26-09-2010, 10:53 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 13-08-2014, 05:32 PM da Francesco G..)
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Vittorio Adorni
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19-04-2015, 02:36 PM
Adorni riceverà la laurea honoris causa a Parma
La cerimonia si svolgerà il prossimo 18 maggio
Di tempo per andare a scuola, Vittorio Adorni non ne ha avuto molto: poco più che bambino dovette andare a lavorare prima ancora di iniziare la sua avventura ciclistica. Ma una vita spesa al servizio dello sport, prima come campione e poi come dirigente, lo hanno portato fino al massimo traguardo studenetsco. Il prossimo 18 maggio, infatti, l'Università di Parma gli attribuirà la laurea honoris causa in Scienze Motorie.
tuttobiciweb.it
La cerimonia si svolgerà il prossimo 18 maggio
Di tempo per andare a scuola, Vittorio Adorni non ne ha avuto molto: poco più che bambino dovette andare a lavorare prima ancora di iniziare la sua avventura ciclistica. Ma una vita spesa al servizio dello sport, prima come campione e poi come dirigente, lo hanno portato fino al massimo traguardo studenetsco. Il prossimo 18 maggio, infatti, l'Università di Parma gli attribuirà la laurea honoris causa in Scienze Motorie.
tuttobiciweb.it
18-05-2015, 10:31 AM
Adorni, oggi l'assegnazione della laurea honoris causa
Da oggi potete chiamarlo Dottor Vittorio Adorni. Perché alle 18, nel Teatro Nuovo di Salsomaggiore Terme, il campione del mondo di ciclismo su strada nel 1968 e vincitore del Giro d’Italia nel 1965, nonché di altre 40 vittorie, a 77 anni diventa dottore lo diventa per davvero. Riceverà la laurea honoris causa dell’Università di Parma in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate.
Un riconoscimento importante per un campione che non ha potuto studiare sui banchi di scuola ma è diventato professore nel ciclismo, prima quello agonistico e poi dirigenziale. E che non ha ancora finito di dispensare le sue lezioni. Buona festa, dottor Adorni.
tuttobiciweb.it
Da oggi potete chiamarlo Dottor Vittorio Adorni. Perché alle 18, nel Teatro Nuovo di Salsomaggiore Terme, il campione del mondo di ciclismo su strada nel 1968 e vincitore del Giro d’Italia nel 1965, nonché di altre 40 vittorie, a 77 anni diventa dottore lo diventa per davvero. Riceverà la laurea honoris causa dell’Università di Parma in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate.
Un riconoscimento importante per un campione che non ha potuto studiare sui banchi di scuola ma è diventato professore nel ciclismo, prima quello agonistico e poi dirigenziale. E che non ha ancora finito di dispensare le sue lezioni. Buona festa, dottor Adorni.
tuttobiciweb.it
11-04-2019, 08:57 PM
Vittorio Adorni entra nella Hall of fame del Giro
https://www.gazzetta.it/Ciclismo/11-04-2...1497.shtml
https://www.gazzetta.it/Ciclismo/11-04-2...1497.shtml
11-04-2019, 11:23 PM
Grande classe, bella posizione in bicicletta, eccellenti doti di fondo.
Abbiamo parlato di quel 1965 (2° alla Sanremo e vittoria al Giro) qui e qui .
Fu l'unico anno in cui nella Sanremo fu inserito il colle del Melogno, con partenza dalla Certosa di Pavia (per non superare i 300 km.). Non c'era ancora la Cipressa e Torriani era alla ricerca di varianti che non portassero alla vittoria di velocisti. Qui il tracciato e l'altimetria di quella Sanremo.
Era un Giro d'Italia a cui Adorni non doveva nemmeno partecipare, con la stagione orientata sul Tour.
