e furia, ed i tifosi raggruppati come sardine davanti ai ristoranti, per godersi la “loro visione ravvicinata” dei protagonisti. Alle 13,30 nuova partenza. Col gruppo intenzionato a digerire in pace, un “dissidente”, Cleto Maule, si prese un cumulo di parolacce. Poco dopo Cerignola, infatti, il corridore della Torpado, tagliò la corda. Lo seguì Ettore Milano, giusto per non venire a meno alla sua missione di “angelo di Coppi”. I due non andarono molto avanti, prima vennero ripresi da Koblet e De Santi, poi da tutto il gruppo. Con andatura turistica, i corridori arrivarono a Bari, per agganciare le moto e correre al vento un circuito da ripetere 10 volte.  Il leader Monti, vero asso della specialità, fu il migliore nello scatto iniziale, precedendo Benedetti, Messina e Koblet; Coppi, invece, pasticciò un poco e al primo del dieci passaggi transitò all'ottavo posto. Il corridore romano continuò a conservare il comando fino al traguardo finale, aumentando il vantaggio fino al sesto giro, per poi difenderlo, anche se nelle ultime due tornate, subì una flessione. Dietro di lui arrivarono Koblet a 36” e Coppi a 43”. Monti, rafforzando il suo primato in classifica, ipotecò un nuovo successo finale nella manifestazione.

Ordine d’arrivo: 
1° Bruno Monti km 167 in 4h46’05” alla media di 35,034 kmh (tempo del tratto in linea 4h8’26” alla media di km 31,089 kmh ed il tratto dietro motoscooter nel tempo di 37’39” alla media di 57,384 kmh); 
2° Hugo Koblet (Sui) a 36”; 3° Fausto Coppi a 43”; 4° Guido Messina a 1’22”; 5° Giorgio Albani a 1’37”; 6° Guido De Santi a 2’05”; 7° Nino Defilippis a 2’36”; 8° Ettore Milano a 3’03”; 9° Bernard Gauthier (Fra) a 3’06”; 10° Agostino Coletto a 3’12”.

Classifica Generale dopo la seconda giornata:
1° Bruno Monti; 2° Fausto Coppi a 1’37”; 3° Giorgio Albani a 3’43”; 4° Guido Messina a 3’49”; 5° Nino Defilippis a 4’52”; 6° Rino Benedetti a 5’50”; 7° Hugo Koblet a 7’23”; 8° Giuseppe Minardi a 7’30”; 9° Guido De Santi a 7’31”; 10° Angelo Conterno a 7’59”; 11° Cleto Maule a 8’07”; 12° Aldo Moser a 9’03”; 13° Bernard Gauthier (Fra) a 9’39”; 14° Albino Crespi a 10’51”; 15° Luciano Maggini a 11’29”; 16° André Rosseel (Bel) a 11’23”; 17 Riccardo Filippi a 11’46”; 18° agostino Coletto a 12’38”; 19° Emiel Severyns (Bel) a 13’18”; 20° Vincenzo Zucconelli a 13’38”; 21° Jacques Dupont (Fra) a 13’42”; 22° Fiorenzo Crippa a 14’16”; 23° Russel Mockridge (Aus) a 14’17” 24° Ettore Milano a 14’17” 25°  Andrea Carrea a 14’18”.

