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Pantani: fu veramente un complotto? - Versione stampabile

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RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Gershwin - 17-10-2014

Immagino ci sia anche qualcosa di concreto oltre alla solita letterina, altrimenti vorrebbe dire che se io domani mando una lettera a Tonina Pantani con scritto che il figlio è stato ucciso dai fondamentalisti islamici perché all'Ayatollah Khomeini non piaceva la sua pelata questi aprono un'altra inchiesta. Sui giornali non c'è nulla di nuovo dal 2000 a oggi, in Procura chissà


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - And-L - 18-10-2014

tutti i temi sono trattati così dai giornalisti che sono la categoria più infida e venduta che si possa immaginare.


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Gershwin - 21-10-2014

Visto che tutta la stampa è allineata sulla spiegazione comoda, credo sia il caso di condividere anche questo pezzo di Bonarrigo di Cyclingpro.

ALIENI A MADONNA DI CAMPIGLIO

Dunque qualcuno avrebbe truccato il sangue di Pantani a Madonna di Campiglio. Forse la mafia, non si sa quale mafia però. Siciliana, calabrese, napoletana? Il piemme di Forlì indaga, ha sentito un sacco di testimoni, sentirà magari anche Vallanzasca, il vecchio bandito milanese. Da giorni sui quotidiani non scriviamo e non leggete altro: dal fatto di cronaca all’indiscrezione fantascientifica. Pochi però si sono chiesti COME, il 5 giugno 1999, qualcuno potrebbe aver truccato il sangue di Pantani per far risultare il suo ematocrito fuori norma. Sull’argomento, proviamo ad esaminare alcune cose scritte in questi giorni per vedere se tornano.

PANTANI LA SERA DELLA VIGILIA ERA A POSTO?
Chi lo dice? Lo disse lui, lo ripetono tutti, compreso il suo medico dell’epoca, Roberto Rempi. La sera del 4 giugno il Pirata “misuro l’ematocrito con la sua centrifuga ed era 47″. Questo fatto già la dice lunga su come funzionava il ciclismo dell’epoca. Tutti i ciclisti giravano con la centrifughina portatile per controllarsi il sangue: una follia. Si sapeva e si sa, a parte tutto, che la centrifuga sballava anche di due o tre punti la misura, con il suo sistema grossolano di rilevazione.
Un quotidiano sportivo di ieri aggiunge un altro dettaglio. Che anche le piastrine di Pantani, misurate la sera in camera, erano a posto. E che lo sbalzo rispetto alla mattina è’ enorme. Le piastrine sono una componente del Sangue che NON si può certo misurare in camera, come ci ha confermato il dottor Rempi al telefono. Ergo, Pantani NON se le misuro e NON sappiamo se erano a posto.

IL PRELIEVO FU IRREGOLARE?
E qui ne abbiamo lette di tutti i colori. Che Pantani non poté scegliersi la provetta (lo dicono tutti), che a lui e solo a lui ne fu consegnata una sola (Marco Velo), che un commissario se la mise in tasca, che i medici erano “strani”, che il medico prelevatore rifiuto di mettere il laccio emostatico sul braccio di pantani. Michelangelo Partenope, il medico che prelevo e analizzo il sangue di Pantani, ha spiegato che la procedura NON prevedeva la scelta della fiala (documento agli atti), che il laccio emostatico lo rifiuto’ Pantani (all’epoca tra i corridori era diffusa la credenza che il laccio alzasse l’ematocrito…), che nessuno al momento obbietto nulla sul protocollo. Roberto Rempi, il medico della Mercatone, conferma: nessuna anomalia.

L’ANALISI FU TAROCCATA
Si può alzare artificialmente l’ematocrito di un campione di sangue, ovvero la sua parte solida? Perché questa è’ la truffa ipotizzata. I quotidiani hanno usato più volte la parola DEPLASMARE, senza spiegare cosa significhi. Bene, abbiamo chiamato il tecnico di un grande laboratorio di analisi di Roma e poi un noto ematologo e abbiamo chiesto loro (con venti minuti di tempo e con una macchina come il Coultard usato a Madonna di Campiglio) cosa potrebbero fare per DEPLASMARE il sangue di Pantani. Il tecnico stamattina ci ha pensato sopra due ore e ha fatto per noi una prova IN VIVO. Ci ha spiegato che, per eseguirla, avrebbe dovuto far fare una routine di taratura alla macchina con un campione-test di sangue (una prassi quotidiana), individuare il fattore di errore, calcolare la modifica da apportare manualmente al fattore per produrre un errore pari a quello voluto, cosa fattibile solo leggendo bene il manuale (ad esempio più tre per cento). Tutto questo per poi inserire il campione di sangue di Pantani, di cui però non potrebbe conoscere l’ematocrito REALE non avendolo analizzato. Ovviamente, ci ha spiegato il biologo, questa procedura avrebbe influenzato tutti i calcoli degli altri nove atleti controllati quel giorno, che invece furono tutti in regola.
Manipolazione possibile quindi? Secondo il nostro tecnico si, ma solo conoscendo priori i valori di Pantani. Si, ma solo con un piano diabolicamente perfetto e l’accordo di tutti i tre medici presenti. Fosse andata così, sarebbe il caso giudiziario sportivo del secolo, il piu sofisticato della storia dell’antidoping. Dimostriamolo.