L'anno successivo la sua esperienza televisiva con la trasmissione "Ciao mamma" (titolo che ricordava anche la generica idea di un corridore che salutava dalla televisione...). Non ricordo bene la trasmissione, che pure vidi, Adorni se la cavava ma non era ovviamente il suo mestiere.
Poi la stagione 1968 con la fantastica cavalcata di Imola.
Non mi sembra ci siano altri riferimenti sul forum, a parte questo stesso topic. Chissà se Morris avrà modo di parlarci anche di Adorni.
Comunque un piacere cogliere l'occasione per un applauso.
16-04-2019, 08:05 PM
Per ora posto questo......
Vittorio Adorni
Nato a Parma il 14 novembre 1937. Completo. Professionista dal 1961 al 1970, ha ottenuto 57 vittorie.
Dalla natura ha avuto in dote la completezza per emergere nel ciclismo, ma non sarebbe bastata, se non vi avesse aggiunto una grande intelligenza tattica, una buona furbizia, ed un carattere mite che gli rendeva facili i processi simpatetici più larghi. Ciononostante, col senno di poi, ed a tanti anni di distanza dal suo ritiro, si può ben dire che Vittorio Adorni, sia stato più ammirato e stimato all'estero, di quanto non sia avvenuto in Italia. Forse, nella considerazione italiana, ha pagato la contemporanea presenza di altri grandi connazionali e l'esser stato una generosa e, mi si permetta, decisiva spalla, nell'ascesa al rango dei grandi, di un giovane compagno di squadra come Felice Gimondi. A ciò, aggiungiamoci poi l'aver corso nella medesima squadra, proprio nell'anno dove andò più forte, con l'unico corridore, guarda caso non italiano, che, nell'arco della sua epopea, gli è stato chiaramente superiore su tutto: Eddy Merckx. E gli italiani, che scoprono il nazionalismo (a volte pure esasperato) solo nello sport, non hanno con facilità accettato il ruolo di fedele compagno che Vittorio, come con tutti gli altri, ha svolto anche per il belga. Che ostacolasse Merckx, fino al limite della squalifica, per far vincere un Lombardia a Gimondi andava bene, ma che non attaccasse il belga ad un Giro d'Italia perché suo compagno, non era facilmente digeribile. Certo, Adorni la sua bella fetta di stima e di tifo dal pubblico italiano l'ha ottenuta, ma che vi sia stato un freno superiore al dovuto, è innegabile. Forse il poco egoismo che Vittorio dimostrò fin dagli inizi, accettando ruoli di gregariato verso Bahamontes prima e Carlesi poi, doveva continuare costante anche verso Gimondi, perlomeno è quello che, sotto sotto, molti appassionati hanno pensato o sperato all'epoca, dimenticando che Adorni era un campione con la maiuscola ed avrebbe meritato più considerazione. Le sue vittorie colte col fare del corridore di razza parlano da sole e ancora echeggiano...
