Il Nuovo Ciclismo

Versione completa: Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 4 maggio
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Guillaume Driessens (Bel)
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Nato a Peutie il 4 maggio 1912, deceduto a Villvoorde il 15 giugno 2006. Passista. Professionista dal 1932 al 1936 senza vittorie.
Un corridore forte nelle categorie giovanili, ma assolutamente insignificante fra i professionisti. La svolta per la sua carriera e per la stessa storia del ciclismo, avvenne quando fu chiamato a svolgere il servizio militare. La caserma, anziché deprimerlo, fu per Guillaume, già detto Lomme, un motivo di ozio e di chili. In poco più di un anno, aumentò il proprio peso di 25 kg e quando tornò civile, cercò in tutte le maniere di riprendersi una certa competitività fisica, ma capì che non era facile. Pensò così di vivere lo sport in altra maniera studiando il massaggio sportivo fino al punto di divenire anche un allenatore, non solo ciclistico. E quando nel 1936 chiuse definitivamente l'attività da atleta, aprì quella orizzontale di allenatore, partendo dal massaggio fino all'uomo d'ammiraglia che sapeva continuare ad allenare anche extra corse. In altre parole, divenne un mostro di competenza e, pure di originalità, arricchendo il suo sentiero di una personalità forte e distinguibile. Cominciò massaggiando Coppi, formando col corridore Desiré Keteleer, il duo di angeli custodi belgi del Campionis-simo. Nel 1953 gli venne affidata la prima squadra, la Garin-Wolber, con la quale fece incetta di successi e l'anno successivo tornò con Coppi, affiancando Tragella alla Bianchi. Dal Belgio si portò un certo Rik Van Looy. Ormai lanciatissimo, Lomme, aprì la sua leggenda nel 1955 con la Van Hauwaert-Maes Pils che divenne Faema-Guerra l'anno successivo, guidando centinaia di corridori fino al 1985. Quantità, ma pure la qualità di nessun coach. Infatti, con Driessens, si sono forgiati oltre al citato Van Looy, Eddy Merckx e Freddy Maertens. A parere di chi scrive, Guillaume Driessens è stato il più grande direttore sportivo della storia del ciclismo.

Giuseppe Fallarini
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Nato a Vaprio d'Agogna (Novara) il 4.maggio 1934. Corridore completo, alto 1,73 metri per kg 69. Professionista dal 1956 al 1964 con 11 vittorie. Corridore combattivo, con mezzi eccellenti, che non ha tradotto sul palmares quanto si poteva prevedere. Una buona carriera comunque, la sua. Ottimo dilettante, nel 1955 fu azzurro ai primi Giochi del Mediterraneo, dove vinse la prova in linea e, poi, ai Mondiali di Frascati, dove giunse settimo. Passò professionista l'anno successivo e, subito colse un paio di vittorie che confermavano il suo talento: la seconda e la terza tappa del Giro d'Europa, la Fiume-Udine e la Udine-Trento. Poi una flessione, fra sfortuna e amnesie, ma con tanti piazzamenti. Per ritrovarlo vincente bisognerà giungere a fine aprile '58, quando vinse a Sarzana, superando il suo compagno di fuga Azzini, il GP Ceramisti, valevole per il Trofeo UVI e, soprattutto, due giorno dopo, la tappa di Foggia al GP Ciclomotoristico, manifestazione nella quale fu leader per diversi giorni e che poi chiuse 3°. Nel 1959 fece suo il GP Gran Premio Industria e Commercio e vinse il Circuito di Oleggio. La stagione 1960, fu la sua migliore: vinse due classiche come la Coppa Bernocchi e il Giro del Lazio e poi conquistò il Trofeo UVI. Nel '61, vinse la terza tappa, una cronoscalata, della Tre Giorni del Sud e, nella stagione successiva, nuovamente il GP Ceramisti. Fu quello il suo ultimo successo. In carriera, è stato azzurro due volte al Tour de France: nel '58 (si ritirò nel corso della settima tappa) e nel '59 (giunse fuori tempo massimo nella dodicesima frazione). Ha partecipato a otto Giri d'Italia, chiudendone sette e cogliendo il miglior piazzamento nel 1957, quando giunse 14°. Le sue migliori piazze furono: 2° Giro dell'Emilia (''57); 2° nella tappa di Scanno al Giro d'Italia '58; 3° al Giro del Veneto '58;  2° nella Coppa Sabatini '59;  3° nella tappa di Torino al Giro d'Italia '59 e 2° nella Coppa Agostoni 1961. Corse per Frejus, Asborno, Ignis, Molteni e Cite.

