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Tommy Simpson, il vero baronetto.
#1
……A chi mi chiede dove collocherei Tommy Simpson fra gli stradisti britannici di tutti i tempi, rispondo: “In alto, molto in alto, oltre le nuvole se i contendenti gravitano sui nomi di un comunque grande asso, anche se settoriale prima della maggiorazione sugli asfalti, nonché, soprattutto, di colui che oltre la mezzanotte è un Cenerentolo moderno, che lascia l’assistenza dell’incanto di zucca e topi sulle foglie d’anoressico ed un viso da ET…..”

......Lo han fatto passare come la prima vittima del doping, ma la realtà è un po’ diversa, eppure, ancora oggi, c’è chi ci marcia sopra. Per onestà, un contributo, con parti totalmente inedite ai più...... 

Tommy Simpson, il vero baronetto.
[b]Nato a Haswell (Gran Bretagna) il 30 novembre 1937, deceduto il 13 luglio 1967. Passista. Professionista dal 1959 al 1967, con 54 vittorie su strada. [/b]

Nel tardo pomeriggio del 13 luglio 1967, il dottor Pierre Dumas, medico del Tour de France, emetteva da Carpentras, il seguente comunicato: “Il corridore Tommy Simpson, caduto sul percorso due chilometri prima della cima del Mont Ventoux e rialzatosi in stato comatoso è stato immediatamente soccorso dai membri del servizio del Tour, che hanno fatto uso di tutte le tecniche di rianimazione. Dopo un breve miglioramento, il corridore Simpson, è stato trasportato con l’elicottero della polizia al centro ospedaliero di Avignone. La rianimazione è continuata a bordo, sotto la responsabilità del dottor Macoring, All’arrivo all’ospedale di Avignone, Tom Simpson era in stato di morte apparente. I servizi specializzati dell’ospedale hanno proseguito senza successo la rianimazione. Tom Simpson é deceduto alle ore 17.40. I medici incaricati hanno deciso di rifiutare il permesso d’inumazione”. 
Sulla morte di questo campione si son dette tante cose, addirittura si sono formulate delle teorie sul motivo scatenante della crisi che gli provocò la morte. S’è scritto di anfetamine, che sicuramente c’erano, come da costumanza o metodica di quel periodo, ma che siano state loro a provocargli l’irreparabile, è ancora tutto da spiegare, soprattutto guardando al passato di Tommy Simpson (***).
Di sicuro, questa tragedia è la più conosciuta o quella che ha fatto più epoca nel pedale d’ogni era. 

Sir Tom Simpson era stato il primo corridore inglese ad imporsi nel mondo del ciclismo. Per i suoi meriti sportivi, all’indomani della sua vittoria alla Milano-Sanremo’64, la regina Elisabetta l’aveva insignito del titolo di baronetto. Iniziò la carriera come da tradizione tipicamente britannica provando l’inseguimento su pista. Era più che discreto tanto da vincere il titolo britannico a 20 anni, nel 1957. Tre anni prima appena diciassettenne aveva vinto un altro titolo nazionale, stavolta nel campionato della montagna. Tommy capì ben presto che nel suo paese il ciclismo era particolare e ben poco seguito. Lui voleva diventare qualcuno e non era proprio il caso di restare in patria. Agli inizi del 1959m per provare a diventare un campione si trasferì in Bretagna, regione del nord della Francia, nella quale i dilettanti di quel tempo avevano a disposizione numerose gare, praticamente ogni giorno. In quella terra di ciclisti nati, imparò i primi segreti della professione, ma non tardò molto a convincersi che per migliorarsi, il Belgio offriva ancora più possibilità. Si trasferì nuovamente, stavolta nella provincia di Gand, dove i fiamminghi facevano del ciclismo un lavoro quotidiano. Qui, nel breve volgere di qualche settimana conquistò le più vive simpatie di quella gente aperta, così abituata ad integrarsi con gli emigranti. Infatti, non appena Tom si mostrò vincente, nella zona vennero fondati alcuni club portanti il suo nome. Durante quel 1959, riuscì a passare professionista all’interno della francese St Raphael-Geminiani e, subito, colse tre successi, prima di correre, senza esperienza, un mondiale super in quel di Zandvoort, dove finì 4°. Simpson era così arrivato sul palcoscenico che voleva e si dimostrò subito un gran bel corridore. Negli anni successivi, continuò a migliorare, grazie ad un’abnegazione enorme e alle sue indubbie qualità naturali. Un corridore completo, non di qualità eccelsa, ma senza lacune. In pochi anni si prese gran parte delle più grandi classiche. La prima fu il Giro delle Fiandre, dove andò in fuga con un fulmineo contropiede assieme a Nino Defilippis e lo battè in volata. 
Poi, una dopo l'altra, vennero le vittorie nella Bordeaux-Parigi ('63), nella Milano-Sanremo ('64) e nel Giro di Lombardia ('65), poco più di un mese dopo la conquista, a San Sebastian, del campionato mondiale. Una maglia iridata conquistata in uno sprint a due col tedesco Rudi Altig, ma una maglia che non gli bastava. Voleva una grande corsa a tappe, da quel giorno di luglio del 1962, in cui, al Tour, riuscì, primo fra i britannici, a vestire per almeno un giorno la maglia gialla. Sì, proprio quel Tour de France che, nel '67, dopo che all'inizio della stagione aveva vinto la Parigi-Nizza, si presentò attraverso lo scenario pietroso e bollente del Mont Ventoux, come il luogo della sua tragedia. Di Tommy Simpson, praticamente tutti ricordano la morte, ma pochi, molto pochi, sanno che era un gran corridore. Per questo, credo sia opportuno allegare l’elenco delle vittorie più belle del baronetto inglese.