La storia ciclistica di Adorni iniziò a 18 anni e con tratti molto anomali: il ragazzo amava la bici, ma la praticava come cicloamatore. Proprio in una gara amatoriale, in mezzo a pedalatori assai più anziani, capì che poteva esibirsi anche coi coetanei, perlomeno trovò legittimo provare. E così, pian piano, il suo nome iniziò a far capolino, soprattutto su pista, dove le sue qualità sul passo, sapevano trovare spazi di vertice. Alto e magro, Vittorio apparve ben presto un inseguitore di nota e mentre su strada i suoi miglioramenti continuavano costanti al punto di collezionare qualche significativo successo, fu proprio la pista a donargli l'azzurro. Le Olimpiadi di Roma del 1960 però, lo videro come riserva del quartetto d'inseguimento che poi conquistò bellamente la Medaglia d'Oro. All'indomani dei Giochi, come per tanti dilettanti, azzurri in primis, si spalancarono le porte del professionismo, ed Adorni fu uno di questi. Fu la VOV, sì proprio quella del liquore allo zabaione, ad ingaggiarlo, per un apprendistato che lo avrebbe visto luogotenente di Federico Martin Bahamontes, leader indiscusso della formazione, con Pasquale Fornara come seconda punta. La stagione d'esordio di Adorni, tutta votata ad un oscuro lavoro verso lo spagnolo, segnò qualche giornata positiva, soprattutto fu il primo della sua squadra a fine Giro: chiuse al 28° posto, a 55 minuti dal vincitore Arnaldo Pambianco. Nel complesso però, fu una brutta annata per la VOV che a fine stagione chiuse i battenti e Adorni si accasò alla Philco. Anno nuovo, squadra nuova e vita nuova per Vittorio, ed infatti il 1962, gli regalò subito il successo nella quarta tappa del Giro di Sardegna e, pochi giorni dopo, giunse secondo nella Milano-Torino vinta da Balmamion. Al Giro d'Italia, i suoi costanti miglioramenti, esplosero nella difficilissima tappa che si concludeva ad Aprica, dove arrivò solo, seppellendo gli avversari di minuti e minuti. Al termine di quella frazione, grazie all'ottimo piazzamento in classifica, appariva come un possibile candidato al successo, ma il giorno dopo, nella tappa di Pian dei Resinelli, pagò lo sforzo e pur non andando in crisi nera, uscì dal possibile podio. Chiuse il Giro al 5° posto, a 7'11" da Balmamion, ma fece vedere che era un predestinato per le grandi corse a tappe. Lo scioglimento della Philco a fine stagione, costrinse Adorni ad accasarsi di nuovo, stavolta in seno alla Cynar, ed ancora una volta l'inizio d'anno fu prodigo di successi per lui, che vinse due tappe del Giro di Sardegna ed il Giro dei 4 Cantoni in Svizzera. Andò poi in Belgio, dove sfiorò il successo nella classica che amava di più, la Liegi-Bastogne-Liegi, dove non senza disappunto si dovette inchinare al carneade belga Frans Melckenbaeck e al vecchio Pino Cerami. Al Giro fu il protagonista principe, nel bene e nel male. Vinse la tappa inaugurale di Potenza, giungendo solo, con quasi 3 minuti sui migliori, perse poi la maglia rosa, con una certa leggerezza tre giorni dopo a Pescara, a vantaggio di Ronchini. Con una grande cronometro a Treviso, dove superò tutti, ed in particolare un grande specialista come Baldini, la ipotecò di nuovo, anche se, quella sera, a vestirla, era ancora l'imolese. La riconquistò comunque sul Nevegal, giungendo quarto a 54" da Pambianco. Ormai il Giro era un affare fra lui e Balmamion, perché Ronchini sulla montagna bellunese era saltato, ma nella tappa di Moena, dove si dovevano scalare sei colli, Adorni andò in crisi di quel tanto da consegnare il Giro, per la seconda volta consecutiva, al taciturno corridore torinese. A Milano chiuse al posto d'onore, ma l'impressione che avesse gettato una grande occasione, si palpava al solo contatto con la carovana.
