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Paolo Tiralongo
#1
 
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#2
Tiralongo, il 2011 comincia con un nuovo sito
Anno nuovo vita nuova, iniziando dalla veste grafica del proprio sito personale, così Paolo Tiralongo si prepara alla stagione 2011. Lo scorso anno il corridore di Avola, fu tra i più fedeli scudieri di Alberto Contador, nella conquista del suo terzo Tour de France, infatti cliccando http://www.paolotiralongo.it il webmaster ha dato spazio alla fantasia, con un intro accattivante, ma non tralasciando quelle che sono le informazioni di base sul corridore. Oltre al punto di forza delle News, non mancano le sezioni dedicate al fans club, ai link, al programma delle gare, ai contatti ed alla immancabile gallery, vero e proprio documento fotografico della carriera di Tiralongo. Il webmaster si firma col pseudonimo di Ibrido alieno; la realizzazione del suo sito e davvero una cosa dell'altro mondo. Il tutto per far stare il più vicino possibile i tifosi al corridore.

tuttobiciweb.it
 
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#3
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bettiniphoto.net

Ave Ave Ave
 
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#4
Grandissimo attacco, grandissima vittoria

 
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#5
Paolo Tiralongo, il soldato di Vino - «Alexandre proverà a salire sul podio»
Ha la valigia sempre pronta Paolo Tiralongo. Dopo tre settimane in giro per l'Italia nel mese di maggio adesso lo aspettano altre 3 settimane in Francia per il Tour. Nel mezzo un ritiro non programmato con la squadra a St. Moritz perchè il siciliano l'altura voleva farla da solo nella sua Siclia sull'Etna, ma Vinokourov ha voluto attorno a sé tutti i compagni che lo scorteranno al Tour e Paolo, da buon gregario, ha cambiato itinerario e con la sua valigia e la sua bici è andato con tutta l'Astana in Svizzera. Anche questa è professionalità.

Paolo, ma la valigia la farai anche a fine stagione per andare a correre alla corte di Riis e Contador?
«Voglio essere sincero perchè se n'è parlato tanto, al momento sto trattanto sia con l'Astana che con la Saxo ma posso anticipare che al 90% resterò con la squadra kazaka. Vinokourov dal 2012 dirigerà la squadra e una persona come lui da garanzie perchè sarà in grado di gestire al meglio questa corazzata che è una delle poche in grado di spendere grosse cifre quindi da qui passeranno altri grandi capitani con i quali potremo fare grandi cose».

Che rapporto hai con Vino?
«C'è una bella amicizia e molta stima reciproca. Ho già corso con lui il Giro e il Tour del 2010 e ci conosciamo benissimo, poi il Tour sarà la sua ultima corsa e lui ci tiene tantissimo a far bene e a concludere almeno sul podio. Io dal canto mio ho tantissima voglia di aiutarlo a raggiungere questo obiettivo perchè se lo merita e sarebbe il coronamento di una stupenda carriera».

Puntare al podio vuol dire che anche secondo te il favorito numero 1 è Contador?
«Alberto non è semplicemente il favorito, ma è il numero 1 in assoluto. Come lui non c'è nessuno e sicuramente riuscirà a rivincere questo Tour anche se è uscito molto stanco dal Giro ma lo conosco molto bene, è uno che lotta sempre e non si arrende mai».

Avete mai più riparlato della tappa di Macugnaga?
«Ci siam sentiti più volte nel corso delle ultime settimane ma mai abbiam parlato di quella tappa. Solo il giorno dopo la mia vittoria durante il trasferimento in elicottero se n'è parlato ridendo e scherzando. Penso che quella giornata è stata stupenda per entrambi: io ho vinto per la prima volta una corsa e lui oltre a dimostrare agli avversari la sua superiorità si è sdebitato nei miei confronti dopo il gran lavoro fatto per lui l'anno scorso».

