Il Nuovo Ciclismo

Versione completa: Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 1 marzo.
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Claudio Corti
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Nato a Curno (BG) il primo marzo 1955. Passista e scalatore. Alto 1,76 m. per 65 kg. Professionista dal 1978 al 1989 con 21 vittorie. Prima delle sue buone qualità di corridore, Claudio, ha presto evidenziato capacità d'osservazione, un senso non indifferente di giungere alla scelta migliore fino a sviluppare un pragmatismo, non enunciato come per tanti, ma reale. Sono stati probabilmente questi i motivi che lo fecero esplodere da dilettante, a livelli anche superiori a quelli di un Gibi Baronchelli, e sono queste qualità umane ad averlo fatto divenire, nel dopo carriera, un manager sicuramente tra i migliori a livello internazionale. In altre parole risorse non comuni fra gli atleti che diventano dirigenti e che, da corridore, ha saputo arricchire con quella grinta ed una disponibilità verso la professione, che lo han fatto rinascere quando il ciclismo lo dava per perduto. Morale: di Claudio Corti, non si può dire, visto il ruolino professionistico comunque non pari a quello dilettantistico, che è stato un incompiuto come tanti, tantissimi altri. Eppure, superficialmente, molti lo pensano ugualmente, ma a nostro giudizio non è così. Dopo la strepitosa stagione '77, dove conquistò il Titolo Mondiale, il Titolo Italiano e il Giro d'Italia Baby, dominando in tutte e tre le occasioni, nonché il "superprestige" della categoria, ovvero quel Trofeo Stadio (gran giornale sportivo che solo l'assurda, decrepita e vergognosa editoria sportiva italiana poteva far sparire e distruggere), Corti passò l'anno seguente al professionismo, annunciato come un ciclista epocale. Mai si è riflettuto sui veri prodromi che lo avevano portato lì, perché era un vezzo tipicamente ciclistico iper-considerare i dilettanti, dimenticando che in una categoria propedeutica la maturità fisica, unita a quella più importante ancora che sta nella testa, possono fare differenze enormi. Corti era un professionista intelligente come pochi e nel pieno delle sue buone qualità fisiche, che correva fra i dilettanti, ed era naturale che partorisse vistose differenze. Lo sapeva lui prima di ogni acuto altro, figuriamoci i “conta vittorie” rovina gioventù, che tanto spesso hanno cosparso la categoria dei "puri"!
Da professionista poi, incontrando tra l'altro qualche guaio fisico, la realtà è venuta a galla, ed anche qui, Claudio, è stato di gran lunga migliore di tanto osservatorio che lo dava per perduto, richiamando la sua grinta, la sua intelligenza, la sua capacità di far tesoro delle osservazioni e di non mollare mai. Fatto sta, che alla fine è diventato un buon professionista, incredibile a dirsi con un mondiale in meno rispetto a ciò che meritava, solo perché, da persona gradevole e seria, era pure un uomo che si votò all'azzurro che andava meno forte di lui, ma era, appunto, stato eletto capitano. Accadde tutto sul classico circuito del Montjuich, a Barcellona, nella corsa iridata del 1984.
In un giorno di grandissima calura tanti grandi nomi mollarono, su tutti il dominatore dell'anno Laurent Fignon, seguito da Sean Kelly, Bernard Hinault, Francesco Moser, e dagli altri azzurri Chioccioli, Amadori e Beccia. Metà della formazione di Martini si era sciolta. Rimanevano in corsa Moreno Argentin, il capitano designato ed un pimpantissimo Corti. In testa intanto s'era involato in solitudine il belga Claude Criquielion. Claudio aveva capito che era l'azione crogiolo, ed aspettava il sì di Argentin, impegnato a litigare con Lemond, per inseguire, magari da solo e, quando l'okay arrivò, era di fatto troppo tardi, perché il solido belga riuscì a tenere 14" sul grande ritorno del corridore bergamasco. A distanza di oltre trenta anni, chi scrive è qui per ribadire che quel giorno, pur dalla TV, ci aveva visto giusto: la libertà a Corti fu data troppo tardi e se gli fosse stata concessa prima, l'Italia del pedale oggi avrebbe un arcobaleno in più e nel palmares dell'atleta di Curno, ci sarebbe una seconda maglia coi colori dell'iride.