Quarta tappa: Bari-Potenza
Una tappa dura, che si svolse interamente in linea e, finalmente, battagliata. Soprattutto una frazione, lunga 145 chilometri, che seppe stravolgere la classifica, portando alla ribalta nuove figure, decise a giocare le proprie carte, senza il minimo segno d’attesa. Da Bari partirono subito forte, soprattutto il francese Bernard Gauthier, apparve combattivo come da sua fama e pure l’abruzzese di Foccacesia, ma trapiantato a Brescia, Alessandro Fantini, avente l’obiettivo di vincere i traguardi volanti, alla cui classifica stava mirando, si trovarono nelle condizioni di movimentare non poco la corsa. I due, con l’italiano comunque sempre a  rimorchio del transalpino se ne andarono dopo meno di dieci chilometri dal via. La salita di Irsinia, non dura, ma lunga, cementò la situazione di estrema combattività: Davanti Gauthier e Fantini e, dietro, un quintetto inseguitore, composto da Defilippis, Astrua (a caccia di punti per il GPM), Koblet , Conterno e Moser. A fine discesa quando i cinque erano rinvenuti sui due battistrada, Koblet, per una macchia d’olio, cadde e non inseguì per rientrare. Poco dopo anche Astrua che aveva saputo del consistente vantaggio dei fuggitivi, si fermò in un bar, fece provviste e aspettò il capitano Monti, in ritardo. I battistrada rimasti, scavarono un vantaggio enorme sul gruppo e poterono giungere allo sprint decisivo di Potenza. Senza Gauthier però, perché a tre chilometri da termine mollò, fra i morsi della tanta fatica nata dagli sforzi profusi. Si presentarono così in quattro: tre Torpado e un Lygie, Fantini. Costui, che era veloce e che non aveva tirato un metro, partì lungo e parve in grado di poter vincere agevolmente, sennonché Conterno lo afferrò per la maglia e Defilippis lo costrinse quasi a fermarsi chiudendolo con un placcaggio degno del rugby su una bicicletta. Sul traguardo, passarono nell’ordine, Defilippis, Conterno, Moser e il danneggiato Fantini. La giuria rilevò la vistosa infrazione e penalizzò i due Torpado, decretando l’ordine seguente: 1° Moser, 2° Fantini, 3° Defilippis e 4° Conterno. Monti, Coppi e gli altri big, giunsero col gruppo a quasi otto minuti. Un distacco che rivoluzionò la classifica e portò in Maglia Rosso-Oro, Nino Defilippis.

(Sul vincitore Aldo Moser, posterò quanto-prima il ritratto nell'apposita sezione relativa ai corridori ritirati)

Ordine d'arrivo:

1° Aldo Moser km 145 in 4h15'19", alla media di 34,075 kmh; 2° Alessandro Fantini; 3° Nono Defilippis; 4° Angelo Conterno; 5° Bernard Gauthier a 15"; 6° Hugo Koblet (Sui) a 3'48"; 7° Guido De Santi st; 8° Agostino Coletto a 7'39"; 9° Russel Mockridge (Aus) a 7'42"; 10° Guido Messina a 7'46"; il gruppo con lo stesso tempo di Messina.

Classifica:
1° Nino Defilippis; 2° Bruno Monti a 2’52”; 3° Angelo Conterno a 3’07”; 4° Aldo Moser a 3’41”; 5° Fausto Coppi a 4’30”; 6° Bernard Gauthier (Fra) a 4’47”; 7° Hugo Koblet (Sui) a 6’19”; 8° Guido De Santi a 6’27”; 9° Rino Benedetti a 8’44”; 10° Giuseppe Minardi a 10’24”. 

Quinta tappa: Potenza-Salerno
Anche la seconda frazione di giornata, visse fasi discretamente vivaci. Giuseppe Minardi fuggì poco prima del paesino di Auletta. Dopo poco, sul Valico dello Scorzo, valevole per il Gran Premio della Montagna, al suo inseguimento si  posero Coletto, Carrea, e Astrua. Il romagnolo tenne duro fino alla cima che passò con 1’30 sui tre inseguitori che, nel frattempo erano diventati quattro, perché dal gruppo con una grande azione era uscito, raggiungendo quelli davanti, l’australiano Russell Mockridge. Col traguardo del GPM dello Scorzo, Giancarlo Astrua si assicurò i punti necessari per vincere la speciale classifica dell’edizione. Ad Eboli, Minardi fu raggiunto dagli altri. I cinque, come furono a Salerno, si agganciarono ai motoscooter con ben 8'37” di vantaggio sul gruppo, e gli assi in esso contenuti, vennero salutati da fischi abbastanza nutriti. La lotta sul circuito non riservò episodi palpitanti e si svolse in una discreta confusione, poiché il gruppo si inserì lungo l'anello di gara quando la pattuglia di testa già aveva compiuto due giri. Dei cinque che correvano per vincere la frazione, il migliore fu nettamente Coletto, mentre tra i campioni Monti, ancora una volta, superò Coppi. Defilippis nei confronti di Monti perse terreno, ma gli riuscì tuttavia di conservare il primato.

Ordine d'arrivo:
1° Agostino Coletto km 150,7 in 4h16'37" alla media di 38,232 kmh (tempo dei 123,900 km del tratto in linea, 3h 44'37", alla media di 33,108 kmh; tempo dei 26,8 km del tratto dietro motori, 32', alla media di 50,260 kmh); 2° Giuseppe. Minardi a 57"; 3° Giancarlo Astrua a l'06"; 4° Andrea Carrea a 2'07"; 6° Russell Mockridge (Aus) a 3’42"; 6° Bruno Monti a 6'19"; 7° Fausto Coppi a 7'20"; 8° Giorgio Albani a 7'31"; 9° Aldo Moser a 7'51"; 10° Nino Defilippis a 8'04"; 11° Hugo Koblet (Sui) a 8'18'; 12° Angelo Conterno a 8'19"; 13° Riccardo Filippi a 8'26".