Senti di aver recuperato le fatiche del Giro? Il Tour era nei programmi?
«Sì, sapevo fin dalla primavera di dover correre questi due GT quindi, dopo un periodo di stacco e di relax a casa dove davvero ero distrutto per le fatiche del Giro, ho iniziato la mia marcia di avvicinamento al Tour culminata con il ritiro con la squadra voluto da Vinokourov per creare un po' di amalgama e lavorare con le bici da crono. Vogliamo fare un gran bel Tour anche a livello di squadra anche se sarà difficile vincere la classifica a squadre perchè secondo me il Team Radio Shack ha davvero uno squadrone insuperabile».

Quindi non era nei programmi nemmeno correre il Campionato Italiano. Ti è dispiaciuto non disputarlo visto che si correva in Sicilia?
«Non mi è dispiaciuto perché non ce l'avevo in testa. Io ho avuto in testa sempre e solo il Tour. Per fare bene il Campionato Italiano devi essere concentrato su quell'obiettivo, io invece nel giorno del Campionato Italiano stavo scalando lo Stelvio proprio perché per me adesso esiste solo il Tour».

In questo Tour ci sarà spazio per te per andare a cogliere un'altra prestigiosa tappa, magari quella italiana?
«Questo lo dirà solo la strada ma in mente ho già un paio di tappe dove ci si può inventare qualcosa e la tappa di Pinerolo è una di queste. Sarebbe un'altra bella gioia forse seconda soltanto alla tappa del Giro e all'arrivo sui Campi Elisi dello scorso anno. Per me fu come vincere, una gioia incredibile».

Dove si deciderà il Tour 2011?
«Non è un Tour durissimo e penso che i Pirenei non faranno tanto male, saranno invece le Alpi a essere decisive con le ultime due tappe di montagna, quella del Galibier e quella corta dell'Alpe d'Huez prima della crono».

Avversario dell'Astana, oltre a Contador, sarà anche un altro corridore di cui sei stato gregario, Damiano Cunego.
«Ho avuto molti capitani, segno che a diversi corridori ha fatto comodo avere un Tiralongo in squadra, penso comunque che Damiano punterà a qualche successo di tappa e non alla classifica per cui non sarà un rivale da tenere sott'occhio in vista del nostro obiettivo che, ripeto, è il podio».

E quando Tiralongo potrà pensare solo a sé stesso in un grande Giro? Magari alla Vuelta se avrà ancora forze?
«A dire il vero la Vuelta è nei miei programmi ma ne parleremo più seriamente con la squadra dopo la seconda settimana del Tour. La corsa spagnola mi piace tanto, mi sono già classificato 8° due anni fa e mi trovo bene con quelle tappe non durissime come quelle del Giro, molto più corte, su strade belle. Vedremo come mi sentirò ma comunque questa corsa è nei miei programmi e la sento molto».

Troverai mai il tempo per riposarti un po'?
«Per me il riposo è stare con la famiglia senza nessuno stress come è successo dopo il Giro d'Italia, non c'è niente di meglio per ricaricare le pile e adesso sono più che pronto per il Tour».

Allora buon lavoro e anche buon compleanno visto che durante il Tour, l'8 luglio, compirai 34 anni.
«Grazie tante!»

Marco Fiorilla - www.cicloweb.it
 
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#6
L'Astana ha comunicato che Tiralongo ha rinnovato per altri due anni (2012 e 2013) con la squadra kazaka.
 
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#7
Ma come,tutto quest'amore reciproco con lo spagnolo,e ora rinnova?!
 
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#8
Se Vino chiude la carriera magari avrà più spazio come leader in qualche corsa
 
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#9
Beh, già alla Vuelta - che però è ancora in forse - potrebbe nuovamente correre da capitano, com'era già successo, con ottimi risultati, un paio d'anni fa...
 
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#10
Tre grandi giri in un anno??? Povero Tira, gli fanno fare gli straordinari...
 
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#11
Sarri alla Vuelta daranno spazio a Masciarelli e Kiserlovski,uno non riesce a fare bene 2 Gt,figurarsi 3 e uno da Capitano...Confuso
 
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#12
Io ho riportato quel che ha detto: i programmi eran quelli di disputare la Vuelta con un occhio alla classifica. Però avrebbe preso una decisione definitiva solo dopo il Tour...
 