Fino ad allora, la carriera professionistica di Claudio, che era passato nel '78 nell'élite all'interno della Zonca-Santini, aveva raccolto davvero poco: il Trofeo Branzi nel '78 e il Giro del Friuli nell'80. Solo in quella estate così calda era tornato ad essere un vincente. Prima di guadagnarsi l'azzurro, infatti, aveva rivinto il Giro del Friuli, la Cronoscalata di Frasassi e il Circuito di Bergamo. Il Montjuich però, lo rilanciò e, di lì, la sua carriera cominciò a ricrescere in tutto. Nel 1985, passò alla Supermercati Brianzoli, tenendo il ruolo di corridore d'evidenza fino all'ultimo dei suoi giorni agonistici sulla bici. Fu Campione d'Italia per due anni consecutivi, vincendo il Giro del Veneto '85 e il Giro della Toscana '86, vincendo il Giro dell'Umbria, quello di Romagna e il Gran Premio di Camaiore. Si comportò benissimo anche ai Mondiali '85-86 e, sempre nel 1986, chiuse 5° il Giro d'Italia. Vinse poi Giro del Trentino del '87, arricchito da una tappa e la Coppa Sabatini nel '88. Come detto a fine carriera è diventato team manager. Nel '90, guidò la Chateau d'Ax del grande Bugno, divenuta poi Gatorade e Polti. Nel 1995 è stato direttore organizzativo dell'Agsc (Associazione Gruppi Sportivi Ciclismo) e nel 1997 ritornò sull'ammiraglia con la Saeco. Indi alla a Lampre-Caffita nel 2005, dal 2006 al 2009 è stato direttore sportivo del Team Barloworld; nel 2012 è infine entrato nello staff tecnico della Colombia-Coldeportes, formazione Professional Continental.
In carriera ha partecipato a 12 Giri d'Italia (1978: 30º - 1979: 28º - 1981: 34º - 1981: 67º - 1982: 60º - 1983: 109º - 1984: 97º - 1985: ritirato 17a tappa - 1986: 5º - 1987: ritirato 2a tappa - 1988: 54º - 1989: 95º); un Tour de France (1987: ritirato 11a tappa) una Vuelta di Spagna (1985: 54º) 4 Campionati del Mondo (San Cristóbal 1977 Dilettanti: vincitore - Barcellona 1984: 2º - Giavera del Montello 1985: 11º - Colorado Springs 1986: 53º).

Reginald Harris (Gbr)
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Nato nella frazione di Birtle, vicino a Bury, Lancashire, l’1 marzo 1920. Deceduto a Macclesfield, il 22 giugno 1992. Professionista dal 1949 al 1957 e dal 1971 al 1975. Velocis-ta pistard con un centinaio di vittorie. Figlio di un musicista che morì quando aveva 6 anni prese il cognome del patrigno, un operaio tessile, quando la madre si risposò. Abbandonò presto la scuola senza nessuna qualifica, e il suo pri-mo lavoro fu come apprendista meccanico a Bury. A 14 an-ni, comprò la sua prima bicicletta, creandosi attorno subito l'attenzione. Nel 1936 trovò lavoro in una cartiera e grazie a questo impiego, in inverno riuscì ad allenarsi, ed a gareggiare d'estate. Vinse la sua prima gara su un vero velodromo, nel mese di luglio, a Manchester. Lì si cementò la leggenda del “Baronetto”, come venne definito per lo stile sfoggiato in corsa e fuori. Dotato di uno spunto di velocità impressionante, s’è costruito palmares e condotte tali da fargli meritare una posizione primaria nella storia dello sprint su pista. Il tutto senza dedicarsi troppo alla professione. D’inverno, ad esempio, anziché partecipare alle manifestazioni indoor, se ne stava a condurre una vita da signorotto, con soventi esagerazioni di gola. Già grande promessa in patria, fu ferito gravemente durante la guerra sul fronte di El Alamein, ma si riprese perfettamente e riuscì a imporsi nel campionato britannico di velocità nel '44, '45, '46, '47, del tandem nel '47 e '48 e arrivò al titolo mondiale dei dilettanti nel '47, a Parigi. Mentre si preparava per le Olimpiadi di Londra, 3 mesi prima dell’evento, si fratturò tre vertebre in un incidente stradale. Dopo la convalescenza riprese gli allenamenti e cadde rompendosi il gomito a un paio di settimane dai Giochi. Nonostante tutto, gareggiò ai Giochi, con il gesso al braccio, ma dovette accontentarsi di 2 medaglie d'argento, una nella velocità, battuto dall'italiano Ghella, e nel tandem, in coppia con Bannister, sconfitto dagli az-zurri Teruzzi e Perona. Si rifece da prof, in quanto, oltre a 4 titoli mondiali ('49, '50, '51 e '54), fece collezione di GP (una dozzina) e di record sul km. Nel '49 gli fu assegnato il Trofeo Gentil. Si ritirò nel ‘57, per dedicarsi agli affari. Nel ‘71 ritornò sulle piste e gareggiò ai campionati britannici senza preparazione, arrivando 2°. Si ripre-sentò anche nel 1974, vincendo la gara all'età di 54 anni! Ci provò pure nel ’75, ma chiuse 2°. È stato sposato tre volte. I primi due matrimoni finirono nel divorzio, mentre il terzo, durò sino alla morte, avvenuta a causa di un ictus.