La crescita sempre più forte di Vittorio verso i vertici, si dimostrò compiutamente nel 1964, quando all'interno della Salvarani, sodalizio che su di lui aveva puntato, vinse il Giro di Sardegna e due tappe dello stesso, nonché altre corse minori. Indi, in Belgio, sfiorò nuovamente il successo nella Liegi-Bastogne-Liegi, stavolta superato allo sprint dai fiamminghi Bocklant e Van Coningsloo. Al Giro, nell'anno d'oro di Jacques Anquetil, si dovette accontentare del quarto posto e si consolò con le vittorie di tappa a Riva del Garda e Castelgandolfo. A fine anno, confermò la sua dimensione internazionale, finendo secondo ai Campionati del Mondo di Sallanches, dove si inchinò alla ruota veloce dell'olandese Jan Janssen. Strepitoso il suo 1965. Vinse il Giro di Romandia e due tappe dello stesso, quindi dominò il Giro d'Italia, dove vinse tre tappe e lasciò il secondo nella classifica finale, Italo Zilioli, ad un distacco degno dell'epoca eroica del ciclismo. In Francia vinse la Bol d'Or Monedieres ed altre corse minori. Andò male al Tour de France per una indisposizione che lo colpì nella tappa del Tourmalet. La vittoria di Gimondi nella Grande Boucle però, tolse ad Adorni quella visibilità e fama che avrebbe meritato e nel 1966, la convivenza fra i due leader in seno alla Salvarani, parve funzionare grazie soprattutto alla disponibilità del parmense di fungere da spalla al bergamasco. Il compito del direttore sportivo Luciano Pezzi fu così molto facilitato. Adorni partì forte, come suo solito, vincendo la tappa di Civitavecchia al Giro di Sardegna, quindi quella di Monteceau les Mines della Parigi Nizza e quella di Bruxelles al Giro del Belgio. Di quest'ultima corsa a tappe, vinse anche la classifica finale. Al Giro d'Italia grazie ad una cronometro formidabile nella sua città di Parma, dove riuscì a battere tutti ed in particolare l'ancor fortissimo Jacques Anquetil, conquistò la Maglia Rosa, ma fu un primato di breve durata. Apparso incerto sul Mottarone, nella tappa che si concludeva ad Arona, saltò nella successiva di Brescia, perdendo il primato in classifica a vantaggio di uno stupendo Gianni Motta, che poi vinse il Giro, mentre lui finì settimo. Chiuse l'anno con una grande vittoria nel GP Cynar di Lugano, classica cronometro dove superò nell'ordine Gimondi, Anquetil e il giovanissimo Eddy Merckx. Nel 1967, lasciò la Salvarani per trasferirsi alla Salamini. Nella stagione vinse il Giro della Svizzera Romanda e una tappa dello stesso, la frazione di Trento al Giro d'Italia (chiuso poi al quarto posto), la Coppa Bernocchi, ed altri traguardi minori. A fine anno, la costituenda Faema, l'ingaggiò per metterlo a fianco dell'enfant prodige Eddy Merckx. Ed il 1968 di Adorni fu davvero grande. Vinse subito la tappa di Fiuggi alla Tirreno Adriatico, alcuni traguardi minori e poi al Giro finì secondo nella battaglia con la veemenza senza pari del compagno belga, ma superò con ampio margine tutti gli altri, a cominciare da quel Gimondi che l'osservatorio continuava a considerarlo l'avversario di Merckx, quando veleggiava a oltre nove minuti. In estate, Vittorio nascose il suo stato di forma per presentarsi non troppo indicato ai Campionati del Mondo di Imola e, qui, fu autore di una delle più grandi imprese dell'intera storia delle manifestazioni iridate. Si infilò fin dalle prime battute della corsa, in una fuga di cui faceva parte, fra gli altri, anche Rik Van Looy. A 90 km dall'arrivo, il parmense sferrò l'attacco che poi si rivelò decisivo. La sua azione solitaria, formidabile per potenza e lucidità e senza nessun cedimento, gli valse una Maglia Iridata davvero unica nell'era moderna del ciclismo: il secondo arrivato, Herman Van Springel, giunse a 9'50"! Nel grande romanzo del pedale, solo Georges Ronsee, nel 1928, seppe giungere al traguardo di un mondiale con un distacco maggiore. Con l'iride addosso, vinse poi con Ferdinand Bracke la cronocoppie di Baden Baden ed altri traguardi minori. Nel 1969, visto lo strapotere di Eddy Merckx, passò alla neonata SCIC, scelto dalla dirigenza per avviare al meglio una presenza nel ciclismo che voleva essere duratura e che poi si rivelò degna d'un solco. L'iride può fare grandi cose, ed infatti Adorni onorò al meglio quei colori. Iniziò la nuova stagione vincendo la Sassari-Cagliari, quindi la tappa a cronometro di San Benedetto del Tronto alla Tirreno Adriatico e due frazioni del Giro della Svizzera Romanda. Al Giro d'Italia, uscito di classifica per una delle sue famose giornate di crisi, si rifece vincendo il tappone di Folgarida. Andò poi alla caccia del Giro della Svizzera e centrò l'obiettivo vincendo la manifestazione e due tappe. Sempre in maglia iridata, si prese il Titolo di Campione Italiano, nel '69 abbinato al Giro della Provincia di Reggio Calabria.
