27-05-2023, 06:39 AM
Michele Bartoli
Nato a Pisa il 27 maggio 1970. Passista veloce alto 1,80 per 65 kg. Membro della grande generazione del 1970, Michele Bartoli, detto "il Leoncino", può essere considerato un grande cacciatore di classiche. Professionista dall'agosto 1992 al 2004, nella seconda metà degli Anni '90, è stato davvero il numero uno delle corse di un giorno. Inadatto alle lunghe salite, ma fortissimo in quelle brevi e dure, quindi ideale per le gare in linea, nonché dotato di classe cristallina, in certe giornate è parso davvero insuperabile. Ha ottenuto in carriera complessivamente 57 vittorie, fra cui spiccano 7 prove di Coppa del Mondo, ed una classica, la Freccia Vallone (1999), che solo gli assurdi metodi dell'UCI, potevano relegare per anni dietro ad una San Sebastian. Ricapitolando, nel palmares di Michele ci sono: 2 Giri di Lombardia (2002 e 2003), 2 Liegi-Bastogne-Liegi (1997 e 1998), il Giro delle Fiandre 1996, il Campionato di Zurigo 1998 e l'Amstel Gold Race 2002. Al Giro d'Italia ha vinto due tappe (Lienz '94 e Schio '98), mentre ha sempre sacrificato il Tour, anche quando l'ha corso, per ricercare la condizione migliore per il finale di stagione, con la prospettiva di quel mondiale che gli è sempre sfuggito. Nella corsa iridata, è stato due volte medaglia di bronzo (Lugano '96 e Valkenburg '98), ma ha pure dimostrato, in diverse occasioni, un nervosismo che gli ha creato non pochi danni per le positive risultanze di gara. Un rapporto molto contrastato, e dire che in più di un'occasione, era parso come il più forte in corsa. A dimostrazione delle sue indubbie qualità, nel suo curriculum ci sono due Coppe del Mondo (1997 e '98), ed il primo posto nel ranking mondiale dell'UCI, tra l'autunno 1998 e l'estate '99. Campione italiano nel 2000, può vantare anche altri successi di pregio, come diverse classiche nazionali e altre con maggiori tinte internazionali, come il Giro del Lazio, Freccia del Brabante ( ne ha vinte 2), l'Het Volk, il GP Plouay, il GP di Fourmiese, il GP Cerami, il GP Gippingen e l'Henninger Turm. Nelle brevi corse a tappe ha trionfato nella Tirreno Adriatico, nella Settimana Siciliana, nel Giro del Mediterraneo, ed in due edizioni della Tre Giorni di La Panne. A compromettergli la carriera, un paio di incidenti molto pesanti: il primo durante il Giro di Germania '99, indi una rovinosa caduta al Giro d'Italia nel 2002. Spettacolare come pochi nelle sue punte da campione di razza, ha pagato oltre agli incidenti, le sue pecche caratteriali e l'estrema dedizione a programmi che poteva vivere con maggiori variabili. La sua è stata una grande carriera, ma non è esagerato per nulla dire che le sue qualità, la potevano costruire ancora migliore.
René Martens (Bel)
Nato ad Hasselt (Limburgo belga) il 27 maggio 1955. Passista, alto. Professionista dal 1978 al 1990 con 13 vittorie.
Un bel corridore che ha saputo entrare nella storia ciclistica, pur non avendo a disposizione mezzi tali da fungere da capitano. Un gregario-spalla fedele, che seppe aspettare le occasioni propizie e che alla fine ha saputo vincere 2 gran classiche e tre simi-classiche, nonché a correre in Nazionale belga ben 4 mondiali: un numero sempre importante, alla luce dell’unicità del prestigio del ciclismo in quel paese e dei gran corridori che il Belgio ha sempre avuto.