ALTRE COSE A MARGINE
Altre cose a margine. Tutto il materiale (macchine, provette, risultati) di MADONNA DI CAMPIGLIO venne sequestrato poche ore dopo il controllo è sottoposto a perizia. La procura di Trento apri un’inchiesta, chiusa per mancanza di reati. Pantani, che non si arrese, chiese il test del DNA sulla provetta: risultato, era la sua.
Questo per dire cosa? Che magari a CAMPIGLIO e’ andata davvero in scena la truffa del secolo, ma che prima di chiamare in causa Vallanzasca bisognerebbe chiedersi SE il reato è’ stato commesso o se addirittura era tecnicamente impossibile da commettere. Oppure se a manipolare quel sangue furono gli alieni. Qualcuno ci proverà’?


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - SarriTheBest - 24-10-2014

Caso Pantani: Il «Pirata» fu salvato anche nel 1998
Il complotto contro Pantani? Certo che c’è stato. Ma la mala, la camorra e il mondo delle scommesse c’entrano poco; per rispetto della memoria di Marco – e con buona pace di Vallanzasca – i complottisti dovrebbero essere cercati altrove: nei palazzi del Coni, della Federciclismo, degli organizzatori del Giro, dell’Università di Ferrara.

Ricordate il professor Conconi? Era il rettore dell’Università di Ferrara cui il Coni aveva affidato, a inizi Anni 80, l’assistenza medica degli atleti di ciclismo, sci di fondo, canottaggio, nuoto e altre discipline. Ingaggiato per combattere il doping, fece invece – per la gioia del Coni – esattamente il contrario: studiò nuove forme di doping e le fece mettere in pratica portando lo sport italiano a trionfi impensabili.
Riconosciuto colpevole dei reati contestatigli dal Tribunale di Ferrara (sentenza del 16 febbraio 2004), ma salvato dalla prescrizione, Conconi fu il primo a somministrare Epo a Pantani negli anni dal ’93 al ’95.

Nel file DLAB sequestrato nel suo computer a Ferrara si vede come nel ’94 l’ematocrito di Pantani passa da 40,7 (prima del Giro) a 54,5 (durante il Giro). Pantani esplode, vince il 4 giugno a Merano, il 5 sul Mortirolo e il 13 giugno, all’indomani della conclusione, il suo ematocrito è da ricovero: 58%. Poi Marco va al Tour e finisce terzo. Al ritorno dalla Francia Conconi lo “testa” e l’ematocrito è assestato a 57,4.

Gli sbalzi di valori di Pantani, dovuti al pompaggio di Epo, sono drammatici: come il ricovero al Cto di Torino, dopo la caduta alla Milano-Torino del ‘95, evidenzia (valori oltre il 60%). È triste dirlo, ma Pantani passa tutta la carriera con l’Epo nel sangue: parlare di complotto per il fattaccio di Madonna di Campiglio, il 5 giugno 1999, è quindi una presa in giro. Anche perché Marco, l’anno prima, ha vinto il Giro in modo strano.

COME ci raccontò Ivano Fanini in un’intervista uscita su Panorama nel 1999, “nessuno sa che anche l’anno prima, al Giro del ’98, Pantani avrebbe dovuto essere mandato a casa. Invece al posto suo fu cacciato Riccardo Forconi, un gregario. Che il giorno dopo, visto che era un mio ex corridore – era stato con me 6 anni all’Amore & Vita – venne a trovarmi in ufficio e mi raccontò tutto: ‘Hanno fatto uno scambio di provette e hanno mandato a casa me, che alla Mercatone sono l’unico ad avere i valori bassi’.