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#13
Bhè allora l'ipotesi sfuma...è proibitivo...Confuso
 
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#14
Mah, sai, alla fine gli altri due GT li ha corsi da gregario, mica da capitano. Sastre i 3 GT li ha già fatti 2 o 3 volte, per dire...
 
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#15
2 Gt se li fa ogni anno...3 magari sono un po' troppi. Poi al Giro è stato portato per Kreuziger, al Tour per Vino, alla Vuelta andrebbe per far classifica senza grandi possibilità in ogni caso. Poi potrebbero pensare di "premiarlo" facendogli fare la Vuelta da capitano, ma non credo sarebbe un premio molto gradito...Nono
 
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#16
Tiralongo: «Ho ancora tanta voglia di lottare»
«Aiuto Aru e a crescere, ma non solo...»

L’anagrafe parla chiaro: nato ad Avola l’8 luglio del 1977, professionista dal 2000. Paolo Tiralongo, siciliano doc e bergamasco d’adozione, è l’uomo più esperto dell’Astana di Martinelli e Vinokourov.

«Sono il vecchio della squadra. Però vecchio uno ci si deve sentire, io non mi sento affatto così perché fare questo mestiere mi piace ancora tantissimo. E poi mi piace trasmettere a tanti ragazzi l’esperienza che ho accumulato in tutti questi anni. Alla fine ogni stagione devi sempre dimostrare chi sei, cosa vali, e quello che sai fare. Nessuno ti regala niente: arrivi a fine anno e tutto si azzera e devi ricominciare da capo; se non hai la testa e soprattutto la voglia di impegnarti e di trasmetterlo sui pedali, non c’è niente da fare».

E tu sei l’emblema di tutto questo: un inizio da gregario e poi con gli anni un ruolo sempre più importante al fianco dei capitani e anche alcune grandi soddisfazioni personali.
«Io dico sempre che non bisogna mai avere fretta. Se vuoi ottenere tutto e subito rischi di cadere: tanti sono caduti perché hanno voluto ottenere tutto e subito. Magari l’hanno anche ottenuto però non sono riusciti a mantenerlo, e allora non è servito a niente. Meglio fare le cose con calma, un passo alla volta, e alla fine se hai il motore, le capacità e le qualità per fare l’atleta, col tempo vengono fuori».

Cosa vuole l’Astana da Tiralongo per il 2014?
«Il team mi ha affidato il compito di stare vicino a Fabio Aru (i due abitano tra l’altro ad una manciata di chilometri uno dall’altro, ndr) un giovane che io vedo come il futuro sia italiano che del ciclismo mondiale: ha le qualità per poter diventare un grande, adesso deve soltanto avere un po’ di pazienza, sapere ascoltare i consigli delle persone che gli voglio bene e soprattutto conoscono il suo valore. L’obiettivo sarà il Giro: per me, per lui, per Scarponi, per la squadra. Non ci saranno grandissimi rivali come al Tour de France e possiamo giocarci anche la vittoria con Michele, possiamo vincere la maglia bianca con Fabio, e io sicuramente cercherò di firmare una vittoria di tappa. E’ questo il mio obiettivo personale del 2014, e l’altro obiettivo è fare bene ad una corsa che mi piace tantissimo che è il Giro di Catalogna».

Il Tour de France lo escludiamo?
«Io non escludo mai niente: in questo momento uno può dire faccio questo o quell’altro, ma è sempre la strada che decide. Cominciamo a fare il Giro e poi, se le forze mi assistono, potrei anche andare al Tour con Vincenzo: adesso non ci penso perché non voglio logorarmi la testa con due obiettivi, vedremo strada facendo».