Gran dilettante, capace di conquistare fra i tanti successi, corse d prestigio come il Tour della Provincia di Liegi e il GP Reningelst nel 1976, la Flèche Ardennaise e il Circuit du Hainaut nel 1977 e di correre col quartetto belga la 100 chilometri a squadre ai Mondali di San Cristobal ’77. Eddy Merckx lo volle prof con sé, alla C & A per la stagione ’78, poi il “cannibale” non corse e chiuse l’impareggiabile carriera, mentre il 23enne Renè, passò la stagione ad imparare bene il mestiere, ed a cogliere piazzamenti significativi, come due secondi di tappa al Tour de France, bellamente concluso al 26esimo posto. La chiusura della C & A, lo portò nel 1979 alla Flandria. Nell’anno vinse tre corse, due tappe alla Setmana Catalana e il Gp Bilzen. Ripartecipò al Tour de France che chiuse 30° e fu tra i protagonisti della Liegi-Bastogne-Liegi, che concluse 12°. A fine stagione causa chiusura della Flandria, si trasferì per il 1980 alla DAF Trucks, che sarà il suo sodalizio per tre anni, i migliori della sua carriera. Con questa compagine ha ottenuto le sue vittorie più importanti: una tappa al Tour de France 1981 (la 9a da Nantes a Le Mans), ma, soprattutto il Giro delle Fiandre 1982, dove trionfò dopo un assolo lungo quasi cinquanta chilometri, concluso con una ventina di secondi di vantaggio sul trio che lo inseguì vanamente, composto da Eddy Planckaert, Pevenage e Pollentier. Sempre nel 1982, vinse la Flèche Hesbignonne ed il Gp Dilsen. Nel 1983, con la squadra diventata Aernoudt, esordì alla Vuelta di Spagna, che chiuse 48º e vinse la Schaal Sels, nonché l Criterium Koersel. L’anno seguente con la maglia della spagnola Teka, rivinse il Gp Dilsen. Nel 1985 approdò alla francese Fagor, con un contratto biennale. In quel lasso vinse la Bordeaux Parigi ’85 e il Gp Bilzen del medesimo anno. Nel 1987 s’accasò alla SEFB e rivinse la Flèche Hesbignonne, che fu anche l’ultimo suo successo. Continuò a correre con l’ADR e con la Tulip, con la cui maglia chiuse con l’agonismo nel 1990. In carriera ha partecipato a 9 Tour de France, portandone a termine 8 (miglior risultato il 24º posto del 1982), 4 Vuelta di Spagna di cui 3 concluse (miglior piazzamento quello all'esordio). Non ha mai corso il Giro d’Italia. Dal 1980 al 1983, ha partecipato ai Campionati Mondiali, ritirandosi nella prima occasione, arrivando al traguardo nelle altre tre, con miglior risultato il 16º posto di Goodwood ‘82.
Virgilio Salimbeni
Nato a Lainate (MI) il 27 maggio 1922. Velocista, altezza m. 1,74 per kg. 72. Professionista dal 1947 al 1956 con 11 vittorie.
Questo ragazzo milanese dal fisico compatto e dallo spunto veloce di nota, si mise in luce alla ripresa dell’attività dopo il conflitto mondiale. La categoria dilettanti, allora spesso in competizione promiscua con indipendenti e professionisti, lo elevò al rango di ciclista da futuro, nel Trofeo Matteotti del 1947. La bella vittoria che Salimbeni ottenne sulle strade di Abruzzo, al cospetto di diversi professionisti, gli fece guadagnare immediatamente l’ingaggio della Legna-no. Virgilio, ragazzo abbastanza taciturno e concreto, poté così entrare nel professionismo dalla parte eletta, con l’etichetta di grande speranza di un ciclismo italiano che si stava dimostrando forte, nonostante le ferite e le tragedie della guerra. Salimbeni rispose, non diventando un campione, ma un ottimo corridore, in grado di lasciare per un lustro una buona traccia di sé. Già nel ’48 fu inserito nella Nazionale al Tour de France (dove si ritirò), così come nel 1950 (si ritirò) e ’51 (finì 54°). Nel ’50 fu azzurro anche ai Mondiali di Moorslede in Belgio, dove però si ritirò. In quel lasso interamente trascorso con le maglie verde oliva della Legnano, vinse la Coppa Bernocchi, il Circuit du Cantal ed una tappa del Tour della Lorena in Francia, la Milano San Pellegrino, tutte nel ’48; trionfò nel Giro del Lazio, nel Giro dell’Emilia, nel Criterium di Zurigo ed in una tappa del Giro dei Tre Mari, nel 1949. Nel 1952 passò alla Ganna e vinse il Trofeo Banfo, ma la sua carriera si avviò ad un lento tra-monto. L’anno successivo, la vittoria nella tappa di Enna al Giro di Sicilia, fu il suo “canto del cigno”. Nel ’54, continuò a correre da gregario di Fiorenzo Magni nella Nivea Fuchs, poi nel ’55 si alternò fra la Girardengo e la Augustea e nel ’56, staccò la licenza da isolato. Ma non ebbe più occasioni di mettersi in evidenza.