Agli inizi della stagione '70, dichiarò che sarebbe stato il suo ultimo anno da corridore e, nonostante il buon comportamento di quegli ultimi mesi di gare (vinse una tappa del Giro della Svizzera Romanda e quattro criterium), non cambiò opinione, dando seguito all'annunciato.
A 33 anni, questo signorile campione lasciò, non senza rimpianti. Di lui si ricorda il ruolo recitato e la stima del pubblico nell'ineguagliato "Processo alla Tappa" di Sergio Zavoli, nonché la conduzione della trasmissione televisiva "Ciao Mama", proprio nell'anno che gli valse il mondiale. Anche in questo è stato il primo e, purtroppo, ancora l'unico ciclista, capace di proporsi aldilà delle corse come protagonista di una trasmissione non sportiva. Fu per un lustro direttore sportivo indi commentatore televisivo di eventi ciclistici ed in seguito presidente del Consiglio del ciclismo professionistico all'interno del'UCI. E poi ancora Presidente del Panathlon International e membro della Commissione Culturale del CIO. Il 18 maggio 2015, ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie preventive ed adattate, dell'Università di Parma.
Maurizio Ricci detto Morris
Vittorio Adorni
Nato a Parma il 14 novembre 1937. Completo. Professionista dal 1961 al 1970, ha ottenuto 57 vittorie.
Dalla natura ha avuto in dote la completezza per emergere nel ciclismo, ma non sarebbe bastata, se non vi avesse aggiunto una grande intelligenza tattica, una buona furbizia, ed un carattere mite che gli rendeva facili i processi simpatetici più larghi. Ciononostante, col senno di poi, ed a tanti anni di distanza dal suo ritiro, si può ben dire che Vittorio Adorni, sia stato più ammirato e stimato all'estero, di quanto non sia avvenuto in Italia. Forse, nella considerazione italiana, ha pagato la contemporanea presenza di altri grandi connazionali e l'esser stato una generosa e, mi si permetta, decisiva spalla, nell'ascesa al rango dei grandi, di un giovane compagno di squadra come Felice Gimondi. A ciò, aggiungiamoci poi l'aver corso nella medesima squadra, proprio nell'anno dove andò più forte, con l'unico corridore, guarda caso non italiano, che, nell'arco della sua epopea, gli è stato chiaramente superiore su tutto: Eddy Merckx. E gli italiani, che scoprono il nazionalismo (a volte pure esasperato) solo nello sport, non hanno con facilità accettato il ruolo di fedele compagno che Vittorio, come con tutti gli altri, ha svolto anche per il belga. Che ostacolasse Merckx, fino al limite della squalifica, per far vincere un Lombardia a Gimondi andava bene, ma che non attaccasse il belga ad un Giro d'Italia perché suo compagno, non era facilmente digeribile. Certo, Adorni la sua bella fetta di stima e di tifo dal pubblico italiano l'ha ottenuta, ma che vi sia stato un freno superiore al dovuto, è innegabile. Forse il poco egoismo che Vittorio dimostrò fin dagli inizi, accettando ruoli di gregariato verso Bahamontes prima e Carlesi poi, doveva continuare costante anche verso Gimondi, perlomeno è quello che, sotto sotto, molti appassionati hanno pensato o sperato all'epoca, dimenticando che Adorni era un campione con la maiuscola ed avrebbe meritato più considerazione. Le sue vittorie colte col fare del corridore di razza parlano da sole e ancora echeggiano...