Valerio Zeccato per tuttobiciweb.it
 
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#17
Tiralongo a Cyclingtime "Il ciclismo ha bisogno di regole univoche"
Scritto da Andrea Terraneo
Venerdì 06 Giugno 2014 07:23

E’ il 27 maggio del 2011; per quel giorno è programmata la frazione Bergamo-Macugnaga: arrivo in salita. Il Giro d’Italia quell’anno ha trovato in Alberto Contador il suo tiranno e c’è chi scommette che “il Pistolero” solleverà ancora le braccia al cielo sotto quel traguardo. Il copione della corsa vede il tentativo da lontano di qualche temerario in cerca di gloria che puntualmente viene riassorbito a poche decine di km dall’arrivo, e poi i migliori a giocarsi la vittoria. Ai meno sette km dalla vetta evade dal gruppo un italiano che corre per il team Astana, lo stesso per cui Contador ha corso fino alla stagione precedente.

L’azzurro procede bene; il successo e lì distante solo 1200 metri quando nel gruppo alle sue spalle si innesca la bagarre; Joaquim Rodriguez, Gadret e ancora lui: Alberto. L’azione della maglia rosa è impressionante - sembra che stia viaggiando su una motocicletta - dribbla il francese e il connazionale e in un lampo si riporta sull’ex compagno di squadra. Quel che era il battistrada solitario ora procede con una cadenza appesantita, non può sfuggire al recupero del madrileno; Alberto però una volta raggiunto il fuggitivo si rivolge ad esso con un “vieni!” - immortalato dalle telecamere -. A poche centinaia di metri dal traguardo però, i ruoli si invertono. La maglia rosa scorta al traguardo l’ex gregario, che quel giorno conquista il suo primo successo da professionista. Il vincitore quel giorno è Paolo Tiralongo. Nato ad Avola, Sicilia, provincia di Siracusa, l’8 luglio 1977 Paolo è uno dei “senatori del gruppo”. Passato professionista nel 2000 con la Fassa Bortolo, Tiralongo ha poi corso con la Ceramiche Panaria (2002-05), il team Lampre (2006-09) e dal 2010 è emigrato in Kazakistan per far parte del Team Astana, divisa che veste tutt’oggi. In carriera non ha vissuto molte giornate simili a quella di Macugnaga. Ha bissato il successo sulle strade del Giro l’anno seguente a Rocca di Cambio, ma Paolo è un gregario: nel ciclismo i gregari sono costretti a sacrificare le ambizioni personali per aiutare i capitani ad ampliare i loro palmares. Visto così allora il bagaglio di successi costruito dal siciliano può vantare un Tour De France anno 2010, ai servizi di Alberto Contador (titolo poi revocato a tavolino) e il Giro 2013 firmato Vincenzo Nibali. Ultimamente impegnato sulle strade del Giro (con l’edizione 2014 ha raggiunto l’undicesima partecipazione, ndr) Tiralongo è stato raggiunto - in esclusiva - telefonicamente da Cyclingtime.it. Con Paolo abbiamo parlato di Giro, della tappa dello Stelvio, di Aru, ma ache di programmi futuri, di Vuelta e del suo ruolo per le prossime stagioni.

Paolo, si è appena concluso il Giro d’Italia: riflessioni generali sulla corsa? “E’ stata una corsa combattuta, resa ancor più dura dal tempo piovoso che ci ha accompagnati nella prima parte di Giro, e dall’asfalto scivoloso del Sud Italia che ha favorito le cadute”.

Il Giro d’Italia 2014 è coinciso con la tua undicesima esperienza in questa manifestazione: è ancora possibile imparare dopo aver accumulato così tanta esperienza? “Imparare nel ciclismo, così come nella vita, è sempre possibile. Quest’anno in particolare il Giro mi ha lasciato una riflessione: oggi tutto il mondo sportivo si sta evolvendo a differenza del ciclismo che è ancora poco regolamentato nelle sue regole di gara. L’esempio è la tappa con arrivo in Val Martello: il tempo in primis e la direzione hanno creato difficoltà e confusione. Quando la temperatura è inferiore ai 5 gradi centigradi bisognerebbe evitare di affrontare i passi che si articolano oltre i 1500 metri di altitudine; il problema non sono tanto le salite, piuttosto ciò che crea problemi sono le discese, a Val Martello ero completamente gelato”.

Per la questione confusione invece fai riferimento al caso Quintana che ha tenuto banco fino all’arrivo a Trieste? “Al GPM dello Stelvio per un problema meccanico non ho scollinato con i primi, perciò non ho assistito in prima persona alla condotta di Quintana. La radio aveva però comunicato di stare dietro alle safety moto”.

