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Gianluca Brambilla
#1
La scheda del corridore italiano Gianluca Brambilla: la biografia della sua carriera, le squadre di cui ha fatto parte; il suo palmares completo, con tutte le vittorie ed i piazzamenti ottenuti fino ad oggi; i suoi riferimenti ufficiali sul web, a partire dal sito internet per finire con i contatti twitter e facebook. Per finire, foto, video ed ultime notizie.

Gianluca Brambilla
Italia


Gianluca Brambilla

Nome completoGianluca Brambilla
Soprannome-
Data di nascita 22 agosto 1987
Luogo di nascitaBellano (Italia)
Altezza e Peso170 cm x 57 kg
CaratteristicheScalatore
Professionista dal2010

SquadraEtixx-Quick Step
Stipendio- €
Scadenza contratto2016




Hanno partecipato alla realizzazione di questa scheda: SarriTheBest
 
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#2
Brambilla: «In forma a maggio per Giro e paternità»
«Voglio partire forte ed essere al top per la corsa rosa»

Per Gianluca Brambilla il 2016 sarà un anno eccezionale. Al di là dei programmi e delle ambizioni professionali, nella prima metà di maggio lo aspetta un traguardo speciale come la nascita di un figlio. Il 28enne della Etixx-Quick Step scalpita e sogna a occhi aperti.

Come stai?
«Molto bene. Ho trascorso l'inverno tranquillo, a casa, tra gli affetti più cari. Non ho organizzato nessun viaggio perchè la stagione è finita tardi, dopo l'Abu Dhabi Tour l'ultima cosa che avevo voglia di fare era prendere un altro aereo (sorride, ndr). Sono stato in famiglia, con la mia fidanzata Cristina (che nella prima metà di maggio darà alla luce la loro primogenita, ndr) e i nostri amici. Mi sono allenato per bene e da lunedì si riparte con il team. Abbiamo già svolto un primo ritiro a Denia e ora ritorniamo i Spagna dove rimarrermo fino alla presentazione che si terrà il 13 gennaio in Belgio».

Il tuo calendario di massima?
«Inizierò le corse a Maiorca. Salvo cambiamenti poi sarò al Tour of Oman e alla Classic Sud Ardeche. A marzo andrò in altura perché in squadra abbiamo già tanti uomini per le classiche del nord che non sarò schierato né alla Parigi-Nizza né alla Tirreno-Adriatico. Riattaccherò il numero alla schiena alla Volta a Catalunya, per poi prendere parte al Giro dei Paesi Baschi, Freccia Vallone, Liegi Bastogne Liegi e Giro d'Italia».

Cosa ti aspetti?
«Voglio partire bene perchè chi inizia con il piede giusto è già a metà dell'opera. Nelle ultime stagioni ho imparato che si va forte fin da subito quindi bisogna arrivare preparati sin dalle prime gare, altrimenti si accumula fatica, non si riesce a recuperare e sei costretto sempre a inseguire. Entri in un circolo vizioso per niente bello, mentre se metti in tasca il risultato sia tu che la squadra può dirsi appagata. Il Giro sarà il mio obiettivo principale ma voglio andar bene anche ai Baschi e farmi trovare pronto alle classiche dove schieriamo una squadra veramente forte. Se avrò la gamba giusta nel finale saremo in uno in più daavnti e ce la potremo giocare più facilmente. Ovviamente abbiamo dei capitani designati, ma se saranno troppo controllati...».

Un augurio per il 2016?
«A me stesso auguro un pizzico di fortuna in più per riuscire a centrare una bella vittoria. Sono uno che osa, spero la buona sorte mi faccia arrivare a braccia alzate. Al ciclismo, che tanto sta facendo per crescere e migliorarsi auguro di riuscire a conquistare sempre più credibilità. Per il movimento italiano in particolare ci vorrebbe maggiore tutela da parte delle istituzioni che dovrebbero avere a cuore lo sport a 360°, il ciclismo è uno sport importante e merita rispetto».

