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Qualche zoom sui ciclisti nati oggi 14 maggio
#1
Roberto Ballini
[Immagine: 16049513691325Ballini,Roberto.jpg]
Nato a Camajore (Lucca) il 14 maggio 1944. Completo, alto m. 1,78 per kg. 68. Professionista dal 1966 al 1972 con 2 vittorie. Un buon corridore, decisamente superiore al raccolto di carriera, a causa di un persistente malanno alla gamba sinistra che ne ha limitato a lungo il rendimento e gli accorciato la carriera. Inoltre, essendosi trovato a correre al cospetto della più forte generazione della storia, con capitani idrovore, ha pagato quegli umani pregi, con un esagerato ruolo di gregariato. Già perché Roberto di doti ne aveva ed era completo.
Nato a Camaiore, dove la famiglia era sfollata a causa della guerra, dopo la consueta trafila tra le categorie giovanili dove fu Campione d’Italia Esordienti, passò dilettante vestendo la maglia della S.C. Mignini Ponte. Qui continuò a mietere successi in tutti i modi, ed a vent’anni colse, fra i tanti successi, il prestigioso GP Vivaisti Cenaiesi. Sempre nel 1964, arrivò secondo nella tappa più dura, del Giro della Valle d’Aosta. La stagione seguente continuò il suo solito ruolino e al passaggio al professionismo, avvenuto nel 1966 in seno alla Filotex di Franco Bitossi e di Valdemaro Bartolozzi sull’ammiraglia, i primi posti colti fin lì da Roberto Ballini erano un’ottantina. Carattere solare e sempre pronto alla chiacchiera, Ballini su fece subito ben volere da tutti i colleghi. Nella stagione d’esordio fu 3° nel GP Industria e Commercio e 5° nella tappa di Vittorio Veneto al Giro d’Italia che chiuse al 58° posto. L’anno seguente fu 2° al Giro del Piemonte, 3° nel GP di Camaiore e 3° nella quarta tappa del Giro di Romandia che si concludeva a Sainte Croix. Nel 1968 passò alla
Max Mayer di Nencini e nella stagione fi 2° al GP di Camaiore, 2° al Giro dell’Appennino, 3° nella Coppa Bernocchi e 3° nella Crono-staffetta. Pur non avendo ancora vinto, l’anno dopo passò alla GBC, che puntava su di lui per vincere qualcosa di importante su strada. La stagione partì bene per Ballini, che finì terzo nella tappa di Pescasseroli alla Tirreno Adriatico e venti giorni dopo conquistò finalmente il suo primo successo da professionista, facendo sua la Coppa Placci davanti a Roger Kindt ed al veneto Gianfranco Bianchin. Dopo il 3° posto nel GP di Montelupo, arrivò la vittoria più bella, il primo giugno, al Giro d’Italia. La tappa che da Parma si concludeva a Savona lo vide superlativo nel sorprendere i velocisti, conquistando la vittoria davanti a Basso e Reybroeck. Fu un giorno particolare però, che offuscò parzialmente il suo successo: Eddy Merckx, Maglia Rosa, fu trovato positivo al controllo antidoping e costretto ad abbandonare la corsa, fra furiose polemiche. Roberto concluse il Giro 73° e l’anno col 9° posto nella Coppa Sabatini. Era stata la sua stagione migliore, ma un paio di cose cominciarono a preoccuparlo: la paga, pur migliorata era sempre poca roca roba per pensare al futuro, ed in più quel malanno alla gamba sinistra, che già da alcuni mesi lo tormentava, s’era fatto più fastidioso. Strinse ulteriormente i denti e, nel 1970, la Dreher lo mise sotto contratto con una cifra superiore alle precedenti, ma sempre inadeguata per eventuali progetti. Nell’anno colse il miglior risultato col 3° posto nella tappa di Cagliari al Giro di Sardegna, dietro a Merckx e Polidori, mentre al Giro d’Italia pur con un dolore più intenso alla gamba, riuscì a finirlo 88°. L’anno successivo passò alla Ferretti, con chiari compiti di spalla, ma fu lui uno dei primi protagonisti della squadra, giungendo 4° nella Milano-Sanremo vinta da Merckx. Il resto della stagione fu grigio. Il ’72 fu la sua ultima annata tra i professionisti. Partecipò per la prima volta al Tour de France che riuscì a concludere, nonostante i suoi problemi alla gamba sinistra, al 92° posto. Appena appesa la bicicletta al chiodo, Roberto Ballini si dedicò all’apicultura, entrata in lui per caso e dove poté sfruttare appieno quel talento che non era sbocciato per vari motivi nello sport del pedale. L’osservazione e l’acutezza di pensiero, lo portarono a divenire un autentico maestro nella prodizione di quel miele che era stato tanto quando correva, ed è diventato un angelo custode di quegli insetti così generosi ed importanti per l’uomo. Un autentico riferimento per chi ricerca sulle api, muovendo l’interesse degli stessi scienziati. Il tutto è nato e s’è dimensionato nell’Isola d’Elba, terra d’origine della famiglia di Roberto. Lì, ha costruito un’azienda capace di produrre anche più di 200 quintali di miele l’anno, oggi gestita dai figli, e lì, con l’arrivo della pensione, è divenuto custode e giardiniere di quell’Orto dei Semplici Elbano, famoso non solo per le piante curate all’interno, ma, soprattutto, per l’area dedicata allo studio delle api, dove l’ex ciclista è, ormai, una sorta di campione del mondo.