Dopo la vittoria ottenuta nel 2013 con Vincenzo Nibali il Team Astana si è confermato sul podio finale questa volta grazie a Fabio Aru, terzo a Trieste. Il sardo è il volto nuovo del ciclismo italiano: quali sono le sue doti principali? “A Belfast eravamo partiti con Michele Scarponi in veste di capitano con Fabio prima alternativa. A causa della caduta nella tappa di Montecassino Michele è uscito di classifica lasciando ad Aru il ruolo di leader, da lì è cominciata la sua corsa al podio. La caratteristica principale di Fabio è la sua capacità di programmazione: arriva nelle migliori condizioni agli appuntamenti che si predispone; in questo ricorda Alberto Contador. Caratterialmente è un ragazzo intelligente che sa quando battere i pugni sul tavolo e quando stare in silenzio ad ascoltare”.

In un ciclismo ormai globalizzato molti giovani ciclisti italiani, come nel caso di Aru, sono costretti ad emigrare all’estero: nell’ Astana oggi sono presenti 10 atleti azzurri, quanto è importante trovare un gruppo di connazionali per un neo professionista in una formazione straniera? “Più che l’aspetto nazionalità oggi per un giovane è importante trovare all’interno del team per cui andrà a correre una persona che gli faccia da tutor. Rispetto alle categorie giovanili dove è il direttore sportivo a pensare a tutto nei professionisti devi saperti muovere in prima persona. Io proprio nel caso di Aru ho assunto questo ruolo di “chioccia” nei suoi confronti e oggi che ha l’attenzione dei media concentrata su di se, sento di dovergli rimanere ancora vicino. Se prima del Giro riflettevo se continuare o no a fare il corridore Aru mi ha ridato gli stimoli per proseguire; ovviamente da parte mia la voglia di faticare e far sacrifici è ancora viva”.

Nel 2014 Vincenzo Nibali cercherà di conquistare il Tour de France: farai parte della rosa di gregari del tuo conterraneo, oppure la tua stagione si svilupperà seguendo altri appuntamenti? “Ad oggi l’Astana non mi ha ancora comunicato i programmi per il resto della stagione. A meno di sorprese non dovrei far parte della comitiva che accompagnerà Vincenzo al Tour, piuttosto dovrei esser ancora a fianco di Aru ad agosto sulle strade della Vuelta”.

cyclingtime.it
 
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#18
Rinnovo di contratto per Paolo Tiralongo: ad ormai 37 anni compiuti, l'Astana ha deciso di confermarlo anche per la prossima stagione. Continuerà così ad essere l'angelo custode del giovane Fabio Aru.
 
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#19
Paolo Tiralongo: «Aru ed io, che coppia»
Il siciliano ritorna sulla Vuelta e ci racconta Fabio

Ha dovuto tornare a casa dopo soli tre giorni, ma Paolo Tiralongo è sempre stato alla Vuelta. Non l’ha guardata in tv perché era troppa la sofferenza di non essere in gruppo, ma è sempre stato in contatto con i suoi ragazzi, Fabio Aru in testa, per far avvertire un po’ meno la sua assenza alla squadra e al suo figlioccio sportivo.
Il siciliano della Astana ha provato a sfidare il parere dei medici, che gli avevano consigliato il ritiro dopo la caduta e una notte difficile a seguito degli oltre 30 punti che gli sono stati applicati al viso: si è presentato al via nonostante un occhio tumefatto, non voleva in alcun modo abbandonare il Cavaliere dei quattro Mori con una Vuelta ancora tutta da correre, ma il dolore è stato troppo forte e anche il coraggioso Tira è stato costretto ad arrendersi. A Madrid però non è voluto mancare per nessuna ragione al mondo perché la vittoria di Fabio è anche merito suo.