Giulia De Maio per tuttobiciweb.it
 
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#3
Brambilla: «Mai stato così forte»
«Sono migliorato molto, ho imparato a gestirmi meglio»

Questa volta ce l’ha fatta a metter tutti nel sacco. Gra­zie a una fuga, come una di quelle che tante volte l’aveva visto poco fortunato protagonista, ha conquistato la sua vittoria più importante. Nella seconda giornata della Challenge Maiorca, Gianluca Brambilla ha anticipato la battaglia finale con una fuga iniziata sull’Alto de Galiela a 32 chilometri dall’arrivo e sul traguardo di Port de Andratx è riuscito a mettersi dietro di 2” il polacco Michal Kwiatkowski (iridato 2014 e suo ex compagno di squadra), al debutto con la maglia del team Sky, e il ceco Zdenek Stybar, portacolori anch’egli della corazzata belga Etixx Quick Step.

Per il 28enne vicentino, professionista dal 2010, 13° al Giro 2012 e alla Vuelta 2015, è il secondo successo della carriera dopo il Gp Nobili Rubinetterie ad Arona nel 2010. Il “Brambi” ha così regalato all’Italia la prima vittoria europea della stagione. E lo ha fatto in un anno che per lui sarà eccezionale per una grande novità che arriverà ad arricchire la sua vita privata e, visti i presupposti, si prospetta un anno da ricordare anche a livello sportivo.

Non puoi che essere contento di come è iniziato questo 2016...
«Dici bene. Sono partito con il piede giusto, praticamente al primo giorno di gara è arrivata la prima vittoria. Nei giorni successivi a Maiorca mi sono confermato con i migliori e così è successo anche al Tour of Oman, dove ero partito in supporto a Daniel Martin e Bob Jungels, anche se poi la strada ha deciso che dovessi essere io l’uomo di punta della squadra. Tornando alla vittoria, è stato un giorno incredibile e anche molto duro, considerando che ho affrontato gli ultimi 20 chilometri da solo. Arrivare davanti a Kwiato, Cancellara e Valverde mi ha reso molto orgoglioso. La dedica è per Pietro, il papà della mia compagna, che è mancato un anno fa. Era un mio grande tifoso, mi seguiva con passione, nell’ultimo periodo gliel’avevo promessa. Appena tagliato il traguardo ho pensato a lui, le promesse vanno mantenute».

Si può dire che è stato il momento più bello finora della tua carriera?
«Sai, l’atto della vittoria è stupendo in sé ma custodisco tanti altri bei ricordi ugualmente preziosi. Penso all’aria che ho respirato alla partenza della Liegi o di altre corse storiche con un pubblico mozzafiato, oppure all’adrenalina del ritrovarsi nel finale di tappe dure di un grande giro a fianco di campioni che hai sempre stimato. Scattar loro in faccia, come si dice in gergo, è una soddisfazione che ripaga tutti i sacrifici affrontati per arrivare fin qui. Vado fiero di me, negli ultimi anni sono sempre stato presente. Nel ciclismo moderno quando la squadra chiama bisogna essere pronti per lavorare per il capitano di turno o per fare la corsa in prima persona, per quanto possibile bisogna essere sempre al cento per cento».

Hai dichiarato di non esserti mai sentito così forte.
«Negli ultimi anni sono cresciuto, non solo in termini di prestazione, ma anche di facilità nel trovare la forma. Dopo il Giro, per esempio, rispetto ad anni fa vedo che riesco a mantenere meglio la condizione accumulata nelle tre settimane. Fisicamente sono più pronto e ho imparato a lavorare, non metto più su chili come mi poteva capitare in passato. Quest’inverno in particolar modo ho affrontato tante rinunce per arrivare al via della stagione con una buona gamba. Nelle ultime sta­gioni ci ho dato dentro, i sacrifici sono stati ripagati dalla condizione e dai risultati. Nessuna rinuncia è impossibile secondo me, parlando di cibo cerco di non farmi mancare nulla e stare a dieta non mi pesa. Fa parte del mio lavoro. Come fatico a fare sei ore, ogni tanto posso rinunciare a una pizza».