Riccardo era un modesto gregario, uno da 20-30 milioni di lire l’anno. Beh, dopo quell’episodio, e quella squalifica, si è costruito una villa sulle colline di Empoli: e si è fatto una posizione”. Per la cronaca: Pantani vinse quel Giro con 1’33” di vantaggio su Tonkov, russo della Mapei.

La mattina della cronometro finale, che Pantani corre come una moto (lui scalatore finirà terzo), dopo un controllo a sorpresa di tutta la Mercatone Uno, il gregario Forconi, centesimo in classifica, viene mandato a casa con l’ematocrito oltre i 50: il tutto l’ultimo giorno e prima di una crono in cui non avrebbe nemmeno dovuto aiutare il suo capitano. Strano, non vi pare? Ma non è finita.

Dopo l’intervista a Fanini, il giudice Guariniello apre un’inchiesta per fare luce sulla vicenda. Chiede di recuperare la provetta incriminata (di Forconi? Di Pantani?), all’ospedale Sant’Anna di Como dov’è depositata, per stabilire di chi effettivamente sia il Dna. Sorpresa: la provetta non c’è più, è sparita. Guariniello deve archiviare.

Domanda: se voi vincete un Giro d’Italia e qualcuno vi accusa di averlo fatto con l’inganno, fate finta di niente? Ebbene: dopo l’intervista a Fanini (che fece i nomi dei testimoni del racconto di Forconi, come il ds Salvestrini) non arrivò né a lui né a chi scrive non si dice una querela per diffamazione, ma nemmeno una richiesta di rettifica, di precisazione. Meglio far finta di niente: così magari l’anno dopo il teatrino si ripete nell’indifferenza dei più. Deve averlo pensato, Pantani. Anche la mattina del controllo a sorpresa (sic) all’hotel Touring a Madonna di Campiglio.

Christine Jonsson, 37 anni, danese, fu la dama bionda di Pantani negli anni belli e negli anni bui: “Marco si dopava e prendeva la coca – raccontò la fidanzata, che oggi vive in Svizzera, a Hebdo, settimanale svizzero, due mesi dopo la morte di Pantani – stando con lui ho sempre avuto l’impressione che prendesse dei farmaci. Era la sua scelta, pagava di tasca sua i prodotti: diceva che bisognava prendere delle porcherie per avere successo. Aveva sempre dei prodotti in un contenitore di plastica nel frigorifero. Talvolta si faceva delle punture e io lo aiutavo tenendogli il braccio”.

Ancora: «Dopo la cacciata dal Giro cominciò a prendere la cocaina: mi chiese di farlo con lui. Ero disperata perché io ho paura delle droghe. Marco ne assumeva delle quantità industriali. La famiglia se ne accorse e pensò che la colpa fosse mia».

da «Il fatto Quotidiano» a firma Paolo Ziliani


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - And-L - 24-10-2014

peso. ma sorpresa zero purtroppo.


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Hiko - 24-10-2014

Il Fatto come al solito tenta di fare sensazionalismo da 4 soldi (vedi anche editoriale di Travaglio dell'altro giorno), cercando di cambiare le carte in tavola.

Il punto da comprendere non è se Pantani nella sua carriera si è dopato o meno (certamente sì), se era dopato a Madonna di Campiglio (probabilmente lo era), ma piuttosto se veramente le sue analisi sono state modificate ad arte per farlo risultare positivo, che è una cosa ancora più grave del doping stesso e che mina definitivamente la credibilità del sistema.

Poi scrivere del Pantani cocainomane centra zero con lo scandalo in questione ed è scritto lì giusto per buttargli ancora un po' di merda addosso.


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Gershwin - 25-10-2014

Questo c'entra molto di più dell'editoriale di Travaglio, inquadra bene la situazione. Solo che anche in questo caso non c'è nulla di dimostrato e rispetto a 15 anni fa non c'è nulla di nuovo


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Hiko - 26-10-2014

CASO PANTANI. L'INFORMATORE DI VALLANZASCA HA UN VOLTO E UN NOME
Renato Vallanzasca ha fornito un identikit dettagliato