La storia ciclistica di Adorni iniziò a 18 anni e con tratti molto anomali: il ragazzo amava la bici, ma la praticava come cicloamatore. Proprio in una gara amatoriale, in mezzo a pedalatori assai più anziani, capì che poteva esibirsi anche coi coetanei, perlomeno trovò legittimo provare. E così, pian piano, il suo nome iniziò a far capolino, soprattutto su pista, dove le sue qualità sul passo, sapevano trovare spazi di vertice. Alto e magro, Vittorio apparve ben presto un inseguitore di nota e mentre su strada i suoi miglioramenti continuavano costanti al punto di collezionare qualche significativo successo, fu proprio la pista a donargli l'azzurro. Le Olimpiadi di Roma del 1960 però, lo videro come riserva del quartetto d'inseguimento che poi conquistò bellamente la Medaglia d'Oro. All'indomani dei Giochi, come per tanti dilettanti, azzurri in primis, si spalancarono le porte del professionismo, ed Adorni fu uno di questi. Fu la VOV, sì proprio quella del liquore allo zabaione, ad ingaggiarlo, per un apprendistato che lo avrebbe visto luogotenente di Federico Martin Bahamontes, leader indiscusso della formazione, con Pasquale Fornara come seconda punta. La stagione d'esordio di Adorni, tutta votata ad un oscuro lavoro verso lo spagnolo, segnò qualche giornata positiva, soprattutto fu il primo della sua squadra a fine Giro: chiuse al 28° posto, a 55 minuti dal vincitore Arnaldo Pambianco. Nel complesso però, fu una brutta annata per la VOV che a fine stagione chiuse i battenti e Adorni si accasò alla Philco. Anno nuovo, squadra nuova e vita nuova per Vittorio, ed infatti il 1962, gli regalò subito il successo nella quarta tappa del Giro di Sardegna e, pochi giorni dopo, giunse secondo nella Milano-Torino vinta da Balmamion. Al Giro d'Italia, i suoi costanti miglioramenti, esplosero nella difficilissima tappa che si concludeva ad Aprica, dove arrivò solo, seppellendo gli avversari di minuti e minuti. Al termine di quella frazione, grazie all'ottimo piazzamento in classifica, appariva come un possibile candidato al successo, ma il giorno dopo, nella tappa di Pian dei Resinelli, pagò lo sforzo e pur non andando in crisi nera, uscì dal possibile podio. Chiuse il Giro al 5° posto, a 7'11" da Balmamion, ma fece vedere che era un predestinato per le grandi corse a tappe. Lo scioglimento della Philco a fine stagione, costrinse Adorni ad accasarsi di nuovo, stavolta in seno alla Cynar, ed ancora una volta l'inizio d'anno fu prodigo di successi per lui, che vinse due tappe del Giro di Sardegna ed il Giro dei 4 Cantoni in Svizzera. Andò poi in Belgio, dove sfiorò il successo nella classica che amava di più, la Liegi-Bastogne-Liegi, dove non senza disappunto si dovette inchinare al carneade belga Frans Melckenbaeck e al vecchio Pino Cerami. Al Giro fu il protagonista principe, nel bene e nel male. Vinse la tappa inaugurale di Potenza, giungendo solo, con quasi 3 minuti sui migliori, perse poi la maglia rosa, con una certa leggerezza tre giorni dopo a Pescara, a vantaggio di Ronchini. Con una grande cronometro a Treviso, dove superò tutti, ed in particolare un grande specialista come Baldini, la ipotecò di nuovo, anche se, quella sera, a vestirla, era ancora l'imolese. La riconquistò comunque sul Nevegal, giungendo quarto a 54" da Pambianco. Ormai il Giro era un affare fra lui e Balmamion, perché Ronchini sulla montagna bellunese era saltato, ma nella tappa di Moena, dove si dovevano scalare sei colli, Adorni andò in crisi di quel tanto da consegnare il Giro, per la seconda volta consecutiva, al taciturno corridore torinese. A Milano chiuse al posto d'onore, ma l'impressione che avesse gettato una grande occasione, si palpava al solo contatto con la carovana.