Gilberto Vendemiati
Nato a Ferrara il 27 maggio 1940. Passista. Professionista dal 1964 al 1968, senza ottenere vittorie.
Iniziò, per gioco a frequentare a metà degli anni cinquanta il Velodromo "Fausto Coppi" di Ferrara, poco distante da casa sua e, grazie a quelle giornate, si impossessò della passione per il ciclismo. Nel 1957, esordì come allievo con il "Velo Sport" della sua città, dimostrandosi abbastanza bravo anche su strada. Passato dilettante nelle file del Pedale Ravennate, Gilberto, di carattere timido ed un po’ introverso, trovò l’ambiente ideale per migliorarsi. Una crescita palpabile in risultanze, che non si arrestò nonostante una brutta caduta in pista, proprio nell’anno d’esordio nella categoria. Nel 1960, visse il suo primo scalino verso la notorietà, andando a vincere due tappe del Giro di Campania e una del Giro di Puglia, nonché la Coppa Mengoli, una classica bolognese per puri. Dotato sul passo, forte in salita e discreto in volata, Vendemiati salì un altro gradino l’anno successivo, vincendo tanto fino a guadagnarsi la stima e l’interesse del CT Elio Rimedio. Con la Nazionale partecipò al Tour de L’Avenir, dove vinse la tappa più lunga (Perpignano-Tolosa di 206 chilometri), superando allo sprint i compagni di una fuga lunga 180 km. Fu azzurro anche ai mondiali di Berna, dove chiuse al 14° posto, ma nel corso della gara fu autore di una lunga azione, poi stoppata da Rimedio che non voleva pregiudicare la corsa di De Rosso, eletto capitano del team azzurro. Lo screzio costò a Vendemiati la non convocazione in Nazionale durante il 1962. E dire che durante quell’anno, pur essendo militare, Gilberto raccolse i suoi maggiori successi. Su tutti, di gran valore il Giro della Valle D’Aosta e la Torino-Mondovì. Grazie alla vittoria in questa cittadina, arrivò il contratto con la squadra professionistica locale: la Gazzola. Con questo sodalizio rimase due anni, con alterno rendimento e risultanze non pari alle attese. Nel 1965 e 1966 fece parte della Salvarani, contribuendo da bravo gregario, ai grandi successi della formazione parmense. Nel 1967 passò alla "Max Meyer" di Gastone Nencini, il quale fu un ottimo consigliere per Gilberto, davvero in tutto e per tutto. Tra l’altro, di Gastone, Vendemiati era stato tifoso. L’ex grande corridore toscano suggerì a Vendemiati di svolgere un corso da massaggiatore, favorendogli poi l'inserimento, con questa professione, nel mondo del ciclismo. Fu un lampo per Gilberto che, nel 1968, chiuse col ciclismo pedalato, ma iniziò una carriera di grande pregio nel nuovo ruolo. Dopo esser stato massaggiatore di "Max Meyer", "Scic", "Magniflex", "Famcucine", "Sammontana", "Bianchi", "Ariostea" e Fassa Bortolo.
