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Ciao "Pipaza"!
#1
Non l’ho fatto ieri per assoluta mancanza di tempo. Lo faccio oggi, perché lo sento come un dovere.

Giuseppe “Pipaza” Minardi era una persona tanto cordiale quanto schietta, che amava raccontare i tempi del suo ciclismo con una dimensione antropologica, assai rara fra i tanti “vecchi” corridori che ho conosciuto. E così era coinvolgente e culturalmente ricco ascoltarlo, amarne i passi, sentirsi proiettati su un mondo denso di povertà, ma umanamente di uno spessore oggi scomparso. Raccontava di quanto fosse nato povero e di quel cavallo sì intelligente ed a lui devoto, che lo sostenne in tutti i sensi nella fase di apprendistato che allora era puro “garzonaggio”. Quel cavallo, che gli fu sottratto ed avviato al macello per le leggi assurde create dalla guerra e che gli fece conoscere come possa essere profonda la disperazione. E poi, già da corridore in vista, quella trasferta in Calabria per il Giro della Provincia di Reggio, dove fu ospitato da una famiglia, che gli dimostrò quanto il ciclismo fosse davvero uno spaccato delle nostre umane risorse. E lui, per ripagarla dell’arricchimento ricevuto, il giorno dopo, arrivò con Coppi a giocarsi la vittoria, e lo batté.  
A “Pipaza” devo una delle più limpide spiegazioni su come nell’intorno ci possano essere consistenze ed evidenze atte a concretizzarsi nell’atleta come un talento aggiuntivo, ovvero quella tesi che sviluppai circa tre lustri fa e che, prima o poi, riporterò anche qui. Ovviamente, nel caso di Minardi, l’esempio si concentrò principalmente sulla spinta ricevuta da uno stadio stracolmo (l’Olimpico di Roma che si inaugurava quel giorno), in occasione dell’arrivo della sesta tappa, Napoli-Roma, del Giro d’Italia ’53. Pipaza mi disse: “Contrariamente a quanto lessi nelle cronache giornalistiche di quella tappa, io ero stanchissimo e con me, nel gruppetto in fuga, c’erano il veloce Luciano Maggini, l’imprevedibile e formidabile passista Bevilacqua e un gran corridore come lo svizzero Schaer. Poco prima di entrare all’Olimpico, una trenata dell’elvetico spaccò il drappello, sorprendendo Bevilacqua, De Santi e il mio compagno di squadra Scudellaro. Feci una fatica tremenda per rimanere a ruota di Maggini che a sua volta presumo abbia fatto altrettanto per non perdere quella dello scatenato Schaer, mentre Giudici, quel giorno più in palla che mai, rimase dietro di me. Nei pochi secondi che ci separavano dallo stadio, pensai di essere troppo in debito di forze per poter reggere la volata. In altre parole ero assai pessimista, ma quando entrammo all’Olimpico, provai una sensazione che credevo possibile solo nel mondo dei sogni. Il boato della folla in quel catino enorme, imparagonabile con quei velodromi che al tempo frequentavamo, fu per me come l’incanto di una magia. Ritrovai tutte le forze ed una determinazione che, in tale entità, non ritrovai più in carriera. Liberai così una volata, dove l’attrito delle ruote al cospetto della sempre temibile terra rossa, non impressionò per nulla quella catena che non sentivo. Saltai Maggini che stava superando Schaer nel rettilineo opposto a quello d’arrivo e mi divorai letteralmente tanto la curva quanto i cento metri finali. Avevo vinto una corsa importante, forse storica, ma quei novantamila festanti, continuarono a non farmi sentire il peso dello sforzo per oltre mezzora. Praticamente per tutta la permanenza della carovana nello stadio. Sono vecchio, ma quando penso a quel giorno, mi faccio ancora mille domande”. 
Ciao, grande Pipaza!