È questione di giorni e una nuova puntata dei casi Pantani (sono due, quello di Rimini legato alla morte del Pirata in una stanza del Residence “Le Rose” dove il Pirata stava soggiornando il 14 febbraio del 2004, disperato e solo; quello di Forlì, che ha riaperto l’inchiesta su Madonna di Campiglio). A giorni, la nuova puntata. Protagonista di questo nuovo episodio, Renato Vallanzasca, che già nel ’99 raccontò di essere stato avvicinato da un ergastolano che voleva fargli un “regalo” e lo invitava a giocare il nome del vincitore del Giro: tutti fuorché quello di Pantani, perché nonostante l’avesse già in pratica vinto quel Giro, secondo l’«amico» di Renato, il corridore romagnolo nemmeno sarebbe arrivato a Milano. Qualche giorno fa il Bel René avrebbe non solo ristretto a dieci nomi il raggio d’azione per individuare il suo informatore, ma avrebbe anche fornito un dettagliato identikit. Gli inquirenti l’avrebbero anche già identificato, rintracciato nel carcere di Napoli e sarebbero già andati anche a interrogarlo. Questo lo leggerete nei prossimi giorni sui maggiori quotidiani nazionali. Noi siamo in grado di anticiparvelo oggi.

tuttobiciweb.it



RE: Pantani: fu veramente un complotto? - SarriTheBest - 06-11-2014

Caso Pantani: Troppi titoli sul nulla
Si enfatizza tutto, ma l'inchiesta bis è solo un atto dovuto

È a febbraio che il nome di Marco Pantani compare sui giornali la prima volta dell’anno. Gianni Mura firma il commento: «Pantani, un uomo sempre solo quando vinceva e quando sbandava». In un memorabile Repubblica racconta i dieci anni senza il Pirata. Mura ha le sue convinzioni sulla morte di Pantani, ma già dalle prime righe chiarisce che non era angelo né diavolo. Era Pantani.

Fin a qui è tutto nelle regole previste. È agosto, il mese delle notizie che non ci sono, che si scatena un putiferio. La famiglia di Pantani deposita una perizia di parte e la Procura deve (e non può fare a meno di) riaprire l'inchiesta. «Fu omicidio volontario», titolano i giornali. «Nuova indagine, non è stata overdose».

A leggere i pezzi si capisce che overdose è stata, su questo non ci sono dubbi. Ma un avvocato assunto dalla famiglia deposita una perizia del professor Francesco Maria Avato dove si parla di un mix di droghe che Pantani potrebbe essere stato costretto a prendere, sciolte in un bicchier d’acqua.

A poco serve che il procuratore di Rimini, Paolo Giovagnoli, inviti alla prudenza e avverta che si tratta di un atto dovuto. Parlare di Pantani come di un martire funziona, fa vendere, e comunque sui tavoli dei capiredattori il piatto delle notizie piange.

Nei giorni a seguire i titoli più importanti sono “Lo squarcio che si apre su una verità di comodo”. La mamma di Pantani a caratteri cubitali grida: “Me l’hanno ammazzato”. “Contatti tra i pusher quando Pantani era già morto”. E ancora, è il 4 agosto, “I misteri del residence della morte”, dove Pantani venne trovato privo di vita.

Si scatena il fior fior di penne, quelle che ad agosto non sono a villeggiare altrove, ma il 5 agosto la notizia è già una breve. Ancora due mesi e torna sui giornali il giallo dell’orologio del ciclista e le lancette ferme. Ma il colpo arriva il 17 ottobre: “L’ombra della camorra”. E perché ? C’è un pregiudicato d’onore, Renato Vallanzasca, che anni prima aveva scritto alla mamma di Pantani di un giro di scommesse che dava il Pirata già per spacciato prima che gli trovassero l’ematocrito sopra ai valori consentiti, a Madonna di Campiglio.

Altro atto dovuto, altra Procura che si trova a indagare. Ma nei titoli non si spiega che si tratta di una lettera di anni prima, già nota, e che la credibilità di Vallanzasca è tutta da valutare. Siamo agli ultimi giorni, ancora il presunto giallo: “Non resta nulla dei reperti post autopsia di Pantani”.

Nel pezzo viene spiegato che i reperti non si conservano. Ma nel pezzo. Il titolo c’è. Tutto sulle spalle del povero Pantani del quale sappiamo solo, come scrive Mura, che non fu né angelo né diavolo. Solo un uomo alle prese con le sue miserie e le sue grandi vittorie.

da «Il Fatto Quotidiano» del 6 novembre 2014 a firma Emiliano Liuzzi


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Hiko - 08-11-2014

Pantani e Campiglio 1999, la verità di «Mister X»
Sviluppi inattesi dall’interrogatorio dell’ex detenuto indicato da Vallanzasca: la Procura di Forlì è molto soddisfatta

http://www.gazzetta.it/Ciclismo/08-11-2014/pantani-campiglio-1999-verita-mister-x-90974324587.shtml

Francesco Ceniti - gasport



RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Gershwin - 08-11-2014

A proposito di titoli sul nulla...
Ceniti striscia sempre più in basso


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Hiko - 08-11-2014

Embè, mica te lo vengono a dire a te cosa gli ha detto prima che finiscano le indagini, però è già qualcosa che filtra ottimismo tra gli inquirenti.