Che corridore sei?
«Sono uno scalatore, ma posso fare bene anche negli arrivi di gruppetti ristretti. Mi gioco le mie carte ogni volta che è possibile, ma mi metto volentieri al servizio dei miei compagni più in forma. Da dilettante ho imparato a correre così, combattivo e generoso, anche perché non si può pretendere di essere competitivi tutto l’anno».

Hai un soprannome?
«Valgono le abbreviazioni Gian o Brambi?».

Un portafortuna?
«No, fortunatamente non sono scaramantico».

Tatuaggi?
«No, ma quando ero più piccolo avevo l’orecchino. L’avevo fatto a 7 anni, quando a mia sorella per la comunione avevano regalato un paio di orecchini, l’avevo accompagnata a “fare i buchi” e già che c’ero... Da dilettante però Luciano Rui, diesse della Zalf Desirèe Fior, mi ha obbligato a toglierlo».

Segno zodiacale?
«Leone».

Raccontaci da dove arrivi.
«Sono nato a Bellano (Lecco), ma da quando sono piccolo vivo a Tezze sul Brenta, in provincia di Vicenza, dove la mia famiglia si è trasferita per esigenze di lavoro. Fino a qualche tempo fa abitavo con mamma Patrizia, casalinga, papà Riccardo, consulente finanziario, e mia sorella Isabel, che ha un anno in più di me. Ora lei vive in Canada con il fidanzato, lui ha un’impresa edile, lei lavora in ufficio. Non sono an­cora andato a trovarla, anche perché lì fa un freddo becco, poco tempo fa mi raccontava che il termometro segnava meno venti... Non so come facciano a esistere corridori canadesi, come fanno ad andare in bici? (ride, ndr). È più facile che venga lei a casa mia. Io mi sono trasferito a Bassano del Grappa con Cristina. Stiamo assieme da otto anni, abbiamo frequentato la stessa scuola e al termine degli studi ci siamo avvicinati senza più lasciarci. Nella prima metà di maggio nascerà la nostra primogenita. Non abbiamo ancora deciso il nome, sarà lotta aperta fino all’ultimo (sorride, ndr)».

Cosa fai nella vita, a parte pedalare?
«Sono un ragazzo semplice, alla mano, che fa le cose che ama fare qualsiasi ragazzo della mia età. Mi piace stare con gli amici, giocare coi videogiochi, andare al cinema, portare a spasso il mio rottweiler Schwarz. Seguo altri sport, in particolare i motori. Adoro quel fenomeno di Valentino Rossi. Il calcio, invece, non lo reggo».

Cos’hai studiato?
«Sono diplomato in ragioneria. Mi sarebbe piaciuto proseguire gli studi, ma dopo le superiori li ho abbandonati per provare a far qualcosa di buono in bici. Da un lato è stato un peccato rinunciare all’università, sarebbe stato interessante frequentare una facoltà tipo fisioterapia o scienze motorie, qualcosa sempre legato allo sport per intenderci, ma il ciclismo mi sta dando tante soddisfazioni».

Come ti sei avvicinato al ciclismo?
«Ho iniziato a correre all’età di dieci anni, da G4 con l’UC Romano, quando decisi di smettere di correre dietro a un pallone e con una piccola biciclettina rossa trovata nella soffitta di un negozio di bici iniziai a pedalare. All’epoca ero così piccolo che mi dovettero fare un telaio su misura, che andasse bene con le ruote da 28 pollici. Facevo fatica a tenere le ruote degli altri bambini perché la differenza tra il mio fisico e quello dei miei coetanei era molta. Ero mingherlino, quindi penalizzato dai tipici percorsi lineari su cui ogni domenica i giovanissimi battagliano. Già allora però, quando la strada cominciava a salire avevo l’impressione che il ciclismo non era poi così sbagliato per me».

