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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 23 marzo - Versione stampabile

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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 23 marzo - Morris - 23-03-2023

Willy Abbeloos (Bel)
[Immagine: 15407063191325Abbeloos,Willy.jpg]
Nato il 23 marzo 1949 ad Opwijk. Passista veloce. Professionista dal 20 agosto 1971 al 1976 con 4 vittorie.
Uno dei tanti atleti del passato che avrebbe tutte le ragioni sportive per recriminare contro quel destino che lo ha fatto nascere in un'era dove, da belga, il solo piazzamento era un successo, tanto più se raggiunto dopo aver lavorato per connazionali da considerarsi autentiche stelle, come ad esempio Walter Planckaert e, soprattutto, Frans Verbeeck. Ci sono tante ragioni per dire che oggi un Willy Abbeloos sarebbe qualcosa di più di un discreto comprimario da corse di un giorno, ma tanto è. Fra le sue quattro vittorie la più prestigiosa è senza dubbio la Mandel - Leie - Schede nel '73, quando militava nella Watney-Maes, mentre fra i tanti piazzamenti si fa preferire in considerazione della condotta di gara, il 7° posto nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne sempre del 1973.

Leo Amberg (Sui)
[Immagine: 16336228021325Amberg,Leo.jpg]
Nato il 23 marzo 1912 a Ballwill (Svizzera), deceduto ad Oberriet il 18 settembre 1999. Professionista dal 1934 al 1947, con 19 vittorie. Passista scalatore. Un asso in patria ed un buon corridore in Europa, che divenne popolare per i suoi significativi piazzamenti. In altre parole un corridore di spessore, sempre sorridente e disponibile, onesto nelle condotte di gara e poco speculativo nella ricerca della vittoria. Finirebbe in una ideale rassegna da "Hall of Fame" per la sua vittoria nel Campionato di Zurigo 1937, per il 3° posto nel Tour de France 1937, dietro Lapébie e Vicini e per il 3° posto nel Campionato Mondiale 1938 dietro Marcel Kint, ed il connazionale Egli. Amberg è stato Campione Svizzero nel 1937 e nel '38, ha vinto due tappe al Tour de France 1937, a Ginevra e la crono di Caen, la tappa di Locarno al Giro d'Italia del 1938. Il Tour de Suisse gli è sempre sfuggito, ma alle tre vittorie di tappa, ha aggiunto due volte il 2° posto finale nel 1935 e 1937, il 3° posto nel 1936, il 5° nel 1938 ed il 10° nel 1939. Ha partecipato a quattro edizioni del Campionato del Mondo su strada: nel 1935 a Floreffe (5°), nel 1936 a Berna (ritirato), nel 1937 a Copenaghen (ritirato) e, come detto nel 1938 a Valkenburg dove giunse 3°. Si segnalò ventiduenne nel 1934, quando vinse il Giro del Cantone di Ginevra. Altre vittorie di nota presenti nel suo palmares: il Gran Premio Journal de Nice e la Cronoscalata del Mont Faron nel 1935; una tappa del Giro di Germania nel 1939 ed una frazione del Giro delle Alpi nel 1946. Checché ne dica qualcuno, un'icona del ciclismo elvetico che, nel dopo, seppe scoprire e lanciare Hugo Koblet e fungere da riferimento ben oltre i confini di quel che i media narrarono.

Italo Donadi
Nato a Breda di Piave il 23 gennaio 1936, deceduto a Treviso il 2 settembre 2006. Stayer e stradista. Professionista dal 1966 al 1971, senza vittorie su strada.
Una storia sportiva davvero anomala, la sua. Nato in un cuore d'amore ciclistico quale è da sempre il trevigiano e all'interno d'una famiglia che non deviava per nulla da quelle che erano le antropologie di zona, Italo si trovò, suo malgrado, a non poter praticare con una certa costanza, o semplice logica, lo sport che aveva nel sangue. La vita e le necessità, lo portarono a lavorare presto e a inforcare l'amato mezzo, solo per fare, di fatto, il cicloamatore. A ventiquattro anni, nel 1960, si trovò per motivi di lavoro a dover emigrare in Svizzera, nella zona di Zurigo, guarda caso nel circondario di un impianto, il Velodromo di Oerlikon, che era allora un mito del ciclismo su pista, ed uno dei pochi che, ancora oggi, svolge una funzione in questo sport, anche se ridimensionata a briciole, a causa della rivoluzione mefitica che il ciclismo è costretto a vivere per voleri dell'UCI. Ed Italo Danadi, proprio in quell'impianto, grazie a quel pezzo di carta che lo collocava fra i dilettanti di categoria "B", cominciò ad esibirsi ed a mostrare talento e prospettiva, nonostante l'età. Le sue esibizioni, soprattutto nel mezzofondo, colpirono l'occhio raffinato di un grande campione degli anni cinquanta che, proprio su pista, aveva colto e scolpito i primi vagiti: Hugo Koblet. Costui diede forza e consigli al trevigiano, fino a spingerlo a praticare in modo più costante la disciplina degli stayer. E fu così che Donadi riuscì a passare di categoria entrando fra i dilettanti e, nel 1963, a partecipare ai Tricolori nel mezzofondo, dove il solo Egidio Maistrello, riuscì ad anticiparlo. Ma l'anno seguente, nello scenario leggendario del Velodromo Vigorelli di Milano, Italo si laureò Campione Italiano, prendendosi la rivincita proprio su chi lo aveva battuto l'anno prima, che, guarda caso, correva in casa. Selezionato per i Mondiali di Parigi, Donadi fu però eliminato in batteria. Divenuto attrazione e ritrasferitosi in Italia, a Cavriè, altra località del trevigiano, Italo nel '65 finì di nuovo secondo ai Tricolori e nel 1966 passò professionista. Ai Campionato Italiani fu terzo dietro i "mostri sacri" De Lillo e Pellegrini. Nel '67, trovò accasamento presso l'Amaro 18 Isolabella, gareggiando anche su strada: chiuse 29° il Giro del Ticino. In pista, tornò ad un bel piazzamento nel 1970, quando finì terzo ai Campionati Italiani di mezzofondo. Poi, un grave infortunio, lo costrinse a chiudere col ciclismo agonistico.

