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Un ciclismo senza UCI? Undici squadre ci stanno pensando...
#1
Un ciclismo senza UCI? Undici squadre ci stanno pensando...
Al momento è solo un'idea ma secondo quanto riporta Cyclingnews, ci sarebbero ben 11 tra le squadre più importanti al mondo che sarebbero favorevoli alla creazione di un circuito di gare alternativo da disputare senza la supervisione dell'UCI. Per ora non ci sono ancora progetti ma il direttore del Giro d'Italia, Angelo Zomegnan, ha confermato di averne discusso con diverse persone anche se è troppo presto per prendere una posizione o capire da che parte stare per difendere gli interessi dello sport. Sulla vicenda è intervenuto anche Jonathan Vaughters, capo dell'AIGCP (l'associazione dei gruppi sportivi), che non ha escluso una separazione pur sostenendo che la via più produttiva sarebbe un dialogo costruttivo con la stessa UCI. Alla fine poi a pesare sarà soprattutto la posizione di ASO visto che il Tour de France è comunque l'evento più ambito per tutte le squadre.

cicloweb.it
 
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#2
L'EQUIPE. La rivolta dei generali
La lotta per la salvaguardia delle radioline non è che un pretesto. Dietro, c'è molto di più. Alcune tra le squadre più importanti del mondo stanno lavorando per scavalcare l'Uni e costruire una lega dissidente sul modello di NBA, della Formula 1 o del circuito ATP. L'obiettivo dei frondaioli è un ciclismo d'élite e d'affari, guidato da un ente privato al posto del movimento odierno, universale, guidato da una federazione riconosciuta dal Cio.
La cospirazione arriva da lontano e l'ultima riunione si è tenuta venerdì scorso a Milano, alla vigilia della Sanremo. Con Johan Bruyneel nel ruolo di capopopolo. Il manager della RadioShack a riguardo non parla, dice solo (nell'intervista che vi abbiamo proposto ieri, ndr) che «l’UCI tratta i manager come dei bambini».
«Più volte ho sentito voci su questa idea di lega professionistica - conferma Pat McQuaid - e sembra che ci siano investitori interessati a mettere dei soldi in questa avventura. Ma non vedo come possano farlo. Il progetto si ispira alla filosofia dello sport americano, ma non è la stessa filosofia che guida lo sport nel resto del mondo. So che ci sono manager coinvolti come Johan Bruyneel e forse Bjarne Riis. Posso pensare a sei-sette squadre coinvolte, ma se ce ne fossero undici non saprei dire quali».
Tra le undici ci sarebbero RadioShack, Saxo Bank-SunGard, Quick Step, Movistar e Garmin che sono le più determinate alla secessione. Jonathan Vaughters, patron di Garmin, non nasconde il suo interesse per un'organizzazione all'americana. «Al Tour, bisogna garantire una presenza a lungo termine per le squadre di alto livello» ha dichiarato alla BBC. Riis invece smentisce tutto: «Non so se questa idea sia frutto dell'immaginazione di qualcuno o che altro…». Al loro fianco troviamo Omega-Lotto (ma Philippe Gilbert non appoggia l'idea e alcuni cosponsor non hanno apprezzato il fatto di non essere stati informati dell'iniziativa presa da Marc Coucke, patron di Omega Pharma) e Leopard-Trek (con gli Schleck e Cancellara). Al contrario, Lampre e Katusha restano a fianco dell’UCI. « L’UCI gestisce i calendari, gli organizzatori gestiscono le corse e i corridori gestiscono i risultati - spiega Andreï Tchmil, manager della Katusha -. A cosa servirebbe una lega? L'atteggiamento di queste undici squadre va contro le regole elementari della democrazia. E la loro è un'azione suicida».
Il manager dell'Astana, Giuseppe Martinelli, è molto tentato di unirai al progetto. Ma ha dovuto fare marcia indietro per la reazione di Alexandre Vinokourov, che già non appoggia la lotta contro l'UCI per le radioline, che giudica inutili. Il kazako avrebbe inviato una lettera di sostegno a Pat McQuaid. La BMC si dichiara neutrale e la Vacansoleil preferisce una linea di basso profilo dopo il caso Riccò.
Le squadre francesi restano schierate con l'UCI. «L'anno corso sono stato invitato a delle riunioni - spiega Vincent Lavenu, manager della AG2R-La Mondiale -. Si trattava di discussioni filosofiche, di riflessioni globali. Non siamo ascoltati abbastanza dall'UCI, è vero, ci sono delle cose da rivedere. Ma qualche mese dopo, quando ho sentito che il progetto era quello di rivoluzionare il mondo del ciclismo, mi sono tirato indietro». Per Éric Boyer (Cofidis), «questo progetto ha una base sbagliata. Il prossimo 18 aprile è previsto un incontro con l'UCI e penso che lì ne parleremo».
Per dar vita al golpe, i rivoluzionari devono convincere i grandi organizzatori, che detengono i diritti televisivi. «Io non ho parlato di questo con Aso, ma il rapporto tra loro e l'UCI è buono - assicura McQuaid -. Nel quattro annuo di guerra che ci hanno diviso, ci rimproveravano un sistema (il Pro Tour) che si ispirava troppo al modello americano. Non vedo quindi come possano sostenere questo presunto progetto».
Angelo Zomegnan, directoire del Giro, chiede di vedette. «Certo che c'è un rischio di scissione con l'Uni, ma è presto per parlante. Ho bevuto un café con tanta gente, ma il progetto a noi non l'ha presentato nessuno. Prima di sederci a discuterne, dobbiamo saper esattamente di cosa si tratta». Lo sapremo presto.

