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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 19 febbraio
#1
Fabio Battesini
[Immagine: f1.highres]
Nato a Virgilio (MN) il 19 febbraio 1912, deceduto a Roma il 17 giugno 1987. Ciclista completo. Professionista dal 1930 al 1946 con 22 vittorie.
Uno dei più grandi atleti per precocità dell'intera storia del ciclismo italiano. Un talento enorme, scialacquato in parte, per gli sforzi esosi sostenuti quando ancora era necessario attendere, ed in parte, per una condotta di vita, spesso lontana dalle voci necessarie per sostenersi di fronte alle esigenze dello sport e del ciclismo in particolare. Atleticamente non aveva nulla in meno dei grandi della sua epoca, anzi, forse anche qualcosa in più, ma la "testa" no, era troppo distante dai colleghi dotati di particolare sangue blu. È stato però uno dei ciclisti più in vista degli anni trenta, ed il suo curriculum, se studiato bene, rispecchiò appieno il potenziale di cui era dotato. Qualche dato che ne testimonia lo straordinario talento. A 17 anni, l'11 ottobre 1929, al Velodromo Sempione di Milano, stabilì il Record Mondiale dell'Ora per dilettanti percorrendo 42,029 chilometri. A 18 anni, era già professionista, vinse tre corse discretamente importanti e partecipò al Giro d'Italia, finendo 17° dopo 4 piazzamenti di frazione. Nel 1931, a 19 anni, lo start alle due più grandi manifestazioni a tappe: al Giro, si ritirò per una caduta, ma in tempo utile per finire 2° nella seconda tappa e 5° nella prima; al Tour de France, finì 30°, ma si piazzò in ben sette tappe e ne vinse una, a Brest, irridendo gli avversari. A 20 anni vinse la tappa di Ferrara al Giro, battendo super velocisti come Raffaele Di Paco e il suo amico Learco Guerra. Poi, cominciò a perdere colpi, scegliendo la vita più facile, sull'onda del suo carattere da mattacchione, anche perché, pur perdendo la possibilità di eleggersi super, la scarsa condotta quotidiana non poteva impedirgli quei momenti di genio atletico che gli davano comunque successi e danaro. Di Learco Guerra, non solo fu amico, ma pure fidata spalla, ed a sua volta, dalla "Locomotiva", anche Battesini ricevette qualcosa di importante: quelle uscite insieme in allenamento, che gli frenarono le derivazioni negative. A carriera già calante, l'incredibile peperino della terra di Virgilio, si rischierò su pista, per dimostrare che era ancora, volendo, una prima ruota. Il 26 maggio 1937, al Vigorelli di Milano stabilì il Primato Mondiale nel Chilometro Lanciato con 1'01"1; l'anno seguente, il 17 e 18 agosto, sempre sul magico impianto milanese, stabilì i Record Mondiali nel Chilometro con partenza da fermo, fermando il cronometro a 1'04"2 (roba che ancora oggi potrebbe consentirgli di vincere il Tricolore), ed il giorno dopo, quello sui 5 chilometri in 6'21". Alla pista dedicò il finale di carriera: fu 4° al Mondiale dell'Inseguimento nel 1939 e, già ultratrentenne, vinse i Tricolori fra gli stayer nel 1943 e nel 1945. Tutte le vittorie di Battesini.