Willy In’t Ven (Bel)
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Nato a Turnhout il 1º marzo 1943. Passista. Professionista dal 1966 al 1978 con 21 vittorie.
Anche per Willy, ed in parte molto minore per il “fratellino” Paul, si può parlare della sfortuna di una genesi nel bel mezzo di una generazione di fenomeni sulla bicicletta, in Belgio e non solo. In quel lasso, lungo un paio di lustri abbondanti, o eri un fenomeno capace di contrastare per quel che si poteva il più forte corridore della storia, o se eri solo un campione, ti restava solamente la comunque tangibile cornice del ruolo di spalla, in grado di prendersi le briciole, anche se di spessore, ma dai numeri, appunto, rarefatti. Poco importava, ed importa, per l’osservatorio che ama la storia, la gestualità, l’arte che sta dietro lo sport, ciclismo compreso, molto conta, invece, per coloro, nettamente i più, che mettono la matematica anche nei radicchi del pranzo o della cena e dimenticano, nella infatuazione del pallottoliere, chi ha comunque lasciato tracce e qualche solco. Willy In 't Ven era un gran bel corridore, un probabile campione nel 95% delle ere ciclistiche, ma s’è trovato a correre in quel 5%. Eppure in quell’istmo è riuscito ugualmente ad intenerire i palati fini, recitando ruoli comunque determinanti nella salute di uno sport.
Nel 1964, tra i dilettanti, vinse una tappa al Tour de Namur e per tutto l’arco della sua permanenza nella categoria fu un evidente, anche se decisamente più piazzaro che vincente. Passò professionista nel 1966, con la Dr. Mann-Grundig di Frans Cools e fu subito protagonista: vinse il Circuit des XI Villes in Francia, arrivò 3° alla Liegi-Bastogne-Liegi, 4° nel Campionato del Belgio e al Giro delle Fiandre Orientali, 7° alla Freccia Vallone. Partecipò al Tour de France dove lavoro bene per Van Springel, ed arrivò 2° nella tappa di Pau che comprendeva la scalata l’Aubisque. L’anno seguente vinse il Giro del Belgio Centrale, il Gp di Kessel, la Due Giorni di Bertrix ed una tappa della stessa, finì 2° al Campionato del Belgio e al Giro di Colonia, 3° nel GP d'Isbergues, 3° nel Tour du Condroz, 4° alla Freccia Vallone. Concluse 51° il Tour de France e fece capire a tutti che era una peculiare pedina di squadra. Fu convocato per i Mondiali di Herleen, dove Merckx vinse e lui chiuse 44°. Nel 1968, vinse il prestigioso GP d'Isbergues, nonché le prove di Arendonk, Oostrozebeke e Turnhout. Fra i tanti piazzamenti, fu nuovamente 4° alla Freccia Vallone. Partecipò con la Nazionale A al Tour de France, lavorando da stakanovista per Van Springel (poi 2°) e chiudendo 57° a Parigi.