Maurizio Ricci detto Morris
Nato a Pisa il 27 maggio 1970. Passista veloce alto 1,80 per 65 kg. Membro della grande generazione del 1970, Michele Bartoli, detto "il Leoncino", può essere considerato un grande cacciatore di classiche. Professionista dall'agosto 1992 al 2004, nella seconda metà degli Anni '90, è stato davvero il numero uno delle corse di un giorno. Inadatto alle lunghe salite, ma fortissimo in quelle brevi e dure, quindi ideale per le gare in linea, nonché dotato di classe cristallina, in certe giornate è parso davvero insuperabile. Ha ottenuto in carriera complessivamente 57 vittorie, fra cui spiccano 7 prove di Coppa del Mondo, ed una classica, la Freccia Vallone (1999), che solo gli assurdi metodi dell'UCI, potevano relegare per anni dietro ad una San Sebastian. Ricapitolando, nel palmares di Michele ci sono: 2 Giri di Lombardia (2002 e 2003), 2 Liegi-Bastogne-Liegi (1997 e 1998), il Giro delle Fiandre 1996, il Campionato di Zurigo 1998 e l'Amstel Gold Race 2002. Al Giro d'Italia ha vinto due tappe (Lienz '94 e Schio '98), mentre ha sempre sacrificato il Tour, anche quando l'ha corso, per ricercare la condizione migliore per il finale di stagione, con la prospettiva di quel mondiale che gli è sempre sfuggito. Nella corsa iridata, è stato due volte medaglia di bronzo (Lugano '96 e Valkenburg '98), ma ha pure dimostrato, in diverse occasioni, un nervosismo che gli ha creato non pochi danni per le positive risultanze di gara. Un rapporto molto contrastato, e dire che in più di un'occasione, era parso come il più forte in corsa. A dimostrazione delle sue indubbie qualità, nel suo curriculum ci sono due Coppe del Mondo (1997 e '98), ed il primo posto nel ranking mondiale dell'UCI, tra l'autunno 1998 e l'estate '99. Campione italiano nel 2000, può vantare anche altri successi di pregio, come diverse classiche nazionali e altre con maggiori tinte internazionali, come il Giro del Lazio, Freccia del Brabante ( ne ha vinte 2), l'Het Volk, il GP Plouay, il GP di Fourmiese, il GP Cerami, il GP Gippingen e l'Henninger Turm. Nelle brevi corse a tappe ha trionfato nella Tirreno Adriatico, nella Settimana Siciliana, nel Giro del Mediterraneo, ed in due edizioni della Tre Giorni di La Panne. A compromettergli la carriera, un paio di incidenti molto pesanti: il primo durante il Giro di Germania '99, indi una rovinosa caduta al Giro d'Italia nel 2002. Spettacolare come pochi nelle sue punte da campione di razza, ha pagato oltre agli incidenti, le sue pecche caratteriali e l'estrema dedizione a programmi che poteva vivere con maggiori variabili. La sua è stata una grande carriera, ma non è esagerato per nulla dire che le sue qualità, la potevano costruire ancora migliore.
René Martens (Bel)
Nato ad Hasselt (Limburgo belga) il 27 maggio 1955. Passista, alto. Professionista dal 1978 al 1990 con 13 vittorie.
Un bel corridore che ha saputo entrare nella storia ciclistica, pur non avendo a disposizione mezzi tali da fungere da capitano. Un gregario-spalla fedele, che seppe aspettare le occasioni propizie e che alla fine ha saputo vincere 2 gran classiche e tre simi-classiche, nonché a correre in Nazionale belga ben 4 mondiali: un numero sempre importante, alla luce dell’unicità del prestigio del ciclismo in quel paese e dei gran corridori che il Belgio ha sempre avuto.