Marcel Dussault (Fra)
[Immagine: 16291887291325Dussault,Marcel.jpg]
Nato il 14 maggio 1926 a Le Chatre (Indre), deceduto a Chateauroux (Indre) il 19 settembre 2014. Passista scalatore. Professionista dal 1947 al 1959 con 22 vittorie.
Corridore compatto e battagliero, con talento sufficiente per emergere con una buona continuità nonché capace di svolgere altrettanto bene il compito di spalla. Seppe divenire una leggenda per il territorio dell’Indre. Uno che ha amato la bicicletta fino all’ultimo dei suoi giorni possibili, ovvero fono ai suoi 75 anni, prima che un incidente glielo impedisse. Nel dopo incidente idealmente continuava a correre e pedalare raccontando, proprio fino agli 88 anni quando lasciò la residenza terrena in quel di Chateauroux dove si era trasferito nel 1950 con la moglie Jacqueline. Divenuto professionista nel 1947, Dussault si segnalò subito vincendo, fra le altre, due edizioni della Parigi Bourges nel ’48 e ’49 anno nel quale partecipò al suo primo Tour de France, vincendo subito la prima tappa, da Parigi a Reims e vestendo contemporaneamente la Maglia Gialla con le iniziali di Henri Desgranges. Partecipò poi a cinque Tour, correndo coi grandi nomi del ciclismo dell'epoca: Coppi, Bartali, Koblet, Kubler, Ockers, Bobet e Geminiani, tra gli altri. Nel 1950 vinse la prestigiosa tappa da Bordeaux a Pau e, nel 1954, vinse la frazione da Lille a Rouen. Dopo dodici anni di corse professionistiche rese meno frequenti negli ultimi anni a causa di vari malanni lascò l’agonismo, ma come detto, non l’uso cicloturistico del tanto amato pedale. Il Tour de France dopo il suo ritirò, gli ha reso omaggio diverse volte, arrivando o partendo davanti alla sua casa, in Avenue de La Chatre.
Tutte le sue vittorie. 1947-Individuale (1): GP du Libre Poitou. 1948 – Stella Dunlop (2): Parigi-Bourges, GP des Industriels du cycle. 1949 – Stella Dunlop (9): 1a Tappa Tour de France, Parigi-Bourges, 3a e 4a Tappa Tour de l’Ouest, GP de Nantes,  GP Gozet, Circuit des 2 Ponts à Montluçon, GP de l’Equipe (Crono-squadre), Circuit Boussaquin. 1950 – Stella Dunlop (3): 10a Tappa del Tour de France, GP d'Aubusson, G.P du Libre Poitou. 1951 – Alcyon Dunlop (1): Circuit Boussaquin. 1953 – Terrot Hutchinson (2): Criterium d'Auzances, 3a Tappa Tour de Sud-Est. 1954 – Terrot Hutchinson (2): 3° Tappa Tour de France, Prix Camille Danguillaume. 1955 – Rochet Dunlop (1): Criterium de Rabastens. 1958 – Liberia Hutchinson (1): 2a Tappa Tour de l'Oise.

Marino Lejarreta Arrizabalaga (Esp)
[Immagine: 16301292221325LejarretaMarino.jpg]
Nato a Berriz il 14 maggio 1957. Scalatore. Professionista dal 1979 al 1992 con 70 vittorie.