Luis “Lucho” Herrera (Col)
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Nato a Fusagasuga il 4 maggio 1961. Professionista dal 1984 al 1992 con 38 vittorie.
Nonostante le vicine imprese di Nairo Quintana ed Egan Bernal, "Lucho" resta il corridore colombiano che ha posto le basi affinché quel ciclismo, così martoriato e sottostimato dall’Uci che costò tantissimo ad un grandissimo che avrebbe anticipato i tempi di almeno 20 anni come Martin  “Cochise” Rodriguez, potesse entrare con dignità primaria nell’olimpo ciclistico mondale. Herrera fu il primo a vincere una tappa del Tour de France, proprio sul prestigioso traguardo dell'Alpe d'Huez, nella edizione 1984, anno del suo debutto fra i prof, ed il primo a fare sua una delle tre grandi manifestazioni a frazioni: la Vuelta di Spagna 1987.
Grande scalatore, pur non essendo eccelso nello scatto, sapeva mantenere un passo devastante, diventando sovente letale per chi cercava di tenergli la ruota. A grandi quote, anche grazie alla morfologia della sua terra, era capace di fare più danni, proprio perché abituato allo sforzo in altura, con una conseguente capacità di allontanare l’avvio della “rete” dell’acido lattico. “Lucho” era comunque fortissimo anche su pendenze poste a quote inferiori ai mille metri, ed aveva una straordinaria sensibilità nel recitare il suo ruolo faro sulle montagne, anche quando era in giornate non pari alle sue grandi possibilità. Quando arrivò in Europa, fu subito capace di reggere il confronto coi migliori stradisti europei e di batterli o impegnarli allo spasimo sul terreno a lui più congeniale. Pedalava pure bene, ed in mano a quei “protagonisti sotterranei tanto capi dei direttori sportivi”, avrebbe potuto recitare un ruolo ancor più protagonista. Herrera non ebbe una carriera lunga, probabilmente perché preferì chiudere ai primi segni di flessione, piuttosto che tramontare. Dopo il bel esordio nel grande ciclismo al Tour '84 con la vittoria all’Alpe d’Huez, fece ancor meglio alla Grande Boucle dell'anno seguente, centrando due tappe (ad Avoriaz e St. Etienne), vincendo la Classifica dei GPM e chiudendo 7° a Parigi. Nell'86 non brillò, facendosi comunque notare sulle montagne e passando, fra l'altro, in testa su quel Galibier che era, è, e rimarrà una laurea con lode per ogni scalatore. L'esplosione di “Lucho” avvenne nell'87, quando vinse la 11a tappa e la Classifica Finale della Vuelta di Spagna, divenendo così una gloria della Colombia intera. Sempre in quella stagione, chiuse 5° il Tour e riconquistò la Classifica dei GPM. Lanciato, nell'88 vinse il prestigioso Dauphiné Libéré, ma fallì nuovamente il podio al Tour: 6°. Nell'89 esordì al Giro d'Italia, vincendo 2 tappe e la Classifica del GPM. Dopo un '90 in sordina, tornò a ruggire nella stagione seguente, rivincendo il Dauphiné Libéré, una tappa e la Classifica GPM alla Vuelta di Spagna. Nel '92, il suo canto del cigno, con la conquista di una tappa al Giro d'Italia e la "solita" Classifica dei GPM. Nel suo palmares ci sono le vittorie nelle migliori corse del suo Paese: 3 Vuelta di Colombia ('84-'85-'88) e 4 Clasico RCN ('82 e '83 - quando era gara open - indi '84 e'86). In Europa vinse anche la Vuelta d'Aragona nel '92.