Classifica generale dopo la terza giornata: 

1° Nino Defilippis in 24h02'14"; 2° Bruno Monti a 1’08”; 3° Giuseppe Minardi a 1’48”; 4° Angelo Conterno a 2'43"; 5° Fausto Coppi a 8'46"; 6° Giorgio Albani a 5'57"; 7° Aldo Moser a 6'08"; 8° Hugo Koblet (Sui) a 6'28"; 9° Guido Messina a 6'32"; 10° Guido De Santi a 7'18"; 11° Agostino Coletto a 7'21"; 12° Bernard Gauthier a 7’40”.

Sesta tappa: Salerno-Napoli
La quarta tappa del Gran Premio Ciclomotoristico, partì da Salerno in un meraviglioso pomeriggio di. Primavera. Sui 74 chilometri che portavano a Napoli da percorrere in linea, si creò ben presto una spaccatura, che divise sette corridori al comando, tutti fuori classifica, ed il gruppo coi vertici della corsa, ad aspettare il tratto “motoristico”. I battistrada portavano i nomi dell’australiano  Mockridge, l’Olim-pionico di Helsinki, che aveva acceso le polveri subito dopo il via e, con lui, Gismondi, Zucconelli, Ciolli, il belga Rosseel, il francese Hassenforder e l'inglese Maitland. I sette di testa arrivarono all’aggancio col rullo dei motoscooter, con un vantaggio sul gruppo di oltre 10 minuti. Il teatro di corsa, a Napoli raggiunta, divenne il circuito di fronte al mare, avente cardine su viale Caracciolo che, complessivamente aggiungeva altri 36 chilometri alla tappa in linea. Qui, la questione per la vittoria di tappa si risolse presto, con Gismondi che incontrò una leggera resistenza solo in Zucconelli nelle fasi iniziali. Nel gruppo degli assi, invece, il duello impostato tra Defilippis e Monti per la Maglia Giallo-Oro, offrì una pagina decisamente vivace: il ragazzo di Albano si agganciò in testa a tutti e nella sua scia passarono Koblet, Coppi, Albani e Defilippis nell'ordine; poi, mentre Koblet, Albani e lo stesso Coppi, rallentarono la velocità, Defilippis trovò il ritmo buono e si buttò all'inseguimento di Monti, decisamente scatenato e sicuro di ritornare al comando della classifica. Tra il romano e il piemontese, alla fine, ci furono solo 31”, insufficienti per Monti allo scopo di riconquistare il primo posto in classifica. 

Sul vincitore.
[Immagine: GISMONDI_OR_F.jpg?resize=800%2C1066]
Michele Gismondi è nato a Montegranaro (FM, ai tempi di nascita AP) l’11 giugno 1931. Passista completo, alto m. 1,75 per kg. 72/73. Professionista dal 1952 al 1960, complessivamente ha ottenuto 6 vittorie. Forse per la particolare morfologia del territorio di nascita e per un fisico che, senza saperlo, era allora come oggi predisposto a raccogliere qualità su diverse variabili del pedale, Michele bruciò le tappe nelle attenzioni dell’os-servatorio. Al punto che, ancor giovane dilettante, la SIOF di Novi Ligure, guidata dal “mago dei Muscoli” Biagio Cavanna, se lo portò in Piemonte per imparare bene il mestiere di ciclista. E che divenisse uno dei più grandi gregari del Campionissimo Fausto Coppi,  era scritto. Nel 1952 passò professionista con la Bianchi e seguì con devozione il suo capitano nelle vittorie quanto nelle sconfitte, nei programmi e nei cambi di squadra,  fino all’ultimo giorno di corse di questi. Tecnicamente adattabile a qualsiasi percorso e con un ottimo spunto veloce, Gismondi pagò non poco a livello individuale il fatto di fare il gregario, ma nelle rare occasioni di libertà e, soprattutto alla fine degli anni ’50, con Coppi al lumicino, poté vincere e togliersi delle soddisfazioni. Nel suo carnet sono così finite sei vittorie: il Gran Premio Belmonte Piceno '53, le tappe di Aprilia e di Napoli nel Ciclomotoristico '55 e di Roccaraso nel '56, infine il Gran Premiod'Europa a Imola nel '58 e la Coppa Agostoni nel '59. Notevoli e significativi i suoi piazzamenti: nelle tre partecipazioni al Mondiale colse il 4° posto a Lugano ’53 a 7'34" da Coppi, il 4° a Soilingen ’54 a 3’03” da Bobet e il 2° posto battuto in volata da Darrigade, nel '59 a Zandvoort. Ha partecipato a 7 Giri d’Italia, col miglior piazzamento nel ’55, 13°. Ha partecipato al Tour ’59, 30°. Per i postumi di una caduta su una pista in terra battuta, a Rho, l’11 giugno 1960, che lo misero in serio pericolo di vita, fu costretto ad abbandonare l’attività agonistica a soli 29 anni.