Poi che sia vero o no è un'altra cosa e non possiamo saperlo...


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Gershwin - 08-11-2014

La Procura non dice niente a Ceniti, Ceniti comunica al mondo quello che ha dedotto.
Tutto questo senza considerare l'ipotesi, stranamente probabile, che il buon "giornalista" della Gazzetta faccia tutto ciò per continuare a guadagnarci dopo essersi reso conto che scrivendo un libro idiota con cose tutte già note si possono fare i bei soldi.
Quando mi infastidisce sta storia non potete immaginarlo. Cioè lo potete immaginare dai commenti, ma di più


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Hiko - 09-11-2014

Può benissimo essere tutto inventato, ma fuori dalle procure qualcosa filtra sempre, se non notizie almeno sensazioni.

Per aggiornamenti più importanti, se mai ci saranno, è necessario aspettare ancora, ma questo si sapeva.


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Gershwin - 09-11-2014

Il titolo della notizia su Tgcom era "Mister X ha parlato e confermato tutto", non riesco a tollerarle queste cose


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - SarriTheBest - 01-12-2014

Cinque poiziotti querelano la famiglia Pantani: «Basta!»
Non è più tollerabile questo linciaggio mediatico

Cinque poliziotti che erano in servizio nel 2004 alla Squadra Mobile della Questura di Rimini e che indagarono sulla morte del campione di ciclismo Marco Pantani hanno dato mandato agli avvocati Moreno Maresi e Mattia Lanciani di procedere in giudizio contro tutti coloro che hanno diffuso "notizie gravemente lesive" della loro reputazione. Sono il vice questore Sabatino Riccio, che allora dirigeva la Squadra Mobile, il commissario capo Giuseppe Lancini, gli ispettori capo Daniele Laghi e Vladimiro Marchini e il sovrintendente capo Walter Procucci. «Non pare più possibile rimanere silenti - spiegano i due legali all'ANSA - e soprattutto continuare a tollerare un linciaggio mediatico che ha assunto proporzioni inaccettabili e che appare alimentato da strumentali e apodittiche ricostruzioni dei fatti, spesso accompagnate dalla diffusione di fatti manifestamente travisati».

«Dopo l'avvio da parte della Procura di Rimini di una nuova inchiesta sulla morte di Pantani - spiegano i due legali - come in una sorta di racconto a puntate, sono state descritte importanti svolte investigative, tutte legate da un unico filo conduttore, che porta da un lato ad affermare come la morte dell'atleta romagnolo non sia avvenuta nei termini accertati nel corso dell'inchiesta già condotta dalla Procura di Rimini, e dall'altro ad accreditare con notevole enfasi la tesi dell'omicidio volontario. In questo contesto sono letteralmente piovute sugli inquirenti della Squadra Mobile di Rimini che all' epoca indagarono sulla morte del celebre ciclista accuse di ogni tipo circa lo svolgimento di molteplici atti di indagine».

«In tutto questo periodo - aggiungono gli avvocati Maresi e Lanciani - gli allora appartenenti alla Squadra Mobile di Rimini (alcuni dei quali non più in servizio), nel pieno rispetto di una indagine ancora in corso, hanno mantenuto il silenzio. Ma di fronte al moltiplicarsi delle accuse, peraltro sempre propalate in toni sensazionalistici, con copertura mediatica che ha sin qui spaziato tra carta stampata, video, radio e web, non pare più possibile rimanere silenti e soprattutto continuare a tollerare un linciaggio mediatico che ha assunto proporzioni inaccettabili e che appare alimentato da strumentali e apodittiche ricostruzioni dei fatti, spesso accompagnate dalla diffusione di fatti manifestamente travisati».