Jozef Planckaert (Bel)
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Nato il 4 maggio 1934 a Poperinge (West-Vlaanderen), deceduto il 22 maggio 2007 ad Otegem (West-Vlaanderen). Passista scalatore alto 1,70 per 67 kg. Professionista dal 1954 al 1965 con 54 vittorie. Un corridore fortissimo, un “flandrien” per potenza e temperamento aggressivo, per grinta nell’autoconvincersi a sopportare la fatica, quasi fosse un breve male passeggero. Non era veloce però e questo ne fece un anomalo fra il vasto campionario dei corridori delle Fiandre. Lui, il Jozef, a causa di questo, divenne da subito un corridore adatto alle corse a tappe, dove la sua regolarità ed il suo essere un “tuttofare”, avrebbe potuto segnare qualcosa di nuovo, come ad esempio rompere il lungo digiuno belga al Tour e rompere il ghiaccio al Giro d’Italia. Non riuscì nell’intento ma andò molto vicino al successo in Francia, ed anche in Italia lasciò il segno. Insomma, Jozef Planckaert è stato uno dei più grandi e papabili corridori a cavallo degli anni sessanta, ed uno che seppe fare persino il super gregario di Van Looy ai Mondiali e nel ‘62, in quella che fu per entrambi una stellare stagione. Infatti in quell’anno, Planckaert, nonostante dovesse correre per l’Imperatore di Herentals, riuscì a vincere il Campionato Nazionale del Belgio (che, alla luce della storia, equivale da quasi un secolo, ad una classica), la Liegi-Bastogne-Liegi, la Parigi-Nizza e il Giro del Lussemburgo. Al Tour de France concluse 2° dietro il leggendario Jacques Anquetil, indossando la Maglia Gialla per 7 giorni consecutivi per poi perderla solo contro il dominio a cronometro di “Monsieur Chrono” nella ventesima tappa: una frazione “tic tac” lunga 68 km.
Nel ruolino di Planckaert ci sono inoltre l’Het Volk '58, la Kuurne-Bruxelles-Kuurne ’55 e ’60, la Quattro Giorni di Dunkerque '57, '60, '63, il GP Marcel Kint ’56, ’58, ’61, ’62 ed il Trofeo Fenaroli ‘58. Qualche buon piazzamento anche in alcune delle numerose corse a tappe che l'hanno avuto in lizza: 9 volte al Tour (ha vinto una tappa nel '61, è arrivato 2° nel '62, 5° nel '60, 6° nel ‘58), 2 al Giro, 4 al Giro della Svizzera (3° nel '56 con una vittoria di tappa e il primato nel Gran Premio della Montagna), una Vuelta di Spagna, un Giro di Germania (2° nel '60) e 7 al Giro del Belgio (2° nel '56 e una tappa vinta). Fra i numerosi piazzamenti in classiche e corse in linea, è stato al Giro delle Fiandre 2° nel ’57 e 6° nel ’62; nella Liegi Bastogne Liegi alla citata vittoria del ’62, ha aggiunto il 3° nel ’60, il 4° nel ’64, il 5° nel ’57; alla Milano Sanremo è stato 3° nel ’56 e 5° nel ’57; alla Gand Wevelgem è stato 3° nel ’60 e 5° nel ’57, alla Parigi Roubaix è stato 4° nel ’62, alla Freccia Vallone è stato 5° nel ’55 e 7° nel 57. Ai Campionati del Mondo ha corso 5 volte ed il miglior risultato è stato il 7° posto nel 1961. Nel 1962 ha chiuso 2° il Superprestige Pernod (qualcosa di molto migliore di quelle Challange venute dopo il 1987).
Anche il fratello di Jozef, André, di dieci anni minore, è stato un corridore professionista.

Maurizio Ricci detto Morris