La crescita sempre più forte di Vittorio verso i vertici, si dimostrò compiutamente nel 1964, quando all'interno della Salvarani, sodalizio che su di lui aveva puntato, vinse il Giro di Sardegna e due tappe dello stesso, nonché altre corse minori. Indi, in Belgio, sfiorò nuovamente il successo nella Liegi-Bastogne-Liegi, stavolta superato allo sprint dai fiamminghi Bocklant e Van Coningsloo. Al Giro, nell'anno d'oro di Jacques Anquetil, si dovette accontentare del quarto posto e si consolò con le vittorie di tappa a Riva del Garda e Castelgandolfo. A fine anno, confermò la sua dimensione internazionale, finendo secondo ai Campionati del Mondo di Sallanches, dove si inchinò alla ruota veloce dell'olandese Jan Janssen. Strepitoso il suo 1965. Vinse il Giro di Romandia e due tappe dello stesso, quindi dominò il Giro d'Italia, dove vinse tre tappe e lasciò il secondo nella classifica finale, Italo Zilioli, ad un distacco degno dell'epoca eroica del ciclismo. In Francia vinse la Bol d'Or Monedieres ed altre corse minori. Andò male al Tour de France per una indisposizione che lo colpì nella tappa del Tourmalet. La vittoria di Gimondi nella Grande Boucle però, tolse ad Adorni quella visibilità e fama che avrebbe meritato e nel 1966, la convivenza fra i due leader in seno alla Salvarani, parve funzionare grazie soprattutto alla disponibilità del parmense di fungere da spalla al bergamasco. Il compito del direttore sportivo Luciano Pezzi fu così molto facilitato. Adorni partì forte, come suo solito, vincendo la tappa di Civitavecchia al Giro di Sardegna, quindi quella di Monteceau les Mines della Parigi Nizza e quella di Bruxelles al Giro del Belgio. Di quest'ultima corsa a tappe, vinse anche la classifica finale. Al Giro d'Italia grazie ad una cronometro formidabile nella sua città di Parma, dove riuscì a battere tutti ed in particolare l'ancor fortissimo Jacques Anquetil, conquistò la Maglia Rosa, ma fu un primato di breve durata. Apparso incerto sul Mottarone, nella tappa che si concludeva ad Arona, saltò nella successiva di Brescia, perdendo il primato in classifica a vantaggio di uno stupendo Gianni Motta, che poi vinse il Giro, mentre lui finì settimo. Chiuse l'anno con una grande vittoria nel GP Cynar di Lugano, classica cronometro dove superò nell'ordine Gimondi, Anquetil e il giovanissimo Eddy Merckx. Nel 1967, lasciò la Salvarani per trasferirsi alla Salamini. Nella stagione vinse il Giro della Svizzera Romanda e una tappa dello stesso, la frazione di Trento al Giro d'Italia (chiuso poi al quarto posto), la Coppa Bernocchi, ed altri traguardi minori. A fine anno, la costituenda Faema, l'ingaggiò per metterlo a fianco dell'enfant prodige Eddy Merckx. Ed il 1968 di Adorni fu davvero grande. Vinse subito la tappa di Fiuggi alla Tirreno Adriatico, alcuni traguardi minori e poi al Giro finì secondo nella battaglia con la veemenza senza pari del compagno belga, ma superò con ampio margine tutti gli altri, a cominciare da quel Gimondi che l'osservatorio continuava a considerarlo l'avversario di Merckx, quando veleggiava a oltre nove minuti. In estate, Vittorio nascose il suo stato di forma per presentarsi non troppo indicato ai Campionati del Mondo di Imola e, qui, fu autore di una delle più grandi imprese dell'intera storia delle