I due legali, infine, evidenziano come «sul piano umano la 'gogna mediaticà a cui sono stati sottoposti gli investigatori, abbia ingiustamente provocato loro un profondo stato di amarezza, ampiamente mitigato dalla consapevolezza di aver svolto con senso del dovere, impegno e speditezza i delicati accertamenti di polizia sulla morte di Marco Pantani».

tuttobiciweb.it


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - Gershwin - 01-12-2014

Ecco, mettiamo Ceniti e De Rensis di fronte alla gente che accusano, facile dire "mafia", "spacciatori", "qualcuno". Le tesi pubblicate sulla Gazzetta comportano che certa gente con nomi e cognomi fosse necessariamente corrotta. Se non avete le prove fiume di querele e per pagare vi tocca scrivere libri spazzatura fino a 90 anni


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - SarriTheBest - 05-12-2014

Caso Pantani, il procuratore capo di Rimini: «Non sono emersi elementi che facciano pensare ad un omicidio»
«Allo stato non sono emersi elementi che facciano pensare ad un omicidio». Lo ha detto il procuratore capo di Rimini, Paolo Giovagnoli, che da luglio ha avviato una nuova indagine sulla morte di Marco Pantani con l'ipotesi di omicidio volontario. Ipotesi che fino ad oggi, quindi, per la Procura di Rimini, non ha trovato riscontro negli interrogatori e nella nuova perizia medico legale affidata al professor Franco Tagliaro.

(ANSA)


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - SarriTheBest - 01-02-2015

Il Caso Pantani: Davide De Zan vs Andrea Rossini, due tesi
Due scrittori - Rossini e De Zan - e due tesi: ecco il confronto

Il caso Pantani è anche un caso letterario. Libri di ogni tipo e tenore, con tesi anche diametralmente opposte, in linea con la tradizione molto italiana fatta di campanili e fazioni. Una polemica irrisolta tra colpevolisti e innocentisti, complottisti e negazionisti: Marco morto di overdose come dicono le tesi ufficiali o ucciso, come sostiene la famiglia Pantani, che quest’estate è riuscita a far riaprire l’inchiesta grazie al lavoro dell’avvocato Antonio De Rensis.

Tanti i lati oscuri di questa vicenda, molti i punti interrogativi. Unica certezza: comunque vada, ognuno resterà della propria opinione. Chi considera un mistero la morte di Marco Pantani, continuerà a considerarla tale anche in seguito, al pari delle morti di Pier Paolo Pasolini o Luigi Tenco.
Da quando è stato riaperto il caso, qualche settimana fa si è espresso per la prima volta Paolo Giovagnoli, procuratore capo di Rimini.
«Allo stato - ha detto il magistrato che coordina la nuova inchiesta sulla morte del corridore - dalla relazione del professor Tagliaro (perito medico, ndr) non sono emersi elementi che facciano pensare ad un omicidio o a un’aggressione che abbia costretto Pantani ad assumere droga in quantità eccessiva».

Il caso Pantani - dicevamo - è diventato anche un caso letterario. Due i lavori appena usciti: Delitto Pantani: Ultimo chilometro (segreti e bugie) di Andrea Rossini, edito da NdA Press; Pantani è tornato di Davide De Zan, edito da Piemme. Due tesi distinte: Rossini difende il lavoro svolto dalla Procura di Rimini dieci anni fa; De Zan sposa le tesi di De Rensis, l’avvocato della famiglia Pantani che con il suo lavoro ha trovato almeno 25 incongruenze che hanno indotto due Procure, quelle di Rimini e Forlì, a riaprire i casi, sia sulla morte che sui controlli di Madonna di Campiglio datati 5 giugno 1999. A De Zan e a Rossini abbiamo posto alcune domande, a voi sposare una delle due tesi.

Uno dei lati più oscuri di tutta questa vicenda è la pallina di mollica mista a cocaina che si vede nel video e nelle foto, ma che diversi testimoni nemmeno hanno visto.
Rossini: «Nel video del sopralluogo si vede che quando i poliziotti notano la pallina la scambiano per cotone. Sembra cotone, è cotone dicono tra loro. Solo l’autopsia dirà che era cocaina ricoperta di pane. L’idea che mi sono fatto è che qualcosa del genere (sarà cotone) sia potuto accadere anche per gli infermieri che, davanti al cadavere di Pantani, possano non aver notato o più probabilmente possano aver dimenticato il particolare di quel batuffolo accanto al corpo».
De Zan: «È uno dei fatti più inquietanti di tutta questa vicenda. Se un infermiere - mai ascoltato in tutta questa vicenda - decide di parlare solo in seguito a dei servizi giornalistici dedicati che hanno portato alla luce questa incongruenza, significa che dieci anni fa qualcosa non ha funzionato. È possibile che sei persone sei (quattro del 118 e due della volante) non abbiano visto nulla? Qualcuno deve spiegare come questo è stato possibile. E, soprattutto, come è possibile credere che Marco abbia masticato una pallina di pane mista a cocaina e poi l’abbia sputata e sia rimasta completamente bianca, nonostante lì vicino al corpo ci siano anche tracce di sangue».