Arrivò al ciclismo in parte per passione, ed in parte per emulare il fratello maggiore Ismael, anch'egli poi divenuto professionista e suo compagno di squadra per un lustro. Marino si fece notare subito per le sue doti di scalatore e di uomo di fondo, fino a divenire una tappa obbligata nella storia del ciclismo della penisola spagnola. Non ha fatto grandi cose, le ha solo sfiorate, ma è sempre rimasto un evidente. E la sua carriera poteva essere ancor più tangibile se non si fosse ritrovata mozzata di un successo ampiamente meritato e che non giunse per quelle pagine poco belle che il ciclismo, purtroppo, possiede. Accadde alla Vuelta 1983, quando Marino al pari del fratello Ismael era emigrato in San Marino a difendere i colori dell'Alfa Lum. Aveva già vinto la più importante corsa del suo Paese nel 1982, ma era stato un successo che non lo aveva soddisfatto appieno, come sempre succede in questi casi: era arrivato secondo, ma il primo, il connazionale Arroyo, era stato declassato perché positivo all'antidoping. Nell'83 invece, la Vuelta lo vide dominatore sulle montagne, vincere tre tappe e darle di santa ragione ad un certo Bernard Hinault. Costui però, con atteggiamenti da simil padrino, si avvalse di un'alleanza internazionale tra le più macroscopiche e brutte che si ricordi, ed alla fine, riuscì a spuntarla. Per evitare la sconfitta del bretone, lavorarono non poco personaggi come Hennie Kuiper e Giuseppe Saronni, oltre al giovane ma già talentuosissimo gregario Laurent Fignon. Davvero una brutta pagina. Marino Lejarreta seppe far bene anche al Giro d'Italia: 6° nell'83, 4° nell'84 (vincendo la tappa di Selva di Val Gardena), 5° nell'85, 7° nel '90 e 5° nel '91 (con una tappa). Bene anche al Tour de France dove fu 5° sia nell'89 che nel '90 (una vittoria di tappa). Le altre vittorie più importanti del suo palmares sono state: il Giro di Catalogna '80 e '89, il Giro di Castiglia, il Giro della Cantabria e della Roja nell'82, il Giro di Burgos nell'86, '87, '88 e '90 fra le prove a tappe e, in linea, il G.P. di Villafranca '81, '88, '89, il G.P. di San Sebastian '81, '82 e '87. Nel suo ruolino anche un bel numero di prove in salita, sia a cronometro che in linea.

Cesare Olmi
[Immagine: 4062.jpg]
Nato il 14 maggio 1925 a Chari (BS) ed ivi deceduto il 3 febbraio 1982. Passista scalatore. Alto 1,71 m. per 68 kg. Professionista dall'ottobre 1950 al 1956 con 2 vittorie.
Per lui il ciclismo divenne da subito una professione, ed anche quando corse fra i dilettanti il termine poteva essere quello. Capì presto di non essere un campione e da umile gregario si comportò, ancor prima che lo determinassero le risultanze e l'osservatorio. Quando ad ottobre del '50 la "Stucchi" gli offrì il gran salto, lui sapeva bene cosa fare. In quello scorcio di stagione finì 8° al Giro delle Dolomiti e 33° nel Giro di Lombardia. Nel 1951, vinse un paio di corse di buon livello come la Torino-Biella e la prova di Ceprano del Trofeo UVI e continuò a piazzarsi dopo aver lavorato per i compagni. Finì 35° il suo primo Giro d'Italia. L'anno seguente colse il 2° posto, sia al Giro della Valle del Liri che del GP Massaua Fossati, il 3° nella Bolzano-Trento il 6° nel GP Pontremoli ed una serie d'altri che testimoniavano il suo protagonismo anche correndo più per i compagni, Fornara in particolare, che per se stesso. Finì 68° il Giro d'Italia. Nel 1953 continuò a piazzarsi e concluse 63° il Giro d'Italia, ma iniziò a segnare una flessione che si dischiuse nel '54, anche se nella stagione finì 5° al Giro delle Alpi Apuane, 6° nel GP Pontremoli e 9° nel Trofeo Fenaroli. Non partecipò alla grande "Corsa Rosa". Nel 1955, si legò a qualche squadra occasionalmente (con lo status di indipendente lo poteva fare), ma concluse poche corse (il piazzamento migliore al Giro di Romagna, 45°!). Staccò la licenza anche nel '56, ma era un ex, ed a fine stagione lo sancì.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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