Il tuo idolo sportivo quando eri un bambino?
«Marco Pantani. Quando scattava lui, io scattavo sul divano».

Un augurio per il ciclismo?
«A questo sport, che tanto sta facendo tanto per crescere e migliorarsi, auguro di riuscire a conquistare sempre maggiore credibilità. Per il movimento italiano in particolare ci vorrebbe maggiore tutela da parte delle istituzioni che dovrebbero avere a cuore lo sport a 360°: il ciclismo è uno sport importante e merita rispetto».

Ora cosa vuoi?
«Vincere di nuovo, subito (sorride, ndr). Bisogna battere il ferro finché è caldo, non si dice mica così? Sono uno che osa, spero la buona sorte mi faccia riprovare l’emozione di arrivare al traguardo a braccia alzate presto. Ora mi aspettano il Giro dei Paesi Baschi, Freccia Vallone, Liegi-Bastogne-Liegi e Giro d’Italia. Per la corsa rosa non so ancora che squadra sarà schierata e che ruolo avrò. Il Giro quest’anno parte dall’Olanda, mi aspetto un’accoglienza calorosa. Per il resto vedremo come sa­­rà il meteo e in quali tappe potrò dire la mia. Andrò a caccia, soprattutto in quelle vicino casa. Ho già in mente anche la dedica. Per allora un nome io e Cristina lo dovremo aver scelto per forza».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di marzo
http://www.tuttobiciweb.it/index.php?pag...&cod=88652
 
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#4
Gioia Brambilla: è nata Asia
Il lieto evento è avvenuto a Bassano del Grappa

Notte di festa in casa di Gianluca Brambilla: pochi minuti dopo la mezzanotte, infatti, è venuta alla luce Asia, la primogenita di Cristina e Gianluca. Il lieto evento è avvenuto all'ospedale di Bassano del Grappa, la piccola pesa 2 chili e 920 grammi e sta benissimo, così come mamma Cristina.
Papà Gianluca avrà qualche giorno di tempo per godersi la piccola, poi si concentrerà sul Giro d'Italia.

tuttobiciweb.it
 
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#5
Brambilla: «Stagione ok, rimpianto Nazionale»
«Ho vissuto il mio anno più bello, non solo in sella...»

[Immagine: showimg.php?cod=95199&resize=10&tp=n]
 
Una stagione da incorniciare. Il 2016 di Gianluca Bram­billa è stato l’anno migliore per il 29enne della Etixx Quick Step andato a segno sia al Giro d’Italia che alla Vuelta a España. Il lecchese di nascita ma veneto d’adozione ha brillato dalla prima all’ultima gara a cui ha partecipato. Dalla Chal­lenge Maiorca, in cui ha firmato la sua prima vittoria con la formazione belga, di cui difenderà i colori anche nel 2017, a un Lombardia corso da protagonista. Un unico neo: non è riuscito a indossare la maglia azzurra, che tanto voleva.

Non convocato per i Giochi Olimpici dal commissario tecnico Davide Cas­sani, ha dovuto rinunciare all’ultimo ai Cam­pionati Europei per un problema fisico e non può sperare di partire per Doha essendo il Campionato del Mon­do piatto e non adatto a uno scalatore come lui. Per esaudire questo sogno l’appuntamento è rimandato all’anno prossimo.

Contento della tua stagione, Brambi?

«Non avrei potuto chiedere di meglio. Quest’anno non ho avuto nessun ma­lanno serio, corpo e testa hanno funzionato alla perfezione. Sono rimasto sempre concentrato, sono andato forte tutto l’anno e ho raccolto più di quanto speravo, sono super felice. Il Giro d’Ita­lia con la vittoria ad Arezzo e tre giornate in maglia rosa è stato un so­gno, al Campionato Italiano sono arrivato secondo così come sono stato presente in tutte le corse che ho disputato. In Spagna sono stato altrettanto competitivo e ho finito come volevo».