1929: Record Mondiale dell'Ora dilettanti con 42,029 km. 1930: Coppa Del Grande; Criterium Virgiliano a cronometro; Coppa d'Inverno. 1931: tappa di Brest al Tour de France. 1932: tappa di Ferrara al Giro d'Italia. 1933: Milano-Mantova. 1934: tappa di Trieste al Giro d'Italia; 2° tappa del Giro della Tripolitania. 1935: prova in linea del Giro della Provincia di Milano; Crono-coppie (con Learco Guerra) del Giro della Provincia di Milano; Criterium degli assi a Cremona. 1936: tappa di Grosseto al Giro d'Italia; GP dell'Industria a cronometro; prova su pista del Giro della Provincia di Milano. 1937: Record Mondiale del Km Lanciato con 1'01"1; Cronosquadre a Marina di Massa (con la Legnano) al Giro d'Italia; prova su pista del Giro della Provincia di Milano; prova di inseguimento all'australiana del Giro della Provincia di Milano. 1938: Record Mondiale del Km con partenza da fermo in 1'04"2; Record Mondiale sui 5 Km con 6'21"; Criterium degli Assi a Piacenza. 1939: Coppa di Spagna a Barcellona. 1941: Criterium di Firenze dietro motori. 1943: Campionato Italiano Stayer. 1945 Campionato Italiano Stayer.
I piazzamenti più importanti. 1930: 3° nel Giro del Piemonte, nella Coppa Bernocchi e nella Predappio Roma. 1931: 2° nel Campionato Italiano; 4° nel Campionato del Mondo; 4° nella Milano Sanremo; 2° nella tappa di Ravenna al Giro d'Italia; 3° nella tappa di Bordeaux al Tour de France. 1932: 2° nella tappa di Teramo al Giro d'Italia. 1934: 2° nel Giro della Tripolitania. 1936: 3° nella tappa di Gardone Roviera al Giro d'Italia. 1937: 2° nel Campionato Italiano della Velocità. 1939: 2° nel Campionato Italiano dell'Inseguimento.

Roger Jean Labric (Fra)
[Immagine: f1.highres]
Nato il 19 febbraio 1893 a Boulogne-sur-Seine (ora Boulogne-Billancourt nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine), deceduto a Parigi il 24 maggio 1962. Fondista. Professionista nel 1920 senza ottenere vittorie. Un ritratto solo ciclistico di questo grandissimo personaggio, è francamente distorcente, estremamente limitato e tendenzialmete vergognoso se non lo si lega alla semplice curiosità derivante dalla massima “è stato anche”.
Figlio della pittrice Jeanne Labric, Cot da nubile (una delle primissime a dipingere ad ago), e fratello di Pierre, maggiore di due anni, ed anch’egli corridore senza risultati, Roger è stato anche .
pilota automobilistico, giornalista, romanziere e storico. Il padre Joseph lo spinse verso un club ciclistico dilettantistico nel 1909, sodalizio che freequentò molto saltuarimente fin dopo il primo confitto mondiale. In guerra fu dapprima un fante, indi un grande aviatore decorato in particolare per le sue azioni in Romania. Terminato il conflitto, divenne redattore capo di “L'Aéro-Sports”, indi  giornalista per “La Vie Aérienne”, per il quotidiano “Le Sportif” e per il quotidiano “ La Liberté ”. Nel gennaio 1920, Roger Labric fondò il “Wild Goose Club” per riunire ex piloti, meccanici e osservatori dei “Bombardment Groups” e degli “Bréguet - Michelin Squadrons”. Ma sempre nel 1920 si dedicò al ciclismo da agonista vincendo i campionati della stampa sportiva, organizzati da "l'Auto", successo che bissò anche nel ’21. Ma la sua parentesi sul mezzo spinto a motore umano, non si fermò lì, perché provò davvero le grandi conpetizioni. Partecipò dapprima alla Parigi Roubaix, che portò a termine al 23° posto. In maggio fu al via della Bordeaux Parigi, ma non riuscì a concluderla. Ciononostante, ebbe delle buone sensazioni e furono quelle che lo spinsero in direzione del Tour de France. Qui fu 69° nella prima tappa e 79°nella seconda, ma alla terza si ritirò. Partecipò poi, il 12 e 13 settembre al Criterium des Aiglos, una “due giorni” con la Parigi-Saumur di 285 km come prima frazione e la Saumur-Bordeaux di 320 km come seconda. Portò a termine le due impegnative prove al 16° posto. A parte il successo nei campionati dei giornalisti del ’21, Roger Labric non fu più a nessuna partenza ciclistica. Successivamente, nel 1927 a Zurigo, stabilì da pilota aviatore, il record mondiale di distanza in circuito chiuso per velivoli leggeri con 1.146 chilometri. Poi si dedicò alle automobili dove fu un pilota vittorioso ed evidente. Labric partecipò a sette “24 Ore di Le Mans” dal 1931 al 1937, anno nel quale iscrisse e pilotò la leggendaria e bellissima Bugatti Type 57 (foto sotto), che vinse con Jean-Pierre Wimille e Robert Benoist. Collaborò poi con riviste e giornali di settore, scrisse diversi libri, tra cui alcuni racconti sull'aviazione della prima guerra mondiale, una storia della 24 Ore di Le Mans e una biografia del suo amico, Robert Benoist.