…..e per chi volesse vedere quella volata ecco il link…
http://www.culturaacolori.it/index.php/2...-olimpico/

Il ritratto di Minardi (già pubblicato nel thread sulle “corse dimenticate…..
[Immagine: Giuseppe%20Minardi_zpspm2ucq0y.jpg?t=1548090749]
Nato a Solarolo (Ravenna) il 18 marzo 1928, deceduto a Faenza il 21 gennaio 2019. Passista veloce, alto m. 1,80 per kg 72. Professionista dal 1950 al 1958 con 19 vittorie. Giuseppe Minardi può essere considerato il Van Steembergen romagnolo, sia per il suo trascorso di ruota veloce fra i dilettanti, che per quello che ha saputo fare da professionista. Nei suoi dieci anni fra i "prof", infatti, il Minardi già divenuto "Pipaza", ha messo insieme un curriculum di tutto rispetto che ne ha fatto uno dei corridori più in vista dell'Italia degli anni cinquanta. Questo figlio autentico della Romagna, terra di simpatia e laboriosità, si affacciò ancora dilettante alla grande notorietà vincendo senza licenza "prof" la Milano-Rapallo e il Trofeo Matteotti edizione 1949. Professionista in maglia Legnano, "Pipaza" cominciò nel Giro d'Italia del 1951 ad iscrivere il suo nome fra i vincitori di tappa, trionfando nella frazione di Pescara. A questo traguardo, aggiunse subito il  Trofeo Valleceppi. Sul finire di quell'anno solo un grande Luison Bobet gli impedì di iscrivere il suo nome nell'albo d'oro del Giro di Lombardia. Il Trofeo Baracchi, vinto in coppia con Fiorenzo Magni, chiuse una stagione d'oro per il romagnolo. Ma fu il 1952 l'anno super di Pipaza. Mancata di un soffio la Milano-Sanremo (2° dietro a Loretto Petrucci), vinse alla grande il Giro  di Campania, la tappa di Genova al Giro d'Italia, la Tre Valli Varesine. Un bel bottino al quale si aggiunse la sconfitta per solo mezzo punto nel campionato italiano (Maglia poi finita sulle spalle di Gino Bartali). Sul finire di stagione la "chicca" di tutta la sua carriera: il trionfo nel Giro di Lombardia. Con quella vittoria, Minardi divenne uno dei corridori italiani più conosciuti all'estero. Il 1953 di Pipaza, si aprì ancora con un secondo posto dietro Petrucci alla Milano-Sanremo, una corsa stregata, dunque, per il corridore di Solarolo. Anche il resto dell'anno fu tutto un susseguirsi di piazzamenti, ma arrivò pure una grande vittoria: la tappa di Roma al Giro. In quell'occasione trionfò davanti allo stadio Olimpico (fu inaugurato quel giorno) gremito in ogni ordine di posti (un record per un finale di  tappa). Partecipò con la Nazionale al Tour de France, ma si ritirò nel corso della 5a tappa. Tre le vittorie di Pipaza nel 1954: la tappa di Teormina al Giro d'Italia (dove fu anche per tre giorni maglia rosa), il Giro di Romagna e il Giro di Reggio Calabria, dove batté in volata Fausto Coppi, dopo che i due avevano staccato tutti. Cinque i successi nel 1955: la tappa di Cervia al Giro d'Italia, il Giro del Piemonte, il Trofeo Matteotti, il Circuito di Pescara e il GP di Imola, una cronosquadre. Un paio di successi nel 1956: la tappa di Rimini al Giro d'Italia e, per la seconda volta, il Giro di Reggio Calabria. Fu questo l'ultimo acuto della carriera di Minardi che continuò per altre due stagioni in maglia Leo-Chlorodont senza più ritrovare lo spunto di un tempo. Giuseppe Pipaza Minardi vestì con onore tre volte la Maglia Azzurra ai Mondiali: a Varese nel '51 dove finì 8°, a Lussemburgo nel '52, dove chiuse 10°, ed a Solingen '54, dove si ritirò, dopo aver fatto il suo lavoro d'appoggio.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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Messaggi in questa discussione
Ciao "Pipaza"! - da Morris - 22-01-2019, 07:14 PM
RE: Ciao "Pipaza"! - da Luciano Pagliarini - 22-01-2019, 07:34 PM

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