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Il Merckx più incredibile mai visto....
#1
Visto che qui non sono lo zimbello di qualche troll…..come lo sono ancora altrove, mi permetto di anticipare un pezzetto di un libro sulla Parigi Lussemburgo ….

Quando davanti ad una tv a diodi, in bianco e nero, cementai in me il ciclismo……..

Il Merckx più incredibile mai visto….


Rethel-Lussemburgo - 6 agosto 1969.
La tappa che mi ha cementato il ciclismo. Un protagonista assoluto, Eddy Merckx, con un gesto atletico che mai dimenticherò e che mi fece apprezzare con tutt’altro spessore, il valore tecnico e gestuale del pedale sull’orizzonte degli sport. Ero ragazzino, praticavo diverse discipline e le studiavo con un’ottica distinguente da quella conoscenza statistica siamese all’imperiosa memoria che possedevo nei miei primi vent’anni. Fino ad allora amavo i corridori, erano idoli che consideravo primi nella sopportazione della fatica, ma li collocavo molto indietro su quell’atletismo che consideravo già come base-patrimonio di ogni disciplina. Eddy Merckx trafisse le mie convinzioni di allora col finale imperioso ed imperiale di questa tappa, grazie ad un mix di potenza, compostezza e quell’armoniosa frequenza di pedalata, capace di far passare il 54x13 che stava spingendo, come un 42x21 qualsiasi. L’ultimo chilometro a 60 km all’ora, dopo i 250 di una tappa impegnativa e con diversi trabocchetti. Due corridori avanti lui, in fuga. Uno leggendario come Jacques Anquetil e l’altro, gran velocista, Guido Reybrouck. Due che fecero la figura dei “pali”, passati al doppio di velocità, a schizzo come è più giusto dire, da un ragazzo con una smorfia inconfondibile, che vinceva ovunque, dai campi al ring, prima di quella bicicletta giunta a lui per stare più vicino ad una ragazza, Claudine, che diventerà sua moglie e che il ciclismo dovrebbe venerare come una dea. Quel giorno, guardando in tv le fulminee frequenze di quell’assolo che avrebbe potuto donare ad Eddy il record mondiale sul chilometro, mi resi conto che uno come lui, era in grado di costruire un palmares ineguagliabile nei tempi. Lo dissi a mio fratello, ex corridore ormai trentenne, che me l’ha ricordato per anni in ogni dove. In quel finale si raccoglieva l’alveo dell’insieme che si libera nello sport: il talento, la scelta dei momenti sui quali recitare il proprio copione istintivo, la determinazione nel raggiungere l’obiettivo, la forza mentale di essere così come si è. E da qui ben si capisce l’istmo più peculiare che mi ha fatto (e mi fa) amare particolarmente, fra gli sport, quelli individuali. Perché lo sport è arte, anomala finché si vuole, ma arte, e l’arte, si dipana soprattutto, con e su, interpretazioni individuali.
[Immagine: 35426145664_e51813a898_z.jpg]
La Rethel-Lussemburgo del 6 agosto 1969, dunque, è stata una tappa importante nella mia passione ciclistica e sportiva, soprattutto però, è stata una frazione agonisticamente straordinaria, perché il protagonista Merckx, ribaltò un risultato che pareva in cassaforte a favore di Gimondi, capace, il giorno prima, di recitare una delle sue pagine più belle, anche se sconosciute ai più. Una tappa che a dieci chilometri dal termine presentava antefatti lunghi 240 chilometri, consumati con vibranti tentativi mai elevatisi a tangibili distinguo, poiché all’attacco rispondevano difese eccellenti. In quel lungo segmento s’erano levate tante stanchezze, perché il tracciato non dava respiro, proponendo numerosi strappi, ed un vento lungamente contrario alla marcia dei corridori. Ai meno dieci, il gruppo, ancora forte di una quarantina di unità, inseguiva a 1’20” Anquetil e Reybrouck, che erano fuggiti una quindicina di chilometri prima. Sul primo dei due strappi mancanti all’arrivo, Eddy Merckx partì. Fu così lesto che Gimondi, forse in un momento di stanchezza o di eccessiva tranquillità, s’accorse dell’attacco del rivale, quando questi aveva già un centinaio di metri di vantaggio. La situazione per l’italiano leader in Maglia Rossa, era comunque rimediabile e non grave, per i 54” di vantaggio in classifica e per l’aiuto nell’inseguimento al belga da parte di tutti, proprio tutti i grandi nomi che erano con lui. Merckx era temuto, eccome, ma nessuno poteva immaginarsi l’epilogo che stava costruendosi. Il capitano della Faema vincitore quindici giorni prima del Tour de France, in un modo che non s’era mai visto in epoca moderna, proseguì l’intensità della sparata e cominciò a guadagnare spazi sempre maggiori sui suoi inseguitori e a rendere sempre minore il vantaggio dei due di testa. Superò come una furia l’ultimo strappo di giornata ed a settecento metri dal traguardo, piombò su Anquetil e Reybrouck superandoli di slancio ad una velocità quasi doppia. Andò a vincere la tappa nel tripudio di una folla che si divideva fra l’entusiasmo e l’incredulo e dove in pochi pensavano ad un uomo su una bicicletta. Eddy, anticipò di una decina di secondi il connazionale, di una ventina il leggendario Anquetil e di più di un minuto, Roger De Vlaeminck, Roger Pingeon, Michele Dancelli, Felice Gimondi ed Edy Schutz: i cinque che, più di tutti, erano riusciti a resistere di quel gruppo dal quale era uscito. Negli sconfitti non c’erano state bandiere bianche, eppure una fotografia di quei diecimila metri, mostrava un Merckx che solo andando a sessanta all’ora, poteva giustificare simili differenze sui suoi avversari.
Il vincitore del Tour aggiunse poi alla tappa, anche la vittoria nella settima Parigi Lussemburgo, per 24” su Felice Gimondi. Un Gimondi che lo aveva attaccato, che aveva tentato di batterlo, che era stato per questo migliore di ciò che sarà per quasi tutta la carriera al cospetto di Merckx, ovvero il suo principale inseguitore.

Maurizio Ricci detto Morris
 
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Il Merckx più incredibile mai visto.... - da Morris - 04-05-2022, 04:12 PM

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