Gran dilettante, capace di conquistare fra i tanti successi, corse d prestigio come il Tour della Provincia di Liegi e il GP Reningelst nel 1976, la Flèche Ardennaise e il Circuit du Hainaut nel 1977 e di correre col quartetto belga la 100 chilometri a squadre ai Mondali di San Cristobal ’77. Eddy Merckx lo volle prof con sé, alla C & A per la stagione ’78, poi il “cannibale” non corse e chiuse l’impareggiabile carriera, mentre il 23enne Renè, passò la stagione ad imparare bene il mestiere, ed a cogliere piazzamenti significativi, come due secondi di tappa al Tour de France, bellamente concluso al 26esimo posto. La chiusura della C & A, lo portò nel 1979 alla Flandria. Nell’anno vinse tre corse, due tappe alla Setmana Catalana e il Gp Bilzen. Ripartecipò al Tour de France che chiuse 30° e fu tra i protagonisti della Liegi-Bastogne-Liegi, che concluse 12°. A fine stagione causa chiusura della Flandria, si trasferì per il 1980 alla DAF Trucks, che sarà il suo sodalizio per tre anni, i migliori della sua carriera. Con questa compagine ha ottenuto le sue vittorie più importanti: una tappa al Tour de France 1981 (la 9a da Nantes a Le Mans), ma, soprattutto il Giro delle Fiandre 1982, dove trionfò dopo un assolo lungo quasi cinquanta chilometri, concluso con una ventina di secondi di vantaggio sul trio che lo inseguì vanamente, composto da Eddy Planckaert, Pevenage e Pollentier. Sempre nel 1982, vinse la Flèche Hesbignonne ed il Gp Dilsen. Nel 1983, con la squadra diventata Aernoudt, esordì alla Vuelta di Spagna, che chiuse 48º e vinse la Schaal Sels, nonché l Criterium Koersel. L’anno seguente con la maglia della spagnola Teka, rivinse il Gp Dilsen. Nel 1985 approdò alla francese Fagor, con un contratto biennale. In quel lasso vinse la Bordeaux Parigi ’85 e il Gp Bilzen del medesimo anno. Nel 1987 s’accasò alla SEFB e rivinse la Flèche Hesbignonne, che fu anche l’ultimo suo successo. Continuò a correre con l’ADR e con la Tulip, con la cui maglia chiuse con l’agonismo nel 1990. In carriera ha partecipato a 9 Tour de France, portandone a termine 8 (miglior risultato il 24º posto del 1982), 4 Vuelta di Spagna di cui 3 concluse (miglior piazzamento quello all'esordio). Non ha mai corso il Giro d’Italia. Dal 1980 al 1983, ha partecipato ai Campionati Mondiali, ritirandosi nella prima occasione, arrivando al traguardo nelle altre tre, con miglior risultato il 16º posto di Goodwood ‘82.
Virgilio Salimbeni
Nato a Lainate (MI) il 27 maggio 1922. Velocista, altezza m. 1,74 per kg. 72. Professionista dal 1947 al 1956 con 11 vittorie.
Questo ragazzo milanese dal fisico compatto e dallo spunto veloce di nota, si mise in luce alla ripresa dell’attività dopo il conflitto mondiale. La categoria dilettanti, allora spesso in competizione promiscua con indipendenti e professionisti, lo elevò al rango di ciclista da futuro, nel Trofeo Matteotti del 1947. La bella vittoria che Salimbeni ottenne sulle strade di Abruzzo, al cospetto di diversi professionisti, gli fece guadagnare immediatamente l’ingaggio della Legna-no. Virgilio, ragazzo abbastanza taciturno e concreto, poté così entrare nel professionismo dalla parte eletta, con l’etichetta di grande speranza di un ciclismo italiano che si stava dimostrando forte, nonostante le ferite e le tragedie della guerra. Salimbeni rispose, non diventando un campione, ma un ottimo corridore, in grado di lasciare per un lustro una buona traccia di sé. Già nel ’48 fu inserito nella Nazionale al Tour de France (dove si ritirò), così come nel 1950 (si ritirò) e ’51 (finì 54°). Nel ’50 fu azzurro anche ai Mondiali di Moorslede in Belgio, dove però si ritirò. In quel lasso interamente trascorso con le maglie verde oliva della Legnano, vinse la Coppa Bernocchi, il Circuit du Cantal ed una tappa del Tour della Lorena in Francia, la Milano San Pellegrino, tutte nel ’48; trionfò nel Giro del Lazio, nel Giro dell’Emilia, nel Criterium di Zurigo ed in una tappa del Giro dei Tre Mari, nel 1949. Nel 1952 passò alla Ganna e vinse il Trofeo Banfo, ma la sua carriera si avviò ad un lento tra-monto. L’anno successivo, la vittoria nella tappa di Enna al Giro di Sicilia, fu il suo “canto del cigno”. Nel ’54, continuò a correre da gregario di Fiorenzo Magni nella Nivea Fuchs, poi nel ’55 si alternò fra la Girardengo e la Augustea e nel ’56, staccò la licenza da isolato. Ma non ebbe più occasioni di mettersi in evidenza.