Raccontaci, Paolo.
«Dalla Vuelta non è stato facile né ritirarmi né stare a casa. Non riuscivo a seguire le tappe in tv, ho seguito solo quella di Andorra e le ultime tre: mi innervosivo, stavo male, sai, ho fatto tanti sacrifici per arrivarci al top ed è tutto svanito in un attimo. Sapevo che la vittoria era nelle nostre possibilità quindi tornare a casa anzitempo è stata una grande delusione. Sentivo Fabio tutti i giorni prima e dopo la tappa, ma chiamavo anche gli altri compagni Rosa, Cataldo, Landa e i tecnici. Non avete idea di quanto ho parlato con Martino (Giuseppe Martinelli, ndr) e Slongo. Mi sentivo partecipe e nei momenti in cui non stava girando nel verso giusto mi sentivo in do­vere di rincuorarli, di tirare su il morale della ciurma, di ricordare loro quanto erano forti».

Per i festeggiamenti non potevi mancare.
«Vedere Fabio sul gradino più alto del podio di Madrid è stata una grande emozione. Lo ammetto, mi è scappata una lacrimuccia perché conosco i sacrifici che ha sopportato e quanta strada ha percorso per arrivare fin lì. Gli avrò ripetuto allo sfinimento che i sacrifici ripagano sempre nella vita, il suo risultato ne è una dimostrazione. Ritrovarsi a cena con tutti i ragazzi e la maglia rossa in mezzo al tavolo in un bel ristorante della capitale spagnola è stato proprio un degno epilogo di un progetto che parte da lontano».

Tu e lui avete un rapporto speciale perché sei uno dei pochi in grado di tirargli le orecchie. Come ricorda spesso Fabio, non ha bisogno di chi lo motiva ma di chi lo fa crescere rimproverandolo quando sbaglia.
«Sì, lo conosco da quando era un ragazzino, ho vissuto insieme a lui tutti i suoi anni fin da prima del professionismo, ho trascorso insieme a lui più tempo che nessun altro quindi conosco i suoi pregi e le sue debolezze. So come prenderlo per tirarlo su e si fida ciecamente di me, per questo mi ascolta. Ci basta uno sguardo per capirci. Il martedì mattina dopo la fine della corsa era già a casa mia e abbiamo potuto parlare con calma di queste tre settimane ricche di alti e bassi. Ha vissuto giornate di crisi in cui era nervoso alternate ad altre in cui si sentiva da Dio. In questa Vuelta c’è stato un po’ di tutto, non è stato facile conquistarla, tutta la squadra ha dato il massimo».

Come è cambiato Fabio in questi anni?
«È cresciuto atleticamente ma anche come uomo. Oggi è una persona molto più convinta dei suoi mezzi. Per il resto è come lo vedete: un ragazzo semplice, tanto umile quanto determinato e professionale. Molto legato alla sua famiglia e alla fidanzata Valentina. Sa quello che vuole, è molto esigente, non lascia nulla al caso, è davvero meticoloso e contento solo quando ha dato il 100% di se stesso. Essere tutti i giorni al top non è facile, anzi è una pressione che in pochi sono in grado di sostenere. Lui è un leader nato. Come gli ho ripetuto più e più volte, a fare di un corridore un campione non sono solo le doti fisiche ma anche la forza mentale. La testa vale l’80% della prestazione ed è fondamentale soprattutto nelle giornate storte. Nel tappone con Aprica e Mortirolo del Giro, per esempio, Fabio ha dimostrato di avere una grinta fuori dal comune. Poteva naufragare, invece ha limitato i danni alla grande. Ecco, una giornata di crisi come quella l’ha senz’altro reso più forte. Lo stress? Non mi pare l’abbia subìto troppo, è il primo ad attendersi tanto da se stesso. Sa che rapportarsi con i media e con i tifosi è parte integrante del nostro lavoro, lo fa volentieri e in squadra abbiamo chi lo può aiutare anche per sbrigare questi impegni. Sicuramente il Giro di quest’anno e la Vuelta sono state per lui esperienze fondamentali anche per imparare a gestire la pressione che si è creata attorno alla sua figura di corridore in piena crescita».