Ordine d'arrivo:  
1° Michele Gismondi km 145.5 in ore 2h42'46",alla media di 40,344 kmh (media settore in linea 37,324 kmh; media settore motoristico 55,859 kmh); 2° Vincenzo Zucconelli a 1'22"; 3° Robert Maitland (Gbr) a 3'29"; 4° André Rosseel (Bel) a 4'04"; 5° Marcello Ciolli a 4'61"; 6° Russel Mockridge (Aus) a 5'27"; 7° Bruno Monti a 7'06"; 8° Nino Defilippis a 7'31; 9° Fausto Coppi a 8'02"; 10° Giorgio Albani a 8'17"; 11° Hugo Koblet (Sui) a 9'09"; 12° Roger Hassenforder (Fra) a 10'06"; 13° Guido  Messina a 10'29". 

 Classifica generale dopo la quarta giornata: 
1° Nino Defilippis in 262'31"; 2° Bruno Monti a 43"; 3° Fausto Coppi a 4'17"; 4° Angelo Conterno a 6'02"; 5° Giorgio Albani a 6'43"; 6° Hugo Koblet (Sui) a 8'08" ; 7° Giuseppe Minardi a 8'45"; 8° Guido Messina a 9'30"; 9° Russel Mockridge (Aus) a 10'21"; 10° Aldo Moser a 11'; 11° Guido De Santi a 11'17"; 12° Rino Benedetti a 15’02”; 13° Agostino Coletto a 15’04”; 14° Bernard Gauthier (Fra) a 16’06”; 15° Andrea Carrea a 17’03”.

Settima tappa: Napoli-Aprilia
I concorrenti partirono da Napoli alle 7 del mattino, per la stressante ultima giornata della corsa. La prima frazioni li avrebbe condotto a Latina, in linea e, da qui, si sarebbero agganciati al rullo dei motoscooter per gli ultimi 30 chilometri onde raggiungere l’arrivo di Aprilia. Un totale di tappa di 192 chilometri, ed una risposta dei corridori sul metro delle ultime tappe, relativamente alla parte in linea: con una combattività non prevedibile. Diversi tentativi di fuga approfittando dei quattro traguardi volanti, vinti da Zucconelli (2), Minardi e Benedetti. L’episodio che poi determinerà l’intera tappa, iniziò a circa cinquanta chilometri da Latina, ad opera di Zucconelli e Gismondi, al cui inseguimento si posero, trenta chilometri dopo, Fantini, Benedetti, Coletto, Hendrichx, Moser e Ciolli. A Latina, dove iniziò il tratto “motoristico” i due battistrada arrivarono con 4'15" di vantaggio sui sei inseguitori e con 4'50" sul gruppo in rimonta. Nel settore finale al rullo degli allenatori, attaccò Monti, deciso a conquistare la Maglia Rosso-Oro, Ciò provocò un’andatura notevolissima dei big nel gruppo, che rinvenne su tutti i fuggitivi, tranne Gismondi, gregario di Coppi, ma indubbiamente corridore di un certo spessore. Sul traguardo di Aprilia, il marchigiano, per lo sport divenuto quasi piemontese, andò a vincere la sua seconda tappa, ancora una volta meritatamente. Riuscì a contenere con ampio margine il ritorno di Monti, che conquistò il primato in classifica come da obiettivo. Terzo finì il Campionissimo Coppi che, nel finale, superò il combattivo Zucconelli, che era stato subito staccato da Gismondi, appena iniziato il segmento di tappa dietro motoscooter.