Gilberto Vendemiati
Nato a Ferrara il 27 maggio 1940. Passista. Professionista dal 1964 al 1968, senza ottenere vittorie.
Iniziò, per gioco a frequentare a metà degli anni cinquanta il Velodromo "Fausto Coppi" di Ferrara, poco distante da casa sua e, grazie a quelle giornate, si impossessò della passione per il ciclismo. Nel 1957, esordì come allievo con il "Velo Sport" della sua città, dimostrandosi abbastanza bravo anche su strada. Passato dilettante nelle file del Pedale Ravennate, Gilberto, di carattere timido ed un po’ introverso, trovò l’ambiente ideale per migliorarsi. Una crescita palpabile in risultanze, che non si arrestò nonostante una brutta caduta in pista, proprio nell’anno d’esordio nella categoria. Nel 1960, visse il suo primo scalino verso la notorietà, andando a vincere due tappe del Giro di Campania e una del Giro di Puglia, nonché la Coppa Mengoli, una classica bolognese per puri. Dotato sul passo, forte in salita e discreto in volata, Vendemiati salì un altro gradino l’anno successivo, vincendo tanto fino a guadagnarsi la stima e l’interesse del CT Elio Rimedio. Con la Nazionale partecipò al Tour de L’Avenir, dove vinse la tappa più lunga (Perpignano-Tolosa di 206 chilometri), superando allo sprint i compagni di una fuga lunga 180 km. Fu azzurro anche ai mondiali di Berna, dove chiuse al 14° posto, ma nel corso della gara fu autore di una lunga azione, poi stoppata da Rimedio che non voleva pregiudicare la corsa di De Rosso, eletto capitano del team azzurro. Lo screzio costò a Vendemiati la non convocazione in Nazionale durante il 1962. E dire che durante quell’anno, pur essendo militare, Gilberto raccolse i suoi maggiori successi. Su tutti, di gran valore il Giro della Valle D’Aosta e la Torino-Mondovì. Grazie alla vittoria in questa cittadina, arrivò il contratto con la squadra professionistica locale: la Gazzola. Con questo sodalizio rimase due anni, con alterno rendimento e risultanze non pari alle attese. Nel 1965 e 1966 fece parte della Salvarani, contribuendo da bravo gregario, ai grandi successi della formazione parmense. Nel 1967 passò alla "Max Meyer" di Gastone Nencini, il quale fu un ottimo consigliere per Gilberto, davvero in tutto e per tutto. Tra l’altro, di Gastone, Vendemiati era stato tifoso. L’ex grande corridore toscano suggerì a Vendemiati di svolgere un corso da massaggiatore, favorendogli poi l'inserimento, con questa professione, nel mondo del ciclismo. Fu un lampo per Gilberto che, nel 1968, chiuse col ciclismo pedalato, ma iniziò una carriera di grande pregio nel nuovo ruolo. Dopo esser stato massaggiatore di "Max Meyer", "Scic", "Magniflex", "Famcucine", "Sammontana", "Bianchi", "Ariostea" e Fassa Bortolo.
Maurizio Ricci detto Morris