Come è possibile che i reperti anatomici prelevati durante l’autopsia sul corpo del Pirata, siano stati distrutti?
AR. «La procura ha spiegato che per interrompere quel processo, noto perché appunto messo nero su bianco nelle sentenze, chi ha presentato l’esposto avrebbe potuto chiederne la conservazione in tempi utili visto che il lavoro di Avato, ad esempio sul filmato, era cominciato mesi prima. I reperti anatomici, tra l’altro, avrebbero potuto rivelare eventualmente solo delle patologie pregresse sfuggite ai precedenti esami. La causa della morte non è in discussione (cocaina) ed è per questo che l’ipotesi della riesumazione non viene presa in considerazione».
DDZ. «I reperti potevano essere distrutti nel novembre del 2011, quando il processo è arrivato in Cassazione. Stranamente questi reperti sono stati distrutti (mese di aprile) quando è stato chiaro che il procedimento stava andando verso la riapertura del caso. Tutto lecito, per carità, ma la tempistica è per lo meno strana».

Dieci anni fa, sul luogo del ritrovamento del corpo di Marco, non furono prese le impronte digitali.
AR. «Al contrario di quanto si vede nelle serie tv, non è facile rilevare le impronte, specie in una stanza di hotel dove se ne possono trovare molte e senza attinenza con il fatto. La scena del crimine era stata, inoltre, contaminata dall’arrivo dei soccorritori».
DDZ. Se le avessero prese, qualche zona d’ombra in meno ci sarebbe».

Uno dei cavalli di battaglia dell’avvocato De Rensis è dato dal disordine ordinato. Come è possibile mettere a soqquadro una stanza senza che nulla si rompa?
AR. «Solo Pantani può aver creato quello scenario, in preda ad una particolare forma di delirio, conseguenza dell’intossicazione acuta da cocaina, non gene­ricamente aggressiva, ma più tipicamente “persecutorio paranoide”. Lo scompiglio, già osservato da testimoni in altre stanze dove Marco si era rinchiuso nei mesi precedenti per consumare droga (Cesenatico, Saturnia, L’Avana e l’Hotel Touring di Miramare), è frutto di un’ossessiva manipolazione alla ricerca di entità inesistenti e non di una furia distruttrice che induce a scagliare o spaccare gli oggetti».
DDZ. «Il giorno che una persona mi dimostrerà che si può staccare dal muro uno specchio, buttarlo per terra senza romperlo, gli farò i miei complimenti. Chiunque abbia avuto modo di vedere il video fatto all’interno di quella stanza ha avuto la stessa sensazione: come si può buttare all’aria tutto senza rompere nulla? Lo ripeto, io non ho la verità in tasca, ma almeno mi pongo delle domande. In questa storia mancano verità assolute e nel mio libro ho cercato per lo meno di cercarle, di portarle alla luce, con rigore e tenacia, separando i fatti dalle opinioni».

Una stanza messa a soqquadro e Marco non ha nemmeno un’unghia rotta.
AR. «Undici ferite o abrasioni. Undici in tutto. Secondo Fortuni di “modesto rilievo e superficiali”, quattro al capo; due degne di attenzione: oltre all’ecchimosi al sopracciglio, la tumefazione al naso, entrambe compatibili con l’ultima caduta dovuta al collasso. Le altre due abrasioni erano localizzate sull’altro lato della testa e sulla nuca. Per il resto dovrei ripetere quello che ho detto per il disordine ordinato».
DDZ. «Nella sua semplicità e nel suo dolore di mamma, Tonina disse immediatamente: “Ma come è possibile conciare così una stanza, senza nemmeno rompersi un’unghia?”. Mi piacerebbe anche che qualcuno spiegasse come sia possibile che un testimone parli di lavandino in mezzo alla stanza e dai video si vede chiaramente che è perfettamente al proprio posto. Non ho la verità in tasca, ma i lati oscuri li vedo solo io, l’avvocato De Rensis e la famiglia Pantani?».