Cos’altro aggiungere sul vostro legame?
«A volte Fabio dice che sono suo fratello, altre che sono suo padre. È un po’ confuso, ma in effetti sono troppo giovane per essere paragonato a suo papà e troppo anziano rispetto al fratello. Fabio è un duro ma anche un testone. Lui ha le sue idee, io le mie, discutiamo ma senza mai arrivare a litigare. Il nostro è un gruppo solido, co­struito giorno dopo giorno, raduno dopo raduno, gara dopo gara. Stiamo assieme per lavorare e migliorarci. Altri aneddoti? Fabio è superstizioso. Vi sarete accorti che non ha mai pronunciato una volta la parola vittoria prima di raggiungerla... Porta al polso dei braccialetti uguali a quelli della fidanzata Valentina e non li toglie mai; quando è a tavola se rovescia il sale ne butta un pizzico alle spalle. Sul comodino tiene il telefonino e, a volte, i libri di inglese. A parte queste curiosità, va detto che Fabio è un predestinato. Ha una mentalità che fa la differenza. Chi si innamora delle corse di un giorno svanisce, quelli che hanno la testa per affrontare i Grandi Giri di tre settimane restano. Non sono tanti. In futuro vincerà molto, compreso il Tour de France».

Proprio al termine della Vuelta hai rinnovato per altri due anni il contratto con l’Astana: chi te lo fa fare di faticare ancora tanto a 38 anni?
«Se penso che quando ho iniziavo la mia carriera tra i professionisti Fabio andava alle elementari, mi accorgo di avere un’età da ciclopensionato (ride, ndr) ma parlando con mia moglie Angela e anche con nostro figlio Salvatore, che ogni tanto scherza dicendo che mi denuncia per abbandono perché sto troppo tempo lontano da casa, ho deciso di continuare. Voglio trascorrere altre due stagioni accanto a Fabio. Il suo gruppo l’abbiamo costruito noi, io e lui con Shefer e Martino, in questo ultimo anno e mezzo e sono convinto abbia ancora tantissimo da dare, io in primis. Sto bene, sono competitivo, quest’anno ho conquistato due vittorie (una frazione al Giro del Trentino e la tappa al Giro d’Italia con arrivo a San Giorgio del Sannio, suo terzo sigillo nella corsa rosa, ndr) e, allenandomi meno degli anni passati sto andando forte come non mai. La voglia di correre è la stessa di quando passai professionista nel 2000 con la Fassa Bortolo, quindi non ha senso pensare di appendere la bici al chiodo, non ancora. La verità è che non voglio andare avanti all’infinito, non voglio rendermi patetico, per rispetto del pubblico, dello sport che amo e di me stesso, ma ho ancora voglia di allenarmi e correre, di aiutare a vincere e di vincere in prima persona. Vino (il team manager Vinokourov, ndr) mi aveva offerto anche altre possibilità ma io ho scelto di pedalare perché la corsa, dal gruppo, la vedi meglio che in ammiraglia e in qualsiasi altro posto. Davanti alla tv, l’avrete capito, non mi diverto come in sella...».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di ottobre
http://www.tuttobiciweb.it/index.php?pag...&cod=84651
 
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#20
Paolo Tiralongo si ritirerà al termine di questa stagione
Il Giro d’Italia numero 100 sarà l’ultimo della carriera di Paolo Tiralongo: il siciliano dell’Astana, che compirà 40 anni il prossimo 8 luglio, ha annunciato infatti che si ritirerà al termine della stagione 2017. Tiralongo è passato professionista nel 2000 con la Fassa Bortolo e, prima di approdare all’Astana nel 2010, in carriera ha vestito anche le maglie di Panaria e Lampre.

In 18 stagioni da professionista, Paolo Tiralongo si è dimostrato un ottimo gregario per i percorsi impegnativi guadagnandosi la fiducia dei propri capitani. A livello individuale ha conquistato quattro vittorie: la prima è stata la tappa di Macugnana al Giro d’Italia 2011, l’anno successivo si è ripetuto nella corsa rosa a Rocca di Cambio, mentre nel 2015 ha vinto l’ultima tappa del Giro del Trentino e la tappa di San Giorgio del Sannio al Giro d’Italia.

cicloweb.it
 
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