https://www.mondomodelcars.it/files/geim...510725.JPG

Amedeo Polledri
[Immagine: 152128560618495Polledri.jpg]
Nato a Parigi il 19 febbraio 1890, deceduto a Taliedo di Milano no il 6 ottobre 1918. Professionista dal 1909 al 1918 con 21 vittorie su pista. Di piccola statura e di corporatura esile, non appariva di certo un predestinato a quella velocità che, invece, lo vedrà tra i migliori protagonisti pri-ma del sopraggiungere del conflitto mondiale. Nato a Pari-gi da genitori piacentini, il futuro campione tornò a 4 anni in Italia, dove frequentò i primi corsi delle scuole elementari, ma, dopo la prematura morte della madre, ritornò col padre nella città di nascita. Si avvicinò al ciclismo parteci-pando al "Premio dei Primi Passi", una importante manifestazione giovanile che si svolgeva al Parco dei Principi, con una bicicletta di fortuna. Fu così bravo, da spingere il direttore sportivo della Peugeot ad ingaggiarlo. Nacque da lì, la storia ciclistica di "Hirondelle", rondine, come i francesi lo chiamavano. Amedeo, infatti, divenne un animatore dei velodromi parigini, passando prof a soli 19 anni, nel 1909. La sua fama raggiunse l’apice quando nel GP di Pasqua, superò il grande Ellegaard, leggendario e più volte iridato sprinter danese. Avendo mantenuto la cittadinanza italiana, da sconosciuto, si presentò, nel 1912, ai Campionati Italiani di Velocità a Mantova e, fra la sorpresa generale, ma con l’ammirazione del mare di folla presente, conquistò il Titolo ai danni di Verri e Moretti. L’anno successivo nella medesima rassegna giunse 3°, rivinse però il Titolo, nel 1914. Di nota, nel frattempo, i suoi successi nel GP di Brest e nel GP Bernard, a testimonianza del suo valore internazionale. Sfortunato, invece ai Mondiali: vi partecipò una sola volta, nel 1913, ma fu eliminato ai recuperi. Lo scoppio della guerra, incentivò la sua smisurata passione per l’aviazione. Arruolatosi in questo corpo, ottenne il brevetto di pilota e, in qualità di collaudatore ed istruttore, fu destinato a Taliedo, nei pressi di Milano. La vicinanza al capoluogo lombardo gli consentì pure di tornare a correre e vincere sulla pista del Sempione. Ma, il 6 ottobre 1918, trovò la morte, a soli 28 anni, precipitando col suo aereo.

Maurizio Semprini
[Immagine: 26147670682_fff7b66d8e_b.jpg]
Nato a Rimini il 19 febbraio 1976. Passista, alto m. 1,93 per 78 kg. Professionista nel 2000 con una vittoria.