René Vermandel (Bel)
[Immagine: 16403825591325Vermandel,Rene2.jpg]
Nato a Zelzate il 23 marzo 1893, deceduto ad Anderlecht il 20 aprile 1958. Passista veloce, pistard ciclocrossista. Professionista dal 1913 al 1930 con 48 vittorie.
Un corridore dalla carriera lunghissima, anche se solo nella parte centrale vissuta con la determinazione di far emergere i grandi mezzi di cui era dotato. Veloce, solido, col colpo d'occhio dei grandi che non lasciano nulla di intentato. Resistente e, all'occorrenza, anche in possesso di caratura da corse a tappe: un terreno però, che l'interessava poco. Un campione, senza se e senza ma, sicuramente troppo dimenticato sull'altare delle conte degli albi d'oro e della sempre crescente miopia dell'osservatorio ciclistico. Uno che quando non vinceva si piazzava ed è stato capace di riciclarsi con successo in altri settori del pedale, perché lui, il ciclismo, lo aveva davvero nel sangue. Dopo un esordio vincente fra gli indipendenti nel 1913 e nel '14, dove vinse, fra le altre, la Bruxelles-Esneux e il GP di Bruxelles, fu bloccato dalla Prima Guerra Mondiale che ne spostò il ritorno, sempre fra gli indipendenti, al 1919. In quell'anno, vinse il Titolo belga della categoria, la Bruxelles-Liegi e la Bruxelles-Hoboken. L'esordio fra i professionisti l'anno seguente, quando, già ventisettenne, fu subito protagonista, vincendo un paio di tappe al Giro del Belgio, finendo 3° nella Parigi-Bruxelles e nel Campionato Nazionale, nonché 8° alla Parigi Tours. Col 1921 e fino al 1924 compreso, Vermandel fu il corridore più forte e tangibile nelle grandi corse del nord. Vinse due Titoli belgi su strada, nel 1922 e '24 (fu 2° nel '21 e 3° nel '23), quello nel ciclocross (1921), il Giro delle Fiandre 1921 (fu 2° nel '24), la Liegi Bastogne Liegi nel 1923 e nel '24, due volte, con una miriade di tappe all'attivo il Giro del Belgio nel 1921 e '22, il Gran Premio della Schelda nel 1921 e nel '24, il Giro delle Tre Città Sorelle (allora gran classica) nel 1921, la Coppa Sels nel 1921 e '23, il Criterium degli Assi (anche questa corsa che si svolgeva dietro derny era una classica, nel genere inferiore solo alla Bordeaux-Parigi), nel 1922. Sempre nel lasso 1921-'24, fu 2° nella Parigi Roubaix del 1923 ed era stato 4° nel 1921, fu 3° nella Parigi Bruxelles del 1922. Con l'arrivo del 1925, già 32enne decise di monetizzare un po' meglio la sua carriera, senza stressarsi nelle grandi corse del nord. Emigrò in Germania, dove era florido il circuito delle Sei Giorni, gareggiando più che altro su pista senza abbandonare completamente quella strada che l'aveva eletto campione. Rimase vincente fino alla fine del suo lungo segmento ciclistico chiuso nel 1930. In carriera partecipò ad un solo Tour de France, nel 1921, ma non voleva correrlo, tanto è che non partì nella terza tappa. Proseguì, invece il suo rapporto col pedale anche dopo l'abbandono della carriera agonistica. Fu per anni Presidente dello Sporting Club di Kuregem, nonché allenatore di stayer. Seguì e lanciò in questa veste, grandi corridori come Willy Michaux e, soprattutto, Raymond Impanis. Anche il fratello di René, Achille, fu corridore professionista.

Maurizio Ricci detto Morris