manifestazioni iridate. Si infilò fin dalle prime battute della corsa, in una fuga di cui faceva parte, fra gli altri, anche Rik Van Looy. A 90 km dall'arrivo, il parmense sferrò l'attacco che poi si rivelò decisivo. La sua azione solitaria, formidabile per potenza e lucidità e senza nessun cedimento, gli valse una Maglia Iridata davvero unica nell'era moderna del ciclismo: il secondo arrivato, Herman Van Springel, giunse a 9'50"! Nel grande romanzo del pedale, solo Georges Ronsee, nel 1928, seppe giungere al traguardo di un mondiale con un distacco maggiore. Con l'iride addosso, vinse poi con Ferdinand Bracke la cronocoppie di Baden Baden ed altri traguardi minori. Nel 1969, visto lo strapotere di Eddy Merckx, passò alla neonata SCIC, scelto dalla dirigenza per avviare al meglio una presenza nel ciclismo che voleva essere duratura e che poi si rivelò degna d'un solco. L'iride può fare grandi cose, ed infatti Adorni onorò al meglio quei colori. Iniziò la nuova stagione vincendo la Sassari-Cagliari, quindi la tappa a cronometro di San Benedetto del Tronto alla Tirreno Adriatico e due frazioni del Giro della Svizzera Romanda. Al Giro d'Italia, uscito di classifica per una delle sue famose giornate di crisi, si rifece vincendo il tappone di Folgarida. Andò poi alla caccia del Giro della Svizzera e centrò l'obiettivo vincendo la manifestazione e due tappe. Sempre in maglia iridata, si prese il Titolo di Campione Italiano, nel '69 abbinato al Giro della Provincia di Reggio Calabria.
Agli inizi della stagione '70, dichiarò che sarebbe stato il suo ultimo anno da corridore e, nonostante il buon comportamento di quegli ultimi mesi di gare (vinse una tappa del Giro della Svizzera Romanda e quattro criterium), non cambiò opinione, dando seguito all'annunciato.
A 33 anni, questo signorile campione lasciò, non senza rimpianti. Di lui si ricorda il ruolo recitato e la stima del pubblico nell'ineguagliato "Processo alla Tappa" di Sergio Zavoli, nonché la conduzione della trasmissione televisiva "Ciao Mama", proprio nell'anno che gli valse il mondiale. Anche in questo è stato il primo e, purtroppo, ancora l'unico ciclista, capace di proporsi aldilà delle corse come protagonista di una trasmissione non sportiva. Fu per un lustro direttore sportivo indi commentatore televisivo di eventi ciclistici ed in seguito presidente del Consiglio del ciclismo professionistico all'interno del'UCI. E poi ancora Presidente del Panathlon International e membro della Commissione Culturale del CIO. Il 18 maggio 2015, ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie preventive ed adattate, dell'Università di Parma.
Maurizio Ricci detto Morris
24-12-2022, 04:10 PM
Rip Vittorio
24-12-2022, 04:24 PM
Grande campione
Indimenticabili le sue telecronache con de zan
Indimenticabili le sue telecronache con de zan
24-12-2022, 04:30 PM
Ciao mitico Vittorio, Parmigiano vero.
24-12-2022, 05:33 PM
L’ho tifato, intervistato ed applaudito. Un altro pezzo del ciclismo che mi conquistò, è partito per un’altra dimensione, lasciando pedalare il ricordo. Un Campione e un Signore, Vittorio, davvero un signore. Gli sia lieve la terra.
24-12-2022, 06:16 PM
Una leggenda
RIP
RIP
25-12-2022, 09:25 AM
Un grandissimo su e giù dalla bici
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