Uno dei migliori talenti mai visti da chi scrive. Poi, come sempre, il talento da solo non basta a fare un campione o, semplicemente, un ottimo atleta. Il ciclismo, come gli altri sport, lo dice attraverso quella storia che va vissuta con l'ottica di uno che deve fare disamina, e non col modus dell'assemblatore di preconcetti. Tra l'altro, il talento ha sempre una faccia nascosta, che va interpretata, discussa o pettinata, a seconda dei casi, ma sempre e comunque tenuta lontana da quei preconcetti che sono, sovente, autentiche stupidaggini. Sarà, ma se Maurizio Semprini non è diventato perlomeno quel buon professionista che doveva essere, la colpa non è unicamente sua.
Cresciuto nel Pedale Riminese, mostrò presto una pedalata sopraffina per compostezza, agilità e potenza. Fra gli allievi vinse il Titolo Italiano nell'Inseguimento individuale ed in quello a Squadre. Da juniores, oltre a vincere nove corse su strada unicamente per distacco, grazie ad azioni di forza o da finisseur, si guadagnò l'azzurro su pista, dove conquistò nel 1994, ai Mondiali di Quito, in Ecuador, la medaglia di bronzo nell'Inseguimento a Squadre. Passato fra i dilettanti con la Rinascita-Giacobazzi nel 1995, già al secondo anno era un vincente a livello assoluto. Nel 1996, infatti, fu riserva del quartetto azzurro dell'inseguimento alle Olimpiadi di Atlanta, ed in azzurro, su strada vinse a Yutz, in Francia, con un'azione da finisseur, la quinta tappa del Circuit des Mines open. C'erano, come da tradizione di quella corsa, davvero tanti professionisti allo start e la vittoria di Semprini, fu oggetto di attenzioni da parte di un vasto osservatorio. Non a caso lo squadrone della Caneva lo volle con sé per il 1997, nonostante il chiacchiericcio che gravitava attorno a lui, sulle sue condotte da viveur. Nella grande squadra friulana vinse per distacco tre corse su strada, colse la piazza d'onore in una tappa del Giro Baby, nonché due bronzi, nella cronometro individuale su strada ai Tricolori e ai Giochi del Mediterraneo. Fu poi riserva azzurra ai Mondiali di San Sebastian. Nel 1998, l'intensità del chiacchiericcio aumentò, ed invece di passare professionista, come da logica ed intelligenza, Maurizio si trovò a cambiare casacca dilettantistica approdando alla Pasta Montegrappa. Nell'anno colse 3 vittorie in solitudine, ivi compresa l'indicativa premondiale di Reggio Emilia. A fine anno furono ancora vittoriosi i preconcetti, e Semprini restò dilettante, stavolta in seno al Velo Club Mantovani di Rovigo. Nel 1999 aggiunse così altre cinque vittorie quattro delle quali per distacco. Finalmente, nel 2000, si aprirono per lui, nonostante il chiacchiericcio, le porte per il professionismo in seno all'Alexia Alluminio. Fu sfortunato però, perché la squadra non venne invitata al Giro d'Italia e lui, pur votato a provarsi nel ruolo di spalla, comportandosi onorevolmente al servizio di Minali e Della Santa, vide vanificati i suoi valori dall'esigenza della squadra di rideterminarsi, viste le difficoltà economiche. E Semprini, col chiacchiericcio che lo circondava, fu chiaramente uno dei sacrificati. Nell'attesa di un team professionistico più decente, tornò dilettante sempre con la Mantovani, vincendo in tre occasioni. Poi, dopo tanti "flirt" con la Mercatone Uno, arrivarono finalmente le foto ufficiali con la nuova maglia, ma, inspiegabilmente non ci fu seguito agonistico sulle strade. Semprini aveva capito che Marco Pantani, col quale da tempo era amico e compagno d'allenamenti, andava gestito meglio e questo provocò orticaria in chi guidava dalla scrivania il team. S'era dunque giunti alla fine della carriera del virtuoso passista riminese. Un peccato, perché Maurizio Semprini, aldilà delle sue condotte, sicuramente tanto esagerate dall'atmosfera che gravita come una malefica zanzara sul ciclismo da decenni, era, ripeto, uno splendido talento.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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