Le vittorie ed i piazzamenti più importanti di Tom Simpson: 

1959: Due tappe del Giro dell’Ovest; Tappa al Route de France; 4° al Campionato Mondiale. 

1960: Corsa del Mont Faron; Giro del Sud Est; Criterium Poly di Lorient; Criterium di Ploerduts; 3° nella Genova-Roma (primo nel GPM); 9° Parigi-Roubaix; 7° Freccia Vallone. 

1961: Giro delle Fiandre; Tappa alla Quattro Giorni di Dunkerque; Tappa al G. P. Eibar; 9° Campionato Mondiale; 5° ParigiNizza; 2° Genova-Roma

1962: 2° Parigi-Nizza; 5° Giro delle Fiandre, 6° Tour de France. 

1963: Bordeaux-Parigi, Trofeo della Manica; Tappa del Tour del Var; Ruota d'oro di Dansmenil; Criterium di Chef Bautonne; Criterium di Valenciennes; Criterium di St. Gaudens; G. P. Isola di Man; 2° Parigi Tours; 2° Gand Wevelgem; 2° Parigi Bruxelles; 3° Giro delle Fiandre; 8° Parigi-Roubaix; 10° Freccia Vallone. 

1964: Milano Sanremo; G. P. della Corona a Londra; Tappa del Giro della Provenza; Criterium di Issoiret; Criterium di Zolder; 4° Campionato Mondiale; 2° Mont Faron; 2° Kuurne-Bruxelles-Kuurne; 3° Trofeo Baracchi con Rudi Altig. 

1965: Campionato Mondiale; Giro di Lombardia; G.P. di Vayrac; 3° Midi Libre; 3° Bordeaux-Parigi; 3° Freccia Vallone; 7° Parigi-Roubaix; 9° Liegi-Bastogne-Liegi. 

1966: Criterium di Brest; Criterium Felletin; Criterium Laval; 2° Luchon-Revel; 2° Revel-Sete (tappe del Tour de France). 

1967: Parigi Nizza; Tappa del Giro di Sardegna; Trofeo della Manica; due Tappe della Vuelta di Spagna; 3° G. P. Salvarani di Bruxelles. 



Le sue prestazioni al G.P. Terme di Castrocaro. (Quando lo vidi dal vivo) 
Tommy Simpson prediligeva le cronometro piatte, mentre nell’anno in cui corse il G.P. forlivese, il 1965, era prevista la salita di Massa. Era forte sul passo, ma se non riusciva ad interpretare da subito una prova contro il tempo, poteva naufragare. Era un passista da cronocoppie o di squadra, in altre parole uno che aveva bisogno di respirare e riprendersi un po’, dietro la ruota di un compagno. Sul traguardo di Castrocaro naufragò, finendo sesto, a 11’24” da Anquetil. 


***Note. 
Di Simpson si parla nel libro “Ercole Baldini, il Treno di Forlì” scritto da Rino Negri e Maurizio Ricci – Edizioni Ciclofer. 
La parte interessata all’asterisco, raccolta nel libro direttamente dalla voce di Baldini e relativa al suo “amarcord”, è questa: 


Il corridore più simpatico? 
"Tommy Simpson. Quando penso ai periodi passati assieme a lui, mi diverto ancora e rimpiango il ciclismo e la gioventù che ci accompagnava. Tommy era un ragazzo eccezionale. Quando morì sul Mount Ventoux fui davvero molto colpito. Quando poi, molti, troppi giornali, scrissero che la sua morte era stata causata dall'ingerimento di sostanze dopanti, al dolore si aggiunse la rabbia per quella che giudicai allora, come del resto la giudico oggi, una ingiustizia e una spiegazione superficiale. Sono sicuro che il motivo scatenante della crisi che poi l'ha portato alla morte, sia stato dovuto alla sua incredibile insofferenza al sole e al calore. Di questo suo problema ne aveva parlato con me e Wanda, in occasione di una tournée in Nuova Caledonia nel 1963. Anche laggiù l'incidenza del Sole, gli provocò una crisi molto forte che lo costrinse al ricovero ospedaliero per un paio di giorni. Eravamo tutti molto preoccupati (con Ercole e Wanda Baldini, anche Jacques Anquetil che era anch'egli in Nuova Caledonia n.d.m) per il suo stato e proprio lì ci raccontò che anche da bambino, a causa del Sole, aveva avuto crisi simili. Ci disse che pure in seguito ne aveva subito altre e che anche la sua Gran Bretagna, terra notoriamente non caldissima, gli aveva creato spesso problemi di tal tipo. Ricordo pure come fosse per questo solito correre nelle giornate di sole con foglie di cavolo sulla testa. Ci disse pure che lui cercava il più possibile di stare attento a questo disturbo, ma a volte non era sufficiente nemmeno l'attenzione. Per chi, come noi, lo avevan potuto vedere quando si sentì male in Nuova Caledonia, il tragico giorno del Mount Ventoux, si spiega senza andare a ricercare altre cause. Se poi aggiungiamo la fatica che comporta quella salita, sia per le pendenze che per le particolari condizioni ambientali, ci è facile capire il perché della morte di Tommy Simpson. Ripeto, questo indipendentemente dall'ingerimento di qualche eventuale sostanza. 


continua
 
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Tommy Simpson, il vero baronetto. - da Morris - 04-05-2018, 11:18 PM
RE: Tommy Simpson, il vero baronetto. - da Morris - 04-05-2018, 11:27 PM

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