Il Giro d’Italia ti ha visto sbocciare.

«Non potrò mai scordare la 99a edizione, la vittoria è stata da pelle d’oca e vestire la maglia rosa il massimo che potessi desiderare. Grazie anche all’ottimo lavoro della squadra sono riuscito a mantenerla sulle mie spalle dall’ottava fino alla decima tappa. Da bambino sono cresciuto guardando in tv le im­prese di Marco Pantani: quando scattava lui, io scattavo sul divano. Vi lascio im­maginare cosa posso aver provato quando ho vestito il simbolo del primato nella corsa a tappe più importante di casa nostra, quella che lui un tempo dominava. Ho iniziato a correre all’età di dieci anni, da G4 con l’UC Romano, quando decisi di smettere di correre dietro a un pallone, con una piccola biciclettina rossa trovata nella soffitta di un negozio di ciclismo vicino casa iniziai a pedalare. All’epoca ero così piccolo che mi dovettero fare un telaio su misura, che andasse bene con le ruote da 28 pollici. Facevo fatica a tenere le ruote degli altri bambini perché la differenza tra il mio fisico e quello dei miei coetanei era notevole. Ero mingherlino, quindi penalizzato dai tipici percorsi lineari su cui ogni domenica i giovanissimi battagliano. Già allora però, quando la strada cominciava a salire avevo l’impressione che il ciclismo non fosse poi così sbagliato per me. Ecco, sul podio di Arezzo mi è passato davanti agli occhi il film della mia vita a due ruote».

Anche alla Vuelta ti sei tolto una bella soddisfazione.

«Sì, mi sono aggiudicato una tappa che ha stravolto la corsa. Ero in fuga ma con Quintana e tutti gli altri big che al traguardo di Sallent de Gallego-Ara­mon Formigal sono riuscito a mettermi dietro. Mi sono presentato al via del mio secondo Grande Giro di stagione con una condizione ottima. Dopo la sfida tricolore e la delusione di non essere stato convocato per i Giochi Olimpici, per quasi un mese non ho corso ma mi sono allenato bene. Sono rientrato a San Sebastian, finendo se­sto contro gente appena uscita dal Tour de France, poi alla Vuelta Burgos le gambe erano belle reattive. So­no arrivato al Giro di Spagna pronto. Nel­la prima settimana sono sempre rimasto con i primi, ero in classifica, ma la vittoria continuava a sfuggirmi e realisticamente non potevo competere per la maglia rossa. Le fughe vedevo che ar­rivavano in porto spesso così ho de­ciso di sacrificare la generale per puntare a una tappa, che vale più di una possibile top ten. Sono uscito di classifica come avevo già fatto al Giro e mi sono andato a prendere una bella e anomala tappa, che d’inverno in una giornata di brutto tempo mi guarderò in tv con piacere».

Sei stato costretto a saltare il Campionato Europeo.

«Questa benedetta maglia azzurra non riesco proprio a metterla (sospira, ndr). Prima per volere di altri poi per sfortuna mia. Prima della sfida continentale ho dovuto fermarmi a causa di un dolore al soprassella, che ha cominciato a tormentarmi nelle giornate finali della Vuelta. Gli accertamenti medici mi hanno imposto tre giorni di completo riposo e di una terapia medica prima di riprendere l’attività. Mi ha rattristato molto doverci rinunciare per­ché ero entusiasta di gareggiare a Plu­melec e di essere stato scelto come una delle punte della Nazionale, ma purtroppo così è andata. Mi è dispiaciuto ancora di più non poter volare a Rio de Janei­ro per i Giochi Olimpici di agosto. Ho seguito la gara in tv insieme ai compagni dell’Astana nel loro bus mentre tornavamo in Italia, quando è caduto Nibali non avete idea delle bestemmie che sono volate... Da parte mia, vedendo come è andata la corsa e quanto è stata decisiva la discesa finale, ho un grosso rammarico. Non ho la presunzione di dire che potevo essere lì con Vincenzo, anche perché con i se e i ma non si va da nessuna parte, ma avrei dato il cento per cento per la cau­sa azzurra. Meritavo il posto, ne sono convinto e lo ribadisco. Il CT Cassani, quando mi ha comunicato che non ero tra i convocati, mi ha rassicurato dicendomi “non preoccuparti, sei giovane,  capiteranno altre occasioni”, ma la ve­rità è che le Olimpiadi si tengono ogni quattro anni, io ne ho 29 ed è difficile che mi ricapiti una stagione in cui va tutto dritto e vado forte sempre».