Nel 1969, sempre in maglia Mann, conquistò la Freccia del Brabante, una tappa della Quattro Giorni di Dunkerque, il Giro della Schelda Fiamminga e il Gp Basilea. Finì 2° nella tappa di Maastricht nella Grande Boucle, chiusa 75°.  L'anno seguente vinse la tappa di Vitoria alla Vuelta di Spagna, chiudendo la grande corsa a tappe al 5° posto. Soprattutto dimostrò che un po’ di libertà era competitivo anche nelle grandi corse a frazioni. Fu 89° al Tour de France e fra i piazzamenti fu 7° alla Liegi Bastogne Liegi 3° al Trofeo Baracchi corso col capitano Van Springel.
Nel 1971 passò alla Flandria-Mars, e lì fu un gregario ancor più gregario di quanto non fosse in Mann. Nell’anno piazzamenti minori e solo un centro: nella natia Turnhout. L’anno seguente raggiunse Eddy Merckx alla Molteni, col quale restò due anni. In quel lasso vinse ad Arendonk, a Sint-Gillis Waas e, soprattutto, fece sua nel ’73 l’E3 Harelbeke. Fu 51° al Tour nel 72 e 41° allaa Vuelta, ovviaente sempre al servizio del leggendario Eddy.
Nel ’74, già 31enne e con tanto lavoro alle spalle, passò alla Ijsboerke-Colner diretta da Rik Van Looy e, dopo due stagioni, alla Gero-Eurosol, sempre sotto la direzione di Van Looy. In quel lasso vinse l’Oud-Turnhout nel ’74, ed i Gp di Wuustwezel, Helchteren e Geetbets nel ’76. L’anno seguente Gimondi e Rik Van Linden lo vollero in Bianchi-Campagnolo e Willy partecipò al suo unico Giro d’Italia che chiuse 89°. Al Tour per la prima volta su ritirò (17esima frazione). Nel ’78 tornò in Belgio, per correre la sua ultima stagione in seno alla Carlos-Galli-Alan, diretta dal suo vecchio compagno di squadra, Julien Stevens. Anche il figlio Danny ha corso nei professionisti.

Klaas Van Nek (Hol)
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Nato l’1 marzo 1899 ad Amsterdam ed ivi deceduto il 12 dicembre 1985. Pistard sprinter e, raramente, stradista. Professionista dal 1919 al 1930, con una cinquantina di vittorie su pista, di cui due da considerarsi internazionali, e due su strada.
Un corridore che per soldi divenne pistard perché in Olanda, ai suoi tempi, le corse su strada erano viste come una sorta di “serie b” del ciclismo. Va subito annotato un dato, ancor dilettante nel 1916 vinse il Titolo d’Olanda su strada (in categoria unica) e pareva avviato a svolgere lì il pezzo forte della sua carriera. Poi tre anni dopo, capì che solo fra i professionisti pistard, sarebbe stato….. un professionista vero. Nello sprint su pista, la sua più evidente specialità, era costretto a convivere con autentico monumento come Piet Moeskops e quindi allargò i suoi confini in tutti i sensi: si schierò in anche in altre specialità, iniziò ad amare le Seigiorni e corse in tutta Europa e negli Stati Uniti.  
Nel 1920 finì 3° nel Campionato d’Olanda della velocità, posizione che nella rassegna conquisterà anche nel 1922, ’23, ’25, ’26 e ’30. Nella medesima manifestazione e specialità fu finalmente Campione nel 1924 e finì 2° nel 1928. Nel 1921 vinse il GP Dunlop e aggiunse a questo successo, altre 8 vittorie minori 4 secondi posti e due terzi. Fu quella la sua stagione con maggiori sigilli. Nel 1926 vinse ad Amsterdam il Titolo Nazionale su strada. Nelle Seigiorni, che lo videro giramondo, vinse quella di Bruxelles in coppia con Van Kempen nel ‘26, fu 3° a quella di Berlino nel ’22, a Chicago fu 2° nel ’27 e 3° nel ’28, anno nel quale fu 3° anche a New York.  In giro per l’Europa fu poi 2° nel ’27 nel Prix Dupré-Lapize di Parigi, una gara mondiale di Madison che corse in coppia col belga Charles Deruyter. In termini di popolarità, forse pure per la sua simpatia Kòaas Van Nek è stato uno dei più evidenti.

Maurizio Ricci detto Morris