da L'Equipe

LA LISTA DELLE 11 SQUADRE

Le più agguerrite:
RADIOSHACK (Usa)
SAXO BNAK SUNGARD (Dan)
QUICK STEP (Bel)
MOVISTAR (Spa)
GARMIN CERVELO (Usa)

Quelle che "sono in scia":
OMEGA PHARMA LOTTO (Bel)
LEOPARD TREK (Lux)
HTC HIGHROAD (Usa)
LIQUIGAS CANNONDALE (Ita)
SKY (Gbr)
RABOBANK (Ola)

tuttobiciweb.it
 
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#3
L'EQUIPE. Mc Quaid duro con le squadre, “passaporti” dubbi
Il dialogo tra sordi prosegue con argomento radioline. L'incidente diplomatico si è concretizzato ieri a Bruxelles dove Pat McQuaid aveva chiamato a raccolta i manager delle squadre per una sessione di lavoro annuale, accettando di inserire nell'ordine del giorno una discussione sul divieto di utilizzo delle radioline, che divide la comunità del ciclismo. Erano circa le 17 quando alcuni manager hanno lasciato precipitosamente la sala seguendo i passi di Johan Bruyneel (RadioShack), Bjarne Riis (Saxo Bank-SunGard) e del loro seguito, rifiutando di portare avanti il dialogo davanti ai tre rappresentanti dei media invitati dall'UCI a dare il loro parere su questa questione di interesse generale.
L'incidente è indicativo del clima sempre più teso tra l'UCI e alcuni team manager, senza che la minaccia della creazione di una Lega Indipendente venga peraltro messa sul tappeto della discussione. «Per noi è qualcosa che non può esistere» ha confermato McQuaid, apparentemente sereno di fronte a questa minaccia.
Ma le radioline o la guerra di secessione non erano i soli argomenti scottanti. McQuaid ha messo in guarda tutte le squadre, citando l'attualità del caso Lampre. Il presidente ha evocato, davanti all'assemblea dei manager, un «affaire Festina». Esasperato, ha stigmatizzato la tendenza di certi manager davanti al ripetersi di casi di doping passati, in corso o futuri. Un avvertimento chiaro e inequivocabile.
L'Uci che alza i toni, sarebbe pronta a ritirare la sua licenza alle squadre il cui atteggiamento manageriale sia discutibile? La licenza concessa alla Vacansoleil aveva già creato un ampio dibattito dopo quanto accaduto a Riccardo Riccò. Naturalmente è impossibile opporsi al ritorno degli squalificati (Valverde, al momento sospeso, ha il posto in caldo alla Movistar, o Di Luca, recentemente ingaggiato dalla Katusha, sono stati i nomi fatti) e l'inasprimento delle pene da due a quattro anni non sarà facile da disporre a causa di problemi giuridici. Ma l'UCI ha ricordato ai manager la loro responsabilità di fronte al moltiplicarsi dei casi di recidiva (Sinkewitz ultimo esempio).
Nel suo intervento, McQuaid ha detto di «aver a disposizione elementi chiari». Infatti, l'UCI ha detto chiaramente di essere in grado di avere una chiara visione della situazione sanitaria in seno ad ogni squadra grazie al passaporto biologico. E secondo quanto riportato da testimoni, avrebbe chiamente sventolato lo spettro di rivelazioni pubbliche che farebbero scalpore. In breve, McQuaid ha chiaramente messo pressione addosso alle squadre.

da L'Equipe a firma di Philippe Bouvet
 
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