Il Rolex rotto e l’ora della morte di Marco.
AR. «Legato all’orario c’è anche la circostanza del Rolex, fermo alle cinque meno cinque. Probabilmente dovuto alla mancata ricarica o a un guasto meccanico al bilanciere, ma precedente al giorno della morte. La mattina del 13 febbraio, infatti, Pantani alle 10.30 chiama la reception per ordinare il pranzo e quando l’impiegata (Lucia) risponde che è ancora presto, Pantani le chiede espressamente che ora fosse, “facendo così chiaramente intendere che lui non ne aveva idea”».
DDZ. «Io ho parlato con chi ha avuto per le mani quell’orologio. Mi hanno detto che quel Rolex aveva rotto l’asse del bilanciere. C’è chi dice che Marco abbia telefonato per chiedere che ora era. Mi sembra strano che Marco si tenesse al polso un orologio rotto. Ma in tutta questa vicenda l’orologio è una virgola».

Sempre l’avvocato De Rensis punta l’indice sul video di quasi tre ore, e tagliato a soli 56 minuti.
AR. «Nell’esposto si sollevano interrogativi sulle interruzioni (una lunga di 30 minuti): che cosa nascondono i “salti” tra una scena e l’altra? Niente è la risposta più ragionevole. Lo dimostrano proprio i cinque investigatori privi di guanti e indumenti di protezione che parlano e commentano a ruota libera. Il filmato, che paradossalmente è la principale fonte degli spunti per una ricostruzione alternativa dei fatti, era facoltativo. Sarebbe stato sufficiente allegare agli atti le 180 foto a colori scattate sul posto».
DDZ. «È uno dei crucci dell’avvocato De Rensis. Ma la cosa più inquietante è cosa mostra quel video, ad incominciare dal termometro atto a stabilire l’ora della morte di Marco. Nelle immagini si vede chiaramente che il medico non aveva il termometro tanatologico ma un termometro normale. L’esatta ora della morte è difficilissima da stabilire, ma anche in questo caso si è agito con assoluta leggerezza e superficialità come le immagini di quel video monco mostrano in maniera inequivocabile».

La Procura di Forlì ha riaperto anche il caso Madonna di Campiglio: è vero che l’autopsia ha escluso che Pantani abbia fatto uso di sostanze dopanti?
AR. «Sì, è vero. Ma solo nelle ultime settimane di vita. Un responso circoscritto nel tempo. Il Pirata non partecipava più ad una corsa dall’estate 2003, non si allenava da mesi. In assenza di grossolane alterazioni patologiche, il suo midollo presentava analogie con quello dei soggetti sottoposti a chemioterapia con elevata tossicità. Il consulente lo ritenne un quadro coerente con l’abuso di droga».
DDZ. «Verissimo. Dall’esame del midollo vengono fuori che non ci sono tracce evidenti di sostanze dopanti, alla faccia di tutti quelli che raccontano un’altra verità su Marco».

Ma allora a Campiglio è ipotizzabile davvero il complotto?
AR. «Se Marco era così tanto tranquillo, perché ogni sera si controllava il sangue con la “macchinetta” (cutler, una centrifuga, ndr )?».
DDZ. «Se uno avrà la pazienza di leggere il mio libro, scoprirà che quello che era un mistero ora non lo è più».

di Pier Augusto Stagi, da tuttoBICI di gennaio
http://www.tuttobiciweb.it/index.php?page=news&cod=76006


RE: Pantani: fu veramente un complotto? - SarriTheBest - 09-03-2015

Caso Pantani: escluso l'omicidio, si va verso l'archiviazione
Presentate le conclusioni della perizia di Tagliaro

Marco Pantani non è stato ucciso. Ma la causa principla della sua morte sarebbero stati pasticche di antidepressivi assunte in quantita e dosaggio troppo elevato. E la cocaina viene considerata una concausa. Sono queste le conclusioni che emergono dalla perizia dell'Istituto di Medicina legale di Verona, firmato dal professor Franco Tagliaro. Quest'ultimo è riuscito ad esaminare anche i campioni di sangue e urine del corridore, che inizialmente erano stati dati per dispersi. È stato così possibile effettuare una cromatografia liquida, vale a dire l'esame che permette di individuare la composizione della miscela letale, e una spettrometria di massa, esame che permette di individuare eventuali sostanze sconosciute ed il loro peso.
In quei giorni, si legge nella relazione presentata al pm Paolo Giovagnoli, Pantani ha assunto farmaci in quantità smodata, in particolare Venlafaxina e Trimipramina. E cocaina, certo, ma in misura minore rispetto a quanto si era ritenuto fino ad ora. Ovviamente la relazione non può sbilanciarsi circa una volontà suicida o su un errore di valutazione nell'assunzione delle dosi, ma ribadisce che non sono stati trovati elementi tali da far pensare ad un'assunzione coatta.
E l'archiviazione definitiva del caso è sempre più vicina.

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