La vita da papà come va?

«È impegnativa, faccio più fatica quando sono a casa che quando sono via a correre (sorride, ndr). Asia è nata il 23 aprile, adesso dorme e quindi posso chiacchierare con voi, ma ci da un bel da fare. È arrivata pochi giorni prima del via del Giro, ha reso ancora più bel­la e completa la vita mia e di Cri­stina. Stiamo assieme da nove anni, abbiamo frequentato la stessa scuola e al termine degli studi ci siamo avvicinati senza più lasciarci. Mamma Patrizia, papà Riccardo e mia sorella maggiore Isabel hanno perso la testa per la nostra piccolina. Insomma siamo tutti stanchi per le poche ore di sonno ma felici. Quest’estate non abbiamo organizzato nessuna vacanza esotica, con la bimba non è facile muoversi e ci aspetta anche il trasloco. Prima eravamo in affitto a Bassano del Grappa, da poco abbiamo acquistato casa a Marostica, a cinque chilometri da dove viviamo attualmente. Stare a casa tranquilli sarà il miglior modo per ricaricare le pile dopo un an­no bello impegnativo».

Ti sei mai sentito così forte?

«Sinceramente no. Negli ultimi anni so­no cresciuto, non solo in termini di prestazione, ma anche di facilità nel trovare la forma. Dopo il Giro d’Italia dell’anno scorso rispetto alle stagioni precedenti mi sono reso conto che riesco a mantenere meglio la condizione accumulata nelle tre settimane. Fi­si­camente sono più pronto e ho im­pa­rato a lavorare, non metto più su chi­li co­me mi poteva capitare in passato. L’inverno scorso in particolar modo ho affrontato tante rinunce per arrivare al via della stagione con una buona gam­ba. Negli ultimi anni ci ho dato dentro, i sacrifici sono stati ripagati dalla condizione e dai risultati. Nes­suna rinuncia è impossibile secondo me, parlando di cibo cerco di non farmi mancare nul­la e stare a dieta non mi pesa. Fa parte del mio lavoro. Come fatico a fare sei ore, ogni tanto posso rinunciare a una pizza. Nel 2017 ci sono tante gare nelle quali vorrei far bene come la Strade Bianche, che è diventata Worldtour, e il Giro d’Italia che festeggia la 100a edizione. Nei prossimi anni mi piacerebbe provare a correre il Tour de France, che non ho mai disputato. Vincere una tappa anche alla Grande Boucle mi per­metterebbe di entrare nel circolo ristretto dei corridori che hanno alzato le braccia al cielo almeno una volta in tutti i grandi giri. Indipendentemente dai programmi, sarebbe un bell’obiettivo da porsi. Infine vorrei finalmente avere l’onore e l’onere di vestire la ma­glia azzurra in una competizione im­portante».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di ottobre
http://www.tuttobiciweb.it/2016/10/26/95...di-europeo
 
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#6
Brambilla ha rivelato (gazzetta cartacea) di aver avuto l'epatite A e che spera di essere sulla via della guarigione. Spiegati i bassi rendimenti in questo inizio di stagione. Le prossime corse dovrebbero essere Delfinato e Tour de France.
 
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