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Henry "Rik" Van Looy - Versione stampabile

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Henry "Rik" Van Looy - Morris - 18-10-2020

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Nato a Grobbendonk (Herentals) il 20 dicembre 1933, professionista dal 1953 al 1970 con 371 vittorie . 
Definirlo "Imperatore di Herentals", fu una traduzione fedele di quanto imposto dal copione che si era dato nel ciclismo per tre lustri abbondanti. Un atleta determinato, forte, con un'indole da monarca, come raramente s'è visto nell'intero sport. Henry "Rik" Van Looy, rappresenta un esempio di come si possa migliorare, se si è in possesso di una feroce volontà. Già, perché questo fiammingo, non era stato dotato dalla natura di un talento sopraffino, in grado di rendere più facile il raggiungimento di una carriera dorata. Lui doveva inseguire e lavorare duro per mettersi al passo delle sue ambizioni e vi riuscì bellamente quasi dappertutto. Quasi, appunto. Nelle corse a tappe di tre settimane, ad esempio, non ha lasciato tracce di vertice primario, idem nelle singole gare a cronometro. Eppure, si difendeva così bene anche là dove non scendeva in strada col ruolo di favorito, da fungere ugualmente da faro, perlomeno di quel tanto da far dire a chi lo batteva: "Bèh, sono andato davvero bene, ho battuto Van Looy!". Il suo ruolo e quell'autorevolezza che l'hanno eletto "Imperatore", nonché, perché no, le fondamenta della sua leggenda, si sono mosse su quei punti che seppe raggiungere come nessuno, nelle classiche e nelle corse di un giorno, o brevi prove a tappe e lì, con la sola eccezione Eddy Merckx, gli altri possono solo guardargli la ruota. Personaggio a molti antipatico per il tono col quale tendeva a guardare e trattare gli avversari, uomo di parole pesanti come macigni, ed atleta asfissiante nella difesa del suo feudo, Rik Van Looy, rappresenta un fulcro della storia del ciclismo, uno su cui ogni osservatore è costretto a fare i conti e sul quale, forse, son state date letture a volte frettolose o ingiuste. Certo, perché diversi suoi gregari non lo hanno mai dipinto come despota, ma come uomo sì esigente, ma di parola e riconoscente anche dopo la fine della carriera. Altri, lo giudicano persona dal forte spirito di squadra, consapevole di essere fisicamente e psicologicamente il più forte del sodalizio, quindi naturalmente spinto a vedere gli altri, corridori e team, come nemici. Altri ancora, lo giudicano addirittura un tipo che ha visto nel ciclismo unicamente uno strumento per garantirsi una certa agiatezza, tanto è che a carriera chiusa, s'è allontanato dall'ambiente. Comunque, aldilà dei giudizi, più o meno suggestionati dalla posizione d'osservazione, restano le traduzioni agonistiche di Van Looy, e quelle parlano un linguaggio davvero eletto.
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L'Imperatore di Herentals, dalla località di residenza (quella di nascita è Grobbendonk), nacque il 20 dicembre 1933, ed è stato professionista dal 1953 al 1970. Buon dilettante (vinse 68 corse in due anni!), decise di passare molto presto alla massima categoria convinto che fosse quello il "luogo" per fare il giusto apprendistato. Come da sue personali previsioni giunse ai vertici del ciclismo dopo tre anni di maturazione e di successi in prove di secondo piano. Dal 1956, quando vinse fra una miriade di gare, Parigi Bruxelles, Gand Wevelgem, GP della Scheda, Giro d'Olanda e Tre giorni di Anversa, il suo palmares, s'è ogni anno impreziosito di qualità e di una quantità che è la seconda dopo Merckx nella storia, ben 371 vittorie. Non è finita perché Rik è l'unico a poter vantare almeno una vittoria in tutte le maggiori classiche di un giorno del calendario internazionale (Merckx, ad esempio non ha mai vinto la Parigi-Tours). Vinse "soltanto" per due anni consecutivi il Campionato del mondo (nel '60 e '61), solo perché nel '62, quando il percorso era per lui adatto, si presentò ai mondiali di Salò, ancora convalescente per una grave caduta nel Tour de France (allora i mondiali non erano ad ottobre...). Nel 1963 poi, a Renaix, venne clamorosamente tradito dal giovane connazionale Benoni Beheyt, verso il quale si era prodigato per farlo selezionare per la prova iridata e dal quale non si sarebbe mai aspettato un gesto come quello che poi lo relegò ad un "beffardissimo" secondo posto. Comunque, aldilà delle due vittorie, per dieci anni è stato considerato il campione del mondo potenziale delle corse di un giorno. Se ai suoi tempi, vi fosse stata una Coppa del Mondo, o l'odierno ProTour, probabilmente ogni anno Rik Van Looy....avrebbe incassato l'assegno spettante al primo. 
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L'analisi delle 371 vittorie, aldilà dei due mondiali, comprende oltre 210 corse in circuito o criterium, 2 campionati nazionali, 16 classiche, 3 giri nazionali, 6 corse a tappe (max una settimana di durata), 100 tappe di giri (nessuna a cronometro), 29 prove in linea in Belgio e 3 all'estero. Da grande velocista trovò modo di emergere anche su pista vincendo il titolo belga dell'americana con Sercu nel '69 e, soprattutto, cogliendo il successo in 12 Sei Giorni. Il suo grande cruccio erano le corse a tappe della leggenda: per vincerle non disdegnò fughe da comprimario, al fine di reggere l'urto delle grandi montagne, dove sapeva di essere staccato dai grandi avversari della sua epoca. Lasciò il ciclismo il 22 agosto 1970 dopo aver disputato il Criterium di Valkenwaard, in Olanda. Nel dopo carriera, i suoi unici contatti col mondo del ciclismo, si sono consumati nel partecipare a qualche ricorrenza o festa. Chi lo ha visto nelle occasioni più recenti, scommette ....sull'inesattezza della sua anagrafe. Sembra un settantenne, invece è vicino alla doglia dei novanta anni.

Maurizio Ricci detto Morris