Ordine di arrivo:
1° Michele Gismondi km 192 in ore in 5h19’05” alla media di 36,112 kmh (tempo dei 162 km in linea 4h45’19", alla media di 34,202 kmh; tratto di 30 km dietro motori in 33’46" alla media di 58,631 kmh); 
2° Bruno Monti a 2’38"; 3° Fausto Coppi a 3’06”; 4° Vincenzo Zucconelli a 3’58”; 5° Hugo Koblet (Sui) a 4’15”; 6° Nino Defilippis a 5’08”

Classifica Generale dopo la frazione di Aprilia:
1° Bruno Monti; 2° Nino Defilippis a 1’47”; 3° Fausto Coppi a 4’08”; 4° Giorgo Albani a 6’58”; 5° Hugo Koblet (Sui) a 7’23”

Ottava tappa: Aprilia-Roma
Dopo il pranzo, ed il solito poco tempo per riuscire a digerire, partì alle 16, da Aprilia, l’ultima semitappa dell’edizione 1955. La prima parte in linea fu condotta a buona andatura, o meglio, a “passo turistico spinto”. Ovviamente, all’insegna del “tutti insieme”, per poi scatenare i furori, al raggiungimento del circuito delle Terme di Caracalla in Roma, dove ad attendere i corridori, c’erano gli allenatori in motoscooter. Monti, voleva vincere la tappa per suggellare il suo secondo trionfo nella corsa di casa. Coppi, fin lì autore di una gara non da Campionissimo, voleva centrare l’obiettivo di una tappa. Defilippis, sotto sotto, una piccola speranza di soffiare a Monti il successo finale la nutriva, mentre Koblet, pur coinvolto suo malgrado, a tenere testa alle volontà modaiole della moglie che viaggiava con lui, la volontà di andare a bersaglio per affinare anche moralmente la forma per il Giro d’Italia, la sentiva come un obbligo. Ovviamente questi quattro furono protagonisti, ma la battaglia vera alla fine si restrinse a due: il Campionissimo Fausto Coppi e l’enfant prodige di queste prove, Bruno Monti. Il loro duello fu appassionante e rimase incerto fino all’ultimo chilometro. Lo strappettino del circuito di Caracalla, fu il trampolino dell’Airone che, transitato nel primi tre giri in seconda posizione, rimontò il rivale al quarto  passaggio. Monti, punto sul vivo, si impegnò allo stremo delle forze e con una splendida rimonta arrivò a due terzi della gara a pochi metri da Coppi; ma Fausto, che indossava una candida maglietta bianca, forzò il ritmo dell'azione. Il varco fra i due si riaprì e, all'arrivo, 26 secondi separarono gli antagonisti. Corsa dunque al romano, tappa al leggendario campione. Il pubblico invase la pista, mentre il sole calante giocava a moscacieca tra gli alberi del parco. Monti fu preso, alzato di peso, sballottato anche da un gruppetto di ufficiali di polizia, che riuscirono ad issarlo sul piccolo podio delle autorità. Un mazzo di fiori, qualche lacrima di emozione e via di corsa verso casa. La sera, ad Albano, ci fu festa. Il ragazzo, aveva superato ancora una volta il Campionissimo.

Ordine d’arrivo:
1° Fausto Coppi km 83,1 in 1h59'56" alla media di 41,034 kmh (tratto in linea di 38,8 km in 1h17’30” alla media di 34,889 kmh; tratto dietro motoscooter di 44,4 km in 42’46” alla media di 63,026 kmh); 2° Bruno Monti a 26"; 3° Hugo Koblet (Sui) a 1'20"; 4° Giorgio Albani a 1'23"; 5° Nino Defilippis a 1'43"; 6° Cleto Maule a 2'35".

Classifica Generale Finale:
1° Bruno Monti km 1099 in 34h15'14";
2° Nino Defilippis a 3'04"; 3° Fausto Coppi a 3'36"; 4° Giorgio Albani a 9'32"; 5° Hugo Koblet (Sui) a 9'54"; 6°Angelo Conterno a 13'31"; 7° Guido Messina a 15'07"; 8° Giuseppe Minardi a 17'19"; 9° Aldo Moser a 20'22"; 10° Guido De Santi a 20'25"; 11° Rino Benedetti a 20'41"; 12°Agostino Coletto a 21'19"; 13°Cleto Maule a 22'13"; 14° Russel Mockridge (Aus) a 24'52"; 15° Bernard Gauthier (Fra) a 26'06".

Maurizio Ricci detto Morris

......segue
 
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